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Dall`immagine tesa
guizziletterari.blogspot.com [email protected] Dall’immagine tesa di Clemente Maria REBORA Assenze che parlano commento a cura di Giuseppe Mongelli analisi delle figure retoriche a cura di Daniela Massari e Vincenza Mezzina Il presente documento è liberamente utilizzabile purché se ne citino le fonti bibliografiche. guizziletterari.blogspot.com [email protected] Dall'immagine tesa di Clemente Maria Rebora Dall'immagine tesa vigilo l'istante con imminenza di attesa – e non aspetto nessuno: nell'ombra accesa spio il campanello che impercettibile spande un polline di suono – e non aspetto nessuno: fra quattro mura stupefatte di spazio più che un deserto non aspetto nessuno: ma deve venire; verrà, se resisto, a sbocciare non visto, verrà d'improvviso, quando meno l'avverto: verrà quasi perdono di quanto fa morire, verrà a farmi certo del suo e mio tesoro, verrà come ristoro delle mie e sue pene, verrà, forse già viene il suo bisbiglio. 2 5 10 15 20 25 guizziletterari.blogspot.com [email protected] Analisi delle figure retoriche Quasi tutte le figure retoriche sono basate sulla addizione e la ripetizione per rafforzare il significato pregnante del messaggio poetico. Il titolo, ripreso nel primo verso, focalizza l’attenzione su un’immagine che non è immediatamente identificata e che risulterà essere, per stessa ammissione del poeta poco tempo prima della sua morte, «la mia persona stessa assunta nell'espressione del mio viso proteso non solo verso un annunzio a lungo sospirato, ma forse (confusamente) verso il Dulcis Hospes animae». Il significante “ma” (v. 14), sottolinea il distacco della prima parte (vv. 1-13) dalla seconda (vv. 14- 25). Nella prima si nota un’insistenza dell’utilizzo dei verbi al presente, che indica chiaramente la sua presenza al, mentre nella seconda, l’insistenza del tempo futuro delle anafore fa pensare alla realizzazione di un’aspettativa interiore di cui però vi è una certezza assoluta. Il culmine di questo processo di attesa e realizzazione dell’aspettativa è raggiunto nel penultimo verso della poesia “verrà, forse gia viene” dove il polittoto unisce i due tempi utilizzati nel componimento. Ad un’analisi fonetica troviamo un’insistere sulla consonante nasale “m,n” che indica un moto vago e che si distribuisce nei primi nove versi. Strutturalmente è divisa in due parti di tredici versi ciascuna. Nella prima, costruita su una fitta serie di affermazioni e negazioni, il corpo è teso a vigilare l'istante, all'erta come sentinella (imminente è l'arrivo dello Sposo). «Nell'ombra accesa» (ossimoro), nel buio dell'incertezza in cui scintilla l'attesa, il poeta spia quel silenzio gremito d'impercettibili suoni, profumati e leggeri come polline (sinestesia: «polline di suono»). Lo spazio, nell'immobilità sospesa e colma di stupore, pare dilatarsi all'infinito. In esso il poeta, che tre volte ribadisce «non aspetto nessuno», sembra essere sull'orlo di una rivelazione. La seconda parte della lirica, aperta dall'avversativa «Ma», afferma perentoriamente che l'Ospite atteso «verrà» (anafora che ricorre per ben sei volte). Fragile è la mia capacità di vigilanza, sempre minacciata dalla distrazione - dice il 3 guizziletterari.blogspot.com [email protected] poeta - ma, «se resisto» nell'attesa, non potrò non assistere al Suo impercettibile «sbocciare». La Sua venuta sarà un avvenimento «improvviso», imprevisto e porterà il "perdono", il grande dono della vittoria sul peccato e sulla morte (qui la concezione è già pienamente cristiana, sebbene la conversione accadrà solo nove anni dopo). Verrà come certezza che c'è un «tesoro», per acquistare il quale vale la pena vendere tutto; dolori e pene permarranno, ma abbracciati da un «ristoro» umanamente impensabile. «Verrà, forse già viene». PROCEDIMENTI FIGURE RETORICHE ADDIZIONE RIPETIZIONE INVARIATA ADDIZIONE RIPETIZIONE VARIATA ADDIZIONE RIPETIZIONE OPPOSITIVA VERSI EPIFORA Ripetizione della stessa parola alla fine di un periodo vv. 4 – 9 – 12 e non aspetto nessuno ANAFORA (a distanza) Ripetizione della stessa parola all’inizio di versi alternati vv. 15 – 17 – 19 – 21 – 23 – 25 verra’ POLITTOTO Ripetizione dela medesima parola con variazione della forma grammaticale ANTITESI Accostamento di due elementi contrapposti, mettendoli in una relazione che ne sottolinei l’incopatibilità (ad es. congiunzione avversativa) v. 24 verra’, forse gia’ viene OSSIMORO Forma oppositiva che fonde in un’unica espressione due termini opposti v. 5 nell'ombra accesa 4 v.14 ma deve venire vv. 21 – 23 guizziletterari.blogspot.com [email protected] CHIASMO Ripetizione oppositiva in cui le parti ripetute vengono capovolte, creando un incrocio a X ADDIZIONE AMPLIFICAZIONE ORIZZONTALE SOSTITUZIONE PAROLA-MACEDONIA Unione di due parole, o parti di esse, formandone una nuova . del suo e mio tesoro delle mie e sue pene v. 19 per-dono v. 8 un polline di suono SINESTESIA Procedimento che associa ambiti sensoriali diversi Assenze che parlano Nei paragrafi precedenti è stata analizzata la poesia utilizzando parametri piuttosto generici. Sarebbe opportuno porre l’attenzione su alcuni particolari estremamente significativi. Un riferimento particolare va al (v. 13): con imminenza di attesa – e non aspetto nessuno: nell'ombra accesa spio il campanello che impercettibile spande un polline di suono – e non aspetto nessuno: fra quattro mura stupefatte di spazio più che un deserto non aspetto nessuno: ma deve venire; 5 10 . In questa parte del componimento possiamo notare l’assenza della congiunzione e, presente nelle ripetizioni precedenti. Tale congiunzione ai versi. 4 5 guizziletterari.blogspot.com [email protected] e 9 viene usata da Rebora per manifestare in maniera evidente la sua appartenenza alla laicità; egli è uomo laico nel momento in cui compone questi versi ma, “ è tutto proteso…”, all’apparizione dello “Sposo”. La contraddizione arriva quasi a sottolineare una coscienza che permane in uno stato di attaccamento alla mondanità; un voler essere uomo nonostante l’ imminenza di attesa (v. 3) , nonostante il campanello che impercettibile spande un polline di suono ( vv. 6-8), segni di una forte pervasione dell’anima. Nell’ultima epifora abbiamo l’assenza della congiunzione che ha un significato simbolico e destabilizzante. E’ una assenza eccellente, perché prepara il terreno all’avversativa ma (v. 14), di cui abbiamo parlato precedentemente e che quindi rappresenta la soglia della vittoria dello Spirito, sulla mondanità. Successivamente i versi dal 14 al 26 rappresentano l’impeto della cosciente spiritualità che pervade l’autore e che si tradurrà nei versi (tutti senari e settenari), in una nenia simile ad una preghiera più che ad una poesia. La seconda osservazione va fatta al verso 19, ed in particolare al termine perdono: quando meno l'avverto: verrà quasi perdono di quanto fa morire, verrà a farmi certo 20 In Rebora come nella maggior parte degli ermetici, ogni parola rimanda ad un significato ben preciso; non vi è più nulla se non il significato univoco della parola stessa. Qui però Rebora ci offre diverse interpretazioni che, tuttavia, non sono imputabili ad una ambiguità di significato. Il Cristo arriva sia come dono-per la sofferenza e alla quale porta ristoro, ma anche con umiltà di uomo (“a chiedere perdono”). 6 guizziletterari.blogspot.com [email protected] In tale maniera vediamo che l’assenza del come, che costruisce la similitudine, in realtà abbia agevolato l’amplificazione della gamma dei significati possibili. Una assenza eccellente, dunque, che merita di essere sottolineata. Ultimo elemento, il più rilevante a mio parere, è certamente il quinario a conclusione del componimento: verrà come ristoro delle mie e sue pene, verrà, forse già viene il suo bisbiglio. 25 Al verso 25 la preghiera laica (così è stata meravigliosamente definita) subisce una brusca conclusione. Non vi è più il metro senario ne il metro settenario ma un verso quinario che crea un vuoto finale percepibile al lettore. Qui Rebora lascia uno spazio che apre il componimento all’infinito delle sensazioni. In maniera estremamente forte la poesia esce dalla bidimensionalità della pagina per invitare il lettore all’ascolto di quel bisbiglio di cui tutto il componimento ne è il canto. Rebora avrebbe potuto concludere inserendo l’ultimo accento tonico ma così non avrebbe portato il lettore ad immergersi nella poesia così pregna di sensazioni. Restituire la sensazione tramite una sincope finale è l’ultimo atto del componimento; il più eclatante, il più significativo. E tutto ciò è restituito tramite un impercettibile cambio di ritmo alla fine di una preghiera tra le più belle e laiche del Novecento. 7 guizziletterari.blogspot.com [email protected] Bibliografia e sitografia Silvana Chiazza - Le figure retoriche -, Napoli Marisa - Zanichelli - 2008 Centro culturale Rebora, http://www.ccrebora.org Roberto Filippetti - Il Per-Corso e i Percorsi – Schede di revisione di letteratura italiana ed europea volume terzo “Da metà Ottocento al 2000” – Ed. ITACA Wikipedia, http://it.wikipedia.org/wiki/Clemente_Rebora Novaraonline,http://www.novara.com/letteratura/bibliografia900/rebora.htm Novecento letterario, http://www.novecentoletterario.it/scrittori/rebora.htm Letteratura.it, http://www.letteratura.it 8