Per i 40 anni dei frati - Parrocchia Santi Nabore e Felice
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Per i 40 anni dei frati - Parrocchia Santi Nabore e Felice
NUMERO SPECIALE - MAGGIO 2014 40 ANNI di presenza dei Frati Capuccini nella parrocchia dei SS. MM. Nabore e Felice Cosa significa per i Frati Minori Cappuccini aver retto e reggere la parrocchia SS.MM. Nabore e Felice per questi 40 anni. Fra Sergio Pesenti Ministro Provinciale dei Frati Cappuccini Lombardia Festeggiare i 40 anni della nostra presenza in questa parrocchia è sicuramente un momento di Grazia. È momento di grazia guardare alla storia di questa comunità; una storia che ci offre la possibilità di tracciare un cammino che si apra al futuro. Questa storia, per una comunità cristiana, non è lo spazio di esperienze finite, ma è l’inizio di infiniti percorsi di speranza. È storia di salvezza, è una storia di amore e noi ne facciamo parte. Questa storia di amore si manifesta nella maternità della Chiesa. Una maternità che cresce e si diffonde nel tempo perché spinta non da forze umane ma dalla forza dello Spirito Santo (Papa Francesco - mercoledì 24 aprile 2013) Mi sembra di poter dire che il nostro essere in parrocchia sia una “presenza profetica”. Ma cosa significa essere una “presenza profetica”? Vuole dire che il frate cappuccino vivendo questo servizio pastorale deve continuamente vivere una inscindibile unità tra la vita e l’azione. Questa unità la si trova nella dimensione contemplativa della nostra vita di frati minori cappuccini; e la nostra presenza nel mondo e nella Chiesa esige quale elemento fondamentale la contemplazione. Contemplazione intesa come vita vissuta in intimità con Dio e, allo stesso tempo, contemplare nell’uomo l’immagine del Figlio, diventando così apostoli di Cristo. (segue pag 2) Con questo numero vogliamo festeggiare in modo semplice la presenza dei Frati nella nostra parrocchia. L’evangelizzazione, anche quella vissuta nel servizio parrocchiale, è un fatto fondamentale per la vita e l’attività del nostro Ordine. Ha il suo punto di partenza nell’amore di Dio per gli uomini che ha il suo culmine nella persona di Cristo. Noi siamo parte della Chiesa, e la Chiesa vogliamo servire; e la serviamo camminando con tutti gli uomini che ci sono affidati. Camminare “con tutti gli uomini” significa che insieme siamo chiamati a gustare la freschezza dello Spirito che si manifesta nella quotidianità dell’azione pastorale; e insieme siamo chiamati ad affrontare le sfide e le difficoltà che si aprono sul nostro cammino. Ecco cosa caratterizza il nostro essere in mezzo alla gente, il nostro essere “frati del popolo”, frati capaci di farsi interpreti delle esigenze della gente:la contemplazione del Mistero di Cristo povero e crocifisso che si trasforma in passione pastorale (del resto così ci ha descritti Manzoni nei Promessi Sposi: “Tale era la condizione de’ cappuccini, che nulla pareva per loro troppo basso, né troppo elevato. Servir gl’infimi, ed esser servito da’ potenti, entrar ne’ palazzi e ne’ tuguri, con lo stesso contegno d’umiltà e di sicurezza, esser talvolta nella stessa casa, un soggetto di passatempo e un personaggio senza il quale non si decideva nulla, chieder l’elemosina per tutto e farla a tutti quelli che la chiedevano al convento, a tutto era avvezzo un cappuccino”). Una passione - missione che si declina in tante sfaccettature: accoglienza, accompagnamento, condivisone, educazione, formazione spirituale, cura vocazionale. Ma qual è la bellezza di questa passione pastorale? - La prima cosa che mi viene in mente e che noi frati cerchiamo di essere “testimoni dell’Assoluto” nella vita di questa nostra comunità. Essere cioè uomini che consacrano la loro vita per testimoniare che una sola cosa è necessaria: conoscere, amare e servire Dio nell’uomo - la bellezza di questa missione si manifesta attraverso una pastorale capace di vivere una “fedeltà creativa e concreta” al nostro carisma e alla Chiesa. “Fedeltà creativa” significa essere in grado di leggere i segni dei tempi e scoprire le indicazioni che le Spirito Santo suggerisce. Leggere e interpretare i segni dei tempi nel loro contesto concreto e accogliere gli orientamenti della Chiesa locale riguardo all’evangelizzazione nel ambito della pastorale parrocchiale: lavorare per recuperare la centralità della Fede, motivando ogni cristiano ad essere attivo nell’evangelizzazione. Questa creatività, per noi frati cappuccini, si fa concreta attraverso la fraternità. - Ecco un’altra cosa bella: la fraternità. La vita fraterna come criterio fondamentale di evangelizzazione. Il criterio fondamentale della fraternità non è solo al centro dei nostri documenti; ma è al centro della nostra fede, come ci insegna Gesù nella sua preghiera al Padre:”Prego anche per coloro che crederanno in me per mezzo della loro parola, che tutti siano nell’unità come tu, Padre, sei in me e io in te; prego che essi siano in noi nell’unità così che il mondo creda che tu mi hai mandato” (Gv 17, 19-21). Inoltre l’insegnamento della Chiesa continuamente c’invita a costruire la «civiltà dell’amore». Il Documento conciliare sulla “Chiesa nel mondo contemporaneo” afferma: “Dio... ha voluto che gli uomini formassero una sola famiglia e si trattassero tra loro con animo di fratelli” (n. 24). “Primogenito tra molti fratelli e attraverso il dono dello Spirito” - continua il Concilio - Gesù istituì “una nuova comunità fra- terna composta da tutti coloro che lo ricevono con fede e amore... Questa solidarietà dovrà essere accresciuta fino a questo giorno in cui sarà portata alla sua perfezione” (n. 32). Ci ricordano le nostre Costituzioni che “Per divina ispirazione Francesco fondo una forma di vita evangelica che chiamò fraternità”, basata su fratelli che vivono insieme nella carità. Fedeli alla nostra vocazione dobbiamo costruire una vera comunione fraterna e cooperare così alla promozione di una famiglia autenticamente umana nella Chiesa e nel mondo. Per questo noi crediamo che la testimonianza profetica della fraternità vissuta è al centro della nostra evangelizzazione. Soprattutto è un servizio di “Pace e Bene”, nel segno della fiducia e della speranza. La realtà del mondo, la Chiesa e l’Ordine ci ricordano il piano di Dio; esso ci sprona ad essere profeticamente coerenti con il dono e l’impegno della fraternità che ci qualifica come francescani. In questo senso la forza profetica della nostra presenza e attività in mezzo al mondo e al Popolo di Dio deve prendere la sua ispirazione dall’esempio di Francesco che “amando Dio e tutte le persone e anche tutte le creature e fratello e amico universale”. Vivere la fraternità in parrocchia significa essere capaci di passare dall’individualismo pastorale alla testimonianza profetica della fraternità; dove la fraternità diventa il luogo dell’evangelizzazione e della testimonianza; dove la carità fraterna è il fondamento di questa testimonianza. La fraternità è un carisma che arricchisce la Chiesa. Quali sono, invece, le nostre preoccupazioni? La preoccupazione fondamentale è quella di vivere questa forma di evangelizzazione secondo i valori del nostro carisma, in particolare quelli della fraternità e della minorità: - nel servire la Parola - nella centralità di Cristo vissuta nella liturgia (sacramenti) - nella comunione fraterna con tutte le persone - nel servizio ai poveri (testimoniando il nostro essere minori) - nell’essere parrocchia missionaria che a tutti gli uomini va incontro; capace di attuare il comando di Gesù “Andate e predicate”. L’invito che a tutti voi rivolgo è quello di essere una comunità aperta ai valori dello Spirito; che sa guardare a Gesù, il quale ci invia ad evangelizzare, ad annunciare il suo nome con gioia. Il mio grazie va a tutti quei fratelli che in questi 40 anni hanno servito questa comunità; il mio grazie va a tutti voi che li avete saputi accogliere con amore e che con loro avete contribuito a costruire una comunità viva. Onnipotente, eterno, giusto e misericordioso Iddio concedi a noi miseri di fare, per la forza del tuo amore, ciò che sappiamo che tu vuoi, e di volere sempre ciò che a te piace, affinché, interiormente purificati, interiormente illuminati e accesi dal fuoco dello Spirito Santo, possiamo seguire le orme del tuo Figlio diletto, il Signore nostro Gesù Cristo, e, con l’aiuto della tua sola grazia, giungere a te, o Altissimo, che nella Trinità perfetta e nella Unità semplice vivi e regni glorioso, Dio onnipotente per tutti i secoli dei secoli. Amen. (FF 233) Da Lecco a Milano passando per il Camerum fra Giuseppe Panzeri (parroco attuale) Sono nato e cresciuto a Lecco. Avevo quasi tre anni quando nel 1959 la mia famiglia è andata ad abitare in una delle nuove case del nascente quartiere Santo Stefano dove da poco c’era una nuova chiesa dei Frati Cappuccini che nel ’62 sarebbe diventata parrocchia. Ho ricevuto la Prima Comunione e la Cresima con la liturgia ancora in latino, ma poi da adolescente e da giovane, ho vissuto, quasi senza rendermene conto, accompagnato dai frati e in particolare da Padre Ferdinando, (che nel ’74 diventerà il primo parroco cappuccino della nostra parrocchia dei SS.MM. Nabore e Felice) quella stagione piena di entusiasmo e di grandi desideri che nella Chiesa ha coinciso con il rinnovamento degli anni successivi al Concilio Vaticano II. Ho fatto parte del primissimo “Gruppo Giovani”; insieme ai frati abbiamo imparato non solo la nuova li- turgia in italiano, ma siamo divenuti una “comunità”, attraverso catechesi e gesti assolutamente nuovi. In prima superiore ho anche incontrato il Movimento di Comunione e Liberazione, che ha determinato e determina in un modo indelebile la mia appartenenza a Cristo e alla Sua Chiesa senza mai cancellare il mio essere “dei Frati”, come a Lecco si usa ancora dire di quelli che vivono in quel quartiere. Poi… è successo. Inaspettato, sorprendente ma quasi naturale. Nel giro di pochi anni, attratti dalla bellezza di una vita totalmente afferrata da Cristo come ci appariva quella dei “nostri frati”, uno a uno, apparentemente per vie diverse ma vicinissimi sia geograficamente che per la amicizia con i frati, un bel po’ di noi giovani ha “fatto il salto”: vivere quella entusiasmante letizia, quella comunione, quella “intimità” con Cristo sempre, senza altre cose, ogni istante di ogni giorno, “consacrati” a Lui. Ha cominciato Titta, poi Bob Magnelli, poi altri due con me nell’81, l’anno dopo Sergio Tucci, tutti nei Frati Cappuccini, inoltre due ragazze nelle Suore Clarisse e altri tre in altri ordini religiosi. Insomma quasi una “epidemia” nel Gruppo Giovani dei Frati! Certamente una storia così mi ha dato una semplicità e una solidità nel seguire Cristo che non potrei avere se fosse stata una mia idea o una mia decisione; mi sento tranquillo ad affermare che la mia vocazione è una storia da seguire, bella, a volte faticosa, ma mai “paurosa” o piena di dubbi. Due anni dopo la mia ordinazione sacerdotale, mi è stato chiesto di andare in Missione in Camerun, e ci sono restato per 18 anni. Per qualche anno in una Missione “classica” insieme a Padre Umberto, che è vissuto in Africa per 53 anni: La chiesa principale nel villaggio di Sop (a 1700 metri di altitudine) e una dozzina di villaggi con piccole chiesette sparsi in un raggio di 20 Km circa. Ero sempre in giro a visitare e aiutare la gente, co la jeep, a volte con una moto e spesso a piedi. Ho incontrato un modo di vivere semplice, povero e spesso nel bisogno, lieto ma inconsapevole della dignità e del valore dell’essere umano che solo Gesù ci ha fatto comprendere, bisognoso dell’incontro e dello sguardo di Cristo. Ricordo Peter che un giorno mi ha detto: “prima di incontrare te non sapevo di essere così importante”; oppure Richard, che è figlio di un Capo Tribù: “prima pensavo di essere figlio di un capo, e non mi bastava, ora so di essere figlio di Dio”! Poi sono stato per alcuni anni nella città di Bamenda dove ho insegnato religione nelle scuole superiori governative, fatto il cappellano delle prigioni e incominciato ad essere l’educatore dei ragazzi che volevano diventare frati come me. Quest’ultima è stata l’esperienza più lunga, più impegnativa, ma più entusiasmante allo stesso tempo; vedere come il Signore attrae a se persone così diverse da me, vedere come le rende capaci di offrire la propria vita, aiutarle a riconoscere e seguire questa “Presenza Buona” che ha conquistato me prima di loro e seguire Gesù Cristo con loro è stato per me veramente il famoso “centuplo” promesso nel Vangelo. Da ultimo, nel 2012, mi è stato chiesto di venire qui a Milano nella Parrocchia dei SS. MM. Nabore e Felice. E’ stato un grande cambiamento, ma dover cambiare tutte le condizioni pratiche della vita (dalla savana africana alla grande città europea) mi ha fatto vedere con più chiarezza ciò che rimarrà sempre: il rapporto, anzi l’amicizia, con Cristo. Sono veramente contento di essere ora qui, insieme a tanta gente che, nella frenesia della vita milanese così diversa dal Camerun, nella fatica e anche nella povertà, si accorge con me di quella stessa “Presenza Buona” che mi ha afferrato da quando ero bambino e non mi ha più abbandonato, nonostante le mie fragilità, la mia pigrizia e i miei peccati. Nessuno di noi può sapere con sicurezza dove la vita lo condurrà, ma possiamo, posso, affermare con certezza che Lui non ci abbandonerà mai. Grazie, Fra Giuseppe Panzeri Ho chiesto di amare tanto fra Luigi Caserini (parroco dal 1991 al 2000) Io sono una goccia nel pagliaio di fronte a tante presenze che vi hanno portato nel loro servizio tanta spiritualità francescana. Nel 1991 sono stato inviato come parroco a questa comunità che ha come patroni i santi Nabore e Felice, martiri. Essi mi dicono con la loro fermezza e il loro martirio una grande testimonianza di amore a Gesù.Venendo ad abitare con voi, ad essere uno di voi, non ho chiesto al Signore l’abilità di trovare le soluzioni a problemi difficili, non ho chiesto la furbizia per essere insincero e dimostrarmi amico: ho chiesto di amare tanto, di amare tutti, di amare sempre. Mi sembra che questa sia la condizione per rendere credibile il Vangelo e l’accettazione di Cristo al mondo d’oggi. Quando mi fu affidata la parrocchia ho provato un senso di smarrimento, dubitando delle mie capacità. Immediatamente mi sono impegnato a conoscere ciò che l’obbedienza mi aveva affidato: un dono enorme da custodire, da amare, da servire con la parola, con lo stile di vita, con le scelte pastorali. Quante realtà erano fiorite in questa parrocchia: Associazioni, Movimenti, Gruppi, Azione Cattolica, Catechisti, Attività sportive, Giovani, Oratorio, Colonie,Circolo Stella, Consiglio pastorale e altro ancora …… Mi chiedevo: “Con quale volto mi presenterò?” e sentivo una voce di fondo “ Il mio aiuto è nel nome del Signore”. Il primo conforto è venuto quando il mio sguardo si è posato sul nome dei frati che componevano la mia fraternità: frati attivi, generosi, entusiasti, pieni di fede. Li ricordo con tanta riconoscenza: Padre Bernardo Merelli, Padre Alfredo Lunghi, Padre Marcello Longhi, Padre Pierluigi Tomasini. Con essi mi trovavo spesso in dialogo fraterno per parlare di voi, per programmare, persuaso che il primo segno concreto del grande valore della carità è una comunità di frati che camminano insieme. Nei miei nove anni di presenza, altri confratelli si sono alternati nel servizio all’oratorio. Ricordo con tanta gratitudine Padre Giovanni Cropelli, pieno di fuoco spirituale, Padre Piero Bolchi, pieno di soavità religiosa, Padre Antonio Berlingheri, il frate gioioso, e Padre Giuseppe Attorre. Il secondo conforto il Signore me lo ha donato con la constatazione di tanti laici impegnati in parrocchia. In essi ho trovato aiuto, conforto, voglia di rinnovamento, esperienze vissute, consigli e tanto desiderio di crescere nell’Amore di Gesù. Da parte mia mi sono proposto di valorizzare tutti con l’ascolto, il dialogo, il rispetto, la pazienza di saper attendere evitando la polemica ad ogni costo. Vorrei elencare i nomi di coloro che hanno reso bella la Parrocchia con l’abito del servizio: la mia mente è piena di nomi e sono convinto che , se la vita parrocchiale è ancora viva, è per merito loro. La paura di tralasciare qualche nome mi impedisce un lungo elenco. Insieme abbiamo camminato, confidando nei valori e nelle persone, più che nelle strutture. Quanti propositi, quanti sogni, quante prospettive riempivano e profumavano il nostro spirito. Sono diventati tutti frutti , quei fiori? No, nella natura questa non è la legge. Molti fiori sono fatti per la pura bellezza: cadono senza dar frutto. Così tanti nostri sogni. Comunque vari propositi furono tradotti in realtà e la Parrocchia di San Nabore e Felice è cresciuta, è maturata. Vorrei infine ringraziare i frati Cappuccini del nostro convento per il sostegno pastorale che esercitano nel servizio della Parola e della Carità. Un ultimo grazie a tutte le Suore che in questi trenta anni hanno collaborato alla crescita spirituale della Parrocchia. Buone Feste Il mio grazie fra Luigi Boccardi (parroco dal 2000 al 2013) È difficile ricordare tredici anni di vita passati in mezzo a voi. Tredici anni sono tanti e sono stati talmente pieni di episodi, di incontri, di volti: l’anno scorso quando vi ho salutati mi veniva da pensare: ma davvero ho conosciuto così tanta gente? Nella vita quotidiana quasi non ci si rende conto di tanta ricchezza, che si coglie con verità proprio nei momenti forti, nei momenti in cui sei chiamato a fare come una sintesi della vita. Certo la prima parola che mi sento di dire è la parola grazie, il primo sentimento è quello di gratitudine per un cammino che il Signore mi ha donato di fare in mezzo a voi. Una gratitudine che va anzitutto ai frati che mi hanno preceduto (anche a quelli che oltre a precedermi mi hanno seguito, vero padre Gigi?): quando sono arrivato ho trovato nei confronti dei frati tanta stima e affetto, segno evidente dell’impegno e della passione evangelica con la quale hanno svolto la loro missione in mezzo a voi. Ho sentito subito la ricchezza di una storia cui il Signore mi chiamava ad essere fedele, a conservare e aiutare a crescere. Poi naturalmente per i frati che hanno vissuto con me: persone diverse, con diverse sensibilità, ma profondamente desiderosi di vivere il Vangelo e di comunicarlo a tutti; soprattutto capaci di vivere in fraternità in modo sereno, in una accoglienza reciproca che rende anche la nostra testimonianza più bella e più vera. Ho sempre pensato che il senso di una fraternità cappuccina che assume la responsabilità di una parrocchia debba prima di tutto restar quello che è: una fraternità che vive il Vangelo secondo lo stile di Francesco. Poi devo ringraziare il Signore per i tanti incontri, per i volti, le storie che mi ha fatto incontrare nella mia permanenza a San Nabore. Volti incontrati nei momenti di gioia (ripenso alle prime comunioni, alla emozione bella dei bambini e dei genitori, ai Battesimi, ai matrimoni) come nei momenti di tristezza e di fatica; penso ai numerosi pellegrinaggi ad Assisi e nei vari luoghi che abbiamo visitato, penso alla gioia dello stare insieme nella semplicità della condivisione di una cena, penso alle settimane passate a Borzago, penso all’impegno faticoso e gioioso d tante persone nella nostra festa parrocchiale, penso anche ai semplici incontri in Oratorio, fuori dalla Chiesa dopo le Messe, alla Mostra del libro.... È la vita che il Signore mi ha concesso di vivere in mezzo a voi. Dentro questa vita, questi incontri il Signore ha condotto la mia vita, mi ha fatto giorno per giorno riscoprire in modo sempre nuovo il valore e la gioia della mia vocazione. Mi ha fatto davvero sentire con profondità vere quelle parole di Francesco che diceva “il Signore mi ha dato dei fratelli”. Mi ha fatto risentire la bellezza di essere chiamato dentro una comunità, dentro la grande Chiesa del Signore a cercare di vivere la grandezza e la semplicità del Vangelo. Sentirsi Chiesa, sentirsi comunità chiamata dal Signo- re, fatta non di gente perfetta, fatta di persone che hanno i loro limiti, la loro fragilità, le loro “fisime” ma che il Signore è capace di tenere insieme, è capace di rendere segno del suo amore: questo è stato per me il dono più bello e grande della mia permanenza a San Nabore. Ritrovarsi intorno al Signore nell’Eucarestia, sentire la sua Parola che ci invita, ci incoraggia, qualche volta ci giudica, sentire la sua presenza che si rinnova in mezzo a noi nonostante tutti i nostri limiti, questo è ciò che ci fa crescere nella nostra unità, che la fa diventare sempre più vera: e proprio questo è ciò che ho sperimentato in mezzo a voi. È anche questo che mi ha dato serenità quando il Provinciale mi ha chiesto di lasciare san Nabore per un altro luogo, per un altro incarico. È la certezza che questa unità non è rotta per la distanza che c’è tra noi, che questa esperienza di unità continua, anche se in luoghi diversi e con persone diverse, per me e per voi. Questa unità costruita dal Signore è il senso vero della Chiesa “cattolica” che respira sempre l’amore del Signore, che siamo chiamati a vivere e ad accogliere con quello spirito di semplicità che è quello che ci ha insegnato Francesco. Grazie al Signore dunque e grazie a tutti, proprio tutti voi che del Signore siete stati per me segni concreti nel cammino di quei tredici anni; un grazie che diventa desiderio di continuare a vivere in modo sempre più profondo quella esperienza del Signore che in questi anni mi è stato dato e ci è stato dato di vivere. Il Signore ti benedica e ti custodisca. Mostri a te la Sua faccia e abbia di te Misericordia. Volga a te il Suo sguardo e ti dia Pace. Il Signore ti Benedica. 4 1974 P. Pierluigi Mambretti P. Giuseppe O ldrati P. Ferdinando Colombo P. Gaudioso Riva P. Bruno Bazzani P. Antonio Belingheri ropelli P. Giovanni C ogliata P. Lorenzo F P. Roberto Magnelli P. Giorgio Bonati P. Alfredo Lunghi P. Luigi Caserini La comunità di S. Nabore e i suoi frati... un lungo cammino insieme. Grazie! 2014 P. Gianni Landini P. Giuseppe Panzeri P. 0 P. Mariano Brignoli P. Roberto Bello P. Gianluigi Rota P. Bernardo Merelli P. Roberto Pirovano P. Marcello Longhi P. Carneli o Saita P. Cesare Bonizzi P. Pietro Bolchi P. Angelo Albani P. Sergio Tucci P. Giuseppe Atorre P. Luigi Boccardi P. Gianpaolo B eghi P. Saverio Corti P. Claudio Doriguzzi P. Ettore Zini P. Pierluigi Tomasin i Intervista a padre Gigi NOME: Pierluigi Tomasini NASCITA: 9 novembre 1958 a Pedergnaga Oriano (BS) STUDI: maturità classica conseguita nel 1976, facoltà di agraria 1 anno La mia famiglia si trasferisce due volte mettendo radici a Magenta, ma la cultura contadina lascia un segno indelebile nella mia vita e nella mia formazione. Svolgo due anni di lavoro in una cooperativa agricola di Magenta come apprendista agronomo badilante. In quegli anni vengo a contatto con le missioni al popolo dei Frati Cappuccini Lombardi ed entro in seminario il 3 ottobre 1981 (proprio la sera in cui i miei amici escono per andare ad un concerto … begli amici!). Do i voti del noviziato nel 1983 e la professione definitiva il 4 ottobre 1987. Inizio la collaborazione in S. Nabore il 02 ottobre 1989, che cesserà nel… L’11 giugno 1994 celebro la mia Prima Messa e divento sacerdote. Hai detto che hai ascoltato le missioni dei Frati Cappuccini. La vocazione è nata lì nel ‘76 quando lavoravi nella cooperativa a Magenta? E’ li che hai scoperto la tua vocazione? In modo più preciso, ero lì, a 18 anni dopo aver preso il diploma. Facevo il catechista, ero nell’oratorio, vendevo l’Avvenire dopo la Messa e mi ricordo che il mio prete mi aveva prospettato la vocazione sacerdotale nel seminario a Venegono. Ma la vita del prete, per come ero fatto io, che vivevo in una famiglia, mi spaventava un po’ perché lo vedevo solo, in questa solitudine. Invece mi affascinava la vita dei frati che vivevano come in una famiglia. Mi ricordo che a Cuggiono vivevamo come in una famiglia patriarcale : c’erano i nonni con tre o quattro figli sposati, 15 nipoti. Credo che la vocazione sia nata lì. Nella mia famiglia ci sono anche delle suore, un cugino di mio padre è prete. Era già una famiglia religiosa come quelle di una volta, famiglie numerose dove c’era già stata un’educazione. Il Parroco mi ha prospettato questa vocazione in un momento di passaggio quando avevo finito il liceo classico , però io ho detto di no perché mi spaventava questa solitudine. Invece i frati con questa vita comunitaria, la gioia, la festa... Da Velasquez veniva a Magenta un frate questuante con il cavallo e mi aveva colpito la prima volta vederlo con la barba, i piedi nudi, nel freddo. Ha fatto un anno così, poi non ce la faceva più e allora veniva con un auto guidata da uno studente. La vostra famiglia è una famiglia allargata: la fraternità dei Frati Cappuccini Lombardi. Io vedo questa famiglia come una famiglia che si muove. E’ vero che siamo belli, ma raccontaci perché sei qui da così tanti anni... La storia è legata alla mia fragilità. Io sono stato mandato qui perché, a differenza di Giuseppe, ho fatto il diaconato nell’89 e l’anno dopo avrei dovuto diventare prete con la mia squadra, come si fa di solito. Io invece avevo paura ad affrontare il sacerdozio perché non mi sentivo all’altezza e quindi sono stato mandato in parrocchia per vedere di provare alcune esperienza e così ho resistito nel diaconato circa 5 anni. Da li ho cominciato a fare il prete e mi sono trovato bene perché è diverso essere qui come diacono o come prete ad esempio con i malati o nell’oratorio. Poi ho cominciato la storia con il Cammino Neocatecumenale e le Comunità. I responsabili dei frati, con il Provinciale, vengono ogni tre anni a fare la visita: vengono a chiederti se ti trovi bene o se vuoi cambiare, e ti chiedono se sei disposto a cambiare. Io ho detto di si, ma mi hanno sempre lasciato qui. Da parte mia mi sento più adatto in un ospedale o in una parrocchia, in un convento mi vedo un po’ meno. Comunque questa Parrocchia ha un bel ruolo nella tua vocazione sacerdotale. Siamo stati importanti per te? Io non direi così. Come ho detto in alcune testimonianze sia coi frati, sia davanti alle comunità, già da diacono io avevo delle paure ad affrontare una decisione così definitiva e in momenti diversi mi domandavo “ma sarò capace?”. Invece ho visto che venendo qui e cominciando a seguire le benedizioni nelle case mi piaceva questo contatto personale. Poi, anche grazie a fra Angelo, mi hanno dato un compito, il ruolo, nonostante fossi solo diacono, di seguire i battesimi e mi sono accorto di essere fatto per seguire quelle realtà dove esiste un rapporto a tu per tu, come con una coppia o suonando alla porta. Vedo che sono fatto per quelle cose. Quando ho detto di si mi sono trovato bene nelle piccole comunità. Quando Padre Caserini, dopo tre anni di riflessione, ha aperto alla Comunità Neocatecumenale che veniva da Baggio e si riuniva al sabato sera, ho visto che questa piccola comunità (fatta da venti persone) mi aiutava nel parlare. Mi trovavo bene e questo mi aiutava a comunicare perché uno poteva dire ciò che lo aveva colpito; poi c’erano le confessioni comunitarie, i canti... Io dico che il Signore, se dici si, ti spiana la strada: mi è venuto incontro con questo strumento per farmi capire che potevo fare un servizio, che potevo fare il prete. Tu sei una presenza molto sentita nella nostra Parrocchia fra i malati e gli anziani; sei un riferimento per loro . Hai vissuto la dimensione della sofferenza e della malattia quando hai avuto un problema al cuore. Puoi mettere in relazione questa tua esperienza con il servizio che tu fai? Si, è stato un episodio molto significativo ma non lo metterei in relazione con questo servizio perché è avvenuto quasi 10 anni dopo che ero in Parrocchia. Ho cominciato a seguire i malati in modo significativo quando padre Bernardo ha “cominciato a perdere i colpi” nel 97/98. Il Parroco era ancora Caserini e mi ha chiesto se mi sentivo di fare questo servizio. Io, leggendo la mia storia, mi sono sentito. Ho anche seguito il catechismo per tre anni quando è andato via padre Antonio, però ho visto che ho fatto una grande fatica, per come ero fatto, poiché sono un tipo ansioso. Per me fare i ritiri anche con 300 persone, mette ansia, però quando prendo delle responsabilità, poi le porto avanti. Vedevo che ero fatto per incontri a tu per tu come con i malati o con gli incontri per i battesimi che tengo ancora adesso. Quando ho fatto l’operazione era il 2006 ma era già da sette/otto anni che seguivo cinquanta o sessanta ammalati perché padre Bernardo aveva lasciato per motivi di salute e mi piaceva questo servizio proprio per come sono fatto io. Il fatto di trovarti nella malattia, a dover essere consolato piuttosto che a consolare, cosa ti ha dato in più? Questo soffrire ti ha dato una dimensione diversa? Mi sono reso conto che quando vai dagli ammalati dici delle cose ma quando sono stato io a viverle ho constatato che fra il dire e il fare c’è molta diversità. Per esempio quando dici “Coraggio anche il Signore ha sofferto sulla croce” ma quando sei dentro, devi avere una fede forte. Io, i primi giorni che ero in ospedale, scherzavo. Il martedì andai a fare un esame e il cardiologo ha trovato questa frattura significativa della valvola mitralica e il primario mi ha trattenuto. Padre Angelo e Suor Margherita mi hanno portato il dentifricio e il pigiama. Sono andato al Sacco e poiché non c’era posto in terapia intensiva ho atteso una settimana: ancora scherzavo. Poi mi sono accorto di avere una fede piccola e come gli altri affronti la sofferenza con timore. Sappiamo che per te il Cammino Neocatecumenale è importante. Qual è il motivo? Il Signore mi ha fatto capire che celebrando nelle piccole comunità ricevevo forza per affrontare poi la grande assemblea della nostra Parrocchia. Padre Caserini aveva notato che nella Parrocchia c’erano sempre le stesse persone che fanno volontariato e che mancavano forze nuove. Ha pensato che ci voleva qualcosa di nuovo ed ha aperto a queste comunità. C’è un’evoluzione nel cammino che è la riscoperta del Vangelo con tappe differenti. Dopo la tappa della “Red- ditio” in cui tu restituisci la tua fede dopo aver compreso come il Signore è presente nella tua vita, la comunità può cominciare ad assumere impegni. Questo cammino è nato per avvicinare i lontani. E’ una pastorale nuova. Bisogna riconoscere che certe realtà che un tempo erano fiorenti ora non sono più capaci di rispondere ai bisogni di oggi e quindi occorre andare a guardare dove lo Spirito Santo ha suscitato cose nuove. Non sempre nelle Parrocchie, anche nel Decanato, c’è questa apertura. Visto che nel Cammino ci sono molti giovani, perché non viene fatta loro la proposta di entrare anche nei vari gruppi esistenti in parrocchia? A uno che non credeva non potrò dire “vai alla comunità giovani”; potrò dirlo a uno che magari viene a confessarsi. Comunque dopo la “Redditio”, se il Parroco vorrà coinvolgere le persone, queste potranno accettare di assumere incarichi nella Parrocchia. I frutti del cammino sono che, a differenza di famiglie in cui i genitori sono vicini alla Chiesa e i figli meno, nella prima Comunità trovi i genitori, nella seconda i figli, nella terza i fratelli o le sorelle …. C’è questa trasmissione della fede che è saltata in altre situazioni, che è in parte scomparsa. Un’ultima domanda: per te è più importante Gesù o Kakà ? Parte una doppia risata e l’intervista termina… Grazie Fra Gigi ! ... e 30 anni con le Suore Cappuccine Il dicembre scorso ha visto entrare le Suore Cappuccine del Sacro Cuore nell’anno giubilare legato alla ricorrenza dei 100 anni dalla morte del Mons. Francesco Maria Di Francia – fondatore dell’Istituto. L’evento ha preso inizio con la solenne celebrazione dell’Eucaristia nel santuario dedicato a sant’Antonio a Roccalumera (Me), luogo dove Mon. Francesco Maria Di Francia ha legato la sua vita a quella delle suore e dove ha terminato il suo cammino di servizio fra gli uomini. Francesco Maria Di Francia nato a Messina nel 1953 e cresciuto in ambiente familiare e scolastico religioso, avvertì il desiderio del dono totale della sua vita a Dio nel sacerdozio, acconsentì ad esso e dopo la stabilita formazione in seminario, venne ordinato sacerdote il 18 dicembre 1880; a partire da questa data, la diocesi di Messina lo vide occupatissimo nello svolgimento del suo ministero come apostolo della carità tra i poveri e i sofferenti, come diligente professore di teologia morale tra i seminaristi, come zelante confessore tra i peccatori desiderosi di ritornare a Dio e come padre delle orfane e delle suore nel nascente Istituto delle Povere Suore del S. Cuore, nome che ebbe inizialmente Istituto delle Suore Cappuccine del Sacro Cuore. Parole del Servo di Dio Francesco Maria Di Francia prese dalla “Santa Quaresima predicata in Taormina”, 12 febbraio 1902: “Io vengo a predicarvi la divina parola: vengo a confermarvi nella divina grazia se siete giusti, ad infervorarvi nel S. Amore di Dio se tiepidi, a richiamarvi ai piedi del Signore se peccatori. Signori, non vi aspettate da me il fascino di una profana eloquenza, i ricercati argomenti di una nebulosa filosofia, le incantevoli descrizioni di fiorita letteratura. Io vengo nel nome del Signore: vi predicherò Gesù Cristo, i suoi Divini insegnamenti, la sua santa morale, quella fede che ci ha insegnato, quella speranza per la quale ci ha innalzato alle cose celesti, quella sublime carità che forma la base, il fine, lo scopo della sua santa religione! - Ed è per ciò che fin da questo giorno rivolgo a voi le parole che il grande apostolo indirizzava ai Corinti: Ecco il tempo accettevole, ecco i giorni della salute.” Al centro dei pensieri formulati dal Servo di Dio, si staglia una chiara certezza: “Vi predicherò Gesù Cristo”. La conversione e la santità sono impensabili senza la centralità di Cristo. Convertirsi non significa semplicemente mutare vita. Questa è, semmai, la conseguenza. Perché la grazia della conversione consiste nell’incontro con uno sguardo. Lasciarsi raggiungere dallo sguardo di Cristo per essere poi capaci di conformarsi a quel fascino amorevole e a quella forza attrattiva con un abbandono totale. Dobbiamo immaginare le parole del Servo di Dio alla luce del suo sguardo. Egli può dire di voler predicare Cristo non soltanto per un dovere ministeriale, ma anche e soprattutto per l’esperienza della sua intima comunione con Cristo. L’anno giubilare diventa occasione di ringraziamento per la presenza delle Suore Cappuccine del Sacro Cuore, ormai di 30 anni nella nostra Parrocchia a Milano. Dalla casa in via Gulli, 62 sono passate ormai tante nostre sorelle servendo in modo umile e semplice la Chiesa di Milano. Dopo tanti anni è cambiato il modo di presenza e del servizio. Le sorelle Alba e Rosalba continuano a seguire gli anziani rendendosi disponibili all’ascolto portando l’Eucaristia a chi non può più uscire da casa perché malato, solo o senza le forze. L’archivio parrocchiale, oltre al solito lavoro di archivio,è spesso il posto privilegiato di incontro con chi ha bisogno di essere consolato, ascoltato, consigliato.. Il lavoro delle suore è anche il servizio in sacristia cioè la cura dell’altare che con l’arrivo di suor Alba ha ricevuto un tocco più femminile e attento alle tovaglie, alla biancheria della chiesa usata nella liturgia. La pastorale giovanile e vocazionale è affidata a suor Margherita che in collaborazione con la Pastorale Giovanile e Vocazionale dei Frati Cappuccini segue i giovani nel cammino “Cerco Te” e nei vari eventi proposti ai giovani anche in collaborazione con i Frati Minori lombardi. La missione delle suore nella parrocchia non si esaurisce al solo lavoro ma soprattutto diventa testimonianza di vita di chi è chiamato alla sequela di Cristo nella grande famiglia francescana e specie in questa cappuccina. Frati e ragazzi, compagni di viaggio Ricordiamolo bene tutti: non si può annunciare il Vangelo di Gesù senza la testimonianza concreta della vita! Con queste parole Papa Francesco ci esorta a non relegare la fede in un angolo, a non farne una parentesi che si apre la domenica mattina alle 10 e si chiude un’ora dopo, alla fine della Messa, ma a viverla nel le nostre azioni quotidiane, avendo il coraggio di essere testimoni di Cristo in ogni nostro gesto. Per imparare a farlo soprattutto noi ragazzi abbiamo bisogno di affidarci a delle guide nello stesso tempo straordinarie e vicine alla nostra realtà: e chi meglio dei frati del nostro oratorio? Con il loro modo di vivere , con le loro scelte e anche solo con il loro modo di vestire danno un segnale concreto della presenza di Dio, dimostrando a noi giovani che seguire Gesù non richiede soltanto fatica e rinunce, ma regala anche grande felicità. La loro scelta di vita, infatti, suscita domande, spaventa, attrae e contemporaneamente stupisce: al primo impatto possono sembrare degli “alieni”, ma camminando per le strade con indosso il loro saio ci danno un’idea chiara di cosa significhi portare la parola di Cristo nel mondo, proponendosi come modello per chi vuole andare alla scoperta della bellezza della fede. E’ dunque nella vita di tutti i giorni, ancor più che nei momenti liturgici, che noi ragazzi ci avviciniamo ai frati, riconoscendo in loro dei testimoni che possono aiutarci a proseguire nel cammino verso Dio nella direzione giusta e con l’entusiasmo giusto, diventando loro “compagni di strada”. Sono tante, infatti, le attività in cui i frati ci coinvolgono, dandoci fiducia , proprio in un momento in cui il mondo sembra non essere disposto a darcela. Ed è una fiducia che si traduce in gratitudine e in responsabilità, una fiducia ch e fa riscoprire il piacere del fare qualcosa di utile per sé e per gli altri, un a fiducia che ci rende consapevoli del nostro valore anche quando tutti i nostri problemi ce l’hanno fatto dimenticare. E’ proprio questo, dunque, il motivo pe r cui ogni anno molti ragazzi si impegnano come animatori ed educatori nel nostro oratorio e vivono con passione l’esperienza di Borzago, perché vogliono metter si in gioco, offrendo il loro tempo e il loro impegno alla comunità. In un mondo come il nostro, in cui spesso prevale l’indifferenza, i nostri frati non hanno paura di mostrarci il loro interesse nei nostri confronti: certo è difficile trovare delle modalità di comunicazione attraenti e coinvolgenti per le nuove generazioni, spesso molto esigenti e con problematiche sempre mutevoli, ma è bello sa pere che c’è qualcuno che si preoccupa per noi e che si mette in gioco per capir e come parlarci senza paura di perdere il suo tempo. Così come il Papa sta cercando di portare un’ondata di rinnovamento nella Chiesa, anche i nostri Cappuccini cercano di tenere presenti le esigenze di noi giovani, convinti dell’importanza dei momenti di dialogo e di confronto, come per esempio gli incontri della Comunità Giovani. Un ragazzo non rimane indifferente davanti a chi gli viene incontro senza vergogna e senza paura di risultare a volte un po’ “rompiscatole”, perché vede anche nell’insistenza un segno di attenzione nei suoi confronti, attenzione che pochi sono disposti a dargli. Vivendo dunque in una realtà come quella dell’oratorio ci si accorge che ogni singolo frate ha il suo modo di essere testimone di Cristo: non esiste uno stereo tipo di frate valido per tutti e non bisogna aspettarsi che siano tutti uguali solo perché indossano la stessa “uniforme”. Si possono creare rapporti migliori c on uno piuttosto che con un altro, ma è bello imparare a fare tesoro dei doni ch e ognuno, con la sua diversità, ha da offrirci. In conclusione il bilancio di questi anni di percorso insieme ai nostri frati non può che essere positivo, con la speranza che anche in futuro riescano ad essere dei testimoni credibili e sempre attuali, dimostrandoci che si può essere moderni rimanendo coerenti con l’insegnamento del Vangelo e aiutandoci a guardare oltre ai facili modelli proposti dalla società di oggi. La comunità giovani Le famiglie raccontano Ci è stata chiesta una testimonianza perché viviamo già da alcuni anni in Parrocchia e perché SS Nabore e Felice non è la nostra parrocchia di origine. Siamo arrivati a vivere in Parrocchia il 12 luglio 2003, festa liturgica dei Santi Nabore e Felice. L’abbiamo scoperto dopo, però, allora non lo sapevamo. Era il giorno del nostro Matrimonio. Alcuni mesi prima, mentre stavamo preparando la casa, eravamo andati a vedere la chiesa. Sinceramente non ci aveva fatto una bella impressione. Era immensa, un po’ dispersiva. Noi eravamo abituati a chiese di dimensioni più modeste e dal clima raccolto. Abbiamo iniziato a frequentarla, perché era la nostra Parrocchia, e la prima volta che siamo andati a Messa ci siamo presentati al Parroco, Padre Luigi. Lo stesso giorno abbiamo conosciuto anche suor Margherita e Padre Giampaolo, anche loro appena arrivati in comunità. La loro accoglienza ci ha molto colpito. Negli anni abbiamo poi conosciuto tantissime persone! E’ una comunità numerosa e varia. Dopo alcuni mesi io, Carlo, sono stato invitato ed eletto al consiglio pastorale. E’ stata l’occasione per conoscere più da vicino alcune persone che donano il proprio tempo gratuitamente e si impegnano con tutta la loro intelligenza per servire la Chiesa locale. Sono rimasto colpito dalla tensione all’unione anche nelle evidenti diversità che ci sono fra noi, così come dalla testimonianza di vita in comune dei Frati e delle Suore. Passati alcuni anni, mi è stato chiesto di occuparmi dei chierichetti e di fare da cerimoniere ed è stata una faticaccia aprire i libri e studiare, ma ho potuto apprezzare più da vicino l’opera dei Sacerdoti della nostra Parrocchia che tutti i giorni celebrano la Messa per noi e ho potuto incontrare e vedere crescere tanti bambini, conoscere le loro famiglie, i lettori, i cori … e constatare come veramente è il Signore che ci raduna in unità, non le nostre misere forze. Per me, Federica, potere contribuire ad animare la Messa anche attraverso la nuova esperienza del coro, da sempre una nostra passione, mi rende grata perché cantare è pregare e per i legami di amicizia che stanno fiorendo. Intanto il tempo è volato e le nostre figlie sono cresciute: il cammino dell’iniziazione cristiana, iniziato con il Battesimo ricevuto qui in Parrocchia, prosegue con l’inizio del catechismo. Padre Giuseppe ha richiamato tutti i genitori a riscoprire e approfondire la coscienza della bellezza e ricchezza di vita che ci viene donata in Cristo per poterla trasmettere ai bambini. Questo impegna molto tutti noi genitori, ma insieme possiamo dare loro una testimonianza ancora più credibile. Vogliamo infine testimoniare la gioia di essere partecipi di questa comunità e la gratitudine per essere stati accolti in semplicità. Carlo e Federica Tanti frati, una comunità: Al termine dell’estate del 1974, quarant’anni fa, i parrocchiani che riprendevano a frequentare la nostra Chiesa si accorsero che erano cambiati i sacerdoti. Non solo il Parroco, ma tutti. La sorpresa non finiva qui: si trattava di frati Cappuccini, come quelli del Rosetum. Fin dal primo contatto prevalse la simpatia: i frati erano gioiosi, pieni di voglia di fare. Appariva anche opportuno in una Parrocchia che ospitava il Rosetum che non vi fosse più un certo dualismo, due diversi poli di attrazione con relativa divisione anche tra i parrocchiani. I frati si presentarono come un gruppo coeso,anche se i compiti erano diversi tra loro. Si notava una gestione comune, coordinata; era naturale quindi che anche i parrocchiani li accogliessero con viva simpatia. Gli anziani di oggi si ricordano di un molteplice fiorire di iniziative accanto alla continuazione dell’operatività esistente. Restavano quindi e si valorizzavano l’azione Cattolica, la San Vincenzo, l’organizzazione per la catechesi dei ragazzi, la buona stampa, il Gruppo missionario, il coro ma accanto a queste ne fiorirono progressivamente molte altre. Sorsero i “Gruppi Famiglia” che si trovavano periodicamente col parroco: si trattava di coppie che abitavano nello stesso caseggiato o in caseggiati contigui. Questo ha favorito una migliore conoscenza fra i parrocchiani, l’apprezzamento reciproco e premessa per l’organizzazione di varie attività. Vennero individuate dal parroco diverse persone che, senza molti complimenti, dovevano assumersi il compito di tenere i cosi detti “Corsi per fidanzati” non solo per la nostra Parrocchia ma anche per le altre Parrocchie del Decanato. L’oratorio si riempiva di ragazzi; le ragazze si ritro- vavano presso le suore di via Gulli. Per loro furono organizzati anche i “Soggiorni estivi” che ancora oggi si ricordano. Nacque Borzago, la baita della Parrocchia. Si costituì il Gruppo sportivo Nabor, il complessino musicale chiamato “Gruppo Città”, il Gruppo della Buona Stampa che promosse la conoscenza del giornale cattolico “Avvenire”. Il primo parroco si chiamava Padre Ferdinando, e con lui arrivarono i padri Gaudioso, Lorenzo, Bruno, Gianluigi .Via via si alternarono altri frati . Succedette, come parroco dopo 11 anni, Padre Cornelio, professore Universitario proprio nel momento in cui, secondo le direttive della diocesi, fu costituito il Consiglio Pastorale formato dai sacerdoti e da laici nominati secondo le votazioni dei parrocchiani. Prese quindi forma e sviluppo questo organismo con le relative commissioni, articolazioni necessarie per occuparsi di tutte le attività della parrocchia. Assieme al Consiglio Pastorale si organizzò il Consiglio degli affari economici. In questo periodo, grazie all’impulso dei frati Bob e Marcello sviluppò la “Comunità Giovani “ che promosse un cammino di maturazione anche spirituale per circa 90 giovani . Arrivò anche come diacono Pierluigi Tomasini che, ordinato sacerdote nel 1994, ancora oggi è felicemente fra noi. Nacque il Circolo Stella come luogo di ritrovo per anziani e ragazzi. Venne quindi il Parroco Padre Luigi Caserini con un nuovo gruppo di frati fra cui ricordiamo Padre Bernardo con la sua apprezzata anzianità. Era sempre presente, pronto all’ascolto e sempre capace di dare un sapiente consiglio. zi ebbero un grande impulso grazie al lavoro di Padre Giovanni, prima ,e di Padre Giampaolo,poi. Accanto ai frati la Parrocchia ha goduto da trent’anni della presenza e preziosa attività delle Suore Cappuccine che il primo parroco chiamò dalla lontana Sicilia. Questo scritto sui primi quarant’anni dei Padri Cappuccini a San Nabore non è esaustivo su tutte le attività svolte e ci saranno senza dubbio molte omissioni sui collaboratori dei Parroci. Però vuole essere occasione per esprimere loro un vivo ringraziamento per la dedizione, l’attività che hanno profuso per questa Parrocchia e quindi per tutti noi. Sentiamo il bisogno che questi sentimenti vengano espressi in un’apposita occasione da tutti i parrocchiani. Antonio, Adriana, Tino, Rita Durante questi anni si consolidò l’iniziativa della Festa Parrocchiale, organizzata sempre meglio con varie articolazioni , che richiamava un grande pubblico anche da fuori parrocchia a testimonianza che simili esempi di incontro sono apprezzati e quindi frequentati. Sempre nello stesso periodo fu necessario l’impegno dei laici nella catechesi dei ragazzi, anche con incontri paralleli e mensili con i relativi genitori. Arrivò quindi”Luigi II”, padre Boccardi, già noto nell’ambiente della Parrocchia perché, essendo tra i frati del Rosetum e laureato e insegnante di Teologia, si ricorreva a lui in varie circostanze. Con lui prese forma e successo la catechesi per adulti con temi diversi, anno per anno, e molto frequentata. Durante i suoi tredici anni di permanenza (record) ci furono diverse iniziative di viaggi della Parrocchia, anche all’estero, molto apprezzate ed occasione di conoscenza. Stima e collaborazione reciproca in molte altre attività. Per diversi anni si organizzò un pellegrinaggio al Sacro Monte di Varese come conclusione a giugno dell’attività pastorale dell’anno. Partecipavano tante persone: adulti, famiglie, ragazzi di tutte le età. In questo periodo l’oratorio e il catechismo dei ragaz- I ricordi più belli dai... miei bravi ragazzi Un ricordo ricorrente della nostra Trinidad è la prima comunione dei due nipoti. Frequenta da 25 anni la Parrocchia e si trova bene a ogni livello. Con commozione ricorda tra i più belli , i pellegrinaggi ad Assisi con Padre Luigi Boccardi , ex Parroco , e quello all’Abbazia di Piona organizzato dalla Terza Età ... con tante persone simpatiche ! Alba ricorda con particolare commozione il matrimonio della figlia Patrizia celebrato da Padre Ferdinando Colombo e l’Ave Maria di Schubert cantata da un’amica soprano e accompagnata all’organo dal Maestro Bassi oltre al battesimo del nipote di cui era madrina. In Parrocchia Alba si sente parte di una grande famiglia e apprezza la consuetidine di celebrare i 50 anni di matrimonio con il rinnovo della Promessa che lei stessa ha potuto sperimentare. Rita ricorda con gratitudine quando Padre Gaudoiso si occupava , quasi ragazzo tra i ragazzi, dei giovani della Parrocchia e organizzava persino “ Le Olimpiadi” assicurando a suo figlio le buone basi del vivere cristiano. Padre Claudio era ancora un ragazzino che prestava servizio come chierichetto! Angela Lucia ricorda il cambiamento avvenuto nella Parrocchia con l’arrivo dei Frati Francescani , meno conformisti e formali dei preti riuscendo così ad attrarre più fedeli. Dal 1977 ha partecipato attivamente al gruppo di San Vincenzo con tanta gioia e soddisfazione. Delfina, tra i vari ricordi non può dimenticare tutti i bei pellegrinaggi ai santuari Mariani sotto la guida di Padre Boccardi ed esprime il suo ringraziamento per le giornate annuali organizzate per la Festa dell’ammalato. Narcisa ricorda con dolcezza i pellegrinaggi ad Assisi e a Pietrelcina ( Padre Pio) organizzati dalla Parrocchia ed esprime la sua gioia di appartenere al Gruppo della Terza Età che l’aiuta ad affrontare la vita con serenità. Angela, la nostra decana,ricorda con commozione i battesimi e le prime comunioni dei suoi cinque nipoti ,seguiti con grande partecipazione . Il suo ultimo nipote, Lucio, “ impersonava “ Gesù Bambino durante una Santa Messa di mezzanotte celebrata da Padre Giorgio. Zara, che frequenta il gruppo della Terza età da 10 anni, ricorda il battesimo, la prima comunione ,la cresima dei due figli e il matrimonio della figlia. Purtroppo in Parrocchia è stato celebrato anche il funerale del marito ma i frati le sono stati vicini in questo triste evento. Zara ha sempre partecipato ai pellegrinaggi organizzati e ricorda la guida sempre attenta e precisa di Padre Boccardi, ora Parroco a Lecco.Con Carla e Luigia frequenta il Circolo stella tutte le domeniche. Carla ricorda il matrimonio della figlia e tutti i Sacramenti impartiti ai figli ( Battesimo, ecc...) Luigia ricorda tutti i pellegrinaggi organizzati dalla Parrocchia ed è contenta di partecipare al gruppo della Terza Età. Graziella ricorda la prima comunione dei figli , il matrimonio della figlia e il funerale del marito . In questo doloroso evento Padre Gigi era andato a trovarla e l’aveva invitata a partecipare al gruppo della Terza Età per cercare di superare questo momento così difficile. Enza si trova molto bene con il gruppo della Terza Età. Anna ricorda la prima Comunione e la cresima dei figli . Inoltre anche la nipotina sarà battezzata in Parrocchia e suo papà , figlio di Anna, frequenta il corso di preparazione al matrimonio dopo anni in cui si era allontanato dalla Chiesa. Inoltre conferma che si trova molto bene nel gruppo della Terza Età che ha iniziato a frequentare dopo la morte del marito e ha partecipato a vari pellegrinaggi tra cui quello di Assisi. Tutti si ricordano con simpatia il padre della responsabile Lucia , Giuseppe, che frequentava il gruppo della Terza Età . Alla sua morte Lucia ha potuto testimoniare il supporto affettuoso dei Frati e di Antonino, un altro volontario ora scomparso che era anche ministro straordinario dell’Eucarestia. Lucia è da poco tempo nella nostra Parrocchia e frequenta la 3° Età . Si trova molto bene in quanto ha trovato un ambiente piacevole , dei frati sempre gentili e disponibili. Apprezza anche le gite e i pellegrinaggi sempre ben organizzati. Raffaella ha tanti bei ricordi legati alla Parrocchia in quanto i figli vi hanno hanno ricevuto tutti i S. Sacramenti e hanno sempre frequentato l’oratorio .Ora non abita più in zona ma continua a frequentarla . Ricorda con particolare emozione l’assistenza religiosa di Padre Gigi in occasione della malattia del marito e al momento della morte e anche l’esortazione di Padre Luigi , l’ex Parroco, a partecipare alle riunioni della 3° Età che l’hanno aiutata a superare il dolore della perdita. Amelia frequenta la 3a Età dal 1997 con assiduità ed è molto contenta dello spirito Francescano che anima la nostra Chiesa e che l’ha incoraggiata a fare volontariato per 10 anni al Pio Albergo Trivulzio con grande gioia. Maria , arrivata dalla Sardegna per avvicinarsi ai figli dopo la morte del marito, frequenta principalmente il gruppo della 3° Età e partecipa volentieri alle iniziative del gruppo ( pellegrinaggi, pranzi ecc). Qui ha trovato sollievo alla sua sofferenza , un ambiente sereno dove si sente tra amici. La testimonianza di Michela è particolarmente toccante. Nata e cresciuta in una delle più belle isole d’Italia, Favignana, viene ad abitare a Milano quando si sposa ma rimane presto vedova con due figli ancora piccoli. Improvvisamente la sua vita cambia, senza un sostegno economico e con molte spese da sostenere deve anche lasciare la casa in affitto e trasferirsi nelle case del comune. Riesce ad ottenere un lavoro nell’ Istituto Santa Giuliana Falconieri delle suore Compassioniste di Maria che la accolgono con grande affetto e l’aiutano nelle sue necessità. Ora i figli sono grandi e Michela è ripagata di tutti i sacrifici fatti per loro con l’aiuto del Signore. Purtroppo ha sofferto di depressione ma ora ne sta guarendo grazie anche alla vitalità contagiosa di una vicina di casa, Antonietta, volontaria al Pio Albergo Trivulzio ed ex collega di Lucia (responsabile della 3° Età) che la coinvolge e la stimola a non chiudersi in se stessa. Michela viene volentieri al gruppo della 3° Età dove si trova bene e può passare qualche ora in compagnia e dove si sente compresa. Il Signore a volte ci mette alla prova ma sa anche, secondo i suoi piani , come aiutarci al momento opportuno e farci ritrovare la Fede. Carmela è vedova da 43 anni e frequenta il gruppo della 3° Età saltuariamente ma si trova bene . Ha 3 figli che però non hanno ricevuto i Sacramenti nella Parrocchia di SS Nabore e Felice perchè vivevano in un’altra zona di Milano. il gruppo della Terza Età E’ vero, siamo viandanti, ma non erranti! In cammino, ma sappiamo dove andiamo. Gli erranti non lo sanno. Siamo pellegrini, ma non randagi – come diceva san Giovanni Paolo II. I due discepoli di Emmaus all’andata erano erranti, non sapevano dove andassero a finire, ma al ritorno no! Al ritorno erano testimoni della speranza che è Cristo! Perché avevano incontrato Lui, il Viandante Risorto. Questo è Gesù, è il Viandante Risorto che cammina con noi. E’ qui Gesù oggi, è qui fra noi. E’ qui nella sua Parola, è qui sull’altare, cammina con noi, è il Viandante Risorto. Anche noi possiamo diventare “viandanti risorti”, se la sua Parola riscalda il nostro cuore, e la sua Eucaristia ci apre gli occhi alla fede e ci nutre di speranza e di carità. Anche noi possiamo camminare accanto ai fratelli e alle sorelle che sono tristi e disperati, e riscaldare il loro cuore con il Vangelo, e spezzare con loro il pane della fraternità. San Giovanni Paolo II ci aiuti ad essere “viandanti risorti”. Amen. “Papa Francesco, 4 maggio 2014, stralcio dell’ omelia della Santa Messa celebrata nella chiesa di San Stanislao dei Polacchi, Roma”