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brand-casting - Alberto Mattiacci
BRAND-CASTING
A CONSUMER-BASED MODEL OF TELEVISION BRANDING
ABSTRACT
Il capitolo ha lo scopo di fissare i punti di riferimento analitico-concettuali del branding
televisivo, inteso quale processo di creazione, mantenimento e valorizzazione del sistema
di marca del prodotto televisivo. Oggetto di considerazione è l’impresa televisiva e il suo
prodotto primario, il canale, considerato quale fondamentale elemento costitutivo
dell’offerta verso i propri clienti, spettatori e inserzionisti. Viene proposto un modello
customer-oriented, composto da un set di componenti, uniche ma integrate e
interconnesse, sviluppato sulla base dell’osservazione empirica del mercato italiano.
KEYWORDS
branding; brand management; television marketing.
AUTHOR:
Alberto Mattiacci
Ordinario di Economia e gestione delle imprese
Dipartimento Sociologia e Comunicazione
Facoltà di Scienze della Comunicazione
Sapienza Università di Roma
Via Salaria, 113 - 00198 Roma
Tel. +39.06.4991.8341 Mob. +39.348.333.9974
Mail: [email protected]
BRAND-CASTING - A CONSUMER-BASED MODEL OF TELEVISION BRANDING
1. BRANDING IN THE TV INDUSTRY
Il settore televisivo costituisce un interessante laboratorio di osservazione delle
pratiche di branding, in particolar modo in quei Paesi -come l’Italia- dove esso sta
finalmente abbandonando la stagnazione competitiva che da sempre lo caratterizza
(Drinkwater, Uncles, 2007; Johnson, 2007). Questo passaggio epocale sembra dovuto
all’agire combinato di: (i) modifiche nel quadro normativo; (ii) moltiplicazione delle
piattaforme tecnologiche per l’erogazione di contenuti televisivi e dei consumer devices;
(iii) cambiamento nei consumi culturali delle famiglie. L’accentuazione dell’intensità
competitiva del settore modifica perciò giorno dopo giorno le condizioni in cui si muove
l’impresa televisiva che, conseguentemente, è oggi chiamata a confrontarsi con un
modello di mercato realmente contendibile e competitivo, avvicinandosi così ad altre
industry che già da decenni sperimentano queste condizioni (Todreas, 1999; Cherubini,
2007; Luini, 2008).
Le forze all’opera sono potenti e spesso operano in sinergia, come mostrato in
figura 1 (riferita all’Italia): (i) l’internazionalizzazione e le liberalizzazioni, abbattono le
barriere all’entrata per i player televisivi stranieri, dotati di brand affermati; (ii) le
liberalizzazioni e la convergenza tecnologica, consentono l’accesso a player estranei al
mondo televisivo, ma dotati di un’offerta veicolabile anche in video, nonché già
possessori di un brand forte e ancorato a un target; (iii) la convergenza tecnologica e
l’internazionalizzazione, aprono lo scenario competitivo televisivo a un più ampio
riferimento di mercato che è quello dell’home entertainment, ponendo in evidenza il
ruolo di player oggi estranei al mondo televisivo, ma forti nel loro ambito specifico e
comunque concorrenti nel conquistare quote di uso del tempo libero delle famiglie.
FIGURA 1 MINACCE E OPPORTUNITÀ PER IL PLAYER TELEVISIVI
Pertanto, la tesi sulla quale si sorregge questo paper è così esprimibile: oggi
l’impresa televisiva deve considerare il brand come elemento costitutivo centrale
della propria offerta, di pari rilevanza rispetto al proprio prodotto di riferimento, il
canale. L’equity del brand, espressione sintetica della fedeltà dell’audience e
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BRAND-CASTING - A CONSUMER-BASED MODEL OF TELEVISION BRANDING
dell’attrazione di investimenti pubblicitari, diviene così un obiettivo strategico della
gestione. Nelle pagine che seguono si tratteranno gli aspetti strategici salienti del
branding televisivo, limitando all’essenziale, per ragioni di spazio, i riferimenti operativi
e avendo a riferimento l’impresa televisiva il cui revenue model si basa, in parte
preponderante o totale, su introiti pubblicitari (Agnese, Pratesi e Teodoli, 2007;
Drinkwater e Uncles, 2007; Demattè, Perretti, 2002).
2. BRANDING THE TV OFFERING
Il modello di branding televisivo qui presentato è di tipo consumer-oriented, in
quanto definisce le scelte di brand in funzione dei loro effetti sui comportamenti della
domanda –spettatore e inserzionista (Keller, Busacca, Ostilio, 2007; Kotler, Keller,
2007). Pertanto, esso si compone di un insieme di elementi eterogenei ma integrati in un
sistema di marca armonico e coerente (brand system), il cui fine ultimo è quello di
facilitare il processo decisionale del cliente e, in definitiva, conquistarne la scelta.
Và premesso che, dato il palinsesto come centro dell’offering di un player
televisivo, il brand system ne è l’elemento complementare indispensabile, ai fini di
(Vernuccio, 2008): (i) denotarlo: il marchio televisivo istituisce un legame univoco
rigido con uno specifico prodotto televisivo; (ii) connotarlo: il marchio evolve,
arricchendosi di valenze supplementari legate al mondo emozionale e all’esperienza
dell’audience.
Un canale televisivo e il proprio brand possono vivere all’interno di un duplice
spazio di relazione con altri brand (figura 2): (i) in verticale, esso si avvale di programmi
che recano il brand di canale –come SkyTg24, o Tg5, o Rai Sport- integrandoli ad altri
con brand autonomo –es. Dr. House, Le Iene o Chi vuol essere milionario. Questa
circostanza non è ininfluente sulla costruzione e mantenimento nel tempo dei valori di
brand del canale, perché ne mina potenzialmente il mantenimento nel tempo della propria
identità, che dev’essere chiara e univoca (Drinkwater e Uncles, 2007; McDowell, Batten,
2005; Chan-Olmsted, Kim, 2001). I player sono obbligati perciò a governare
costantemente la coerenza dei contenuti del palinsesto con la promessa di valore insita
nel posizionamento del brand di canale (si tratta della cosiddetta continuity o
consistency): (ii) in orizzontale, il brand di un canale può essere allineato a brand che
fanno riferimento al medesimo player proprietario (ad esempio Rai 1,2,3,4,Sport, ecc..),
oppure alla piattaforma di riferimento (ad esempio Fox con Sky). In questa situazione il
player si troverà di fronte al problema di sviluppare un’architettura di marca (Osler,
2007; Aaker, Joachimsthaler, 2000) congruente col posizionamento, potendo scegliere
fra un’opzione monomarca –cosiddetta Branded House, come nel caso di Rai- oppure un
approccio House of Brands, come nel caso Mediaset.
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BRAND-CASTING - A CONSUMER-BASED MODEL OF TELEVISION BRANDING
Figura 2 Il prodotto e il brand system
Impostare il tema del branding televisivo in chiave consumer-oriented significa
conferire centralità al ricco mondo mentale dello spettatore, fatto di saperi, sensazioni,
ricordi, idiosincrasie, passioni e via dicendo. Il brand và quindi lavorato, ideato e
mantenuto operando contemporaneamente sui due piani integrati del mondo cognitivo (le
conoscenze) e di quello simbolico-connotativo dell’individuo (il variegato mondo
emotivo). Dovendo operare contemporaneamente sul piano intellettuale ed emozionale, il
brand non può essere considerato come un’entità monolitica e rigida, ma si rende
necessario frammentarlo in parti, per poi ricomporlo come un vero e proprio “sistema” di
elementi: di qui l’espressione brand system cui si fa riferimento in questo lavoro. È
nostro convincimento, infatti, che l’impostazione customer-oriented del brand lo renda
correttamente raffigurabile come un mosaico, fatto di tessere distinte, più che come un
affresco omogeneo: fare branding vuol dire, in sostanza, lavorare in maniera
tecnicamente appropriata su ogni singola tessera affinchè essa si componga assieme alle
altre in modo armonico e consonante al target di canale. Ciò si concretizza, come
vedremo, in due obiettivi precisi: awareness (see 2.1) e image (see 2.2). Non si tratta,
evidentemente, di un lavoro che parte tabula rasa, bensì di un esercizio creativo e
gestionale che deve tener conto di un preciso vincolo interno all’impresa -il piano
industriale ed editoriale- tema nel quale però non ci si addentrerà in questa sede perché
condurrebbe fuori dagli obiettivi del presente saggio.
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BRAND-CASTING - A CONSUMER-BASED MODEL OF TELEVISION BRANDING
2.1 La scelta delle componenti cognitive del brand
L’efficacia della gestione del brand system (in termini di awareness e image) è
ciò che in definitiva potenzia la capacità di un canale di generare audience e che, perciò,
condiziona fortemente la probabilità di collocare sul mercato degli inserzionisti gli spazi
disponibili, a prezzi remunerativi. È perciò evidente che, per l’impresa televisiva che qui
si considera, la qualità del branding conduce direttamente al cuore del revenue model
aziendale.
Il primo gruppo di tessere del brand è dunque quello che lavora sul piano delle
conoscenze dell’individuo e che, nei termini della figura 2, si colloca nel lato sinistro. Le
componenti cognitive del brand, infatti, sono quelle che rispondono al preciso obiettivo
di generare la conoscenza del brand stesso e la consapevolezza della sua natura, cioè la
brand awareness (Mattiacci, 2007). Obiettivo delle scelte che interessano questi elementi
del brand system è fondamentalmente quello di entrare all’interno della memoria
dell’individuo, in maniera netta e saldamente connessa a uno specifico ambito. In questo
senso, dunque: (i) la conoscenza è intesa in senso letterale come cognizione
dell’esistenza di un dato termine (il nome di marca o il suo logo, ad esempio Rai
News24); (ii) la consapevolezza che aggiunge alla prima la coscienza di quale sia
l’ambito di appartenenza (ad esempio, chi conosce RaiNews24 sa che si tratta di un
canale televisivo d’informazione Rai e non, per dire, di una trasmissione radiofonica). Le
tessere del brand system ad essenza cognitiva –ovvero che impattano sui processi di
apprendimento, memorizzazione e ricordo- sono:
•
brand name: il nome, ovvero la parte pronunciabile della marca. Esso deve
essere scelto avendo cura della sua memorizzabilità, della capacità di formare
definite associazioni mentali e della sua piacevolezza;
•
brand logo: la parte grafica della marca, che riassume in sé i colori, le
immagini, i simboli e gli stessi caratteri coi quali il nome è scritto (lettering).
Nel caso televisivo questa componente acquisisce una grande criticità in
quanto concretizza l’identità visiva (visual identity) del brand, attributo
cruciale del brand (see 2.2);
•
brand slogan: è una breve frase che, accostata al brand name, ne comunica
informazioni di carattere descrittivo (ad esempio: Hallmark Channel, Il ritmo
del cuore), persuasivo (ad esempio: You Tube, Broadcast Yourself) o
evocativo (ad esempio: Rai, di tutto di più). Lo slogan (pay off) è un
componente di grande potenza, in quanto contribuisce a definire la
consapevolezza di un brand, in maniera immediata e sintetica;
•
brand sound: la componente musicale del messaggio identitario del brand
(Lindstrom, 2005). È solo in anni recenti che è andata crescendo la
consapevolezza della sua utilità in termini di risposta cognitiva del
consumatore e quindi il suo utilizzo deliberato: si pensi ai contesti dell’hitech, dove player come Nokia, Windows, Motorola, Intel e Apple non
trascurano mai di utilizzare propri messaggi musicali unici. Un tipo
particolare di sound è il jingle, definibile come un lungo slogan musicale,
associato al brand in via univoca;
•
brand character: una delle peculiarità dei media è quella di creare
“personaggi”, ovvero trasformare alcune persone di front-line in personalità,
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BRAND-CASTING - A CONSUMER-BASED MODEL OF TELEVISION BRANDING
note e dotate perciò di carisma e capacità rappresentativa. Pur essendo
idealmente soggetto a notevole mobilità orizzontale (si pensi, sempre nel caso
italiano, a Mike Bongiorno, o a Paolo Bonolis) il personaggio televisivo aiuta
il brand di canale a formare il proprio patrimonio cognitivo e iconico e perciò
può considerarsi anche parte dell’image di brand (see 2.2).
Si nota nel modello che il brand system si basa su un ricco sistema di segni. In tal
modo si accrescono le probabilità di generare nel target una risposta cognitiva positiva,
che può avere due distinte forme, entrambe misurabili (Ceccotti, 2008; Marbach, 2006;
Soscia, 2007): (i) brand recognition, la capacità dello spettatore di riconoscere,
sentendola nominare, una marca; (ii) brand recall, fa riferimento alla capacità dello
spettatore di richiamare alla memoria un brand name, sentendo citare la categoria di
prodotto di appartenenza (ad esempio, interrogato sui canali televisivi sportivi, chi scrive
richiamerebbe EuroSport, RaiSport, SkySport24, ecc…). È opportuno sottolineare il fatto
che, in tale contesto, la conoscenza non implica giudizi di valore sulla marca ma interessa
notorietà in senso stretto e consapevolezza di base. Si configura pertanto, in termini
comportamentali, come il pre-requisito cognitivo della scelta.
2.2 La scelta del profilo d’immagine del brand
Il brand costruito dalle tessere cognitive, metaforicamente, è un po’ come una
“scatola vuota”, un contenitore magari anche solido (ovvero ben conosciuto) ma, così
com’è, privo di significati associati. Occorre perciò, continuando in metafora,
“riempirlo” di contenuti, compito affidato e assolto da una seconda famiglia di tessere del
mosaico del brand system: la brand image, costrutto che per l’appunto “attiene ai
significati, alle associazioni mentali, alle utilità (funzionali e simbolico-emozionali)” dei
prodotti (Vernuccio, 2008).
Mentre le componenti cognitive del brand possono essere governate
tecnicamente, mirando a produrre degli obiettivi di notorietà ragionevolmente attendibili,
altrettanto non può dirsi per le tessere della brand image: la brand image esprime un
risultato, non misurabile quantitativamente sul target, ma solo rappresentabile in chiave
qualitativa e solo parzialmente sotto il controllo dell’impresa. In altri termini, mentre
l’esito dell’investimento in brand awareness dipende fondamentalmente da fattori tecnici
(i Gross Rating Points generati dall’investimento pubblicitario, ad esempio) e dalla
qualità operativa dell’azione, così non può dirsi nel caso dell’image. Quest’ultima,
infatti, è una variabile-risultato, fondamentalmente legata alla soggettività e alla
percezione individuale del destinatario dell’azione del brand medesimo. L’image appare
perciò scomposta in alcune tessere, il cui combinato agire e disporsi genera il
posizionamento percepito e, in definitiva, contribuisce a produrre interesse, attenzione e
coinvolgimento sul prodotto che il brand denota. Le tessere in questione sono tre:
-
brand identity: l’insieme dei contenuti di significato del brand name,
progettati dal management e trasmessi nel posizionamento competitivo. Si
tratta, in sostanza, di un’idea di significato identitario del brand, codificata
dall’azienda proprietaria e da essa, attraverso i canali a disposizione, trasferita
al target affinchè connoti il brand medesimo come desiderato dal
management. In televisione la brand identity mostra un solido legame con le
tessere cognitive (see 2.1), nella cosiddetta visual identity, ovvero nella
codifica visiva dei segni che compongono il logo e ogni altra manifestazione
visiva del brand;
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BRAND-CASTING - A CONSUMER-BASED MODEL OF TELEVISION BRANDING
-
brand reputation: la considerazione, o attenzione benevola, di cui un brand
gode in virtù della propria capacità di mantenere la promessa contenuta
nell’identità. La reputazione del brand è una tipica variabile-risultato che
promana dall’esperienza diretta e/o indiretta, da informazioni diffuse sulla
performance del canale da soggetti non di parte, dall’identificazione di un
brand con un paese (si pensi ad Al-Jazeera o a France 24), un’impresa (si
pensi a Repubblica TV), un personaggio (Mediaset e Berlusconi), una
tecnologia (Sky e il satellite), eccetera.
-
brand heritage: l’eredità, il lascito, il patrimonio di notorietà che viene
conferito ad una marca dalla sua longevità ed esistenza sul mercato da un
lungo periodo di tempo. L’heritage di un brand capitalizza il tempo nella
reputazione, veicolando messaggi di affidabilità e competenza (si pensi, ad
esempio, alla BBC).
Da quanto sopra appare evidente, quindi, il fatto che il brand televisivo svolge,
oltre ai compiti di awareness, un fondamentale lavoro in termini di generazione di appeal
sul canale.
2.3 Il valore del brand
Il branding televisivo vive con riferimento essenziale allo spettatore, perché è
nella capacità del canale di attrarne le scelte –di trasformarlo cioè da generico target a
specifica audience- e fidelizzarlo, che risiede il fondamento della brand equity. Il mix dei
driver del valore di marca cambia considerevolmente in ragione del business model che
l’impresa televisiva persegue. Ciononostante, in termini generali, possiamo riconoscere i
singoli driver in (figura 5):
a. viewership value: consiste nel valore generato dal brand-palinsesto, che
trova la propria misura quantitativa nell’audience che esso sa attrarre con
la propria programmazione. L’audience rappresenta, in questa accezione,
la quota di target coperto dal brand e che riconosce appetibile la
programmazione offerta dal canale. Una componente importante di questo
driver di valore è l’average revenue per user (ARPU) che consiste nel
valore cumulato, in un determinato arco temporale di riferimento, degli
acquisti dei diritti di visione da parte del singolo cliente titolare di
abbonamento (laddove, ovviamente, presenti);
b. advertising value: consiste nel valore generato dall’audience prodotta dal
brand in termini di attrazione di investimenti pubblicitari. L’audience,
infatti, costituisce motivo di appeal per gli investitori in ragione della sua
numerosità e caratteristiche di profilazione.
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Figura 3 La brand equity di un palinsesto TV
Per completezza di ragionamento, deve considerarsi come parte integrante del
valore di brand anche la stima contabile del patrimonio di investimento in comunicazione
e distribuzione che l’impresa proprietaria del canale ha condotto nel tempo. Tuttavia,
nell’impostazione consumer-based che qui si segue, essa può considerarsi
sostanzialmente collaterale alle altre voci. È evidente, infine, che laddove l’impresa
proprietaria del brand abbia un revenue model articolato su più linee di reddito, il
modello di valorizzazione del proprio brand considererà tutte le componenti indicate.
All’estremo opposto, dove il modello si basi soltanto su un canone di abbonamento, le
componenti di valore del brand saranno una sola o, al massimo, due, fra quelle sopra
indicate.
3. MANAGING THE TV BRAND SYSTEM
La gestione strategica e operativa del brand system televisivo è in parte
condizionata dalla cultura d’impresa, in parte dalla posizione competitiva che la stessa
vive sul mercato. In quest’ottica, guardando al panorama televisivo italiano attuale, ci
pare che siano identificabili due stati-tipo, frutto fondamentalmente della diversa storia e
personalità delle imprese (Ranieri, 2007). Il primo modello caratterizza i player “storici”
del settore: fondamentalmente il cosiddetto incumbent –ovvero la Rai-, il principale
competitore privato, Mediaset e La7. Lo stile aziendale di questi tre player è
profondamente diverso, tuttavia appare improntato a obiettivi di mercato che mostrano
una marcata analogia, ovvero: il mantenimento, per quanto possibile, delle posizioni
acquisite difendendosi dai “nuovi” player.
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Va da sé che il modello opposto caratterizza i “nuovi” player del mercato
televisivo italiano. Giova qui rilevare che il virgolettato è d’obbligo nell’usare termini
come “nuovi” e “vecchi”, poiché molti dei player in questione sono imprese di grande
tradizione e consolidata forza competitiva e i “vecchi” sono all’avanguardia, in termini
tecnici e di competenza manageriale ed editoriale. Queste imprese si caratterizzano per
una cultura imprenditoriale e un atteggiamento manageriale più aggressivo, in quanto
orientato alla conquista di spazi di mercato già presidiati da altri. Devono far leva sul
brand, sia traslandone i valori sul terreno televisivo (se player già noti), sia costruendolo
ex novo (se sono nuovi in assoluto per il mercato).
TABELLA 2
LA VARIETÀ DI CONDIZIONI DEL BRANDING
CULTURA AZIENDALE
ORIENTATA ALL’ACQUISIZIONE
CULTURA AZIENDALE
ORIENTATA AL MANTENIMENTO
DINAMICO
PLAYER TELEVISIVI
NUOVI e RINNOVATI
PLAYER NON TELEVISIVI
DIVERSIFICATI
PLAYER TELEVISIVI
TRADIZIONALI
BRANDING:
BRANDING:
BRANDING:
Priorità gestionale: creare
notorietà e consapevolezza di
marca
Priorità gestionale: trasportare
la reputazione del brand sul
prodotto televisivo
Priorità gestionale: cavalcare
l’innovazione in armonia con la
tradizione
Vincoli: bassi
Vincoli: medio-alti
Vincoli: elevati, anche legislativi
Strenght: percepiti come
innovatori; target-oriented;
approccio aggressivo al
mercato.
Strenght: target-oriented;
valorizzazione del patrimonio di
brand e clientela.
Strenght: posizionamento a
telecomando; notorietà e
reputazione.
Weakness: non credibilità nel
nuovo contesto; rischio di
danneggiamento del brand
originario; bassi valori di
audience.
Weakness: percezione di bassa
innovatività; lentezza.
Weakness: obbligo di mantenere
alta la soglia di attenzione e
visibilità; innovazione continua;
bassi valori di audience.
Esempio:
Sky
Fox
Lei
Jimmy
Esempio:
DeaKids
RepubblicaTv
DeeJayTV
Inter Channel
Esempio:
La7
RAI
Mediaset
Nostra elaborazione
Table 1 The Brand approach: the Italian Market case
4. CONCLUSIONS
Il branding televisivo è, perlomeno in Italia, appena agli inizi e anche a livello
internazionale non sembrano esser stati condotti finora degli studi significativi per
rappresentarlo e analizzarlo. A dispetto di ciò esso presenta a nostro avviso diversi motivi
d’interesse.
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Il primo attiene il processo di branding: nasce prima l’idea di canale o il brand
system di riferimento? La gestione del brand system televisivo, in effetti, è strettamente
interconnessa a quella del canale e quindi dei programmi in esso contenuti, tanto che
diviene difficile rappresentare il processo di creazione di un canale/brand in modo
diverso da un processo circolare o parallelo. Gli elementi del brand system vengono
scelti e governati in stretta armonia con il target di riferimento, conferendo all’offerta
un’identità distintiva che al contempo: (i) la identifica con precisione nella mente del
consumatore target (awareness, see 2.1) e ne definisce e sottolinea dei punti di differenza
rispetto a quella di altri canali (identity, see 2.2); (ii) definisce un chiaro posizionamento
competitivo sul target (image, see 2.2).
La competizione, in televisione, è sostanzialmente scelta fra contenuti alternativi:
“the customer is king and il telecomando è lo scettro” viene da dire. Per questo: (a) il
brand system condiziona le scelte di formazione e gestione del palinsesto e rende il
controllo della consistency (o continuity) fondamentale per mantenere la competitività
del canale; (b) il tema della relazione fra brand di canale e brand di programma emerge
come fondamentale vincolo esogeno alla formazione del palinsesto; (c) il customer
engagement, ovvero il coinvolgimento emozionale del consumatore nel brand, è un must
gestionale che condiziona la scelta delle operations di marketing verso quelle attività che
creano vicinanza emotiva con il target; (d) il brand viene costruito, gestito e governato
sia on air che off air, ovvero in due ambiti dove i sistemi percettivi individuali operano in
maniera molto differente e portando perciò difficoltà operative di non poco conto e
assolutamente originali.
La seconda peculiarità d’interesse discende da quanto sopra e ne sottolinea un punto:
la rilevanza della segmentazione quale strumento di vera e propria creatività
imprenditoriale, in quanto capace di proporre stimoli per la creazione di prodotti di
frontiera nell’ambito del consumo culturale. Non sono molti i settori nei quali la scelta
del target condiziona e forma, così profondamente e fortemente, i prodotti. L’attività
editoriale –nella quale quella televisiva si riconosce- fornisce validi esempi dell’impatto
delle scelte di segmento sulla formazione dell’offerta: si pensi alla stampa periodica
(magazine), ai fumetti, alle emittenti radiofoniche. Il successo della scelta del target trova
poi in questo settore un immediato riscontro nel valore economico-finanziario del brand
medesimo, in quanto, se corretta: (i) genera audience; (ii) incrementa il valore economico
del singolo account; (iii) attrae gli investitori pubblicitari, interessati a rivolgersi ai propri
clienti potenziali.
Terzo poi, va evidenziata la natura della competizione del settore, che definiremmo a
nicchia multipla. Si va infatti formando oggi, nelle televisioni europee, uno spazio di
offerta popolato da offerte di nicchia, a complemento delle grandi (e tradizionali) offerte
generaliste. Tale ambito competitivo è reso ancor più complesso dalla contemporanea
presenza di molti brand su piattaforme multiple. L’allargamento delle possibilità di
offerta indotto dalla moltiplicazione delle piattaforme genera, come conseguenza, la
stratificazione del posizionamento su più piani interconnessi, ragione per cui un brand
forte diviene ancora più critico nella formula di successo del business. Il “mondo nuovo”
della televisione sarà popolato da brand televisivi protagonisti di nicchie giustapposte, in
varietà e caratterizzazione per molti versi simile a quella che oggi è riscontrabile nel
mondo dell’editoria periodica, i cosiddetti magazine, per intenderci. Occorrerà quindi che
l’azienda televisiva sviluppi una duplice funzione di produzione:
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BRAND-CASTING - A CONSUMER-BASED MODEL OF TELEVISION BRANDING
i. editoriale, focalizzata cioè sul palinsesto, attenta a produrre e comporre
una linea di contenuti rispettosa dell’identità e di un posizionamento
presso il target fondato su effettivi punti di differenza;
ii. semantica, focalizzata sul brand system, nella consapevolezza della sua
multiforme composizione e dell’influenza reciproca che esso attiva con la
produzione editoriale.
In un mondo che, come dettano i teorici del postmodern marketing (Cova, 1996;
Brown, 1995; Firat, Venkatesh, 1993), va sempre più presentando un consumo di
significati più che di prodotti, il branding televisivo può offrirsi quale benchmark di
riferimento. L’immaterialità del prodotto televisivo e il facilissimo switching, infatti,
pongono al brand delle sfide poderose che costringono a potenziarlo enormemente. I
risultati di questa creatività applicata possono essere perciò utilmente osservati dai player
di altri settori per trarne spunti e idee per potenziare i loro brand.
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BRAND-CASTING - A CONSUMER-BASED MODEL OF TELEVISION BRANDING
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