Comments
Description
Transcript
Gallese e Lakoff
Gallese V, Lakoff G. (2005) “ The Brain's concepts: the role of the Sensory-motor system in conceptual knowledge”, Cognitive Neuropsychology, 22(3/4):455-79. Sintesi liberamente tratta dall’articolo, a cura di Silvia De Isabella Abstract Concepts are the elementary units of reason and linguistic meaning. They are conventional and relatively stable. As such, they must somehow be the result of neural activity in the brain. The questions are: Where? and How? A common philosophical position is that all concepts-even concepts about action and perception-are symbolic and abstract, and therefore must be implemented outside the brain's sensory-motor system. We will argue against this position using (1) neuroscientific evidence; (2) results from neural computation; and (3) results about the nature of concepts from cognitive linguistics. We will propose that the sensorymotor system has the right kind of structure to characterise both sensory-motor and more abstract concepts. Central to this picture are the neural theory of language and the theory of cogs, according to which, brain structures in the sensory-motor regions are exploited to characterise the so-called "abstract" concepts that constitute the meanings of grammatical constructions and general inference patterns. ___________________________________________________________________ I concetti sono le unità elementari del ragionamento e del significato del linguaggio, quindi devono risiedere nel cervello; ma la domanda è: dove? Una posizione comune è che i concetti debbano essere localizzati fuori dal sistema senso-motorio, anche quelli relativi al movimento o alla percezione, come ad esempio il concetto “prendere”. La logica è: posso pensare di prendere, posso parlarne senza necessariamente farlo o vederlo fare, quindi non devo ingaggiare il sistema sensomotorio; inoltre anche gli animali possiedono un sistema senso-motorio, ma non per questo possiedono ragionamento e linguaggio. Dimostreremo come entrambi questi razionali siano scorretti alla luce delle nuove scoperte delle neuroscienze. Ma innanzitutto è necessaria una premessa fondamentale: immaginare e fare usano un substrato neurologico condiviso, sia per quanto riguarda immaginare un atto motorio che immaginare di percepire qualcosa. Questo riscontro evidentemente mina il razionale tradizionale affermato nel paragrafo precedente. Allo stesso modo, se è vero che si può ragionare sul “prendere” senza prendere, non è detto che per far questo non si usi lo stesso sistema senso-motorio, come avviene per l’immaginazione. L’ipotesi che cercheremo di andare a dimostrare è che lo stesso substrato neuronale che usiamo per immaginare, lo usiamo anche per comprendere. Quando faccio un’affermazione del tipo: “Ho preso un bicchiere”, non posso comprenderla se non posso immaginare me stesso o qualcun altro che compie l’azione di prendere il bicchiere. La nostra ipotesi è che capire è immaginare e che ciò che tu capisci di una frase in un contesto è il significato di quella frase in quel contesto. L’immaginazione, così come la percezione e l’azione, sono “embodied”, incarnate, cioè strutturate dall’interazione costante con il mondo, attraverso il corpo e il cervello. Ne deriva una teoria interazionista del significato. I concetti sono nel nostro cervello e sono “incarnati”. Il motore principale del nostro essere uomini è lo “sfruttamento neurale”: l’adattamento dei meccanismi senso-motori cerebrali a svolgere nuovi ruoli nel ragionamento e nel linguaggio, pur mantenendo la loro funzione primaria. Lo vedremo in due casi: la metafora e le connessioni. Come vedremo un circuito cerebrale che attraversa regioni diverse del cervello, collega “modalità” diverse, infondendo in ogni area cerebrale le proprietà delle altre. Il sistema senso-motorio è così multimodale, più che modulare. Allo stesso modo, il linguaggio è multimodale, usa molte modalità contemporaneamente (la vista, l’udito, il tatto, l’atto motorio e così via); non c’è un singolo modulo per il linguaggio. Il concetto “prendere”, trova la via per il suo significato, attraverso la nostra capacità di immaginarlo, agirlo e percepirlo insieme. Immaginare è una sorta di simulazione mentale di azione e percezione che utilizza molti degli stessi neuroni. Ora prendiamo in esame le proprietà strutturali dei concetti e vediamo come il sistema senso-motorio abbia tutte le proprietà necessarie per definirli. Come sono i concetti? Vediamo alcune loro proprietà su cui tutti concordano. 1) Sono universali, nel senso che rappresentano ogni caso particolare. Il concetto di “palla” non rappresenta una specifica palla, ma identifica tutto ciò che si contrappone a “non è una palla”. 2) Sono universali anche in una seconda accezione, in quanto applicabili a tutte le situazioni in generale: “prendere” è applicabile a me che prendo, a un altro che prende, a me che immagino di prendere. 3) Lo stesso concetto si applica sia al compiere che al percepire un’azione. 4) I concetti sono stabili, costituiscono la parte stabile della nostra conoscenza, non vanno riscoperti ogni giorno. 5) I concetti hanno una struttura interna: il concetto di “prendere” per esempio è costituito da una struttura interna che prevede tutte le componenti in sequenza che permettono la presa (prendere prevede il raggiungere, il preparere la mano, stabilire un contatto, ecc.). 6) I concetti si possono combinare tra loro per andare a costituirne di più complessi 7) I concetti danno origine alle inferenze (se prendi una tazza non ce l’avevi prima, se ce l’hai puoi manipolarla, ecc.). 8) Ci possono essere relazioni elementari tra i concetti, ad esempio uno può essere un caso particolare di un altro (prendere un foglio è un caso particolare di prendere). 9) I concetti sono pieni di significato, e il significato li differenzia uno dall’altro. 10) Il significato delle parole e degli altri elementi linguistici è dato dai concetti (parole diverse in lingue diverse hanno lo stesso significato perché esprimono lo stesso concetto). 11) Esistono concetti astratti e ogni teorizzazione sui concetti deve tenerne conto. La trattazione dell’argomento Prenderemo ad esempio il nostro concetto “prendere”. 1) La struttura dell’informazione: la struttura necessaria per poter avere il concetto di prendere, a livello neuronale, è già disponibile nel sistema neuromotorio. 2) Multimodalità: sia i neuroni a specchio che altri tipi di neuroni pre-motori rispondono a più di una modalità di stimolazione, sia essa sensoriale, che motoria. Questo pone le basi perché il concetto di un’azione debba andar bene sia nel percepire che nell’eseguire l’azione. 3) Cluster funzionali: la multimodalità è realizzata attraverso cluster funzionali, cioè reti neuronali parallele parietali-pre-motorie. Sono unità di alto livello, come richiesto dai concetti 4) Simulazione: per capire bisogna poter immaginare, immaginare è creare una simulazione mentale; questo procedimento attiva lo stesso cluster funzionale dell’azione e della percezione. 5) Parametri: sia le azioni, che le percezioni e le simulazioni, usano dei parametri (es.: direzione, forza) che possono essere pervasivi a più concetti diversi (ad es. possono essere uguali per prendere ed afferrare); questo impone al cervello una struttura gerarchica. Questi parametri costituiscono la struttura interna del concetto, perché sono uguali sia nell’azione a cui il concetto si riferisce, che nella sua immaginazione. 6) Le stesse strutture neurali che permettono azione e percezione in contesti reali e in un tempo reale, permettono deduzioni basate sul contesto nel ragionamento. Sono le stesse strutture che permettono l’esprimersi dell’azione, permettono l’esprimersi del ragionamento logico-deduttivo. Sono queste 6 premesse che ci permettono di formulare una teoria “embodied” relativamente alla formulazione dei concetti, basata sul sistema senso-motorio. Partiremo dal prendere in esame il concetto di “prendere” e vedremo poi come lo stesso ragionamento può essere esteso a tutti gli altri concetti. Le ricerche neuroscientifiche in merito, sono state parzialemnte effettuate sull’uomo e in parte sulla scimmia perché abbiamo evidenze sufficienti che supportano un’analogia tra le aree cerebrali della scimmia e quelle dell’uomo per quanto riguarda gli aspetti di cui ci andremo ad occupare. Ogni teoria sui concetti deve considerare come i concetti si formino nella mente e deve portare evidenze scientifiche in favore della sua formulazione. Cluster funzionali multimodali e simulazione embodied Partiamo dal considerare la multimodalità delle azioni, prima ancora di considerare quella dei concetti. L’azione di “prendere” ha sia una componente motoria, nel momento in cui svolgiamo l’azione, sia diverse componenti percettive; queste sono tutte comprese nello stesso sistema senso motorio e non esiste un’area sopramodale, distinta, che integri la componente motoria con quelle sensoriali, per questo non possiamo parlare di sopramodalità. Dire invece che un’azione è multimodale implica dire che l’integrazione tra movimento e percezione avviene a livello dello stesso sistema sensomotorio. Questo implica superare anche lo stesso concetto di stretta modularità, a cui la sopramodalità è connessa. Infatti la sopramodalità prevede che esistano moduli diversi per percezione e azione che in qualche modo devono essere collegati; la multimodalità nega l’esistenza di moduli separati. Quindi non ci sono aree associative pure per distinte modalità sensoriali. Le aree premotorie sono dotate di proprietà sensoriali, così come le aree parietali post di proprietà motorie. Le aree premotorie e parietali, piuttosto che avere funzioni separate e indipendenti, sono integrate a livello neuronale per costruire una rappresentazione integrata dell’azione, con un oggetto agito e con una localizzazione verso cui l’azione è diretta. Questi circuiti parietali-premotori li definiamo come cluster funzionali. Un cluster funzionale non è un gruppo di neuroni collocati nello stesso posto ma una rete neurale che funziona come un’unità. In particolare il funzionamento multi-modale è stato descritto in 3 reti parallele parietali-premotorie. 1) Il cluster F4-VIP ha la funzione di trasformare la posizione spaziale di un oggetto collocato nello spazio peripersonale nel più adatto programma motorio per interagire con quell’oggetto in quella posizione spaziale, raggiungendolo o lasciandolo con qualsiasi parte del corpo; per questo cluster è più importante la posizione dell’oggetto che non le sue proprietà fisiche. Una lesione a questo cluster crea una difficoltà a interagire con gli oggetti posti nello spazio peripersonale controlaterale. 2) Il cluster F5ab-AIP contiene neuroni canonici che trasformano le caratteristiche intrinseche degli oggetti nei programmi manuali motori nei programmi manuali motori per interagire con essi. Per questo cluster le proprietà fisiche degli oggetti sono più importanti della loro localizzazione spaziale. 3) Il cluster F5c-PF è costituito da neuroni specchio che si attivano quando un soggetto compie o osserva azioni manuali finalizzate a un obiettivo. Vedremo ora le proprietà fondamentali di questi 3 cluster e il loro funzionamento in termini di simulazione. Azione e localizzazione. Il cluster F4-VIP: la simulazione nei neuroni che lavorano sul rapporto azione-localizzazione Il linguaggio naturale codifica la localizzazione in cui un’azione deve espletarsi attraverso i verbi locativi. La relazione semantica tra l’azione e la sua localizzazione è parte della struttura concettuale. Nel cluster ci sono neuroni che scaricano quando il soggetto gira la testa verso una data localizzazione nello spazio peripersonale. Gli stessi neuroni scaricano anche quando un oggetto è presentato o sentito nella stessa localizzazione. Lo spazio peripersonale è per definizione uno spazio motorio e la localizzazione dell’oggetto può essere definita dal suono, dalla collocazione, dal tocco. Ciò che integra tutte queste possibili modalità sensoriali è la simulazione dell’azione: qualsiasi sia il tipo di informazione che riceviamo, automaticamente attiva un piano per un’azione specifica diretta verso quella localizzazione, in un’azione potenziale, simulata. Azioni, pazienti e scopo. Il cluster F5ab-AIP: la simulazione nei neuroni canonici. Nell’area F5 ci sono neuroni motori che scaricano solo nell’azione motoria reale, ogni volta che il soggetto compie movimenti con la mano o con la bocca diretti verso l’oggetto. Ciò che è determinante in questo caso non sono le caratteristiche del movimento in quanto tale, ma proprio solo lo scopo che il movimento si prefigge. Per ogni scopo specifico ci sono diversi sub-cluster. 1) Sub-cluster di scopo generale: indica l’obiettivo generale dell’azione, non il modo, né la parte del corpo usata. 2) Sub-cluster del modo: si attiva in relazione ai diversi modi in cui un’azione può essere eseguita. 3) Sub-cluster della fase: i neuroni scaricano in relazione alla fase temporale dell’azione, in cui questa può essere segmentata. Il cluster 1) non può evidentemente funzionare da solo in un’azione (un’azione reale deve essere sempre eseguita in un modo e in un tempo), ma almeno in linea di principio è possibile che nel processo di simulazione invece si attivi da solo: cioè è possibile che noi si sia capace di simulare mentalmente qualcosa che non sappiamo fare, un’azione generale in relazione allo scopo, senza saperne attivare la modalità specifica. Questo è importante per i concetti: noi possiamo concettualizzare un’azione senza sapere il modo specifico per eseguirla. Ma nell’area 5 ci sono anche neuroni canonici, che non si attivano solo nell’esecuzione dell’azione, ma anche nel vedere l’oggetto corrispondente, quello su cui quell’azione potrebbe espletarsi: anche in questo caso esistono subcluster analoghi a quelli esaminati in precedenza. La simulazione potrebbe essere il meccanismo per spiegare proprio il funzionamento dei neuroni canonici. Esistono forti evidenze scientifiche che supportano questa possibilità. Osservare il comportamento degli altri. Cluster F5c-PF: la simulazione nei neuroni specchio. In questo cluster ci sono neuroni che si attivano sia quando il soggetto esegue un’azione con uno scopo, sia quando il soggetto osserva un’azione simile eseguita da un altro individuo. I neuroni specchio, a differenza dei canonici, non si attivano alla sola presentazione dell’oggetto, né quando l’azione è eseguita attraverso l’uso di uno strumento (forbici, pinze). Alcuni di questi neuroni si attivano solo per azioni strettamente congruenti, altri anche in modo meno rigidamente specifico (ad esempio qualsiasi sia il tipo di presa usato, rispetto ad un tipo di presa specifico). Ancora, l’attivazione di alcuni neuroni è legata in modo specifico alla fase dell’azione. Anche in questo caso possiamo invocare una spiegazione in termine di simulazione: quando un soggetto (una scimmia in questi esperimenti) osserva un altro individuo compiere un’azione, la sta simulando e nel far questo utilizza lo stesso substrato neurale. A sostegno della teoria sulla simulazione stanno anche gli esperimenti in cui si è potuta osservare l’attivazione degli stessi cluster quando il soggetto non vede tutto lo svolgersi dell’azione, ma la fase finale di raggiungimento dell’obiettivo è nascosta: quindi il soggetto può “ricostruire” l’obiettivo dell’azione anche se non lo vede, come se stesse simulando quell’azione. Lo stesso avviene, e se ne possono trarre le medesime conclusioni, se di quell’azione se ne fa solo ascoltare il suono. Evidenze della simulazione embodied negli uomini Tutti gli studi precedenti sono stati fatti sulle scimmie, ma ci sono correlazioni significative a dimostrare che lo stesso avvenga nell’uomo. Recenti esperimenti di imaging cerebrale confermano la presenza nell’uomo di un cluster analogo a quello F4-VIP della scimmia con neuroni che si attivano quando il soggetto vede o sente qualcosa nello spazio peripersonale, collocati nell’area premotoria, quella cioè che dovrebbe controllare i movimenti all’interno dello spazio peripersonale. Inoltre in numerosi altri esperimenti di imaging cerebrale si è visto come la corteccia ventrale si attivi sia in azioni concrete che nell’osservazione che nella denominazione silenziosa che nell’ immaginazione. Allo stesso modo numerosissimi studi hanno confermato la presenza anche nell’uomo del sistema dei neuroni specchio. In particolare, durante l’osservazione delle azioni, c’è una forte attivazione delle aree premotorie e parietali, analogamente a quanto riscontrato nella scimmia. L’immagine mentale: la simulazione incarnata Tutti noi siamo capaci di immaginare cose che abbiamo o non abbiamo mai visto prima e di immaginarci di fare cose che non abbiamo mai fatto prima. La nostra immaginazione è infinita. Abbiamo sempre pensato che questo fosse un ragionamento astratto, lontano dalla percezione reale delle cose, invece anche in questo caso si è visto che questa operazione mentale non è disincarnata. Infatti alcune aree del cervello usate nella visione, sono le stesse utilizzate nell’immaginazione visiva; questo coinvolge anche le aree della corteccia visiva primaria, come ben evidenziato dagli studi di brain imaging. La stessa identica cosa avviene per le immagini motorie. Addirittura quando ci è richiesto di immaginare un esercizio fisico, alcuni parametri corporei si modificano come se lo stessimo effettivamente svolgendo. Una nota a latere ma significativa è l’osservazione che nel linguaggio naturale noi usiamo gli stessi verbi per riferirci ad azioni compiute, viste o sentite: anche i verbi sembrano esattamente esprimere la multimodalità dei concetti, di cui abbiamo appena visto i riscontri scientifici. I parametri Un gatto ha 3 tipi di passo – cammino, trotto, galoppo – ognuno dei quali richiede l’attivazione di uno specifico pattern motorio, ma la cosa significativa è che tutti sono attuati dallo stesso cluster motorio che controlla il tipo di passo in relazione alla frequenza di scarica con cui i suoi neuroni si attivano. La frequenza è un parametro neurale che può assumere valori diversi in relazione alle necessità. I parametri possono essere visti come caratteristiche di “alto livello”, mentre la relazione tipo di circuito-tipo di passo, può essere considerata come un’organizzazione di livello più basso. Data la possibilità di un livello organizzativo più alto, il più basso diventa parte di una routine incapsulata, peraltro “invisibile” al livello più basso ???, quindi la parametrizzazione introduce un’organizzazione di tipo gerarchico. La parametrizzazione peraltro è una caratteristica pervasiva di tutto il sistema cerebrale. Ad esempio l’entità della forza sviluppata è un parametro per ogni tipo di compito motorio e mi è dato dal livello di attivazione di alcuni cluster di motoneuroni o dal n° di motoneuroni attivi. Un altro parametro è la direzione del movimento, in cui gruppi di neuroni possono essere deputati al controllo del movimento in una data direzione, oppure la direzione è data da una “somma vettoriale” data dall’attivazione di un certo numero di vettori. In ogni caso c’è un parametro “direzione” e un meccanismo neurale preposto al suo controllo. Il legame parametri-simulazione La scelta del valore dei parametri (entità della forza, direzione,…), determina il tipo di programma motorio che ne scaturisce, nell’uomo così come nel gatto. Allo stesso modo i parametri determinano la simulazione. Ma c’è una differenza importante tra la struttura dei parametri da una parte e le azioni/simulazioni che loro controllano dall’altra parte. Sia l’azione che la sua simulazione sono dinamiche e adattate al contesto, mentre i parametri sono fissi. Ovunque tu ti muova intensità di forza, direzione, sono sempre gli stessi parametri determinati neurologicamente. Ma è la situazione in cui sei a determinare in ultima analisi il valore dei parametri stessi; lo stesso accade con la simulazione. L’accessibilità dei parametri – i parametri e i loro valori impongono una struttura gerarchica al cervello in questo senso: una volta che è stato scelto un valore per un certo parametro, partono meccanismi neurali automatici di livello più basso. Parametri e loro valori accedono al livello della consapevolezza, infatti ognuno di noi sa ad esempio quanta forza deve/vuole dare, ma non i meccanismi neurali sottostanti: qualsiasi dato sotto il livello dei parametri non è accessibile né alla coscienza, né al linguaggio. Proprietà cruciali dei parametri – 1) i parametri di cui abbiamo discusso fanno parte del sistema senso-motorio 2) sono determinati dai meccanismi necessari per agire, percepire, immaginare 3) sono multimodali 4) sono fissi 5) sono accessibili alla coscienza e al linguaggio. Per procedere con il nostro ragionamento dobbiamo considerare altre 2 osservazioni, una delle neuroscienze, sui concetti relativi ai colori, l’altra delle scienze cognitive, sulle categorie di base. Ciò che c’è non è ciò che sembra E’ uno shock pensarlo, ma il mondo non è esattamente come noi lo sperimentiamo. Prendiamo l’esempio dei colori: non ci sono colori nel mondo, glim oggetti riflettono onde elettromagnetiche, ma il colore non è l’onda elettromagnetica. Il colore è il prodotto di 4 fattori, di cui due esterni a noi e 2 interni: la riflessione delle onde elettromagnetiche, le condizioni di luce, i coni, le reti neurali. Non ci sono colori senza i due fattori interni, senza di noi. Ma noi facciamo esperienza e conosciamo il mondo come se fosse intrinsecamente colorato. Quella conoscenza è creata dal nostro corpo, ciò che conosciamo non è necessariamente vero. Il colore non è la rappresentazione accurata di un dato di realtà oggettivo ma l’interazione tra corpo e cervello da una parte e le condizioni esterne dall’altra. Questo modifica anche la nostra comprensione di che cosa sono i concetti. Un concetto come quello relativo ad un colore (ad esempio il rosso) è frutto dell’interazione tra il nostro corpo, il cervello e il mondo e ha una struttura interna legata all’interazione tra i circuiti neuronali. Questo non è vero solo per i colori ma è il modo in cui i concetti lavorano in generale. Concettualizziamo il mondo sulla base dell’esperienza che ne facciamo. Ma poiché la nostra esperienza è una funzione del nostro corpo, allora anche i concetti appartengono alla nostra natura fisica. Perché porre questa questione – E’ uno shovck pensare che le neuroscienze ci chiedano di rivedere tutto il nostro tradizionale modo di pensare e cioè che i concetti non siano più una rappresentazione interna abbastanza precisa della realtà esterna, ma che senza il nostro corpo quella stessa realtà esterna non sia più la stessa! Le categorie di base La teoria classica sulla categorizzazione ha sempre affermato che le categorie sono strutturate in modo gerarchico – dal basso all’alto – e che quelle nel mezzo non avessero alcun significato particolare. Ma se assumiamo la categoria veicolo – macchina – macchina sportiva ci rendiamo conto che mentre per i 2 estremi non possiamo avere un’immagine mentale, è proprio la categoria centrale quella determinante, perché di “macchina” posso crearmi l’immagine e avere un programma motorio per interagire con essa. E’ il livello con cui l’interazione con il corpo è ottimale (è anche quello delle parole più usate …); è a questo livello che la categorizzazione è “embodied”; senza di noi, senza l’esperienza del guidare, ciò che chiamiamo macchina non sarebbe una categoria. Qualsiasi teoria si voglia formulare sui concetti non può più prescindere da queste osservazioni. Una teoria dei concetti “embodied” Possiamo ora dimostrare come tutto quanto detto finora ci permetta ci permetta di caratterizzare in termini neurali non solo l’azione, ma anche i concetti di azione. Prendiamo come esempio “prendere”. La teoria classica sostiene che il concetto del prendere non è incarnato, ma simbolico, mentre l’azione che il concetto designa è sicuramente “embodied” e che se si cerca di “incarnare” il concetto è solo perché lo si confonde con la sua azione. Argomenteremo che parametri e simulazioni possono fare benissimo il lavoro che devono fare i concetti e che la visione tradizionale mal si accorda con le neuroscienze. Che cos’è un concetto “incarnato”? Il lavoro svolto da ciò che abbiamo sempre voluto chiamare concetti, può essere fatto da schemi caratterizzati da parametri e dai loro valori. Da un punto di vista neurale uno schema consiste in una rete di cluster funzionali. La rete che costituisce uno schema contiene: - Un cluster per ogni parametro, un cluster che caratterizza quel parametro - Un cluster per ogni valore del parametro, o range di valori - Un cluster di controllo la cui attivazione è collegata all’attivazione dei 2 precedenti. Abbiamo esitato a sovrapporre gli schemi ai concetti, solo perché i concetti sono sempre stati pensati come un riflesso o una rappresentazione diretta della realtà. Gli schemi invece sono interattivi, dipendono dalla natura del nostro corpo, del nostro cervello, dalla nostra interazione con il mondo. Essi non sono né puramente interni, né pure rappresentazioni della realtà esterna. Per ora assumiamo che gli schemi corrispondano ai concetti e approfondiremo l’idea parlando di astrazione. L’esempio del prendere – Ecco come lo schema del prendere potrebbe apparire nella nostra teoria. 1) Parametri relativi ai ruoli: agente – oggetto – localizzazione dell’oggetto – azione stessa. 2) Parametri relativi alla fase: condizione iniziale, fase di start, ecc. 3) Parametri inerenti il modo 4) Valori dei parametri L’agente è l’individuo che compie l’azione. ‘oggetto è un’entità fisica con dei parametri propri (forma, peso, densità, fragilità, ecc.). Le condizioni iniziali ci danno la posizione dell’oggetto all’interno dello spazio peripersonale. La fase di partenza consta del dirigersi verso l’oggetto, con una certa direzione, aprendo l’organo effettore. La fase centrale comprende la chiusura dell’organo effettore con una certa forza in funzione della massa e della fragilità dell’oggetto. Così procedendo fino al termine dell’azione. E’ un esempio di come lo schema è strutturato in termini di parametri neurali. Una nota sugli schemi – Tradizionalmente i concetti sono stati considerati come un insieme di condizioni necessarie e sufficienti per operare in un sistema logico. Anche lo schema di movimento di cui sopra è costituito da una serie di condizioni necessarie e sufficienti, ma ci sono differenze cruciali. L’attivazione di un cluster funzionale non è un fenomeno tutto o nulla, ma sono possibili livelli di attivazione diversi. Questa possibile gradazione non fa parte del concetto tradizionale di condizione necessaria e sufficiente. In secondo luogo lo schema prevede possibili variazioni (certe fasi possono essere tralasciate); inoltre sono possibili estensioni dello schema: vedremo in seguito la possibilità della metafora; infine gli schemi si possono combinare tra loro e operare in modo dinamico nel contesto attraverso un’ottimizzazione neurale. Se ad esempio volessimo prendere una palla per lanciarla e al contatto ci accorgessimo che è di ferro e scivolosa, lo schema dovrebbe adattarsi nel miglior modo possibile a questa nuova circostanza. Gli schemi non sono condizioni logiche. Questa teoria usa i meccanismi del modello computazionale neurale della Teoria Neurale del Linguaggio. Dal punto di vista del connessionismo è una conseguenza della struttura a rete del cervello e della sua organizzaizone in termini di cluster funzionali. Ciò che abbiamo mostrato Abbiamo mostrato come il sistema senso-motorio possa caratterizzare un concetto senso-motorio, non solo un’azione o una percezione, ma un concetto con tutte le sue caratteristiche; ci sembra una buona replica a chi ha sempre considerato i concetti come simbolici, disincarnati. Ma ancora più di questo: la comprensione dei concetti concreti richiede la simulazione senso-motoria; ma la simulazione sensomotoria, come le neuroscienze hanno ben dimostrato, richiede l’attivazione del sistema senso-motorio. Ciò vuol dire che il sistema senso-motorio è indispensabile almeno per quanto riguarda la comprensione dei concetti concreti. Se così non fosse dovrebbero esserci altre strutture neurali deputate ai concetti, fuori dal sistema senso-motorio, ma noi sappiamo da tutte le evidenze precedentemente citate che esse sono dentro il sistema senso-motorio.