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Interpretando il paesaggio percepito, di Annick Magnier e Valentina

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Interpretando il paesaggio percepito, di Annick Magnier e Valentina
Interpretando il paesaggio percepito
di Annick Magnier, Valentina Pappalardo
Dipartimento di Scienza della Politica e Sociologia, Università di Firenze
1. Non solo una questione di metodo
Nell’ambito della sociologia applicata, l’analisi della percezione paesaggistica della popolazione
residente è un’area di vivo e crescente interesse anche perché fortemente funzionale ai percorsi di
pianificazione urbana. Si delineano, così, situazioni di ricerca nelle quali il ricercatore, oltre che con
la fonte, si trova a dialogare con un committente, pubblico, costretto da una cultura politicoamministrativa e da norme che definiscono aspirazioni particolari: questo tema, di portata teorica
ampia viene quindi tradotto in progetti strumentali a strategie diverse degli attori in gioco.
Situazione, questa, diffusa nella pratica del lavoro sociologico: l’analisi del paesaggio percepito, il
sostegno sociologico a questa analisi, offre oggi un caso studio di ricerca su committenza pubblica
particolarmente interessante perché corrisponde a filoni emergenti di policy research.
Con questo lavoro si intende, quindi, affrontare la questione del reperimento e delle relazioni con
le fonti in tale area di sociologia applicata.
La sperimentazione nelle pratiche urbanistiche assume oggi in Italia molte e diverse direzioni:
tratto comune alle esperienze regionali e alla ridefinizione dei diversi atti di pianificazione ai diversi
livelli istituzionali di costruzione della norma – a cominciare da quello europeo - è la posizione
nuova, e cruciale, attribuita alla lettura sistematica del paesaggio. La normativa urbanistica (e con
essa la cultura urbanistica) indica oggi la lettura del paesaggio come obbligata operazione
preliminare all’atto di pianificare o progettare la trasformazione territoriale.
L’articolo 1 della Convenzione Europea del Paesaggio, esplicita, attraverso la successione di
“definizioni” preliminari all’accordo, indirizzi puntuali per il sostegno sociologico alla
determinazione delle politiche pubbliche:
a)
"Paesaggio” designa una determinata parte di territorio, così come è percepita dalle
popolazioni, il cui carattere deriva dall'azione di fattori naturali e/o umani e dalle loro
interrelazioni;
b)
"Politica del paesaggio" designa la formulazione, da parte delle autorità pubbliche
competenti, dei principi generali, delle strategie e degli orientamenti che consentano
l'adozione di misure specifiche finalizzate a salvaguardare gestire e pianificare il paesaggio;
c)
“Obiettivo di qualità paesaggistica” designa la formulazione da parte delle autorità
pubbliche competenti, per un determinato paesaggio, delle aspirazioni delle popolazioni per
quanto riguarda le caratteristiche paesaggistiche del loro ambiente di vita;
d)
“Salvaguardia dei paesaggi” indica le azioni di conservazione e di mantenimento
degli aspetti significativi o caratteristici di un paesaggio, giustificate dal suo valore di
patrimonio derivante dalla sua configurazione naturale e/o dal tipo d’intervento umano;
e)
“Gestione dei paesaggi” indica le azioni volte, in una prospettiva di sviluppo
sostenibile, a garantire il governo del paesaggio al fine di orientare e di armonizzare le sue
trasformazioni provocate dai processi di sviluppo sociali, economici ed ambientali;
f)
“Pianificazione dei paesaggi” indica le azioni fortemente lungimiranti, volte alla
valorizzazione, al ripristino o alla creazione di paesaggi.
Se collocato nel dibattito sulla percezione degli spazi, che si è sviluppato negli ultimi anni in
sociologia e in altre discipline delle scienze sociali, questo testo, una delle tante espressioni del
mutamento importante della cultura politico-amministrativa che enfatizza la definizione soggettiva
dell’utilità pubblica, conduce a tre considerazioni preliminari.
Esso impone in primo luogo, e in ciò consiste la rivoluzione giuridica alla quale punta,
un’accezione univoca del paesaggio, incentrata sul concetto di paesaggio “percepito”, che nelle
legislazioni regionali italiane viene poi più o meno esplicitamente completata con altre “prospettive
oggettive” sul paesaggio. La nozione stessa di percezione, indagata in geografia con considerazioni
utili alla definizione della ricerca empirica, ad esempio da Soja, è difficilmente scindibile da
considerazioni sulle qualità “oggettive” del paesaggio.
In secondo luogo, tale esaltazione del land-scape non può non richiamare, per contrasto, la mole
di riflessioni sociologiche sulle altre forme di costruzione delle identità personali nella
globalizzazione, a cominciare dalle proposte di Appadurai sugli diversi “–scape” emergenti. Il
paesaggio nella interpretazione della Convenzione Europea è espressione dell’etno-scape, o meglio
dell’etno-sfera, localizzata e chiusa, le cui relazioni, complesse e problematiche, con gli altri
momenti di formalizzazione identitaria legati ai grandi flussi del mondo contemporaneo non sono
presi in considerazione. Un testo programmatico difficilmente poteva addentrarsi in considerazioni
simili, ma l’unicità assunta della percezione del paesaggio propone un modello specifico di società
locale, oltre che una definizione particolare di paesaggio, in realtà limitata mentre si vuole aperta,
che rischia di portare ad atteggiamenti fuorvianti nella ricerca sociologica a sostegno di questo tipo
di policy.
In ultimo, la lettura del paesaggio in questa specifica accezione apre comunque un filone
importante di policy research nel quale la sociologia italiana inizia ad inserirsi negli ultimi anni.
L’impressione è che la risposta dei ricercatori ad oggi si riferisca principalmente alla tradizione di
sostegno alla partecipazione, ricorrendo all’interrogazione secondo modalità varie.
Tale impostazione, per gli enti locali, appare rispondere alla raccomandazione della stessa
“Convenzione Europea del Paesaggio”, come recepita dalle legislazioni regionali, cioè orientata ad
“avviare procedure di partecipazione del pubblico, delle autorità locali e regionali e degli altri soggetti
coinvolti nella definizione e nella realizzazione delle politiche paesaggistiche”.
L’assimilazione tra interpretazione del paesaggio percepito e partecipazione alla progettazione
rischia tuttavia, a nostra opinione, contrariamente alla attese, di indebolire il contributo sociologico
e la solidità dell’analisi. La pluralità dei livelli di relazione tra individuo e paesaggio che lo circonda
nella sua quotidianità, necessita di un approccio interdisciplinare, e i problemi di relazioni con le
fonti utili all’indagine del paesaggio percepito suggeriscono un approccio integrato che valorizzi
l’osservazione e la ricerca d’archivio come strumenti indispensabili per riconoscere la presenza
delle comunità di significato ai tre livelli di costruzione dello spazio, tra vissuto, percepito e
concepito.
2. Due ètimi, due approcci scientifici
“Vasta porzione di territorio, specialmente in quanto provvisto di una particolare fisionomia e
come oggetto di veduta” (Palazzi, Folena1995): tale appare la definizione di paesaggio più vicina
all’uso comune nella lingua italiana, nella sua ambiguità. La “particolare fisionomia” di tale
porzione di territorio rimanda ad una vasta gamma di caratteri.
“Sovente qualcuno identifica il paesaggio con l’ambiente, e l’ambiente con la natura; altre volte
si confonde paesaggio e panorama, paesaggio e vista, paesaggio e apparenza, paesaggio e
costruzione psicologica o semplice composizione di forme naturali e umane, o ancora paesaggi e
insieme di segni, come uno sterminato palinsesto redatto con i misteriosi caratteri della natura”
(Romani 1994: 8).
Unicità e complessità, stabilità e mutamento si associano nella nozione comune, che è essa stessa
prima “percezione” di paesaggio. Il paesaggio vi appare come un insieme straordinariamente
complesso di più elementi fra loro collegati, composto da alberi, case, rocce, campi, acque,
economie, uomini, culture, azioni, cause ed effetti, relazioni, eventi, processi storici, ma allo stesso
tempo esso non può essere ricondotto semplicisticamente a un’immagine; in esso ogni elemento
non è indipendente, così da formare un complesso eterogeneo e al tempo stesso saldamente
collegato e unitario, con leggi precise, naturali e umane che governano tale unità nella sua
differenziazione e nel suo inarrestabile mutare. Il paesaggio è complessità dinamica, è sintesi, è
organismo vivente, è coerenza di processi naturali ed umani, biotici e abiotici, strettamente
integrati.
La terminologia comparata aiuta forse a situare meglio l’innovazione giuridica nelle diverse
tradizioni nazionali di analisi. Sembra utile distinguere due grandi aree linguistico-culturali che
corrispondono a due approcci diversi all’analisi del paesaggio, differentemente rappresentate nei
diversi momenti della storia delle scienze umane coinvolte.
Da una parte il termine landschaft (lanschap, olandese) ha origine nella tradizione naturalistica
mitteleuropea e si è evoluto, agli inizi del XIX secolo, all’interno degli studi relativi
all’osservazione sistematica della natura, alle scienze naturali, alla geografia fisica e all’ecologia. Si
attribuisce ad Alexander von Humboldt, nel 1806, la paternità di questa definizione di paesaggio in
termini di unitarietà, fortemente relazionata al concetto di ecosistema, come “l’insieme dei caratteri
totali di una regione” (Morelli 2002: 93), dove i caratteri totali sono descritti principalmente con gli
strumenti della biologia. Simile, anche se maggiormente carico di significati estetici sembra poter
essere considerato il significato del britannico landscape.
Dall’altra parte l’area linguistica neo-latina utilizza un termine centrato non sul suolo ma sugli
attori che lo occupano. Paysage, paesaggio, paisaje: che il termine venga considerato come
derivato dal basso latino pagensis (Robert, Dictionnnaire de la Langue Française) o da pagensis
ager (Pianigiani), il riferimento è al gruppo di case attigue o ai suoi abitanti. Il pais testimoniato dal
X secolo è al tempo stesso il territorio abitato da una collettività e i suoi abitanti. Paysage si colloca,
secondo il Centre National de Ressources textuelles et lexicales del CNRS, dalle prime
testimonianze (Cinquecento), simultaneamente, nella sfera della percezione e dei beaux-arts, e in
quella complessiva del territorio di una collettività.
Le due dimensioni si vengono a scindere soltanto nei derivati. Come si sottolinea nel De Voto –
Oli, mentre il termine ‘paesaggio’ richiama l'
ordine degli affetti, ‘paesaggistico’ si riferisce
all'
ambito giuridico della tutela. Paesaggio è “porzione di territorio considerata dal punto di vista
prospettico o descrittivo, per lo più con un senso affettivo cui più o meno può associarsi anche una
valutazione di ordine artistico ed estetico”, mentre paesaggistico, o più comune paesistico è
“relativo al paesaggio come soggetto di riproduzione o tutela artistica”.
L’area semantica alla quale si riferisce il “paesaggio” in Europa include in breve almeno due
accezioni fondamentali ovvero di carattere scientifico-oggettiva e di tipo percettivo/esteticasoggettivo. Per la prima il paesaggio si identifica con la realtà medesima, per la seconda il
paesaggio indica l’immagine della realtà, quindi il rapporto percettivo-culturale che si stabilisce fra
l’uomo e quest’ultima, l’accezione di tradizione neo-latina promossa in prima istanza dalla
Convenzione Europea del Paesaggio.
La prima accezione — scientifica-oggettiva — deriva sia dalla geografia fisica sia dalle altre
scienze naturali, che oggi corrispondono alla disciplina ecologica. In quest’ottica si studia e valuta il
paesaggio in quanto oggetto in sé, e non come percezione di un soggetto esterno: nella “logica
interna” che ne sottende l'
organizzazione, secondo l’ecologia del paesaggio (Troll 1939), e,
passando al registro operativo mediante studi e valutazioni facenti capo a discipline che indagano
sulle sue diverse "componenti": geologia, botanica, ecologia, storia, urbanistica, ecc.
La seconda accezione —estetico-percettiva— è legata alla percezione visiva ed alle sensazioni
che esso provoca nella considerazione delle forme percepibili, incluso il giudizio estetico.
3. First, second and third space come campi analitici diversi
Nella policy research sociologica per la pianificazione urbana, probabilmente i problemi di
reperimento e di relazioni con le fonti riguarderanno, sempre di più nei prossimi anni, l’analisi del
paesaggio percepito. I problemi sono tanto più complessi quanto più composita è la nozione stessa
di “percezione” dello spazio che ci circonda.
La psicologia, e specialmente la psicologia ambientale, propone indicazioni importanti per la
definizione di disegni di ricerca sociologici, attraverso la lettura delle modalità di percezione visiva
dello spazio e del paesaggio come parte essenziale del patrimonio genetico. L’atteggiamento nei
confronti del paesaggio, quindi, conterrà sia degli elementi comuni a tutti i soggetti, sia elementi
propriamente soggettivi dovuti ai percorsi formativi dell’individuo (Friedeldey 1995).
Secondo Bourassa (1990), vi sono tre tipi di risposta alla percezione esterna (istintiva, affettiva,
intellettuale) associabili a tre aree del cervello (rettile, paleo mammifero, mammifero).
Percezione istintiva. A livello cognitivo, l’uomo si rapporta all’ambiente per: comprendere come
tentativo di attribuzione di senso al fine di poter prevedere cosa potrebbe accadere, e per esplorare
come tentativo di approfondimento della conoscenza (anche con l’azione).
Inoltre, l’uomo ha due modi di rapportarsi al paesaggio: percependo immediatamente certi
aspetti dell’ambiente, o inferendone degli altri (Baroni 2008: 86).
Percezione affettiva. Alcune risposte derivano dall’educazione e dai processi di socializzazione e
acculturazione, tipici delle società umane e che influenzano, parimenti al patrimonio genetico, il
comportamento umano. Le risposte tendono a diversificarsi anche notevolmente secondo la cultura,
l’età, l’esperienza passata, etc. E’ possibile distinguere le risposte non direttamente connesse al
patrimonio genetico in due componenti: l’una affettiva e l’altra intellettuale.
La componente affettiva dipende dalle prime fasi dello sviluppo dell’individuo ed è pertanto
condizionata dal luogo ove una persona ha trascorso l’infanzia e dall’educazione ricevuta nei primi
anni di vita. La percezione affettiva concorre a determinare il senso di appartenenza ad un
determinato territorio e, derivando le sue caratteristiche essenzialmente dalla prima fase
dell’apprendimento, può essere soggetta a cambiamenti anche rilevanti a seconda del contesto
culturale e sociale in cui un individuo ha trascorso la sua infanzia. Questa componente della
percezione sembrerebbe, quindi, la più mutevole nel tempo e la più difficile da analizzare ed
individuare (Tempesta e Thiene 2006: 18).
Percezione intellettuale. Soprattutto oggigiorno, i processi educativi si prolungano ben oltre le
prime fasi della crescita di un individuo e concorrono a formare il patrimonio culturale di ogni
singolo individuo. In alcuni casi, anche questa componente intellettuale della percezione finisce
comunque per concorrere alla definizione del gradimento del paesaggio circostante, conducendo ad
un’interpretazione di tipo funzionale (produttiva o ludica) (Coeterier, 1996), o di tipo più
propriamente culturale (scientifico, religioso, storico, letterario, etc.).
Assai vicina, e più direttamente utilizzabile nella ricerca empirica sociologica, appare la
distinzione della geografia di Edward W. Soja. Il suo concetto di Third Space (1996), che si
riferisce alle proposte teoriche di Henri Lefebvre, apre infatti una prospettiva concettuale e teorica
sui fenomeni spaziali in base alla quale essi possono venire rielaborati e ricomposti lungo un
numero n di dimensioni. L’idea di Soja è che ogni essere umano effettui la propria esperienza
spaziale in tre modi. Esiste un Primo Spazio, il cosiddetto “spazio vissuto” costituito dall’ambiente
fisico materiale col quale l’individuo si trova a interagire; in questo caso si tratta di uno spazio delle
costrizioni, formato da tutti i vincoli che l’ambiente (naturale o costruito) pone alla libertà di
movimento dell’individuo. Vi è poi un Secondo Spazio, il cosiddetto “spazio percepito”, costituito
dal modo in cui l’individuo elabora l’ambiente delle sue azioni, facendolo sia sulla scorta delle
esperienze effettuate che delle propensioni e aspirazioni personali proiettate su esso; in questo caso
si tratta dello spazio delle narrazioni. Infine vi è il Terzo Spazio, il cosiddetto “spazio concepito”
che si presenta come integrazione personale dei primi due; quello così elaborato è uno “spazio
riformulato” che prende vita non soltanto nell’immaginazione, ma anche nelle pratiche alternative
di uso dello spazio esistente.
Il primo spazio, lo spazio vissuto, è in altri termini quello del “comportamento”: è il luogo della
lotta per la sopravvivenza e per l’accaparramento dello spazio tra individui e gruppi sociali. Esso è
oggetto di una prima percezione, relativa alla definizione delle proprie risorse individuali, legata
all’auto-posizionamento nella società, oltre che nello spazio della località; è di particolare interesse
nell’analisi sociologica poiché esso consiste nella lettura dei rapporti sociali espressi nello spazio.
Il secondo spazio, detto spazio percepito, è quello delle rappresentazioni affettive e delle
narrazioni relative ai luoghi che contribuiscono alla definizione identitaria individuale e alla
leggibilità dello spazio circostante dalla quale deriva il radicamento locale: è la dimensione più
tradizionalmente indagata nell’analisi urbanistica (da Lynch in poi), è quella indagata nella
tradizione di psicologia ambientale.
Il terzo spazio, spazio concepito, è lo spazio nel quale si confronta il reale e l’ideale, quello delle
aspirazioni: vi si legge l’agenda, esplicita e implicita, degli individui e dei gruppi.
Fonti e metodi, rapporti con le altre discipline delle scienze umane non possono che essere
diversi in queste tre sfere di analisi.
4. Dimensioni d’analisi previste dalla normativa
Le due leggi in vigore in Italia fino al 2004 (n. 1497 del 1939 e n. 431 del 1985) di fatto non
definivano cosa fosse il paesaggio ma si limitavano unicamente ad indicare quali elementi del
paesaggio dovessero essere oggetto di tutela. Solo di recente la Convenzione Europea del
paesaggio, firmata a Firenze nel 2000, ed il “Codice dei beni culturali e del paesaggio”, nel 2004,
hanno definito in modo sufficientemente organico il concetto giuridico di paesaggio.
Nei primi due articoli, la Convenzione Europea stabilisce cosa si debba intendere per paesaggio e
quali siano gli obiettivi della politica paesaggistica. L’art. 1 indica che «paesaggio designa una
determinata parte di territorio, così come è percepita dalle popolazioni, il cui carattere deriva
dall’azione di fattori naturali e/o umani e dalle loro interrelazioni». La politica del paesaggio dovrà
consentire di adottare «misure specifiche finalizzate a salvaguardare, gestire e pianificare il
paesaggio al fine di soddisfare le aspirazioni delle popolazioni per quanto riguarda le
caratteristiche paesaggistiche del loro ambiente di vita».
Lo stesso Codice dei beni culturali e del paesaggio ha fatto proprie le indicazioni della
Convenzione Europea; infatti, l’articolo 131 recita «1. Ai fini del presente codice per paesaggio si
intende una parte omogenea del territorio i cui caratteri derivano dalla natura, dalla storia umana
o dalle reciproche interrelazioni. 2. La tutela e la valorizzazione del paesaggio salvaguardano i
valori che esso esprime quali manifestazioni identitarie percepibili». Una definizione simile è stata
proposta dall’OCSE (2001) per quanto riguarda il paesaggio agricolo che è considerato «the visible
outcomes from the interaction between agricolture, natural resources and the environment, and
encompass amenity, cultural an other societal values».
Simile visione cognitiva/percettiva del paesaggio è rintracciabile anche nell’ambito delle
politiche agroambientali comunitarie. Il questionario valutativo degli effetti delle azioni promosse
in campo agroambientale dai Piani di Sviluppo Rurale realizzato in applicazione dell’art. 42 del
Reg. (CE) 1975/ 1999 (DOC. STAR 12004/00) indica ad esempio che l’efficacia degli interventi in
campo paesaggistico dovrà essere valutata in base alla loro capacità di migliorare la coerenza
percettiva/cognitiva del paesaggio o di rinforzarne gli elementi identitari e tradizionali.
L’OCSE ha proposto, negli anni recenti, nell’ambito agricolo, una prospettiva analitica sulle
risorse locali che recupera la dimensione affettiva del paesaggio: «la valutazione e la conoscenza
dell’ambiente deve avere per obiettivo l’accertamento dei vari aspetti/qualità ambientali che si
correlano con la soddisfazione e il benessere di chi lo usa» (2001). Per l’OCSE, quindi,
indispensabile è operare un distinguo tra caratteristiche e valore del paesaggio. Da un lato, è
possibile individuare caratteristiche funzionali al riconoscimento di tipi di paesaggio: struttura biofisica, vegetazione e uso del suolo, elementi culturali e antropici. In quest’ottica l’analisi del
paesaggio è vista come fase di supporto all’attuazione di azioni paesaggistiche nell’ambito della
politica agraria e territoriale. Dall’altro, il valore del paesaggio deriva dalle funzioni che lo stesso è
capace di svolgere ovvero dal tipo di bisogni che è in grado di soddisfare. Il valore del paesaggio
avrà, quindi, sia una componente oggettiva (caratteristiche dell’ambiente stesso) sia una
componente soggettiva (soggetto che osserva l’ambiente) (OCSE 2001).
Si delineano, così, due possibili strade per la valutazione dell’ambiente (Tempesta, Thiene 2006:
12):
1.
calcolando e accumulando all’attualità i diversi tipi di benefici che un determinato sistema
socio-economico è in grado di produrre a favore dell’uomo, in modo sostenibile;
2.
valutando lo stato attuale dell’ambiente e/o di sue singole componenti in base alla distanza
che esse hanno rispetto ad una situazione ideale, identificabile, almeno entro certi limiti, con il
climax.
La prima strada è quella generalmente percorsa in campo economico ed estimativo, Costanza et
al. (1997) hanno individuato 17 categorie di funzioni economiche svolte dagli ecosistemi naturali o
semi-naturali a vantaggio dell’uomo.
Invece, il secondo percorso tende a valutare l’ambiente ed il paesaggio essenzialmente per
differenza tra il suo stato ideale e la situazione attuale. Volendo quindi valutare compiutamente un
sistema ambientale è necessario attribuire un valore a tutte le diverse categorie di benefici che è in
grado di generare. Si pone dunque nelle analisi di economia ambientale così concepite un duplice
obiettivo: definire i benefici che il paesaggio è in grado di produrre e quantificarne il valore.
Tornando alle definizioni fornite dal quadro normativo internazionale e italiano1 si deve quindi
considerare che vi è promossa una definizione del paesaggio centrata sulla dimensione percettiva:
1
La storia della normativa italiana in materia di paesaggio ha origine negli Stati Pre-unitari e si caratterizza nel corso del tempo per
la sua frammentarietà. Le prime leggi vengono emanate nei primi anni del '
900, con la legge n. 411, voluta dal ministro Rava, per la
conservazione della pineta di Ravenna, ma il primo intervento sistematico si ha nel 1939 con la Legge n. 1497 del 1939.
1. Legge 29 giugno 1939, n. 1497 "Protezione delle bellezze naturali". L’attenzione era principalmente rivolta nei confronti di
aspetti naturalistici, panoramici e storici puntualmente individuati; prevedeva una disciplina di tutela episodica e soggettiva riferita a
particolari siti naturali e storici di pregio rilevanti dal punto di vista estetico. In particolare il concetto di paesaggio viene accostato a
quello di bellezza naturale, in un senso che mira a tutelare i valori paesistici sotto il profilo dei quadri naturali che essi realizzano.
Conseguentemente, non si tutela ciò che è nel paesaggio, ma solo la mera conservazione del visibile e dello scenario naturale. Non si
considera la dinamicità insita nel paesaggio che si concretizza principalmente nell’azione positiva o distruttiva dell’uomo. 2.
Costituzione della Repubblica Italiana - art. 9. Il concetto di paesaggio trova poi spazio e tutela specifica nella Costituzione
Repubblicana, all'
art.9: "la Repubblica tutela il paesaggio e il patrimonio storico e artistico della Nazione". «L’espressione
“paesaggio” contenuta nel suindicato articolo 9 non deve essere riferita solo a ciò che attiene alla forma esteriore ed estetica del
territorio, ma deve essere interpretata in una accezione più generale con il significato di ambiente. Centralità riconosciuta anche da un
consolidato orientamento della Corte Costituzionale, ai sensi del quale la tutela del bene paesaggistico è elevata a valore primario
dell’ordinamento, non è suscettibile di essere subordinata ad altri interessi e costituisce un interesse pubblico fondamentale, primario
ed assoluto che va salvaguardato nella sua interezza. Recentemente, poi, tali principi sono stati riaffermati anche in una importante
sentenza della sesta Sezione del Consiglio di Stato, secondo la quale l’articolo 9 della Costituzione erige il valore estetico-culturale
del bene paesaggistico a valore primario dell’ordinamento; da ciò ne discende che la tutela del paesaggio, che sovrintende a superiori
interessi pubblici, deve realizzarsi a prescindere da ogni valutazione dei singoli interessi privati» (Cerofolini 2005: 230). 4. D.P.R. 24
luglio 1977, n. 616 - art. 82 - commi 1-2. Decentramento amministrativo. Sono delegate alle regioni le funzioni amministrative
esercitate dagli organi centrali e periferici dello Stato per la protezione delle bellezze naturali per quanto attiene alla loro
individuazione, alla loro tutela e alle relative sanzioni, e per quanto riguarda gli interventi per la protezione della natura, le riserve ed
i parchi naturali. 5. Legge 28 febbraio 1985, n. 431 - Legge Galasso. Questa legge ha inserito l’interesse ambientale, ha allargato la
griglia dei beni sottoposti a tutela, ha rafforzato la proiezione territoriale della disciplina, ha attribuito poteri importanti alle Regioni,
obbligandole a dotarsi di una pianificazione che riconoscesse la specifica considerazione dei valori paesaggistici. Gli elementi presi
in considerazione, per lo più naturalistici, sono coste, corsi d’acqua, boschi, laghi, monti etc. attribuendo a tali elementi una valenza
paesaggistica di fondamentale importanza. La legge 1497/1939 non contiene una definizione esplicita di "paesaggio" - termine che
non compare mai nel suo articolato - e che nemmeno la successiva legge 431/1985 fornisce. 6. Decreto Legislativo 29 ottobre 1999,
n. 490 - Titolo II. Testo unico delle disposizioni legislative in materia di beni culturali e ambientali, a norma dell'articolo 1
della legge 8 ottobre, n. 352. Costituisce l’unificazione di tutta la legislazione in materia di beni culturali e ambientali formulata fino
al 1999. 7. D.P.R. 29 dicembre 2000, n. 441. Regolamento recante norme di organizzazione del Ministero per i beni e le attività
culturali: segretario generale, amministrazione centrale, istituti centrali, amministrazione periferica. 8. Convenzione Europea del
Paesaggio Firenze 20 ottobre 2000. La Convenzione Europea del Paesaggio (CEP) è il trattato internazionale interamente dedicato
al paesaggio stipulato tra gli stati membri della Comunità europea a Firenze il 20 ottobre 2000 ed entrato in vigore in Italia il 1°
Settembre 2006 con la legge n. 14 del 9 gennaio 2006. Gli obiettivi della Convenzione consistono nel far recepire alle
amministrazioni locali, nazionali e internazionali, provvedimenti, atti e politiche che sostengano il paesaggio con operazioni di
salvaguardia, gestione e pianificazione del paesaggio. Il primo articolo della Convenzione formula una definizione di "paesaggio"
che amplia notevolmente l'
accezione corrente, attribuendole non solo le tradizionali componenti naturali e umane in stretta reciproca
−per paesaggio si deve intendere l’aspetto visibile di un sistema ecologico naturale o
antropico (socio-economic ecosystem) o di un determinato territorio così come è percepito dalla
popolazione che, a vario titolo, lo frequenta. Viene quindi fornita una definizione eminentemente
percettiva del concetto di paesaggio;
relazione, ma, in più, stabilisce che debba essere ritenuto paesaggio tutto quanto viene recepito come tale dalle popolazioni locali,
arricchendo questo concetto di una nuova dimensione: la "percezione sociale del paesaggio". Il campo di applicazione della
Convenzione si riferisce a tutto il territorio degli Stati contraenti, con la conseguenza che tutto il territorio deve essere preso in
considerazione nei piani e programmi di valorizzazione paesaggistica, la cui attenzione non è più rivolta soltanto ai paesaggi
‘eccezionali'
, ma anche ai "paesaggi della vita quotidiana e ai paesaggi degradati". Per quanto riguarda l’applicazione della
Convenzione, successivamente alla ratifica da parte dello Stato Italiano, diventano questi gli obiettivi che si profilano: integrare il
paesaggio nelle politiche di pianificazione del territorio; avviare procedure di partecipazione del pubblico nella realizzazione delle
politiche paesaggistiche; accrescere la sensibilità della società civile al valore dei paesaggi; promuovere programmi di formazione ed
educazione alla tematica paesaggistica, particolarmente destinati ai professionisti del settore pubblico e privato, ma estesi anche ai
programmi scolastici e universitari; promuovere ricerche sistematiche e studi volti ad individuare; conoscere e valutare i paesaggi del
proprio territorio tenendo conto dei valori attribuiti dalle popolazioni interessate; stabilire obiettivi di qualità paesistica espressi in
forma chiara e associati a politiche e strumenti specifici per il loro conseguimento. 9. Decreto Legislativo 22 gennaio 2004, n. 42,
Codice dei beni culturali e del paesaggio. Codice Urbani. La tutela del paesaggio è normata attualmente da tale codice, modificato
due volte nei successivi quattro anni: nel 2006 con i Decreti Legislativi 24 marzo 2006, n. 156 (in relazione ai beni culturali) e n. 157
(in relazione al paesaggio), nel 2008 con i Decreti Legislativi 26 marzo 2008, n. 62 (in relazione ai beni culturali) e n. 63 (in
relazione al paesaggio). Il Codice dei beni culturali e del paesaggio rappresenta una tappa fondamentale nell’evoluzione normativa
italiana. Si assiste ad una semplificazione legislativa di quanto precedentemente esistente, fornendo uno strumento di promozione e
difesa del tesoro degli italiani, anche attraverso il coinvolgimento degli Enti Locali, e definendo in maniera irrevocabile i limiti
dell'
alienazione del demanio pubblico, che escluderà i beni di particolare pregio artistico, storico, archeologico e architettonico.
All'
interno del "patrimonio culturale nazionale", si inscrivono due tipologie di beni culturali: i beni culturali in senso stretto,
coincidenti con le cose d'
interesse storico, artistico, archeologico etc., di cui alla legge n. 1089 del 1939, e quell'
altra specie di bene
culturale, in senso più ampio, che è costituita dai paesaggi italiani (già retti dalla legge n. 1497 del 1939 e dalla legge Galasso del
1985), frutto della millenaria antropizzazione e stratificazione storica del nostro territorio. La principale innovazione introdotta dal
nuovo codice consiste nel considerare il paesaggio come parte integrante del patrimonio culturale. Ai sensi dell’articolo 2, infatti, il
patrimonio culturale della Repubblica è costituito dai beni culturali e dai beni paesaggistici. Altra novità consiste nell’aver definito
per la prima volta il significato giuridico sia di “tutela” e che di “valorizzazione” dei beni paesaggistici. Tutela: esercizio delle
funzioni e la disciplina delle attività dirette ad individuare i beni paesaggistici ed a garantirne la protezione e la conservazione per fini
di pubblica fruizione. Valorizzazione: esercizio delle funzioni e la disciplina delle attività dirette a promuovere la conoscenza dei
beni paesaggistici e ad assicurare le migliori condizioni di utilizzazione e fruizione pubblica dei beni medesimi (Cerofolini 2005:
231-32). Il Codice (art. 131) introduce nella legislazione italiana la definizione di paesaggio ritornando su quanto già presente nella
Convenzione europea integrandola con il concetto di "identità nazionale", di cui il paesaggio sarebbe la "rappresentazione materiale e
visibile". La disciplina del Codice (art. 143) assegna alla regolazione pubblica del piano un ruolo fondamentale rispetto a tutte le
discipline che concorrono a conformare lo statuto del territorio. Per quanto riguarda la procedura di autorizzazione, il Codice
introduce la Commissione locale per il paesaggio (art. 148) come struttura a supporto degli enti locali titolari di subdelega, con il
compito di formulare un giudizio di compatibilità paesaggistica relativamente alle proposte progettuali che accompagnano le
richieste di autorizzazione. Ruolo e struttura della Commissione hanno subito recentemente importanti modifiche. 10. Legge n. 14
del 9 gennaio 2006. È una legge di ratifica ed esecuzione della Convenzione europea sul paesaggio, stipulata a Firenze il 20 ottobre
2000. Vengono attribuite alle Commissioni locali per il paesaggio competenze per ambiti sovracomunali, questa è una innovazione di
estrema importanza per una visione allargata rispetto al confine comunale auspicabilmente estendibile ad unità di paesaggio.
Modifica che decade con le correzioni apportate al Codice nel 2008 e tuttora vigenti. 11. Decreto Legislativo 26/03/2008 n. 62.
Ulteriori disposizioni integrative e correttive del decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42, in relazione ai beni culturali. Il
Decreto legislativo riguarda i beni culturali, interviene sulla circolazione delle cose di interesse storico e artistico, riconsidera la
disciplina di tutela dei beni archivistici, definisce una più stringente salvaguardia del patrimonio culturale di proprietà di enti
pubblici, di soggetti giuridici privati, di enti ecclesiastici civilmente riconosciuti. 12. Decreto Legislativo 26/03/2008 n. 63.
Ulteriori disposizioni integrative e correttive del decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42, in relazione al paesaggio. La novità,
fortissima e sostanziale, è intendere il paesaggio come l’insieme di tutto il territorio, non più solo dei paesaggi d’eccellenza, ma
anche i paesaggi del quotidiano e quelli degradati. Tutto il territorio è quindi riconosciuto quale risorsa essenziale e bene comune
della collettività (Art. 1 e Art. 2 modifiche: “Per paesaggio si intende il territorio espressivo di identità, il cui carattere deriva
dall'azione di fattori naturali, umani e dalle loro interrelazioni. 2. Il presente Codice tutela il paesaggio relativamente a quegli
aspetti e caratteri che costituiscono rappresentazione materiale e visibile dell'identità nazionale, in quanto espressione di valori
culturali. 4. La tutela del paesaggio, ai fini del presente Codice, è volta a riconoscere, salvaguardare e, ove necessario, recuperare i
valori culturali che esso esprime. I soggetti indicati al comma 6, qualora intervengano sul paesaggio, assicurano la conservazione
dei suoi aspetti e caratteri peculiari”).
−la sua qualità dipende sia dai caratteri oggettivi del territorio che dalle aspirazioni della
popolazione che con esso viene a contatto;
−la formulazione di politiche paesaggistiche si deve basare sul valore che la popolazione
attribuisce al paesaggio; oggetto della politica del paesaggio devono essere sia i paesaggi di
elevata qualità (da tutelare) sia quelli degradati (da riqualificare);
−il paesaggio è il frutto dell’interazione tra l’ambiente naturale e l’intervento antropico e
assume sempre natura storica; potrà quindi presentare in taluni contesti il significato di bene
storico-culturale e come tale dovrà essere oggetto di opportuni interventi di conservazione.
5. Due domande di policy, due direzioni analitiche
La Convenzione Europea del Paesaggio, indica nella sua parte definitoria due obiettivi di policy,
quindi di analisi, diversi:
“Obiettivo di qualità paesaggistica” designa la formulazione da parte delle autorità pubbliche
competenti, per un determinato paesaggio, delle aspirazioni delle popolazioni per quanto riguarda le
caratteristiche paesaggistiche del loro ambiente di vita;
“Salvaguardia dei paesaggi” indica le azioni di conservazione e di mantenimento degli aspetti
significativi o caratteristici di un paesaggio, giustificate dal suo valore di patrimonio derivante dalla
sua configurazione naturale e/o dal tipo d’intervento umano.
Un primo obiettivo, che potrebbe essere definito alternativamente turistico-ricreativo di qualità
della vita quotidiana, prende forma dalla tendenza degli individui a cercare di passare parte del
proprio tempo in ambienti risultanti più gradevoli, o più interessanti, sul piano visivo-percettivo. Un
quadro paesaggistico poco gradito può essere fonte di stress e disagio. A parità di altri fattori,
l’uomo cercherà di passare più tempo possibile in paesaggi che gli sono graditi (sia antropici sia
naturali) (Kaplan 1995). Inoltre, laddove sia possibile, l’uomo cercherà di scegliere la sua residenza
in modo di vivere in un ambiente piacevole sul piano paesaggistico, quindi la qualità del paesaggio
andrà ad influenzare il mercato immobiliare. La domanda di paesaggio in questo caso farà
principalmente riferimento alla sfera emotiva e percettiva. Il valore visivo-percettivo dovrà essere
definito partendo dall’analisi dei comportamenti e delle attitudini espressi dalla totalità della
popolazione.
In questo caso si dovrà indagare ed analizzare con attenzione e approfondimento le preferenze
espresse dai residenti in un territorio o da coloro che lo frequentano per fini ricreativi.
Quando, invece, il paesaggio è visto alla stregua di un bene storico, la domanda verrà formulata
in relazione all’esigenza di conservare il patrimonio, materiale, ma anche immateriale, nelle sue
diverse manifestazioni. In questo caso solo la conoscenza della storia di un territorio e della sua
evoluzione, potranno stabilirne l’importanza storica e culturale. In questa circostanza la domanda
del paesaggio dipenderà strettamente da riflessioni di carattere culturale.
Letto nei termini di Soja, il primo obiettivo concerne lo spazio concepito nelle sue relazioni con
lo spazio vissuto, il secondo è circoscritto allo spazio percepito (secondo spazio). Elenchi di temi da
affrontare per realizzare i due obiettivi, quindi suggerimenti per il reperimento delle relative fonti, si
trovano non di rado nella normativa nazionale. Ad esempio, la conoscenza e la valutazione
paesaggistica, secondo l’Allegato Tecnico della Relazione Paesaggistica2 (DPCM del 12/12/2005),
si realizza mediante:
-
l’analisi dei caratteri della morfologia, dei materiali naturali e artificiali, dei colori,
delle tecniche costruttive, degli elementi e delle relazioni caratterizzanti dal punto di vista
percettivo-visivo, ma anche degli altri sensi (udito, tatto, odorato, gusto);
-
una comprensione delle vicende storiche e delle relative tracce, materiali e
immateriali, nello stato attuale, non semplicemente per punti (ville, castelli, chiese, centri
storici, insediamenti recenti sparsi, ecc.), ma per relazioni;
-
una comprensione dei significati culturali, storici e recenti, che si sono depositati su
luoghi e oggetti (percezione sociale del paesaggio);
-
la comprensione delle dinamiche di trasformazione in atto e prevedibili, attraverso un
rapporto con gli altri punti di vista, fra cui quello ambientale.
A queste indicazioni, che evocano un vasto mondo di variabili, si associa il richiamo alla
partecipazione della popolazione che indirizza, in genere, la richiesta di consulenza sociologica
verso pratiche di indagine diretta senza che sia focalizzata la relativa domanda cognitiva.
2
L’obiettivo della “Relazione Paesaggistica” contenuto nel DPCM del 12 dicembre 2005 è soprattutto quello di dare
indicazioni riguardo le procedure e le modalità di lettura del paesaggio e, conseguentemente, di come possano essere
progettate le trasformazioni (a tutte le scale e per tutti i tipi di intervento); lo strumento di legge obbliga a riflettere sulla
necessità di progettare all’interno del contesto e non sul contesto, senza sovrapporsi in modo acritico, e talvolta brutale,
a quell’insieme di natura e storia che nel tempo ha prodotto quello che oggi chiamiamo paesaggio (Di Bene, Scazzosi
2006).
6. Per un’integrazione delle tecniche per l’analisi del paesaggio
È sulla base di tali premesse che in questa parte del lavoro, si propone un distinzione, in termini
di approcci e tecniche, utile all'
interpretazione e alla valutazione del paesaggio, che supera quella
principale, riscontrabile nella letteratura metodologica, che vede approcci d'
analisi soggettivi Vs
approcci oggettivi; questo nell'
ottica di un miglioramento metodologico che guarda all'
integrazione
dei due approcci come condizione indispensabile per il raggiungimento di un risultato valido ed
attendibile.
I metodi oggettivi sono utilizzabili nella stima del valore storico-culturale-ambientale del
paesaggio, mentre i soggettivi consentono di valutare il paesaggio dal punto di vista visivopercettivo in modo più corretto. I metodi soggettivi indagano sul valore assegnato al paesaggio dai
singoli individui e/o dalla popolazione.
Per aver utilità nella definizione delle politiche, i risultati conseguibili devono poter offrire una
fotografia “oggettiva” della qualità del contesto, che non può essere ottenuta con la stessa tecnica.
Inoltre, le valutazioni verbali qualitative su singoli elementi non consentono di verificare l’effetto
delle interazioni tra elementi costitutivi del paesaggio.
L’interrogazione sul valore percepito del paesaggio ha dato luogo a diverse proposte che
rispondono tuttavia ad indirizzi ricorrenti, riguardanti da una parte l’interrogazione individuale, più
spesso orientata alla valutazione della qualità e all’individuazione di emergenze architettoniche o di
elementi di paesaggio significativi, dall’altra l’interrogazione collettiva, più spesso orientata alla
definizione cooperativa di strategie, quindi volta ad individuare le risorse territoriali e scenari di
trasformazione del paesaggio.
Diventa, quindi, indispensabile una definizione delle relazioni significative tra elementi, dalla
quale partire per indagare mediante l’interrogazione sul paesaggio se non nella sua interezza ma
nelle sue componenti complesse significative.
Seguendo i suggerimenti di Tiziano Tempesta e Mara Thiene (2006: 25-26), per poter valutare il
paesaggio è necessario procedere alla individuazione di relazioni del tipo:
Qp = f(X; I)
dove: Qp = qualità paesaggistica; X = set dei descrittori del paesaggio; I = set delle
caratteristiche individuali.
L’intento è quello di attribuire un valore alla qualità paesaggistica e di interpretare tale valore
sulla base dei possibili descrittori e delle caratteristiche individuali. I due autori, precisano che tale
valutazione, la qualità paesaggistica, deve essere intesa in un’ottica di tipo visivo-percettivo o
storico-culturale poiché escludendo altre importanti funzioni dei sistemi ecologici, non permette una
valutazione economica.
Per poter contestualizzare, riprendendo i riferimenti della teoria del consumatore e del benessere,
affinché un qualsiasi bene possa assumere un valore, devono sussistere almeno due condizioni di
base:
-
il consumatore o il fruitore deve essere in grado di esprimere un sistema di preferenze
ordinabili;
-
le risorse disponibili per l’acquisizione e l’utilizzo di beni devono essere scarse (Tempesta,
Thiene 2006: 26).
Ne consegue che, almeno a livello teorico, per massimizzare il benessere sociale, ovviando alle
inefficienze del mercato, si potrà procedere indifferentemente:
-
attribuendo un valore monetario alle risorse ambientali in modo diretto;
-
individuando il sistema di preferenze sociali in termini ordinali o cardinali utilizzando scale
non monetarie da cui giungere per via indiretta alla stima del valore considerando i vincoli derivanti
dalla disponibilità di risorse.
Si avranno così metodi di valutazione monetaria, nel primo caso, e non monetaria, nel secondo.
Gobster e Chenoweth (1989) individuano alcuni tipi per quanto riguarda il set di descrittori da
utilizzare per la valutazione del paesaggio: fisico (% della scena occupata da diversi tipi di coltura,
alberi, siepi, altezza degli alberi, presenza di manufatti di vario genere, etc.); artistico; psicologico
(mistero, complessità, leggibilità, pace, tranquillità, senso di appartenenza, etc.).
Si comprende che la scelta degli indicatori dipende dalle finalità della ricerca.
La proposta di seguito esplicitata è in linea con quanto detto fino ad ora. La distinzione, in
termini di approcci e tecniche per la valutazione del paesaggio, prevede due macro categorie:
«Consultazioni sul paesaggio» e «Costruzione di una visione condivisa del paesaggio».
Nel primo caso, l’ambito d’azione e d’attenzione è il contesto. Lo scopo è quello di raccogliere
pareri preliminari a qualsiasi tipo di decisione per correggere le inefficienze del mercato
nell'
allocazione delle risorse e nella realizzazione degli interventi. L'
obiettivo, infatti, è quello di
rilevare, in termini monetari e non, le percezioni espresse dai singoli fruitori, evitando la ricerca,
forzata, di elementi di omogeneità tra le opinioni. Si presenta una fotografia della situazione.
Nel secondo caso, si valuta il paesaggio nella sua complessità. Si tratta di raccogliere valutazioni
e proposte articolate dai diversi attori locali consultati (popolazione residente, comunità locale,
esperti, amministratori, etc.). L'
intento è quello di arrivare all'
elaborazione di una prospettiva
comune a tutti gli attori, e finalizzata alla realizzazione d'
interventi o di un piano a lungo termine,
sul territorio. Fondamentale, in tale circostanza, è l'
aspetto partecipativo e deliberativo che
caratterizza il processo di costruzione.
6.1 Consultazioni sul paesaggio
Per raccogliere pareri e desideri della popolazione riguardo l’uso del paesaggio è possibile
seguire sostanzialmente due vie: monetaria e non monetaria.
Nella prospettiva monetaria, è possibile riconoscere alcuni tipi di benefici che il paesaggio è in
grado di offrire: di tipo diretto non estrattivo (essenzialmente ricreativi), di tipo indiretto non
estrattivo (miglioramento della qualità della vita nel luogo di residenza o d vacanza) e di non uso
(quando il paesaggio abbia valenza identitaria, storico-culturale e comunque un certo grado di
unicità e rarità).
Per quantificare il valore monetario del paesaggio si possono usare:
1) approcci incentrati sulle preferenze dichiarate (stated preferences): stima del valore del
paesaggio attraverso interrogazioni dirette ai fruitori, o a coloro che sono comunque interessati alla
conservazione: a quanto del reddito saresti disposto a rinunciare per realizzare una determinata
azione in favore del paesaggio?
Per questo tipo di preferenze troviamo gli Esperimenti di scelta che sono sostanzialmente una
variante della conjoint analysis (CA), utile per individuare le preferenze dei consumatori nei
riguardi delle caratteristiche dei nuovi prodotti da immettere nel mercato, e la Valutazione
contingente basata sulla possibilità di delineare un mercato ipotetico per beni non disponibili, al cui
interno il consumatore (o il cittadino) possa manifestare la propria disponibilità a pagare, per la
conservazione o per il miglioramento qualitativo del bene considerato, o ad essere rimborsato nel
caso di un peggioramento qualitativo o di una diminuzione della sua disponibilità (Tempetsa,
Thiene 2006).
2) approcci basati sulle preferenze rivelate (revealed preferences): stima del valore basata sulla
presenza di una relazione di complementarietà debole tra consumo di un bene pubblico e di un bene
mercantile (Tempesta, Thiene 2006: 58).
Per le preferenze rivelate, troviamo il travel cost multisito ed il prezzo edonico, metodi che
permettono di stimare la variazione di benessere di un individuo in relazione ad un cambiamento
della qualità del paesaggio. Tale variazione è quantificata monetariamente tramite il surplus del
consumatore che costituisce pertanto una misura monetaria dell’utilità individuale.
Anche per la valutazione non monetaria, è possibile adottare due approcci:
1) analizzare le preferenze espresse verbalmente utilizzando approcci di tipo qualitativo per la
restituzione di indicazioni utili alla riqualificazione del paesaggio;
2) analizzare le preferenze tramite metodi di valutazione di tipo psicofisico per
l’individuazione di relazioni di tipo matematico tra situazione dell’uso del suolo e dell’ambiente
(generalmente illustrata da fotografie o diapositive) e il valore assegnato al paesaggio dalla
popolazione (usualmente tramite punteggi). Normalmente questo tipo di metodi prevedono che si
proceda preliminarmente ad una classificazione del paesaggio in ambiti tipologici di dimensioni più
o meno vasti (Tempesta, Thiene 2006: 29).
In tal caso, è possibile fare ricorso a metodi psicofisici, analisi percettiva, Derive, self-report,
PEQis (Percived Environmental Quality Indexes).
I metodi psicofisici hanno come scopo quello di condurre il soggetto all’osservazione del
paesaggio (anche ambiente urbano) che lo circonda e ad individuare le sensazioni che prova
attraversando tale ambiente; l’intento è quello di individuare delle relazioni di tipo matematico tra
situazione dell’uso del suolo e dell’ambiente (generalmente illustrata da fotografie o diapositive) e
il valore assegnato al paesaggio dalla popolazione (usualmente tramite punteggi); l’analisi
percettiva è volta all’individuazione dei legami complessi che si stabiliscono, in senso sia cognitivo
sia emotivo, tra individui, gruppi e territori. In questa direzione si sviluppa l’attenzione alla
territorialità intesa come appropriazione dello spazio; come processo cioè in cui sono le attività
realizzate dalle persone nello spazio ambientale a definire e caratterizzare il vincolo affettivo
stabilito con esso. Le Derive si sostanziano in passeggiate il cui scopo è quello di sondare il
territorio con gli occhi di chi lo vive, coinvolgendo non solo gli oggetti ma le persone, i loro
racconti, la loro percezione del luogo, con i suoi problemi e i suoi punti di forza. Si svolgono spesso
in zone interstiziali, disabitate o considerate tali. I self-report sono resoconti personali forniti dai
soggetti relativi alla descrizione, alla memoria, o alla valutazione di un ambiente, oppure al grado di
soddisfazione ambientale del soggetto, o all’autovalutazione del suo benessere fisico e psicologico
in relazione a un determinato elemento o cambiamento ambientale; esso tocca quindi, spesso con un
unico strumento, diversi livelli di percezione del paesaggio; tali dichiarazioni si concentrano sulla
conoscenza che i singoli individui hanno degli elementi di un dato contesto paesaggistico (Baroni,
Mainardi Peron 1992).
Diversa appare tuttavia la situazione definita dalla richiesta di analisi della percezione del
contesto legate ad un progetto specifico, prima o dopo la sua realizzazione (secondo la tradizione
della post occupancy evaluation, rivisitabile per applicazione a numerosi tipi di interventi edilizi ed
urbanistici), da quella legata alla costruzione di un piano. I questionari costruiti sui PEQis (Percived
Environmental Quality Indexes) rispondono ad un bisogno puntuale di informazione dei
responsabili della pianificazione e della realizzazione di grossi cambiamenti ambientali tracciando
un profilo degli atteggiamenti e delle opinioni delle persone implicate, evidenziando non solo
cambiamenti nel livello di soddisfazione generale, ma anche eventuali differenze fra gruppi di
popolazione diversa (Craik, Feimer 1987).
La ricerca di relazioni quantitative tra singoli elementi del paesaggio e apprezzamento estetico,
attraverso funzioni di tipo lineare, pone un problema di fondo: il paesaggio viene ad essere ridotto
ad una mera somma di fattori disgiunti e non interagenti. Si perderebbe così uno degli aspetti
salienti del paesaggio e cioè il suo essere un sistema costituito da più elementi e,
contemporaneamente, dalle relazioni che legano gli stessi, conferendo loro unitarietà e significato
(Tempesta, Thiene 2008: 31).
Ci troviamo più in generale davanti ad un oggetto di studio per il quale il ricorso
all’interrogazione del “cittadino” e ai supporti di interrogazione che immediatamente vengono in
mente (es: le fotografie) pongono problemi particolarmente delicati, così da suggerire da una parte
una forte prudenza in materia di quantificazione, dall’altra qualche sforzo maggiore per la
definizione di strategie diverse e più “povere”.
La proposta di una rosa di elementi significativi del paesaggio elude una fase importante di
analisi, relativa alle cognizioni diffuse del contesto. Il ricorso alla fotografia non è di per sé utile:
per anni l’uso del differenziale semantico non vi è stato associato. L’indirizzo più proficuo, non
favorito certo dai committenti, sembrerebbe andare nella direzione dell’approfondimento in piccoli
campioni, con il ricorso a tecniche miste, magari anche con strumenti un po’ dimenticati, come
quelli delle mappe mentali.
Con il self-report ci si può addentrare disugualmente nei tre livelli di spazio: permette di
affrontare con efficacia l’agenda di trasformazione – third space- laddove è dotata di un sufficiente
grado di formalizzazione; con tecniche non troppo standardizzate il second space – lo spazio degli
affetti e delle narrazioni; con le dichiarazioni di comportamento di affrontare lo spazio vissuto.
Tuttavia, questo soltanto nella misura in cui l’analisi punti non a ricostruire una interpretazione
dominante del paesaggio ma a confrontare usi ed interpretazioni diverse.
6.2 Costruzione di una visione condivisa del paesaggio
In questo caso, la raccolta delle informazioni e dei dati avviene in un’ottica integrata ovvero si
cerca di coniugare aspetti relativi all’assetto fisico della comunità, alla qualità ambientale, alla
tutela e valorizzazione del paesaggio con quelli di uno sviluppo economico-sociale durevole ed
equo. Da un punto di vista processuale e metodologico, l’obiettivo è quello di giungere alla
proposta di una forma di intervento a carattere strategico (per obiettivi ed azioni), svolta in forma
partecipata ed aperta a tutta la comunità. Il fine ultimo è, infatti, la costruzione di un’identità
comune.
Il percorso analitico si organizza in modo tale da includere tutti i gruppi della comunità portatori
di uno specifico interesse verso lo sviluppo della comunità, i suoi fini ed i suoi obiettivi; di giungere
ad un consenso attraverso il confronto ed il dialogo fra gli attori che vi partecipano. Le possibili
decisioni e le successive azioni sono il risultato dell’interazione stessa.
Per arrivare alla “costruzione di una visione condivisa del paesaggio” è possibile realizzare
diverse pratiche in relazione agli obiettivi contestuali.
Lì dove, ad esempio, l’intento è quello di individuare tutti i possibili soggetti interessati alla
realizzazione di un intervento e bisogna definire le forme con cui realizzare il processo decisionale
operativo è possibile ricorrere alla Stakeholder Analysis per la raccolta e l’analisi di informazioni
utili all’individuazione di quali interessi debbano essere considerati prima di intraprendere la
realizzazione di un intervento, o per individuare i differenti gruppi di interesse e la loro capacità di
influenzare le uscite finali dell’intervento stesso; ai Laboratori di quartiere/territoriali per
individuare i problemi prioritari del quartiere ed elaborare in modo partecipato alcuni progetti
finalizzati a risolverli; alla costruzione di Mappe identitarie ovvero di elaborazioni grafiche relative
alle conoscenze sedimentate nella popolazione locale che vengono sistematizzate e fissate per poi
essere rielaborate da esperti nella costruzione di progetti; al Pattern Language per organizzare la
conoscenza implicita della gente per la risoluzione di problemi ricorrenti quando si deve costruire
qualche cosa.
Quando invece l’obiettivo è fornire una fotografia dello stato in cui si trova la comunità nel
momento in cui si vuole intervenire, per individuare i principali problemi da risolvere, le risorse
disponibili, etc. è possibile far riferimento a diverse altre tecniche così da arrivare all’individuzione
di opportuni indicatori utili a definire le condizioni di partenza e gli eventuali progressi ottenuti
attraverso il programma.
Ad esempio, è possibile utilizzare l’Albero dei problemi per arrivare alla definizione degli
obiettivi da raggiungere, partendo dalla individuazione degli aspetti negativi (problemi) di una
determinata situazione, che si intende o si auspica di poter rimuovere; l’Analisi SWOT per
individuare gli aspetti che possono favorire o frenare lo sviluppo, in senso sostenibile, del contesto
territoriale stesso; le Parish Maps/Mappe di comunità per la conoscenza e la valorizzazione del
patrimonio locale attraverso il coinvolgimento attivo della comunità locale; i Quaderni di periferia
attraverso i quali si intende leggere in spazi periferici nuove dimensioni identitarie, diversi modi di
vedere e vivere il proprio territorio; le Camminate di quartiere per la valorizzazione dei saperi nonesperti, e la Cartografia emozionale per la creazione di una mappa emotiva, tramite
apparecchiatura indossata durante la passeggiata nel contesto considerato.
Se invece, si tratta di definire il percorso da compiere per valorizzare le positività ed eliminare le
negatività, o in altri termini per promuovere lo sviluppo sostenibile della comunità stessa, il
Visioning, l’EASW, i Metodi Goal oriented, le tecniche di Strategic choice, i Giochi di simulazione
e le Mappe di Gulliver si presentano come le soluzioni più idoneee.
Il Visioning serve a delineare la situazione futura auspicata dai membri di una comunità ed i suoi
caratteri essenziali per quanto riguarda gli aspetti ritenuti prioritari (ambiente, abitazione, trasporti,
relazioni, etc.); l’EASW offre la possibilità di formulare un’ipotesi generale di assetto della
comunità a partire dalla formulazione di alcune condizioni di riferimento predefinite. I metodi Goal
oriented per la definizione di uno schema progettuale strutturato e completo mediante l’“analisi
degli obiettivi”; le tecniche di Strategic choice consentono di generare e di selezionare azioni di
piano e progetti reciprocamente compatibili e coerenti con gli obiettivi degli attori. I Giochi di
simulazione permettono di adottare una strategia che sia in grado di migliorare la situazione presa
in esame, e le Mappe di Gulliver per coinvolgere attivamente la popolazione portandola
all'
individuazione di proposte progettuali, punti critici e zone buie.
L’interrogazione collettiva più spesso permette di cogliere la dimensione conflittuale dell’uso,
quindi della percezione dello spazio, perché parte dalle agende per la trasformazione e dal confronto
diretto tra queste interpretazioni del Third Space. Partendo dal Third Space alcune indicazioni sulle
strategie quotidiane di relazione con lo spazio vissuto possono emergere. Tali tecniche difficilmente
tuttavia offrono una lettura fine del peso delle “risorse” territoriali nella costruzione delle identità
personali.
7. Conclusioni
Partendo dagli interessi alla base di questo lavoro ovvero l’attenzione al paesaggio inteso nella
sua interezza e l’esigenza di individuare una serie di pratiche finalizzate alla valutazione e alla
progettazione, si comprende chiaramente come il ‘paesaggio’ si profili come tema di discreta
complessità, che varia da punto a punto, da luogo a luogo, ora costituito prevalentemente dalla
componente naturalistica e ora da quella della stratificazione storica; da qui si avverte la necessità di
un approccio e di una riflessione critica per riuscire ad interpretare e comprendere veramente quello
che si sta progettando o si intende realizzare.
L’ obiettivo di questa riflessione è stato soprattutto quello di proporre indicazioni alternative sui
modi attraverso cui può essere letto il paesaggio e, conseguentemente, di come possano essere
progettati gli interventi.
Si è sottolineata l’esigenza di una conoscenza approfondita del paesaggio, delle sue qualità come
premessa ad ogni azione di tutela e di intervento; di un’analisi puntuale delle peculiarità dei luoghi
dove si interviene, per contestualizzare le diverse indicazioni del caso; di un approccio
interdisciplinare, per considerare le diverse componenti ed accezioni del paesaggio; un
approfondimento degli aspetti legati alle specificità dell’intervento da realizzare.
Nel rintracciare questi diversi aspetti, è evidente che la sociologia applicata volta a sostenere la
pianificazione urbana debba, sempre di più, impadronirsi anche di atteggiamenti di ricerca tipici
dell’architettura e dell’antropologia: analisi delle tracce fisiche, di ‘erosione’ (consumo) o di
‘accrescimento’ (aggiunta di materiali o oggetti) degli spazi, osservazione dei comportamenti (flussi
di mobilità, comportamenti negli spazi pubblici) (Bonaiuto, Bilotta, Fornara 2006; Yin 2005),
imparando ad investire in queste operazioni risorse umani sufficienti anche ad una quantificazione
sulla base di schemi strutturati.
Interrogazione ed osservazione, orientate ad un’analisi del paesaggio che superi il benchmarking
e tenga conto delle differenziazioni interne alle società locali, suppongono comunque una fase
preliminare di definizione degli elementi significativi del paesaggio. Questa non si può fondare che
sull’interrogazione, sulla ricerca d’archivio e secondaria. In particolare la ricerca storico –
archivistica e la ricerca cartografica si presentano estremamente descrittive per quanto riguarda la
rappresentazione del paesaggio a cui si riferiscono: policromia, varietà di colori e sfumature,
simboli e riferimenti grafici, etc. Tale sistema sintetico di informazioni permette all’utente una
lettura precisa di quella che è effettivamente l’identità del territorio che si sta leggendo.
Dagli archivi è possibile recuperare una viva rappresentazione del territorio e della città,
nell’aspetto raggiunto in una data esatta, soprattutto con l’annotazione di organismi insediativi e
urbani globalmente rappresentati in modo geometricamente coerente alla realtà.
Una strada, questa, che relazionata alle altre sopracitate, permette di passare dalla ricerca per
interpretare il paesaggio, alla ricerca per ri–progettarlo, o per restauralo, o per conservarlo.
Inoltre, con il ricorso principale alle interpretazioni di tre discipline: l’urbanistica per la
definizione in particolare delle tipologie architettoniche e urbanistiche caratteristiche del territorio;
la storia sociale per l’individuazione delle attività che hanno lasciato segno e delle trasformazioni
connesse della struttura sociale; la biologia. Discipline che offrono materiale documentario e
ricerche non sempre diffuso nei singoli contesti locali, la cui ri-elaborazione è sempre difficile per i
non addetti. Di fronte allo sviluppo dell’analisi sociologiche per la pianificazione urbana dedicate
alla percezione del paesaggio, lo sforzo di costruzione di metodi dovrebbe forse indirizzarsi oggi
sull’interrogazione degli esperti di queste tre discipline secondo procedure che consentano di
affrontare, con snellezza, le interpretazioni di spazio vissuto, percepito e concepito a partire da
informazioni “oggettive” sufficienti alla costruzione di un quadro di riferimento sicuro per l’analisi
sociologica.
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