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Andiamo alla fonte - Diocesi di Torino

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Andiamo alla fonte - Diocesi di Torino
Andiamo
alla fonte
A cura dell’Ufficio Missionario
Arcidiocesi di Torino
supplemento al n. 10
de La voce del popolo
del 09/03/2014
Sommario
Andiamo alla fonte
2
messaggio dell’arcivescovo di Torino
mons. Cesare Nosiglia
Le opere quaresimali possono
cambiare il mondo
Quarta settimana di Quaresima
5
a cura dell’Ufficio missionario
35
30 marzo-5 aprile
Io sono la luce del mondo
Mercoledì delle ceneri
(Gv 9,5)
7
settimana dal 5 all’8 marzo
Laceratevi il cuore e non le vesti
Quinta settimana di Quaresima 43
(Gl 2,13)
6-12 aprile
Gesù si commosse profondamente
Prima settimana di Quaresima
11
(Gv 11,33)
9-15 marzo
Non di solo pane vivrà l’uomo
(Mt 4,4)
Settimana Santa
51
13-19 aprile
Seconda settimana di Quaresima
16-22 marzo
Celebrazione della riconciliazione
comunitaria
Dell’amore del Signore è piena la
terra (Sl 32)
Via Crucis
Terza settimana di Quaresima
19
27
Dio è più forte del tifone
58
Progetti QdF: i valori di fondo
60
23-29 marzo
Mentre eravamo peccatori,
Cristo è morto per noi (Rm 5,6)
Direttore responsabile Luca Rolandi
Iscrizione al n. 491 dell’8.11.1949 del registro del Tribunale di Torino
Aut. DSP/1/1/5681/042037/102/88LG
La presente pubblicazione è stata promossa da
Ufficio Missionario - Diocesi di Torino
Via Val della Torre, 3 - 10149 Torino - Tel. 011 51 56 374
e-mail: [email protected]
Équipe redazionale Uffici Anziani, Catechistico, Famiglia,
Giovani, Lavoro, Liturgico, Migranti, Salute, Universitari
della diocesi.
Coordinamento redazionale Patrizia Spagnolo
Editore Prelum srl
Progetto grafico e impaginazione
Studio Ruggieri Poggi Roma
www.ruggieripoggi.it
Stampa Spedim Montecompatri, Roma
www.spedim.it
Fotografie
Archivio Ufficio Missionario
Shutterstock
La foto della copertina del fascicolo
e del manifesto della “QdF” 2014 è di
don Pierantonio Garbiglia
“
Là dove l’acqua
è più pura
”
Come ogni anno giunge il grande tempo di Quaresima, tempo di
grazia e di salvezza, tempo “buono” per verificare il proprio cammino di fede attraverso la preghiera, il digiuno, la condivisione
dei beni.
Anche quest’anno la diocesi, attraverso la collaborazione di vari
Uffici (Famiglia, Anziani, Giovani, Universitari, Catechistico, Liturgico, Salute, Lavoro, Migranti) coordinati dall’Ufficio missionario, mette a disposizione questo fascicolo, piccolo ma prezioso
strumento per animare comunitariamente e anche personalmente i quaranta giorni di “esercizi spirituali”.
Come Chiesa di Torino stiamo camminando nel solco della riscoperta e valorizzazione del Battesimo e della Iniziazione Cristiana:
il sussidio mette quindi al centro della riflessione la riscoperta dei
fondamenti della fede per un “pellegrinaggio spirituale” alla
fonte da cui sgorgano tutte le iniziative concrete e gli atteggiamenti che caratterizzano gli stili di vita di un cristiano.
Andare alla fonte significa andare là dove l’acqua è più pura, significa camminare, in questi giorni che precedono la Pasqua,
ascoltando la Parola di Dio e attingendo dal Vangelo quella “bella
notizia” che suscita e anima relazioni e comportamenti. Significa
“rileggere” con gli occhi della fede dimensioni importanti della
nostra vita: rapporto con le persone, con le cose, con il creato,
con il mondo, con la pace.
Settimana dopo settimana, il percorso che proponiamo si snoda
attraverso le parole di papa Francesco, testimonianze missionarie, commenti alla Parola, preghiere, itinerari quaresimali rivolti
alle diverse fasce di età e approfondimenti tematici realizzati con
interviste che aiutino e sollecitino la riflessione.
Che il Signore che ha dissetato la Samaritana al pozzo, che ha risuscitato Lazzaro e ridato la vista al cieco nato compia ancora oggi in noi, attraverso la sua Parola, ciò che ha operato in loro.
Buon cammino.
don Maurizio De Angeli
Moderatore della Curia
1
Andiamo alla fonte
Un cammino di 40 giorni
per rivedere il nostro rapporto
con Dio e per rinnovarlo,
per rivedere che cosa guida
e ispira la nostra vita,
il nostro concreto agire
quotidiano nel rapporto
con gli altri, con le cose,
con il mondo, con il creato
e con la pace.
Carissimi,
all’inizio della Quaresima ancora una volta risuona l’invito del Signore: “Ritornate
a me con tutto il cuore”.
In questi 40 giorni è il cuore l’oggetto della
nostra attenzione. Un cuore da convertire,
un cuore da far ritornare là dove è la fonte
della vita.
“Andiamo alla fonte” è l’indicazione che
bene esprime il cammino che ci attende.
Andiamo alla fonte della vita che è Cristo
Signore, perché il nostro cuore diventi come il suo cuore, un cuore traboccante d’amore, un cuore che per non chiudersi si è
fatto trafiggere sulla croce. Andiamo alla
fonte che è Cristo per imparare ad amare,
pensare ed agire come Lui.
Andiamo a quella fonte inesauribile che è
la Parola di Dio, una parola che in questo
tempo ci è chiesto di frequentare più assiduamente, perché diventi la luce e la guida
sul nostro cammino.
Andare alla fonte ci ricorda il nostro battesimo. In questo tempo in cui le nostre riflessioni pastorali sono focalizzate sulla
pastorale battesimale e dell’iniziazione
cristiana, ci farà bene riscoprire quella
fonte che ci ha generato nella fede, che ci
ha inseriti nella famiglia della Chiesa, che
ci ha reso partecipi della vita eterna.
Stimolati dalla parola efficace del papa
Francesco, andare alla fonte corrisponde
anche all’andare alle “periferie del
mondo” per incontrare il fratello che è
nella difficoltà, nel dolore, che vive isola-
2
to. E andando nelle periferie, ritrovare il
Cristo risorto che lì ci attende nascosto nel
cuore del povero e nelle pieghe dimenticate della storia.
Andare alla fonte per cambiare il cuore è
dunque rivedere che cosa guida e
ispira la nostra vita, il nostro concreto
agire quotidiano. Abbiamo 40 giorni per
rivedere il nostro rapporto con Dio e per
rinnovarlo. In questo tempo quaresimale
ci è anche chiesto di rivedere che cosa
ispira e guida il nostro rapporto con gli altri, con le cose, con il mondo, con il creato
e con la pace.
Questo cammino, che sempre rimane di
conversione personale, non lo facciamo
da soli, ma con la Chiesa, con la nostra comunità.
Andare alla fonte non diventi però un tornare nostalgicamente ad un passato che
non esiste più. La fonte che è Cristo è
una fonte continuamente zampillante
e che sempre ci rimanda al vivere nel mondo di oggi, con la gente di oggi, immersi
nei problemi di questo nostro tempo.
Invito ogni comunità, ma ancor più ogni
singolo cristiano, a seguire un programma semplice, concreto e preciso per il proprio cammino spirituale quaresimale. Per
andare alla fonte dobbiamo pregare di
più, per attingere dall’intimità con il Signore quei tesori di amore e grazia che arricchiscono la nostra vita. Abbiamo bisogno di digiuno, per ribadire con gesti concreti il primato di Dio nella nostra vita.
La preghiera ed il digiuno diventano
quindi carità concreta ed operosa,
3
perché andare alla fonte significa creare
un mondo migliore più giusto e pacifico
che fa di Cristo il suo cuore.
In questo cammino vorrei ricordare la proposta della catechesi quaresimale con gli
Esercizi spirituali al popolo sul terzo
articolo del Credo: “Credo nello Spirito
Santo”.
A tutti propongo il fascicolo unitario della
Quaresima di Fraternità che offre e concretizza l’itinerario formativo e spirituale della
quaresimale per la nostra diocesi. Ringrazio
nuovamente tutti gli uffici diocesani che per
il secondo anno, in spirito di collaborazione
e coordinamento, lo hanno realizzato.
Le occasioni e gli strumenti per “andare
alla fonte” non ci mancano. La mia preghiera ed il mio augurio è che questo nostro andare alla fonte della vita possa trasformare i nostri cuori e renderli sempre
più simili al cuore di Cristo.
Affidiamo il nostro cammino alla Vergine
Maria che ancora una volta ci invita a “fare
ciò che Egli ci dirà”.
Mentre vi benedico auguro a tutti una buona quaresima.
Mons. Cesare Nosiglia
Arcivescovo di Torino
Preghiera
comunitaria
Dio nostro Padre,
strappa dal nostro cuore ogni egoismo
e rendici pronti a donare gratuitamente
come gratuitamente abbiamo ricevuto.
Gesù nostro fratello,
donaci di seguire il tuo esempio
nel prenderci cura di chi ha bisogno,
ricordaci sempre
che il più grande è colui che serve di più
e che il primo è l’ultimo di tutti.
Spirito d’amore,
raccoglici in unità,
allontana da noi colui che divide
e donaci il perdono e la tua grazia.
Ti ringraziamo Signore,
per la gioia di condividere con i poveri
e perché ti curi dei nostri cuori spezzati.
Amen
4
Le opere quaresimali
possono cambiare il mondo
Digiuno, preghiera e carità sono
un atto di offerta e di amore
al Padre “che è nel segreto” e
“che vede nel segreto” (Mt 6,18).
Sono un aspetto essenziale
della sequela di Cristo da parte
dei discepoli e in esse vi è
un’indubbia dimensione sociale e
di “trasformazione della società”.
DIGIUNO
Così la Conferenza episcopale italiana ce
lo presenta nel documento “Il senso cristiano del digiuno e dell'astinenza” (4 ottobre 1994):
a cura dell’Ufficio missionario
Il senso cristiano del digiuno e dell’astinenza spingerà i credenti non solo a coltivare una più grande sobrietà di vita ma
anche ad attuare un più lucido e coraggioso discernimento nei confronti delle scelte da fare in alcuni settori della vita di oggi:
lo esige la fedeltà agli impegni del battesimo. I cristiani sono chiamati dalla
grazia di Cristo a comportarsi “come
i figli della luce” e quindi a non partecipare “alle opere infruttuose delle
tenebre” (Ef 5,8.11).
Tra le forme di digiuno consigliate agli uomini e donne del nostro tempo, ricordiamo: buon uso del denaro, evitare sprechi,
rinunciare a cose inutili come sigarette, alcool, dolciumi oppure all'uso inutile dell'automobile, all’uso acritico ed eccessivo
della televisione o di internet…, secondo
la sensibilità e il buon senso di ciascuno
per migliorare il nostro rapporto con gli altri e con il mondo che ci circonda.
Prosegue la Cei:
Così, praticando un giusto “digiuno” in
questi e in altri settori della vita personale
e sociale, i cristiani […] offrono una preziosa testimonianza di fede circa i veri valori della vita umana, favorendo la
5
nostalgia e la ricerca di quella spiritualità
di cui ogni persona ha grande bisogno.
La delicata attenzione agli altri è una caratteristica irrinunciabile del digiuno cristiano, al punto che esso è sempre stato
collegato con la carità: “I cristiani devono
dare ai poveri quanto, grazie al digiuno, è
stato messo da parte”, ammonisce la Didascalia Apostolica. In questo senso il digiuno dei cristiani deve diventare un segno concreto di comunione con chi
soffre la fame, e una forma di condivisione e di aiuto con chi si sforza di
costruire una vita sociale più giusta e
umana.
profonda fede, che riconosce quello che
Dio stesso opera in loro. Al tempo stesso,
è la gratitudine che sgorga da un cuore veramente attento agli altri. In tale maniera,
quando un evangelizzatore riemerge
dalla preghiera, il suo cuore è diventato più generoso, si è liberato della
coscienza isolata ed è desideroso di
compiere il bene e di condividere la
vita con gli altri.
CARITÀ
Nell’organizzare la colletta a favore della
Chiesa di Gerusalemme, San Paolo ci presenta il senso vero e profondo della Carità:
PREGHIERA
Dall’Esortazione Apostolica di Papa Francesco “Evangelii gaudium” sull’annuncio
del Vangelo nel mondo attuale:
C’è una forma di preghiera che ci stimola particolarmente a spenderci
nell’evangelizzazione e ci motiva a
cercare il bene degli altri: è l’intercessione. Osserviamo per un momento
l’interiorità di un grande evangelizzatore
come San Paolo, per cogliere come era la
sua preghiera. Tale preghiera era ricolma di persone: “Sempre, quando prego
per tutti voi, lo faccio con gioia […]perché vi porto nel cuore” (Fil 1,4.7). Così
scopriamo che intercedere non ci separa
dalla vera contemplazione, perché la
contemplazione che lascia fuori gli altri è
un inganno.
Questo atteggiamento si trasforma anche
in un ringraziamento a Dio per gli altri:
“Anzitutto rendo grazie al mio Dio per
mezzo di Gesù Cristo riguardo a tutti voi”
(Rm 1,8). Si tratta di un ringraziamento costante: “Rendo grazie continuamente al
mio Dio per voi, a motivo della grazia di
Dio che vi è stata data in Cristo Gesù” (1
Cor 1,4); “Rendo grazie al mio Dio ogni
volta che mi ricordo di voi” (Fil 1,3). Non è
uno sguardo incredulo, negativo e senza
speranza, ma uno sguardo spirituale, di
6
E come siete ricchi in ogni cosa, nella fede, nella parola, nella conoscenza, in ogni
zelo e nella carità che vi abbiamo insegnato, così siate larghi anche in quest'opera
generosa. Non dico questo per darvi un
comando, ma solo per mettere alla prova
la sincerità del vostro amore con la premura verso gli altri. Conoscete infatti la
grazia del Signore nostro Gesù Cristo: da
ricco che era, si è fatto povero per voi, perché voi diventaste ricchi per mezzo della
sua povertà.
E a questo riguardo vi do un consiglio: si
tratta di cosa vantaggiosa per voi, che fin
dallo scorso anno siete stati i primi, non
solo a intraprenderla ma anche a volerla.
Ora dunque realizzatela perché, come vi
fu la prontezza del volere, così vi sia anche
il compimento, secondo i vostri mezzi. Se
infatti c'è la buona volontà, essa riesce
gradita secondo quello che uno possiede
e non secondo quello che non possiede.
Non si tratta infatti di mettere in difficoltà voi per sollevare gli altri, ma
che vi sia uguaglianza. Per il momento
la vostra abbondanza supplisca alla loro
indigenza, perché anche la loro abbondanza supplisca alla vostra indigenza, e vi
sia uguaglianza, come sta scritto: Colui
che raccolse molto non abbondò e colui
che raccolse poco non ebbe di meno. (Cor
8,7-15)
Mercoledì delle Ceneri
settimana dal 5 all’8 marzo
“
Laceratevi il cuore
e non le vesti Gi2,13
”
7
COMMENTOALLAPAROLADIDIO
Amore
autentico,
non formalismo
vuoto
Ricordati che sei polvere ed in polvere ritornerai, convertiti e credi al Vangelo: le
parole che abbiamo sentito nel momento
in cui siamo stati segnati con la cenere ci
riportano ad un disegno, quello di Dio che
pensò l’essere umano capace di amore,
amicizia, legami autentici. La parola che
traduciamo con polvere e cenere è la stessa, nell’ebraico della Bibbia, che indica
l’essere umano. Si potrebbe dunque dire:
ricordati che sei Adamo ed in Adamo ritornerai, ricordati che sei stato creato per esser l’amico di Dio che passeggia con lui nel
giardino.
Il segno che inizia la Quaresima è il segno
che ci riporta al senso autentico di questo
tempo: tornare ad essere immagine e somiglianza di Dio. Un impegno allora potrebbe essere proprio questo: ritornare alla freschezza del cristianesimo vero, quello che nasce dalla Parola e dai sacramenti,
dall’incontro con Cristo. Laceratevi il cuore e non le vesti invita a lasciare che ci guidi un amore autentico che sa fare posto
agli altri ed a Dio e non un formalismo vuoto, fatto di regole che rispettiamo nella lettera ma non nello spirito.
Il dono al povero non sia fatto per togliercelo di torno, ma per creare con lui un legame; il digiuno non sia fatto per adempiere un precetto ma per creare uno spazio di libertà; la preghiera non sia fatta per
abitudine o per assicurarsi qualche cosa
ma per far nascere in noi il desiderio dell’amore di Dio. Ricordati che sei Adamo ed
in Adamo ritornerai, ricordati che la Risurrezione di Gesù attende il tuo sì e che il tuo
sì costruisce la Chiesa sposa di Cristo.
(a cura dell’Ufficio pastorale degli universitari)
8
RACCONTIMISSIONARI
La forza della preghiera
Il Centro ”Stella del Mattino” (Nyota ya asubuhi) accoglie giovani dai
15 ai 25 anni che nella loro breve vita hanno già vissuto esperienze
dolorose.
Un giorno Andrea è entrato in ufficio con un po’ di titubanza per
parlarmi del problema di un suo compagno, ma poi ha cominciato a
raccontarmi la sua storia. È nato in una famiglia abbastanza
benestante e i primissimi anni della sua fanciullezza sono trascorsi
nella pace. Il padre aveva un lavoro ben retribuito, la mamma coltivava
i campi. Erano quattro fratelli di cui Andrea è il maggiore.
A un certo punto il padre si è lasciato coinvolgere da un compagno di
lavoro in un affare losco, si è dato all’alcool e alle donne. Andrea
piange quando parla del cambiamento di suo padre, che urlava, batteva
sua mamma e suoi fratelli. È sopraffatto dal dolore mentre racconta
di quando suo padre un giorno afferrò il figlio più piccolo, di circa 5
anni, lo batté e lo trascinò nel bosco. Il suo fratellino bello, sano,
allegro e intelligente fu trovato morto.
Andrea dice con forza: “Sista, quel giorno ho cominciato a odiare mio
padre: per me lui era solo un animale della terra, di quelli che
mangiano animali sotto terra… La mamma ha dovuto vendere tutti i
nostri beni per pagare i debiti di mio padre. Siamo rimasti perfino
senza casa. Mi sono ammalato e mi hanno portato nell’ospedale della
città. Lì il Signore mi aspettava per salvarmi. Io sono sicuro che la
grazia di Gesù mi ha conquistato. Tornato a casa ho cominciato a
pregare e pian piano ho trovato la forza di perdonare mio padre”.
Sr. Zita Amanzia
Danzero
missionaria della Consolata
in Tanzania
9
PAROLEDIFRANCESCO
Cristiani
di cuore,
non di etichetta
Tu guarisci
i cuori spezzati
O Dio, rifugio di chi è senza casa,
asilo di coloro che fuggono,
salvatore di coloro che si smarriscono,
consolatore degli afflitti e degli infelici.
Tu hai pietà dei miseri,
hai cura dei bisognosi,
sei il tesoro di chi non possiede nulla.
Tu guarisci i cuori spezzati,
tu guidi chi si è smarrito,
tu difendi i deboli,
tu proteggi i timorosi,
e dai aiuto a chi è nel bisogno.
Tu sei fortezza di chi ricerca riparo
Preghiera sciita
10
“Certo quella di Gesù è una porta stretta,
non perché sia una sala di tortura. No, non
per quello! Ma perché ci chiede di aprire il
nostro cuore a Lui, di riconoscerci peccatori, bisognosi della sua salvezza, del suo
perdono, del suo amore, di avere l’umiltà
di accogliere la sua misericordia e farci
rinnovare da Lui. Gesù nel Vangelo ci dice
che l’essere cristiani non è avere un’’etichetta’!
Io domando a voi: voi siete cristiani di etichetta o di verità? E ciascuno si risponda
dentro! Non cristiani, mai cristiani di etichetta! Cristiani di verità, di cuore. Essere
cristiani è vivere e testimoniare la fede
nella preghiera, nelle opere di carità, nel
promuovere la giustizia, nel compiere il
bene. Per la porta stretta che è Cristo deve
passare tutta la nostra vita”.
Papa Francesco
all’Angelus del 25 agosto 2013
Prima settimana di Quaresima
9-15 marzo
“
Non di solo pane
vive l’uomo Mt4,4
”
11
COMMENTOALLAPAROLADIDIO
Di solo pane
l’uomo muore
Non di solo pane vive l’uomo. Facile a dirsi
quando è piena la pancia, sazio il cuore.
Ma a pronunciare quelle parole di lapidaria incisività è un uomo provato dalla fame, anzi un Dio affamato dell’uomo che
ora si espone anche alla morsa della nostra fame. Un pellegrino che ha trascorso
lunghi giorni di digiuno e di deserto.
All’indomani del Battesimo nelle acque
del Giordano, Gesù è condotto nel deserto
per essere messo alla prova in quanto Fi12
glio di Dio, quale è veramente. E forse è
stato proprio il tempo del deserto a smascherare l’illusione di sempre: che le cose
che contano davvero siano quelle che si
possono toccare, vedere, mangiare, contare, comprare.
Ma è davvero così? Il Vangelo risponde e
rilancia con una provocazione. C’è una fame più profonda, dice il Signore. L’uomo
domanda più del pane, l’uomo ha bisogno
di un di più di vita.
Il diavolo dice: “Non sognare! Accontentati
di avere sazio il ventre. I piedi ben saldi per
terra: non c’è tempo per i voli del cuore”.
Il Signore risponde: “Non di solo pane vive
l’uomo. Anzi, di solo pane l’uomo muore”.
Perché la vita non è più vita se si accontenta, se non spinge verso un oltre, e verso un
altro. Ma vivere orientati così è faticoso, c’è
una tensione che costa: è come accettare
di convivere con una fame che non ti lascia
in pace. Meglio non pensarci, narcotizzare
l’anima, congelare i sogni.
Ed ecco allora la provocazione del Vangelo: perché non provi a fidarti? Prova a lasciare scoperto il cuore! Non sotterrarlo
sotto le pietre prese per pane, non riempirlo di cose o di persone usate come cose.
Prova ad ascoltare il grido che hai dentro.
Forse sarà più scomodo, ma imparerai ad
uscire verso una terra che ti è stata promessa, e che già ti appartiene: andrai in
cerca del pane vero, quello che sazia, quello che non puoi accumulare ma che devi ricevere ogni giorno come un dono che si
rinnova.
Questo Pane è la Parola di Dio, cioè il suo
desiderio di entrare a casa tua, di parlare
con te, di compiere un esodo verso il tuo
cuore finalmente sgombro dalle cose che
non contano.
(a cura dell’Ufficio adulti, famiglia, anziani)
RACCONTIMISSIONARI
I frutti della generosità
“Il dilemma per il missionario è sempre lo stesso: devo o non devo
dare? Li aiuto davvero con i miei spiccioli o contribuisco a
mantenerli per strada?
Quella mattina di febbraio non ero di fretta, stavo aspettando in
macchina il mio confratello incaricato della spesa settimanale per la
comunità. Così, quando tre bambini, due maschi e una femmina, si
sono avvicinati con la richiesta di rito, mi è venuta un’idea per lo
meno singolare. Con calma ho abbassato il finestrino, ho messo fuori
la mia mano sinistra e ho detto ai tre: "You give me money!".
I due maschietti mi hanno dato del matto e si sono dileguati. La
bambina, invece, mi ha guardato piena di stupore, poi ha allungato
la sua mano mettendo nella mia tutti gli spiccioli che aveva
racimolato nella mattinata. Mi aveva dato tutto il suo avere. D’istinto,
avrei voluto io darle tutto quello che avevo. Poi, da occidentale
razionalista mi sono detto ‘se le do troppo, il suo budget sarà
scombussolato e forse qualche adulto ne approfitterà’…
Così ho optato per una decisione a metà strada. La bambina ha
riavuto indietro tutto ciò che mi aveva dato, con l’aggiunta di un
extra cartaceo. Insomma, il suo gesto le aveva fruttato una quantità
10 volte superiore. Per un attimo ho provato la gioia, lo stupore e la
commozione che, penso, Dio stesso prova quando gli diamo tutto di
noi. Anche il suo cuore sorride e non vede l'ora di ridarci con la
sovrabbondanza della sua generosità quel poco che gli diamo per
amore”.
di Fratel Davide
Del Barba
Sacra Famiglia, Filippine
13
RAPPORTOCONLECOSE
Il Vangelo
nella “cassa”
Loredana e Antonio Alfiero,
lui operaio Fiat e responsabile
sindacale Fim-Cisl, lei impiegata
amministrativa in un ente
di formazione professionale.
Hanno due figli, di 19 e 16 anni.
Una famiglia come tante, alle
prese con le solite difficoltà
ad arrivare a fine mese.
Ma anche una famiglia che cerca
di dare il giusto valore alle
“cose” ponendo al centro del
proprio stile di vita l’attenzione
agli altri, l’accoglienza
e la preghiera.
a cura di Patrizia Spagnolo
14
Il signor Antonio è attualmente
in cassa integrazione. Com’è
cambiata la vostra vita rispetto
a prima?
La cassa integrazione è sempre un dramma per tutti, oltre al danno economico si vive con l’ansia che la situazione lavorativa
possa ulteriormente peggiorare. Bisogna
rivedere il proprio bilancio famigliare che
è già sempre negativo, cercando di intervenire maggiormente sulle spese variabili.
Sicuramente ci si organizza evitando acquisti di qualità e si fa la spesa settimanale
puntando esclusivamente al prodotto con
la miglior offerta. Le uscite domenicali si riducono a passeggiate vicino casa.
Come avete impostato
l’educazione dei vostri figli in
merito al rapporto con le cose?
Non è facile cercare di fermarsi in una società dove l'evoluzione tecnologica viaggia rapidamente. Si rischia sempre di essere obsoleti ed esclusi nel giro di poco
tempo. In questo difficile contesto sociale
rendiamo partecipi i nostri figli di quello
che accade e quali sono le nostre possibilità finanziarie. Anche loro devono capire
che a volte è necessario saper rinunciare
anche alle cose materiali. Cerchiamo di far
capire che i valori non sono improntati al
possesso di beni materiali ma alla capacità di trovarsi con gli altri per partecipare
ad un miglior cambiamento sociale.
La vostra è una famiglia aperta
al prossimo, che cerca di
prestare attenzione agli altri.
Qual è la fonte, l’ispirazione del
vostro impegno?
Il nostro impegno e la nostra piccola e modesta attenzione verso gli altri nascono
dall’esempio che ci ha lasciato il Signore
nella sua vita come uomo. La fede e la speranza fanno parte del nostro essere credenti, dove le parole del Vangelo sono l'unica via d’uscita in questo mondo spericolato. Sicuramente fin da bambini vi è un’educazione che nasce dalla famiglia, i genitori e i nonni che a loro volta sono stati fonte di modello iniziale.
Voi pregate, andate
regolarmente a messa, fate
parte di un gruppo famiglia…
Quanto vi aiuta la dimensione
della fede nella vita quotidiana?
Come dicevamo prima, il modello e lo stile
di vita da seguire si trovano nelle pagine
del Vangelo. Non è sempre semplice, anzi…, ma la partecipazione alla santa messa ci dona la gioia dell’incontro con il Signore e questo ci aiuta molto. Nel contempo la preghiera personale o comunitaria
con il gruppo famiglia si rivela la vera linfa
per nutrire il nostro impegno quotidiano,
come genitori, nei luoghi di lavoro e in tutti gli ambienti di vita che frequentiamo.
In qualità di responsabile
sindacale e quindi sempre a
contatto con le persone e i loro
problemi, cosa ha potuto
rilevare, signor Antonio, in
questi anni dal suo
osservatorio?
Senza dubbio ho imparato a non lamentarmi. Nonostante le difficoltà, c’è sempre
qualcuno che sta molto peggio di te. La crisi
economica che ormai dura da troppo tempo sta mettendo in ginocchio le famiglie. La
disoccupazione sta creando un vuoto generazionale nei luoghi di lavoro con le non
assunzioni. Tante persone ti chiedono aiuto, non solo per il lavoro ma anche per i rapporti controversi che vivono con il prossimo, ma molte volte anche in famiglia con i
propri figli o genitori. Dove possiamo fare
qualcosa di concreto nelle nostre modeste
possibilità, lo facciamo. Dove non riusciamo, mettiamo tutto nelle mani del buon Dio
affinché con la preghiera si possa dare una
svolta ad un mondo viziato.
15
PAROLEDIFRANCESCO
Non
sprechiamo
i nostri
talenti
“Un cristiano che si chiude in se stesso,
che nasconde tutto quello che il Signore
gli ha dato è un cristiano … non è cristiano! È un cristiano che non ringrazia Dio
per tutto quello che gli ha donato. Questo
ci dice che l’attesa del ritorno del Signore
è il tempo dell’azione - noi siamo nel tempo dell’azione, il tempo in cui mettere a
frutto i doni di Dio non per noi stessi, ma
per Lui, per la Chiesa, per gli altri, il tempo
in cui cercare sempre di far crescere il bene nel mondo.
E in particolare in questo tempo di crisi,
oggi, è importante non chiudersi in se
stessi, sotterrando il proprio talento, le
proprie ricchezze spirituali, intellettuali,
materiali, tutto quello che il Signore ci ha
dato, ma aprirsi, essere solidali, essere attenti all’altro”.
Udienza generale del 24 aprile 2013
16
ITINERARIQUARESIMALI
Al termine di ogni settimana di Quaresima, il presente sussidio propone due pagine
di itinerari per giovani, adulti e famiglie. Un percorso quaresimale dedicato ai ragazzi è invece disponibile nelle pagine centrali del fascicolo, con la possibilità di
staccarle per renderne l’utilizzo più agevole e pratico.
Giovani:
una preghiera, una domanda,
un gesto
Solo per oggi
Signore, all'inizio di questo tempo di Quaresima, ti chiedo di
liberarmi dagli affanni che nascono dall'ansia del possesso delle
cose e così ti prego:
«Solo per oggi, cercherò di vivere alla giornata, senza voler
risolvere il problema della mia vita tutto in una volta.
Solo per oggi, sarò felice nella certezza che sono stato creato per
essere felice non solo nell'altro mondo, ma anche in questo.
Solo per oggi, dedicherò dieci minuti del mio tempo a qualche
lettura buona, ricordando che come il cibo è necessario alla vita
del corpo, così la buona lettura è necessaria alla vita dell'anima.
Solo per oggi, compirò una buona azione e non lo dirò a nessuno.
Solo per oggi, crederò fermamente, nonostante le apparenze,
che la buona provvidenza di Dio si occupa di me come se nessun
altro esistesse al mondo.
Solo per oggi, non avrò timori. In modo
particolare non avrò paura di godere di
ciò che è bello e di credere alla bontà.
«Basta a ciascun giorno il suo affanno».
Questo ti chiedo. Amen».
(beato Giovanni XXIII)
Quali sono le dieci cose più superflue della mia vita?
Ne posso prendere le distanze?
Prepara una busta con la scritta “DIO AMA CHI DONA
CON GIOIA” e comincia a mettervi dentro l'equivalente in denaro delle piccole rinunce di ogni giorno. La potrai consegnare durante l'offertorio del Giovedì santo.
17
Famiglie e adulti:
un invito
a riflettere
Dall’intervista alla famiglia Alfiero:
“In questo difficile contesto sociale
rendiamo partecipi i nostri figli
di quello che accade e quali sono
le nostre possibilità finanziarie.
Anche loro devono capire che a volte
è necessario saper rinunciare
alle cose materiali. I valori
non sono improntati al possesso
di beni materiali ma alla capacità
di trovarsi con gli altri per partecipare
ad un miglior cambiamento sociale”.
La preghiera può cambiare il mondo non meno delle azioni: in questa e nelle prossime settimane ne proponiamo una per le opere quaresimali degli anziani e degli ammalati
Abbastanza
Signore
O Signore non rendermi così esigente
da pretendere ciò che voglio.
Dammi abbastanza lacrime
per mantenermi umano,
abbastanza sorrisi
per rendermi fiducioso,
abbastanza amici
per infondermi coraggio,
abbastanza ricordi
per darmi conforto,
abbastanza pazienza
per sostenermi nell’attesa,
abbastanza speranza
per accompagnarmi nell’incertezza,
abbastanza fede
per affidarmi a Te.
(Arnaldo Pangrazzi)
18
Il Vangelo ci chiede sobrietà
e condivisione:
quali condizionamenti
ci impediscono di vivere
questi valori?
Da quali scelte concrete
possiamo partire per essere
segni visibili di una coscienza
che cresce?
Seconda settimana di Quaresima
16-22 marzo
“
Dell’amore del Signore
è piena la terra Salmo32
”
19
COMMENTOALLAPAROLADIDIO
Ecologia.
C’è anche
quella umana
Il salmo 32 è un inno di esaltazione di Dio,
Signore del cosmo e della storia. Nell’intera creazione e nella storia è inscritto il suo
amore che si manifesta nella sua fedeltà
malgrado i nostri errori personali e sociali.
Dio si manifesta in modi straordinari, come l’episodio vissuto da Pietro, Giacomo
e Giovanni sul monte della Trasfigurazione, ma molto più spesso si manifesta nella
nostra vita ordinaria, proprio a partire dalla relazione con le persone e con l’intera
creazione. È proprio vero: “Dell’amore del
Signore è piena la terra”!
Il “coltivare e custodire” il creato non
comprende solo il rapporto tra noi e l’ambiente, riguarda anche i rapporti umani. È
necessario parlare di ecologia umana,
strettamente legata all’ecologia ambien20
tale. L’amore è relazione e la fonte di questa relazione è Dio stesso. Come la famiglia può diventare una “scuola” di relazione anche con il creato? Tre possono essere
gli elementi ispiratori.
Gratuità. La famiglia è maestra della
gratuità del dono che per prima riceve da
Dio. Il dono è il suo compito e la sua missione nel mondo, il suo volto e la sua identità. Solo così le relazioni si fanno autentiche e si innesta un legame di libertà con le
persone e le cose. È una prospettiva che fa
cambiare lo sguardo anche sul creato da
cui scaturisce lo stupore e la gratitudine a
Dio, che esprimiamo nella preghiera a tavola prima dei pasti, nella gioia della condivisione fraterna, nella cura per la casa, la
parsimonia nell’uso dell’acqua, la lotta
contro lo spreco, l’impegno a favore del
territorio.
Reciprocità. La famiglia ha un’importanza decisiva nella costruzione di relazioni buone con le persone, perché in essa si
impara il rispetto della diversità. È in famiglia che la diversità, invece che fonte di invidia e di gelosia, può essere vista fin da
piccoli come ricchezza. Già nella differenza sessuale della coppia sponsale che genera la famiglia c’è lo spazio per costruire
la comunione nella reciprocità.
Riparazione del male. In famiglia si
impara anche a riparare il male compiuto
da noi stessi e dagli altri, attraverso il perdono, la conversione, il dono di sé. Si apprende l’amore per la verità, il rispetto della legge naturale, la custodia dell’ecologia
sociale e umana insieme a quella ambientale. Si impara a condividere l’impegno a
“riparare le ferite” che il nostro egoismo
dominatore ha inferto alla natura e alla
convivenza fraterna.
(a cura dell’Ufficio per la pastorale sociale e del lavoro)
RACCONTIMISSIONARI
È bastato un po’ di latte…
“Oneide, una donna con 6 figli, veniva a trovarci tutti i giorni. L’ultimo
bimbo che aveva in braccio, Carlo, aveva due anni ed era uno scheletro,
non parlava e non camminava. Era denutrito. Noi non avevamo risorse
sufficienti per aiutare tutta la famiglia, così abbiamo comprato una
scatola di latte in polvere e abbiamo detto alla mamma di portare il
bambino da noi tre volte al giorno. Preparavamo il latte e ogni volta
lui lo divorava, tanto era la fame che aveva. Certamente anche i
fratellini volevano un po’ di latte, ma come fare? Anche noi suore
riuscivamo a stento a mantenerci.
Per due mesi Carlo si è nutrito di latte ma anche di altri alimenti che
gli davamo. Ho contemplato in lui il miracolo della vita, che si è
realizzato attraverso una alimentazione che lui non aveva mai avuto
perché la mamma, anche lei denutrita, non aveva latte da dargli. Carlo
ha cominciato a correre e a sorridere, a parlare e a giocare. E i suoi
occhi, quando ti guardano, ti parlano. Oggi è un bel ragazzo, studioso
e vivace.
Quanto bene potremmo fare e quante vite potremmo salvare se non
sprecassimo tanto cibo!”.
Suor Orsolina
D’Acquarica
missionaria della Consolata,
Brasile
21
RAPPORTOCONILCREATO
La vita buona
è radicata
nella terra
Intervista allo scienziato e
teologo Simone Morandini della
Fondazione Lanza di Padova,
ente che dal 1988 si pone come
autorevole spazio di riflessione
etica nel delicato dibattito fedecultura
a cura di Patrizia Spagnolo
Dal 2006 la Chiesa italiana
celebra il 1° settembre la
Giornata per la salvaguardia del
creato. Nella passata edizione la
parola “salvaguardia” è stata
sostituita con “custodia”…
Sono due termini che esprimono dimensioni complementari dell’attenzione per il
creato attorno a noi. La parola “salvaguardia” la riceviamo in eredità dal movimento
22
ecumenico, che dal 1984 orienta le Chiese
ad un’attenzione condivisa per “Giustizia,
pace e salvaguardia del creato”.
L’espressione “custodia” viene direttamente dalla Scrittura, dal secondo capitolo della Genesi che parla di un’umanità
chiamata a coltivare e custodire il giardino
di Eden. Il termine custodire è molto ricco,
richiama l’attenzione per qualcosa di prezioso, su cui occorre vigilare come sentinelle, difendendolo dalle minacce che incombono su di esso, in modo da poterlo
valorizzare al meglio.
Quali sono gli insegnamenti dei
padri della Chiesa che vanno
riscoperti per ristabilire un
corretto rapporto tra uomo e
natura, anzi, tra uomo e creato?
La tradizione ci offre insegnamenti importanti, che occorre valorizzare in ogni tempo
per la fede e la pratica delle comunità cristiane. In primo luogo, il dato di un mondo
che è “creazione”, dono buono di Dio per la
vita, spazio affidatoci perché lo abitiamo
con gioia e responsabilità. Il cristianesimo
è ben lontano in questo da forme di gnosticismo, che vedono la salvezza fondamentalmente come salvezza “dal mondo”; la
fede cristiana aiuta invece a comprendere
che Dio ci salva nel mondo – si pensi all’Incarnazione del Figlio! - e, anzi, che il suo
agire mira a rinnovare tutto il creato, secondo l’indicazione dello splendido testo del
capitolo 8 della lettera ai Romani.
Qui si radica il tema della gratitudine e della lode, espressione vissuta della coscienza di essere gratuitamente ospitati sulla
terra, e che invita ad una pratica di cura e
di condivisione. Infine, il senso del limite
di chi sa che l’uomo non possiede la propria origine, né può dirsi padrone della vita, e ricerca quindi forme di esistenza rispettose della realtà che ci circonda.
Di recente lei ha sostenuto che
la famiglia è “luogo di custodia
della vita, in cui si possono
sviluppare gli stili di vita
necessari per la custodia
del creato”.
Credo, in effetti, che la famiglia sia un luogo essenziale per la custodia del creato, in
primo luogo proprio per l’attenzione che
in essa naturalmente si sviluppa per le generazioni future e per la qualità del pianeta
che ad esse sarà dato di abitare. Un luogo
privilegiato, insomma (certo non esclusivo), per la crescita di quella responsabilità
ambientale di cui abbiamo disperatamente bisogno.
Certo, questo non può farci dimenticare che
esistono anche altri livelli in cui si declina la
stessa responsabilità: quello delle politiche
ambientali – dal livello locale a quello sovranazionale –, quello di un’economia chiamata a farsi davvero più equa e più verde, quello di una ricerca scientifica da cui ci attendiamo idee e tecniche per produrre beni e servizi senza pesare troppo sul pianeta.
Da parecchi anni il Gruppo “Custodia del
Creato” dell’Ufficio nazionale per i problemi sociali e il lavoro della Cei opera per approfondire tale tematica; come Fondazione Lanza, poi, abbiamo l’etica ambientale
come uno dei progetti chiave nel nostro lavoro di ripensamento dell’etica applicata.
Una ricerca condotta qualche
anno fa dalla Fondazione Lanza
tra le Conferenze episcopali in
Europa ha messo in luce una
certa discrepanza tra la
consapevolezza dei problemi
ambientali e le iniziative
concrete. Dunque c’è bisogno di
una nuova pastorale: quale?
Non c’è dubbio che vi sia bisogno di una
profonda, estesa formazione alla responsabilità ambientale: è un compito che interessa tutte le agenzie educative, a partire dalla
scuola. Interessa anche, in particolare, le comunità cristiane, che ancora spesso faticano
a far proprie le numerose indicazioni provenienti dal magistero degli ultimi pontefici.
Si tratterà, in primo luogo, di educare a
comprendere la rilevanza della fede nel
Creatore, in una formazione che sappia
valorizzare tutta la ricchezza simbolica
delle celebrazioni, così ricche nel richiamare i beni della terra, così come i diversi
spazi della catechesi.
Si tratterà anche, d’altra parte, di vivere
negli spazi ecclesiali stili sostenibili, nel
segno di un’attenzione per i consumi, per
i rifiuti, per le forme della mobilità.
Al centro, la percezione che il bene comune – quello che cerchiamo di far crescere
nelle nostre città – ha anche una forte dimensione ambientale; non è possibile costruire vita buona assieme senza tener
conto della terra in cui essa si radica.
Due temi possono dare concretezza a tali
istanze, mostrando la specificità del con-
tributo che i cristiani possono dare in quest’ambito. Una è quella del peccato ambientale, di quell’incuria nei confronti della terra che dovrebbe diventare interrogativo abituale per i confessori.
L’altra è quella di una capacità di speranza
anche di fronte all’incombere di una situazione minacciosa: solo chi sa di essere
saldamente custodito può spendere la
propria vita in nome dell’amore per la terra e della responsabilità per le generazioni future.
23
PAROLEDIFRANCESCO
“Custodiamo
la creazione!”
…“La vocazione del custodire, però, non
riguarda solamente noi cristiani, ha una
dimensione che precede e che è semplicemente umana, riguarda tutti. È il custodire
l’intero creato, la bellezza del creato, come
ci viene detto nel Libro della Genesi e come ci ha mostrato san Francesco d’Assisi:
è l’avere rispetto per ogni creatura di Dio
e per l’ambiente in cui viviamo.
E quando l’uomo viene meno a questa responsabilità di custodire, quando non ci
prendiamo cura del creato e dei fratelli, allora trova spazio la distruzione e il cuore
inaridisce. In ogni epoca della storia, purtroppo, ci sono degli ‘Erode’ che tramano
disegni di morte, distruggono e deturpano il volto dell’uomo e della donna.
Vorrei chiedere, per favore, a tutti coloro
che occupano ruoli di responsabilità in
ambito economico, politico o sociale, a
tutti gli uomini e le donne di buona volontà: siamo ‘custodi’ della creazione, del
disegno di Dio iscritto nella natura, custodi dell’altro, dell’ambiente; non lasciamo
che segni di distruzione e di morte accompagnino il cammino di questo nostro
mondo!”
Omelia della Messa di inizio Pontificato,
19 marzo 2013
24
ITINERARIQUARESIMALI
Giovani:
una preghiera, una domanda,
un gesto
Il dono dello stupore
“Fa’, o Signore, che non perda mai il senso del sorprendente.
Concedimi il dono dello stupore!
Donami occhi rispettosi del tuo creato, occhi attenti, occhi riconoscenti.
Signore, insegnami a fermarmi: l'anima vive di pause;
insegnami a tacere: solo nel silenzio si può capire ciò che è stato
concepito in silenzio.
Ovunque hai scritto lettere: fa’ che sappia leggere
la tua firma dolce nell'erba dell'aiuola pettinata,
la tua firma forte nell'acqua del mare agitata.
Hai lasciato le tue impronte digitali: fa’ che sappia vederle
nei puntini delle coccinelle, nel brillìo delle stelle.
Tutto è tempio, tutto è altare!
Rendimi, Signore, disponibile alle sorprese:
comprenderò la liturgia pura del sole, la liturgia mite del fiore;
sentirò che c'è un filo conduttore in tutte le cose...
...e salirà il voltaggio dell'anima”. Amen
(Michel Quoist)
Quali sprechi posso immediatamente ridurre nel mio
stile di vita?
Trova il tempo per sostare in contemplazione del
creato attraverso la riscoperta di uno scorcio naturale
che tutti i giorni sta sotto il tuo sguardo ma a cui abitualmente non presti attenzione.
25
Famiglie e adulti:
un invito
a riflettere
Dall’intervista a Simone Morandini:
“Credo che la famiglia sia
un luogo essenziale per la custodia
del creato, in primo luogo
proprio per l’attenzione che in essa
naturalmente si sviluppa
per le generazioni future”.
“In te si diranno benedette
tutte le famiglie della terra”.
Conosciamo e collaboriamo
con le realtà presenti nel territorio
che si impegnano
per la custodia del creato?
La Trasfigurazione
O Padre, che ci chiami ad ascoltare il tuo amato Figlio,
nutri la nostra fede con la tua parola
e purifica gli occhi del nostro spirito,
perché possiamo godere la visione della tua gloria
26
Terza settimana di Quaresima
23-29 marzo
“
Mentre eravamo peccatori,
Cristo è morto per noi Rm5,6
”
27
COMMENTOALLAPAROLADIDIO
Lasciarmi
amare,
per imparare
ad amare
“Quanto bene mi vuoi?”, chiedono mamma e papà ai loro figli. “Tanto così!”, rispondono. Quattro sillabe e due braccia
spalancate.
“Quanto bene mi vuoi, Dio?”. “Tanto così!”.
O Dio, sulla croce, nel tuo sacrificio, vedo
la misura del tuo amore per me, per noi.
Un amore che mi accoglie per sempre. Mi
ripeti: “ti amo… da morire”.
Io non lo merito. Ti tradisco, ti abbandono,
mi lamento della vita… “L’amore non si
merita”, dici ancora. “L’amore è gratis.
L’amore è grazia. L’amore è primo passo… Lasciati amare, lasciati riempire di
me”.
Lasciarmi amare è attitudine ancora più
acrobatica dell’amare, passa per la linea
del riconoscermi povero, bisognoso e incompleto.
Lasciarmi amare richiede il coraggio
dell’umiltà.
È difficile. Ma quando ti lascio fare, mi riveli che essere amati e accolti così come si
è, è esperienza di libertà e di vita.
È questo che mi cambia e mi salva. Il tuo
amore si fa misericordia e perdono. Mi anticipa, mi raggiunge ed accende nel buio
del mio peccato il fremito di una luce di vita nuova.
Voglio vivere in questo modo: venuto alla
luce, voglio illuminare! Solo con il tuo aiuto posso diventare capace di amare i miei
fratelli e le mie sorelle con lo stesso amore
da vertigine: largo, generoso, gratuito.
(a cura dell’Ufficio catechistico)
28
24 marzo 2014
22^ Giornata di preghiera e digiuno
in memoria dei Missionari Martiri
“Ciò che conta è solo amare”
Annalena Tonelli, la missionaria laica uccisa in Somalia nel 2003, ha vissuto per
oltre 30 anni in Africa, dove
ha creato un ospedale e un
ambulatorio per la cura e
prevenzione della tubercolosi, scuole di alfabetizzazione per bambini e adulti
tubercolotici, corsi di istruzione sanitaria al personale
paramedico, una scuola
per bambini sordomuti e
handicappati fisici…
Itinerari e strumenti per la
celebrazione della Giornata
di preghiera e digiuno in ricordo dei missionari martiri
sono disponibili su “L’animatore missionario” che
ogni parrocchia riceve da
Missio, scaricabile da
www.missioitalia.it
Pubblichiamo parte della
lunga testimonianza resa
da Annalena in Vaticano l'1
dicembre 2001, ad un convegno indetto dal Pontificio Consiglio per la Pastorale della Salute.
“La vita ha senso solo se si ama. Nulla ha senso al di fuori
dell'amore. La mia vita ha conosciuto tanti e poi tanti pericoli, ho rischiato la morte tante e poi tante volte. Sono
stata per anni nel mezzo della guerra. Ho sperimentato
nella carne dei miei, di quelli che amavo, e dunque nella
mia carne, la cattiveria dell'uomo, la sua perversità, la
sua crudeltà, la sua iniquità. E ne sono uscita con una convinzione incrollabile, che ciò che conta è solo amare.
Se anche Dio non ci fosse, solo l’amore ha un senso, solo
l’amore libera l'uomo da tutto ciò che lo rende schiavo, in
particolare solo l’amore fa respirare, crescere, fiorire, solo l’amore fa sì che noi non abbiamo più paura di nulla,
che noi porgiamo la guancia ancora non ferita allo scherno e alla battitura di chi ci colpisce perché non sa quello
che fa, che noi rischiamo la vita per i nostri amici, che tutto crediamo, tutto sopportiamo, tutto speriamo.
Ed è allora che la nostra vita diventa degna di essere vissuta, diventa bellezza, grazia, benedizione, diventa felicità anche nella sofferenza, perché noi viviamo nella nostra carne la bellezza del vivere e del morire”.
29
RAPPORTOCONLEPERSONE
Grazie
Thomas!
Con 1300 volontari africani e 130
dipendenti, l’organizzazione
Saint Martin fondata in Kenya dal
1997 accoglie disabili, ragazzi di
strada, malati di Aids, dipendenti
da droga e alcol, persone violate
nei loro diritti umani. Una estesa
rete di solidarietà che copre ben
300 villaggi e si sviluppa intorno
all’idea centrale di “comunità”
intesa come ci illustra uno dei
fondatori: don Gabriele Pipinato,
della diocesi di Padova,
missionario fidei donum.
a cura di Patrizia Spagnolo
Don Gabriele, ci racconta
l’episodio che è all’origine
dell’esperienza del Saint Martin?
Nel 1997 ero cappellano nella diocesi di
Nyahururu in Kenya e il parroco mi
mandò a fare la benedizione delle case in
un posto molto remoto. In una di queste
case ho trovato una signora un po’ fanatica che mi ha chiesto di benedire tutto
ciò che aveva: animali, piante, raccolti,
30
come si usa in molte famiglie in Africa.
Dopo la lunga benedizione, lei mi ha lasciato solo nella capanna ed è andata a
preparare il te fuori. Ho sentito un rumore
che proveniva dall’unica stanza dove non
ero stato fatto entrare. Ero giovane e curioso, sono andato, ho aperto la porta: era
un piccolo sgabuzzino senza finestre,
buio, in cui ho intravisto al centro un uomo
giovane nudo, sporco, maleodorante.
In quel momento è entrata la signora e le
ho domandato se quello era suo figlio. Mi
ha detto di sì e allora le ho chiesto di benedire anche lui, ma lei ha risposto che non
era possibile perché il ragazzo – gravemente disabile – era stato maledetto da
Dio. Ho cercato di convincerla a chiamare
le donne del villaggio per battezzare suo figlio, ma ha opposto un netto rifiuto. Nessuno sapeva di lui. Ho battezzato quel giovane uomo col nome “Thomas”.
Quella notte non ho dormito. La mattina
dopo ho chiesto al parroco (poi diventato
vescovo locale) se potevamo cominciare
un lavoro di ricerca per scoprire quante
persone c’erano come Thomas, isolate e
relegate in casa. Secondo lui ce n’erano
soltanto una decina, perché solitamente i
disabili venivano lasciati morire. E invece
abbiamo trovato 1300 Thomas. Ci è venuto in mente San Paolo, che descrive la
Chiesa come un corpo di cui le parti più deboli sono quelle più importanti. E noi nemmeno sapevamo che esistessero…
Ho messo insieme un primo gruppo di volontari e siamo andati a trovare Thomas. È
stato un incontro incredibile: lui non ha
detto niente, ma ci ha messo dentro una
carica formidabile. Per noi è Thomas il
fondatore del Saint Martin.
Cosa le ha suggerito la sua fede
in quel momento? A quale
fonte, a quali parole ha attinto
la forza e la volontà di
intraprendere questa iniziativa?
La prima cosa che ho notato subito è stata
la reciprocità tra noi e Thomas. Certamen-
ins
ert
o
Una Quaresima
per mettersi in gioco!
Cari ragazzi e cari genitori,
le pagine che avete tra la mani sono state pensate per voi.
Contengono 40 carte per aiutarvi a vivere insieme – come famiglia – il tempo della Quaresima
e il cammino verso la Pasqua del Signore.
Come fare?
1. staccate l’inserto centrale e fotocopiatelo (ingrandito a 141% o a 200%) su cartoncino.
Oppure fate una fotocopia su un foglio di carta che poi attaccherete su un cartoncino
2. ritagliate le 40 carte. Quelle di
fiori invitano a gesti buoni che fanno fiorire la vita
cuori offrono indicazioni per la preghiera che fa stare nel cuore di Dio
quadri riportano alcuni quadri della vita dei santi. Aiutano a vivere come amici di Dio
picche aiutano a spiccare il volo. Invitano a qualche rinuncia per fare spazio al bene
3. formate il mazzo con le 40 carte e mescolatele
4. ogni mattino (oppure in un altro momento della giornata in cui la famiglia è riunita) pescate
una carta dal mazzo
5. leggete il contenuto della carta e provate, durante il giorno, a fare quello che è scritto. Se
volete, con una calamita, potete attaccare la carta sul frigorifero, come “promemoria”
6 Il mattino seguente, prima di pescare una nuova carta, se volete, potete dire brevemente
agli altri componenti della famiglia come è andata con la carta del giorno prima.
Questa sera
prego così
Ti adoro, mio Dio,
e ti amo con tutto il cuore.
Ti ringrazio di avermi creato,
fatto cristiano
e conservato in questo giorno.
Perdona il male che oggi ho commesso
e se qualche bene ho compiuto, accettalo.
Custodiscimi nel riposo,
liberami dai pericoli.
La tua grazia sia sempre
con me e con tutti i miei cari.
Amen
Oggi prego così
Angelo di Dio
che sei il mio custode
illumina
custodisci
reggi
e governa me
che ti fui affidato
dalla Pietà Celeste.
Amen
Oggi prego così
Padre nostro,
che sei nei cieli,
sia santificato il tuo nome,
venga il tuo regno
sia fatta la tua volontà
come in cielo così in terra.
Dacci oggi
il nostro pane quotidiano
e rimetti a noi i nostri debiti
come noi li rimettiamo ai nostri debitori
e non ci indurre in tentazione
ma liberaci dal male. Amen
Oggi prego così
Chiedo scusa a Gesù
per le cose che non faccio bene
e alla fine prego:
Aiutami, Gesù,
ad essere come vuoi Tu!
Questa mattina
prego così
Ti adoro, mio Dio,
e ti amo con tutto il cuore.
Ti ringrazio di avermi creato,
fatto cristiano
e conservato in questa notte.
Ti offro le azioni di questa giornata.
Fa’ che siano tutte
secondo la tua volontà.
La tua grazia sia con me
e con tutti i miei cari.
Amen
Per i ragazzi
Oggi mi impegno a fare pace
con un amico
con cui ho litigato
Per i ragazzi
Oggi mi impegno
a mettere in ordine
la mia cameretta.
Per gli adulti
Oggi mi impegno a fare un gesto gentile
Per gli adulti
Oggi m impegno a fare una cosa che
rimando da tempo
Per i ragazzi
Oggi mi impegno ad essere ubbidiente a
scuola e a casa
Se oggi qualcuno mi chiede qualcosa
gliela offro con generosità.
Oggi prego così
Ave o Maria, piena di grazia,
il Signore è con te.
Tu sei benedetta fra le donne
e benedetto è il frutto del tuo seno Gesù.
Santa Maria,
Madre di Dio,
prega per noi peccatori,
adesso
e nell’ora della nostra morte.
Amen
Per gli adulti
Oggi mi impegno a trovare il tempo per
dialogare con qualcuno (mia moglie,
mio marito, un mio collega…)
Oggi prego così
Ringrazio Dio per la mia famiglia
e prego:
Gloria al Padre,
al Figlio,
e allo Spirito Santo.
Come era nel principio
e ora e sempre
nei secoli dei secoli.
Amen.
Per i ragazzi
Oggi mi impegno ad aiutare un mio
compagno di classe.
Per i ragazzi
Oggi mi impegno ad aiutare mio fratello
o mia sorella.
Per gli adulti
Oggi regalo un sorriso a qualcuno,
Per gli adulti
Oggi offro una mano a chi è in difficoltà
Per i ragazzi
Oggi vado a trovare i nonni (o telefono
se abitano lontano)
Per i ragazzi
Oggi mi impegno a preparare la tavola
per la cena.
Per gli adulti
Oggi faccio una visita o una telefonata
ad una persona che non sento da tempo
Per gli adulti
Oggi trovo il tempo di fare una preghiera
insieme alla mia famiglia
Per i ragazzi
Oggi mi impegno a fare un piccolo
servizio per mamma e papà
Oggi mi impegno a non sprecare il mio
tempo (meno TV, meno Internet...)
Oggi prego così
Tu ti curi di me come una mamma.
Ho avuto paura, mi hai fatto coraggio
Ero in pericolo, mi hai difeso
Stavo male, mi hai curato
mi vuoi bene per sempre.
Dal salmo 30
Oggi prego così
Oggi prego così
Dimmi, Signore, che cosa devo fare:
sono pronto ad obbedirti.
La tua Parola, Signore, mi dà gioia:
è come una lampada sul mio cammino.
Te lo premetto:
sarò attento alla tua voce!
Dal salmo 118
Quando ti chiamo rispondimi
Quando grido, ascoltami
Sto gridando.
Perché non mi senti?
Sono io, non riconosci la mia voce?
Dammi una mano. Parlami.
Ho bisogno che mi parli.
Dal salmo 130
Per gli adulti
Oggi mi impegno a dedicare un po’ più
di tempo per parlare con mio figlio/mia
figlia
S. Francesco d’Assisi ha lasciato
tutte le sue ricchezze.
Io oggi rinuncio a qualcosa che mi piace e
(Per i ragazzi) metto una monetina nel
salvadanaio della Quaresima di fraternità.
(Per gli adulti) Offro il corrispettivo a
qualche associazione, a qualche
progetto a sostegno
dei più poveri
S. Domenico Savio aiutava i suoi amici a
fare pace. Io oggi farò come lui...
(Per i ragazzi) con due compagni di
scuola, di squadra
Oggi rinuncio a giocare con la
Playstation o a guardare la TV per
passare più tempo con quelli della mia
famiglia
Oggi rinuncio agli sms inutili
o a facebook (o alle parolacce).
Scrivo un biglietto a un amico
o a un’amica per ringraziarlo/a
(Per gli adulti) cercando di fare il primo
passo verso qualcuno...
S. Teresina si fidava di Gesù e si sentiva
come un gioco prezioso nelle sue mani.
Io oggi affido a Gesù le cose che mi
fanno paura o mi sembrano difficili.
S. Giuseppe Cafasso andava a trovare i
carcerati.
Io oggi prego per chi si trova in carcere.
Oggi rinuncio ad un mio hobby (un mio
passatempo) per aiutare in casa.
Oggi rinuncio a navigare in Internet per
passare più tempo con quelli della mia
famiglia
S. Caterina da Siena diceva che bisogna
fare il bene subito.
Io oggi faccio una cosa che rimando da
tanto tempo
Beata Teresa di Calcutta viveva in mezzo
ai poveri.
Io oggi mi impegno a non sprecare il
cibo, a non lasciare scorrere l’acqua
inutilmente, a non lasciare le luci
accese...
Oggi rinuncio ad averla sempre vinta io
e mi impegno a capire le ragioni degli
altri
Oggi rinuncio a qualcosa di cui sono
goloso per sentirmi vicino a chi quella
cosa non può mangiarla.
Il beato Piergiorgio Frassati visitava i
poveri nelle soffitte del Quartiere
Crocetta.
Io oggi porto qualcosa alla Caritas
Parrocchiale per i poveri.
San Giuseppe Cottolengo era amico
degli ammalati.
Io oggi prego per un ammalato che
conosco. Se posso, gli telefono o lo
vado a trovare.
Per i ragazzi
Oggi rinuncio a fare i capricci e provo a
dire “si, lo faccio subito!”
Oggi rinuncio a mettere da parte
qualcuno e mi impegno ad essere
accogliente.
S. Giovanni Bosco stava con i giovani
abbandonati.
Io oggi prego per chi non ha la mamma
e il papà, per chi è solo.
Il beato Giovanni Paolo II diceva “aprite,
anzi, spalancate le porte a Cristo”.
Io oggi prendo un po’ di tempo per
pregare più a lungo, con calma.
Oggi rinuncio a “rispondere a tono”
Per gli adulti
Oggi rinuncio ad un “caffè” ed offro il
corrispettivo ad un’associazione di
volontariato.
Oggi rinuncio a “guardare male” chi è
diverso da me o chi la pensa
diversamente da me.
d
te potevamo fare qualcosa per Thomas
ma anche lui poteva fare qualcosa per noi
e infatti ha tirato fuori il meglio che era nascosto nel nostro cuore, qualcosa che non
sapevamo di avere: la capacità di voler bene incondizionatamente, mettersi assieme, collaborare. È un mistero incredibile
che richiama le parole di Gesù: quando
sarò innalzato da terra – cioè crocifisso attirerò tutti a me (Giovanni 12,32).
Poi ho cominciato a fare di questa esperienza un messaggio, incontrando tutti i
disabili e dicendo alle mamme (i papà
vanno via di casa se la moglie mette al
mondo un disabile) che non era vero che i
loro figli erano maledetti. Ma mi rendevo
conto che per me era facile parlare così,
perché poi tornavo a casa mia mentre
quelle donne restavano con i loro figli. Così ho cominciato a vivere con loro, creando una comunità di disabili mentali abbandonati. E lì la mia vita è cambiata: potevo predicare senza imbarazzo, ero più
credibile.
Ho fatto l’esperienza di ciò che dice Gesù
nel Vangelo: “Quando dai un banchetto,
invita poveri, storpi, zoppi, ciechi e sarai
felice, perché non hanno da ricambiarti”
(Luca 14). Il Vangelo è di una bellezza
straordinaria… E io ero felice. Ho imparato cos’è la reciprocità: è qualcosa di più
della generosità, è la comunione. È l’unica
cosa che soddisfa la sete d’amore.
La decisione di dare al centro il
nome “St. Martin” ha un
significato particolare: quale?
San Martino di Tour diede mezzo mantello
a chi ne aveva bisogno. Mezzo, non tutto.
Nessuno può dare tutto, ma tutti possiamo condividere e lui ha condiviso il mantello. Abbiamo un dipinto moderno, realizzato da un artista veneto, che raffigura
San Martino non a cavallo ma giù, inginocchiato davanti al povero. Si assomigliano, sembrano due gemelli, segno della reciprocità. Sono allo stesso livello e
hanno bisogno l’uno dell’altro.
Al St. Martin ogni decisione
viene presa dall’intera comunità.
Ogni intervento passa
attraverso la promozione delle
relazioni tra persone, attraverso
la creazione di una rete di
sostegno…
Il nostro motto è “only trough community”,
tutto deve essere fatto attraverso la comunità. Nessuno può andare a trovare un povero o un disabile da solo: in questo modo
le persone coinvolte si moltiplicano. Il nostro lavoro è mettere il povero al centro della comunità: non è un peso da portare ma
un dono da ricevere, non è una disgrazia per
tutti. È nel povero che Gesù si identifica.
Non facciamo rete per avere più risorse,
ma la rete che noi creiamo nasce dal povero che ci aiuta ad essere più solidali, più
capaci di voler bene, ci aiuta a fare comunità. Questa è una prospettiva diversa. Se
compri il cibo per ragazzi di strada, non
coinvolgi la comunità, che invece va sollecitata a farsi carico di questi ragazzi facendo rete intorno a loro. Avere in mente che
il povero non è dono per me ma per la comunità può smuovere il meglio di essa. Se
queste persone cambiano il cuore delle
centinaia di persone che li incontrano, ecco un’esperienza di Vangelo. E il Saint
Martin lo è diventata. Naturalmente sono
di parte, ma vedo tanti giovani provenienti
da tutto il mondo che vengono a fare questa esperienza, a provare la felicità di una
fede che li coinvolge molto.
31
PAROLEDIFRANCESCO
Indifferenza
globalizzata
“Dio chiede a ciascuno di noi: ‘Dov’è il
sangue del tuo fratello che grida fino a
me?’. Oggi nessuno nel mondo si sente responsabile di questo; abbiamo perso il
senso della responsabilità fraterna; siamo
caduti nell’atteggiamento ipocrita del sacerdote e del servitore dell’altare, di cui
parlava Gesù nella parabola del Buon Samaritano: guardiamo il fratello mezzo
morto sul ciglio della strada, forse pensiamo ‘poverino’, e continuiamo per la nostra strada, non è compito nostro; e con
questo ci tranquillizziamo, ci sentiamo a
posto.
La cultura del benessere, che ci porta a
pensare a noi stessi, ci rende insensibili al-
le grida degli altri, ci fa vivere in bolle di sapone, che sono belle, ma non sono nulla,
sono l’illusione del futile, del provvisorio,
che porta all’indifferenza verso gli altri,
anzi porta alla globalizzazione dell’indifferenza.
‘Adamo dove sei?’, ‘Dov’è il tuo fratello?’:
sono le due domande che Dio pone all’inizio della storia dell’umanità e che rivolge
anche a tutti gli uomini del nostro tempo,
anche a noi. Ma io vorrei che ci ponessimo
una terza domanda: chi di noi ha pianto
per questo fatto e per fatti come questo?,
chi ha pianto per la morte di questi fratelli
e sorelle? Chi ha pianto per queste persone che erano sulla barca, per le giovani
mamme che portavano i loro bambini, per
questi uomini che desideravano qualcosa
per sostenere le proprie famiglie?
Siamo una società che ha dimenticato l’esperienza del piangere, del ‘patire con’: la
globalizzazione dell’indifferenza ci ha tolto la capacità di piangere!”
Visita a Lampedusa, 8 luglio 2013
32
ITINERARIQUARESIMALI
Giovani:
una preghiera, una domanda,
un gesto
Preghiera di speranza
“Padre nostro che sei nei cieli
e che continui a camminare con noi,
con la nostra storia e i nostri problemi,
facci sentire sempre la tua presenza
che ci hai rivelato in Cristo.
Non permettere mai che venga meno la nostra confidenza in Te
soprattutto quando la tristezza ci opprime e ci sgomenta.
Facci dono di scegliere sempre la via della vita.
Fa' che amiamo questo nostro tempo
e vi leggiamo sempre i segni del tuo amore.
Dacci la forza per vivere la vita
come un dono ricevuto dalla tua bontà
e da spendere a servizio degli esseri umani
tuoi figli e nostri fratelli e sorelle”. Amen.
(Giuseppe Taliercio)
Quante persone ho guardato negli occhi, oggi, per almeno 5 minuti? Quante avranno colto il mio amore
per loro?
Prepara un piccolo elenco di persone per cui ti impegni a pregare e inserisci questo foglietto nel tuo libro
di preghiera o nella tua Bibbia. Così da ricordartene!
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Famiglie e adulti:
un invito
a riflettere
Dall’intervista a don Gabriele Pipinato:
“Nessuno può andare a trovare
un povero o un disabile da solo:
in questo modo le persone coinvolte
si moltiplicano. Il nostro lavoro
è mettere il povero al centro
della comunità: non è un peso,
non è una disgrazia, ma un dono
da ricevere per tutti. Avere in mente
che il povero non è dono
per me ma per la comunità
può smuovere il meglio di essa”.
La Samaritana
Signore Gesù,
anche la nostra vita,
come quella della donna samaritana,
è fatta di gesti abituali,
di occupazioni ripetute,
di fatiche e di tristezze senza nome.
E ciascuno si porta dentro
anche qualche tormento
che non saprebbe confessare
neppure all'amico più caro.
È una situazione confusa, la nostra,
che va mendicando un po' di chiarezza;
è la stessa sofferenza della samaritana
che andava cercando,
per la sua sete segreta,
un'acqua che quel pozzo
non avrebbe potuto dare.
Signore Gesù,
vogliamo dirti oggi
tutta la nostra commozione
nel vedere con quale
umanissima delicatezza
ci aiuti a scoprire i nostri limiti
e i nostri desideri più nascosti.
34
“Volgiti a me e abbi misericordia,
Signore, perché sono povero
e solo”. Scovare strategie
per portare il sorriso
nelle situazioni difficili,
organizzarsi per sostenere
altre famiglie, magari i propri
vicini di casa...
Quarta settimana di Quaresima
30 marzo-5 aprile
“
Io sono
la luce del mondo
”
Gv9,5
35
COMMENTOALLAPAROLADIDIO
Ogni giorno
è illuminato
“Io sono la luce del mondo” (Gv 9,5): così
Gesù si autodefinisce in questa pagina del
vangelo di Giovanni. Egli è la luce ed “è venuto a visitarci come sole che sorge”, come la luce del primo mattino che annuncia
il risveglio dalla notte, che preannuncia un
nuovo giorno, che ci dice che ancora una
volta Dio non si è stancato degli uomini,
ma ci dona un giorno nuovo per conoscerlo, amarlo e servirlo. Come il raggio di luce
che nel mattino di Pasqua si insinua nel sepolcro vuoto e illumina il sudario piegato
lì in un angolo annunciando che l’eterno è
parte della storia del mondo.
Egli è la luce bianca e splendente, come le
sue vesti là sul monte Tabor, che ci rivela
la sua natura divina. Un Dio che si è fatto
conoscere come amore, un amore che abbaglia nella sua intensità e purezza.
36
Egli è quella luce che per un momento,
all’ora nona, si è fatta buio per tutto il mondo perché doveva compiersi l’ultimo e finale scontro con il peccato e con la morte.
Quella morte che Egli ha fatto morire abbracciandola forte sul Calvario. Dopo
quell’attimo tragico, il buio è tornato ad
essere luce splendente: la risurrezione.
Egli è la luce del tramonto, la luce più bella,
quella che rende i colori intensi, pieni di
sfumature, quella che dà alla giornata il
senso di un grande sospiro di riposo e di
appagamento. Perché è lui che ci mostra
l’intensità del vivere, la preziosità di ogni
aspetto della vita dell’uomo e della vita del
mondo. È lui che colora d’intensità e d’immenso le vicende del nostro mondo.
Egli è la luce della lampada messa sul
moggio perché possa illuminare la notte,
perché anche nelle tenebre del dolore e
dello smarrimento possiamo guardare a
Lui e in Lui trovare la direzione verso cui
continuare a camminare. Ma è anche la luce della lampada delle ragazze sagge che
attendono, e al grido “ecco lo sposo”, sono pronte a corrergli incontro. Quella luce
che Egli porta nel suo improvviso e a volte
inatteso rivelarsi, là dove siamo assopiti
nel sonno della pigrizia o della distrazione.
Egli è la “luce gentile” che si insinua nelle
pieghe della storia, che si nasconde nelle
strade del mondo, che brilla nei volti dei
poveri e dei dimenticati.
Che la nostra quaresima sia una ricerca
appassionata della Luce di Cristo, sia un
lasciarsi avvolgere dalla sua luce e sia anche un diventare noi stessi luce.
Perché ciò si realizzi non possiamo che andare nel mondo, sulle sue strade, nelle sue
periferie, in quel mondo che Cristo illumina, in quel mondo che custodisce la luce
del Signore.
(a cura dell’Ufficio missionario)
RACCONTIMISSIONARI
Nyambura era sola
quando è morta
“Ero un giovane prete, appena arrivato in Kenya. Era domenica, e
avevo trascorso la giornata guidando su e giù per le strade fangose,
cercando di raggiungere i villaggi dove avrei dovuto celebrare la
messa. Dopo l’ultima messa visitai una donna, malata di Aids, di
nome Nyambura. Si avvicinava alla fine della sua vita e non aveva
nessuno che le stesse vicino. Mentre il sole calava le dissi che
dovevo andare. La pioggia era forte e se mi fossi impantanato nella
foresta, sarebbe stato pericoloso. Mi pregò di restare, ma io le
promisi che sarei tornato presto la mattina seguente.
Quando arrivai a casa, mi addormentai immediatamente. Ma alcune
ore più tardi, mi svegliai, ricordandomi che non avevo riposto le
particole avanzate nel tabernacolo. Così, nonostante il calore
allettante del letto, mi alzai e nella pioggia corsi in chiesa per
riporre l’Eucarestia nel tabernacolo.
Il giorno seguente mi alzai presto e andai subito alla casa di
Nyambura. Quando entrai, la trovai dove l’avevo lasciata. Il suo
braccio pendeva dal letto, era senza vita.
Mentre perdevo sonno preoccupandomi di Gesù nel suo mistico
corpo eucaristico, avevo abbandonato il corpo reale di Gesù nei
poveri. Perché perdevo sonno pensando all’Eucarestia lasciata sola e
non pensavo a Nyambura che moriva da sola?
Ripensando all’accaduto, Gesù non aveva bisogno del mio sacrificio
di riporlo nel tabernacolo (nonostante io avessi bisogno di ciò per
la mia pace), Gesù aveva bisogno del mio sacrificio di rimanere con
Nyambura nei suoi momenti finali (nonostante io non avessi bisogno
di ciò per la mia pace, ma lei ne aveva bisogno per la sua)”.
don Gabriele Pipinato
fidei donum in Kenya
37
RAPPORTOCONILMONDO
Chiesa umile,
fede solida
Dove, come si colloca la Chiesa
rispetto all’umanità e alla sua
storia? Come mostrare, oggi,
che il Vangelo è ancora vivo?
Lo chiediamo a Roberto Repole,
docente di ecclesiologia
e teologia sistematica presso
la Facoltà teologica di Torino
e presidente dell’Associazione
teologica italiana.
a cura di Patrizia Spagnolo
semplicemente a fianco di esso, ma
“nel” mondo, ovvero come una porzione
di umanità che sta dentro la più vasta
umanità. La svolta è così importante e radicale da portare i padri conciliari ad affermare che la Chiesa non solo ha da offrire molto alla storia dell’umanità, ma
che da quella stessa storia ha molto da ricevere (Gaudium et spes 44).
Leggendo l’insieme dei testi del Concilio,
si potrebbe dire che la Chiesa è vista come
quel pezzo di umanità che riconosce nella
fede Gesù Cristo, che lo professa come il
Signore e che aderisce a Lui. Nella consapevolezza, però, di avere un ruolo da giocare per il destino dell’umanità intera, perché la fede non ci fa proclamare Gesù solo
come il nostro Signore, ma come il Signore di tutte le donne e gli uomini, a qualunque epoca e a qualunque popolo appartengano.
Essere cristiani significa sempre avvertire
una responsabilità per la salvezza e il bene
di tutta l'umanità. Non si è cristiani per se
stessi; ma si è cristiani anche sempre per
altri.
A 50 anni dal Concilio, in che
modo la Chiesa si è avvicinata
al mondo? Umiltà e forza come
si conciliano?
La Gaudium et Spes afferma che
“la Chiesa cammina assieme
con l’umanità tutta e
sperimenta, assieme al mondo,
la medesima sorte terrena, ed è
come il fermento e quasi
l’anima della società umana”.
Ecco, dove si colloca la Chiesa
nel mondo?
La grande prospettiva di novità della
Gaudium et Spes consiste nel vedere la
Chiesa non contro il mondo e neppure
38
A momenti di grande apertura che hanno
contrassegnato gli inizi del tempo postconciliare sono subentrati momenti di
chiusura dovuti a paura, anche perché nel
frattempo si sono visti gli esiti di una certa
modernità avanzata: esiti a volte molto critici per la vicenda umana.
Nel complesso, di certo lo sforzo del Concilio è stato quello di far pensare che la
Chiesa può vivere in modo nuovo – e perciò riconciliato – con l’epoca moderna, che
è l’epoca dell’autonomia nelle diverse sfere: scienza, politica, economia, cultura…
La lezione conciliare è passata, anche se
richiede continuamente di essere messa
in pratica, con atteggiamento di umiltà
che consiste nella consapevolezza da par-
te della Chiesa di essere strutturalmente
in rapporto col mondo, altrimenti verrebbe meno la sua identità. È in rapporto col
mondo perché è in rapporto con Cristo.
Proprio per questo, per la Chiesa forza e
debolezza stanno insieme. La forza di un’identità chiara – del suo essere, cioè, luogo
della presenza di Cristo –, ma con uno stile
che deve essere analogo a quello proposto da Gesù, che ha parlato con tutti e ha
dato la vita per tutti. Se, perciò, l’identità
della Chiesa è data dall’essere credenti in
Gesù, non si può esprimerla in modo violento. Un passaggio della Lumen Gentium
(numero 8) afferma che la Chiesa deve essere povera e umile a immagine del suo
Signore.
Qualche volta si ha l’impressione che dove ci si impone con modi arroganti si manifesta in realtà paura, povertà di identità,
e non un’identità chiara. Quasi la paura
che il Signore non guardi la storia e questo
tempo; o non continui ad essere il Signore
di tutti, anche delle donne e degli uomini
di oggi. Da una fede solida, invece, nasce
uno stile di umiltà che tiene insieme forza
e debolezza.
Oggi è particolarmente avvertita
la necessità di mettere
in relazione la dimensione
teologica e quella educativa,
di andare alla fonte e riscoprire
i fondamenti dell’azione
ecclesiale nel mondo…
Mi sembra che ci sia una consapevolezza
grande e duplice.
Da una parte, la questione educativa è oggi diventata una “questione”; il punto nevralgico sta nell’interruzione di alcuni processi – che nel passato erano scontati – di
trasmissione della sapienza umana da
una generazione all'altra. La Chiesa sa di
vivere in un tempo che fa questa fatica.
Dall’altra parte, c’è la consapevolezza che
nella fede di Gesù Cristo abbiamo l’accesso a ciò che è l’umano, perché riteniamo
che Gesù sia “l’uomo vero” (Gaudium et
Spes 22). Abbiamo cioè la consapevolezza
di poter offrire quell’umanità che noi riscontriamo in modo compiuto nell’umanità di Gesù. In Gesù vediamo l’uomo più
vero, ma dobbiamo proporlo nel dibattito
pubblico, portando ragioni convincenti
che il suo è un modo bello di vivere ed è un
modo che fa fiorire la parte più bella e nobile della nostra umanità.
L’approfondimento dei
fondamenti teologici come può
aiutare a dare nuovo impulso
e a rinnovare le iniziative
concrete? In particolare,
qual è il piano di incontro
con la cultura del tempo?
L’approccio teologico può aiutare i credenti a scoprire che non c’è un fossato tra
fede e pensiero. La fede è umana quando
è pensata fino in fondo. C'è dunque un servizio che la teologia può dare anche per il
rinnovamento delle iniziative concrete,
nella misura in cui aiuta i cristiani a pensare fino in fondo la loro fede, a trovare percorsi di pensiero per quelle domande che
essi, se sono umani, si pongono: su Gesù,
su Dio, su chi sia l'uomo, sulla questione
del male, sul destino aldilà della morte…
Questo spinge a considerare immediatamente un secondo “motivo di utilità” della riflessione teologica: essa è importante
anche perché i cristiani diventino capaci di
dialogare con la cultura del proprio tempo, mostrando che il Vangelo non è qualcosa di vivo soltanto per altre stagioni storiche, ma anche per l’epoca attuale.
La carenza teologica emerge quando si
vuole annunciare il Vangelo ma non si ha
la capacità di intercettare questioni culturali attuali, come se il Vangelo fosse qualcosa per gli umani di altre generazioni e
non per quelli di oggi. Sant'Agostino diceva che la fede se non è pensata, semplicemente non è! Che significa che una fede
che non si declini come ragionevole e viva
dentro una cultura, semplicemente non
esiste.
39
PAROLEDIFRANCESCO
La Chiesa
cammina
col suo popolo
“Camminare insieme. Penso che questa
sia veramente l’esperienza più bella che
viviamo: far parte di un popolo in cammino, in cammino nella storia, insieme con il
suo Signore, che cammina in mezzo a noi!
Non siamo isolati, non camminiamo da
soli, ma siamo parte dell’unico gregge di
Cristo che cammina insieme.
Qui penso ancora a voi preti, e lasciate che
mi metta anch’io con voi. Che cosa c’è di
più bello per noi se non camminare con il
nostro popolo? È bello! Quando io penso
a questi parroci che conoscevano il nome
delle persone della parrocchia, che andavano a trovarli; anche come uno mi diceva: ‘Io conosco il nome del cane di ogni famiglia’, anche il nome del cane, conoscevano. Che bello che era! Che cosa c’è di
40
più bello? Lo ripeto spesso: camminare
con il nostro popolo, a volte davanti, a volte in mezzo e a volte dietro: davanti, per
guidare la comunità; in mezzo, per incoraggiarla e sostenerla; dietro, per tenerla
unita perché nessuno rimanga troppo,
troppo indietro.
Quanto è importante camminare uniti,
senza fughe in avanti, senza nostalgie del
passato. E mentre si cammina si parla, ci
si conosce, ci si racconta gli uni agli altri, si
cresce nell’essere famiglia”.
Visita ad Assisi
Incontro con il clero, persone di vita consacrata
e membri di consigli pastorali, 4 ottobre 2013
ITINERARIQUARESIMALI
Giovani:
una preghiera, una domanda,
un gesto
Il mio sì per amore
“Guardo ai tanti testimoni del Vangelo:
testimoni eroici della carità, annunciatori fedeli della Verità.
Guardo a tutti coloro che, con semplicità,
costruiscono pagine nuove di un Vangelo
che oggi si fa vita per tutti.
È da loro, Signore, che mi chiedi di imparare
la concretezza di una risposta umile e audace,
capace di perdere tutto per ritrovare te, unico Signore.
Sento, Signore, che davanti a me poni una strada da percorrere.
C’è un futuro che mi aspetta, risposte da dare, scelte da vivere.
Voglio poter tendere, Signore,
verso quegli orizzonti che per me dischiudi,
voglio correre senza farmi appesantire dal passato,
mosso dal desiderio di raggiungere te,
di comprendere, di vivere, di lasciarmi conquistare da te,
Signore della storia e di tutti i viventi”. Amen.
Quale rapporto vivo con i “media” e come coltivo la
mia ricerca di informazione? Custodisco spirito critico, senso di responsabilità e apertura al mondo?
Valuta seriamente se abbonarti a qualche rivista missionaria o dedica del tempo per visitare un sito dedicato (ad esempio quello della diocesi di Torino:
www.diocesi.torino.it)
41
Famiglie e adulti:
un invito
a riflettere
Il cieco nato
Siamo chiesa che cammina. Portiamo
nel cuore un annuncio di speranza,
abbiamo negli occhi la tenerezza
di Gesù, custodiamo fra le mani i doni
del suo amore. Questi doni, questa
tenerezza e questo annuncio sono per
tutti: sbagliamo se costruiamo barriere
tutto intorno. Solo condividendo
sapremo moltiplicare la bellezza!
All’uomo proponiamo l’uomo: non
abbiamo altre ricette se non una
pienezza di vita e di umanità che
abbiamo scoperto in Gesù. E all’uomo
ritrovato consegniamo un di più che
non ci appartiene: la grazia dell’incontro
con Lui.
Come vivo la fede nella mia storia
concreta? Come la incarno nei miei
giorni, sul mio posto di lavoro,
a tavola con quelli di casa? La mia
famiglia è una scuola di fede?
A volte dovremmo lasciarci
provocare dalle domande
più urgenti, quelle dei bambini,
e insieme condividere abbozzi
di risposte e poi cercare ancora.
Perché occorre rendere
alla speranza la sua ragionevole,
ostinata bellezza convincente.
Signore Gesù,
siamo tutti terribilmente ciechi.
Passiamo accanto ai miracoli
della creazione
senza una nota di gioioso turbamento.
Fissiamo gli occhi sul volto
di tante persone
e non sappiamo intuirne le lacrime nascoste.
Non conosciamo neppure
il nostro mondo interiore,
incapaci, come siamo,
di gettare uno sguardo coraggioso
nella profondità della nostra anima
e del nostro destino.
Siamo ciechi soprattutto
quando crediamo di sapere
mentre l'orgoglio ci impedisce
di aprirci alla vera sapienza
che si nutre della luce del cuore
e del pane della pietà.
42
Quinta settimana di Quaresima
6-12 aprile
“
Gesù si commosse
profondamente Gv11,33
”
43
COMMENTOALLAPAROLADIDIO
Beati
gli operatori
di pace
La commozione di Gesù per la morte
dell’amico Lazzaro ci richiama la sua
profonda partecipazione alla sorte di chi
piange perché è nel dolore, nella sofferenza, nella disperazione, nel lutto, nella guerra… Tutta l’umanità invoca e cerca la pace,
ma essa non è a portata del mondo. La pace vera è un dono di Dio. Gli uomini non
sono capaci a vivere in pace.
Chi però ha incontrato Gesù può cambiare
l’ambiente in cui vive o opera, perché la
pace cresca di giorno in giorno nel suo
cuore, in famiglia, nella comunità ecclesiale, sul posto di lavoro… Ma per essere
promotori di pace occorre ascoltare l’altro. La pace si costruisce nell’amore e nel
dono di sé agli altri: porto il sorriso e la mia
disponibilità a mettermi in gioco.
Le mie parole sono balsamo per le orecchie degli altri? So pronunciare, per citare
papa Francesco, parole come “permesso”, “grazie”, “scusa”? So vivere la carità
e diffondere il buon profumo di Cristo?
Ma non basta ancora: la pace si ottiene soprattutto pagando di persona e pregando
e soffrendo per essa. Ricordiamoci che la
pace può darcela solo Dio.
Allora il mio impegno per la realizzazione
del’”ut unum sint” deve brillare al primo
posto nella mia vita, ogni giorno ricominciando ad amare i fratelli.
Significa amare con amore straordinario,
come ama Gesù: anche io devo essere disposto a dare la mia vita per il fratello, come
Gesù sulla Croce, a pagare di persona perché l’amore vicendevole e la pace trionfino.
Allora la pace sarà la felicità! È un processo che ogni giorno si arricchisce del dono
della pace che viene dal cielo e la mia vita
diventa un’avventura umana e divina.
“Beati gli operatori di pace perché saranno chiamati figli di Dio”.
(a cura dell’Ufficio per la pastorale della salute)
44
RACCONTIMISSIONARI
Così la rabbia è svanita
“Dopo le elezioni generali del 2007, il Kenya è esploso in una
inaspettata guerra tribale che ha causato 1200 morti e lasciato senza
casa almeno 600 mila persone. Anche la mia comunità è stata
colpita ma, fortunatamente, nessuna persona è stata uccisa né ferita:
semplicemente i Kikuyu e gli appartenenti ad altre tribù sono stati
scacciati via dopo essere stati derubati di ogni avere.
Non potrò mai dimenticare la messa del primo gennaio del 2008:
mentre in Chiesa pregavamo, dalla porta aperta si vedevano i vari
pulmini e camion stracarichi di gente che scappava. È stata la messa
più difficile della mia vita.
Dopo alcuni mesi tutti sono ritornati ed hanno ripreso le proprie
attività. Ma la normalità era apparente, perché nei cuori vi erano
ancora grandi rancori e sofferenze. Rancori e sofferenze che
abbiamo voluto affrontare in un incontro del consiglio pastorale.
Abbiamo semplicemente iniziato con la preghiera durante la quale
abbiamo letto alcuni passaggi della Parola di Dio: “ama il tuo
nemico”, “porgi l’altra guancia”, “perdona fino a settanta volte sette”,
“Padre ho peccato contro di te e contro il cielo”, “siamo tutti fratelli
in Cristo”…
Abbiamo quindi lasciato che la Parola lavorasse nei nostri cuori e ci
siamo dedicati alla discussione degli argomenti all’ordine del
giorno. Durante la pausa del pranzo è successa una cosa
meravigliosa: tutti coloro che avevano rancori, rabbie o dolori
pendenti con qualcuno spontaneamente si sono parlati, condividendo
a vicenda quanto stavano vivendo. Alla fine, chi doveva chiedere
scusa ha chiesto scusa e chi doveva dire ti perdono ha perdonato. Da
quel giorno, almeno fra i membri del consiglio pastorale le cose
sono cambiate”.
missionario torinese
in Kenya
45
RAPPORTOCONLAPACE
Non c’è pace
senza perdono
Padre Gianfranco Testa,
missionario della Consolata,
ha trascorso quasi metà
della sua vita in America Latina.
Ha vissuto in zone di conflitto
e ha lavorato con vittime della
guerra e di ingiustizie, provando
sulla sua stessa pelle le torture
e l’incarcerazione. Esperienza
che l’ha portato a fondare –
anche a Torino - diverse scuole
di perdono.
a cura di Patrizia Spagnolo
non esiste solo un modo, cioè quello di restituirla moltiplicando la catena del dolore. Il perdono è creatività, novità, liberazione. Un regalo per me, che non voglio
continuare a soffrire, che non voglio trascinare all’infinito la mia ferita. Mi voglio
bene e cerco di guarire. L’immagine dell’ingiustizia subita rimane in me, ma me
ne posso liberare.
Questo non si “insegna”, ma si vive insieme, nella fatica, nella ricerca, nell’incoerenza che tante volte scopriamo nei nostri
modi di agire. Ma con il tempo, come per
ogni attività, anche il perdono diventa un
modo di pensare, di essere, di agire. Ci
vuole del tempo. Questo, sì, lo ripeto sempre: mettici tutto il tempo che è necessario, ma alla fine sai che l’unica forma intelligente e liberatrice per affrontare un torto
è il perdono. Il perdono richiede tempo
perché non è una emozione, ma una decisione: quella di essere liberi e felici.
“E poi, soltanto un uomo.
Una storia di fede, di lotta,
di speranza” è il titolo del suo
recente libro autobiografico.
Quanto la fede può incidere
sulla realtà delle cose?
Oggi lei “insegna” a perdonare,
ma solo dopo aver sperimentato
lei stesso la pratica del
perdono…
Non si impara mai del tutto a perdonare. È
un allenamento continuo e una sfida. Il
perdono non consiste nell’accettare ciò
che fa soffrire, ma è avere la chiara coscienza che per affrontare la sofferenza
46
Credere in Dio e credere nell’uomo alla fine
sono coincidenti, così come amare l’uomo
è il modo concreto di amare Dio. Come cristiano, in moltissime occasioni la fede è
stata il sostegno più grande: si prega, ci si
confida, ci si affida, si trova sicurezza, si
può anche dialogare e perfino bisticciare
con qualcuno che ci conosce meglio di come ci conosciamo noi stessi e che ha più fiducia in noi di quanta noi ne abbiamo in lui.
E questo ha una grandissima efficacia.
In America Latina, l’uso frequente della
Bibbia, la lettura popolare, fatta in compagnia dei più poveri, è stata per me illuminante. La fede te la danno loro. La capacità
di scorgere il passaggio di Dio nelle cose
più semplici, negli avvenimenti di tutti i
giorni, anche in quelli politici e sociali, è
colto da loro con spontaneità, mentre il
buon cammino per imparare a voler bene
anche agli altri.
La religione ha causato e
continua a causare molte
guerre…
mio cervello cercava ragioni dove non ce
n’erano. Davvero “queste cose le scoprono i piccoli e i semplici”.
Viviamo in un tempo che è stato
definito “l'inverno della
speranza”. Come liberarsi di
questa rassegnazione?
Basta non rassegnarsi. Non possiamo vedere solo la negatività. Sono sicuro che
tanti che si allontanano dalle pratiche religiose ci stanno segnalando una primavera “diversa”. Forse abbiamo coltivato un
modo di essere credenti che ha bisogno di
essere rinnovato. La gente cerca l'essenziale, basta vedere come capisce e risponde alle sollecitazioni del Papa, che viene
dall'America Latina.
Abbiamo fatto del cristianesimo una religione di eroismi e di esigenze. Ed è una cosa molto bella perché tendiamo alla perfezione. Ma Dio che cosa se ne fa della nostra perfezione se le nostre mani sono
troppo piene al punto che non riescono ad
aprirsi per accogliere il dono, quello suo, il
più importante?
Ci avevano detto che “un cristiano è costruttore di storia”, ma che storia abbiamo costruito? Che un cristiano non deve avere vizi, ma alla fine scopriamo che siamo un disastro. Oggi ci dobbiamo aprire alla carezza
di Dio, alla presenza discreta di un amico,
non di un inquisitore. Il nostro rapporto con
Dio è quello di chi fa fatica tante volte, ma
che non perde il contatto e la fiducia in lui.
La pagina più difficile, ma la più importante nel percorso del perdono, è quella di
perdonare se stessi. Se abbiamo pazienza
con noi stessi facilmente l’avremo anche
con gli altri. Imparare a volersi bene è un
È quasi nel dna delle religioni fare la guerra. La Bibbia è piena di esempi e i libri profani pure. La religione, soprattutto quando
pretende di possedere la verità assoluta,
che esclude altre possibili strade, è portata all’eliminazione di chi non condivide
quel cammino. E praticamente tutte le religioni hanno quest’anima.
Nella storia qualcuno ha cercato di correggere profondamente questa situazione. Ci
ha detto: “La dottrina? è racchiusa in una
parola: Padre. Il comportamento è dettato
dalla legge dell'amore. Il culto è sincero
quando si realizza nello spirito e nella verità”. Gli hanno creduto, ma poi, con il
tempo si è tornati ai paludamenti della religione.
Religione e pace hanno poco a che vedere.
Cristianesimo e pace (cristianesimo evangelico, non quello che spesso viviamo) sono invece un tutt’uno. Non si possono separare. Ogni tanto ci scopriamo più cristiani che religiosi e allora crediamo a
quella beatitudine che dice: “Gli operatori
di pace si meritano il nome di figli di Dio”,
hanno il sangue di Dio, la sua linfa che
scorre nelle vene e non possono essere altro che costruttori di pace.
Ma la pace passa attraverso il perdono e
poi la riconciliazione e poi la pazienza e
l’intelligenza e la scaltrezza per non cadere
nelle trappole della violenza.
Giovanni Paolo II, nella giornata per la pace 2002, subito dopo le Torri gemelle, lanciò una sfida con quel messaggio che porta un titolo enigmatico: “Non c'è pace senza giustizia, non c'è giustizia senza perdono”. Alla fine del messaggio viene lanciata la provocazione: “Il servizio che le religioni possono dare per la pace e contro il
terrorismo consiste proprio nella pedagogia del perdono”.
47
PAROLEDIFRANCESCO
“Se vogliamo
la pace
guardiamo
alla Croce!”
“È possibile percorrere la strada della pace? Possiamo uscire da questa spirale di
dolore e di morte? Possiamo imparare di
nuovo a camminare e percorrere le vie
della pace? Invocando l’aiuto di Dio, sotto
lo sguardo materno della Salus populi romani, Regina della pace, voglio rispondere: sì, è possibile per tutti!
Questa sera vorrei che da ogni parte della
terra noi gridassimo: sì, è possibile per tutti! Anzi vorrei che ognuno di noi, dal più
piccolo al più grande, fino a coloro che sono chiamati a governare le nazioni, rispondesse: sì, lo vogliamo!
La mia fede cristiana mi spinge a guardare
alla Croce. Come vorrei che per un momento tutti gli uomini e le donne di buona volontà guardassero alla Croce! Lì si può leggere la risposta di Dio: lì, alla violenza non
si è risposto con violenza, alla morte non si
è risposto con il linguaggio della morte. Nel
silenzio della Croce tace il fragore delle armi e parla il linguaggio della riconciliazione, del perdono, del dialogo, della pace.
Vorrei chiedere al Signore, questa sera, che
noi cristiani e i fratelli delle altre religioni,
ogni uomo e donna di buona volontà gridassero con forza: la violenza e la guerra
non è mai la via della pace! Ognuno si animi a guardare nel profondo della propria
coscienza e ascolti quella parola che dice:
esci dai tuoi interessi che atrofizzano il cuore, supera l’indifferenza verso l’altro che
rende insensibile il cuore, vinci le tue ragioni di morte e apriti al dialogo, alla riconciliazione: guarda al dolore del tuo fratello”.
Veglia di preghiera per la pace, 7 settembre 2013
48
ITINERARIQUARESIMALI
Giovani:
una preghiera, una domanda,
un gesto
Preghiera per la pace
“La pace verrà.
Se tu credi che un sorriso è più forte di un'arma,
Se tu credi alla forza di una mano tesa,
Se tu credi che ciò che riunisce gli uomini
è più importante di ciò che li divide,
Se tu pensi che sei tu che devi fare il primo passo
piuttosto che l'altro, allora...
La pace verrà.
Se lo sguardo di un bambino disarma ancora il tuo cuore,
Se per te lo straniero che incontri è un fratello,
Se tu sai donare gratuitamente un po' del tuo tempo per amore,
Se tu sai accettare che un altro ti renda un servizio,
Se tu dividi il tuo pane
e sai aggiungere ad esso un pezzo del tuo cuore, allora...
La pace verrà.
Se tu credi che il perdono ha più valore della vendetta,
Se tu sai cantare la gioia degli altri e dividere la loro allegria,
Se tu credi che la pace è possibile, allora...
La pace verrà”. Amen.
(beato Charles de Foucauld)
Sei a conoscenza di una qualche forma di ingiustizia
o di “mobbing” a danno di persone a te vicine? Come
reagisci? Come cerchi la pace non tua, ma di quelle
persone?
Sulla tua agenda segna di dedicarti a qualcuno che ha
bisogno di essere ascoltato e offri il tuo tempo come
ricerca della sua pace.
49
Famiglie e adulti:
un invito
a riflettere
C’è una via che conduce alla pace.
La sua strada è lunga, a volte faticosa,
mai percorsa fino in fondo. La meta
sempre di là da raggiungere, sempre
a un passo… ma lontana solo quanto
lo spazio di una mano tesa.
Questa via è il perdono. Che non
si impone ma si osa, che
non si rassegna al male ma che compie
un primo scandaloso gesto verso
il disarmo dei cuori. Perdono che
non germoglia spontaneo ma che ha
la stessa disarmante forza di un fiore:
al perdono ci si educa, alla sua cattedra
s’impara la vita. Il perdono è solo
l’inizio, ma già ti accorgi che sta
sciogliendosi la neve in questo presunto
inverno della speranza.
Come posso educare
al perdono nella mia famiglia?
Siamo capaci, in casa, di far sì
che il sole non tramonti
sopra la nostra ira?
Lasciamo che il risentimento
per il perdono non dato
e non ricevuto covi nel cuore
e generi il rancore e l’amarezza?
Lazzaro, alzati e va’
Signore, fa’ che la tua “voce che chiama” raggiunga anche me,
e la tua Parola che pronuncia il mio nome vinca la mia sordità
e liberi il desiderio, a volte soffocato, di dirti: “Eccomi!”.
Fa’ che il mio nome pronunciato da Te investa tutta la mia persona
e mi risvegli alla mia dignità e vocazione.
Risponderti vorrà dire per me uscire dal “mio” mondo,
per guardare il mondo con i tuoi occhi e incontrare la vera libertà,
quella che sa tessere trame di fraternità e di speranza.
Il mio nome, allora, sarà nuovo,
sarà un tutt’uno con il dono d’amore
che hai messo nella mia vita. Amen!
50
Settimana Santa
13-19 aprile
Celebrazione della
riconciliazione comunitaria
“Guardate a Lui e sarete raggianti”:
l’incontro con lo sguardo di perdono del Signore
Riti di ingresso
Mentre i sacerdoti entrano in chiesa, si esegue il canto: Apri le tue braccia (CdP 490),
oppure: Come un padre (CdP 492), Io verrò a
salvarvi (CdP 496), Il tuo amore (CdP 497), Un
cuore nuovo (CdP 505), Chi mi seguirà (Galliano - Parisi: cf. proposta diocesana).
Nel nome del Padre e del Figlio e dello
Spirito Santo.
Amen
SALUTO
Il Signore, che nel suo amore infinito,
vuole perdonarci e riconciliarci a sé,
sia con tutti voi.
E con il tuo Spirito.
Seguono alcune brevi parole per introdurre
la celebrazione
Venerazione
di un’immagine di Cristo
Colui che presiede dice:
Carissimi fratelli e sorelle,
riuniti nella casa del Padre,
pellegrini nel cammino quaresimale,
abbiamo camminato verso la Pasqua,
per ricevere il dono della conversione
alla vita nuova del Vangelo.
La grazia di questa nuova Pasqua
trasformi in profondità il nostro cuore,
ci renda ricchi di umanità
e testimoni autentici
del Vangelo di Cristo.
Tutti pregano per qualche momento in silenzio mentre viene portata un’icona di Cristo.
Quindi colui che presiede così prosegue:
Ti benediciamo, Padre Santo:
nel tuo immenso amore
verso il genere umano
hai mandato nel mondo
come Salvatore e primogenito
tra molti fratelli
il tuo Verbo eterno,
fatto uomo nel grembo
della Vergine purissima,
in tutto simile a noi fuorché nel peccato.
La Chiesa,
contemplando il suo Volto,
scorge la tua bontà;
ricevendo dalla sua bocca le parole di vita,
si riempie della tua sapienza;
scoprendo le insondabili
profondità del suo cuore,
si accende del fuoco dello Spirito,
effuso sui nuovi figli;
guardando il suo Volto dolente,
gioisce per la grazia del perdono.
Concedi, o Padre, che i tuoi fedeli,
contemplando il volto del tuo Figlio,
abbiano gli stessi sentimenti
che furono in Cristo Gesù,
e, dopo aver portato l’immagine
51
dell’uomo terreno,
rispecchino finalmente
quella dell’uomo celeste.
Il Figlio tuo, o Padre, sia per tutti noi
la via che ci fa salire a te,
la verità che ci illumina,
la vita che ci nutre e ci rinnova,
la luce che rischiara il cammino,
la pietra su cui possiamo riposare,
la porta che ci introduce
nella nuova Gerusalemme.
Egli vive e regna nei secoli dei secoli.
Amen.
Colui che presiede pone l’incenso nel turibolo e incensa l’icona nel frattempo l’assemblea esegue il canto: Volto dell’uomo
(CdP 525); oppure: Signore, dolce volto (CdP
516).
Acclamazione al Vangelo:
Gloria e lode a te, o Cristo! (273-288)
Ascoltiamo la parola del Signore
Dal Vangelo secondo Matteo (26,26-29)
L’ultima cena: il pane della comunione,
il vino del perdono
Silenzio.
Segue una breve omelia sulla bellezza e sul
gusto del perdono, collegando il gesto e le
parole di Gesù nell’ultima cena (questo è il calice del mio sangue, versato per voi e per tutti,
in remissione dei peccati) al dono del perdono.
Professione di fede
Ascolto
della Parola di Dio
Terminata l’omelia, dopo un breve silenzio,
colui che presiede introduce la professione di
fede:
Colui che presiede, nella preghiera, chiede a
Dio di renderci docili ascoltatori e generosi
testimoni della sua Parola:
Fratelli e sorelle,
per mezzo del battesimo siamo divenuti
partecipi del mistero pasquale di Cristo,
siamo stati sepolti insieme con lui nella
morte, per risorgere con lui a vita nuova.
Ora, dopo aver ascoltato la Parola di Dio,
rinnoviamo la professione di fede del
nostro battesimo e impegniamoci ad
essere coraggiosi annunciatori e
testimoni del messaggio della salvezza.
Padre misericordioso,
che hai nascosto la tua verità
ai dotti e ai potenti
e l’hai rivelata ai piccoli,
donaci, nel tuo Spirito,
un cuore di fanciulli.
L’ascolto libero e obbediente del tuo Figlio
ci doni la gioia di credere
e di diventare annunziatori
e testimoni della Parola che salva.
Per il nostro Signore Gesù Cristo,
tuo Figlio, che è Dio,
e vive e regna con te,
nell’unità dello Spirito Santo,
per tutti i secoli dei secoli.
Amen.
1ª lettura: Dalla lettera di San Paolo
Apostolo ai Romani (10,8-13)
Invocare il nome del Signore Gesù per
essere salvati
52
Credete in Dio,
Padre onnipotente,
creatore del cielo e della terra?
Rit. Credo Signore. Amen. (CdP 291-293)
Credete in Gesù Cristo,
suo unico Figlio, nostro Signore,
che nacque da Maria Vergine,
morì e fu sepolto, è risuscitato dai morti
e siede alla destra del Padre? Rit.
Credete nello Spirito Santo,
la Santa Chiesa cattolica,
la comunione dei santi,
la remissione dei peccati,
la resurrezione della carne
e la vita eterna? Rit.
Tutti: Questa è la nostra fede,
questa è la fede della Chiesa
e noi ci gloriamo di professarla
in Cristo nostro Signore. Amen.
Colui che presiede prosegue:
E ora, con le parole di Cristo nostro
Signore, rivolgiamoci a Dio nostro Padre,
perché rimetta i nostri peccati e ci liberi
da ogni male:
Padre nostro, …
Guarda con bontà, o Signore, i tuoi figli,
che si riconoscono peccatori,
e fa’ che liberati da ogni colpa
per il ministero della tua Chiesa,
rendano grazia al tuo amore
misericordioso.
Per Cristo nostro Signore.
Amen.
Confessioni individuali
e Confessio laudis
Dopo un breve momento di silenzio, i sacerdoti si mettono a disposizione per le confessioni
individuali. Tanto i penitenti, quanto i sacerdoti, accoglieranno l’invito ad una certa sobrietà:
per chi ha fatto il cammino quaresimale di
penitenza, insieme alla confessione delle
colpe sarà anche il momento di dichiarare il
cammino penitenziale di conversione personale che si è cercato di compiere.
Nel frattempo, l’assemblea dà inizio alla Confessio laudis: preghiera di lode e ringraziamento per il perdono ricevuto.
Si possono alternare canti di lode, preghiere
spontanee dei fedeli perdonati, invocazioni
proposte da un lettore, che riassumono il cammino quaresimale comunitario, alle quali l’assemblea risponde con il canto (CdP 215-219).
Alcuni esempi:
Signore Gesù, abbiamo camminato in
questa Quaresima spinti dal soffio del
tuo perdono: ti ringraziamo perché non
ci hai fatto mancare il cibo della parola e
l’acqua della comunità.
Kyrie eleison.
Signore Gesù, abbiamo riscoperto nella
comunità la famiglia che accoglie e
condivide il limite, la fragilità, la colpa;
abbiamo condiviso il desiderio di una
vita sempre più orientata al vangelo.
Kyrie eleison.
Signore Gesù, abbiamo cercato di
gettare semi di conversione nella nostra
vita quotidiana, per non rassegnarci al
peccato e sentire in noi i benefici della
vita nuova.
Kyrie eleison.
…
Ringraziamento
Terminate le confessioni individuali, si conclude con il RINGRAZIAMENTO previsto dal
Rito della Penitenza (nn. 56-57). Esso può
essere manifestato con il canto (CdP 61.161163.655.677.716.) o con una preghiera, a scelta tra quelle ora proposte:
Preghiera di ringraziamento
O Signore, la tua misericordia è infinita
e immenso è il tesoro della tua bontà!
Ringraziamo e benediciamo
il tuo cuore di Padre
per il perdono che ci hai concesso
e supplichiamo la tua clemenza
a non permettere
che siamo mai separati da te
e a condurci a quei doni
che non possono più essere perduti.
Per Cristo nostro Signore.
Amen.
(Dalla liturgia romana, preghiera
di ringraziamento, adattamento).
53
Azione di grazie
per il perdono dei peccati
O Dio onnipotente ed eterno,
padre di infinita misericordia,
i cieli e la terra sono opera delle tue mani;
tu hai fatto ogni cosa
con sapienza e con amore
e conduci l'uomo al suo fine
con ineffabile provvidenza:
dopo la caduta di Adamo
tu non hai abbandonato
l'umanità da te creata,
ma con più mirabile opera
ne hai rinnovato la natura
per mezzo del tuo Figlio
e nostro Signore Gesù.
Egli morendo ha distrutto il nostro peccato,
ha vinto la morte e trionfato del nemico,
e risorgendo ci ha dato la sua vita,
aperto la via al cielo
e ridato l'eredità della gloria.
Ora, nella tua paterna bontà,
tu non hai voluto permettere
che noi tuoi figli distruggessimo
con la nostra insipienza e malizia
l'opera della tua sapienza
e della tua bontà.
Il tuo amore ha superato infinitamente
la nostra iniquità,
la tua potenza ha soccorso
la nostra debolezza
e la tua misericordia
ha distrutto i nostri peccati.
E noi, mossi dalla tua grazia,
ti lodiamo e ti benediciamo,
ti adoriamo e senza fine ti ringraziamo.
A te onore e gloria,
per Cristo nostro Signore
nello Spirito santo,
per tutti i secoli dei secoli.
Amen.
eravamo lontani da te,
e tu ci hai circondato con il tuo amore.
Ora noi veniamo a te,
accettaci quali siamo
e trattaci come ti suggerisce il tuo cuore.
Che cosa saremmo noi, Signore,
se tu non avessi agito in noi?
Tu ci hai pensato,
tu ci hai amato;
ma noi abbiamo peccato contro di te.
Dal profondo gridiamo a te
“Padre”
perché il tuo nome
non può essere cancellato in noi
e il tuo amore per noi
non può essere dimenticato.
Noi ritorniamo a te
pur non avendone alcun diritto.
Ma vieni verso di noi ora
con le tue grandi braccia aperte
perché tu sei nostro padre
oggi, in questo istante,
e per l'eternità.
(H. Oosterbuis)
Benedizione e congedo
Il Signore Sia con voi.
E con il tuo spirito.
Guarda con bontà, Signore,
il popolo che confida in te,
e fa’ che,
rinnovato dai doni della tua grazia,
cammini spedito
verso la gioia della Pasqua.
Per Cristo nostro Signore.
Amen.
La benedizione di Dio onnipotente,
Padre e Figlio e Spirito Santo,
discenda su di voi,
e con voi rimanga sempre.
Amen.
«Le tue grandi braccia aperte».
Noi eravamo perduti, o Signore,
e tu ci hai colmati della tua grazia;
54
Glorificate il Signore con la vostra vita.
Andate in pace.
Rendiamo grazie a Dio.
Via Crucis
a cura dell’Ufficio liturgico
C. Nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo.
Amen.
Saluto
C. Il Signore, che guida i nostri cuori nell’amore e nella pazienza di Cristo, sia con tutti voi.
E con il tuo spirito.
Monizione
C. Fratelli e sorelle,con questa Via Crucis ci apprestiamo a rivivere l'ultimo tratto della vita di Cristo: dal sinedrio della condanna alla
tomba scavata nel Giardino. Ripercorrendo
il cammino di dolore che Cristo ha percorso
in obbedienza al progetto del Padre, ci lasciamo guidare dalle parole profetiche di
Pilato, pronunciate alla folla di Gerusalemme: “Ecco l’Uomo!”. In Lui riconosciamo
l’umanità perfettamente riuscita, poiché
completamente donata. In Lui riconosciamo l’umanità sfigurata di tanti nostri fratelli
e sorelle. In Lui siamo invitati a camminare
sulle orme del Maestro, come Simone di Cirene, come la Madre di Gesù, per imparare
ad amare Dio sopra ogni cosa e consegnare
la vita per i fratelli.
Orazione
Preghiamo
Signore Gesù, Figlio di Dio, Figlio dell’Uomo,
Volto di ogni uomo sulla terra,
Fratello di tutti coloro che sono nel dolore,
Amico e confidente di tutti i disperati,
esclusi e rifiutati,
Tu che sei l’Uomo dei dolori
che ben conosce il patire,
donaci la sapienza della Croce
perché possiamo giungere con te
alla gloria del tuo Regno.
Tu che vivi e regni nei secoli dei secoli. Amen.
I Stazione:
Gesù nell’Orto degli ulivi
C. Ti adoriamo, Cristo, e ti benediciamo.
Perché con la tua santa Croce hai redento
il mondo.
Dal Vangelo secondo Marco
Giunsero a un podere chiamato Getsèmani ed
egli disse ai suoi discepoli: "Sedetevi qui, mentre io prego". Prese con sé Pietro, Giacomo e
Giovanni e cominciò a sentire paura e angoscia.
Disse loro: "La mia anima è triste fino alla morte.
Restate qui e vegliate".
Preghiera
Signore Gesù, tu che hai conosciuto l’incomprensione, la solitudine e l’abbandono dei tuoi
discepoli; ancora oggi continui la tua passione
in coloro che sperimentano la disperazione e la
solitudine; ricordati in particolare di chi ha perso il lavoro, la casa, la famiglia, di chi è schiavo
delle tante forme di dipendenza, degli anziani
lasciati soli, di tutti coloro che sperimentano
l’emarginazione.
Padre nostro
II Stazione:
Gesù è condannato a morte
C. Ti adoriamo, Cristo, e ti benediciamo.
Perché con la tua santa Croce hai redento
il mondo.
Dal Vangelo secondo Giovanni
Pilato fece prendere Gesù e lo fece flagellare.
E i soldati, intrecciata una corona di spine,
gliela posero sul capo e gli misero addosso un
mantello di porpora. Poi gli si avvicinavano e
dicevano: "Salve, re dei Giudei!". E gli davano
schiaffi. Pilato uscì fuori di nuovo e disse loro:
"Ecco, io ve lo conduco fuori, perché sappiate
che non trovo in lui colpa alcuna". Allora Gesù
uscì, portando la corona di spine e il mantello
di porpora. E Pilato disse loro: "Ecco l'uomo!".
Preghiera
Signore, Tu hai scelto di stare dalla parte dei vinti, dalla parte degli umiliati e dei condannati.
Aiutaci a non diventare mai carnefici dei fratelli
indifesi, aiutaci a prendere coraggiosamente
posizione per difendere i deboli, aiutaci a rifiuta-
55
re l’acqua di Pilato, perché non pulisce le mani,
ma le sporca di sangue innocente.
le nostre colpe, schiacciato per le nostre iniquità.
Il castigo che ci dà salvezza si è abbattuto su di
lui; per le sue piaghe noi siamo stati guariti.
Padre nostro
III Stazione:
Gesù è caricato della Croce
C. Ti adoriamo, Cristo, e ti benediciamo.
Perché con la tua santa Croce hai redento
il mondo.
Dal Vangelo secondo Matteo (Mt 27, 27-31)
“Allora i soldati del governatore condussero
Gesù nel pretorio e gli radunarono attorno tutta la truppa. Lo spogliarono, gli fecero indossare un mantello scarlatto, intrecciarono una corona di spine, gliela posero sul capo e gli misero una canna nella mano destra. Poi, inginocchiandosi davanti a lui, lo deridevano: ‘Salve,
re dei Giudei!’. Sputandogli addosso, gli tolsero di mano la canna e lo percuotevano sul capo.
Dopo averlo deriso, lo spogliarono del mantello e gli rimisero le sue vesti, poi lo condussero
via per crocifiggerlo”.
Preghiera
Nella passione di Cristo si è scatenato l’odio di cui
è capace l’umanità. Nella passione di Cristo la
cattiveria ha reagito di fronte alla bontà, l’orgoglio è esploso di fronte all’umiltà, la corruzione si
è risentita di fronte alla innocenza, la violenza non
ha sopportato la mitezza. Ma Dio, oggi, prende la
croce sulle sue spalle, la nostra croce, e sconfigge
il male con la potenza del suo amore.
Padre nostro
IV Stazione:
Gesù cade sotto il peso della
Croce
C. Ti adoriamo, Cristo, e ti benediciamo.
Perché con la tua santa Croce hai redento
il mondo.
Dal libro del profeta Isaia
Non ha apparenza né bellezza per attirare i nostri
sguardi,non splendore per poterci piacere. Disprezzato e reietto dagli uomini, uomo dei dolori
che ben conosce il patire, come uno davanti al
quale ci si copre la faccia; Egli è stato trafitto per
56
Preghiera
Signore Gesù, che sei caduto sotto il peso della
Croce, aiutaci a guardarci intorno. Dacci la forza di trasformare i rifiutati in compagni di viaggio, gli ostacoli in opportunità, le croci in sfide.
Educaci alla convivialità, affinché tutti i popoli
e le persone siano messi finalmente in condizione di liberarsi da ogni discriminazione e di
sentirsi amati come fratelli.
Padre nostro
V Stazione:
Gesù è aiutato da Simone
di Cirene a portare la Croce
C. Ti adoriamo, Cristo, e ti benediciamo.
Perché con la tua santa Croce hai redento
il mondo.
Dal Vangelo secondo Luca
Mentre lo conducevano via, fermarono un certo Simone di Cirene, che tornava dai campi, e
gli misero addosso la croce, da portare dietro a
Gesù. Lo seguiva una grande moltitudine di
popolo e di donne, che si battevano il petto e
facevano lamenti su di lui.
Preghiera
Signore Gesù, tu hai ricevuto la solidarietà e il sostegno del Cireneo nel momento più duro della
tua vita. Converti il nostro cuore affinché possiamo anche noi abbandonare il nostro pensiero
egoista e promuovere scelte di comunione. Tu ci
ricordi che sempre ci aspetti nella strada, sul pianerottolo, alle nostre frontiere, nell’ospedale,
nel carcere, nelle periferie delle nostre città. Cristo, tu ci aspetti ...! Ti riconosceremo? Ti soccorreremo? O moriremo nel nostro egoismo?
Padre nostro
VI Stazione:
Gesù muore sulla Croce
C. Ti adoriamo, Cristo, e ti benediciamo.
Perché con la tua santa Croce hai redento
il mondo.
nel luogo dove era stato crocifisso, vi era un giardino e nel giardino un sepolcro nuovo, nel quale
nessuno era stato ancora posto. Là dunque, poiché era il giorno della Parasceve dei Giudei e dato che il sepolcro era vicino, posero Gesù.
Dal Vangelo secondo Giovanni
Stavano presso la croce di Gesù sua madre, la
sorella di sua madre, Maria madre di Clèopa e
Maria di Màgdala. Gesù allora, vedendo la madre e accanto a lei il discepolo che egli amava,
disse alla madre: "Donna, ecco tuo figlio!". Poi
disse al discepolo: "Ecco tua madre!". E da quell'ora il discepolo l'accolse con sé. Dopo questo,
Gesù, sapendo che ormai tutto era compiuto, affinché si compisse la Scrittura, disse: "Ho sete".
Vi era lì un vaso pieno di aceto; posero perciò
una spugna, imbevuta di aceto, in cima a una
canna e gliela accostarono alla bocca. Dopo
aver preso l'aceto, Gesù disse: "È compiuto!". E,
chinato il capo, consegnò lo spirito.
Preghiera
Signore Gesù, il Venerdì Santo è il giorno del
buio, il giorno dell’odio senza ragione, il giorno
dell’uccisione del Giusto! Ma il Venerdì Santo
non è l’ultima parola: l’ultima parola è la Pasqua, il trionfo della Vita, la vittoria del Bene sul
male.
Donaci il coraggio di guardare la realtà con i tuoi
occhi colmi di fiducia; donaci la forza di saper allontanare le tenebre della disperazione dal nostro cuore, Donaci la forza di credere nella forza
dell’amore, anche quando le tenebre dell’odio
sembrano prevalere.
VII Stazione:
Preghiera
Signore Gesù, Giuseppe ha preso in braccio il
tuo corpo senza vita e con amore gli ha dato sepoltura. Donaci il coraggio di credere che quando amiamo fino in fondo, come tu ci hai amato,
tutto diviene possibile. Infondici quello stesso
Spirito che ti ha guidano sul cammino della passione e che ora, silenziosamente si diffonde su
tutta la terra spaccando le pietre dei nostri sepolcri per donarci la vita che non ha fine.
Intercessioni
C. Fratelli e sorelle,
giunti al termine di questa Via Crucis
facciamoci voce di chi grida ed eleviamo a
Dio la nostra preghiera.
Rit. Signore, ascoltaci!
• Per i malati, nel corpo e nello spirito.
Preghiamo
• Per i profughi, gli stranieri, i clandestini.
Preghiamo.
• Per i disabili, gli invalidi. Preghiamo.
• Per i poveri, i senza tetto, gli emarginati.
Preghiamo
• Per le donne sole, sfruttate, discriminate.
Preghiamo.
• Per i disoccupati, i cassaintegrati e chi non
trova lavoro. Preghiamo
• Per i carcerati e le vittime di dipendenza da
droga, alcool, gioco, sesso. Preghiamo.
Gesù è deposto dal Croce
C. Ti adoriamo, Cristo, e ti benediciamo.
Perché con la tua santa Croce hai redento
il mondo.
C. Affidiamo ora al Signore ogni preghiera rimasta muta nel nostro cuore ed insieme diciamo:
Padre nostro
Dal Vangelo secondo Giovanni
Dopo questi fatti Giuseppe di Arimatea, che era
discepolo di Gesù, ma di nascosto, per timore
dei Giudei, chiese a Pilato di prendere il corpo di
Gesù. Pilato lo concesse. Allora egli andò e prese
il corpo di Gesù. Vi andò anche Nicodèmo – quello che in precedenza era andato da lui di notte –
e portò circa trenta chili di una mistura di mirra e
di àloe. Essi presero allora il corpo di Gesù e lo
avvolsero con teli, insieme ad aromi, come usano fare i Giudei per preparare la sepoltura. Ora,
Orazione sul popolo
C. Guarda con amore, Padre, questa tua famiglia per la quale il Signore nostro Gesù Cristo non esitò a consegnarsi nelle mani dei
nemici e a subire il supplizio della croce.
Per Cristo nostro Signore.
Amen.
C. Andate in pace.
Rendiamo grazie a Dio.
57
Dio è più forte
del tifone
Famiglie divise per necessità,
nostalgia della loro terra,
il dolore per i morti
e la devastazione causati
dal disastro naturale
di novembre… Eppure i filippini
non si lasciano abbattere:
lontani da casa e spesso
dai loro affetti più cari,
si stringono per mano
e si aiutano, pregano insieme
e agiscono per il bene comune.
Perché sanno di non essere soli.
Un esempio, il loro, che invita
le altre comunità (etniche
e italiane) a conoscerli conoscersi - di più,
per un reciproco arricchimento
di doni spirituali e carità.
della comunità filippina di Torino
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Sereni, generosi, ricchi di umanità e di impegno: sono caratteristiche che i filippini
hanno sempre dimostrato, nella buona e
nella cattiva sorte. Il tifone che nel novembre scorso si è abbattuto, con effetti devastanti, sulla loro terra natia ha portato dolore e preoccupazione anche a migliaia di
chilometri di distanza.
Nonostante la lontananza dalla madrepatria, il disastro ha infatti toccato
profondamente i filippini all'estero: la
comunità torinese, a distanza di mesi,
piange ancora le morti dei propri connazionali, ma ha saputo reagire dando prova di una forza d’animo e di un sentimento di unità che l’hanno aiutata a superare
momenti tristi e difficili.
Molti di loro hanno trascorso il Natale in
solitudine, lontani dall’affetto di chi a loro
è più caro. E la distanza dalla loro terra, a
cui sono stati costretti dalla necessità di
guadagnare per aiutare se stessi e chi in
quella terra è rimasto, a volte impedisce
anche a coloro che si riuniscono di godere
pienamente della gioia di stare assieme:
genitori troppo occupati a pensare al guadagno per potersi dedicare ai figli; figli che
portano troppo rancore per i genitori che
li hanno abbandonati da piccoli per cercare la fortuna altrove.
Di fronte a tutto questo, sembrerebbe logico aspettarsi il crollo di una gente che
si trova assalita da difficoltà che non
sembrano aver fine. Parrebbe quasi che
tutti questi ostacoli siano troppi per poterli superare, per poter ancora dare spazio alla felicità e alla speranza. Ma questo
popolo, sorprendentemente, lo si trova
ancora sorridente, con tanta voglia di vivere e di fare.
Trovarsi in mezzo a tali difficoltà metterebbe in ginocchio una persona qualsiasi, ma i filippini sanno di non essere da
soli in questa battaglia. Sanno che in
qualsiasi momento, che sia felice ma soprattutto nelle difficoltà, possono sempre contare su una figura che non li abbandonerà: Dio.
Tante difficoltà potrebbero arrivare, molte
calamità potrebbero abbattersi, numerosi
ostacoli potrebbero presentarsi, ma Dio
sarà sempre presente. È il padre che, nonostante il fatto che non lo si possa vedere, guarda sempre con amore i suoi figli
che chiedono aiuto.
A Dio si affidano i filippini, non solo nei
momenti più bui ma anche in quelli più felici. Inoltre, i filippini contano l'uno sull'altro, sulla fratellanza, sull'amore reciproco
che è sempre presente. Nonostante situazioni di difficoltà, sono sempre pronti a
aiutarsi, pronti a tendere una mano a chi
ne ha bisogno, a dare amore laddove ce ne
vuole.
I filippini si tengono stretti per mano e si
aiutano. Pregano insieme e agiscono insieme per il bene comune. Si uniscono
nella battaglia contro le avversità che a
loro si presentano, armati di fede e amore, sapendo che per loro ci sarà sempre
un Dio che li guiderà e un fratello che sarà
sempre pronto a tendere una mano.
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Progetti QdF:
i valori
di fondo
don Marco Prastaro
È parte del mandato di ogni Cristiano
operare per lo sviluppo integrale di
ogni persona e di ogni comunità. La
formazione e l’educazione, così come l’annuncio e l’evangelizzazione,
sono vie maestre e irrinunciabili per
raggiungere tale sviluppo integrale.
direttore Ufficio missionario
“La carità che uccide” è il titolo di un libro
che provocatoriamente voleva stimolare
quanti operano nella cooperazione internazionale a riflettere sulle conseguenze e
l’impatto delle loro iniziative. Come Quaresima di Fraternità questa riflessione va
ormai avanti da più di 50 anni ed è approdata alla stesura di un regolamento che
mette per iscritto quei valori e principi
ispiratori che guidano la scelta dei progetti QdF, affinché, appunto, la nostra carità
sia costruttiva, equa e rispettosa della dignità di ogni persona.
Ci sembra dunque importante condividere e fare nostri alcuni di questi principi
ispiratori.
Riteniamo che la nostra attenzione e cura debbano essere indirizzate in modo
particolare ai più poveri fra i poveri,
soprattutto a coloro che non hanno voce, che più sono dimenticati e che meno
sono aiutati.
In un contesto mondiale complesso come quello attuale, non può essere solamente il peso economico di un Paese il
criterio determinante per stabilire chi è
povero e chi non lo è, ma è necessario
guardare all’effettiva situazione di
bisogno e di povertà di una determinata comunità o area geografica.
L’esperienza ci ha mostrato come sia
decisivo supportare e sostenere non
tanto progetti che cercano di arginare
un’emergenza, quanto piuttosto tutti
quei progetti che cercano di modificare una realtà e di intervenire sulle
cause che generano povertà e sottosviluppo.
Siamo consapevoli che un’opera di intervento per lo sviluppo e la crescita di
una comunità non possa che partire
dalla comunità stessa e non possa
non realizzarsi se non con il coinvolgimento ed il contributo di ogni
singolo membro della comunità.
È per noi fondamentale far sì che la nostra azione si sviluppi attraverso il coinvolgimento delle Chiese locali nostre sorelle verso le quali sentiamo
l’impegno non solo ad un aiuto solidale
e fraterno, ma anche la responsabilità di
costruire legami di conoscenza e
fratellanza; nella Chiesa siamo tutti
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In dettaglio, i progetti diocesani riguardano:
1 Sostentamento dei nostri sacerdoti fidei donum: € 32.000 (sono 8 i
sacerdoti diocesani torinesi presenti in
Chiese sorelle: 2 in Brasile, 2 in Kenya, 2
in Argentina, 2 in Guatemala)
2 Contributo alla diocesi di Nairobi
per la formazione dei giovani: € 10.000
3 Contributo alle suore della Consolata presso la missione di Belem in
Brasile: € 9.600
4 Contributo al Seminario della Diocesi di Za Doca in Brasile, dove è
Vescovo Mons Carlo Ellena: € 10.000
5 Contributo all’Ufficio diocesano
Migranti (opera nata proprio dall’esperienza della Quaresima di Fraternità):
€ 25.000
6 Contributo per la formazione e la
cura pastorale dei sacerdoti
stranieri in servizio nella nostra diocesi: € 3.000
fratelli per cui non c’è una parte che dona ed una che riceve, ma c’è un reale e
profondo scambio di beni e di fede. Ci
sembra quindi importante caratterizzare i nostri progetti con un profondo senso di ecclesialità.
In questi anni, la diocesi di Torino ha consolidato rapporti particolari di fratellanza con alcune Chiese in terra di
missione, soprattutto con le Chiese
presso le quali operano i nostri sacerdoti
fidei donum. Allo stesso modo, il cammino storico della Quaresima di Fraternità ha suscitato alcune iniziative di
solidarietà operanti nella diocesi
(es. Ufficio per la Pastorale dei Migranti).
Queste realtà, che chiamiamo progetti
diocesani, rappresentano il primo e
privilegiato impegno di fraternità e
solidarietà della nostra Chiesa torinese. Ecco perché, in spirito di comunione ecclesiale e diocesana, si richiede a
tutte le comunità della diocesi di contribuire alla loro realizzazione.
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Sul sito Internet dell’Ufficio Missionario
www.diocesi.torino.it/missioni
è possibile visionare e scaricare
il presente fascicolo,
le schede dettagliate
dei singoli progetti
per la Quaresima di Fraternità 2014
e materiali di animazione.
È possibile sostenere
i progetti della
“Quaresima
di Fraternità” anche
versando contributi
autonomi a:
Arcidiocesi di Torino
Ufficio Missionario
via Val della Torre, 3
10149 Torino
tel. +39 011 51 56 372
conto corrente postale:
17949108
Iban:
IT60S0306901134100000000364
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