Comments
Description
Transcript
Andiamo alla fonte - Diocesi di Torino
Andiamo alla fonte A cura dell’Ufficio Missionario Arcidiocesi di Torino supplemento al n. 10 de La voce del popolo del 09/03/2014 Sommario Andiamo alla fonte 2 messaggio dell’arcivescovo di Torino mons. Cesare Nosiglia Le opere quaresimali possono cambiare il mondo Quarta settimana di Quaresima 5 a cura dell’Ufficio missionario 35 30 marzo-5 aprile Io sono la luce del mondo Mercoledì delle ceneri (Gv 9,5) 7 settimana dal 5 all’8 marzo Laceratevi il cuore e non le vesti Quinta settimana di Quaresima 43 (Gl 2,13) 6-12 aprile Gesù si commosse profondamente Prima settimana di Quaresima 11 (Gv 11,33) 9-15 marzo Non di solo pane vivrà l’uomo (Mt 4,4) Settimana Santa 51 13-19 aprile Seconda settimana di Quaresima 16-22 marzo Celebrazione della riconciliazione comunitaria Dell’amore del Signore è piena la terra (Sl 32) Via Crucis Terza settimana di Quaresima 19 27 Dio è più forte del tifone 58 Progetti QdF: i valori di fondo 60 23-29 marzo Mentre eravamo peccatori, Cristo è morto per noi (Rm 5,6) Direttore responsabile Luca Rolandi Iscrizione al n. 491 dell’8.11.1949 del registro del Tribunale di Torino Aut. DSP/1/1/5681/042037/102/88LG La presente pubblicazione è stata promossa da Ufficio Missionario - Diocesi di Torino Via Val della Torre, 3 - 10149 Torino - Tel. 011 51 56 374 e-mail: [email protected] Équipe redazionale Uffici Anziani, Catechistico, Famiglia, Giovani, Lavoro, Liturgico, Migranti, Salute, Universitari della diocesi. Coordinamento redazionale Patrizia Spagnolo Editore Prelum srl Progetto grafico e impaginazione Studio Ruggieri Poggi Roma www.ruggieripoggi.it Stampa Spedim Montecompatri, Roma www.spedim.it Fotografie Archivio Ufficio Missionario Shutterstock La foto della copertina del fascicolo e del manifesto della “QdF” 2014 è di don Pierantonio Garbiglia “ Là dove l’acqua è più pura ” Come ogni anno giunge il grande tempo di Quaresima, tempo di grazia e di salvezza, tempo “buono” per verificare il proprio cammino di fede attraverso la preghiera, il digiuno, la condivisione dei beni. Anche quest’anno la diocesi, attraverso la collaborazione di vari Uffici (Famiglia, Anziani, Giovani, Universitari, Catechistico, Liturgico, Salute, Lavoro, Migranti) coordinati dall’Ufficio missionario, mette a disposizione questo fascicolo, piccolo ma prezioso strumento per animare comunitariamente e anche personalmente i quaranta giorni di “esercizi spirituali”. Come Chiesa di Torino stiamo camminando nel solco della riscoperta e valorizzazione del Battesimo e della Iniziazione Cristiana: il sussidio mette quindi al centro della riflessione la riscoperta dei fondamenti della fede per un “pellegrinaggio spirituale” alla fonte da cui sgorgano tutte le iniziative concrete e gli atteggiamenti che caratterizzano gli stili di vita di un cristiano. Andare alla fonte significa andare là dove l’acqua è più pura, significa camminare, in questi giorni che precedono la Pasqua, ascoltando la Parola di Dio e attingendo dal Vangelo quella “bella notizia” che suscita e anima relazioni e comportamenti. Significa “rileggere” con gli occhi della fede dimensioni importanti della nostra vita: rapporto con le persone, con le cose, con il creato, con il mondo, con la pace. Settimana dopo settimana, il percorso che proponiamo si snoda attraverso le parole di papa Francesco, testimonianze missionarie, commenti alla Parola, preghiere, itinerari quaresimali rivolti alle diverse fasce di età e approfondimenti tematici realizzati con interviste che aiutino e sollecitino la riflessione. Che il Signore che ha dissetato la Samaritana al pozzo, che ha risuscitato Lazzaro e ridato la vista al cieco nato compia ancora oggi in noi, attraverso la sua Parola, ciò che ha operato in loro. Buon cammino. don Maurizio De Angeli Moderatore della Curia 1 Andiamo alla fonte Un cammino di 40 giorni per rivedere il nostro rapporto con Dio e per rinnovarlo, per rivedere che cosa guida e ispira la nostra vita, il nostro concreto agire quotidiano nel rapporto con gli altri, con le cose, con il mondo, con il creato e con la pace. Carissimi, all’inizio della Quaresima ancora una volta risuona l’invito del Signore: “Ritornate a me con tutto il cuore”. In questi 40 giorni è il cuore l’oggetto della nostra attenzione. Un cuore da convertire, un cuore da far ritornare là dove è la fonte della vita. “Andiamo alla fonte” è l’indicazione che bene esprime il cammino che ci attende. Andiamo alla fonte della vita che è Cristo Signore, perché il nostro cuore diventi come il suo cuore, un cuore traboccante d’amore, un cuore che per non chiudersi si è fatto trafiggere sulla croce. Andiamo alla fonte che è Cristo per imparare ad amare, pensare ed agire come Lui. Andiamo a quella fonte inesauribile che è la Parola di Dio, una parola che in questo tempo ci è chiesto di frequentare più assiduamente, perché diventi la luce e la guida sul nostro cammino. Andare alla fonte ci ricorda il nostro battesimo. In questo tempo in cui le nostre riflessioni pastorali sono focalizzate sulla pastorale battesimale e dell’iniziazione cristiana, ci farà bene riscoprire quella fonte che ci ha generato nella fede, che ci ha inseriti nella famiglia della Chiesa, che ci ha reso partecipi della vita eterna. Stimolati dalla parola efficace del papa Francesco, andare alla fonte corrisponde anche all’andare alle “periferie del mondo” per incontrare il fratello che è nella difficoltà, nel dolore, che vive isola- 2 to. E andando nelle periferie, ritrovare il Cristo risorto che lì ci attende nascosto nel cuore del povero e nelle pieghe dimenticate della storia. Andare alla fonte per cambiare il cuore è dunque rivedere che cosa guida e ispira la nostra vita, il nostro concreto agire quotidiano. Abbiamo 40 giorni per rivedere il nostro rapporto con Dio e per rinnovarlo. In questo tempo quaresimale ci è anche chiesto di rivedere che cosa ispira e guida il nostro rapporto con gli altri, con le cose, con il mondo, con il creato e con la pace. Questo cammino, che sempre rimane di conversione personale, non lo facciamo da soli, ma con la Chiesa, con la nostra comunità. Andare alla fonte non diventi però un tornare nostalgicamente ad un passato che non esiste più. La fonte che è Cristo è una fonte continuamente zampillante e che sempre ci rimanda al vivere nel mondo di oggi, con la gente di oggi, immersi nei problemi di questo nostro tempo. Invito ogni comunità, ma ancor più ogni singolo cristiano, a seguire un programma semplice, concreto e preciso per il proprio cammino spirituale quaresimale. Per andare alla fonte dobbiamo pregare di più, per attingere dall’intimità con il Signore quei tesori di amore e grazia che arricchiscono la nostra vita. Abbiamo bisogno di digiuno, per ribadire con gesti concreti il primato di Dio nella nostra vita. La preghiera ed il digiuno diventano quindi carità concreta ed operosa, 3 perché andare alla fonte significa creare un mondo migliore più giusto e pacifico che fa di Cristo il suo cuore. In questo cammino vorrei ricordare la proposta della catechesi quaresimale con gli Esercizi spirituali al popolo sul terzo articolo del Credo: “Credo nello Spirito Santo”. A tutti propongo il fascicolo unitario della Quaresima di Fraternità che offre e concretizza l’itinerario formativo e spirituale della quaresimale per la nostra diocesi. Ringrazio nuovamente tutti gli uffici diocesani che per il secondo anno, in spirito di collaborazione e coordinamento, lo hanno realizzato. Le occasioni e gli strumenti per “andare alla fonte” non ci mancano. La mia preghiera ed il mio augurio è che questo nostro andare alla fonte della vita possa trasformare i nostri cuori e renderli sempre più simili al cuore di Cristo. Affidiamo il nostro cammino alla Vergine Maria che ancora una volta ci invita a “fare ciò che Egli ci dirà”. Mentre vi benedico auguro a tutti una buona quaresima. Mons. Cesare Nosiglia Arcivescovo di Torino Preghiera comunitaria Dio nostro Padre, strappa dal nostro cuore ogni egoismo e rendici pronti a donare gratuitamente come gratuitamente abbiamo ricevuto. Gesù nostro fratello, donaci di seguire il tuo esempio nel prenderci cura di chi ha bisogno, ricordaci sempre che il più grande è colui che serve di più e che il primo è l’ultimo di tutti. Spirito d’amore, raccoglici in unità, allontana da noi colui che divide e donaci il perdono e la tua grazia. Ti ringraziamo Signore, per la gioia di condividere con i poveri e perché ti curi dei nostri cuori spezzati. Amen 4 Le opere quaresimali possono cambiare il mondo Digiuno, preghiera e carità sono un atto di offerta e di amore al Padre “che è nel segreto” e “che vede nel segreto” (Mt 6,18). Sono un aspetto essenziale della sequela di Cristo da parte dei discepoli e in esse vi è un’indubbia dimensione sociale e di “trasformazione della società”. DIGIUNO Così la Conferenza episcopale italiana ce lo presenta nel documento “Il senso cristiano del digiuno e dell'astinenza” (4 ottobre 1994): a cura dell’Ufficio missionario Il senso cristiano del digiuno e dell’astinenza spingerà i credenti non solo a coltivare una più grande sobrietà di vita ma anche ad attuare un più lucido e coraggioso discernimento nei confronti delle scelte da fare in alcuni settori della vita di oggi: lo esige la fedeltà agli impegni del battesimo. I cristiani sono chiamati dalla grazia di Cristo a comportarsi “come i figli della luce” e quindi a non partecipare “alle opere infruttuose delle tenebre” (Ef 5,8.11). Tra le forme di digiuno consigliate agli uomini e donne del nostro tempo, ricordiamo: buon uso del denaro, evitare sprechi, rinunciare a cose inutili come sigarette, alcool, dolciumi oppure all'uso inutile dell'automobile, all’uso acritico ed eccessivo della televisione o di internet…, secondo la sensibilità e il buon senso di ciascuno per migliorare il nostro rapporto con gli altri e con il mondo che ci circonda. Prosegue la Cei: Così, praticando un giusto “digiuno” in questi e in altri settori della vita personale e sociale, i cristiani […] offrono una preziosa testimonianza di fede circa i veri valori della vita umana, favorendo la 5 nostalgia e la ricerca di quella spiritualità di cui ogni persona ha grande bisogno. La delicata attenzione agli altri è una caratteristica irrinunciabile del digiuno cristiano, al punto che esso è sempre stato collegato con la carità: “I cristiani devono dare ai poveri quanto, grazie al digiuno, è stato messo da parte”, ammonisce la Didascalia Apostolica. In questo senso il digiuno dei cristiani deve diventare un segno concreto di comunione con chi soffre la fame, e una forma di condivisione e di aiuto con chi si sforza di costruire una vita sociale più giusta e umana. profonda fede, che riconosce quello che Dio stesso opera in loro. Al tempo stesso, è la gratitudine che sgorga da un cuore veramente attento agli altri. In tale maniera, quando un evangelizzatore riemerge dalla preghiera, il suo cuore è diventato più generoso, si è liberato della coscienza isolata ed è desideroso di compiere il bene e di condividere la vita con gli altri. CARITÀ Nell’organizzare la colletta a favore della Chiesa di Gerusalemme, San Paolo ci presenta il senso vero e profondo della Carità: PREGHIERA Dall’Esortazione Apostolica di Papa Francesco “Evangelii gaudium” sull’annuncio del Vangelo nel mondo attuale: C’è una forma di preghiera che ci stimola particolarmente a spenderci nell’evangelizzazione e ci motiva a cercare il bene degli altri: è l’intercessione. Osserviamo per un momento l’interiorità di un grande evangelizzatore come San Paolo, per cogliere come era la sua preghiera. Tale preghiera era ricolma di persone: “Sempre, quando prego per tutti voi, lo faccio con gioia […]perché vi porto nel cuore” (Fil 1,4.7). Così scopriamo che intercedere non ci separa dalla vera contemplazione, perché la contemplazione che lascia fuori gli altri è un inganno. Questo atteggiamento si trasforma anche in un ringraziamento a Dio per gli altri: “Anzitutto rendo grazie al mio Dio per mezzo di Gesù Cristo riguardo a tutti voi” (Rm 1,8). Si tratta di un ringraziamento costante: “Rendo grazie continuamente al mio Dio per voi, a motivo della grazia di Dio che vi è stata data in Cristo Gesù” (1 Cor 1,4); “Rendo grazie al mio Dio ogni volta che mi ricordo di voi” (Fil 1,3). Non è uno sguardo incredulo, negativo e senza speranza, ma uno sguardo spirituale, di 6 E come siete ricchi in ogni cosa, nella fede, nella parola, nella conoscenza, in ogni zelo e nella carità che vi abbiamo insegnato, così siate larghi anche in quest'opera generosa. Non dico questo per darvi un comando, ma solo per mettere alla prova la sincerità del vostro amore con la premura verso gli altri. Conoscete infatti la grazia del Signore nostro Gesù Cristo: da ricco che era, si è fatto povero per voi, perché voi diventaste ricchi per mezzo della sua povertà. E a questo riguardo vi do un consiglio: si tratta di cosa vantaggiosa per voi, che fin dallo scorso anno siete stati i primi, non solo a intraprenderla ma anche a volerla. Ora dunque realizzatela perché, come vi fu la prontezza del volere, così vi sia anche il compimento, secondo i vostri mezzi. Se infatti c'è la buona volontà, essa riesce gradita secondo quello che uno possiede e non secondo quello che non possiede. Non si tratta infatti di mettere in difficoltà voi per sollevare gli altri, ma che vi sia uguaglianza. Per il momento la vostra abbondanza supplisca alla loro indigenza, perché anche la loro abbondanza supplisca alla vostra indigenza, e vi sia uguaglianza, come sta scritto: Colui che raccolse molto non abbondò e colui che raccolse poco non ebbe di meno. (Cor 8,7-15) Mercoledì delle Ceneri settimana dal 5 all’8 marzo “ Laceratevi il cuore e non le vesti Gi2,13 ” 7 COMMENTOALLAPAROLADIDIO Amore autentico, non formalismo vuoto Ricordati che sei polvere ed in polvere ritornerai, convertiti e credi al Vangelo: le parole che abbiamo sentito nel momento in cui siamo stati segnati con la cenere ci riportano ad un disegno, quello di Dio che pensò l’essere umano capace di amore, amicizia, legami autentici. La parola che traduciamo con polvere e cenere è la stessa, nell’ebraico della Bibbia, che indica l’essere umano. Si potrebbe dunque dire: ricordati che sei Adamo ed in Adamo ritornerai, ricordati che sei stato creato per esser l’amico di Dio che passeggia con lui nel giardino. Il segno che inizia la Quaresima è il segno che ci riporta al senso autentico di questo tempo: tornare ad essere immagine e somiglianza di Dio. Un impegno allora potrebbe essere proprio questo: ritornare alla freschezza del cristianesimo vero, quello che nasce dalla Parola e dai sacramenti, dall’incontro con Cristo. Laceratevi il cuore e non le vesti invita a lasciare che ci guidi un amore autentico che sa fare posto agli altri ed a Dio e non un formalismo vuoto, fatto di regole che rispettiamo nella lettera ma non nello spirito. Il dono al povero non sia fatto per togliercelo di torno, ma per creare con lui un legame; il digiuno non sia fatto per adempiere un precetto ma per creare uno spazio di libertà; la preghiera non sia fatta per abitudine o per assicurarsi qualche cosa ma per far nascere in noi il desiderio dell’amore di Dio. Ricordati che sei Adamo ed in Adamo ritornerai, ricordati che la Risurrezione di Gesù attende il tuo sì e che il tuo sì costruisce la Chiesa sposa di Cristo. (a cura dell’Ufficio pastorale degli universitari) 8 RACCONTIMISSIONARI La forza della preghiera Il Centro ”Stella del Mattino” (Nyota ya asubuhi) accoglie giovani dai 15 ai 25 anni che nella loro breve vita hanno già vissuto esperienze dolorose. Un giorno Andrea è entrato in ufficio con un po’ di titubanza per parlarmi del problema di un suo compagno, ma poi ha cominciato a raccontarmi la sua storia. È nato in una famiglia abbastanza benestante e i primissimi anni della sua fanciullezza sono trascorsi nella pace. Il padre aveva un lavoro ben retribuito, la mamma coltivava i campi. Erano quattro fratelli di cui Andrea è il maggiore. A un certo punto il padre si è lasciato coinvolgere da un compagno di lavoro in un affare losco, si è dato all’alcool e alle donne. Andrea piange quando parla del cambiamento di suo padre, che urlava, batteva sua mamma e suoi fratelli. È sopraffatto dal dolore mentre racconta di quando suo padre un giorno afferrò il figlio più piccolo, di circa 5 anni, lo batté e lo trascinò nel bosco. Il suo fratellino bello, sano, allegro e intelligente fu trovato morto. Andrea dice con forza: “Sista, quel giorno ho cominciato a odiare mio padre: per me lui era solo un animale della terra, di quelli che mangiano animali sotto terra… La mamma ha dovuto vendere tutti i nostri beni per pagare i debiti di mio padre. Siamo rimasti perfino senza casa. Mi sono ammalato e mi hanno portato nell’ospedale della città. Lì il Signore mi aspettava per salvarmi. Io sono sicuro che la grazia di Gesù mi ha conquistato. Tornato a casa ho cominciato a pregare e pian piano ho trovato la forza di perdonare mio padre”. Sr. Zita Amanzia Danzero missionaria della Consolata in Tanzania 9 PAROLEDIFRANCESCO Cristiani di cuore, non di etichetta Tu guarisci i cuori spezzati O Dio, rifugio di chi è senza casa, asilo di coloro che fuggono, salvatore di coloro che si smarriscono, consolatore degli afflitti e degli infelici. Tu hai pietà dei miseri, hai cura dei bisognosi, sei il tesoro di chi non possiede nulla. Tu guarisci i cuori spezzati, tu guidi chi si è smarrito, tu difendi i deboli, tu proteggi i timorosi, e dai aiuto a chi è nel bisogno. Tu sei fortezza di chi ricerca riparo Preghiera sciita 10 “Certo quella di Gesù è una porta stretta, non perché sia una sala di tortura. No, non per quello! Ma perché ci chiede di aprire il nostro cuore a Lui, di riconoscerci peccatori, bisognosi della sua salvezza, del suo perdono, del suo amore, di avere l’umiltà di accogliere la sua misericordia e farci rinnovare da Lui. Gesù nel Vangelo ci dice che l’essere cristiani non è avere un’’etichetta’! Io domando a voi: voi siete cristiani di etichetta o di verità? E ciascuno si risponda dentro! Non cristiani, mai cristiani di etichetta! Cristiani di verità, di cuore. Essere cristiani è vivere e testimoniare la fede nella preghiera, nelle opere di carità, nel promuovere la giustizia, nel compiere il bene. Per la porta stretta che è Cristo deve passare tutta la nostra vita”. Papa Francesco all’Angelus del 25 agosto 2013 Prima settimana di Quaresima 9-15 marzo “ Non di solo pane vive l’uomo Mt4,4 ” 11 COMMENTOALLAPAROLADIDIO Di solo pane l’uomo muore Non di solo pane vive l’uomo. Facile a dirsi quando è piena la pancia, sazio il cuore. Ma a pronunciare quelle parole di lapidaria incisività è un uomo provato dalla fame, anzi un Dio affamato dell’uomo che ora si espone anche alla morsa della nostra fame. Un pellegrino che ha trascorso lunghi giorni di digiuno e di deserto. All’indomani del Battesimo nelle acque del Giordano, Gesù è condotto nel deserto per essere messo alla prova in quanto Fi12 glio di Dio, quale è veramente. E forse è stato proprio il tempo del deserto a smascherare l’illusione di sempre: che le cose che contano davvero siano quelle che si possono toccare, vedere, mangiare, contare, comprare. Ma è davvero così? Il Vangelo risponde e rilancia con una provocazione. C’è una fame più profonda, dice il Signore. L’uomo domanda più del pane, l’uomo ha bisogno di un di più di vita. Il diavolo dice: “Non sognare! Accontentati di avere sazio il ventre. I piedi ben saldi per terra: non c’è tempo per i voli del cuore”. Il Signore risponde: “Non di solo pane vive l’uomo. Anzi, di solo pane l’uomo muore”. Perché la vita non è più vita se si accontenta, se non spinge verso un oltre, e verso un altro. Ma vivere orientati così è faticoso, c’è una tensione che costa: è come accettare di convivere con una fame che non ti lascia in pace. Meglio non pensarci, narcotizzare l’anima, congelare i sogni. Ed ecco allora la provocazione del Vangelo: perché non provi a fidarti? Prova a lasciare scoperto il cuore! Non sotterrarlo sotto le pietre prese per pane, non riempirlo di cose o di persone usate come cose. Prova ad ascoltare il grido che hai dentro. Forse sarà più scomodo, ma imparerai ad uscire verso una terra che ti è stata promessa, e che già ti appartiene: andrai in cerca del pane vero, quello che sazia, quello che non puoi accumulare ma che devi ricevere ogni giorno come un dono che si rinnova. Questo Pane è la Parola di Dio, cioè il suo desiderio di entrare a casa tua, di parlare con te, di compiere un esodo verso il tuo cuore finalmente sgombro dalle cose che non contano. (a cura dell’Ufficio adulti, famiglia, anziani) RACCONTIMISSIONARI I frutti della generosità “Il dilemma per il missionario è sempre lo stesso: devo o non devo dare? Li aiuto davvero con i miei spiccioli o contribuisco a mantenerli per strada? Quella mattina di febbraio non ero di fretta, stavo aspettando in macchina il mio confratello incaricato della spesa settimanale per la comunità. Così, quando tre bambini, due maschi e una femmina, si sono avvicinati con la richiesta di rito, mi è venuta un’idea per lo meno singolare. Con calma ho abbassato il finestrino, ho messo fuori la mia mano sinistra e ho detto ai tre: "You give me money!". I due maschietti mi hanno dato del matto e si sono dileguati. La bambina, invece, mi ha guardato piena di stupore, poi ha allungato la sua mano mettendo nella mia tutti gli spiccioli che aveva racimolato nella mattinata. Mi aveva dato tutto il suo avere. D’istinto, avrei voluto io darle tutto quello che avevo. Poi, da occidentale razionalista mi sono detto ‘se le do troppo, il suo budget sarà scombussolato e forse qualche adulto ne approfitterà’… Così ho optato per una decisione a metà strada. La bambina ha riavuto indietro tutto ciò che mi aveva dato, con l’aggiunta di un extra cartaceo. Insomma, il suo gesto le aveva fruttato una quantità 10 volte superiore. Per un attimo ho provato la gioia, lo stupore e la commozione che, penso, Dio stesso prova quando gli diamo tutto di noi. Anche il suo cuore sorride e non vede l'ora di ridarci con la sovrabbondanza della sua generosità quel poco che gli diamo per amore”. di Fratel Davide Del Barba Sacra Famiglia, Filippine 13 RAPPORTOCONLECOSE Il Vangelo nella “cassa” Loredana e Antonio Alfiero, lui operaio Fiat e responsabile sindacale Fim-Cisl, lei impiegata amministrativa in un ente di formazione professionale. Hanno due figli, di 19 e 16 anni. Una famiglia come tante, alle prese con le solite difficoltà ad arrivare a fine mese. Ma anche una famiglia che cerca di dare il giusto valore alle “cose” ponendo al centro del proprio stile di vita l’attenzione agli altri, l’accoglienza e la preghiera. a cura di Patrizia Spagnolo 14 Il signor Antonio è attualmente in cassa integrazione. Com’è cambiata la vostra vita rispetto a prima? La cassa integrazione è sempre un dramma per tutti, oltre al danno economico si vive con l’ansia che la situazione lavorativa possa ulteriormente peggiorare. Bisogna rivedere il proprio bilancio famigliare che è già sempre negativo, cercando di intervenire maggiormente sulle spese variabili. Sicuramente ci si organizza evitando acquisti di qualità e si fa la spesa settimanale puntando esclusivamente al prodotto con la miglior offerta. Le uscite domenicali si riducono a passeggiate vicino casa. Come avete impostato l’educazione dei vostri figli in merito al rapporto con le cose? Non è facile cercare di fermarsi in una società dove l'evoluzione tecnologica viaggia rapidamente. Si rischia sempre di essere obsoleti ed esclusi nel giro di poco tempo. In questo difficile contesto sociale rendiamo partecipi i nostri figli di quello che accade e quali sono le nostre possibilità finanziarie. Anche loro devono capire che a volte è necessario saper rinunciare anche alle cose materiali. Cerchiamo di far capire che i valori non sono improntati al possesso di beni materiali ma alla capacità di trovarsi con gli altri per partecipare ad un miglior cambiamento sociale. La vostra è una famiglia aperta al prossimo, che cerca di prestare attenzione agli altri. Qual è la fonte, l’ispirazione del vostro impegno? Il nostro impegno e la nostra piccola e modesta attenzione verso gli altri nascono dall’esempio che ci ha lasciato il Signore nella sua vita come uomo. La fede e la speranza fanno parte del nostro essere credenti, dove le parole del Vangelo sono l'unica via d’uscita in questo mondo spericolato. Sicuramente fin da bambini vi è un’educazione che nasce dalla famiglia, i genitori e i nonni che a loro volta sono stati fonte di modello iniziale. Voi pregate, andate regolarmente a messa, fate parte di un gruppo famiglia… Quanto vi aiuta la dimensione della fede nella vita quotidiana? Come dicevamo prima, il modello e lo stile di vita da seguire si trovano nelle pagine del Vangelo. Non è sempre semplice, anzi…, ma la partecipazione alla santa messa ci dona la gioia dell’incontro con il Signore e questo ci aiuta molto. Nel contempo la preghiera personale o comunitaria con il gruppo famiglia si rivela la vera linfa per nutrire il nostro impegno quotidiano, come genitori, nei luoghi di lavoro e in tutti gli ambienti di vita che frequentiamo. In qualità di responsabile sindacale e quindi sempre a contatto con le persone e i loro problemi, cosa ha potuto rilevare, signor Antonio, in questi anni dal suo osservatorio? Senza dubbio ho imparato a non lamentarmi. Nonostante le difficoltà, c’è sempre qualcuno che sta molto peggio di te. La crisi economica che ormai dura da troppo tempo sta mettendo in ginocchio le famiglie. La disoccupazione sta creando un vuoto generazionale nei luoghi di lavoro con le non assunzioni. Tante persone ti chiedono aiuto, non solo per il lavoro ma anche per i rapporti controversi che vivono con il prossimo, ma molte volte anche in famiglia con i propri figli o genitori. Dove possiamo fare qualcosa di concreto nelle nostre modeste possibilità, lo facciamo. Dove non riusciamo, mettiamo tutto nelle mani del buon Dio affinché con la preghiera si possa dare una svolta ad un mondo viziato. 15 PAROLEDIFRANCESCO Non sprechiamo i nostri talenti “Un cristiano che si chiude in se stesso, che nasconde tutto quello che il Signore gli ha dato è un cristiano … non è cristiano! È un cristiano che non ringrazia Dio per tutto quello che gli ha donato. Questo ci dice che l’attesa del ritorno del Signore è il tempo dell’azione - noi siamo nel tempo dell’azione, il tempo in cui mettere a frutto i doni di Dio non per noi stessi, ma per Lui, per la Chiesa, per gli altri, il tempo in cui cercare sempre di far crescere il bene nel mondo. E in particolare in questo tempo di crisi, oggi, è importante non chiudersi in se stessi, sotterrando il proprio talento, le proprie ricchezze spirituali, intellettuali, materiali, tutto quello che il Signore ci ha dato, ma aprirsi, essere solidali, essere attenti all’altro”. Udienza generale del 24 aprile 2013 16 ITINERARIQUARESIMALI Al termine di ogni settimana di Quaresima, il presente sussidio propone due pagine di itinerari per giovani, adulti e famiglie. Un percorso quaresimale dedicato ai ragazzi è invece disponibile nelle pagine centrali del fascicolo, con la possibilità di staccarle per renderne l’utilizzo più agevole e pratico. Giovani: una preghiera, una domanda, un gesto Solo per oggi Signore, all'inizio di questo tempo di Quaresima, ti chiedo di liberarmi dagli affanni che nascono dall'ansia del possesso delle cose e così ti prego: «Solo per oggi, cercherò di vivere alla giornata, senza voler risolvere il problema della mia vita tutto in una volta. Solo per oggi, sarò felice nella certezza che sono stato creato per essere felice non solo nell'altro mondo, ma anche in questo. Solo per oggi, dedicherò dieci minuti del mio tempo a qualche lettura buona, ricordando che come il cibo è necessario alla vita del corpo, così la buona lettura è necessaria alla vita dell'anima. Solo per oggi, compirò una buona azione e non lo dirò a nessuno. Solo per oggi, crederò fermamente, nonostante le apparenze, che la buona provvidenza di Dio si occupa di me come se nessun altro esistesse al mondo. Solo per oggi, non avrò timori. In modo particolare non avrò paura di godere di ciò che è bello e di credere alla bontà. «Basta a ciascun giorno il suo affanno». Questo ti chiedo. Amen». (beato Giovanni XXIII) Quali sono le dieci cose più superflue della mia vita? Ne posso prendere le distanze? Prepara una busta con la scritta “DIO AMA CHI DONA CON GIOIA” e comincia a mettervi dentro l'equivalente in denaro delle piccole rinunce di ogni giorno. La potrai consegnare durante l'offertorio del Giovedì santo. 17 Famiglie e adulti: un invito a riflettere Dall’intervista alla famiglia Alfiero: “In questo difficile contesto sociale rendiamo partecipi i nostri figli di quello che accade e quali sono le nostre possibilità finanziarie. Anche loro devono capire che a volte è necessario saper rinunciare alle cose materiali. I valori non sono improntati al possesso di beni materiali ma alla capacità di trovarsi con gli altri per partecipare ad un miglior cambiamento sociale”. La preghiera può cambiare il mondo non meno delle azioni: in questa e nelle prossime settimane ne proponiamo una per le opere quaresimali degli anziani e degli ammalati Abbastanza Signore O Signore non rendermi così esigente da pretendere ciò che voglio. Dammi abbastanza lacrime per mantenermi umano, abbastanza sorrisi per rendermi fiducioso, abbastanza amici per infondermi coraggio, abbastanza ricordi per darmi conforto, abbastanza pazienza per sostenermi nell’attesa, abbastanza speranza per accompagnarmi nell’incertezza, abbastanza fede per affidarmi a Te. (Arnaldo Pangrazzi) 18 Il Vangelo ci chiede sobrietà e condivisione: quali condizionamenti ci impediscono di vivere questi valori? Da quali scelte concrete possiamo partire per essere segni visibili di una coscienza che cresce? Seconda settimana di Quaresima 16-22 marzo “ Dell’amore del Signore è piena la terra Salmo32 ” 19 COMMENTOALLAPAROLADIDIO Ecologia. C’è anche quella umana Il salmo 32 è un inno di esaltazione di Dio, Signore del cosmo e della storia. Nell’intera creazione e nella storia è inscritto il suo amore che si manifesta nella sua fedeltà malgrado i nostri errori personali e sociali. Dio si manifesta in modi straordinari, come l’episodio vissuto da Pietro, Giacomo e Giovanni sul monte della Trasfigurazione, ma molto più spesso si manifesta nella nostra vita ordinaria, proprio a partire dalla relazione con le persone e con l’intera creazione. È proprio vero: “Dell’amore del Signore è piena la terra”! Il “coltivare e custodire” il creato non comprende solo il rapporto tra noi e l’ambiente, riguarda anche i rapporti umani. È necessario parlare di ecologia umana, strettamente legata all’ecologia ambien20 tale. L’amore è relazione e la fonte di questa relazione è Dio stesso. Come la famiglia può diventare una “scuola” di relazione anche con il creato? Tre possono essere gli elementi ispiratori. Gratuità. La famiglia è maestra della gratuità del dono che per prima riceve da Dio. Il dono è il suo compito e la sua missione nel mondo, il suo volto e la sua identità. Solo così le relazioni si fanno autentiche e si innesta un legame di libertà con le persone e le cose. È una prospettiva che fa cambiare lo sguardo anche sul creato da cui scaturisce lo stupore e la gratitudine a Dio, che esprimiamo nella preghiera a tavola prima dei pasti, nella gioia della condivisione fraterna, nella cura per la casa, la parsimonia nell’uso dell’acqua, la lotta contro lo spreco, l’impegno a favore del territorio. Reciprocità. La famiglia ha un’importanza decisiva nella costruzione di relazioni buone con le persone, perché in essa si impara il rispetto della diversità. È in famiglia che la diversità, invece che fonte di invidia e di gelosia, può essere vista fin da piccoli come ricchezza. Già nella differenza sessuale della coppia sponsale che genera la famiglia c’è lo spazio per costruire la comunione nella reciprocità. Riparazione del male. In famiglia si impara anche a riparare il male compiuto da noi stessi e dagli altri, attraverso il perdono, la conversione, il dono di sé. Si apprende l’amore per la verità, il rispetto della legge naturale, la custodia dell’ecologia sociale e umana insieme a quella ambientale. Si impara a condividere l’impegno a “riparare le ferite” che il nostro egoismo dominatore ha inferto alla natura e alla convivenza fraterna. (a cura dell’Ufficio per la pastorale sociale e del lavoro) RACCONTIMISSIONARI È bastato un po’ di latte… “Oneide, una donna con 6 figli, veniva a trovarci tutti i giorni. L’ultimo bimbo che aveva in braccio, Carlo, aveva due anni ed era uno scheletro, non parlava e non camminava. Era denutrito. Noi non avevamo risorse sufficienti per aiutare tutta la famiglia, così abbiamo comprato una scatola di latte in polvere e abbiamo detto alla mamma di portare il bambino da noi tre volte al giorno. Preparavamo il latte e ogni volta lui lo divorava, tanto era la fame che aveva. Certamente anche i fratellini volevano un po’ di latte, ma come fare? Anche noi suore riuscivamo a stento a mantenerci. Per due mesi Carlo si è nutrito di latte ma anche di altri alimenti che gli davamo. Ho contemplato in lui il miracolo della vita, che si è realizzato attraverso una alimentazione che lui non aveva mai avuto perché la mamma, anche lei denutrita, non aveva latte da dargli. Carlo ha cominciato a correre e a sorridere, a parlare e a giocare. E i suoi occhi, quando ti guardano, ti parlano. Oggi è un bel ragazzo, studioso e vivace. Quanto bene potremmo fare e quante vite potremmo salvare se non sprecassimo tanto cibo!”. Suor Orsolina D’Acquarica missionaria della Consolata, Brasile 21 RAPPORTOCONILCREATO La vita buona è radicata nella terra Intervista allo scienziato e teologo Simone Morandini della Fondazione Lanza di Padova, ente che dal 1988 si pone come autorevole spazio di riflessione etica nel delicato dibattito fedecultura a cura di Patrizia Spagnolo Dal 2006 la Chiesa italiana celebra il 1° settembre la Giornata per la salvaguardia del creato. Nella passata edizione la parola “salvaguardia” è stata sostituita con “custodia”… Sono due termini che esprimono dimensioni complementari dell’attenzione per il creato attorno a noi. La parola “salvaguardia” la riceviamo in eredità dal movimento 22 ecumenico, che dal 1984 orienta le Chiese ad un’attenzione condivisa per “Giustizia, pace e salvaguardia del creato”. L’espressione “custodia” viene direttamente dalla Scrittura, dal secondo capitolo della Genesi che parla di un’umanità chiamata a coltivare e custodire il giardino di Eden. Il termine custodire è molto ricco, richiama l’attenzione per qualcosa di prezioso, su cui occorre vigilare come sentinelle, difendendolo dalle minacce che incombono su di esso, in modo da poterlo valorizzare al meglio. Quali sono gli insegnamenti dei padri della Chiesa che vanno riscoperti per ristabilire un corretto rapporto tra uomo e natura, anzi, tra uomo e creato? La tradizione ci offre insegnamenti importanti, che occorre valorizzare in ogni tempo per la fede e la pratica delle comunità cristiane. In primo luogo, il dato di un mondo che è “creazione”, dono buono di Dio per la vita, spazio affidatoci perché lo abitiamo con gioia e responsabilità. Il cristianesimo è ben lontano in questo da forme di gnosticismo, che vedono la salvezza fondamentalmente come salvezza “dal mondo”; la fede cristiana aiuta invece a comprendere che Dio ci salva nel mondo – si pensi all’Incarnazione del Figlio! - e, anzi, che il suo agire mira a rinnovare tutto il creato, secondo l’indicazione dello splendido testo del capitolo 8 della lettera ai Romani. Qui si radica il tema della gratitudine e della lode, espressione vissuta della coscienza di essere gratuitamente ospitati sulla terra, e che invita ad una pratica di cura e di condivisione. Infine, il senso del limite di chi sa che l’uomo non possiede la propria origine, né può dirsi padrone della vita, e ricerca quindi forme di esistenza rispettose della realtà che ci circonda. Di recente lei ha sostenuto che la famiglia è “luogo di custodia della vita, in cui si possono sviluppare gli stili di vita necessari per la custodia del creato”. Credo, in effetti, che la famiglia sia un luogo essenziale per la custodia del creato, in primo luogo proprio per l’attenzione che in essa naturalmente si sviluppa per le generazioni future e per la qualità del pianeta che ad esse sarà dato di abitare. Un luogo privilegiato, insomma (certo non esclusivo), per la crescita di quella responsabilità ambientale di cui abbiamo disperatamente bisogno. Certo, questo non può farci dimenticare che esistono anche altri livelli in cui si declina la stessa responsabilità: quello delle politiche ambientali – dal livello locale a quello sovranazionale –, quello di un’economia chiamata a farsi davvero più equa e più verde, quello di una ricerca scientifica da cui ci attendiamo idee e tecniche per produrre beni e servizi senza pesare troppo sul pianeta. Da parecchi anni il Gruppo “Custodia del Creato” dell’Ufficio nazionale per i problemi sociali e il lavoro della Cei opera per approfondire tale tematica; come Fondazione Lanza, poi, abbiamo l’etica ambientale come uno dei progetti chiave nel nostro lavoro di ripensamento dell’etica applicata. Una ricerca condotta qualche anno fa dalla Fondazione Lanza tra le Conferenze episcopali in Europa ha messo in luce una certa discrepanza tra la consapevolezza dei problemi ambientali e le iniziative concrete. Dunque c’è bisogno di una nuova pastorale: quale? Non c’è dubbio che vi sia bisogno di una profonda, estesa formazione alla responsabilità ambientale: è un compito che interessa tutte le agenzie educative, a partire dalla scuola. Interessa anche, in particolare, le comunità cristiane, che ancora spesso faticano a far proprie le numerose indicazioni provenienti dal magistero degli ultimi pontefici. Si tratterà, in primo luogo, di educare a comprendere la rilevanza della fede nel Creatore, in una formazione che sappia valorizzare tutta la ricchezza simbolica delle celebrazioni, così ricche nel richiamare i beni della terra, così come i diversi spazi della catechesi. Si tratterà anche, d’altra parte, di vivere negli spazi ecclesiali stili sostenibili, nel segno di un’attenzione per i consumi, per i rifiuti, per le forme della mobilità. Al centro, la percezione che il bene comune – quello che cerchiamo di far crescere nelle nostre città – ha anche una forte dimensione ambientale; non è possibile costruire vita buona assieme senza tener conto della terra in cui essa si radica. Due temi possono dare concretezza a tali istanze, mostrando la specificità del con- tributo che i cristiani possono dare in quest’ambito. Una è quella del peccato ambientale, di quell’incuria nei confronti della terra che dovrebbe diventare interrogativo abituale per i confessori. L’altra è quella di una capacità di speranza anche di fronte all’incombere di una situazione minacciosa: solo chi sa di essere saldamente custodito può spendere la propria vita in nome dell’amore per la terra e della responsabilità per le generazioni future. 23 PAROLEDIFRANCESCO “Custodiamo la creazione!” …“La vocazione del custodire, però, non riguarda solamente noi cristiani, ha una dimensione che precede e che è semplicemente umana, riguarda tutti. È il custodire l’intero creato, la bellezza del creato, come ci viene detto nel Libro della Genesi e come ci ha mostrato san Francesco d’Assisi: è l’avere rispetto per ogni creatura di Dio e per l’ambiente in cui viviamo. E quando l’uomo viene meno a questa responsabilità di custodire, quando non ci prendiamo cura del creato e dei fratelli, allora trova spazio la distruzione e il cuore inaridisce. In ogni epoca della storia, purtroppo, ci sono degli ‘Erode’ che tramano disegni di morte, distruggono e deturpano il volto dell’uomo e della donna. Vorrei chiedere, per favore, a tutti coloro che occupano ruoli di responsabilità in ambito economico, politico o sociale, a tutti gli uomini e le donne di buona volontà: siamo ‘custodi’ della creazione, del disegno di Dio iscritto nella natura, custodi dell’altro, dell’ambiente; non lasciamo che segni di distruzione e di morte accompagnino il cammino di questo nostro mondo!” Omelia della Messa di inizio Pontificato, 19 marzo 2013 24 ITINERARIQUARESIMALI Giovani: una preghiera, una domanda, un gesto Il dono dello stupore “Fa’, o Signore, che non perda mai il senso del sorprendente. Concedimi il dono dello stupore! Donami occhi rispettosi del tuo creato, occhi attenti, occhi riconoscenti. Signore, insegnami a fermarmi: l'anima vive di pause; insegnami a tacere: solo nel silenzio si può capire ciò che è stato concepito in silenzio. Ovunque hai scritto lettere: fa’ che sappia leggere la tua firma dolce nell'erba dell'aiuola pettinata, la tua firma forte nell'acqua del mare agitata. Hai lasciato le tue impronte digitali: fa’ che sappia vederle nei puntini delle coccinelle, nel brillìo delle stelle. Tutto è tempio, tutto è altare! Rendimi, Signore, disponibile alle sorprese: comprenderò la liturgia pura del sole, la liturgia mite del fiore; sentirò che c'è un filo conduttore in tutte le cose... ...e salirà il voltaggio dell'anima”. Amen (Michel Quoist) Quali sprechi posso immediatamente ridurre nel mio stile di vita? Trova il tempo per sostare in contemplazione del creato attraverso la riscoperta di uno scorcio naturale che tutti i giorni sta sotto il tuo sguardo ma a cui abitualmente non presti attenzione. 25 Famiglie e adulti: un invito a riflettere Dall’intervista a Simone Morandini: “Credo che la famiglia sia un luogo essenziale per la custodia del creato, in primo luogo proprio per l’attenzione che in essa naturalmente si sviluppa per le generazioni future”. “In te si diranno benedette tutte le famiglie della terra”. Conosciamo e collaboriamo con le realtà presenti nel territorio che si impegnano per la custodia del creato? La Trasfigurazione O Padre, che ci chiami ad ascoltare il tuo amato Figlio, nutri la nostra fede con la tua parola e purifica gli occhi del nostro spirito, perché possiamo godere la visione della tua gloria 26 Terza settimana di Quaresima 23-29 marzo “ Mentre eravamo peccatori, Cristo è morto per noi Rm5,6 ” 27 COMMENTOALLAPAROLADIDIO Lasciarmi amare, per imparare ad amare “Quanto bene mi vuoi?”, chiedono mamma e papà ai loro figli. “Tanto così!”, rispondono. Quattro sillabe e due braccia spalancate. “Quanto bene mi vuoi, Dio?”. “Tanto così!”. O Dio, sulla croce, nel tuo sacrificio, vedo la misura del tuo amore per me, per noi. Un amore che mi accoglie per sempre. Mi ripeti: “ti amo… da morire”. Io non lo merito. Ti tradisco, ti abbandono, mi lamento della vita… “L’amore non si merita”, dici ancora. “L’amore è gratis. L’amore è grazia. L’amore è primo passo… Lasciati amare, lasciati riempire di me”. Lasciarmi amare è attitudine ancora più acrobatica dell’amare, passa per la linea del riconoscermi povero, bisognoso e incompleto. Lasciarmi amare richiede il coraggio dell’umiltà. È difficile. Ma quando ti lascio fare, mi riveli che essere amati e accolti così come si è, è esperienza di libertà e di vita. È questo che mi cambia e mi salva. Il tuo amore si fa misericordia e perdono. Mi anticipa, mi raggiunge ed accende nel buio del mio peccato il fremito di una luce di vita nuova. Voglio vivere in questo modo: venuto alla luce, voglio illuminare! Solo con il tuo aiuto posso diventare capace di amare i miei fratelli e le mie sorelle con lo stesso amore da vertigine: largo, generoso, gratuito. (a cura dell’Ufficio catechistico) 28 24 marzo 2014 22^ Giornata di preghiera e digiuno in memoria dei Missionari Martiri “Ciò che conta è solo amare” Annalena Tonelli, la missionaria laica uccisa in Somalia nel 2003, ha vissuto per oltre 30 anni in Africa, dove ha creato un ospedale e un ambulatorio per la cura e prevenzione della tubercolosi, scuole di alfabetizzazione per bambini e adulti tubercolotici, corsi di istruzione sanitaria al personale paramedico, una scuola per bambini sordomuti e handicappati fisici… Itinerari e strumenti per la celebrazione della Giornata di preghiera e digiuno in ricordo dei missionari martiri sono disponibili su “L’animatore missionario” che ogni parrocchia riceve da Missio, scaricabile da www.missioitalia.it Pubblichiamo parte della lunga testimonianza resa da Annalena in Vaticano l'1 dicembre 2001, ad un convegno indetto dal Pontificio Consiglio per la Pastorale della Salute. “La vita ha senso solo se si ama. Nulla ha senso al di fuori dell'amore. La mia vita ha conosciuto tanti e poi tanti pericoli, ho rischiato la morte tante e poi tante volte. Sono stata per anni nel mezzo della guerra. Ho sperimentato nella carne dei miei, di quelli che amavo, e dunque nella mia carne, la cattiveria dell'uomo, la sua perversità, la sua crudeltà, la sua iniquità. E ne sono uscita con una convinzione incrollabile, che ciò che conta è solo amare. Se anche Dio non ci fosse, solo l’amore ha un senso, solo l’amore libera l'uomo da tutto ciò che lo rende schiavo, in particolare solo l’amore fa respirare, crescere, fiorire, solo l’amore fa sì che noi non abbiamo più paura di nulla, che noi porgiamo la guancia ancora non ferita allo scherno e alla battitura di chi ci colpisce perché non sa quello che fa, che noi rischiamo la vita per i nostri amici, che tutto crediamo, tutto sopportiamo, tutto speriamo. Ed è allora che la nostra vita diventa degna di essere vissuta, diventa bellezza, grazia, benedizione, diventa felicità anche nella sofferenza, perché noi viviamo nella nostra carne la bellezza del vivere e del morire”. 29 RAPPORTOCONLEPERSONE Grazie Thomas! Con 1300 volontari africani e 130 dipendenti, l’organizzazione Saint Martin fondata in Kenya dal 1997 accoglie disabili, ragazzi di strada, malati di Aids, dipendenti da droga e alcol, persone violate nei loro diritti umani. Una estesa rete di solidarietà che copre ben 300 villaggi e si sviluppa intorno all’idea centrale di “comunità” intesa come ci illustra uno dei fondatori: don Gabriele Pipinato, della diocesi di Padova, missionario fidei donum. a cura di Patrizia Spagnolo Don Gabriele, ci racconta l’episodio che è all’origine dell’esperienza del Saint Martin? Nel 1997 ero cappellano nella diocesi di Nyahururu in Kenya e il parroco mi mandò a fare la benedizione delle case in un posto molto remoto. In una di queste case ho trovato una signora un po’ fanatica che mi ha chiesto di benedire tutto ciò che aveva: animali, piante, raccolti, 30 come si usa in molte famiglie in Africa. Dopo la lunga benedizione, lei mi ha lasciato solo nella capanna ed è andata a preparare il te fuori. Ho sentito un rumore che proveniva dall’unica stanza dove non ero stato fatto entrare. Ero giovane e curioso, sono andato, ho aperto la porta: era un piccolo sgabuzzino senza finestre, buio, in cui ho intravisto al centro un uomo giovane nudo, sporco, maleodorante. In quel momento è entrata la signora e le ho domandato se quello era suo figlio. Mi ha detto di sì e allora le ho chiesto di benedire anche lui, ma lei ha risposto che non era possibile perché il ragazzo – gravemente disabile – era stato maledetto da Dio. Ho cercato di convincerla a chiamare le donne del villaggio per battezzare suo figlio, ma ha opposto un netto rifiuto. Nessuno sapeva di lui. Ho battezzato quel giovane uomo col nome “Thomas”. Quella notte non ho dormito. La mattina dopo ho chiesto al parroco (poi diventato vescovo locale) se potevamo cominciare un lavoro di ricerca per scoprire quante persone c’erano come Thomas, isolate e relegate in casa. Secondo lui ce n’erano soltanto una decina, perché solitamente i disabili venivano lasciati morire. E invece abbiamo trovato 1300 Thomas. Ci è venuto in mente San Paolo, che descrive la Chiesa come un corpo di cui le parti più deboli sono quelle più importanti. E noi nemmeno sapevamo che esistessero… Ho messo insieme un primo gruppo di volontari e siamo andati a trovare Thomas. È stato un incontro incredibile: lui non ha detto niente, ma ci ha messo dentro una carica formidabile. Per noi è Thomas il fondatore del Saint Martin. Cosa le ha suggerito la sua fede in quel momento? A quale fonte, a quali parole ha attinto la forza e la volontà di intraprendere questa iniziativa? La prima cosa che ho notato subito è stata la reciprocità tra noi e Thomas. Certamen- ins ert o Una Quaresima per mettersi in gioco! Cari ragazzi e cari genitori, le pagine che avete tra la mani sono state pensate per voi. Contengono 40 carte per aiutarvi a vivere insieme – come famiglia – il tempo della Quaresima e il cammino verso la Pasqua del Signore. Come fare? 1. staccate l’inserto centrale e fotocopiatelo (ingrandito a 141% o a 200%) su cartoncino. Oppure fate una fotocopia su un foglio di carta che poi attaccherete su un cartoncino 2. ritagliate le 40 carte. Quelle di fiori invitano a gesti buoni che fanno fiorire la vita cuori offrono indicazioni per la preghiera che fa stare nel cuore di Dio quadri riportano alcuni quadri della vita dei santi. Aiutano a vivere come amici di Dio picche aiutano a spiccare il volo. Invitano a qualche rinuncia per fare spazio al bene 3. formate il mazzo con le 40 carte e mescolatele 4. ogni mattino (oppure in un altro momento della giornata in cui la famiglia è riunita) pescate una carta dal mazzo 5. leggete il contenuto della carta e provate, durante il giorno, a fare quello che è scritto. Se volete, con una calamita, potete attaccare la carta sul frigorifero, come “promemoria” 6 Il mattino seguente, prima di pescare una nuova carta, se volete, potete dire brevemente agli altri componenti della famiglia come è andata con la carta del giorno prima. Questa sera prego così Ti adoro, mio Dio, e ti amo con tutto il cuore. Ti ringrazio di avermi creato, fatto cristiano e conservato in questo giorno. Perdona il male che oggi ho commesso e se qualche bene ho compiuto, accettalo. Custodiscimi nel riposo, liberami dai pericoli. La tua grazia sia sempre con me e con tutti i miei cari. Amen Oggi prego così Angelo di Dio che sei il mio custode illumina custodisci reggi e governa me che ti fui affidato dalla Pietà Celeste. Amen Oggi prego così Padre nostro, che sei nei cieli, sia santificato il tuo nome, venga il tuo regno sia fatta la tua volontà come in cielo così in terra. Dacci oggi il nostro pane quotidiano e rimetti a noi i nostri debiti come noi li rimettiamo ai nostri debitori e non ci indurre in tentazione ma liberaci dal male. Amen Oggi prego così Chiedo scusa a Gesù per le cose che non faccio bene e alla fine prego: Aiutami, Gesù, ad essere come vuoi Tu! Questa mattina prego così Ti adoro, mio Dio, e ti amo con tutto il cuore. Ti ringrazio di avermi creato, fatto cristiano e conservato in questa notte. Ti offro le azioni di questa giornata. Fa’ che siano tutte secondo la tua volontà. La tua grazia sia con me e con tutti i miei cari. Amen Per i ragazzi Oggi mi impegno a fare pace con un amico con cui ho litigato Per i ragazzi Oggi mi impegno a mettere in ordine la mia cameretta. Per gli adulti Oggi mi impegno a fare un gesto gentile Per gli adulti Oggi m impegno a fare una cosa che rimando da tempo Per i ragazzi Oggi mi impegno ad essere ubbidiente a scuola e a casa Se oggi qualcuno mi chiede qualcosa gliela offro con generosità. Oggi prego così Ave o Maria, piena di grazia, il Signore è con te. Tu sei benedetta fra le donne e benedetto è il frutto del tuo seno Gesù. Santa Maria, Madre di Dio, prega per noi peccatori, adesso e nell’ora della nostra morte. Amen Per gli adulti Oggi mi impegno a trovare il tempo per dialogare con qualcuno (mia moglie, mio marito, un mio collega…) Oggi prego così Ringrazio Dio per la mia famiglia e prego: Gloria al Padre, al Figlio, e allo Spirito Santo. Come era nel principio e ora e sempre nei secoli dei secoli. Amen. Per i ragazzi Oggi mi impegno ad aiutare un mio compagno di classe. Per i ragazzi Oggi mi impegno ad aiutare mio fratello o mia sorella. Per gli adulti Oggi regalo un sorriso a qualcuno, Per gli adulti Oggi offro una mano a chi è in difficoltà Per i ragazzi Oggi vado a trovare i nonni (o telefono se abitano lontano) Per i ragazzi Oggi mi impegno a preparare la tavola per la cena. Per gli adulti Oggi faccio una visita o una telefonata ad una persona che non sento da tempo Per gli adulti Oggi trovo il tempo di fare una preghiera insieme alla mia famiglia Per i ragazzi Oggi mi impegno a fare un piccolo servizio per mamma e papà Oggi mi impegno a non sprecare il mio tempo (meno TV, meno Internet...) Oggi prego così Tu ti curi di me come una mamma. Ho avuto paura, mi hai fatto coraggio Ero in pericolo, mi hai difeso Stavo male, mi hai curato mi vuoi bene per sempre. Dal salmo 30 Oggi prego così Oggi prego così Dimmi, Signore, che cosa devo fare: sono pronto ad obbedirti. La tua Parola, Signore, mi dà gioia: è come una lampada sul mio cammino. Te lo premetto: sarò attento alla tua voce! Dal salmo 118 Quando ti chiamo rispondimi Quando grido, ascoltami Sto gridando. Perché non mi senti? Sono io, non riconosci la mia voce? Dammi una mano. Parlami. Ho bisogno che mi parli. Dal salmo 130 Per gli adulti Oggi mi impegno a dedicare un po’ più di tempo per parlare con mio figlio/mia figlia S. Francesco d’Assisi ha lasciato tutte le sue ricchezze. Io oggi rinuncio a qualcosa che mi piace e (Per i ragazzi) metto una monetina nel salvadanaio della Quaresima di fraternità. (Per gli adulti) Offro il corrispettivo a qualche associazione, a qualche progetto a sostegno dei più poveri S. Domenico Savio aiutava i suoi amici a fare pace. Io oggi farò come lui... (Per i ragazzi) con due compagni di scuola, di squadra Oggi rinuncio a giocare con la Playstation o a guardare la TV per passare più tempo con quelli della mia famiglia Oggi rinuncio agli sms inutili o a facebook (o alle parolacce). Scrivo un biglietto a un amico o a un’amica per ringraziarlo/a (Per gli adulti) cercando di fare il primo passo verso qualcuno... S. Teresina si fidava di Gesù e si sentiva come un gioco prezioso nelle sue mani. Io oggi affido a Gesù le cose che mi fanno paura o mi sembrano difficili. S. Giuseppe Cafasso andava a trovare i carcerati. Io oggi prego per chi si trova in carcere. Oggi rinuncio ad un mio hobby (un mio passatempo) per aiutare in casa. Oggi rinuncio a navigare in Internet per passare più tempo con quelli della mia famiglia S. Caterina da Siena diceva che bisogna fare il bene subito. Io oggi faccio una cosa che rimando da tanto tempo Beata Teresa di Calcutta viveva in mezzo ai poveri. Io oggi mi impegno a non sprecare il cibo, a non lasciare scorrere l’acqua inutilmente, a non lasciare le luci accese... Oggi rinuncio ad averla sempre vinta io e mi impegno a capire le ragioni degli altri Oggi rinuncio a qualcosa di cui sono goloso per sentirmi vicino a chi quella cosa non può mangiarla. Il beato Piergiorgio Frassati visitava i poveri nelle soffitte del Quartiere Crocetta. Io oggi porto qualcosa alla Caritas Parrocchiale per i poveri. San Giuseppe Cottolengo era amico degli ammalati. Io oggi prego per un ammalato che conosco. Se posso, gli telefono o lo vado a trovare. Per i ragazzi Oggi rinuncio a fare i capricci e provo a dire “si, lo faccio subito!” Oggi rinuncio a mettere da parte qualcuno e mi impegno ad essere accogliente. S. Giovanni Bosco stava con i giovani abbandonati. Io oggi prego per chi non ha la mamma e il papà, per chi è solo. Il beato Giovanni Paolo II diceva “aprite, anzi, spalancate le porte a Cristo”. Io oggi prendo un po’ di tempo per pregare più a lungo, con calma. Oggi rinuncio a “rispondere a tono” Per gli adulti Oggi rinuncio ad un “caffè” ed offro il corrispettivo ad un’associazione di volontariato. Oggi rinuncio a “guardare male” chi è diverso da me o chi la pensa diversamente da me. d te potevamo fare qualcosa per Thomas ma anche lui poteva fare qualcosa per noi e infatti ha tirato fuori il meglio che era nascosto nel nostro cuore, qualcosa che non sapevamo di avere: la capacità di voler bene incondizionatamente, mettersi assieme, collaborare. È un mistero incredibile che richiama le parole di Gesù: quando sarò innalzato da terra – cioè crocifisso attirerò tutti a me (Giovanni 12,32). Poi ho cominciato a fare di questa esperienza un messaggio, incontrando tutti i disabili e dicendo alle mamme (i papà vanno via di casa se la moglie mette al mondo un disabile) che non era vero che i loro figli erano maledetti. Ma mi rendevo conto che per me era facile parlare così, perché poi tornavo a casa mia mentre quelle donne restavano con i loro figli. Così ho cominciato a vivere con loro, creando una comunità di disabili mentali abbandonati. E lì la mia vita è cambiata: potevo predicare senza imbarazzo, ero più credibile. Ho fatto l’esperienza di ciò che dice Gesù nel Vangelo: “Quando dai un banchetto, invita poveri, storpi, zoppi, ciechi e sarai felice, perché non hanno da ricambiarti” (Luca 14). Il Vangelo è di una bellezza straordinaria… E io ero felice. Ho imparato cos’è la reciprocità: è qualcosa di più della generosità, è la comunione. È l’unica cosa che soddisfa la sete d’amore. La decisione di dare al centro il nome “St. Martin” ha un significato particolare: quale? San Martino di Tour diede mezzo mantello a chi ne aveva bisogno. Mezzo, non tutto. Nessuno può dare tutto, ma tutti possiamo condividere e lui ha condiviso il mantello. Abbiamo un dipinto moderno, realizzato da un artista veneto, che raffigura San Martino non a cavallo ma giù, inginocchiato davanti al povero. Si assomigliano, sembrano due gemelli, segno della reciprocità. Sono allo stesso livello e hanno bisogno l’uno dell’altro. Al St. Martin ogni decisione viene presa dall’intera comunità. Ogni intervento passa attraverso la promozione delle relazioni tra persone, attraverso la creazione di una rete di sostegno… Il nostro motto è “only trough community”, tutto deve essere fatto attraverso la comunità. Nessuno può andare a trovare un povero o un disabile da solo: in questo modo le persone coinvolte si moltiplicano. Il nostro lavoro è mettere il povero al centro della comunità: non è un peso da portare ma un dono da ricevere, non è una disgrazia per tutti. È nel povero che Gesù si identifica. Non facciamo rete per avere più risorse, ma la rete che noi creiamo nasce dal povero che ci aiuta ad essere più solidali, più capaci di voler bene, ci aiuta a fare comunità. Questa è una prospettiva diversa. Se compri il cibo per ragazzi di strada, non coinvolgi la comunità, che invece va sollecitata a farsi carico di questi ragazzi facendo rete intorno a loro. Avere in mente che il povero non è dono per me ma per la comunità può smuovere il meglio di essa. Se queste persone cambiano il cuore delle centinaia di persone che li incontrano, ecco un’esperienza di Vangelo. E il Saint Martin lo è diventata. Naturalmente sono di parte, ma vedo tanti giovani provenienti da tutto il mondo che vengono a fare questa esperienza, a provare la felicità di una fede che li coinvolge molto. 31 PAROLEDIFRANCESCO Indifferenza globalizzata “Dio chiede a ciascuno di noi: ‘Dov’è il sangue del tuo fratello che grida fino a me?’. Oggi nessuno nel mondo si sente responsabile di questo; abbiamo perso il senso della responsabilità fraterna; siamo caduti nell’atteggiamento ipocrita del sacerdote e del servitore dell’altare, di cui parlava Gesù nella parabola del Buon Samaritano: guardiamo il fratello mezzo morto sul ciglio della strada, forse pensiamo ‘poverino’, e continuiamo per la nostra strada, non è compito nostro; e con questo ci tranquillizziamo, ci sentiamo a posto. La cultura del benessere, che ci porta a pensare a noi stessi, ci rende insensibili al- le grida degli altri, ci fa vivere in bolle di sapone, che sono belle, ma non sono nulla, sono l’illusione del futile, del provvisorio, che porta all’indifferenza verso gli altri, anzi porta alla globalizzazione dell’indifferenza. ‘Adamo dove sei?’, ‘Dov’è il tuo fratello?’: sono le due domande che Dio pone all’inizio della storia dell’umanità e che rivolge anche a tutti gli uomini del nostro tempo, anche a noi. Ma io vorrei che ci ponessimo una terza domanda: chi di noi ha pianto per questo fatto e per fatti come questo?, chi ha pianto per la morte di questi fratelli e sorelle? Chi ha pianto per queste persone che erano sulla barca, per le giovani mamme che portavano i loro bambini, per questi uomini che desideravano qualcosa per sostenere le proprie famiglie? Siamo una società che ha dimenticato l’esperienza del piangere, del ‘patire con’: la globalizzazione dell’indifferenza ci ha tolto la capacità di piangere!” Visita a Lampedusa, 8 luglio 2013 32 ITINERARIQUARESIMALI Giovani: una preghiera, una domanda, un gesto Preghiera di speranza “Padre nostro che sei nei cieli e che continui a camminare con noi, con la nostra storia e i nostri problemi, facci sentire sempre la tua presenza che ci hai rivelato in Cristo. Non permettere mai che venga meno la nostra confidenza in Te soprattutto quando la tristezza ci opprime e ci sgomenta. Facci dono di scegliere sempre la via della vita. Fa' che amiamo questo nostro tempo e vi leggiamo sempre i segni del tuo amore. Dacci la forza per vivere la vita come un dono ricevuto dalla tua bontà e da spendere a servizio degli esseri umani tuoi figli e nostri fratelli e sorelle”. Amen. (Giuseppe Taliercio) Quante persone ho guardato negli occhi, oggi, per almeno 5 minuti? Quante avranno colto il mio amore per loro? Prepara un piccolo elenco di persone per cui ti impegni a pregare e inserisci questo foglietto nel tuo libro di preghiera o nella tua Bibbia. Così da ricordartene! 33 Famiglie e adulti: un invito a riflettere Dall’intervista a don Gabriele Pipinato: “Nessuno può andare a trovare un povero o un disabile da solo: in questo modo le persone coinvolte si moltiplicano. Il nostro lavoro è mettere il povero al centro della comunità: non è un peso, non è una disgrazia, ma un dono da ricevere per tutti. Avere in mente che il povero non è dono per me ma per la comunità può smuovere il meglio di essa”. La Samaritana Signore Gesù, anche la nostra vita, come quella della donna samaritana, è fatta di gesti abituali, di occupazioni ripetute, di fatiche e di tristezze senza nome. E ciascuno si porta dentro anche qualche tormento che non saprebbe confessare neppure all'amico più caro. È una situazione confusa, la nostra, che va mendicando un po' di chiarezza; è la stessa sofferenza della samaritana che andava cercando, per la sua sete segreta, un'acqua che quel pozzo non avrebbe potuto dare. Signore Gesù, vogliamo dirti oggi tutta la nostra commozione nel vedere con quale umanissima delicatezza ci aiuti a scoprire i nostri limiti e i nostri desideri più nascosti. 34 “Volgiti a me e abbi misericordia, Signore, perché sono povero e solo”. Scovare strategie per portare il sorriso nelle situazioni difficili, organizzarsi per sostenere altre famiglie, magari i propri vicini di casa... Quarta settimana di Quaresima 30 marzo-5 aprile “ Io sono la luce del mondo ” Gv9,5 35 COMMENTOALLAPAROLADIDIO Ogni giorno è illuminato “Io sono la luce del mondo” (Gv 9,5): così Gesù si autodefinisce in questa pagina del vangelo di Giovanni. Egli è la luce ed “è venuto a visitarci come sole che sorge”, come la luce del primo mattino che annuncia il risveglio dalla notte, che preannuncia un nuovo giorno, che ci dice che ancora una volta Dio non si è stancato degli uomini, ma ci dona un giorno nuovo per conoscerlo, amarlo e servirlo. Come il raggio di luce che nel mattino di Pasqua si insinua nel sepolcro vuoto e illumina il sudario piegato lì in un angolo annunciando che l’eterno è parte della storia del mondo. Egli è la luce bianca e splendente, come le sue vesti là sul monte Tabor, che ci rivela la sua natura divina. Un Dio che si è fatto conoscere come amore, un amore che abbaglia nella sua intensità e purezza. 36 Egli è quella luce che per un momento, all’ora nona, si è fatta buio per tutto il mondo perché doveva compiersi l’ultimo e finale scontro con il peccato e con la morte. Quella morte che Egli ha fatto morire abbracciandola forte sul Calvario. Dopo quell’attimo tragico, il buio è tornato ad essere luce splendente: la risurrezione. Egli è la luce del tramonto, la luce più bella, quella che rende i colori intensi, pieni di sfumature, quella che dà alla giornata il senso di un grande sospiro di riposo e di appagamento. Perché è lui che ci mostra l’intensità del vivere, la preziosità di ogni aspetto della vita dell’uomo e della vita del mondo. È lui che colora d’intensità e d’immenso le vicende del nostro mondo. Egli è la luce della lampada messa sul moggio perché possa illuminare la notte, perché anche nelle tenebre del dolore e dello smarrimento possiamo guardare a Lui e in Lui trovare la direzione verso cui continuare a camminare. Ma è anche la luce della lampada delle ragazze sagge che attendono, e al grido “ecco lo sposo”, sono pronte a corrergli incontro. Quella luce che Egli porta nel suo improvviso e a volte inatteso rivelarsi, là dove siamo assopiti nel sonno della pigrizia o della distrazione. Egli è la “luce gentile” che si insinua nelle pieghe della storia, che si nasconde nelle strade del mondo, che brilla nei volti dei poveri e dei dimenticati. Che la nostra quaresima sia una ricerca appassionata della Luce di Cristo, sia un lasciarsi avvolgere dalla sua luce e sia anche un diventare noi stessi luce. Perché ciò si realizzi non possiamo che andare nel mondo, sulle sue strade, nelle sue periferie, in quel mondo che Cristo illumina, in quel mondo che custodisce la luce del Signore. (a cura dell’Ufficio missionario) RACCONTIMISSIONARI Nyambura era sola quando è morta “Ero un giovane prete, appena arrivato in Kenya. Era domenica, e avevo trascorso la giornata guidando su e giù per le strade fangose, cercando di raggiungere i villaggi dove avrei dovuto celebrare la messa. Dopo l’ultima messa visitai una donna, malata di Aids, di nome Nyambura. Si avvicinava alla fine della sua vita e non aveva nessuno che le stesse vicino. Mentre il sole calava le dissi che dovevo andare. La pioggia era forte e se mi fossi impantanato nella foresta, sarebbe stato pericoloso. Mi pregò di restare, ma io le promisi che sarei tornato presto la mattina seguente. Quando arrivai a casa, mi addormentai immediatamente. Ma alcune ore più tardi, mi svegliai, ricordandomi che non avevo riposto le particole avanzate nel tabernacolo. Così, nonostante il calore allettante del letto, mi alzai e nella pioggia corsi in chiesa per riporre l’Eucarestia nel tabernacolo. Il giorno seguente mi alzai presto e andai subito alla casa di Nyambura. Quando entrai, la trovai dove l’avevo lasciata. Il suo braccio pendeva dal letto, era senza vita. Mentre perdevo sonno preoccupandomi di Gesù nel suo mistico corpo eucaristico, avevo abbandonato il corpo reale di Gesù nei poveri. Perché perdevo sonno pensando all’Eucarestia lasciata sola e non pensavo a Nyambura che moriva da sola? Ripensando all’accaduto, Gesù non aveva bisogno del mio sacrificio di riporlo nel tabernacolo (nonostante io avessi bisogno di ciò per la mia pace), Gesù aveva bisogno del mio sacrificio di rimanere con Nyambura nei suoi momenti finali (nonostante io non avessi bisogno di ciò per la mia pace, ma lei ne aveva bisogno per la sua)”. don Gabriele Pipinato fidei donum in Kenya 37 RAPPORTOCONILMONDO Chiesa umile, fede solida Dove, come si colloca la Chiesa rispetto all’umanità e alla sua storia? Come mostrare, oggi, che il Vangelo è ancora vivo? Lo chiediamo a Roberto Repole, docente di ecclesiologia e teologia sistematica presso la Facoltà teologica di Torino e presidente dell’Associazione teologica italiana. a cura di Patrizia Spagnolo semplicemente a fianco di esso, ma “nel” mondo, ovvero come una porzione di umanità che sta dentro la più vasta umanità. La svolta è così importante e radicale da portare i padri conciliari ad affermare che la Chiesa non solo ha da offrire molto alla storia dell’umanità, ma che da quella stessa storia ha molto da ricevere (Gaudium et spes 44). Leggendo l’insieme dei testi del Concilio, si potrebbe dire che la Chiesa è vista come quel pezzo di umanità che riconosce nella fede Gesù Cristo, che lo professa come il Signore e che aderisce a Lui. Nella consapevolezza, però, di avere un ruolo da giocare per il destino dell’umanità intera, perché la fede non ci fa proclamare Gesù solo come il nostro Signore, ma come il Signore di tutte le donne e gli uomini, a qualunque epoca e a qualunque popolo appartengano. Essere cristiani significa sempre avvertire una responsabilità per la salvezza e il bene di tutta l'umanità. Non si è cristiani per se stessi; ma si è cristiani anche sempre per altri. A 50 anni dal Concilio, in che modo la Chiesa si è avvicinata al mondo? Umiltà e forza come si conciliano? La Gaudium et Spes afferma che “la Chiesa cammina assieme con l’umanità tutta e sperimenta, assieme al mondo, la medesima sorte terrena, ed è come il fermento e quasi l’anima della società umana”. Ecco, dove si colloca la Chiesa nel mondo? La grande prospettiva di novità della Gaudium et Spes consiste nel vedere la Chiesa non contro il mondo e neppure 38 A momenti di grande apertura che hanno contrassegnato gli inizi del tempo postconciliare sono subentrati momenti di chiusura dovuti a paura, anche perché nel frattempo si sono visti gli esiti di una certa modernità avanzata: esiti a volte molto critici per la vicenda umana. Nel complesso, di certo lo sforzo del Concilio è stato quello di far pensare che la Chiesa può vivere in modo nuovo – e perciò riconciliato – con l’epoca moderna, che è l’epoca dell’autonomia nelle diverse sfere: scienza, politica, economia, cultura… La lezione conciliare è passata, anche se richiede continuamente di essere messa in pratica, con atteggiamento di umiltà che consiste nella consapevolezza da par- te della Chiesa di essere strutturalmente in rapporto col mondo, altrimenti verrebbe meno la sua identità. È in rapporto col mondo perché è in rapporto con Cristo. Proprio per questo, per la Chiesa forza e debolezza stanno insieme. La forza di un’identità chiara – del suo essere, cioè, luogo della presenza di Cristo –, ma con uno stile che deve essere analogo a quello proposto da Gesù, che ha parlato con tutti e ha dato la vita per tutti. Se, perciò, l’identità della Chiesa è data dall’essere credenti in Gesù, non si può esprimerla in modo violento. Un passaggio della Lumen Gentium (numero 8) afferma che la Chiesa deve essere povera e umile a immagine del suo Signore. Qualche volta si ha l’impressione che dove ci si impone con modi arroganti si manifesta in realtà paura, povertà di identità, e non un’identità chiara. Quasi la paura che il Signore non guardi la storia e questo tempo; o non continui ad essere il Signore di tutti, anche delle donne e degli uomini di oggi. Da una fede solida, invece, nasce uno stile di umiltà che tiene insieme forza e debolezza. Oggi è particolarmente avvertita la necessità di mettere in relazione la dimensione teologica e quella educativa, di andare alla fonte e riscoprire i fondamenti dell’azione ecclesiale nel mondo… Mi sembra che ci sia una consapevolezza grande e duplice. Da una parte, la questione educativa è oggi diventata una “questione”; il punto nevralgico sta nell’interruzione di alcuni processi – che nel passato erano scontati – di trasmissione della sapienza umana da una generazione all'altra. La Chiesa sa di vivere in un tempo che fa questa fatica. Dall’altra parte, c’è la consapevolezza che nella fede di Gesù Cristo abbiamo l’accesso a ciò che è l’umano, perché riteniamo che Gesù sia “l’uomo vero” (Gaudium et Spes 22). Abbiamo cioè la consapevolezza di poter offrire quell’umanità che noi riscontriamo in modo compiuto nell’umanità di Gesù. In Gesù vediamo l’uomo più vero, ma dobbiamo proporlo nel dibattito pubblico, portando ragioni convincenti che il suo è un modo bello di vivere ed è un modo che fa fiorire la parte più bella e nobile della nostra umanità. L’approfondimento dei fondamenti teologici come può aiutare a dare nuovo impulso e a rinnovare le iniziative concrete? In particolare, qual è il piano di incontro con la cultura del tempo? L’approccio teologico può aiutare i credenti a scoprire che non c’è un fossato tra fede e pensiero. La fede è umana quando è pensata fino in fondo. C'è dunque un servizio che la teologia può dare anche per il rinnovamento delle iniziative concrete, nella misura in cui aiuta i cristiani a pensare fino in fondo la loro fede, a trovare percorsi di pensiero per quelle domande che essi, se sono umani, si pongono: su Gesù, su Dio, su chi sia l'uomo, sulla questione del male, sul destino aldilà della morte… Questo spinge a considerare immediatamente un secondo “motivo di utilità” della riflessione teologica: essa è importante anche perché i cristiani diventino capaci di dialogare con la cultura del proprio tempo, mostrando che il Vangelo non è qualcosa di vivo soltanto per altre stagioni storiche, ma anche per l’epoca attuale. La carenza teologica emerge quando si vuole annunciare il Vangelo ma non si ha la capacità di intercettare questioni culturali attuali, come se il Vangelo fosse qualcosa per gli umani di altre generazioni e non per quelli di oggi. Sant'Agostino diceva che la fede se non è pensata, semplicemente non è! Che significa che una fede che non si declini come ragionevole e viva dentro una cultura, semplicemente non esiste. 39 PAROLEDIFRANCESCO La Chiesa cammina col suo popolo “Camminare insieme. Penso che questa sia veramente l’esperienza più bella che viviamo: far parte di un popolo in cammino, in cammino nella storia, insieme con il suo Signore, che cammina in mezzo a noi! Non siamo isolati, non camminiamo da soli, ma siamo parte dell’unico gregge di Cristo che cammina insieme. Qui penso ancora a voi preti, e lasciate che mi metta anch’io con voi. Che cosa c’è di più bello per noi se non camminare con il nostro popolo? È bello! Quando io penso a questi parroci che conoscevano il nome delle persone della parrocchia, che andavano a trovarli; anche come uno mi diceva: ‘Io conosco il nome del cane di ogni famiglia’, anche il nome del cane, conoscevano. Che bello che era! Che cosa c’è di 40 più bello? Lo ripeto spesso: camminare con il nostro popolo, a volte davanti, a volte in mezzo e a volte dietro: davanti, per guidare la comunità; in mezzo, per incoraggiarla e sostenerla; dietro, per tenerla unita perché nessuno rimanga troppo, troppo indietro. Quanto è importante camminare uniti, senza fughe in avanti, senza nostalgie del passato. E mentre si cammina si parla, ci si conosce, ci si racconta gli uni agli altri, si cresce nell’essere famiglia”. Visita ad Assisi Incontro con il clero, persone di vita consacrata e membri di consigli pastorali, 4 ottobre 2013 ITINERARIQUARESIMALI Giovani: una preghiera, una domanda, un gesto Il mio sì per amore “Guardo ai tanti testimoni del Vangelo: testimoni eroici della carità, annunciatori fedeli della Verità. Guardo a tutti coloro che, con semplicità, costruiscono pagine nuove di un Vangelo che oggi si fa vita per tutti. È da loro, Signore, che mi chiedi di imparare la concretezza di una risposta umile e audace, capace di perdere tutto per ritrovare te, unico Signore. Sento, Signore, che davanti a me poni una strada da percorrere. C’è un futuro che mi aspetta, risposte da dare, scelte da vivere. Voglio poter tendere, Signore, verso quegli orizzonti che per me dischiudi, voglio correre senza farmi appesantire dal passato, mosso dal desiderio di raggiungere te, di comprendere, di vivere, di lasciarmi conquistare da te, Signore della storia e di tutti i viventi”. Amen. Quale rapporto vivo con i “media” e come coltivo la mia ricerca di informazione? Custodisco spirito critico, senso di responsabilità e apertura al mondo? Valuta seriamente se abbonarti a qualche rivista missionaria o dedica del tempo per visitare un sito dedicato (ad esempio quello della diocesi di Torino: www.diocesi.torino.it) 41 Famiglie e adulti: un invito a riflettere Il cieco nato Siamo chiesa che cammina. Portiamo nel cuore un annuncio di speranza, abbiamo negli occhi la tenerezza di Gesù, custodiamo fra le mani i doni del suo amore. Questi doni, questa tenerezza e questo annuncio sono per tutti: sbagliamo se costruiamo barriere tutto intorno. Solo condividendo sapremo moltiplicare la bellezza! All’uomo proponiamo l’uomo: non abbiamo altre ricette se non una pienezza di vita e di umanità che abbiamo scoperto in Gesù. E all’uomo ritrovato consegniamo un di più che non ci appartiene: la grazia dell’incontro con Lui. Come vivo la fede nella mia storia concreta? Come la incarno nei miei giorni, sul mio posto di lavoro, a tavola con quelli di casa? La mia famiglia è una scuola di fede? A volte dovremmo lasciarci provocare dalle domande più urgenti, quelle dei bambini, e insieme condividere abbozzi di risposte e poi cercare ancora. Perché occorre rendere alla speranza la sua ragionevole, ostinata bellezza convincente. Signore Gesù, siamo tutti terribilmente ciechi. Passiamo accanto ai miracoli della creazione senza una nota di gioioso turbamento. Fissiamo gli occhi sul volto di tante persone e non sappiamo intuirne le lacrime nascoste. Non conosciamo neppure il nostro mondo interiore, incapaci, come siamo, di gettare uno sguardo coraggioso nella profondità della nostra anima e del nostro destino. Siamo ciechi soprattutto quando crediamo di sapere mentre l'orgoglio ci impedisce di aprirci alla vera sapienza che si nutre della luce del cuore e del pane della pietà. 42 Quinta settimana di Quaresima 6-12 aprile “ Gesù si commosse profondamente Gv11,33 ” 43 COMMENTOALLAPAROLADIDIO Beati gli operatori di pace La commozione di Gesù per la morte dell’amico Lazzaro ci richiama la sua profonda partecipazione alla sorte di chi piange perché è nel dolore, nella sofferenza, nella disperazione, nel lutto, nella guerra… Tutta l’umanità invoca e cerca la pace, ma essa non è a portata del mondo. La pace vera è un dono di Dio. Gli uomini non sono capaci a vivere in pace. Chi però ha incontrato Gesù può cambiare l’ambiente in cui vive o opera, perché la pace cresca di giorno in giorno nel suo cuore, in famiglia, nella comunità ecclesiale, sul posto di lavoro… Ma per essere promotori di pace occorre ascoltare l’altro. La pace si costruisce nell’amore e nel dono di sé agli altri: porto il sorriso e la mia disponibilità a mettermi in gioco. Le mie parole sono balsamo per le orecchie degli altri? So pronunciare, per citare papa Francesco, parole come “permesso”, “grazie”, “scusa”? So vivere la carità e diffondere il buon profumo di Cristo? Ma non basta ancora: la pace si ottiene soprattutto pagando di persona e pregando e soffrendo per essa. Ricordiamoci che la pace può darcela solo Dio. Allora il mio impegno per la realizzazione del’”ut unum sint” deve brillare al primo posto nella mia vita, ogni giorno ricominciando ad amare i fratelli. Significa amare con amore straordinario, come ama Gesù: anche io devo essere disposto a dare la mia vita per il fratello, come Gesù sulla Croce, a pagare di persona perché l’amore vicendevole e la pace trionfino. Allora la pace sarà la felicità! È un processo che ogni giorno si arricchisce del dono della pace che viene dal cielo e la mia vita diventa un’avventura umana e divina. “Beati gli operatori di pace perché saranno chiamati figli di Dio”. (a cura dell’Ufficio per la pastorale della salute) 44 RACCONTIMISSIONARI Così la rabbia è svanita “Dopo le elezioni generali del 2007, il Kenya è esploso in una inaspettata guerra tribale che ha causato 1200 morti e lasciato senza casa almeno 600 mila persone. Anche la mia comunità è stata colpita ma, fortunatamente, nessuna persona è stata uccisa né ferita: semplicemente i Kikuyu e gli appartenenti ad altre tribù sono stati scacciati via dopo essere stati derubati di ogni avere. Non potrò mai dimenticare la messa del primo gennaio del 2008: mentre in Chiesa pregavamo, dalla porta aperta si vedevano i vari pulmini e camion stracarichi di gente che scappava. È stata la messa più difficile della mia vita. Dopo alcuni mesi tutti sono ritornati ed hanno ripreso le proprie attività. Ma la normalità era apparente, perché nei cuori vi erano ancora grandi rancori e sofferenze. Rancori e sofferenze che abbiamo voluto affrontare in un incontro del consiglio pastorale. Abbiamo semplicemente iniziato con la preghiera durante la quale abbiamo letto alcuni passaggi della Parola di Dio: “ama il tuo nemico”, “porgi l’altra guancia”, “perdona fino a settanta volte sette”, “Padre ho peccato contro di te e contro il cielo”, “siamo tutti fratelli in Cristo”… Abbiamo quindi lasciato che la Parola lavorasse nei nostri cuori e ci siamo dedicati alla discussione degli argomenti all’ordine del giorno. Durante la pausa del pranzo è successa una cosa meravigliosa: tutti coloro che avevano rancori, rabbie o dolori pendenti con qualcuno spontaneamente si sono parlati, condividendo a vicenda quanto stavano vivendo. Alla fine, chi doveva chiedere scusa ha chiesto scusa e chi doveva dire ti perdono ha perdonato. Da quel giorno, almeno fra i membri del consiglio pastorale le cose sono cambiate”. missionario torinese in Kenya 45 RAPPORTOCONLAPACE Non c’è pace senza perdono Padre Gianfranco Testa, missionario della Consolata, ha trascorso quasi metà della sua vita in America Latina. Ha vissuto in zone di conflitto e ha lavorato con vittime della guerra e di ingiustizie, provando sulla sua stessa pelle le torture e l’incarcerazione. Esperienza che l’ha portato a fondare – anche a Torino - diverse scuole di perdono. a cura di Patrizia Spagnolo non esiste solo un modo, cioè quello di restituirla moltiplicando la catena del dolore. Il perdono è creatività, novità, liberazione. Un regalo per me, che non voglio continuare a soffrire, che non voglio trascinare all’infinito la mia ferita. Mi voglio bene e cerco di guarire. L’immagine dell’ingiustizia subita rimane in me, ma me ne posso liberare. Questo non si “insegna”, ma si vive insieme, nella fatica, nella ricerca, nell’incoerenza che tante volte scopriamo nei nostri modi di agire. Ma con il tempo, come per ogni attività, anche il perdono diventa un modo di pensare, di essere, di agire. Ci vuole del tempo. Questo, sì, lo ripeto sempre: mettici tutto il tempo che è necessario, ma alla fine sai che l’unica forma intelligente e liberatrice per affrontare un torto è il perdono. Il perdono richiede tempo perché non è una emozione, ma una decisione: quella di essere liberi e felici. “E poi, soltanto un uomo. Una storia di fede, di lotta, di speranza” è il titolo del suo recente libro autobiografico. Quanto la fede può incidere sulla realtà delle cose? Oggi lei “insegna” a perdonare, ma solo dopo aver sperimentato lei stesso la pratica del perdono… Non si impara mai del tutto a perdonare. È un allenamento continuo e una sfida. Il perdono non consiste nell’accettare ciò che fa soffrire, ma è avere la chiara coscienza che per affrontare la sofferenza 46 Credere in Dio e credere nell’uomo alla fine sono coincidenti, così come amare l’uomo è il modo concreto di amare Dio. Come cristiano, in moltissime occasioni la fede è stata il sostegno più grande: si prega, ci si confida, ci si affida, si trova sicurezza, si può anche dialogare e perfino bisticciare con qualcuno che ci conosce meglio di come ci conosciamo noi stessi e che ha più fiducia in noi di quanta noi ne abbiamo in lui. E questo ha una grandissima efficacia. In America Latina, l’uso frequente della Bibbia, la lettura popolare, fatta in compagnia dei più poveri, è stata per me illuminante. La fede te la danno loro. La capacità di scorgere il passaggio di Dio nelle cose più semplici, negli avvenimenti di tutti i giorni, anche in quelli politici e sociali, è colto da loro con spontaneità, mentre il buon cammino per imparare a voler bene anche agli altri. La religione ha causato e continua a causare molte guerre… mio cervello cercava ragioni dove non ce n’erano. Davvero “queste cose le scoprono i piccoli e i semplici”. Viviamo in un tempo che è stato definito “l'inverno della speranza”. Come liberarsi di questa rassegnazione? Basta non rassegnarsi. Non possiamo vedere solo la negatività. Sono sicuro che tanti che si allontanano dalle pratiche religiose ci stanno segnalando una primavera “diversa”. Forse abbiamo coltivato un modo di essere credenti che ha bisogno di essere rinnovato. La gente cerca l'essenziale, basta vedere come capisce e risponde alle sollecitazioni del Papa, che viene dall'America Latina. Abbiamo fatto del cristianesimo una religione di eroismi e di esigenze. Ed è una cosa molto bella perché tendiamo alla perfezione. Ma Dio che cosa se ne fa della nostra perfezione se le nostre mani sono troppo piene al punto che non riescono ad aprirsi per accogliere il dono, quello suo, il più importante? Ci avevano detto che “un cristiano è costruttore di storia”, ma che storia abbiamo costruito? Che un cristiano non deve avere vizi, ma alla fine scopriamo che siamo un disastro. Oggi ci dobbiamo aprire alla carezza di Dio, alla presenza discreta di un amico, non di un inquisitore. Il nostro rapporto con Dio è quello di chi fa fatica tante volte, ma che non perde il contatto e la fiducia in lui. La pagina più difficile, ma la più importante nel percorso del perdono, è quella di perdonare se stessi. Se abbiamo pazienza con noi stessi facilmente l’avremo anche con gli altri. Imparare a volersi bene è un È quasi nel dna delle religioni fare la guerra. La Bibbia è piena di esempi e i libri profani pure. La religione, soprattutto quando pretende di possedere la verità assoluta, che esclude altre possibili strade, è portata all’eliminazione di chi non condivide quel cammino. E praticamente tutte le religioni hanno quest’anima. Nella storia qualcuno ha cercato di correggere profondamente questa situazione. Ci ha detto: “La dottrina? è racchiusa in una parola: Padre. Il comportamento è dettato dalla legge dell'amore. Il culto è sincero quando si realizza nello spirito e nella verità”. Gli hanno creduto, ma poi, con il tempo si è tornati ai paludamenti della religione. Religione e pace hanno poco a che vedere. Cristianesimo e pace (cristianesimo evangelico, non quello che spesso viviamo) sono invece un tutt’uno. Non si possono separare. Ogni tanto ci scopriamo più cristiani che religiosi e allora crediamo a quella beatitudine che dice: “Gli operatori di pace si meritano il nome di figli di Dio”, hanno il sangue di Dio, la sua linfa che scorre nelle vene e non possono essere altro che costruttori di pace. Ma la pace passa attraverso il perdono e poi la riconciliazione e poi la pazienza e l’intelligenza e la scaltrezza per non cadere nelle trappole della violenza. Giovanni Paolo II, nella giornata per la pace 2002, subito dopo le Torri gemelle, lanciò una sfida con quel messaggio che porta un titolo enigmatico: “Non c'è pace senza giustizia, non c'è giustizia senza perdono”. Alla fine del messaggio viene lanciata la provocazione: “Il servizio che le religioni possono dare per la pace e contro il terrorismo consiste proprio nella pedagogia del perdono”. 47 PAROLEDIFRANCESCO “Se vogliamo la pace guardiamo alla Croce!” “È possibile percorrere la strada della pace? Possiamo uscire da questa spirale di dolore e di morte? Possiamo imparare di nuovo a camminare e percorrere le vie della pace? Invocando l’aiuto di Dio, sotto lo sguardo materno della Salus populi romani, Regina della pace, voglio rispondere: sì, è possibile per tutti! Questa sera vorrei che da ogni parte della terra noi gridassimo: sì, è possibile per tutti! Anzi vorrei che ognuno di noi, dal più piccolo al più grande, fino a coloro che sono chiamati a governare le nazioni, rispondesse: sì, lo vogliamo! La mia fede cristiana mi spinge a guardare alla Croce. Come vorrei che per un momento tutti gli uomini e le donne di buona volontà guardassero alla Croce! Lì si può leggere la risposta di Dio: lì, alla violenza non si è risposto con violenza, alla morte non si è risposto con il linguaggio della morte. Nel silenzio della Croce tace il fragore delle armi e parla il linguaggio della riconciliazione, del perdono, del dialogo, della pace. Vorrei chiedere al Signore, questa sera, che noi cristiani e i fratelli delle altre religioni, ogni uomo e donna di buona volontà gridassero con forza: la violenza e la guerra non è mai la via della pace! Ognuno si animi a guardare nel profondo della propria coscienza e ascolti quella parola che dice: esci dai tuoi interessi che atrofizzano il cuore, supera l’indifferenza verso l’altro che rende insensibile il cuore, vinci le tue ragioni di morte e apriti al dialogo, alla riconciliazione: guarda al dolore del tuo fratello”. Veglia di preghiera per la pace, 7 settembre 2013 48 ITINERARIQUARESIMALI Giovani: una preghiera, una domanda, un gesto Preghiera per la pace “La pace verrà. Se tu credi che un sorriso è più forte di un'arma, Se tu credi alla forza di una mano tesa, Se tu credi che ciò che riunisce gli uomini è più importante di ciò che li divide, Se tu pensi che sei tu che devi fare il primo passo piuttosto che l'altro, allora... La pace verrà. Se lo sguardo di un bambino disarma ancora il tuo cuore, Se per te lo straniero che incontri è un fratello, Se tu sai donare gratuitamente un po' del tuo tempo per amore, Se tu sai accettare che un altro ti renda un servizio, Se tu dividi il tuo pane e sai aggiungere ad esso un pezzo del tuo cuore, allora... La pace verrà. Se tu credi che il perdono ha più valore della vendetta, Se tu sai cantare la gioia degli altri e dividere la loro allegria, Se tu credi che la pace è possibile, allora... La pace verrà”. Amen. (beato Charles de Foucauld) Sei a conoscenza di una qualche forma di ingiustizia o di “mobbing” a danno di persone a te vicine? Come reagisci? Come cerchi la pace non tua, ma di quelle persone? Sulla tua agenda segna di dedicarti a qualcuno che ha bisogno di essere ascoltato e offri il tuo tempo come ricerca della sua pace. 49 Famiglie e adulti: un invito a riflettere C’è una via che conduce alla pace. La sua strada è lunga, a volte faticosa, mai percorsa fino in fondo. La meta sempre di là da raggiungere, sempre a un passo… ma lontana solo quanto lo spazio di una mano tesa. Questa via è il perdono. Che non si impone ma si osa, che non si rassegna al male ma che compie un primo scandaloso gesto verso il disarmo dei cuori. Perdono che non germoglia spontaneo ma che ha la stessa disarmante forza di un fiore: al perdono ci si educa, alla sua cattedra s’impara la vita. Il perdono è solo l’inizio, ma già ti accorgi che sta sciogliendosi la neve in questo presunto inverno della speranza. Come posso educare al perdono nella mia famiglia? Siamo capaci, in casa, di far sì che il sole non tramonti sopra la nostra ira? Lasciamo che il risentimento per il perdono non dato e non ricevuto covi nel cuore e generi il rancore e l’amarezza? Lazzaro, alzati e va’ Signore, fa’ che la tua “voce che chiama” raggiunga anche me, e la tua Parola che pronuncia il mio nome vinca la mia sordità e liberi il desiderio, a volte soffocato, di dirti: “Eccomi!”. Fa’ che il mio nome pronunciato da Te investa tutta la mia persona e mi risvegli alla mia dignità e vocazione. Risponderti vorrà dire per me uscire dal “mio” mondo, per guardare il mondo con i tuoi occhi e incontrare la vera libertà, quella che sa tessere trame di fraternità e di speranza. Il mio nome, allora, sarà nuovo, sarà un tutt’uno con il dono d’amore che hai messo nella mia vita. Amen! 50 Settimana Santa 13-19 aprile Celebrazione della riconciliazione comunitaria “Guardate a Lui e sarete raggianti”: l’incontro con lo sguardo di perdono del Signore Riti di ingresso Mentre i sacerdoti entrano in chiesa, si esegue il canto: Apri le tue braccia (CdP 490), oppure: Come un padre (CdP 492), Io verrò a salvarvi (CdP 496), Il tuo amore (CdP 497), Un cuore nuovo (CdP 505), Chi mi seguirà (Galliano - Parisi: cf. proposta diocesana). Nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo. Amen SALUTO Il Signore, che nel suo amore infinito, vuole perdonarci e riconciliarci a sé, sia con tutti voi. E con il tuo Spirito. Seguono alcune brevi parole per introdurre la celebrazione Venerazione di un’immagine di Cristo Colui che presiede dice: Carissimi fratelli e sorelle, riuniti nella casa del Padre, pellegrini nel cammino quaresimale, abbiamo camminato verso la Pasqua, per ricevere il dono della conversione alla vita nuova del Vangelo. La grazia di questa nuova Pasqua trasformi in profondità il nostro cuore, ci renda ricchi di umanità e testimoni autentici del Vangelo di Cristo. Tutti pregano per qualche momento in silenzio mentre viene portata un’icona di Cristo. Quindi colui che presiede così prosegue: Ti benediciamo, Padre Santo: nel tuo immenso amore verso il genere umano hai mandato nel mondo come Salvatore e primogenito tra molti fratelli il tuo Verbo eterno, fatto uomo nel grembo della Vergine purissima, in tutto simile a noi fuorché nel peccato. La Chiesa, contemplando il suo Volto, scorge la tua bontà; ricevendo dalla sua bocca le parole di vita, si riempie della tua sapienza; scoprendo le insondabili profondità del suo cuore, si accende del fuoco dello Spirito, effuso sui nuovi figli; guardando il suo Volto dolente, gioisce per la grazia del perdono. Concedi, o Padre, che i tuoi fedeli, contemplando il volto del tuo Figlio, abbiano gli stessi sentimenti che furono in Cristo Gesù, e, dopo aver portato l’immagine 51 dell’uomo terreno, rispecchino finalmente quella dell’uomo celeste. Il Figlio tuo, o Padre, sia per tutti noi la via che ci fa salire a te, la verità che ci illumina, la vita che ci nutre e ci rinnova, la luce che rischiara il cammino, la pietra su cui possiamo riposare, la porta che ci introduce nella nuova Gerusalemme. Egli vive e regna nei secoli dei secoli. Amen. Colui che presiede pone l’incenso nel turibolo e incensa l’icona nel frattempo l’assemblea esegue il canto: Volto dell’uomo (CdP 525); oppure: Signore, dolce volto (CdP 516). Acclamazione al Vangelo: Gloria e lode a te, o Cristo! (273-288) Ascoltiamo la parola del Signore Dal Vangelo secondo Matteo (26,26-29) L’ultima cena: il pane della comunione, il vino del perdono Silenzio. Segue una breve omelia sulla bellezza e sul gusto del perdono, collegando il gesto e le parole di Gesù nell’ultima cena (questo è il calice del mio sangue, versato per voi e per tutti, in remissione dei peccati) al dono del perdono. Professione di fede Ascolto della Parola di Dio Terminata l’omelia, dopo un breve silenzio, colui che presiede introduce la professione di fede: Colui che presiede, nella preghiera, chiede a Dio di renderci docili ascoltatori e generosi testimoni della sua Parola: Fratelli e sorelle, per mezzo del battesimo siamo divenuti partecipi del mistero pasquale di Cristo, siamo stati sepolti insieme con lui nella morte, per risorgere con lui a vita nuova. Ora, dopo aver ascoltato la Parola di Dio, rinnoviamo la professione di fede del nostro battesimo e impegniamoci ad essere coraggiosi annunciatori e testimoni del messaggio della salvezza. Padre misericordioso, che hai nascosto la tua verità ai dotti e ai potenti e l’hai rivelata ai piccoli, donaci, nel tuo Spirito, un cuore di fanciulli. L’ascolto libero e obbediente del tuo Figlio ci doni la gioia di credere e di diventare annunziatori e testimoni della Parola che salva. Per il nostro Signore Gesù Cristo, tuo Figlio, che è Dio, e vive e regna con te, nell’unità dello Spirito Santo, per tutti i secoli dei secoli. Amen. 1ª lettura: Dalla lettera di San Paolo Apostolo ai Romani (10,8-13) Invocare il nome del Signore Gesù per essere salvati 52 Credete in Dio, Padre onnipotente, creatore del cielo e della terra? Rit. Credo Signore. Amen. (CdP 291-293) Credete in Gesù Cristo, suo unico Figlio, nostro Signore, che nacque da Maria Vergine, morì e fu sepolto, è risuscitato dai morti e siede alla destra del Padre? Rit. Credete nello Spirito Santo, la Santa Chiesa cattolica, la comunione dei santi, la remissione dei peccati, la resurrezione della carne e la vita eterna? Rit. Tutti: Questa è la nostra fede, questa è la fede della Chiesa e noi ci gloriamo di professarla in Cristo nostro Signore. Amen. Colui che presiede prosegue: E ora, con le parole di Cristo nostro Signore, rivolgiamoci a Dio nostro Padre, perché rimetta i nostri peccati e ci liberi da ogni male: Padre nostro, … Guarda con bontà, o Signore, i tuoi figli, che si riconoscono peccatori, e fa’ che liberati da ogni colpa per il ministero della tua Chiesa, rendano grazia al tuo amore misericordioso. Per Cristo nostro Signore. Amen. Confessioni individuali e Confessio laudis Dopo un breve momento di silenzio, i sacerdoti si mettono a disposizione per le confessioni individuali. Tanto i penitenti, quanto i sacerdoti, accoglieranno l’invito ad una certa sobrietà: per chi ha fatto il cammino quaresimale di penitenza, insieme alla confessione delle colpe sarà anche il momento di dichiarare il cammino penitenziale di conversione personale che si è cercato di compiere. Nel frattempo, l’assemblea dà inizio alla Confessio laudis: preghiera di lode e ringraziamento per il perdono ricevuto. Si possono alternare canti di lode, preghiere spontanee dei fedeli perdonati, invocazioni proposte da un lettore, che riassumono il cammino quaresimale comunitario, alle quali l’assemblea risponde con il canto (CdP 215-219). Alcuni esempi: Signore Gesù, abbiamo camminato in questa Quaresima spinti dal soffio del tuo perdono: ti ringraziamo perché non ci hai fatto mancare il cibo della parola e l’acqua della comunità. Kyrie eleison. Signore Gesù, abbiamo riscoperto nella comunità la famiglia che accoglie e condivide il limite, la fragilità, la colpa; abbiamo condiviso il desiderio di una vita sempre più orientata al vangelo. Kyrie eleison. Signore Gesù, abbiamo cercato di gettare semi di conversione nella nostra vita quotidiana, per non rassegnarci al peccato e sentire in noi i benefici della vita nuova. Kyrie eleison. … Ringraziamento Terminate le confessioni individuali, si conclude con il RINGRAZIAMENTO previsto dal Rito della Penitenza (nn. 56-57). Esso può essere manifestato con il canto (CdP 61.161163.655.677.716.) o con una preghiera, a scelta tra quelle ora proposte: Preghiera di ringraziamento O Signore, la tua misericordia è infinita e immenso è il tesoro della tua bontà! Ringraziamo e benediciamo il tuo cuore di Padre per il perdono che ci hai concesso e supplichiamo la tua clemenza a non permettere che siamo mai separati da te e a condurci a quei doni che non possono più essere perduti. Per Cristo nostro Signore. Amen. (Dalla liturgia romana, preghiera di ringraziamento, adattamento). 53 Azione di grazie per il perdono dei peccati O Dio onnipotente ed eterno, padre di infinita misericordia, i cieli e la terra sono opera delle tue mani; tu hai fatto ogni cosa con sapienza e con amore e conduci l'uomo al suo fine con ineffabile provvidenza: dopo la caduta di Adamo tu non hai abbandonato l'umanità da te creata, ma con più mirabile opera ne hai rinnovato la natura per mezzo del tuo Figlio e nostro Signore Gesù. Egli morendo ha distrutto il nostro peccato, ha vinto la morte e trionfato del nemico, e risorgendo ci ha dato la sua vita, aperto la via al cielo e ridato l'eredità della gloria. Ora, nella tua paterna bontà, tu non hai voluto permettere che noi tuoi figli distruggessimo con la nostra insipienza e malizia l'opera della tua sapienza e della tua bontà. Il tuo amore ha superato infinitamente la nostra iniquità, la tua potenza ha soccorso la nostra debolezza e la tua misericordia ha distrutto i nostri peccati. E noi, mossi dalla tua grazia, ti lodiamo e ti benediciamo, ti adoriamo e senza fine ti ringraziamo. A te onore e gloria, per Cristo nostro Signore nello Spirito santo, per tutti i secoli dei secoli. Amen. eravamo lontani da te, e tu ci hai circondato con il tuo amore. Ora noi veniamo a te, accettaci quali siamo e trattaci come ti suggerisce il tuo cuore. Che cosa saremmo noi, Signore, se tu non avessi agito in noi? Tu ci hai pensato, tu ci hai amato; ma noi abbiamo peccato contro di te. Dal profondo gridiamo a te “Padre” perché il tuo nome non può essere cancellato in noi e il tuo amore per noi non può essere dimenticato. Noi ritorniamo a te pur non avendone alcun diritto. Ma vieni verso di noi ora con le tue grandi braccia aperte perché tu sei nostro padre oggi, in questo istante, e per l'eternità. (H. Oosterbuis) Benedizione e congedo Il Signore Sia con voi. E con il tuo spirito. Guarda con bontà, Signore, il popolo che confida in te, e fa’ che, rinnovato dai doni della tua grazia, cammini spedito verso la gioia della Pasqua. Per Cristo nostro Signore. Amen. La benedizione di Dio onnipotente, Padre e Figlio e Spirito Santo, discenda su di voi, e con voi rimanga sempre. Amen. «Le tue grandi braccia aperte». Noi eravamo perduti, o Signore, e tu ci hai colmati della tua grazia; 54 Glorificate il Signore con la vostra vita. Andate in pace. Rendiamo grazie a Dio. Via Crucis a cura dell’Ufficio liturgico C. Nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo. Amen. Saluto C. Il Signore, che guida i nostri cuori nell’amore e nella pazienza di Cristo, sia con tutti voi. E con il tuo spirito. Monizione C. Fratelli e sorelle,con questa Via Crucis ci apprestiamo a rivivere l'ultimo tratto della vita di Cristo: dal sinedrio della condanna alla tomba scavata nel Giardino. Ripercorrendo il cammino di dolore che Cristo ha percorso in obbedienza al progetto del Padre, ci lasciamo guidare dalle parole profetiche di Pilato, pronunciate alla folla di Gerusalemme: “Ecco l’Uomo!”. In Lui riconosciamo l’umanità perfettamente riuscita, poiché completamente donata. In Lui riconosciamo l’umanità sfigurata di tanti nostri fratelli e sorelle. In Lui siamo invitati a camminare sulle orme del Maestro, come Simone di Cirene, come la Madre di Gesù, per imparare ad amare Dio sopra ogni cosa e consegnare la vita per i fratelli. Orazione Preghiamo Signore Gesù, Figlio di Dio, Figlio dell’Uomo, Volto di ogni uomo sulla terra, Fratello di tutti coloro che sono nel dolore, Amico e confidente di tutti i disperati, esclusi e rifiutati, Tu che sei l’Uomo dei dolori che ben conosce il patire, donaci la sapienza della Croce perché possiamo giungere con te alla gloria del tuo Regno. Tu che vivi e regni nei secoli dei secoli. Amen. I Stazione: Gesù nell’Orto degli ulivi C. Ti adoriamo, Cristo, e ti benediciamo. Perché con la tua santa Croce hai redento il mondo. Dal Vangelo secondo Marco Giunsero a un podere chiamato Getsèmani ed egli disse ai suoi discepoli: "Sedetevi qui, mentre io prego". Prese con sé Pietro, Giacomo e Giovanni e cominciò a sentire paura e angoscia. Disse loro: "La mia anima è triste fino alla morte. Restate qui e vegliate". Preghiera Signore Gesù, tu che hai conosciuto l’incomprensione, la solitudine e l’abbandono dei tuoi discepoli; ancora oggi continui la tua passione in coloro che sperimentano la disperazione e la solitudine; ricordati in particolare di chi ha perso il lavoro, la casa, la famiglia, di chi è schiavo delle tante forme di dipendenza, degli anziani lasciati soli, di tutti coloro che sperimentano l’emarginazione. Padre nostro II Stazione: Gesù è condannato a morte C. Ti adoriamo, Cristo, e ti benediciamo. Perché con la tua santa Croce hai redento il mondo. Dal Vangelo secondo Giovanni Pilato fece prendere Gesù e lo fece flagellare. E i soldati, intrecciata una corona di spine, gliela posero sul capo e gli misero addosso un mantello di porpora. Poi gli si avvicinavano e dicevano: "Salve, re dei Giudei!". E gli davano schiaffi. Pilato uscì fuori di nuovo e disse loro: "Ecco, io ve lo conduco fuori, perché sappiate che non trovo in lui colpa alcuna". Allora Gesù uscì, portando la corona di spine e il mantello di porpora. E Pilato disse loro: "Ecco l'uomo!". Preghiera Signore, Tu hai scelto di stare dalla parte dei vinti, dalla parte degli umiliati e dei condannati. Aiutaci a non diventare mai carnefici dei fratelli indifesi, aiutaci a prendere coraggiosamente posizione per difendere i deboli, aiutaci a rifiuta- 55 re l’acqua di Pilato, perché non pulisce le mani, ma le sporca di sangue innocente. le nostre colpe, schiacciato per le nostre iniquità. Il castigo che ci dà salvezza si è abbattuto su di lui; per le sue piaghe noi siamo stati guariti. Padre nostro III Stazione: Gesù è caricato della Croce C. Ti adoriamo, Cristo, e ti benediciamo. Perché con la tua santa Croce hai redento il mondo. Dal Vangelo secondo Matteo (Mt 27, 27-31) “Allora i soldati del governatore condussero Gesù nel pretorio e gli radunarono attorno tutta la truppa. Lo spogliarono, gli fecero indossare un mantello scarlatto, intrecciarono una corona di spine, gliela posero sul capo e gli misero una canna nella mano destra. Poi, inginocchiandosi davanti a lui, lo deridevano: ‘Salve, re dei Giudei!’. Sputandogli addosso, gli tolsero di mano la canna e lo percuotevano sul capo. Dopo averlo deriso, lo spogliarono del mantello e gli rimisero le sue vesti, poi lo condussero via per crocifiggerlo”. Preghiera Nella passione di Cristo si è scatenato l’odio di cui è capace l’umanità. Nella passione di Cristo la cattiveria ha reagito di fronte alla bontà, l’orgoglio è esploso di fronte all’umiltà, la corruzione si è risentita di fronte alla innocenza, la violenza non ha sopportato la mitezza. Ma Dio, oggi, prende la croce sulle sue spalle, la nostra croce, e sconfigge il male con la potenza del suo amore. Padre nostro IV Stazione: Gesù cade sotto il peso della Croce C. Ti adoriamo, Cristo, e ti benediciamo. Perché con la tua santa Croce hai redento il mondo. Dal libro del profeta Isaia Non ha apparenza né bellezza per attirare i nostri sguardi,non splendore per poterci piacere. Disprezzato e reietto dagli uomini, uomo dei dolori che ben conosce il patire, come uno davanti al quale ci si copre la faccia; Egli è stato trafitto per 56 Preghiera Signore Gesù, che sei caduto sotto il peso della Croce, aiutaci a guardarci intorno. Dacci la forza di trasformare i rifiutati in compagni di viaggio, gli ostacoli in opportunità, le croci in sfide. Educaci alla convivialità, affinché tutti i popoli e le persone siano messi finalmente in condizione di liberarsi da ogni discriminazione e di sentirsi amati come fratelli. Padre nostro V Stazione: Gesù è aiutato da Simone di Cirene a portare la Croce C. Ti adoriamo, Cristo, e ti benediciamo. Perché con la tua santa Croce hai redento il mondo. Dal Vangelo secondo Luca Mentre lo conducevano via, fermarono un certo Simone di Cirene, che tornava dai campi, e gli misero addosso la croce, da portare dietro a Gesù. Lo seguiva una grande moltitudine di popolo e di donne, che si battevano il petto e facevano lamenti su di lui. Preghiera Signore Gesù, tu hai ricevuto la solidarietà e il sostegno del Cireneo nel momento più duro della tua vita. Converti il nostro cuore affinché possiamo anche noi abbandonare il nostro pensiero egoista e promuovere scelte di comunione. Tu ci ricordi che sempre ci aspetti nella strada, sul pianerottolo, alle nostre frontiere, nell’ospedale, nel carcere, nelle periferie delle nostre città. Cristo, tu ci aspetti ...! Ti riconosceremo? Ti soccorreremo? O moriremo nel nostro egoismo? Padre nostro VI Stazione: Gesù muore sulla Croce C. Ti adoriamo, Cristo, e ti benediciamo. Perché con la tua santa Croce hai redento il mondo. nel luogo dove era stato crocifisso, vi era un giardino e nel giardino un sepolcro nuovo, nel quale nessuno era stato ancora posto. Là dunque, poiché era il giorno della Parasceve dei Giudei e dato che il sepolcro era vicino, posero Gesù. Dal Vangelo secondo Giovanni Stavano presso la croce di Gesù sua madre, la sorella di sua madre, Maria madre di Clèopa e Maria di Màgdala. Gesù allora, vedendo la madre e accanto a lei il discepolo che egli amava, disse alla madre: "Donna, ecco tuo figlio!". Poi disse al discepolo: "Ecco tua madre!". E da quell'ora il discepolo l'accolse con sé. Dopo questo, Gesù, sapendo che ormai tutto era compiuto, affinché si compisse la Scrittura, disse: "Ho sete". Vi era lì un vaso pieno di aceto; posero perciò una spugna, imbevuta di aceto, in cima a una canna e gliela accostarono alla bocca. Dopo aver preso l'aceto, Gesù disse: "È compiuto!". E, chinato il capo, consegnò lo spirito. Preghiera Signore Gesù, il Venerdì Santo è il giorno del buio, il giorno dell’odio senza ragione, il giorno dell’uccisione del Giusto! Ma il Venerdì Santo non è l’ultima parola: l’ultima parola è la Pasqua, il trionfo della Vita, la vittoria del Bene sul male. Donaci il coraggio di guardare la realtà con i tuoi occhi colmi di fiducia; donaci la forza di saper allontanare le tenebre della disperazione dal nostro cuore, Donaci la forza di credere nella forza dell’amore, anche quando le tenebre dell’odio sembrano prevalere. VII Stazione: Preghiera Signore Gesù, Giuseppe ha preso in braccio il tuo corpo senza vita e con amore gli ha dato sepoltura. Donaci il coraggio di credere che quando amiamo fino in fondo, come tu ci hai amato, tutto diviene possibile. Infondici quello stesso Spirito che ti ha guidano sul cammino della passione e che ora, silenziosamente si diffonde su tutta la terra spaccando le pietre dei nostri sepolcri per donarci la vita che non ha fine. Intercessioni C. Fratelli e sorelle, giunti al termine di questa Via Crucis facciamoci voce di chi grida ed eleviamo a Dio la nostra preghiera. Rit. Signore, ascoltaci! • Per i malati, nel corpo e nello spirito. Preghiamo • Per i profughi, gli stranieri, i clandestini. Preghiamo. • Per i disabili, gli invalidi. Preghiamo. • Per i poveri, i senza tetto, gli emarginati. Preghiamo • Per le donne sole, sfruttate, discriminate. Preghiamo. • Per i disoccupati, i cassaintegrati e chi non trova lavoro. Preghiamo • Per i carcerati e le vittime di dipendenza da droga, alcool, gioco, sesso. Preghiamo. Gesù è deposto dal Croce C. Ti adoriamo, Cristo, e ti benediciamo. Perché con la tua santa Croce hai redento il mondo. C. Affidiamo ora al Signore ogni preghiera rimasta muta nel nostro cuore ed insieme diciamo: Padre nostro Dal Vangelo secondo Giovanni Dopo questi fatti Giuseppe di Arimatea, che era discepolo di Gesù, ma di nascosto, per timore dei Giudei, chiese a Pilato di prendere il corpo di Gesù. Pilato lo concesse. Allora egli andò e prese il corpo di Gesù. Vi andò anche Nicodèmo – quello che in precedenza era andato da lui di notte – e portò circa trenta chili di una mistura di mirra e di àloe. Essi presero allora il corpo di Gesù e lo avvolsero con teli, insieme ad aromi, come usano fare i Giudei per preparare la sepoltura. Ora, Orazione sul popolo C. Guarda con amore, Padre, questa tua famiglia per la quale il Signore nostro Gesù Cristo non esitò a consegnarsi nelle mani dei nemici e a subire il supplizio della croce. Per Cristo nostro Signore. Amen. C. Andate in pace. Rendiamo grazie a Dio. 57 Dio è più forte del tifone Famiglie divise per necessità, nostalgia della loro terra, il dolore per i morti e la devastazione causati dal disastro naturale di novembre… Eppure i filippini non si lasciano abbattere: lontani da casa e spesso dai loro affetti più cari, si stringono per mano e si aiutano, pregano insieme e agiscono per il bene comune. Perché sanno di non essere soli. Un esempio, il loro, che invita le altre comunità (etniche e italiane) a conoscerli conoscersi - di più, per un reciproco arricchimento di doni spirituali e carità. della comunità filippina di Torino 58 Sereni, generosi, ricchi di umanità e di impegno: sono caratteristiche che i filippini hanno sempre dimostrato, nella buona e nella cattiva sorte. Il tifone che nel novembre scorso si è abbattuto, con effetti devastanti, sulla loro terra natia ha portato dolore e preoccupazione anche a migliaia di chilometri di distanza. Nonostante la lontananza dalla madrepatria, il disastro ha infatti toccato profondamente i filippini all'estero: la comunità torinese, a distanza di mesi, piange ancora le morti dei propri connazionali, ma ha saputo reagire dando prova di una forza d’animo e di un sentimento di unità che l’hanno aiutata a superare momenti tristi e difficili. Molti di loro hanno trascorso il Natale in solitudine, lontani dall’affetto di chi a loro è più caro. E la distanza dalla loro terra, a cui sono stati costretti dalla necessità di guadagnare per aiutare se stessi e chi in quella terra è rimasto, a volte impedisce anche a coloro che si riuniscono di godere pienamente della gioia di stare assieme: genitori troppo occupati a pensare al guadagno per potersi dedicare ai figli; figli che portano troppo rancore per i genitori che li hanno abbandonati da piccoli per cercare la fortuna altrove. Di fronte a tutto questo, sembrerebbe logico aspettarsi il crollo di una gente che si trova assalita da difficoltà che non sembrano aver fine. Parrebbe quasi che tutti questi ostacoli siano troppi per poterli superare, per poter ancora dare spazio alla felicità e alla speranza. Ma questo popolo, sorprendentemente, lo si trova ancora sorridente, con tanta voglia di vivere e di fare. Trovarsi in mezzo a tali difficoltà metterebbe in ginocchio una persona qualsiasi, ma i filippini sanno di non essere da soli in questa battaglia. Sanno che in qualsiasi momento, che sia felice ma soprattutto nelle difficoltà, possono sempre contare su una figura che non li abbandonerà: Dio. Tante difficoltà potrebbero arrivare, molte calamità potrebbero abbattersi, numerosi ostacoli potrebbero presentarsi, ma Dio sarà sempre presente. È il padre che, nonostante il fatto che non lo si possa vedere, guarda sempre con amore i suoi figli che chiedono aiuto. A Dio si affidano i filippini, non solo nei momenti più bui ma anche in quelli più felici. Inoltre, i filippini contano l'uno sull'altro, sulla fratellanza, sull'amore reciproco che è sempre presente. Nonostante situazioni di difficoltà, sono sempre pronti a aiutarsi, pronti a tendere una mano a chi ne ha bisogno, a dare amore laddove ce ne vuole. I filippini si tengono stretti per mano e si aiutano. Pregano insieme e agiscono insieme per il bene comune. Si uniscono nella battaglia contro le avversità che a loro si presentano, armati di fede e amore, sapendo che per loro ci sarà sempre un Dio che li guiderà e un fratello che sarà sempre pronto a tendere una mano. 59 Progetti QdF: i valori di fondo don Marco Prastaro È parte del mandato di ogni Cristiano operare per lo sviluppo integrale di ogni persona e di ogni comunità. La formazione e l’educazione, così come l’annuncio e l’evangelizzazione, sono vie maestre e irrinunciabili per raggiungere tale sviluppo integrale. direttore Ufficio missionario “La carità che uccide” è il titolo di un libro che provocatoriamente voleva stimolare quanti operano nella cooperazione internazionale a riflettere sulle conseguenze e l’impatto delle loro iniziative. Come Quaresima di Fraternità questa riflessione va ormai avanti da più di 50 anni ed è approdata alla stesura di un regolamento che mette per iscritto quei valori e principi ispiratori che guidano la scelta dei progetti QdF, affinché, appunto, la nostra carità sia costruttiva, equa e rispettosa della dignità di ogni persona. Ci sembra dunque importante condividere e fare nostri alcuni di questi principi ispiratori. Riteniamo che la nostra attenzione e cura debbano essere indirizzate in modo particolare ai più poveri fra i poveri, soprattutto a coloro che non hanno voce, che più sono dimenticati e che meno sono aiutati. In un contesto mondiale complesso come quello attuale, non può essere solamente il peso economico di un Paese il criterio determinante per stabilire chi è povero e chi non lo è, ma è necessario guardare all’effettiva situazione di bisogno e di povertà di una determinata comunità o area geografica. L’esperienza ci ha mostrato come sia decisivo supportare e sostenere non tanto progetti che cercano di arginare un’emergenza, quanto piuttosto tutti quei progetti che cercano di modificare una realtà e di intervenire sulle cause che generano povertà e sottosviluppo. Siamo consapevoli che un’opera di intervento per lo sviluppo e la crescita di una comunità non possa che partire dalla comunità stessa e non possa non realizzarsi se non con il coinvolgimento ed il contributo di ogni singolo membro della comunità. È per noi fondamentale far sì che la nostra azione si sviluppi attraverso il coinvolgimento delle Chiese locali nostre sorelle verso le quali sentiamo l’impegno non solo ad un aiuto solidale e fraterno, ma anche la responsabilità di costruire legami di conoscenza e fratellanza; nella Chiesa siamo tutti 60 In dettaglio, i progetti diocesani riguardano: 1 Sostentamento dei nostri sacerdoti fidei donum: € 32.000 (sono 8 i sacerdoti diocesani torinesi presenti in Chiese sorelle: 2 in Brasile, 2 in Kenya, 2 in Argentina, 2 in Guatemala) 2 Contributo alla diocesi di Nairobi per la formazione dei giovani: € 10.000 3 Contributo alle suore della Consolata presso la missione di Belem in Brasile: € 9.600 4 Contributo al Seminario della Diocesi di Za Doca in Brasile, dove è Vescovo Mons Carlo Ellena: € 10.000 5 Contributo all’Ufficio diocesano Migranti (opera nata proprio dall’esperienza della Quaresima di Fraternità): € 25.000 6 Contributo per la formazione e la cura pastorale dei sacerdoti stranieri in servizio nella nostra diocesi: € 3.000 fratelli per cui non c’è una parte che dona ed una che riceve, ma c’è un reale e profondo scambio di beni e di fede. Ci sembra quindi importante caratterizzare i nostri progetti con un profondo senso di ecclesialità. In questi anni, la diocesi di Torino ha consolidato rapporti particolari di fratellanza con alcune Chiese in terra di missione, soprattutto con le Chiese presso le quali operano i nostri sacerdoti fidei donum. Allo stesso modo, il cammino storico della Quaresima di Fraternità ha suscitato alcune iniziative di solidarietà operanti nella diocesi (es. Ufficio per la Pastorale dei Migranti). Queste realtà, che chiamiamo progetti diocesani, rappresentano il primo e privilegiato impegno di fraternità e solidarietà della nostra Chiesa torinese. Ecco perché, in spirito di comunione ecclesiale e diocesana, si richiede a tutte le comunità della diocesi di contribuire alla loro realizzazione. 61 Sul sito Internet dell’Ufficio Missionario www.diocesi.torino.it/missioni è possibile visionare e scaricare il presente fascicolo, le schede dettagliate dei singoli progetti per la Quaresima di Fraternità 2014 e materiali di animazione. È possibile sostenere i progetti della “Quaresima di Fraternità” anche versando contributi autonomi a: Arcidiocesi di Torino Ufficio Missionario via Val della Torre, 3 10149 Torino tel. +39 011 51 56 372 conto corrente postale: 17949108 Iban: IT60S0306901134100000000364