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Biografia di Santa Brigida di Svezia
www.prophecyfilm.com PRESENTAZIONE SANTA BRIGIDA DI SVEZIA CAPITOLO I - INFANZIA E GIOVINEZZA Colei che noi italiani chiamiamo santa Brigida, si chiama in svedese Birgitta, in tedesco Brigitta, in inglese Bridget, in francese Brigitte. Il nome potrebbe derivare da Birger, il nome del padre della santa: la dizione completa era infatti Birgersdotter («figlia di Birger»), da cui poi derivò Birgitta. A quanto risulta, la piccola ebbe come patrona santa Brigida di Kildare, compatrona d'Irlanda insieme a san Patrizio. Etimologicamente Brigida deriva dal celtico brig, che significa «forte, potente»; o anche dal gotico birg, che vuol dire «radioso, luminoso»: entrambe le denominazioni, forte e radiosa, si addicono assai bene alla grande santa nordica. Per distinguerla da Brigida di Kildare, la santa svedese è chiamata Brigida di Finsta, dal luogo in cui nacque, o Brigida di Vadstena, dalla località in cui fondò il suo ordine. L'espressione più comune è Brigida di Svezia, ed è a questa che ci atterremo. Santa Brigida nacque in una famiglia ricca, nobile e politicamente influente, imparentata con i reali di Svezia. I genitori della santa si chiamavano Birger Persson («figlio di Pietro») e Ingeborg Bengtsdotter («figlia di Bengt», diminutivo di Benedikt). Birger Persson discendeva per linea paterna dal re cristiano Sverker I della dinastia dei Folkungar, che nel 1134 aveva fondato in Svezia la prima abbazia cistercense cui aveva dato il nome di Alvastra, in onore della defunta consorte Ulvilde, e dove poi fu sepolto. Dal punto di vista religioso la Svezia era legata a Roma: il battesimo di re Olof, avvenuto nel 1078, è considerato l'inizio ufficiale della cristianizzazione del Paese, che in precedenza era proceduta a fatica, con ricadute nel paganesimo. Fu a Birger Persson, personalità assai stimata, che i connazionali si rivolsero per avere una legislazione cristiana che sostituisse quella pagana di Viger Spa, primo legislatore del Paese, e trasfondesse nelle leggi lo spirito evangelico. La prima legislazione cristiana della Svezia, promulgata ufficialmente nel 1295 da re Birger II, è quindi legata al nome del padre di Brigida, che in quella importantissima compilazione si fece aiutare dal prevosto del duomo di Uppsala, maestro Andreas And. Il nuovo spirito della legge svedese è chiaramente espresso da queste parole: «La legge deve essere di onore agli uomini giusti e prudenti, ma di correzione ai malvagi e ignoranti. Se tutti fossero giusti, non ci sarebbe bisogno di legge». E ancora: «Ci lasci Iddio vivere sulla terra in maniera che possiamo meritarci il Cielo». La nuova legge aboliva anche la schiavitù, «perché Cristo è stato venduto e liberò tutti i cristiani». Birger Persson era lagman, cioè governatore e giudice dell'Uppland, la più importante provincia del regno. A quell'epoca in Svezia c'erano nove governatori, ai quali competevano sia la giustizia sia l'amministrazione delle rispettive regioni. Prima che in Svezia la corona reale divenisse ereditaria, anche l'elezione del sovrano rientrava nei loro compiti. Birger Persson era un signore molto benestante e altrettanto generoso, che nel corso della sua vita donò terreni per diverse chiese e conventi. Si era sposato due volte: la prima con Kristina Johannsdotter, morta nel 1295, anch'essa di famiglia nobile e ricca. La seconda moglie fu Ingeborg Bengtsdotter, madre di Brigida, imparentata con i reali di Danimarca e col re di Svezia, Birger Magnusson, fratello di suo padre Bengt. Ingeborg Bengtsdotter era, stando alle cronache del suo tempo, una signora buona e gentile, che pur vivendo secondo il costume delle signore del suo rango, era profondamente e autenticamente religiosa. Oltre a Brigida ebbe altri sei figli (tre maschi e tre femmine), tre dei quali morirono bambini. Brigida nacque il 3 giugno 1303 nel castello di Finsta, che si trova in una regione ricca di laghi e fiumi, con colline coperte di abeti. La residenza familiare della futura santa era a quel tempo un centro di alta cultura e religiosità, che esercitò un'influenza determinante nella sua formazione. Jens Johannes Jorgensen, autore di un'importante biografia di santa Brigida, così descrive il luogo, che aveva personalmente visitato: La regione è ricca di piccoli laghi e canali, e coperta di fitte foreste di conifere, ma non inadatta alla coltivazione... Se ci si vuol rappresentare la casa di Birger Persson occorre lasciar da parte tutte le immagini evocate da castelli francesi e manieri tedeschi. Le grandi fattorie medioevali dell'Uppland consistevano in una serie di costruzioni in legno nell'interno di un terrapieno, attornianti una casa o torre di pietra... Ai nostri giorni non esistono nemmeno più le rovine di quella che è stata la casa in cui santa Brigida trascorse la sua infanzia. Per contro, la pompa di ferro che un giorno di luglio di vent'anni or sono (quindi nel 1927) venne mostrata a un mio amico svedese e a me, come la «fonte di santa Brigida» potrebbe forse essere al suo posto. Comunque, gli enormi macigni sotto i pioppi mormoranti nel giardino sono certamente suoi contemporanei. E il bosco è, come allora, composto di pioppi e aceri, di betulle dal candido tronco e di scuri abeti. Un colombo selvatico tuba un momento, e poi tace: così udì santa Brigida tubare il colombo selvatico. La piccola Brigida fu battezzata nella chiesa del paese, davanti alla quale si può vedere una lapide che ricorda questa grande figlia della Svezia. La sua nascita fu preceduta da fatti eccezionali, il più notevole dei quali fu questo: durante il periodo della gravidanza, la nave sulla quale Ingeborg viaggiava, di ritorno da un pellegrinaggio alla tomba di santa Brigida di Kildare, fece naufragio; molti dei passeggeri persero la vita e la mamma di Brigida fu salvata a fatica da Erik, fratello del re. La notte successiva ella ebbe un'apparizione: le si presentò una misteriosa figura vestita di un abito luminoso che le disse: «Sappi che sei stata salvata da questo naufragio grazie ai meriti straordinari della creatura che porti in grembo. Educala con attenzione, perché è un dono prezioso della generosità divina!». Divenuta adulta, Brigida fece erigere sul luogo dove sua madre aveva toccato terra una croce di pietra: qui ancora oggi i marinai si recano a pregare prima di imbarcarsi. Un altro segno fu dato al sacerdote Bengt, canonico di Rasbo, località vicina a Finsta: ne abbiamo già accennato nella premessa. Nella notte in cui Brigida nacque, mentre era immerso in preghiera chiedendo a Dio un parto felice per la sua signora, udì una voce che diceva: «Questa notte a Birger nasce una figlia la cui voce potente sarà udita in tutto il mondo». Gli antichi documenti, in particolare la cronaca di Margareta Clausdotters, descrivono Brigida come una bambina di delicata bellezza, bionda con gli occhi azzurri, molto intelligente, vivace e portata alla religione. Quando aveva appena sette anni Brigida visse la prima delle innumerevoli esperienze mistiche della sua vita: una mattina, svegliandosi dal sonno, vide ai piedi del letto una bellissima signora circonfusa di luce, che le offriva una corona chiedendole se la volesse. La bambina rispose di sì, e la corona le fu posta sul capo. Brigida ebbe a dire in seguito che quando la signora fu scomparsa continuò a sentire ancora sulla fronte il peso della corona. La straordinaria esperienza vissuta la rese ancora più incline alla devozione. Nel giardino di Finsta esiste tuttora una grotta naturale formata da massi erratici, nella quale si dice che la bambina si ritirasse ogni giorno a pregare. Brigida raccontò la sua visione alla mamma, che da quel momento si preoccupò ancora di più dell'educazione spirituale della figlia, facendole fra l'altro anche assistere alle prediche che venivano regolarmente tenute nella cappella del castello di Finsta. Dopo aver udito, a Pasqua del 1314, una predica sulla passione di Cristo che la colpì e commosse profondamente, la piccola Brigida vide in sogno Gesù e assistette alla sua crocifissione come se quella terribile vicenda si stesse svolgendo in quel momento davanti ai suoi occhi. Chiese a Gesù chi gli stesse facendo tanto male e lui le rispose: «Coloro che disprezzano me e il mio amore!». Da quel giorno Brigida non poté pensare alla passione di Gesù senza piangere. Pochi mesi dopo, nel settembre 1314, morì prematuramente Ingeborg, la mamma di Brigida, e Birger Persson si trovò costretto a occuparsi da solo della vita e dell'educazione dei figli. Affidò quindi Brigida alla cognata Katharina Bengtsdotter, sorella di Ingeborg, che era madrina di battesimo della bambina. Katharina era moglie di Knut Jonsson, governatore dell'Östergötland, e seguì ed educò la bambina con amore materno. Brigida lasciò dunque Finsta, dove aveva trascorso i primi, felici anni della sua vita con i genitori e i fratelli, e si trasferì nel castello di Aspanàs, sulle rive del lago Sommen. La zia era affettuosa e si occupò con grande cura di lei, pur non avendo molta sensibilità per le sue già ricche esperienze interiori e spirituali. Gli anni trascorsi presso gli zii furono assai formativi per Brigida, che si abituò a una certa autonomia interiore e sviluppò nella vita di tutti i giorni la capacità di gestirsi in larga misura da sola. Brigida rimase ad Aspanàs dal 1314 al 1316, anno in cui suo padre decise di darla in sposa a Ulf Gudmarsson, figlio di Gudmar, governatore del Vàstergótland. Magnus, fratello di Ulf, sposò Katharina, sorella di Brigida. Il doppio matrimonio fu celebrato nel settembre 1316. Era un matrimonio combinato, che Brigida accettò per assecondare la volontà paterna, come era costume a quel tempo: suo desiderio però sarebbe stato consacrarsi a Dio e ritirarsi a vivere in convento. Contrariamente alle aspettative, il matrimonio, che durò ventott'anni e fu allietato dalla nascita di otto figli, risultò nel complesso felice. CAPITOLO II - SPOSA E MADRE Ulf Gudmarsson aveva appena diciotto anni quando sposò la quattordicenne Brigida. In base alla cronaca di Margareta Clausdotter, Ulf era un giovanotto di buon carattere, amante della bella vita e dei cavalli. Pare che non fosse molto colto (simplex, cioè «privo di cultura», è definito negli antichi testi) e che fosse la sua giovane moglie a insegnargli a leggere e scrivere e a indurlo in seguito a studiare legge in maniera approfondita. Insieme, i due sposi compirono anche un importante percorso spirituale, così che alla fine della sua vita Ulf, d'accordo con la moglie, decise di ritirarsi a vivere in convento come terziario francescano. Subito dopo il matrimonio Ulf e Brigida si stabilirono a Ulvasa, vicino alla città di Motala. Ancor oggi si conservano le vestigia del grande edificio in cui la coppia visse con i figli. Ulf era spesso assente per svolgere le sue funzioni amministrative o per assolvere incarichi a corte, ma Ulvasa rimase sempre la residenza familiare. La vita di Brigida sposa e madre era molto attiva, non soltanto per la cura dei figli, ma anche per le attività caritative a favore dei poveri. Brigida migliorò gli ospedali della sua regione, ne fondò di nuovi e ne visitava regolarmente gli ammalati. L'epoca storica in cui Brigida visse come sposa e madre non fu certo tranquilla. Lotte dinastiche, insurrezioni popolari, guerre dei contadini: re Birger, che aveva fatto morire di fame in una torre i due fratelli Erik e Waldemar che gli contendevano il potere, fu detronizzato nel 1319 da nobili e governatori, tra i quali c'erano anche il padre e il marito di Brigida; questi elessero re il piccolo Magnus, figlio del defunto Erik, che aveva appena tre anni. Birger fuggì in Danimarca, dove morì. In Svezia tornò finalmente la pace. L'anno successivo Birger Persson divise tra i figli l'eredità della moglie e Brigida ottenne sette proprietà nello Smàland, a quel tempo la provincia più meridionale della Svezia. Nel 1321 Birger si recò in pellegrinaggio a Santiago de Compostela e sostò presso la corte papale avignonese, rendendosi conto di persona della situazione. L'anno successivo, di nuovo in Svezia, partecipò alla seduta del Consiglio reale in cui Ulf e altri nobili furono proclamati cavalieri. Birger morì nel 1326, a poco più di sessant'anni, a Finsta, la sua residenza. Le cronache del tempo narrano che i suoi funerali furono celebrati in maniera sontuosa, con la partecipazione della famiglia reale e dei maggiori rappresentanti della nobiltà secolare ed ecclesiastica. In quell'occasione la ventiquattrenne Brigida conobbe i personaggi più in vista del gran mondo svedese. Prima di morire Birger Persson aveva scelto come luogo di sepoltura la nuova cattedrale gotica di Uppsala: nella cappella di San Nicola, accanto all'altare maggiore, si trova infatti una bellissima lapide in marmo nero che mostra Birger con la moglie Ingeborg Bengtsdotter nella tipica raffigurazione gotica con le mani congiunte, attorniati dai sette figli, tre maschi e quattro femmine. Alla morte di Ingeborg ne sopravvivevano soltanto tre: Brigida, Caterina e Israel. La lapide si trova in posizione privilegiata, vicinissima all'urna dorata del santo patrono di Svezia, re Erik, morto nel 1160. Nel 1330 Ulf fu proclamato governatore di Nericia (Nàrke), la provincia a nord di Ulvasa, il che comportava il possesso di grandi residenze, tenute agricole e miniere di ferro. Nel 1333, forse in occasione dei festeggiamenti per la maggiore età di re Magnus, fu nominato anche consigliere del regno. Divenne così uno degli uomini più influenti del suo tempo. I suoi incarichi lo portavano a viaggiare molto e Brigida lo accompagnava soltanto di rado. Alla variopinta ed elegante vita di corte preferiva l'atmosfera tranquilla di casa. L'assenza di Ulf le consentiva di dedicarsi con maggiore intensità alle pratiche spirituali verso le quali si sentiva tanto portata. Quando Ulf era assente, Brigida non dormiva nel grande e lussuoso letto matrimoniale, ma per terra, su un giaciglio di paglia'. Certamente la futura santa rimase sempre semplice e modesta, attenta ai doveri familiari, all'andamento della casa e alle opere di bene. Come abbiamo visto, dal matrimonio di Ulf e Brigida nacquero otto figli: Marta (nata nel 1320), Karl (1321), Birger (1323), Bengt (1326), Gudmar (1327), Caterina (1330), Ingeborg (1332) e Cecilia (1334). Avremo in seguito spesso occasione di parlare di loro, perché essi, in particolare Caterina che fu canonizzata nel 1489, furono sempre presenti nella vita della madre. Le cronache narrano che l'ultimo parto di Brigida fu difficilissimo; ma quando ormai si disperava di salvare madre e figlia, apparve una sconosciuta signora vestita di bianco che toccò la partoriente e subito scomparve. Il parto riprese senza dolori e l'ultima figlia di Brigida nacque perfettamente sana. Brigida educò i figli alla devozione e all'amore cristiano verso il prossimo, e per dimostrare loro concretamente quale dovesse essere l'atteggiamento verso i bisognosi, li portava con sé nelle sue visite ai poveri e agli ammalati. Testimoniando al processo di canonizzazione, sua figlia Caterina dichiarò: Ricordo come mamma mi prendesse con sé insieme alle sorelle, quando si recava a visitare gli ospedali che aveva fatto costruire, e con le proprie mani, senza ribrezzo, fasciava le loro piaghe ferite. E allorché qualcuno la rimproverava di portare con sé le bambine che potevano contrarre qualche contagio, rispondeva che le portava con sé mentre erano ancora piccole, perché imparassero per tempo a servire il Signore nei suoi poveri e nei suoi malati. E aggiunse che, «mentre il babbo era in vita, e poi quando la mamma rimase vedova, non si sedeva mai a tavola senza aver dato da mangiare a dodici poveri». La carità di Brigida andava ancora oltre: Caterina testimonia infatti che la madre «provvedeva di dote le ragazze bisognose che desideravano maritarsi, mentre ne aiutava altre ad entrare in convento. Visitava altresì le case di perdizione; e se qualcuna delle ragazze esprimeva il desiderio di uscire, la mamma insegnava loro a fare penitenza». In casa Brigida non era mai inoperosa e amava istruire i suoi dipendenti e servitori: «Talora se ne stava con le sue donne di servizio - racconta ancora Caterina - e cuciva paramenti per la messa e simili oggetti per il culto divino. Talvolta lavorava a vantaggio del prossimo. Talvolta leggeva le vite dei santi e la Bibbia». Brigida ebbe molto a cuore l'istruzione dei suoi figli e li fece seguire da valenti precettori; tra questi va ricordato Nils Hermansson, che aveva studiato in Francia ed era dottore in legge. Assistendo alle sue lezioni ai figli, anche Brigida apprese i primi rudimenti del latino, che le fu in seguito assai utile. Dopo essere stato precettore dei figli di Ulf e Brigida, Nils fece una brillante carriera ecclesiastica: fu infatti canonico a Uppsala e in seguito vescovo. Fu lui ad accogliere nel 1374 le spoglie di Brigida che venivano riportate in patria da Roma e a consacrare nel 1384 il monastero di Vadstena. Operò molto per portare avanti celermente la canonizzazione di Brigida e morì solo tre settimane prima che Brigida, diciotto anni appena dopo la morte, venisse proclamata santa il 7 ottobre 1391. Nils Hermansson è venerato in Svezia come un santo. Oltre a lui, Brigida ebbe a lungo vicino come confessore e guida spirituale il maestro Matthias, famoso biblista che si era laureato in teologia all'università di Parigi, autore molto noto nella primitiva letteratura cristiana svedese per il suo commento in latino della Sacra Scrittura. A lui Brigida chiese di tradurre in svedese la Bibbia, per poterla meglio comprendere, e il maestro Matthias ne tradusse gran parte, iniziando dal Pentateuco. Mediante lui Brigida venne a conoscenza delle correnti culturali dell'Europa del tempo. Al maestro Matthias va quindi il merito di aver aperto a Brigida più vasti orizzonti culturali al di là dei confini della Svezia. CAPITOLO III - ALLA REGGIA DI STOCCOLMA Brigida di Svezia era cugina per parte materna di Magnus II Erikson, che nel 1319, a soli tre anni di età, era stato scelto come re dopo la detronizzazione dello zio Birger. Dal 1332, quando aveva raggiunto la maggiore età, regnava a tutti gli effetti come re di Svezia e di Norvegia: era infatti figlio della principessa norvegese Ingeborg e nipote del re ereditario di Norvegia. Nel 1335 Magnus II sposò Bianca di Namour, che veniva dalle Fiandre e apparteneva alla stirpe francese dei Dampierre. Essendo la nuova regina molto giovane, risultò opportuno affidarla a una dama di corte esperta e intelligente, e la scelta del re cadde sulla cugina Brigida, che fu autorevolmente invitata a stabilirsi a corte. Brigida non se ne rallegrò: i due sovrani erano giovanissimi, inesperti e superficiali, e il re godeva fama di avere un carattere assai debole. Non era però possibile rifiutare l'invito, e così la futura santa si preparò al distacco dalla sua casa e dai suoi figli, la maggiore dei quali, la sedicenne Marta, era già sposata, mentre la minore, Cecilia, aveva appena un anno. 1 quattro bambini più piccoli furono affidati a conventi domenicani, i due maschietti Karl e Birger restarono a casa con il padre e con il precettore Nils Hermansson, mentre Gudmar, che aveva otto anni e aveva particolarmente bisogno dell'assistenza materna, seguì Brigida a Stoccolma: sarebbe vissuto a corte e avrebbe frequentato la scuola dei nobili. Al giovane re Brigida portò in dono una copia della traduzione svedese della Bibbia di maestro Matthias e un tesoro di dieci consigli ricevuti per ispirazione. Eccoli: 1. Il re non deve sedere a tavola solo, ma con alcuni sudditi, che in questo modo si confortano fisicamente e spiritualmente della sua presenza e si distolgono da peccati e atteggiamenti disonorevoli. 2. Dopo aver pranzato il re deve trattenersi ancora un poco a tavola, perché la relazione familiare con i sudditi procura al re favore e amore. In questa occasione ascolterà pareri e argomenti che potrà seguire o rifiutare. 3. In tutte le sue azioni sia giusto e misericordioso e non eserciti la giustizia per amicizia, per falsa compassione, per proprio utile e vantaggio privato o per paura. Non deve dimenticare la misericordia a causa dell'ira o dell'impazienza. Non è infatti da re farsi sopraffare dall'ira e neppure giudicare in fretta o abbandonare la via della giustizia per le richieste di qualcuno. 4. Il re non deve affidare gli uffici amministrativi e il ruolo di giudice a persone che sa essere parziali e avide, oppure che guadagnano il denaro in maniera ingannevole, perché queste abbandonano facilmente la giustizia. Il re deve piuttosto ricercare persone naturalmente buone che seguono l'esempio dei loro predecessori e preferiscono operare nella giustizia che arricchirsi. 5. Il re deve controllare coscienziosamente come viene amministrata la giustizia nel suo regno e non deve trascurare di punire chi merita di essere punito. Non deve opprimere gli innocenti, ma essere gentile con gli umili e punire i colpevoli; nei confronti di tutti però deve usare giustizia e misericordia. E dove constata maggiore umiltà, deve prediligere la compassione piuttosto che la giustizia. 6. Il re deve interrogarsi coscienziosamente sui propri giudizi e sulle proprie opere. E se si rende conto di aver sbagliato per troppa fretta e repentino impulso, non deve vergognarsi di correggere ciò che ha fatto. 7. Nelle trattative il re non deve essere troppo precipitoso, ma prudente e accorto, pensando bene alla conclusione di ciò di cui si sta occupando. Deve anche appoggiarsi al consiglio di persone sagge, esperte e timorate di Dio, che dovranno sapere che il re segue i loro consigli. 8. Il re deve evitare parole e gesti superficiali in ogni circostanza, anche davanti ad amici e familiari. Deve fuggire gli adulatori come gli scorpioni, perché essi lo spronano solo nei suoi difetti e danno ai buoni motivo di adirarsi. Il re deve agire in modo da essere temuto dai più giovani, onorato dai più anziani, lodato dai saggi, amato dai giusti e bramato dagli oppressi. 9. Il re non deve ricercare la compagnia di coloro che la Chiesa ha bandito, né favorire coloro che hanno in spregio Dio e i suoi comandamenti; piuttosto deve sollecitare costoro con parole cortesi e ammonimenti e, se non si correggono, mostrare loro la sua severità e le sue opere buone. Perché l'onore del re consiste nell'amare Dio sopra ogni cosa e accrescere con tutte le sue forze l'onore di Dio. 10. Il re deve amare il popolo e il suo regno e trattare bene i suoi soldati, così come fanno i genitori con i figli'. Alla corte di Stoccolma Brigida entrò in contatto con le più alte cariche della vita politica del tempo e sviluppò per questa un interesse che non l'abbandonò più. Per due anni i rapporti con il re e la regina furono ottimi: Brigida, ascoltata e rispettata, riuscì a ottenere dal re non pochi benefici a favore dei deboli e degli oppressi e a creare a corte un'atmosfera più spirituale. Fu anche madrina di battesimo di Erik, primogenito della coppia reale. Ma non durò a lungo: Magnus e Bianca cominciarono a circondarsi di adulatori e a condurre una vita sempre più superficiale e lussuosa. Il re contrasse molti debiti per l'acquisto di nuove province e fece esiliare coloro ai quali doveva grosse somme. Brigida si oppose con decisione, ma non fu ascoltata: i suoi consigli non furono seguiti e le sue profezie ridicolizzate. Le pesanti critiche rivolte da Brigida ai consiglieri reali e l'influenza che la veggente, nonostante tutto, continuava ad esercitare sul re suscitarono malcontento: «Mia signora, tu sogni e vegli troppo. Sarebbe utile per te bere e dormire di più. Dio dovrebbe aver abbandonato monaci e sacerdoti per parlare alla gente di mondo? È sciocco prestare fede alle tue parole!», le disse un giorno un cavaliere che si fingeva ubriaco mentre sedeva a tavola con importanti personaggi. E poiché gli altri invitati volevano punire l'insolente, Brigida li sollecitò a non farlo, ammettendo di avere molti difetti. Evidentemente però le sue reazioni non erano sempre così tranquille, tant'è vero che nelle Rivelazioni troviamo questo ammonimento a lei rivolto dal Signore: Tu, mia nuova sposa, hai peccato in quattro modi nella tua ira. In primo luogo perché a causa delle parole che sono state pronunciate hai provato impazienza nel tuo cuore. Io subii la flagellazione per amor tuo, e quando fui davanti ai giudici non dissi una sola parola. In secondo luogo perché quando hai voluto far sentire il tuo biasimo hai risposto duramente e hai alzato troppo la voce. Quando io fui inchiodato sulla croce, alzai gli occhi al cielo e non parlai. In terzo luogo perché col tuo comportamento hai disprezzato me, mentre avresti dovuto sopportare pazientemente ogni cosa per amor mio. In quarto luogo perché non hai dato il buon esempio al tuo prossimo che si era smarrito e che, vedendo la tua pazienza, avrebbe potuto essere indotto a comportarsi meglio. Per questo io voglio che non ti adiri più. Se qualcuno ti induce all'ira, non parlare finché l'ira non si è allontanata dalla tua anima. Quando nell'animo tuo sarà tornata la quiete e avrai riflettuto sulla causa della tua inquietudine, potrai parlare con bontà. Se però vedi che parlando non ottieni nulla di utile e tacendo non commetti peccato, avrai maggior merito nel tacerei. Questa difficile situazione di contrasto indusse Brigida a prendere congedo dalla corte, dove tuttavia tornò alcune volte in seguito quando, rimasta vedova, si era stabilita nel convento di Alvastra. In quelle occasioni cercò di consigliare per il meglio Magnus, sovrano dalle tendenze totalitarie, preannunciandogli la rovina che appariva chiara al suo occhio interiore, ma senza successo. Il temporaneo abbandono della corte di Stoccolma da parte di Brigida nel 1338 fu dovuto, oltre alle già citate ragioni politiche, anche alla morte precoce del piccolo Gudmar, di appena undici anni. Brigida avvertì sempre più la necessità di un'esistenza raccolta, di un approfondimento degli studi religiosi e della spiritualità e, tornata a casa, decise di intraprendere insieme al marito il primo dei suoi grandi pellegrinaggi, quello alla tomba di re Olaf 11, il Santo di Norvegia. CAPITOLO IV - I PRIMI GRANDI PELLEGRINAGGI Tutte le grandi religioni del mondo conoscono il pellegrinaggio. Da millenni gli esseri umani vanno in pellegrinaggio a luoghi sacri, tombe di personalità venerate, immagini miracolose. Gli arabi si recavano alla Mecca prima ancora di Maometto, e prima di loro gli egizi al santuario di Osiride ad Abido e i popoli della Mesopotamia a Ninive. E del resto il grande viaggio del popolo eletto dall'Egitto alla terra promessa altro non è che un gigantesco pellegrinaggio. Per il cristianesimo tutta la vita umana è un pellegrinaggio sulle orme di Cristo. I primi pellegrinaggi cristiani portarono i devoti nei luoghi dove Gesù nacque, visse, morì e risorse. La seconda meta fu Roma, la città nella quale gli apostoli Pietro e Paolo avevano subito il martirio e in cui si trovavano le loro tombe. Nell'VIII secolo si aggiunse Santiago de Compostela, dove si trova la tomba dell'apostolo Giacomo. Nel medioevo le mete principali dei pellegrinaggi erano indicate con le tre parole latine Deus, Angelus e Homo. Con la prima si intendeva la Terra Santa; Angelus indicava Monte Sant'Angelo al Gargano, nelle Puglie, dove in una grotta era apparso più volte l'arcangelo Michele luogo, estremamente suggestivo, è tuttora veneratissimo. Homo infine indicava le tombe degli apostoli Pietro e Paolo a Roma e quella di San Giacomo in Spagna. Il pellegrinaggio caratterizza in modo particolare la devozione cristiana medievale: grandi pellegrinaggi a cavallo, in carrozza o più spesso a piedi, che per mesi e anche anni portavano i pellegrini lontano dalla famiglia, dalla casa e della patria. Si andava in pellegrinaggio per motivi assai diversi: come penitenza (a volte invece che con la prigione i delitti venivano scontati con un pericoloso pellegrinaggio), per implorare la guarigione da qualche grave malattia, propria o altrui, per chiedere lumi riguardo a decisioni importanti da prendere, oppure ancora per pregare sulla tomba di un santo e implorarne la protezione. Intraprendere uno di questi pellegrinaggi significava mettersi in viaggio per terre lontanissime, anche oltremare, dov'erano in agguato pericoli di ogni genere, dai predoni alle malattie, senza la certezza del ritorno. Il pellegrinaggio era quindi rischio e avventura; era però anche un'occasione unica di conoscere il mondo, di misurarsi con se stessi e venire in contatto con uomini, paesi e costumi diversi, così che non è azzardato dire che il primo passo verso la reciproca conoscenza dei popoli d'Europa fu rappresentato proprio dai pellegrinaggi, in particolare quello, frequentatissimo, a Santiago de Compostela. Brigida fu una grande pellegrina. Nel 1338 visitò con il marito la tomba di re Olaf II, il Santo di Norvegia, morto nel 1030, che aveva portato avanti nelle terre nordiche l'opera di cristianizzazione iniziata da Olaf I. Nel medioevo la sua tomba nel duomo di Trondheim era meta di innumerevoli pellegrini provenienti da tutta la Scandinavia. Brigida e U1f fecero tutto il percorso a piedi, impiegando oltre un mese per superare la gelida catena di montagne che separa la Svezia dalla Norvegia e raggiungere Trondheim. Sulla tomba di Olaf Brigida pregò per la Svezia, governata da un re discutibile. Rinfrancata nello spirito, al ritorno dalla Norvegia Brigida riprese il suo posto alla corte svedese, che tuttavia abbandonò definitivamente l'anno successivo, essendosi convinta dell'inutilità dei suoi sforzi per riportare i due giovani sovrani a una vita più seria e costruttiva. Ed ecco di nuovo la vita familiare, l'intimità con Ulf, la cura dei figli, le opere di pietà, le visite a monasteri e conventi, luoghi di cultura e spiritualità. Nel 1341, anche per celebrare le nozze d'argento, Brigida e Ulf decisero di intraprendere il pellegrinaggio alla tomba dell'apostolo Giacomo in Galizia. Nella famiglia di Brigida il pellegrinaggio a Compostela era una tradizione: vi si erano recati suo padre, suo nonno, suo bisnonno. Deciso il viaggio, Brigida e Ulf sistemarono quindi ancora una volta i figli: Karl e Binger restarono a casa con i precettori, le figlie Cecilia e Caterina furono ospitate in conventi femminili per studiare, Ingeborg aveva da poco preso il velo e Bengt, che aveva appena otto anni, accompagnò i genitori fino al monastero di Alvastra, dove fu affidato ai monaci dell'ordine di San Bernardo. Della piccola comitiva in viaggio per Santiago de Compostela faceva parte, in qualità di confessore, un monaco cistercense di Alvastra, frate Svenung, che fu in seguito testimone della santità di Brigida. Per raggiungere Santiago i pellegrini seguirono la strada che attraversa Germania, Francia e Spagna. Il lungo viaggio fu occasione di visite ad altri luoghi sacri. Il primo tratto fu percorso per mare; sbarcati in un porto del Baltico, attraversarono la Germania e raggiunsero Colonia, dove venerarono le reliquie dei tre re Magi. I loro corpi erano stati portati nel X secolo a Bisanzio e di qui a Milano, nella basilica di Sant'Eustorgio. Nel 1162 il Barbarossa aveva saccheggiato la città e portato via le sacre reliquie, che furono collocate in un prezioso scrigno nel duomo di Colonia. Un'altra tappa fu fatta ad Aquisgrana, per visitare la tomba di Carlo Magno; fu quindi la volta di Tarascona, nella cui chiesa riposa santa Marta, sorella di Maria di Betania e di Lazzaro. Forse i pellegrini svedesi si recarono anche alle SaintesMaries-de-la-Mer, in Camargue, dove, secondo la leggenda, sarebbero sbarcate, dopo aver preso la via dell'esilio, Maria Maddalena, Maria madre di Giacomo e Maria Salome. Poi finalmente Compostela. Brigitta e Ulf affrontarono ancora una volta il viaggio a piedi, vestiti poveramente, mescolati a un gruppo di pellegrini. Il pellegrinaggio a Santiago fu, per i due sposi, un periodo felice. Brigida, finalmente libera dagli impegni di corte, godeva insieme a Ulf della possibilità di dedicarsi completamente al piacere del viaggio e alle pratiche religiose. A Compostela Brigida ebbe modo di acquistare un esemplare del Liber de modo bene vivendi, un trattato di vita cristiana attribuito a san Bernardo, che per tutta la vita portò con sé e che è conservato nella biblioteca dell'università di Uppsala. Nel viaggio di ritorno attraversarono la Francia, allora in preda alla guerra dei cent'anni con l'Inghilterra, scoppiata nel 1339; il papa, in lotta con l'imperatore per il dominio dell'Europa continentale, risiedeva stabilmente ad Avignone, cosa che suscitava scalpore ovunque. La presa di coscienza per esperienza diretta di quella complessa situazione europea acuì la passione politica di Brigida e influenzò in maniera determinante la sua attività futura e la sua opera presso i grandi del tempo. Per raggiungere la Svezia, Brigida e Ulf attraversarono le Fiandre. Giunti ad Arras, città famosa per i tappeti (i famosi «arazzi»), Ulf si ammalò gravemente, al punto che gli fu amministrata l'estrema unzione. Come era sua consuetudine, Brigida si appellò all'aiuto del santo patrono locale, che era san Dionigi, il quale le apparve in visione e le comunicò che suo marito non sarebbe morto di quella malattia; le furono anche preannunciati i suoi grandi pellegrinaggi a Roma e in Terra Santa e il suo compito futuro di far conoscere il messaggio di Dio al mondo. Ecco la descrizione della visione: Mentre pregava le apparve il beato Dionigi che le disse: «Io sono Dionigi, che venni da Roma in questa parte della Francia a predicare il verbo di Dio. Tu nutri una speciale devozione per me e io ti dico che Dio vuole essere annunciato al mondo attraverso di te e tu sei affidata alla mia custodia e alla mia protezione, per cui io ti aiuterò e ti do un segno che cioè tuo marito non morirà di questa malattia». Il beato Dionigi la visitò in molte altre rivelazioni consolandola. Le disse anche quando e come avrebbe lasciato la vita e la condusse in ispirito in tutti i luoghi che poi visitò dopo molto tempo, e la signora Brigida seppe che sarebbe vissuta molti anni a Roma, avrebbe visitato i santuari del regno di Napoli e i corpi dei santi apostoli che qui giacciono e San Nicola a Bari e Sant'Angelo sul Monte Gargano. Poi verso la fine della sua vita sarebbe andata a Gerusalemme a visitare il sepolcro del Signore, a Betlemme e altri santuari, poi sarebbe tornata nell'Urbe e sarebbe morta. Ulf infatti non morì. La malattia però gli aveva offerto l'opportunità di riflettere sulle proprie debolezze umane, così che, rientrato a casa, col consenso e l'approvazione della moglie fece voto di castità e decise di abbracciare la vita religiosa. Verso la fine del 1342 chiese e ottenne di essere accolto come novizio nel monastero cistercense di Alvastra dove già viveva, preparandosi alla vita monacale, suo figlio Bengt. A quanto risulta, Ulf non completò il noviziato perché la morte lo colse abbastanza improvvisamente il 12 febbraio del 1344. Come narra il maestro Petrus nella sua deposizione al processo canonico, prima di morire Ulf mise al dito di Brigida il suo anello coniugale, chiedendole di non dimenticarsi mai di lui: Pochi giorni dopo il decesso del marito, la signora Brigida si tolse l'anello dal dito, e poiché molte persone ragguardevoli le dicevano che era segno di poca carità rimuovere dal dito quell'anello, lei rispose: «Quando seppellii mio marito, seppellii con lui ogni amore carnale e sebbene io l'abbia amato come il mio stesso cuore, l'anello suo è per me quasi un peso perché guardandolo l'animo mio ricorda le precedenti delizie; affinché l'animo mio riponga ogni amore in Dio, voglio dimenticare l'anello e mio marito e raccomandarmi a Dio». Brigida ha quarantadue anni, deve decidere della propria vita. Qualche giorno dopo le esequie di Ulf torna a casa, a Ulvàsa, per mettere ordine negli affari di famiglia. Per prima cosa divide le proprietà tra i figli e i poveri, trattenendo per sé solo quanto basta per vivere modestamente. I figli sono ormai sistemati: Karl, sposato, è divenuto signore di Ulvasa e lagman come il padre; le figlie Marta e Caterina sono anch'esse sposate; Ingeborg è monaca; Bengt vive ad Alvastra e con ogni probabilità si farà monaco; Cecilia, di appena dieci anni, studia presso le domenicane di Skànninge. Uscirà dal convento più tardi, su iniziativa del fratello Karl che non ravvisa in lei alcuna inclinazione monacale, e si sposerà. La missione di Brigida come sposa e madre può considerarsi compiuta. Nel breve soggiorno a Ulvàsa, Brigida vive esperienze fondamentali. Una sera mentre siede sola davanti al camino acceso contemplando le fiamme, tra i bagliori del fuoco le appare Ulf. Brigida gli chiede come stia e lui le spiega che, non avendo commesso peccati gravi, la sua permanenza in purgatorio non sarà lunga. Poi continua: La sentenza del tribunale supremo mi fu favorevole e avrò l'eterna salvezza: soltanto non conosco l'ora. Poiché ora mi è concesso di chiedere aiuto per la mia anima, ti prego di far celebrare, per un anno intero, delle sante messe alla Madonna, agli angeli e a tutti i santi, specialmente in onore della passione di Cristo nostro Salvatore, che spero presto mi libererà. Sii generosa con i poveri, distribuisci loro tutte le mie coppe e i miei cavalli: fin troppo ho peccato con essi! Se vorrai offrire un paio di boccali d'argento per farne dei calici per l'altare, ciò varrà come suffragio per l'anima mia. Le mie terre però puoi tranquillamente lasciarle ai figli: nulla ho acquisito illegalmente, né ho tenuto o voluto tenere in eredità beni di ingiusta provenienza. Poco tempo dopo, in marzo, mentre prega nella cappella del castello, Brigida viene rapita in estasi e ode la voce di Dio che le rivolge queste parole: «Donna, ascoltami: io sono il tuo Dio, che vuole parlare con te... Non parlo con te per te sola, ma per la salute altrui. Tu sarai la mia sposa e il mio canale e udrai e vedrai cose spirituali, e il mio spirito rimarrà con te fino alla morte». È un'esperienza fondamentale, che scuote e commuove Brigida nel profondo e le fa capire che il suo cammino futuro è segnato: il Signore stesso l'ha scelta per far pervenire agli uomini la sua parola e la sua volontà. La voce le suggerisce anche di riferire tutto alla sua guida spirituale, il maestro Matthias, e di consigliarsi sempre con lui, che in quanto teologo sa ben distinguere le rivelazioni divine da quelle diaboliche, e di fargli conoscere quanto ha udito. Brigida si reca allora dal maestro Matthias, il quale la rassicura sul carattere divino delle rivelazioni e le consiglia di tornare ad Alvastra, nella cui foresteria aveva soggiornato, per generosa concessione del priore, durante la malattia del marito, e di stabilirsi lì finché non riceverà il comando di andare altrove. Sappiamo che il consenso del priore a vivere ad Alvastra non mancò di suscitare polemiche tra i frati, in quanto nel monastero, in base a un'antica regola, non potevano abitare donne. Ma per Brigida fu fatta un'eccezione, grazie al suo rango e alla consapevolezza delle sue straordinarie doti spirituali, che misero a tacere i malcontenti. Gli anni ad Alvastra - complessivamente quattro, interrotti da soggiorni a corte e visite a monasteri e conventi - costituirono un tempo fecondo, nel corso del quale Brigida si consacrò al Signore. Vita austera, meditazione sui divini misteri, introspezione, preghiera, visioni sempre più frequenti: un periodo di straordinario fervore mistico, che continuò sino alla fine della sua vita terrena. Racconta il maestro Petrus: Quando Brigida si stabilì ad Alvastra, nell'anno di grazia 1346, accadde che Dio le concesse in grande abbondanza visioni e divine rivelazioni; non mentre dormiva, ma mentre era sveglia e pregava. Il corpo era come sempre, ma lei era rapita fuori dei sensi in estasi e contemplazione spirituale e a volte in visione soprannaturale... Cristo la forgia, la invita a migliorarsi, le suggerisce regole di vita: Astieniti dal consentire alla tua bocca un lungo e vano parlare, chiudi le tue orecchie ad ogni cattivo discorso e non permettere ai tuoi occhi di vagare inutilmente intorno. Apri le tue mani per dare elemosine ai poveri e piega le tue ginocchia per lavare loro i piedi. Il tuo corpo deve essere vestito con semplicità e curato solo quanto basta per adempiere il mio servizio senza cadere nella voluttà. Nelle tue vesti non vi sia nulla che testimoni superbia. Tutto deve essere utile, niente deve essere superfluo. Ti ordino anche di rifuggire ogni contatto carnale, perché se seguirai la mia volontà in futuro sarai madre di figli spirituali così come finora sei stata madre di figli carnali. Gesù spiega anche alla sua sposa come dovrebbe essere per essergli gradita: Tu dovresti essere come un violino da cui l'artista trae soavi suoni. Il proprietario del violino lo copre esternamente d'argento perché appaia più prezioso e lo riveste internamente di solido oro. Allo stesso modo tu devi essere inargentata di buoni costumi e umana sapienza, così da capire quale sia il tuo debito verso Dio e verso il tuo prossimo e che cosa giova alla tua anima e al tuo corpo per l'eterna salvezza. Interiormente devi essere ornata dell'oro dell'umiltà, così da non desiderare di piacere ad altri che a me e da non temere di dispiacere agli altri per causa mia. Il suonatore inoltre fa tre cose: per prima cosa avvolge il violino in un telo perché non si macchi; poi prepara un astuccio nel quale custodirlo e infine mette una serratura all'astuccio affinché nessuno lo rubi. Allo stesso modo tu devi rivestirti di purezza per non macchiarti di desideri e di passioni. Cerca di essere spesso sola perché la compagnia dei malvagi rovina i buoni costumi. La serratura indica la scrupolosa cura dei tuoi sensi e della tua interiorità, affinché in ogni tua azione tu stia ben attenta a non farti ingannare dalle insidie del demonio. La chiave però è lo Spirito Santo che apre il tuo cuore come a me piace e per il bene dell'umanità. In quegli anni di formazione Brigida ebbe vicine alcune personalità di notevole rilievo, primo fra tutti il già citato maestro Matthias, che fu il suo direttore spirituale e che morì nel 1350, poco dopo la partenza della futura santa per Roma. Poi i due Petrus: il maestro Petrus dell'Istituto dello Spirito Santo di Skànninge in qualità di confessore, e il monaco cistercense Petrus, vicepriore e poi priore del monastero di Alvastra, come segretario. Tale compito fu da lui svolto inizialmente con una certa riluttanza, sia perché non se ne sentiva all'altezza, sia perché soffriva di emicranie; Brigida però riuscì a infondergli il coraggio necessario e Petrus tradusse in latino la maggior parte delle Rivelazioni che Brigida gli comunicava in svedese. Leggiamo infatti nelle Rivelazioni: Il reverendo padre Petrus racconta che soffrendo fin dalla fanciullezza di un grande dolore di testa che lo tormentava senza sosta, chiese a santa Brigida, che era al monastero di Alvastra, di pregare per lui. Ed ecco che mentre santa Brigida pregava le apparve Gesù Cristo e le disse: «Va' a dire al fratello Petrus che è liberato dal suo mal di testa. Che scriva quindi lietamente i libri che contengono i disegni che ti ho rivelato, perché non gli mancheranno aiuto e assistenza». E da allora il fratello Petrus non sentì più alcun mal di testa. I due Petrus seguirono Brigida in Italia, le furono accanto fino alla morte e insieme ne scrissero la Vita in vista della canonizzazione. Petrus di Alvastra curò anche la Deposicio copiosissima («grande deposizione») presso la Curia romana il 30 gennaio 1380. Petrus di Skànninge divenne il primo confessore generale del monastero brigidino di Vadstena. Negli anni trascorsi ad Alvastra Brigida rinunciò a ogni cosa terrena e si fece totalmente sposa di Cristo. In una visione particolarmente vivida sant'Agnese le pose sul capo una corona di sette preziosissime gemme, come «prova di una pazienza insuperabile». Nel 1349, mentre percorreva a cavallo, seguita da servitori e dal confessore, i venti chilometri che separavano Alvastra da Vadstena, dove si recava spesso per seguire i lavori al convento, Brigida ebbe una lunghissima visione che è all'origine del Liber quaestionum (Libro delle domande), che occupa tutto il quinto volume delle Rivelazioni. La futura santa rimase fuori sentimento per tutto il tragitto e i servitori la destarono solo quando giunsero a Vadstena. Lei se ne rammaricò, perché era immersa in una visione stupenda, però ogni cosa rimase impressa nella sua mente e poté essere trascritta nel giro di appena un'ora. Come al solito, Petrus tradusse il testo in latino. Si tratta di sedici domande (interrogationes), ognuna divisa in cinque domande minori (quaestiones), che un dotto e superbo monaco pone direttamente al Signore. Le sempre più frequenti visioni e rivelazioni non riguardavano però soltanto la sua personale edificazione, ma anche le grandi missioni sociali e politiche che l'attendevano, così che Brigida gradualmente si convinse che suo compito era lavorare per il bene della Chiesa e di tutta la società sconvolta dalle vicende di quel tempo. Un importantissimo aspetto della sua missione doveva riguardare gli affari politici d'Europa, in preda alla guerra dei cent'anni (1339-1453) e disorientata per l'esilio del papa ad Avignone. A Brigida furono ispirati messaggi destinati ai grandi protagonisti di queste vicende, imperatori e pontefici; molte cose dovrà dire anche a re Magnus, suo cugino, e alla sua corte. C'era infine un nuovo, grande progetto al quale dedicare tutta l'attenzione: un nuovo ordine monastico. CAPITOLO V - UN NUOVO ORDINE MONASTICO Fu una visione a rivelare a Brigida che avrebbe dovuto occuparsi anche di un compito di fondamentale importanza per la vita spirituale del suo travagliato tempo: la fondazione di un nuovo ordine monastico dedicato al Santissimo Salvatore e in onore della Vergine Maria. Nell'introduzione alla Regola dell'ordine si legge infatti: Io fui come un re che piantò buone vigne e per un certo tempo ne ricavò buoni frutti. Queste vigne erano gli ordini monastici e le istituzioni dei Santi Padri, che ristoravano gli assetati, riscaldavano chi aveva freddo, mortificavano gli insolenti e portavano la luce ai ciechi. Ora però mi lamento perché le siepi che proteggevano le vigne sono spezzate, i guardiani dormono ed entrano i ladri, le radici sono scalzate dalle talpe, le viti appassiscono per mancanza d'acqua, i grappoli sono strappati via dal vento e calpestati. Affinché però il vino non scompaia completamente, voglio piantare una nuova vigna; lì tu porterai le viti delle mie parole. La Regola del nuovo ordine fu dettata a Brigida in visione: Tutti gli articoli di questa Regola mi vennero dettati da Gesù Cristo. Non erano per me come parole scritte sulla carta, ma io li comprendevo uno dopo l'altro e con l'aiuto della grazia di Dio li ho conservati tutti nella mia memoria. Quando la visione ebbe fine, il mio cuore fu così pieno di calore e di gioia che nulla più vi poteva entrare, se doveva continuare a vivere; diversamente sarebbe scoppiato dall'allegrezza. Per molti giorni il mio cuore fu pieno e gonfio come un sacco ricolmo, e così continuò a essere finché non potei raccontare tutto a un pio amico di Dio, che scrisse ogni cosa il più rapidamente possibile. Quando tutto fu scritto, il mio cuore e il mio corpo tornarono lentamente come erano prima. Una descrizione veramente efficace dell'estasi e dei gioiosi effetti che essa produce nell'animo di chi ne è gratificato. Il nuovo ordine doveva essere caratterizzato dalla compresenza di uomini e donne che fanno vita distinta ma associata: un cosiddetto «monastero doppio». I monasteri doppi esistevano già fin dai primi tempi dell'era cristiana sia in Oriente sia in Europa, e quello voluto da Brigida aveva quindi dei precedenti. Nel corso del suo pellegrinaggio a Santiago de Compostela, Brigida aveva attraversato la Francia ed era venuta in contatto con l'ordine monastico di Fontevrault, nella diocesi di Poitiers, fondato dal beato Roberto d'Arbrissel nell'XI secolo, la cui caratteristica era appunto la compresenza di monaci e religiose rigidamente separati. I monaci erano sottomessi alla badessa. A queste caratteristiche Brigida volle attenersi. Un monastero di sole suore era per lei inconcepibile, in quanto per celebrare la messa, ricevere la confessione e amministrare i sacramenti erano indispensabili i sacerdoti. Suore e sacerdoti dovevano però vivere in edifici diversi e anche nei momenti comuni in chiesa occupare posizioni distanti fra loro. La Regola dettata a Brigida è assai particolareggiata e ispirata a un ben preciso simbolismo: in trenta capitoli viene descritta tutta l'organizzazione del monastero e la vita dei frati e delle suore. Nel nuovo ordine monastico voluto da Brigida i sacerdoti devono essere tredici, come gli apostoli (il tredicesimo è san Paolo). Quattro i diaconi, che rappresentano i quattro grandi dottori della Chiesa: Ambrogio, Agostino, Girolamo, Gregorio. Otto i laici al servizio dei sacerdoti. Le suore devono essere sessanta. In tutto ottantacinque persone, corrispondenti ai tredici apostoli e ai settantadue discepoli. La Regola descrive ogni aspetto, abito compreso. Sulla cuffia delle suore e sul mantello degli uomini cinque fiamme di stoffa rossa simboleggiano le piaghe di Cristo. Capo del monastero è la badessa; il primo dei sacerdoti, il confessore generale, deve obbedire a lei, così come la Vergine, rappresentata dalla badessa, è regina degli apostoli. In visioni successive furono precisate a Brigida altre norme, contenute nelle Rivelazioni supplementari (Revelationes extravagantes), relative soprattutto all'ideale ascetico, assai simile a quello cistercense di san Bernardo, previsto per la vita monastica: viene sottolineato il valore della semplicità, dell'umiltà, dell'obbedienza e dei silenzio. Niente quadri alle pareti, se non quelli che rappresentano la vita di Gesù e dei santi, niente sculture, finestre con vetri bianchi o gialli. Austerità ascetica in ogni cosa. Niente organo inoltre, poiché costituisce una distrazione, e solo canti simili a quelli dei certosini, cioè puri e rivolti unicamente a Dio, e non al piacere di chi ascolta: «Al monastero deve in un certo senso venire a mancare il tempo, deve regnare serietà di canto, purezza dei sensi, osservanza del silenzio, attenzione alla parola di Dio». Nelle Revelationes extravagantes il Signore si rivela addirittura il vero architetto della chiesa abbaziale e ne detta tutti i dettagli costruttivi. Eccone qualche esempio: Il coro della chiesa deve essere a occidente, a lato del lago'. Deve essere un alto muro a tramonto, dalla casa sul lago sino alla fine della corte dei clerici. Tra questo muro e il coro ci sarà uno spazio di diciotto aunes (misura di lunghezza di 1,20 m circa) per edificare il parlatorio, che sarà diviso per il lungo da un muro che andrà dal coro dei Fratelli al muro vicino al lago. In questo parlatorio i Fratelli e le Sorelle potranno parlare fra loro delle loro necessità. Che non ci siano finestre nello spazio tra i religiosi e le religiose, così che non si vedano. Che in questo muro ci siano anche due ruote, come è costume in tali monasteri. E poi che il coro dei religiosi abbia ventidue aune di lunghezza sotto un'unica volta, dal parlatorio che guarda a occidente fino al grande altare, così che questo grande altare sia sotto la volta; e i clerici devono stare tra il grande altare e la parete che guarda a occidente. Quanto alla volta, essa avrà venti aune di larghezza; e il muro che è dietro, dalla parte dei religiosi verso il tramonto, avrà cinque finestre basse e vicine a terra, dove le Sorelle faranno la loro confessione e riceveranno il corpo del Signore. La chiesa stessa deve avere cinque volte nel senso della lunghezza e tre in larghezza, e ogni volta deve essere di venti aune in larghezza e ventotto in lunghezza, e che si aggiungano tre volte contigue dietro al grande altare... Come sede per il nuovo ordine, Brigida pensa al castello reale di Vadstena, poco a nord del monastero di Alvastra, a metà strada tra questo e Ulvasa, in una insenatura del lago Vàttern. Il castello appartiene al re, e a lui quindi dovrà essere richiesto. Trascritta la Regola, Brigida fa visita al maestro Matthias a Linkòping e gli fa leggere quanto le è stato dettato dal Signore. L'anziano e saggio teologo non trova nulla da obiettare e approva ogni cosa. Tutto è pronto, è tempo di ritornare alla vita pubblica. Dopo due anni di completo ritiro ad Alvastra, Brigida dà inizio alla sua missione e si reca alla corte di Stoccolma per far sapere al re e ai nobili quanto il Signore le ha ordinato di comunicare loro; deve inoltre compiere i passi necessari per far approvare la sua Regola e svolgere i suoi compiti politici. Durante il soggiorno al monastero di Alvastra, Brigida era sempre stata ben informata di ciò che accadeva a corte dal fratello Israel e dai figli maggiori Karl e Birger che, per il loro rango e i loro uffici, la frequentavano regolarmente. A corte si viveva allegramente e nel lusso, ma il paese era gravato da tasse sempre più pesanti. Per ordine del Signore, Brigida torna quindi a corte e viene subito ricevuta dal re, che l'ascolta in un misto di devozione, affetto e timore. Brigida ha molte cose da rimproverargli: Magnus è pavido, cede facilmente al parere altrui, non vuole contrariare nessuno. Politicamente aveva commesso l'errore di aiutare lo Holstein contro il re danese e molti soldati svedesi erano caduti nell'assedio del castello di Copenaghen. Il re inoltre aveva contratto molti debiti per acquisire nuove terre e aveva di conseguenza imposto gravose tasse al popolo. Brigida ha anche molte importanti richieste da fare al re: prima di tutto, la sua approvazione del progetto di un nuovo ordine e l'appoggio alla richiesta di ratifica della Regola da parte del papa; poi la donazione del castello reale di Vadstena come sede del monastero. Brigida chiede inoltre al re che la Svezia, neutrale, supplichi il papa di farsi mediatore di pace tra Francia e Inghilterra. Brigida conosceva bene, per averle constatate di persona nel corso del suo pellegrinaggio a Santiago de Compostela, le devastazioni e la miseria provocate dalla guerra tra le due grandi nazioni, e questa consapevolezza la induceva a impegnarsi con tutta se stessa per porvi rimedio. Infine Brigida prospetta al re una crociata in Finlandia per convertire i pagani, cosa che del resto era già nei progetti di Magnus. Il re plaude all'idea di un ordine tutto svedese, che costituisce una prestigiosa novità in quanto tutti gli ordini esistenti nel Paese erano fino ad allora venuti da fuori (i cistercensi dalla Francia, i francescani e i domenicani dall'Italia), e appoggia la richiesta di approvazione della Regola da parte del papa, al quale sarà inviato un messaggero. Quanto al castello di Vadstena, chiede di potersi consultare con Bianca, la regina sua moglie. Anche il suggerimento di intercedere presso il papa incontra il favore del sovrano. Brigida si mette all'opera: prepara messaggi per Edoardo III d'Inghilterra e Filippo di Valois, re di Francia, ai quali chiede, nel nome del Signore, di giungere alla pace; propone anche che si cerchi un accordo attraverso un matrimonio che ristabilisca l'armonia tra le due case regnanti. Altri messaggi sono destinati a papa Clemente VI (1342-1352) perché indica il giubileo per il 1350, approvi il suo ordine, riporti la cura papale a Roma, unica vera sede del vicario di Cristo, e si impegni a mettere pace fra i belligeranti. Ciò che gli scrive è dettato direttamente da Dio: Scrivi in mio nome a papa Clemente: io ti ho innalzato e ti ho fatto ottenere i massimi onori. Alzati dunque e ristabilisci la pace tra i sovrani di Francia e Inghilterra, che sono come pericolose belve e corruttori di anime. Vieni poi in Italia e annuncia la parola di Dio e un anno di salvezza e amore di Dio (anno giubilare), e guarda le strade coperte del sangue dei miei santi; allora ti darò quel premio che non ha mai fine'. Per preparare adeguatamente le importanti missioni che si è prefissata, Brigida rimane a corte tutto l'inverno tra il 1345 e il 1346, non più come consigliera dei sovrani, ma come amica e parente. È molto nota: si dice che abbia il potere di guarire gli ammalati, comandare ai demoni, conoscere nella preghiera lo stato dei defunti e convertire i peccatori. Ma una nuova sofferenza si sta preparando per lei: una lettera del priore di Alvastra la informa che il figlio Bengt, che sembrava destinato alla vita monastica, è gravemente ammalato. Il ragazzo muore infatti all'inizio del 1346, poco dopo l'arrivo della madre, e viene sepolto nella chiesa di Alvastra, dove già riposano il padre e il fratellino Gudmar. Brigida ha poco tempo per concedersi al dolore, perché gli impegni incalzano: i messaggi per il pontefice devono essere recapitati, bisogna lavorare per il nuovo ordine voluto dal Signore. Come messaggero presso il pontefice viene scelto il vescovo Hemming di Abo, in Finlandia, uomo di grande cultura ed esperienza, che aveva studiato a Parigi ed era stato allievo del benedettino Pierre Roger de Rotiers, eletto papa nel 1342 ad Avignone col nome di Clemente VI. Nel suo viaggio ad Avignone è accompagnato dal monaco Petrus di Alvastra. Re Magnus appoggia la missione e affida ai messaggeri una lettera scritta di suo pugno da recapitare ai sovrani di Francia e Inghilterra. Nella primavera del 1346 il vescovo Hemming e Petrus di Alvastra partono per Avignone. Come lasciapassare e raccomandazione hanno una lettera di maestro Matthias, che funge ora da prologo alle Rivelazioni e inizia con queste parole: «Cose stupefacenti e meravigliose sono state udite nella nostra terra» (Stupor et mirabilia audita sunt in terra nostra). Il 1° maggio 1346, giorno in cui si festeggia santa Valpurga, Brigida ha una grande gioia: re Magnus e la regina Bianca le donano il castello di Vadstena. Qui sarà fondato il monastero che i sovrani scelgono come estrema dimora per loro stessi e i loro eredi. Al castello vengono unite molte terre e in seguito anche una notevole cifra per le opere di adattamento e costruzione. II superbo palazzo reale dovrà infatti essere trasformato in monastero, operazione che richiederà molto lavoro. Dovrà inoltre essere edificata una chiesa adatta alle esigenze di un grande monastero. Da allora, per tutto il tempo trascorso ancora in Svezia, Brigida passò lunghi periodi a Vadstena per avviare i lavori di ristrutturazione e adattamento e anche in seguito, ormai stabilita a Roma, continuerà a dedicare al monastero molta attenzione. Non vi tornò più da viva, ma i suoi resti mortali vi furono traslati un anno dopo la morte, che avvenne a Roma nel 1373. Con la donazione del castello reale di Vadstena, Brigida ha ottenuto una prima, importante vittoria. Non tutto però va come dovrebbe: da Avignone il vescovo Hemming scrive che papa Clemente VI non ha prestato orecchio alle sue richieste, non si è adoperato per favorire la pace tra Francia e Inghilterra e non vuole lasciare Avignone per tornare a Roma. Del resto tre anni prima, nel 1343, non aveva ascoltato Cola di Rienzo, venuto ad Avignone come ambasciatore della città di Roma, della quale gli aveva fatto presente la decadenza`. Il papa non è contrario a indire un giubileo per il 1350, ma di un nuovo ordine non vuole neppure sentir parlare: ha ricordato anzi che il concilio Laterano del 1215 aveva stabilito che nessun nuovo ordine dovesse più essere fondato. Brigida se ne rammarica molto, ma non si abbatte e continua la sua opera affinché l'ordine venga approvato, sempre fiduciosa nelle parole che le erano state dette dal Signore e che figurano nel capitolo XXXI della Regola: Labora igitur tu, et cooperare quantum poteris; Ego autem perficiam dum mibi placuerit. In buona sostanza, aiutati che Dio t'aiuta. Una grande saggezza. CAPITOLO VI - BRIGIDA A ROMA L'anno santo perorato da Brigida fu effettivamente indetto per il 1350 e annunciato a tutto il mondo cristiano. La sede papale continuava però a restare ad Avignone e Clemente VI stringeva ancora di più i rapporti con la Francia, eleggendo quasi esclusivamente cardinali francesi. Il papa viveva come un principe mondano e Brigida sapeva bene che tra i suoi compiti c'era anche quello di lavorare per il rinnovamento della Chiesa. Glielo aveva spiegato molto chiaramente il suo sposo divino: Come una sedia ha quattro gambe e un sedile, così anche la mia sedia, quella che ho dato al papa, deve avere quattro gambe, cioè umiltà, obbedienza, giustizia e misericordia, e il sedile dovrebbe essere fatto di divina saggezza e amore di Dio. Ora però questa sedia è stata dimenticata e al suo posto ne è stata adottata un'altra dove l'orgoglio sostituisce l'umiltà, l'ostinazione l'obbedienza, l'avidità di ricchezza la giustizia, l'ira e la malevolenza la misericordia, mentre chi la occupa non aspira ad altro che ad essere chiamato saggio e maestro secondo il metro umano. Brigida sapeva anche che il papa non sarebbe stato a Roma per il giubileo: lui stesso l'aveva detto molto chiaramente al vescovo Hemming e a Petrus di Alvastra quando si erano recati ad Avignone a portargli i suoi messaggi. E a causa di questa assenza la futura santa esitava ad affrontare il pellegrinaggio a Roma in occasione dell'anno santo. Gesù però così le parlò in visione: lo sono il Figlio del Dio vivente. La Regola dell'ordine che ti è stata data deve essere confermata dal mio rappresentante, che nel mondo è chiamato papa, poiché egli ha il potere di legare e sciogliere al posto mio e deve rendermene conto davanti a tutte le mie schiere celesti... Inoltre il papa deve permettere che nel luogo che ti è stato mostrato quando ricevesti la Regola venga edificato un monastero; poiché proprio là deve prendere inizio questa Regola. In un'altra visione le fu ordinato dal Signore di recarsi a Roma come sua ambasciatrice, di restarci finché non avesse visto il papa e l'imperatore e di dire loro da parte sua le parole che lui le avrebbe ispirato,. Questa profezia si realizzò, anche se - finché Brigida fu in vita - il ritorno a Roma di papa Urbano V fu solo temporaneo. L'imperatore che Brigida vide fu Carlo IV, detto il Boemo perché nato a Praga e sovrano di Boemia. Conosciuta la volontà di Dio, Brigida si affrettò a fare i preparativi per il lungo viaggio. I motivi per andare a Roma erano molteplici: partecipare al giubileo, sollecitare presso la Curia romana la conferma papale del suo ordine, lavorare per il ritorno del papa; Brigida desiderava inoltre ampliare il proprio orizzonte spirituale e accrescere lo spazio del proprio apostolato. La partenza avvenne all'inizio dell'autunno del 1349: Brigida non avrebbe più rivisto la sua patria. Insieme a lei partirono il segretario Petrus di Alvastra e il confessore Petrus di Skànninge; si unì a loro anche un altro sacerdote svedese di nome Magnus Persson, che seguì poi Brigida in Terra Santa. Facevano inoltre parte del piccolo gruppo di pellegrini il sacerdote Gudmar Fredriksson, che fu in seguito monaco a Vadstena, la giovane signora Ingeborg Laurensdotter e alcuni servitori. Nessun membro invece della famiglia di Brigida. Prima di lasciare la Svezia, Brigida volle salutare il maestro Matthias: non l'avrebbe più rivisto, perché l'anziano teologo sarebbe morto l'anno successivo. Non si sa con certezza quale sia stato l'esatto percorso dei pellegrini: certamente essi si imbarcarono a Kalmar, sulla costa sud-orientale della Svezia, e sbarcarono sulla costa baltica tedesca. I Paesi che Brigida attraversò erano in quel tempo sconvolti dalla peste nera, che a partire dal 1350 imperversò anche in Svezia, mietendo innumerevoli vittime. Nella primavera di quello stesso anno re Magnus infatti informò tutta la popolazione che l'epidemia, proveniente dalla Norvegia dove il germe era giunto nell'estate del 1349 con una nave inglese carica di tessuti di lana, stava avvicinandosi al regno svedese. La medicina del tempo era impotente nei confronti della peste: non si poteva far altro che pregare. At traversando le terre tedesche, le più colpite dal morbo (la popolazione ne risultò dimezzata), i viaggiatori svedesi incontrarono infatti numerose schiere di penitenti e flagellanti, e anche gruppi di pellegrini che come loro si recavano a Roma. Mentre attraversavano la Svevia, avvenne un episodio che è stato riportato da varie fonti e che è all'origine della fondazione, avvenuta nel secolo successivo, di un importante convento brigidino. Giunti nel sud della Germania, i pellegrini svedesi fecero tappa nella cittadina di Mayingen e fecero pascolare i loro cavalli in un prato. Quando il proprietario chiese un compenso, Brigida comprò tutto il campo e lo donò alla cittadinanza. Su quell'appezzamento di terreno sorse in seguito, nel XV secolo, un convento brigidino, dal quale pochi anni dopo ebbe origine il celebre monastero di Altomúnster, presso Augusta in Baviera. Poi finalmente, dopo aver attraversato le Alpi, i pellegrini giunsero in Italia. La prima tappa fu a Milano, per pregare nella basilica di Sant'Ambrogio. Come leggiamo nelle Rivelazioni, il grande vescovo di Milano apparve a Brigida due volte e le parlò delle carenze e dei difetti di certi pastori della Chiesa. La fortificò anche nella sua missione di conversione: «Dio ti ha chiamata affinché in spirito tu possa vedere, udire, comprendere e rivelare agli altri ciò che avrai udito». A Milano si ammalò gravemente e poi morì Ingeborg Laurensdotter, che aveva affrontato il pellegrinaggio a Roma per ottenere l'indulgenza dei suoi peccati e soltanto con fatica aveva ottenuto dal marito il permesso di partire. Dopo la sepoltura di Ingeborg, il piccolo gruppo proseguì in direzione di Genova, sostando a Pavia per rendere omaggio a sant'Agostino, il cui corpo, portato via da Ippona per timore di atti vandalici, era giunto qui dopo una sosta a Cagliari. A Genova i pellegrini si imbarcarono e proseguirono il viaggio per mare fino a Ostia. Roma era finalmente a portata di mano. Non immaginava, forse, la veggente svedese, che Roma sarebbe diventata la sua nuova patria e che avrebbe dovuto attendere ben diciassette anni prima di vedervi giungere un papa: Urbano V, che vi rimase meno di tre anni. Da Ostia i pellegrini raggiunsero Roma a piedi, facendo sosta alla basilica di San Paolo per rendere omaggio all'Apostolo. Giunti in città, la prima visita fu certamente quella a San Pietro. Brigida e i suoi trovarono alloggio all'albergo dell'Orso, sulla riva sinistra del Tevere, di fronte a Castel Sant'Angelo, dove all'incirca mezzo secolo prima, in occasione del primo anno santo della storia (il giubileo di Bonifacio VIII del 1300) aveva alloggiato anche Dante Alighieri. Pochi giorni dopo Brigida ricevette la visita di un messo del cardinale Hugo di Beaufort, che offrì ospitalità a lei e al suo seguito nel palazzo del suo signore. Fratello di papa Clemente VI, che ben conosceva la personalità di Brigida e probabilmente desiderava usarle una cortesia, il cardinale Beaufort risiedeva in quegli anni ad Avignone e non abitava quindi il grande palazzo adiacente alla chiesa di San Lorenzo in Damaso, della quale era titolare. Nello stesso palazzo aveva sede anche la cancelleria papale. Brigida accettò con gioia l'invito e si trasferì con i suoi accompagnatori nel vasto appartamento al primo piano, che era fornito anche di una piccola cappella. Dalla finestra della sua camera, attraverso le finestre della chiesa, Brigida poteva anche godere della vista dell'altare maggiore di San Lorenzo in Damaso. Qui abitò per quattro anni. Fu in questo palazzo che nell'anno giubilare 1350 Brigida ricevette il famoso Sermo angelicus, ovvero rivelazioni dettatele da un angelo. Alcuni capitoli dell'opera, che narra la storia di Maria, furono destinati a essere letti quotidianamente alle suore del convento di Vadstena, aperto nel 1384. Come trascorreva le sue giornate a Roma la principessa svedese? Un brano delle Rivelazioni, che riporta le parole di Gesù stesso, lo descrive esattamente: Vi consiglio di utilizzare per dormire le quattro ore prima della mezzanotte e le quattro dopo la mezzanotte. Chi non ne è capace, provi a desiderare di farlo e ci riuscirà. Se qualcuno è ragionevolmente in grado di dormire un po' meno, senza per questo subirne danno nelle forze fisiche e psichiche, ne avrà merito e premio. Successivamente dovete utilizzare quattro ore per pregare e dedicarvi a opere utili e benemerite, così che nessuna ora trascorra senza dare frutto. In seguito potete avere due ore per il pasto di mezzogiorno. Se userete meno tempo, ne sarete ricompensati da Dio. Questo tempo non dovete prolungarlo a meno che non ci sia un motivo ragionevole per farlo. Poi dovete dedicare sei ore a lavori necessari, consentiti o richiesti. Successivamente altre due ore per i vespri, la preghiera della sera e altre preghiere a voi gradite. Infine ancora due ore per la cena e per serene conversazioni. Brigida pregava molto, prendeva lezioni di latino dal maestro Petrus e scriveva in svedese le rivelazioni che il suo segretario traduceva poi in latino: «Studio grammatica, prego e scrivo», leggiamo nelle Rivelazioni. Il maestro Petrus dal canto suo ricevette dalla Santa Sede l'incarico di fare da padre spirituale a tutti i pellegrini svedesi che venivano a Roma: a loro Brigida dedicava cure e attenzioni, ospitandoli spesso nella sua casa. Ampio spazio avevano nella giornata di Brigida anche le visite ai luoghi sacri romani, in particolare le sette chiese' e le catacombe della via Appia, dove i primi cristiani avevano trovato rifugio durante le persecuzioni. Il maestro Petrus raccontò nella sua deposizione al processo che, in memoria delle ferite e della passione di Cristo, Brigida usava lasciarsi cadere sulla pelle nuda gocce di cera incandescente, e quando le ferite accennavano a chiudersi lei le rinnovava con le unghie, affinché il suo corpo non fosse mai senza i segni della passione. Di venerdì, in base alla testimonianza della figlia Caterina, la santa soleva anche ingerire erbe amarissime (berbam amarissimam que vocaturgenciana), in ricordo dell'amara bevanda data a Gesù durante la sua passione. Nel XIV secolo Roma era una città trascurata e in decadenza. Alle devastazioni del terremoto del 1348 che aveva provocato pesanti danni ai monumenti e alle abitazioni, si aggiungeva la difficile situazione interna: ruberie, brigantaggio, estrema libertà di costumi. Ciò era in gran parte dovuto all'assenza del papa e all'anarchia che ne conseguiva. Roma era anche dilaniata dalle lotte tra i Colonna e gli Orsini e coinvolta nelle sommosse di Cola di Rienzo. In questo stato di cose la situazione nella città eterna non era affatto sicura neppure per i pellegrini che, nonostante l'assenza del papa, arrivavano numerosi per visitare i luoghi sacri e pregare sulle tombe degli apostoli. Leggiamo in un'antica cronaca: La brutale violenza aveva preso il posto del diritto; non c'era più alcuna attenzione per le leggi, nessuna protezione della proprietà, nessuna sicurezza delle persone. 1 pellegrini che visitavano le tombe degli apostoli venivano aggrediti e derubati, alle donne veniva usata violenza. Le chiese di Roma erano in rovina, in San Pietro e in Laterano le greggi pascolavano nell'erba che arrivava fino all'altare. Sulle colline del Campidoglio veniva coltivata la vite, il foro era stato trasformato in orto e pascolo, gli obelischi egiziani giacevano a terra, spezzati e semisepolti. Come conseguenza del trasferimento della Santa Sede, erano subentrate divisioni interne, abbrutimento generale e spopolamento". Roma è come un campo nel quale sono cresciute rigogliose le erbacce. Di conseguenza deve prima essere purificato col ferro e col fuoco e poi arato di nuovo da un aratro trainato da una coppia di buoi. Per questa città si prepara una grande punizione disse un giorno la Vergine a Brigida. Le Rivelazioni fanno chiaramente intendere quanto Brigida pregasse e si prodigasse per porre rimedio a questa triste situazione. Non s'impegnò soltanto con la preghiera, ma agì concretamente intervenendo spesso nelle cose pubbliche e sollecitando il ritorno del papa a Roma per il bene della Chiesa e della città. La preoccupazione di Brigida per Roma e le miserande condizioni in cui lo stato pontificio versava a causa dell'assenza del pontefice fu costante. Ne fa buona testimonianza una sua lettera indirizzata a un'alta personalità ecclesiastica, forse il vescovo di Orvieto che all'epoca svolgeva le mansioni di vicario papale. La lettera contiene la richiesta di informare il papa della situazione: Illustrissimo signore, tra le altre notizie si faccia sapere al papa quanto sia penoso lo stato della città che un tempo era felice spiritualmente e corporalmente. Ora però essa è infelice sia corporalmente che spiritualmente; corporalmente perché i suoi principi mondani, che dovrebbero essere i suoi difensori, sono divenuti i suoi più terribili rapinatori; per questo le case sono distrutte e molte chiese che custodiscono le spoglie mortali dei santi vengono devastate. I santuari della città, dopo che i tetti sono crollati e le porte divelte, sono divenuti le latrine di uomini, cani e bestie. Spiritualmente la città è infelice perché molte leggi emanate da santi pontefici su ispirazione dello Spirito Santo a lode di Dio e per la salvezza dell'anima immortale non hanno più validità. Al posto loro sono subentrati, su ispirazione di spiriti malvagi, abusi e malcostume a disonore di Dio e per la rovina delle anime. Una legge della santa Chiesa prevedeva per esempio che i chierici venissero consacrati, poi conducessero una vita devota, servissero Dio con la preghiera e indicassero con le buone opere la via per la patria celeste. Adesso però è subentrato il gravissimo abuso in base al quale i beni della chiesa vengono affidati a laici non consacrati, i quali per poter essere considerati chierici non si sposano, ma che senza alcuna vergogna si portano in casa e nel letto delle prostitute, e tuttavia dicono: «A noi non è lecito vivere una vita coniugale perché siamo canonici». Anche i sacerdoti, i diaconi e i sottodiaconi evitavano un tempo la vergogna di una vita impura; oggi alcuni di loro si vantano addirittura di far vedere in giro le loro prostitute col ventre gonfio e non si vergognano se uno dei loro amici sussurra loro nell'orecchio: «Vedi, illustrissimo signore, presto ti nascerà un figlio o una figlia!». Sarebbe più giusto che fossero chiamati servi del diavolo piuttosto che sacerdoti consacrati. Il santo fondatore Benedetto e altri padri hanno, col permesso dei vescovi, stabilito regole e fondato monasteri in cui gli abati vivevano con i loro confratelli, pregavano di giorno e di notte e conducevano un'esemplare vita monastica. Era veramente una gioia visitare i monasteri in cui i monaci cantavano le lodi di Dio e con l'esempio della loro purissima vita inducevano i peccatori a migliorarsi. Anche i buoni ne venivano rafforzati nella loro fede e nella loro condotta. Le anime del purgatorio ottenevano la pace eterna grazie alle preghiere di questi religiosi. Un tempo ogni monaco che viveva in base a queste regole era tenuto in grande considerazione ed era amato da Dio e dagli uomini. Chi invece non si preoccupava di attenersi alle regole, era disprezzato. Un tempo si riconosceva il monaco anche dall'abito. Oggi al posto di queste regole sono subentrati in molti casi miserevoli abusi. Gli abati vivono nei loro castelli, dentro e fuori la città, nel modo che vogliono. È quindi doloroso visitare i cenobi, poiché solo pochissimi monaci, e a volte addirittura nessuno, pregano nel coro alle ore stabilite. Nei monasteri si legge e si studia pochissimo, non si canta quasi più, in certi giorni non si dice neppure messa. 1 buoni si sentono oppressi dalla cattiva fama dei monaci malvagi, i malvagi diventano sempre più malvagi. C'è da temere che le preghiere di questi monaci possano aiutare ben poco le anime del purgatorio. Molti monaci hanno la loro abitazione privata in città; ognuno ha la propria casa; molti di loro, quando gli amici li vanno a trovare, abbracciano i loro figli e dicono tutti felici: «Guarda, questo è mio figlio!». 1 monaci non si riconoscono più dagli abiti e addirittura dopo il tramonto del sole portano addosso un'arma per fare quello che loro meglio aggrada. Un tempo c'erano dei santi che rinunciavano a grandi ricchezze e vivevano una vita ascetica senza curarsi dei beni materiali. Vestivano poveramente e conducevano una vita pura. Questi santi e i loro confratelli vengono per questo chiamati monaci mendicanti, i papi avevano confermato con gioia le regole del loro ordine e gli appartenenti all'ordine avevano accettato volentieri un simile genere di vita a maggior gloria di Dio e per la salvezza dell'anima immortale. Oggi però si è colti da tristezza vedendo come sono degradate e non più seguite queste regole che un tempo Agostino, Domenico e Francesco stabilirono per ispirazione dello Spirito Santo e che furono seguite volentieri da uomini e donne ricchi e nobili. Oggi molti monaci fanno tutto ciò che l'ordine vieta di fare e addirittura si vantano di usare per le loro vesti stoffe più preziose e costose di quelle usate per gli abiti dei ricchi vescovi. Grazie a san Gregorio Magno e altri santi, a Roma furono edificate case femminili di clausura; le monache che vi vivevano non erano mai state viste da nessuno. Ora però in questi monasteri si commettono gravi abusi, perché le loro porte si aprono indifferentemente per religiosi e laici, anche di notte; le monache lasciano entrare chiunque loro piaccia. Di conseguenza questi edifici assomigliano più a case di piacere che a santi conventi... La lettera di Brigida continua lamentando gravi mancanze da parte di religiosi e laici cristiani: i padri confessori accettano denaro da coloro che vanno a confessarsi; soltanto una persona su cento si confessa e si comunica; il matrimonio religioso ha perso ogni significato e spesso nella stessa casa convivono moglie e amante; durante il periodo di Quaresima molte persone giovani e sane mangiano carne; il giorno festivo non viene osservato e non pochi ricchi costringono i loro sottoposti a lavorare anche la domenica e i giorni festivi. Infine i cristiani praticano l'usura come i giudei, comportandosi sovente assai peggio di loro. L'Eccellenza vostra non si meravigli quindi - continua la lunga lettera di Brigida - se a causa di questi abusi ho definito Roma una città infelice. C'è da temere che la fede cristiana in breve tempo cada in oblio se non interviene qualcuno che ama Dio sopra ogni cosa e il prossimo come se stesso e che ponga fine a ogni abuso. Abbiate quindi compassione della Chiesa e di quelli del suo clero che amano ancora Dio con tutto il cuore e disdegnano le cattive abitudini sopra menzionate, che a causa dell'assenza del papa sono come orfani e che tuttavia hanno difeso con amore e fedeltà infantile il trono del Santo Padre, si sono opposti a tutti i traditori e ne hanno ricavato molte pene e difficoltà. Quanto al pontefice, Brigida riceve per lui dal Signore una rivelazione molto severa: Mi rammarico con te, o capo della mia Chiesa, tu che siedi sul seggio che ho donato a Pietro e ai suoi successori perché abbiano una triplice dignità: primo, perché abbiano il potere di legare e slegare le anime dal peccato; secondo, perché aprano il cielo ai penitenti; terzo, perché lo chiudano ai maledetti e a coloro che mi disprezzano. Ma tu che devi liberare le anime e presentarmele, tu ne sei il carnefice; poiché io ho nominato Pietro pastore e guardiano del mio gregge, e tu ne sei il dissipatore e colui che lo ferisce. Tu sei peggio di Lucifero, perché lui mi invidiava e desiderava uccidere soltanto me per regnare al mio posto, mentre tu non solo mi uccidi, ma uccidi anche le anime col tuo cattivo esempio. Io ho guadagnato le anime col mio sangue e te le ho affidate come un fedele amico; ma tu le abbandoni a un nemico dal quale io le avevo liberate. Tu sei più ingiusto di Pilato, che non condannò a morte altri che me; tu non solo giudichi me pur non avendo al riguardo alcun potere, ma condanni anche le anime innocenti e perdoni i colpevoli. Tu mi sei più nemico di Giuda, che vendette me solo; tu vendi anche le anime dei miei eletti per desiderio di guadagno e per vanità. Tu sei più abominevole di coloro che crocifissero il mio corpo, perché crocifiggi e punisci le anime dei miei eletti. E poiché tu sei simile a Lucifero, più ingiusto di Pilato, più crudele di Giuda, più abominevole di chi mi crocifisse, io con ragione mi lamento di te". Parole chiare e dure, che in questa come in altre occasioni Brigida non ebbe paura di indirizzare ai pontefici per indurli a tornare sulla retta via. Ma le preoccupazioni religiose, politiche e sociali di Brigida non si concentrarono solo sulla situazione di Roma, del papa e della Chiesa: andarono ben oltre. La deposizione del suo segretario Petrus di Alvastra fatta alla Curia romana nel 1380 e contenuta negli Atti del pro-f cesso di canonizzazione ci informa infatti che Brigida fu in corrispondenza con molte personalità religiose e politiche. Leggiamo infatti: Brigida impetrò da Dio molte risposte per papa Urbano V e papa Gregorio XI e per i regnanti di Svezia, cioè il re Magnus e la regina sua sposa, e per il nuovo re di Cipro e sua madre Eleonora e per la regina Giovanna di Napoli e per molti baroni e prelati e gente del popolo e religiosi e altre persone spirituali del regno di Svezia e della città di Roma e dei regni di Sicilia e di molti altri regni e province, che la interrogavano come profetessa di Dio sui loro dubbi e desideravano avere una risposta da Dio attraverso di lei. Per tutti costoro ella impetrò molte e diverse risposte da Dio, utili e belle per la direzione della vita e dei costumi e per chiarire i loro dubbi". Questo brano consente di capire quanto Brigida fosse nota, stimata e da qualcuno anche temuta per le sue doti profetiche e il suo altissimo profilo morale. Brigida sentiva di essere chiamata a far conoscere la volontà del Signore ai grandi della terra e lo fece sempre con coraggio, senza lasciarsi intimorire da niente e da nessuno, aiutata certamente in questo dalla consapevolezza del proprio rango e dall'abituale frequentazione di sovrani, nobili e alti prelati. Verso la metà dell'anno giubilare 1350 Brigida trascorse un periodo abbastanza lungo all'abbazia di Farfa, in Sabina, nel ducato di Spoleto, dove regnava la più grande decadenza di costumi. A inviarla fu il Signore stesso, affinché intervenisse presso i monaci. L'abbazia benedettina di Farfa, oggi in provincia di Rieti, fu fondata nel VI secolo e ricostruita in quello successivo. Aveva conosciuto un grande splendore tra il IX e 1'XI secolo, quando aveva partecipato alle lotte politiche ed esteso i suoi possedimenti all'Abruzzo e alle Marche. Inoltre gli imperatori tedeschi, a partire da Carlo Magno, le avevano concesso grandi privilegi. In questo centro religioso e culturale, che nel medioevo era stato di primaria importanza, era adesso penetrato lo spirito mondano: l'abate viveva come un principe secolare e i suoi frati si comportavano di conseguenza. Leggiamo nelle Rivelazioni: Il fuoco che era emanato da san Benedetto accese tre specie di uomini, che possono essere considerati tre diverse qualità di combustibile. Innanzitutto coloro che bruciarono come l'incenso e abbandonarono il mondo per amor di Dio. Poi quelli che bruciarono come erba secca, rinunciando al mondo disgustati dalla vanità di tutto. E infine quelli che bruciarono come rami di ulivo con chiara e pura fiamma ed erano pronti a morire per Cristo. Così furono i primi benedettini: monaci, asceti, missionari. Ma ora lo spirito di san Benedetto ha abbandonato i suoi figli. Le fiaccole spente giacciono a terra e non danno più luce; emanano soltanto il fumo dell'impurità e della concupiscenza. La visita di Brigida non fu gradita; poiché all'abbazia non era prevista la presenza di donne, la principessa svedese fu ospitata in un magazzino esterno, un autentico vile tugurium, come dicono gli Atti del processo, ma il Signore stesso le spiegò in una visione che quel soggiorno sarebbe stato per lei quanto mai salutare, perché le avrebbe permesso di capire i disagi sopportati dai santi eremiti. Il soggiorno di Brigida a Farfa fu per molti aspetti penoso, perché la sua opera moralizzatrice incontrò resistenza. In una rivelazione relativa a questo periodo leggiamo infatti: La Vergine chiese a Brigida: «Quale cosa ti sembra che vi sia da rimproverare a questo abate?». Rispose la santa: «Che molto di rado celebra la messa». Rispose la Vergine: «In questo non è meritevole di rimprovero, poiché molti, consapevoli della loro cattiva vita, ragionevolmente si astengono dal celebrare, e perciò non sono da rimproverarsi. Che altro giudichi meritevole di correzione?». Rispose la santa: «Che non porta le vesti secondo le regole del suo istituto, ma troppo delicate e molli». Disse la Vergine: «Anche questo può accadere che sia senza peccato, poiché la consuetudine così comporta. Sono molto più meritevoli di castigo coloro che introdussero ciò contro ogni regola. Ascoltami ora e io ti manifesterò per quali cose sia degno di severissimo castigo. La prima perché il suo cuore, che dovrebbe essere trono di Dio, è posseduto dalle meretrici; secondo, perché nato da umili e poveri genitori, ambisce di farsi ricco nella religione, mentre ha promesso di osservare la povertà e di rinnegare se stesso; terzo, perché avendo avuto dal suo creatore un'anima così bella, l'ha orribilmente deformata; non si lusinghi nel vedersi stimato e applaudito dagli uomini, poiché dall'altissimo Dio giudice è disistimato per la sua superbia e quando verrà il suo tempo si troverà senza merito alcuno». Brigida presentò questa rivelazione all'abate, aggiungendo che era suo dovere dare buon esempio ai suoi monaci, ma non ottenne alcun risultato. Alla futura santa fu però riservata una grande consolazione, perché proprio a Farfa rivide sua figlia Caterina, venuta a Roma dalla Svezia con un gruppo di pellegrini. Caterina era sposata con Eggert von Kyren, parente del re, che non l'aveva potuta accompagnare perché al momento della partenza era malfermo in salute. Giunta a Roma, Caterina si era subito messa alla ricerca della madre, senza trovarla. Un giorno però in San Pietro aveva incontrato Petrus di Alvastra che, dopo aver accompagnato Brigida a Farfa, spinto da impulso irresistibile era ritornato brevemente in città; l'incontro apparentemente casuale con Caterina, preoccupatissima per non aver trovato la madre a Roma, gli aveva fatto capire il motivo del suo inspiegabile desiderio di rientrare a Roma. Petrus condusse subito Caterina a Farfa da Brigida e le cronache narrano che dopo l'arrivo della giovane, che era bellissima, l'accoglienza riservata dall'abate alle due donne fu più ospitale e generosa. In base alla deposizione di Caterina stessa al processo, dopo qualche tempo Brigida apprese in visione che Eggert era morto il venerdì santo di quell'an no 19; chiese allora alla figlia, che era appena diciottenne, se desiderasse passare a seconde nozze oppure consacrarsi al Signore. Caterina non ebbe esitazioni ed espresse subito il desiderio di restarle accanto e di servire con lei il Signore. All'inizio dell'autunno del 1350 tornò infatti a Roma con Brigida e fu la compagna fedele dell'ultima parte della sua vita; l'accompagnò anche in Terra Santa e un anno dopo la sua morte ne riportò i resti mortali a Vadstena. Durante il soggiorno romano a Brigida non mancarono le preoccupazioni e in più di un'occasione a quelle spirituali si aggiunsero quelle materiali. Precaria fu spesso per esempio la situazione finanziaria. La futura santa faceva infatti molte elemosine e, a causa delle difficoltà di trasporto, il denaro che le veniva inviato dalla Svezia arrivava a Roma in maniera assai irregolare. In un'occasione particolarmente difficile Brigida si rivolse alla Madre di Dio ed ebbe questa risposta: «Non ti preoccupare per la giornata di domani, perché anche se non ti rimanesse altro che il nudo corpo, devi avere fiducia nel Signore. Lui che nutre i passeri, provvederà anche a voi che ha redento col proprio sangue». Brigida chiese ancora: «Che cosa mangeremo domani?». E la risposta fu questa: « Se veramente non avete più niente, chiedi l'elemosina nel nome di Cristo». Brigida seguì il consiglio e non si vergognò di chiedere umilmente l'elemosina insieme ad altri mendicanti davanti alla chiesa di San Lorenzo in Panisperna. Altre volte il denaro necessario arrivò in maniera miracolosa. Per esempio, un giorno che in casa mancava il necessario, Brigida mandò sua figlia Caterina in San Pietro insieme ad alcune devote signore romane. Mentre pregavano davanti alla tomba dell'apostolo, si videro davanti una signora sconosciuta vestita di un abito bianco e di un mantello nero. La sconosciuta portava sul capo un velo bianco. La signora si rivolse a Caterina e le chiese di pregare «per la norvegese». Caterina le chiese allora da dove venisse, e la sconosciuta rispose che veniva dalla Svezia. Disse poi che la moglie di suo fratello Karl, il figlio maggiore di Caterina, era morta e aggiunse: «Pregate per la norvegese! Presto riceverete notizie e aiuti dalla patria, perché la norvegese ha lasciato a voi la collana d'oro che era solita portare». Subito dopo la sconosciuta signora scomparve. Poco tempo dopo questo episodio arrivò dalla Svezia Ingwald Anundsson, buon amico di Caterina, che annunciò la morte di Guydda, la moglie di Karl. Guydda era norvegese. Ingwald portava con sé la collana d'oro della defunta. Questo gioiello aveva un valore così alto che, vendendolo, col ricavato Brigida, sua filia e il seguito poterono vivere per un anno intero. Un'altra preoccupazione venne dalla casa in quanto, dopo quattro anni di soggiorno nel palazzo del cardinale Hugo di Beaufort, Brigida fu costretta a cercare un nuovo alloggio per sé, la figlia e il seguito. Un inviato del cardinale le comunicò infatti, piuttosto bruscamente, di liberare l'appartamento nel giro di un mese. Ecco come sono narrati i fatti nelle Rivelazioni: Quando udì queste parole, si turbò, poiché aveva presso di sé la sua bella, giovane e nobile figlia, la cui vista infondeva gioia in ognuno. Temeva di non riuscire a trovare un'abitazione analoga che le consentisse di tenere alto l'onore suo e di sua figlia. In lacrime pregò Dio che l'aiutasse. Il Signore però volle mettere alla prova la sua serva e così le parlò: «Vai e cerca per tutto questo mese, percorri con il tuo confessore tutta la città per vedere se riuscite a trovare un'altra casa adatta a voi». Ella ubbidì e per tutto il mese girò con dolore e preoccupazione per la città insieme al maestro Petrus e al padre spirituale Petrus di Alvastra; non riuscì però a trovare nessuna casa adatta. Quando sua figlia Caterina si accorse delle preoccupazioni della madre, si afflisse per il suo onore e pianse. Due giorni prima della fine del mese fece preparare i bagagli per lasciare la casa e traslocare in una locanda. Oppressa dal dolore si rivolse di nuovo al cielo e chiese aiuto piangendo e pregando. Allora le apparve Cristo e così le parlò: «Tu sei turbata perché non riesci a trovare una casa adatta. Sappi che io l'ho consentito per la tua salvezza e la tua edificazione, affinché tu conosca per esperienza la miseria e la sofferenza che i poveri pellegrini debbono sopportare lontano dalla loro patria, ed impari quindi ad avere compassione. Sappi anche che non sarai mandata via dalla tua casa, ma sarai informata da parte del proprietario che potrai rimanervi ancora temporaneamente ...». Le cose andarono come il Signore aveva annunciato; inoltre qualche tempo dopo una vedova romana di nome Francesca Papazzuri, che conosceva bene Brigida e le era devota, le offrì la propria casa nelle vicinanze di Campo dei Fiori e della chiesa di San Lorenzo in Damaso. In questa casa, comoda, spaziosa e cinta da un solido muro, costituita da un edificio principale, da tre case minori e da una torre, Brigida visse fino alla morte con la figlia e con i sacerdoti che l'accompagnavano. È la stessa casa che, ampliata e ristrutturata, ospita oggi le suore brigidine. Le stanze in cui vissero Brigida e Caterina sono ancora perfettamente conservate. Nella nuova abitazione Brigida ospitò spesso parenti, amici e pellegrini svedesi, e anche poveri e ammalati. Nel 1355 Brigida ebbe la gioia di rivedere anche il figlio Birger, venuto a Roma per farle visita. Una prova del soggiorno romano di Birger, e insieme una testimonianza della stima di cui godeva Brigida, è rappresentata da una lettera datata 14 ottobre 1355 e firmata da papa Innocenzo VI. Poiché Birger si era trovato in difficoltà finanziarie e non sapeva come affrontare il lungo viaggio di ritorno, il pontefice forse sollecitato da Brigida - venne in suo aiuto e con la lettera sopra citata diede incarico al governatore di Perugia di fargli versare da una banca romana la somma di quattrocento fiorini d'oro, «come nostro gentile dono». Dai pellegrini svedesi che venivano a Roma, Brigida era tenuta al corrente della situazione politica della sua patria, che ebbe sempre molto a cuore. Da Roma seguì la decadenza di re Magnus, che all'inizio del 1353 aveva ottenuto in prestito da papa Innocenzo VI il denaro raccolto in Svezia e Norvegia per l'obolo di San Pietro. Si trattava di una grossa cifra che il re avrebbe dovuto restituire a breve scadenza, entro quello stesso anno. Poiché nonostante gli appelli del papa il denaro non veniva restituito, nel 1358 re Magnus fu scomunicato. Con grande mancanza di umiltà continuava però a frequentare la chiesa, benché non ne avesse più il diritto. La scomunica, che aveva addolorato moltissimo Brigida, fu revocata nel 1360, ad avvenuta restituzione al papa della somma ricevuta in prestito. C'erano poi le questioni politiche. Nel 1356 Erik, figlio maggiore di Magnus e figlioccio di Brigida, si era proclamato re degli svedesi, opponendosi al padre. Padre e figlio si erano poi riconciliati, ma Erik era morto presto. Re Magnus aveva anche ceduto al re di Danimarca la Scania, la provincia più meridionale, più ricca e fiorente della penisola scandinava, e l'isola di Gotland, conquistate dagli svedesi a caro prezzo. Assai preoccupata per questa situazione, Brigida decise allora di scrivere una lettera ai nobili svedesi, dei quali faceva parte anche suo figlio Karl, sollecitandoli a recarsi dal re e dirgli quanto segue: Si tratta della salvezza della vostra anima, non c'è persona in Svezia o all'estero che abbia fama così cattiva come voi. Si dice di voi che abbiate commercio carnale con persona del vostro sesso, e ciò non pare incredibile poiché vi sono intorno a voi uomini che voi amate più di Dio, della vostra anima e di vostra moglie. Inoltre vi venne interdetto di entrare in chiesa, ma voi continuate ad ascoltare la santa messa come prima. Terzo e quarto, voi avete dilapidato i beni e le terre della corona e siete stato un traditore verso la Scania e quei vostri funzionari e sudditi che hanno servito voi e vostro figlio, e vorrebbero continuare a servire voi e vostro figlio, rimanere sotto la corona di Svezia e combattere contro i nemici della Svezia. Costoro li avete abbandonati in balìa del peggiore dei loro nemici, in modo che non potranno mai essere sicuri della loro vita e dei loro beni finché egli vivrà. Se siete disposto a far penitenza dei vostri delitti e peccati e a riconquistare quello che è perduto, siamo pronti a servirvi. Se non ve ne sentite capace, cedete la corona al figlio e andatevene. Ovvero, restate nel Paese purché vostro figlio giuri che si accingerà a riconquistare i territori perduti, che ascolterà i consigli dei suoi ministri e renderà giustizia al popolo. Diversamente un altro sarà eletto re al suo posto, perché la mano di Dio pesa ugualmente sul vecchio come sul giovane e può fare scacciare l'uno e l'altro. La lettera di Brigida arrivò in Svezia nel 1365. Poco tempo dopo apparve il Libellus de Magno Erici Rege, uno scritto polemico della nobiltà svedese contro re Magnus certamente influenzato dalla missiva della veggente: vi si ritrovano sia le accuse politiche sia quelle di omosessualità e di partecipazione alla messa nonostante la scomunica. Un altro elemento a favore del sostegno dato da Brigida all'opposizione aristocratica contro re Magnus è il seguente: l'esercito di Alberto di Meclemburgo, invitato dai nobili, che batté e fece prigioniero re Magnus nella battaglia di Gata, era comandato da Karl Ulfsson Sparre, parente di Brigida in quanto marito di Elena, figlia di suo fratello Israel. Nel 1369, quando Karl e Birger raggiunsero la madre Brigida a Roma per accompagnarla nel viaggio in Terra Santa, re Magnus era ancora prigioniero nella torre del castello di Stoccolma. Fu liberato solo nel 1371, ma dovette rinunciare alla corona di Svezia per sé e per suo figlio. CAPITOLO VII - IL SOGGIORNO A NAPOLI Brigida e il suo sposo Ulf facevano parte del Terzo ordine francescano; è quindi ben comprensibile che, giunta in Italia, la futura santa desiderasse con tutto il cuore visitare la tomba di san Francesco ad Assisi. Per mettersi in viaggio attese però, come sempre, di ricevere indicazioni dal cielo. E le indicazioni arrivarono. Il 4 ottobre 1351, festa di San Francesco, Brigida stava pregando nella chiesa a lui dedicata, San Francesco a Ripa in Trastevere, quando le apparve il poverello di Assisi che le disse: «Vieni nella mia cella, per mangiare e bere con me». Il viaggio fu realizzato nell'estate successiva in compagnia di Caterina e di altre persone, tra cui la nobile signora romana Francesca Papazzuri che in seguito le offrì la sua casa. Come leggiamo negli Atti processuali, il lungo tragitto fu percorso interamente a piedi. A Santa Maria degli Angeli, a pochi chilometri da Assisi, i pellegrini visitarono la cappella della Porziuncola, un semplice oratorio del X secolo ricostruito da san Francesco. Oggi la Porziuncola si trova sotto la cupola della grande basilica rinascimentale eretta tra il XVI e il XVII secolo. Ai tempi di santa Brigida però l'oratorio era come ai tempi del poverello di Assisi. f 1 pellegrini si recarono poi alla chiesa di San Francesco, progettata da frate Elia, architetto dell'ordine; lo splendido complesso, iniziato nel 1228, due anni dopo la morte del santo e consacrato nel 1253, consta di due chiese sovrapposte, la basilica superiore e quella inferiore. Nella prima Brigida e i suoi accompagnatori ebbero certamente modo di ammirare il celebre ciclo di affreschi di Giotto, dipinto tra la fine del XIII secolo e l'inizio del XIV, dove in ventotto riquadri è descritta la vita del santo. La tomba di san Francesco è custodita invece fin dal 1230 nella basilica inferiore, e fu qui che Brigida si trattenne a lungo. Mentre pregava le apparve il santo che le disse: Sii benvenuta! Ti ho invitata nella mia cella per mangiare e bere con me. Tu però devi sapere che questa casa non è la cella della quale ti ho parlato. La cella che intendevo è piuttosto la vera obbedienza che io ho sempre osservato, così che io non ho mai voluto stare senza una guida spirituale; per questo ho sempre avuto presso di me un sacerdote al quale ho sempre umilmente ubbidito. Questa era la mia cella. Comportati anche tu in questo modo, perché ciò è gradito a Dio. Il cibo di cui con gran gioia mi sono nutrito era questo: ho allontanato il mio prossimo dalle vanità della vita mondana, perché potesse servire Dio con tutto il cuore. Questa gioia era per me come un dolcissimo cibo. La mia bevanda era la gioia che provavo quando mi accorgevo che le persone che avevo convertito cominciavano ad amare Dio con tutte le loro forze, a vivere in povertà e a dedicarsi alla preghiera. Vedi, figlia mia, questa bevanda allietava tanto la mia anima che tutto ciò che è mondano mi ripugnava. Vai dunque in questa mia cella, mangia questo mio cibo e bevi questa bevanda con me, affinché tu possa essere saziata in eterno da Dio. Il pellegrinaggio ad Assisi non fu certo l'unico di Brigida in Italia: ce ne furono molti altri, soprattutto nel Sud della penisola. Nell'estate del 1366 Brigida si recò a Ortona, poco a sud di Pescara sul litorale adriatico (oggi in provincia di Chieti), nella cui cattedrale sono custodite fin dal 1258 le reliquie dell'apostolo Tommaso, qui trasferite da Edessa. A quanto risulta, questo pellegrinaggio fu ispirato dal vescovo svedese Thomas di Vàxjò, che si era recato a Roma per impegni inerenti al suo ufficio ed era ospite in casa di Brigida. Insieme a Caterina, ai due Petrus e al sacerdote svedese Magnus Pederson, il vescovo Thomas accompagnò Brigida in questo e in altri pellegrinaggi. Da Ortona i pellegrini svedesi raggiunsero il monte Gargano nelle Puglie e visitarono il santuario di Monte Sant'Angelo (Foggia), famoso per le apparizioni dell'arcangelo Michele. In base alla tradizione, l'arcangelo apparve la prima volta nel 490 al vescovo di Siponto quando nella zona era ancora vivo il culto pagano, e disse che l'immensa grotta divenuta poi santuario era sacra a lui e doveva quindi essergli dedicata. Soltanto alla terza apparizione il vescovo fece quanto richiesto. Quattro secoli dopo l'arcangelo apparve all'imperatore tedesco Enrico detto il Santo, che aveva voluto trascorrere una notte da solo nella grotta. Dal Gargano la piccola comitiva raggiunse Bari, nel cui splendido duomo romanico riposano le spoglie di san Nicola, vescovo di Myra in Asia Minore, morto verso la metà del IV secolo e sepolto nella sua città. Nel 1087 il corpo del santo era stato rapito dai pirati e portato a Bari, dove era stato accolto con immenso entusiasmo e venerazione. Mentre pregava nella cripta davanti alla tomba, Brigida ebbe la visione di san Nicola che, fra le altre cose, le disse: Sappi che come la rosa produce profumo e il grappolo d'uva un dolce succo, così il mio corpo ha ricevuto dal Signore la particolare benedizione di trasudare olio. Egli infatti onora i Suoi eletti non solo in cielo, ma anche sulla terra, affinché molte persone ne siano edificate e partecipino alla grazia concessa ai santi. È evidente il riferimento a quella che viene chiamata «manna di san Nicola», che cominciò a trasudare dalle ossa del santo dopo la sua morte. Il fenomeno, testimoniato fin dall'antichità, continua ancora oggi. Alla manna sono attribuite proprietà terapeutiche. Da Bari i pellegrini raggiunsero Benevento, per onorare le reliquie di san Bartolomeo che riposano nella chiesa a lui dedicata fin dall'838; e infine Salerno, dove nella cripta del duomo riposano le spoglie dell'evangelista Matteo. In ognuno di questi luoghi Brigida, come si legge nelle Rivelazioni, ebbe visioni e locuzioni interiori. Era ormai giunto l'autunno e Brigida, seguendo l'indicazione del Signore, si diresse verso Napoli per trascorrervi le feste natalizie. A Nola si unì al gruppo il conte Nicola Orsini: a Roma Brigida era stata in rapporti di familiarità con la famiglia Orsini e aveva conosciuto il giovane Nicola. A Napoli, attraverso le sue conoscenze, il conte aprì a Brigida le porte della corte della regina Giovanna. Con i suoi accompagnatori Brigida prese alloggio all'albergo dei Cavalieri di Malta, vicino alla chiesa di San Giovanni al Mare. Invece di qualche settimana, Brigida rimase a Napoli due anni, dal luglio 1365 all'ottobre 1367, perché incaricata dal Signore di svolgervi compiti importanti. A Napoli regnava la regina Giovanna, donna molto bella e molto discussa per la sua condotta spregiudicata. Dopo i Vespri Siciliani del 1281, il regno delle Due Sicilie era stato diviso fra la famiglia d'Aragona, in Sicilia, e gli Angiò a Napoli. Durante tutto il XIV secolo i due Stati furono in guerra; il papa appoggiava Napoli contro l'usurpatore spagnolo. Discendente per parte materna dai conti di Provenza, Giovanna era salita al trono nel 1343. Il suo matrimonio con Andrea d'Ungheria si era rivelato infelice. Gli sposi erano mal assortiti: colta e gioiosa lei, rozzo e grossolano lui. Nel 1345, nel palazzo di Aversa dove i sovrani trascorrevano l'autunno, Andrea fu assalito e strangolato da assassini che restarono ignoti. Tutti sapevano che tra gli sposi non correva buon sangue e sospettarono di Giovanna. Nel 1347, a vent'anni, Giovanna sposò suo cugino Ludovico di Taranto, senza curarsi di chiedere la dispensa papale necessaria a causa della stretta parentela; nel gennaio dell'anno successivo Ludovico di Ungheria varcò le Alpi per vendicare il fratello Andrea. Al suo arrivo a Napoli Giovanna però si era già imbarcata per la nativa Provenza, per recarsi ad Avignone dal papa. A quel tempo Brigida viveva ancora in Svezia, ma la fama di Giovanna era diffusa in tutta Europa. Intanto a Napoli i baroni insorsero contro l'invasore ungherese e riuscirono a cacciarlo nel giugno 1348. Giovanna tornò salutata con giubilo da quello stesso popolo che poco tempo prima l'aveva accusata dell'omicidio del marito. Rientrata a Napoli, la regina dovette affrontare molti problemi, come la peste nera, che falcidiò tutta Europa e mieté centinaia di vittime, così che non fu possibile imporre tasse; ci fu poi il terribile terremoto che nel 1349 colpì il regno devastando varie città tra cui l'Aquila, Aversa, Ascoli e Montecassino, dove crollò il monastero benedettino. Anche a Napoli rovinarono molti edifici, tra cui il campanile della cattedrale. Intanto nel Paese regnava la più grande confusione a causa delle bande di mercenari di Ludovico d'Ungheria, condotte da capitani di ventura che saccheggiavano, uccidevano e mettevano ogni cosa a ferro e fuoco. Questa situazione durò fino al 1352, quando finalmente si giunse alla pace col re di Ungheria; Giovanna e Ludovico di Taranto furono incoronati con una festa grandiosa alla quale parteciparono tutti i signori della penisola. Gradualmente nel regno di Napoli tornò la pace. Quando Brigida arrivò a Napoli, Giovanna si era sposata per la terza volta con Giacomo di Maiorca. Nicola Orsini, conte di Nola, introdusse Brigida nel gran mondo napoletano. Una conoscenza importante per lei fu quella con la baronessa Lapa Buondelmonti, sorella del gran siniscalco di Napoli Niccolò Acciaiuoli. L'amicizia fra le due donne si approfondì per una guarigione miracolosa attribuita a Brigida. Negli Atti del processo si legge infatti che il figlio di Lapa, Esaù, di dieci anni, era gravemente ammalato di tubercolosi e che i medici non nutrivano più speranza di salvarlo. Chiamata al suo capezzale, Brigida toccò il piccolo, che subito guarì. Sembra certo che Brigida e il suo seguito, dopo essere rimasti per qualche tempo nell'ospizio dei Cavalieri di Malta, si trasferissero nel palazzo di Lapa per il resto del soggiorno a Napoli. Probabilmente i pellegrini svedesi non avevano i mezzi per sostenersi due anni in albergo e l'ospitalità offerta risultò preziosa. A Napoli la situazione non era molto diversa da quella di Roma e Brigida constatò subito una grave decadenza morale. Lo esprime molto chiaramente una rivelazione nella quale la Vergine le parla di due dei gravi peccati della città: Il primo peccato consiste nel fatto che molti in questa città comprano pagani e infedeli per farne dei servitori e alcuni di questi signori non si preoccupano di farli battezzare o di convertirli alla fede cristiana. Anche se alcuni di loro vengono battezzati, i loro padroni non si curano poi di farli educare nella fede cristiana. Inoltre alcuni tengono le loro serve o schiave in tale miseria e ignoranza come fossero cani, le vendono e - peggio ancora - le inviano spesso nei bordelli per guadagnare denaro in maniera vergognosa e obbrobriosa. Alcuni le tengono nelle loro case come concubine per sé o per altri. Vi sono poi altri padroni che torturano e tormentano i loro schiavi con parole ingiuriose, al punto che alcuni di essi cadono nella disperazione e desiderano togliersi la vita. Il secondo peccato è quello dei cattivi indovini, veggenti e repugnanti streghe, che prosperano nella città. Si ricorre ai loro esorcismi e alle loro stregonerie per ottenere favori d'amore e fertilità, per guarire le malattie o per scrutare il futuro. Particolarmente la regina Giovanna, famosa per i suoi troppo liberi costumi, è oggetto delle cure di Brigida, che fu incaricata dal Signore di inviarle questi ammonimenti: Scrivile che: primo, ella deve fare una confessione coscienziosa di tutto ciò che ha fatto fin dalla giovinezza e prendere la ferma risoluzione di migliorarsi seguendo i consigli del confessore; secondo, deve riflettere attentamente in che modo si è comportata nel suo matrimonio e nella sua attività di regnante, perché un giorno dovrà rendere conto di tutto a me; terzo, deve avere la volontà di pagare i suoi debiti e di restituire ciò che ha acquisito arbitrariamente, perché finché si trattengono beni acquisiti ingiustamente l'anima è in grave pericolo; non serve fare molte elemosine se non si paga quello che si deve pagare; quarto, la regina non deve gravare la sua gente con nuove tasse, ma anzi alleggerire quelle esistenti, perché Dio ascolterà i lamenti di coloro che ella avrà rapinato; quinto, deve tenere consiglieri giusti, amanti della verità e non soggetti ai partiti, che non pensino al personale arricchimento ma si accontentino del necessario; sesto, deve quotidianamente ricordarsi in certe ore del giorno delle ferite e delle sofferenze di Cristo, per ridestare in questo modo nel suo cuore l'amore per Dio; in determinati tempi deve invitare i poveri, lavare loro i piedi e nutrirli; settimo, deve sentire un amore sincero per i suoi sudditi e consolare coloro che sono stati ingiustamente offesi; ottavo, deve distribuire i suoi doni con intelligenza, senza arricchire alcuni e opprimere altri; nono, nel punire i colpevoli non deve badare tanto al denaro che potrà ricavarne quanto alla giustizia; e dove vede pentimento e umiltà, deve mostrare maggior misericordia; decimo, finché vive deve fare in modo che nel suo regno ci sia pace, poiché io le annuncio che non avrà eredi naturali; undicesimo, deve accontentarsi dei colori naturali e della naturale bellezza del volto di cui Dio l'ha ornata, perché i colori artificiali non piacciono a Dio; dodicesimo, con grande umiltà e pentimento deve meditare sui suoi peccati, perché davanti ai miei occhi ella è una corruttrice di molte anime, una capricciosa devastatrice dei beni che le ho donato, un motivo di preoccupazione per i miei amici; tredicesimo, deve nutrire in cuore un timore costante, perché per tutta la sua vita è vissuta più come una donnaccia che come una regina; quattordicesimo, deve rinunciare a tutte le abitudini mondane, allontanare le adulatrici e trascorrere il tempo che le resta, che sarà breve, in onore mio, perché finora mi ha considerato una persona che non tiene conto dei suoi peccati. Se non mi ascolta, la tratterò non come una regina ma come un'ingrata e la fustigherò dalla testa ai piedi. A quanto risulta, durante la permanenza di Brigida a Napoli la regina corresse almeno in parte il suo comportamento, ma dopo la partenza della veggente riprese purtroppo il suo abituale modo di vivere. A Napoli Brigida esercitò molte opere di misericordia, visitò chiese e santuari e nel novembre 1366 si recò ad Amalfi a venerare le reliquie dell'apostolo Andrea: questo fu l'ultimo dei pellegrinaggi italiani. Poi tornò a Napoli e vi rimase fino all'estate del 1367. Il 16 ottobre di quell'anno era certamente di nuovo Ì= a Roma per assistere al ritorno di papa Urbano V. CAPITOLO VIII - L'APPROVAZIONE DELLA REGOLA Lasciata Avignone, Urbano V era partito da Marsiglia nel maggio 1367 ed era sbarcato a Corneto, il porto più vicino a Viterbo, il 9 giugno, accolto da grande entusiasmo. A Viterbo il pontefice trascorse l'estate. Il 16 ottobre, scortato da un imponente corteo guidato da Nicola d'Este marchese di Ferrara, Urbano V fece il suo ingresso a Roma, dove da sessant'anni nessun papa aveva più messo piede. Anche a Roma l'entusiasmo era alle stelle e certamente Brigida e sua figlia Caterina erano tra la folla accorsa ad applaudire il pontefice. Le sedi papali erano all'epoca assai trascurate: il palazzo del Laterano era stato gravemente danneggiato nel 1360 da un incendio e non era mai stato restaurato; il Vaticano e Castel Sant'Angelo erano anch'essi bisognosi di ristrutturazioni. Il papa avviò subito i lavori e diede immediatamente inizio alla sua attività politica ricevendo molti regnanti, tra cui il re di Cipro e la regina Giovanna di Napoli. L'estate successiva fu trascorsa nella residenza estiva di Montefiascone, sul lago di Bolsena, e nell'autunno dello stesso anno Urbano V si recò a Viterbo per incontrarsi con l'imperatore Carlo IV e rientrare con lui a Roma, cosa che avvenne nell'entusiasmo generale. Il 21 ottobre l'imperatore scortò il papa fino in San Pietro reggendo le redini del suo cavallo. In quell'occasione il pontefice incoronò imperatrice la quarta moglie di Carlo IV, Elisabetta di Pomerania. Brigida vide così papa e imperatore insieme a Roma, come molti anni prima le era stato preconizzato: «Vai a Roma e restaci finché non vedrai il papa e l'imperatore». L'avverarsi di questa profezia accrebbe il prestigio di Brigida. Ritenendo il vaticinio impossibile, molti infatti non le prestavano fede o addirittura la deridevano; ma poi, come testimonia la figlia Caterina negli Atti del processo, dopo che papa e imperatore furono entrati insieme a Roma, l'ebbero in maggiore stima e onore. Questi sviluppi positivi fecero sperare a Brigida che fosse venuto il momento di far approvare la sua Regola. Nel 1369 andò a Montefiascone, dove il papa trascorreva l'estate, e vi rimase tre mesi. La veggente svedese desiderava anche che alla sua chiesa di Vadstena fossero concesse le stesse indulgenze di cui godeva la chiesa romana di San Pietro in Vincoli, dove sono custodite le catene dell'apostolo. Un tale privilegio sarebbe stato molto prestigioso per il monastero, in quanto avrebbe contribuito in maniera determinante alla sua fama di luogo di pellegrinaggio. Il papa mostrò a Brigida grande attenzione e rispetto, ma l'approvazione dell'ordine incontrava in lui una certa resistenza. I problemi da risolvere erano molti: il latino nel quale la Regola era stata scritta risultava duro e antiquato, assai diverso da quello colto e raffinato in uso alla corte papale, col quale i confessori di Brigida non avevano dimestichezza. In questo Brigida ebbe l'aiuto prezioso di Nicola Orsini, che si offrì di curare una versione migliore della traduzione. Orsini, che era in quegli anni governatore papale a Perugia e aveva libero accesso presso il pontefice, provvide personalmente a consegnare al papa la Regola dopo la revisione del testo. Quanto ai contenuti, una difficoltà era rappresentata dalla natura stessa del monastero, pensato per uomini e donne, cosa non più prevista ormai da moltissimo tempo. Fu inoltre fatto presente che gli ordini già esistenti erano tanti e che non si avvertiva quindi la necessità di una nuova istituzione, esistendo tra l'altro un divieto in questo senso sancito, come s'è detto, dal concilio Laterano del 1215 e confermato dal concilio di Lione del 1274. Ma Brigida non si arrese: sapeva che il Signore stesso voleva che l'ordine fosse approvato e si rivolse direttamente all'imperatore, che si trattenne a Roma sino alla fine del 1369; a lui indirizzò una lettera dettata dal suo sposo celeste nella quale si legge: Tu che detieni la dignità imperiale, sappi che io, creatore di tutte le cose, ho dettato una Regola in onore della mia amatissima madre e l'ho data alla donna che ti scrive. Leggila dunque attentamente e fa' sì che questa regola dettata dalle mie labbra sia approvata anche fra gli uomini ad opera del papa, che è il mio vicario in terra, dopo che io l'ho approvata davanti alla moltitudine celeste. Come si può constatare, Brigida non lasciava nulla di intentato per raggiungere gli scopi che si era prefissata. Nell'estate del 1369 Brigida ebbe una grande gioia: rivide i figli Karl e Birger, che erano venuti a Roma per incontrarla. Ne approfittò per presentarli al papa vestiti dei loro abiti cavallereschi, nella speranza di conferire in questo modo maggiore autorità alla sua richiesta di approvazione dell'ordine. Desiderando mostrare ai figli alcune delle bellezze d'Italia, ottenne dal papa un particolare lasciapassare e nell'autunno intraprese con loro il pellegrinaggio a Monte Sant'Angelo nel Gargano e a Bari. Dopo il viaggio Karl e Birger tornarono in Svezia. Al pellegrinaggio partecipò anche un uomo che divenne il migliore e più valido amico e collaboratore di Brigida nei suoi ultimi anni: lo spagnolo Alfonso Pecha de Vadaterra, che era stato vescovo di Jaén in Andalusia e aveva poi rinunciato al suo alto incarico per entrare nell'ordine degli eremiti di san Girolamo (i girolamiti). Venuto in Italia dopo l'invasione dei mori della sua diocesi spagnola, aveva trascorso un certo periodo nella sede del suo ordine a Monteluco, presso Spoleto. Qui aveva sentito parlare di Brigida, aveva desiderato incontrarla, si era recato a Roma e, come lui stesso raccontò nella sua deposizione al processo, l'aveva cercata finché non l'aveva trovata. Da allora le rimase accanto divenendo suo confessore, consigliere, ordinatore delle Rivelazioni e, dopo la sua morte, promotore della causa di canonizzazione. Alfonso era nato nel 1329 o nel 1330 e mori nel 1388. La sua presenza accanto a Brigida si rivelò provvidenziale, anche perché in quegli anni i due Petrus furono soggetti a varie infermità che impedirono loro per esempio di unirsi alla futura santa e ai suoi figli nel loro pellegrinaggio. Dobbiamo al vescovo Alfonso una preziosa testimonianza sul carattere e il comportamento di Brigida e sul suo atteggiamento verso i sacerdoti che facevano parte della sua famiglia: Aveva massima obbedienza verso i suoi padri spirituali, al punto da mortificare la propria volontà, perché ogni cosa che faceva era sottomessa al consenso dei predetti padri; non usciva di casa se non con il loro consenso e quando andava per Roma a visitare i santuari era sempre in loro compagnia; e neppure osava alzare gli occhi da terra se non dopo aver chiesto e ottenuto licenza di farlo. Anche tutte le attività della giornata, la suddivisione del tempo, il silenzio e la preghiera erano sottoposte al giudizio dei padri spirituali, come pure le visioni divine che riceveva quando pregava. Dell'obbedienza ai padri spirituali rende buona testimonianza anche la figlia Caterina: «Per obbedienza ai suoi padri spirituali dormiva senza materasso, e questo durò fino a poco tempo prima della morte, quando ormai era affetta da molte infermità»'. La donna forte, capace di rivolgersi con autorità a papi e imperatori per indicare loro il volere di Dio, era in realtà umilissima, devota ai padri spirituali e disposta a rinunciare alla propria volontà in nome dell'obbedienza. Il vescovo Alfonso svolse un prezioso lavoro per la revisione delle Rivelazioni, compito che gli fu affidato dal Signore stesso. Fu infatti dettato a Brigida: Devi consegnare al mio vescovo eremita tutti i libri delle Rivelazioni con queste mie parole, affinché possano essere tradotti in molte lingue; lui dovrà spiegare, illustrare e custodire il senso cattolico del mio spirito. Così come il tuo cuore non è sempre in grado di esprimere con sufficiente calore e trascrivere ciò che ti viene comunicato, ma lo ponderi nella tua mente, e poi lo scrivi e lo riscrivi fino a trovare il corretto significato delle mie parole, allo stesso modo il mio spirito si levò e discese tra gli evangelisti e i maestri, che a volte produssero qualcosa che dovette essere corretto, a volte qualcosa che dovette essere nuovamente trattato, altre volte ancora furono biasimati e dovettero intervenire altri per meglio esprimere le parole che avevano usato. E tuttavia fu sempre il mio spirito a infondere a tutti i miei evangelisti le parole che essi pronunciarono e scrissero. Dì allora all'eremita che deve eseguire e portare a termine il lavoro dell'evangelista'. Alfonso di Jaén curò la redazione definitiva delle Rivelazioni e la loro suddivisione in otto libri. Nell'estate del 1370 Brigida era di nuovo a Montefiascone e fu ricevuta dal papa insieme ad Alfonso e a Nicola Orsini. Il risultato ottenuto fu per Brigida di parziale soddisfazione: la sua Regula Sanctissimi Salvatoris fu approvata, ma solo come appendice della Regola agostiniana che il monastero di Vadstena avrebbe dovuto seguire. Del privilegio di indulgenza richiesto per il monastero non si faceva alcuna menzione'. Era invece concessa licenza per la costruzione di un monastero per le monache con annesso quello per i monaci. La bolla papale, datata S agosto 1370, era indirizzata all'arcivescovo di Uppsala e ad altri tre vescovi svedesi. Motivo di grande dispiacere per Brigida fu rendersi conto, durante il soggiorno a Montefiascone, che il papa non aveva nessuna intenzione di ritornare a Ro- ma, ma - cedendo alle pressioni dei vescovi francesi -stava anzi programmando di trasferirsi di nuovo ad Avignone. Fece allora avere a Urbano V una lettera ispirata dalla Vergine in cui gli si diceva: «Se riuscirà a tornare in patria, riceverà un colpo tale da fargli battere i denti; la sua vista si oscurerà e tutte le sue membra tremeranno... Gli amici di Dio non lo ricorderanno più nelle loro preghiere ed egli dovrà rendere conto a Dio di tutto quello che ha fatto e omesso»6. Urbano V non ne tenne conto. A metà settembre di quello stesso anno era già in Francia e il 19 dicembre improvvisamente morì. A tornare definitivamente a Roma fu il suo successore Gregorio XI nel 1377: ma Brigida non poté accoglierlo come aveva fatto con Urbano V, perché era già morta da quattro anni. A prendere il testimone e convincere definitivamente il papa a tornare a Roma era stata un'altra grande santa: Caterina da Siena. Il 30 dicembre, dopo un solo giorno di conclave, fu eletto papa il cardinale Pierre Roger de Beaufort, che scelse il nome di Gregorio XI. Il neoeletto aveva quarantadue anni ed era nipote di Clemente VI, che l'aveva innalzato alla porpora cardinalizia appena diciottenne. Gregorio XI aveva studiato a Perugia ed era un insigne giurista; come uomo, era devoto, sensibile e intuitivo; come politico, sapeva bene che il ritorno del papato a Roma costituiva ormai un'esigenza improrogabile. Brigida si rallegrò della sua elezione a papa, anche perché l'aveva conosciuto di persona quando era cardinale: si era infatti rivolta a lui per far recapitare a Urbano V la lettera con cui gli annunciava una rapida morte se fosse tornato ad Avignone. Fiduciosa che Gregorio XI avrebbe riportato il papato a Roma, già nel gennaio 1371, pochi giorni dopo la sua elezione a pontefice, Brigida gli inviò la rivelazione ispiratale per lui dalla Vergine Maria; a recapitarla fu il suo devoto amico Latino Orsini. Ecco il testo della lettera: Io sono colei che ha generato il figlio di Dio. Dopo averti affidato alcune parole che dovevano essere comunicate a papa Urbano V, ora di nuovo ti dico alcune parole da trasmettere a papa Gregorio XI. Ma affinché queste parole siano meglio comprese, voglio fare un paragone: una madre amorevole vede il suo amatissimo bambino giacere nudo e tremante di freddo sul pavimento e si accorge che il piccino non ha la forza per alzarsi e piange miserevolmente per il desiderio delle carezze e del latte materno. Allora la madre si commuove e piena d'amore per il suo bambino corre rapida verso di lui, lo solleva, lo accoglie fra le sue braccia, lo riscalda col calore del suo seno materno e lo nutre dolcemente col suo latte. Allo stesso modo io, madre di misericordia, voglio comportarmi con papa Gregorio XI, se tornerà in Italia e a Roma con l'intenzione di rimanervi e se avrà la ferma volontà di porre rimedio alla miseria delle pecorelle a lui affidate e se si dedicherà con umiltà e amore a riportare la Chiesa ad una nuova condizione. Allora io, madre veramente amorevole, lo solleverò da terra come un bambino nudo e tremante di freddo, cioè libererò lui e il suo cuore da ogni desiderio e attaccamento terreno contrario a Dio, e lo riscalderò col calore materno dell'amore che è nel mio petto. Lo nutrirò poi col mio latte, cioè con la mia preghiera... Ecco, io gli ho rivelato il mio amore materno, quello che gli dimostrerò se ubbidisce; poiché è volontà di Dio che egli riporti umilmente la sua sede a Roma. Affinché però il papa, nel caso che non obbedisca, voglia scusarsi col motivo dell'insicurezza, annunciagli con materno amore che cosa ne conseguirà: dovrà subire l'ira di Dio, mio figlio, la sua vita sarà abbreviata e sarà chiamato davanti al tribunale di Dio. Allora nessuna potenza terrena potrà aiutarlo. Anche la sapienza e la scienza dei medici non potrà giovargli e neppure l'aria del suo paese natale gli sarà benefica per allungare la sua vita anche di poco... A quanto risulta, papa Gregorio XI fu molto colpito da questa rivelazione, che certamente contribuì a farlo orientare sempre più verso il progetto di lasciare Avignone. Brigida aveva fatto quanto poteva per indurre il pontefice a riportare la sede papale a Roma. Ora non restava che attendere. Intanto però era venuto il tempo di riprendere il bastone del viandante e affrontare il più lungo, impegnativo e agognato dei suoi pellegrinaggi: quello in Terra Santa. CAPITOLO IX - IN TERRA SANTA Il pellegrinaggio nella terra di Gesù era stato già più volte preannunciato alla veggente: la prima volta ad Alvastra, mentre assisteva il marito ammalato, la seconda volta a Roma, subito dopo l'anno giubilare 1350, nell'abitazione romana. In quell'occasione le era apparsa la Vergine che le aveva detto: «Andrai pellegrina nella città santa di Gerusalemme, quando piacerà a mio figlio. Andrai allora anche a Betlemme. Là ti spiegherò dettagliatamente come ho generato mio figlio Gesù Cristo, poiché egli così ha voluto». Erano passati più di vent'anni da allora e dallo sposo celeste non era arrivata nessuna indicazione sul viaggio in Terra Santa. Il 25 maggio 1371 Brigida però ne udì la voce: «Preparatevi ad andare pellegrini a Gerusalemme per visitare la mia tomba e altri luoghi sacri che si trovano là. Appena ve lo dirò, lasciate Roma». Brigida si spaventò, temendo di non riuscire a fare quanto il Signore le chiedeva: non era più giovane, si sentiva debole e ammalata, aveva mezzi economici limitati. Ma una nuova rivelazione dissipò i suoi dubbi e le fece superare ogni preoccupazione: Partite adesso da Roma e andate a Gerusalemme. Perché temi per la tua età? lo sono il creatore della natura. lo posso rendere la natura debole o forte, così come mi piace. lo sarò con voi, raddrizzerò il vostro cammino, vi guiderò e vi ricondurrò a Roma. Vi provvederò anche dei mezzi necessari più abbondantemente di quanto abbiate avuto finora. Brigida fece i preparativi. Con lei si mettevano in viaggio tre dei suoi figli: oltre a Caterina, c'erano anche Karl e Birger, venuti appositamente dalla Svezia per accompagnarla. Poi i due Petrus, il vescovo Alfonso e due cappellani svedesi. La partenza avvenne il 25 novembre 1371. In precedenza, come testimoniò Caterina, era stato comunicato alla santa che sarebbero ritornati tutti tranne uno. La prima meta fu Napoli, dove Brigida e il suo seguito furono accolti con grandi onori dalla regina Giovanna. Qui trascorsero il Natale, in attesa del vento favorevole per prendere il mare. A quanto narrano le cronache, tra Karl e la regina nacque una storia d'amore molto passionale, che preoccupò alquanto la madre. Non si sa fino a che punto il fatto sia reale, di certo si sa che Karl era un personaggio particolare, romantico e amante dell'avventura. A fine febbraio peraltro Karl si ammalò, forse di cuore, e il 12 marzo 1372 morì. La regina pianse il suo cavaliere e partecipò con tutta la corte alle solenni esequie nella chiesa di Santa Croce. Le testimonianze di Caterina e del vescovo Alfonso ci permettono di conoscere quale fu l'atteggiamento di Brigida: «Mentre la regina e molti piangevano, lei non pianse mai, ma raccomandava l'anima del figlio a Dio», raccontò la figlia'. E Alfonso: Ella sedeva a otto, dieci passi dal figlio, e quando lui rese l'anima a Dio non disse nulla né pianse, ma alzate le mani benedisse e ringraziò il Signore, conformandosi umilmente alla volontà divina. Non pianse neppure al solenne funerale, come piansero la regina ed altri, ma disse: «Vai, figlio mio, pellegrino benedetto da Dio e da me» (Vade, fili mi, peregrine benedicte a Deo et a me). E poiché molti mormoravano e la criticavano, lei rispose: «Non m'importa che dicano male di me, poiché faccio la volontà di Dio» (Ego non curo, quid dicunt malum de me, dum tamen ego faciam voluntatem Dei). Il giorno stesso delle esequie di Karl, il 14 marzo, la nave dei pellegrini salpò da Napoli e in cinque giorni, dopo una tempestosa traversata, giunse a Messina. Ripartiti dopo una settimana, Brigida e i suoi accompagnatori giunsero a Cipro il 14 aprile. Il viaggio, come raccontò in seguito il vescovo Alfonso, non fu esente da pericoli e sia i marinai sia i passeggeri erano spaventati. Brigida però restava «paziente e serena» e alzava le mani al cielo ringraziando Dio. E poiché le chiedevano come mai lo ringraziasse, lei rispose che lo ringraziava perché permetteva che avessero quelle tribolazioni. A Cipro i pellegrini fecero una sosta di due setti-. mane. Appena giunta nell'isola, Brigida prese contatto con la regina Eleonora, figlia di Pietro d'Aragona e vedova di Pietro 1 di Lusignano, che era stato assassinato nel 1368 dai suoi cugini. La situazione politica era molto inquieta, anche a causa dei veneziani e dei genovesi che con i loro commerci avevano molto potere ed erano oggetto di timore e sfiducia. A quanto sembra, Eleonora aveva in animo di tornare in Spagna. Ella conosceva la fama di Brigida: l'accolse quindi con onore e le confidò le sue preoccupazioni. Brigida prese a cuore le vicende del regno di Cipro e, in seguito a una rivelazione del suo celeste sposo, consigliò alla regina di non lasciare l'isola, di non risposarsi, di non cercare di vendicare l'assassinio di suo marito ma di restare accanto a suo figlio Pietro, che di lì a poco sarebbe stato incoronato re (di ritorno dalla Terra Santa Brigida fu presente all'incoronazione), e di consigliarlo per il meglio. Da Gesù ricevette anche una rivelazione destinata al giovane sovrano, nella quale si legge: È un grande impegno essere re; è un grande onore, ma anche una preoccupante responsabilità. Per questo è opportuno che il re sia un uomo maturo, esperto, prudente, giusto e laborioso, più attento al bene dei suoi sudditi che all'imposizione della propria volontà. Per questo fin dai tempi più antichi i regni venivano governati bene se veniva scelto un sovrano capace di governare con giustizia e desideroso di farlo. Adesso però i regni non sono più regni, ma giochi da bambini, oggetto di follia e di rapina. Guai al regno il cui re è un bambino che conduce una vita sciocca, si circonda di adulatori e non si preoccupa del progresso della comunità. Dato però che questo fanciullo non porta in sé l'ingiustizia di suo padre, se vuole progredire e tenere alto l'onore del suo nome deve ubbidire alle parole che gli rivolgo per il bene di Cipro: non deve imitare lo stile di vita dei suoi predecessori, deve abbandonare la leggerezza dell'adolescenza, deve comportarsi da vero sovrano e scegliere consiglieri che amino più la sua anima e il suo onore che i suoi doni; deve odiare gli adulatori e non aver paura di dire la verità e di seguirla. Altrimenti questo giovane non avrà gioia dal suo popolo e il suo popolo non avrà gioia da questo giovane destinato ad essere re. Appena le condizioni del mare lo consentirono, Brigida e il suo seguito si rimisero in viaggio per la Terra Santa; al gruppo dei pellegrini si unì il confessore della regina Eleonora, il francescano Martino d'Aragona, che fin dall'arrivo della santa a Cipro le aveva dimostrato grande venerazione. La traversata fu burrascosa e la maggior parte dei bagagli andò perduta. Particolarmente difficile fu l'ultimo tratto: quando erano ormai in vista di Gerusalemme, la nave fu sul punto di naufragare. Ma Brigida tranquillizzò tutti con queste parole: «Non temete, perché in questo naufragio nessuno di questa nave morirà». E così fu. Finalmente i pellegrini poterono baciare il suolo della terra di Gesù. Sbarcati a Giaffa all'inizio di maggio, il 13 dello stesso mese Brigida e i suoi accompagnatori arrivarono a Gerusalemme e presero alloggio all'albergo dei Pellegrini. Il programma della santa prevedeva la visita ai luoghi dove Gesù era nato, era stato battezzato ed era morto e risorto. Gesù stesso , l'aveva sollecitata a non fare di più e a conservare le forze per i compiti futuri: «A causa della vostra debolezza è sufficiente per voi visitare i luoghi più vicini... Quando tornerete dal Giordano preparatevi al ritorno perché vi sono ancora molte cose da inviare ai pontefici». Il programma si concentrò quindi su Gerusalemme, Betlemme e il Giordano. Complessivamente Brigida rimase in Terra Santa quattro mesi. La prima visita fu alla cappella costruita sul Golgota proprio nel punto in cui era stata eretta la croce, e fu qui che si presentò la grande visione della passione e morte di Gesù. Brigida aveva avuto fin da bambina un infinito amore e una grande venerazione per il Salvatore crocifisso e ogni venerdì, in memoria della passione, digiunava a pane e acqua. La visita alla cappella del Golgota avvenne appunto di venerdì: Brigida si inginocchiò, baciò devotamente la borchia collocata sul punto in cui era stata infissa la croce, pregò a lungo e pianse. Ed ecco che ebbe la visione che subito dopo trascrisse in questi termini: Mentre ero sul monte Calvario e piangevo amaramente, vidi il mio Signore nudo e flagellato, condotto dai giudei alla crocifissione e da loro attentamente sorvegliato. Vidi anche un'apertura scavata nel monte e intorno a questa i carnefici intenti alla loro terribile opera. Il Signore però si rivolse a me e disse: «Osserva, in questa apertura nella roccia fu piantata la mia croce nell'ora della mia passione». Subito vidi i giudei conficcare la croce nel terreno e fissarla con piccoli pezzi di legno incastrati tutto intorno affinché fosse ben salda e non cadesse. Quando la croce fu solidamente sistemata, costruirono una sorta di scala di legno che arrivava fino al punto in cui dovevano essere inchiodati i suoi piedi, in modo che per mezzo dei gradini sia lui che i suoi carnefici potessero salirvi per la crocifissione. Poi i carnefici salirono e con insulti e derisioni fecero salire anche Gesù. Egli salì mansueto come un agnello che si fa condurre al macello. Quando fu sulla scala, stese spontaneamente il braccio, aprì la mano destra e la pose sulla croce. E quei crudeli tormentatori lo inchiodarono alla croce, piantando il chiodo dove l'osso è più solido. Poi, tirandolo con una corda, al- zarono il braccio sinistro e inchiodarono la mano alla croce allo stesso modo. Poi il corpo di Gesù fu disteso sulla croce, i carnefici posero una tibia sopra l'altra e inchiodarono i piedi così uniti con due chiodi, stirando tutte le membra con tale violenza che le vene e i nervi furono sul punto di spezzarsi. Poi gli rimisero in capo la corona di spine che gli avevano tolto durante la crocifissione e la premettero forte sul santo capo. La corona produsse tali ferite che subito gli occhi si riempirono di sangue che colò giù copiosamente. Anche le orecchie si riempirono di sangue e tutto il viso e la barba si colorarono di sangue scarlatto. Subito dopo i carnefici e i soldati allontanarono le scale; rimase soltanto la croce alla quale era crocifisso il mio Signore. Mentre io, sopraffatta dal dolore, meditavo sulla crudeltà dei carnefici, vidi la madre di Gesù accovacciata a terra, straziata dalla sofferenza, tremante e quasi fuori dai sensi. Giovanni e le donne, che stavano alla sua destra non lontano dalla croce, la confortavano. La pena per la sofferenza della santissima madre mi trafisse il cuore come una affilatissima spada. Poi la madre dolorosa finalmente si alzò, sollevò lo sguardo verso suo figlio e rimase lì, sostenuta dalle donne, fuori di sé per l'orrore e quasi morta. Quando il figlio vide piangere lei e gli altri amici, la raccomandò con voce autorevole a Giovanni. Dalla sua espressione e dalla sua voce si capiva che il suo cuore era trafitto come da una freccia acuminata dall'infinita compassione per sua madre. I suoi cari e bellissimi occhi erano quasi spenti, la bocca aperta e sanguinante, il volto pallido e macilento, il corpo livido per la mancanza di sangue. Le pelle del suo santissimo corpo era così sottile e delicata che ogni minimo colpo vi lasciava un segno. Di tanto in tanto Gesù faceva il tentativo di raddrizzarsi sulla croce, perché la sofferenza che provava era insopportabile. Talvolta il dolore saliva dalle sue membra e dalle sue vene fino al cuore, tormentandolo crudelmente. Era una morte prolungata con disumana crudeltà. Allora, sopraffatto dal dolore e ormai vicino a morire, gridò con voce forte: «O Padre, perché mi hai abbandonato?». Ora aveva le labbra pallide, la lingua piena di sangue, il corpo esangue. Nell'angoscia dell'estrema sofferenza gridò per la seconda volta: «O Padre, nelle tue mani affido il mio spirito!». Poi alzò un poco la testa, ma subito la reclinò e rese lo spirito. Quando la madre di Gesù vide ciò, tremò in tutto il corpo e sarebbe caduta a terra per l'indicibile sofferenza se non fosse stata sostenuta dalle altre donne. Ora però i giudei cominciarono a schernirla e a gridarle ogni tipo di insulto. Gli uni dicevano: «Maria, tuo figlio è già morto!». Altri le rivolgevano parole di derisione. Ed ecco che un uomo si staccò dalla turba e con una lancia colpì Gesù sul lato destro con tanta violenza che quasi gli trapassò il corpo da parte a parte. E quando ritrasse la lancia dalla ferita, ne uscì una grande quantità di sangue. Quando Maria vide ciò, prese a tremare violentemente piangendo e singhiozzando: un'altra spada affilata le aveva trapassato l'anima. Quando tutti se ne furono andati, alcuni amici di Gesù lo deposero dalla croce e la madre lo accolse tra le sue sante braccia e lo strinse al seno. Il corpo di suo figlio era un'unica ferita, pallido e sanguinante. Allora la madre dolorosa asciugò tutto il corpo e le feri- te di Gesù, gli chiuse gli occhi, glieli baciò e avvolse il corpo in un sudario pulito. Poi con lamenti e lacrime condussero il corpo di Gesù alla tomba e ve lo deposero". La visione fu trascritta da Brigida appena fu rientrata all'albergo dei Pellegrini e subito data ai sacerdoti perché la traducessero in latino. Betlemme dista appena nove chilometri da Gerusalemme e il tragitto poteva essere percorso a piedi in meno di due ore. Sulla grotta della Natività l'imperatore Costantino aveva fatto erigere una chiesa e Brigida si concentrò in preghiera proprio dove Gesù aveva visto la luce ed era stato deposto nella mangiatoia. Ed ecco che si realizzò la promessa che la Vergine le aveva fatto anni prima, cioè di mostrarle come avesse dato la luce al suo divin figlio`. Brigida ebbe infatti una visione, che in seguito trascrisse in questi termini: Quando ero nella grotta del Signore a Betlemme, vidi una vergine vestita di un mantello bianco e di un abito leggero attraverso il quale io vedevo distintamente la sua carne virginale. Il suo corpo era pieno e molto forte, perché era in procinto di partorire. Presso di lei si trovava un uomo più anziano (Giuseppe). Avevano con loro un bue e un asino. Quando furono entrati nella grotta, l'uomo più anziano legò il bue e l'asino alla mangiatoia. Poi uscì e portò alla Vergine una candela accesa, la fissò alla parete e poi si allontanò per non essere presente al parto. Ora la Vergine si sfilò le scarpe, si tolse il mantello bianco e il velo che le copriva il capo, ripose questi due capi vicino a sé e rimase vestita solo dell'abito (tunica). I bellissimi capelli erano sciolti sulle spalle e brillavano come oro. Poi prese due teli finissimi di lino e due di lana che aveva portato con sé per avvolgere il bambino che stava per nascere e anche altri due piccoli teli di lino per avvolgergli la testa. Pose anche questi accanto a sé per usarli quando sarebbe venuto il tempo. Quando tutto fu pronto, si inginocchiò con grande devozione e pregò. Appoggiava le spalle alla mangiatoia e teneva il volto rivolto verso il cielo di Oriente. Pregando con le mani tese verso l'alto e gli occhi rivolti al cielo, entrò in estasi e fu alienata nei sensi e pervasa di divina dolcezza. Io vidi allora che il bambino che si trovava nel suo grembo cominciava a muoversi. Ed ecco che in un attimo ella partorì suo figlio, dal quale emanava una luce che non si può descrivere, non paragonabile a quella del sole e men che meno a quella della candela accesa dall'uomo anziano, che al suo confronto addirittura scompariva. Il parto avvenne in modo così rapido e improvviso che io non potei né osservare né distinguere esattamente in che maniera e con quale parte del corpo ella partorì. Piuttosto vidi subito quel bellissimo bambino nudo, che giaceva purissimo a terra. La sua pelle era perfettamente pulita. Vidi la placenta giacere a terra pura e tersa. Udii anche un canto angelico di meravigliosa bellezza e grande dolcezza. E subito il corpo della Vergine, che prima della nascita era gonfio, divenne di nuovo sottile e di meravigliosa bellezza. Quando la Vergine si rese conto di aver partorito, piegò il capo, giunse le mani in atteggiamento di devozione e rispetto, pregò commossa davanti al Bambino e gli disse: «Benvenuto, mio Dio, mio Signore, mio figlio!». Ed ecco che il bambino pianse e cominciò a tremare per il freddo e la durezza del suolo su cui giaceva. Si distese un poco, tese le piccole braccia e le gambe e cercò le carezze e la protezione della mamma. Lei lo prese fra le braccia, lo strinse al seno e lo scaldò con grande gioia e materno amore. Poi si sedette per terra, si pose il figlioletto in grembo e prese con delicatezza fra le dita il cordone ombelicale che subito si spezzò senza che ne uscisse sangue o altro liquido. Subito dopo cominciò a fasciare il bambino. Prima lo avvolse nei teli di lino, sopra a questi pose quelli di lana; coprì quindi la testolina con le due piccole pezze di lino che aveva preparato. Quando tutto fu finito, l'uomo, san Giuseppe, entrò, si gettò a terra, rimase in ginocchio e pregò e pianse di gioia davanti al bambino. La beata Vergine non si indebolì durante il parto, come avviene a tutte le altre donne. La sua forza fisica rimase intatta e il suo corpo riprese subito la forma che aveva prima del concepimento. Ora Maria si alzò con il bambino tra le braccia ed entrambi, cioè la madre e Giuseppe, posero il bambino nella mangiatoia, si inginocchiarono e pregarono. In seguito, Brigida ebbe dalla Vergine altri particolari sulla nascita di Gesù: Quando fui sola nella stalla e pregavo in ginocchio, partorii mio figlio con tanta gioia e felicità dell'anima che non sentii alcun dolore e alcuna pena allorché egli lasciò il mio grembo. Lo avvolsi subito in teli puliti che già da tempo avevo preparato. Quando Giuseppe vide quello che era accaduto ne fu felice e si stupì che io non avessi avuto bisogno di alcun aiuto. Dato che la maggioranza delle persone a Betlemme erano occupate col censimento, non prestarono attenzione alla meravigliosa nascita divina. Tu però devi sapere che quanto ti ho detto è assoluta verità, anche se la gente che ragiona con mente umana osa pensare che mio figlio sia nato alla maniera in cui tutti nascono. Dopo Gerusalemme e Betlemme, Brigida raggiunse con i suoi compagni il fiume Giordano e con grande commozione visitò il luogo in cui Gesù aveva incontrato Giovanni ed era stato battezzato. Sulla via del ritorno si soffermò a Betania per pregare sulla tomba di Lazzaro. Nell'ultimo periodo a Gerusalemme, nell'estate del 1372, Brigida fu colpita da quei disturbi che un anno dopo, aggravandosi, l'avrebbero portata alla morte: stanchezza, febbre insistente e dolori di stomaco. Il che tuttavia non le impedì di portare a termine il suo programma di pellegrinaggi. L'8 settembre, giorno in cui si festeggia la nascita di Maria, Brigida ne visitò la tomba al Getsemani ed ebbe una visione in cui la Vergine le rivelò: Dopo che mio figlio fu salito in cielo, io vissi ancora quindici anni nel mondo. Poi rimasi quindici giorni in questa tomba, trascorsi i quali fui accolta in cielo con infinito onore e gioia. Gli abiti con i quali ero stata sepolta rimasero nella tomba. Sappi che a parte il corpo trasfigurato di mio figlio e il mio, in cielo non c'è alcun corpo umano. A Gerusalemme, con ogni probabilità, Brigida percorse molte volte la Via Dolorosa e tornò ripetutamente alla cappella del Calvario. I quattro mesi in Terra Santa costituirono per lei un periodo di grandissima gioia ed edificazione spirituale e passarono in un lampo. Quando, all'inizio di ottobre, venne il tempo del ritorno, i pellegrini si recarono a Giaffa e presero di nuovo il mare. L'8 dello stesso mese, dopo una buona e veloce traversata, sbarcarono a Cipro. CAPITOLO X - IL RITORNO ALLA GERUSALEMME CELESTE Pochi giorni dopo il suo arrivo a Cipro, il 12 ottobre, Brigida partecipò a Famagosta alla cerimonia di incoronazione a re di Cipro e Gerusalemme del figlio di Eleonora d'Aragona, Pietro II di Lusignano, detto Pietrino. I festeggiamenti furono funestati da un sanguinoso scontro fra i ciprioti e l'ambasceria di Genova, che si era offesa per la precedenza accordata ai veneziani. La contesa fu momentaneamente sedata, però le cose non finirono lì: un anno dopo i genovesi per vendicarsi tornarono a Cipro con una flotta e si impadronirono dell'isola. La regina Eleonora, contrariamente a quanto Brigida le aveva consigliato, tornò in Aragona e il giovane re morì ad appena ventisei anni senza lasciare eredi. L'isola visse alterne vicende, finché nel XVI secolo finì in mano ai turchi. Dopo l'incoronazione del giovane re, Brigida ripartì con il suo seguito alla volta di Napoli. Il ritorno in Italia riportò con prepotenza alla sua attenzione ciò di cui maggiormente si preoccupava, cioè la lontananza dei papi da Roma. Gregorio XI, eletto nel 1370, era infatti ancora ad Avignone e benché ancor prima della sua elezione si fosse espresso a favore del ritorno del papato a Roma, non si era ancora deciso a compiere questo passo. Più volte l'aveva ammonito anche Caterina da Siena, ma inutilmente. A Napoli Brigida ebbe una visione in cui Cristo le disse: «Presta attenzione, figlia mia, e sappi che questo papa Gregorio è simile a un paralitico che non può muovere le mani per lavorare e le gambe per camminare; poiché come la malattia della paralisi deriva dal sangue, da umori infetti e dal gelo, così la passione sfrenata del suo sangue e il gelo dei suoi sentimenti per me trattengono questo papa ad Avignone. Tu però devi sapere che con l'aiuto delle preghiere di mia madre egli comincia già a muovere mani e piedi per venire a Roma, in esaudimento della mia volontà e in mio onore. Sappi quindi con assoluta certezza che questo papa verrà a Roma dove si avvierà sulla strada del bene, ma non vi farà molti progressi». Rispose Brigida: «O mio Signore, la regina di Napoli e molti altri mi dicono che è impossibile che questo papa venga a Roma, perché il re di Francia, i cardinali e molte altre persone pongono ostacoli sulla sua via». In effetti è storicamente dimostrato che il papa non aveva alcun desiderio di tornare in Italia, a causa delle continue guerre e dell'incessante ostilità dei Visconti. La risposta di Cristo alle osservazioni di Brigida fu questa: «Io voglio ricondurre il papa a Roma. A te però non è concesso di sapere se lo vedrai oppure no». Brigida non inviò questo messaggio al papa, ma attraverso il vescovo Alfonso, che si recò appositamente ad Avignone, gliene fece pervenire un altro in cui scriveva tra le altre cose: Vieni dunque a Roma, non esitare! E non venire con l'abituale sfarzo e lusso, ma con umiltà e caldo amore. E quando sarai arrivato a Roma, estirpa tutti i peccati dalla tua corte. Guardati dai consigli dei tuoi amici mondani e segui quelli spirituali dei miei amici. Non esitare, vieni e comincia a rinnovare la mia Chiesa, che ha bisogno di essere riportata alla sua primitiva, santa condizione... Figlio mio Gregorio, io ti sollecito ancora una volta, torna a me con umiltà e segui il consiglio del tuo Creatore e Padre. Sempre attraverso il vescovo Alfonso, Brigida fece in seguito pervenire al papa anche un altro messaggio del Signore: Il papa deve prestare attenzione soltanto a me e venire a Roma, anche se tutti gli sconsigliano di farlo e oppongono resistenza. Egli deve avere fiducia in me! Io l'aiuterò e nessuno dovrà prevalere su di lui. Poiché il papa esita a tornare a Roma per stabilire la pace e rinnovare la mia Chiesa, io voglio che egli venga il prossimo autunno e che sappia che nulla mi è più gradito del suo ritorno in Italia. Come è noto, il papa non ubbidì e tornò a Roma solo quattro anni più tardi, nel 1377. Nel corso del soggiorno a Napoli Brigida ebbe modo di rivedere in più occasioni la regina Giovanna, che la ospitò nella sua residenza di Aversa offrendole la possibilità di riprendersi un poco dai disagi del lungo viaggio in Terra Santa. Nonostante la burrascosa relazione con suo figlio Karl, che Brigida non aveva certo potuto approvare, tra le due donne il dialogo era sempre rimasto aperto e l'amicizia non era mai venuta meno. Giovanna nutriva per la santa un'ammirazione sconfinata, che dimostrò anche quando fu chiamata a testimoniare al processo di canonizzazione. Nel febbraio del 1373 Brigida era di nuovo a Roma, stanca e ammalata, ma sempre coraggiosa e combattiva. Per l'ultima volta Brigida visitò le chiese romane dove tante volte aveva pregato. L'accompagnavano in queste devote peregrinazioni la figlia Caterina, oppure il vescovo Alfonso o il confessore Petrus. La santa volle anche incontrare in quel periodo alcuni amici romani, tra cui Latino Orsini. Ma stanchezza e debolezza ebbero il sopravvento e gradualmente Brigida smise di uscire dalla casa di Campo dei Fiori. Rimase nella sua stanza, dove veniva celebrata anche la messa. Come apprendiamo dalle Rivelazioni, i suoi ultimi giorni furono molto tormentati da dubbi e tentazioni di ogni genere. Ma la Vergine la rassicurò: «Se ti vengono alla mente pensieri impuri e non riesci a cacciarli, il tuo sforzo sarà comunque premiato poiché le tentazioni si presentano contro la tua volontà». Sei giorni prima della morte, quando i medici pensavano che si sarebbe ripresa, la Vergine le disse ancora: Cosa dicono i medici? Dicono forse che non morirai? In verità, figlia mia, essi non comprendono cos'è la morte. Muore infatti colui che si separa da Dio, insiste nel,peccato e non se ne libera attraverso la confessione. E morto anche colui che non crede in Dio e non ama il suo Creatore. Vive e non muore colui che teme Dio, si purifica dai suoi peccati attraverso frequenti confessioni e desidera raggiungere Dio. Dato però che il Signore può rovesciare l'ordine della natura e mantenerti in vita, sappi che nei medicamenti non vi è salvezza né vita. Per questo non è necessario che tu ora ti affidi ai medici; infatti poco tempo richiede poco nutrimento. Il giorno successivo Brigida fu gratificata da una visione di Gesù, che con volto sorridente le disse: Io mi sono comportato con te come uno sposo che si nasconde alla sposa affinché ella più intensamente lo desideri. Così in questo tempo non ti ho visitato portandoti consolazione, poiché era il tempo della tua prova. Poiché tu però hai superato questa prova, vieni dunque e preparati poiché è venuto il tempo che si realizzi ciò che ti ho promesso: davanti al mio altare devi essere vestita e consacrata, e d'ora in avanti non sarai soltanto la mia sposa, ma anche monaca e madre a Vadstena. Sappi però che tu deporrai il tuo corpo qui a Roma, ma esso in seguito giungerà nel luogo che gli è stato preparato. Poi Gesù le disse ancora: «Il quinto giorno all'alba, quando avrai ricevuto i sacramenti, chiama presso di te le persone, una dopo l'altra, e di' loro cosa dovranno fare. Così attraverso di loro raggiungerai il tuo monastero e il tuo corpo riposerà a Vadstena». Brigida si preparò a morire. Negli ultimi cinque giorni che le restavano fu totalmente raccolta in Dio. Al processo la figlia Caterina così testimoniò a questo proposito: In quei cinque giorni la signora Brigida non volle assumere più alcun cibo terreno, soltanto un poco d'acqua per pulirsi la bocca. Non volle più che le si cambiasse la biancheria del letto e non volle più parlare con nessuno, a meno che non fosse assolutamente necessario; neppure volle più udire parole di consolazione, in ricordo delle sofferenze di nostro Signor Gesù Cristo. A mezzanotte del quinto giorno, l'ultimo della sua vita, Brigida fece chiamare i figli Caterina e Birger e i membri della sua famiglia spirituale (erano presenti tutti, meno il vescovo Alfonso che si trovava ancora ad Avignone) e parlò a ognuno. A Caterina disse: «Pazienza e silenzio!». All'alba Petrus di Alvastra celebrò la messa e Brigida chiese di essere posta su quel duro tavolo di legno sul quale per tanti anni aveva scritto le divine rivelazioni". Poi rivolse gli occhi al cielo, mormorò le parole che Gesù aveva pronunciato prima di morire: «Nelle tue mani, Signore, affido il mio spirito», ed esalò l'ultimo respiro". Negli Atti del processo di canonizzazione si legge: La signora Brigida nella sua ultima volontà aveva disposto che dopo la sua morte il suo corpo fosse seppellito nel cimitero di San Lorenzo in Panisperna del1'Urbe, e per evitare ogni superbia e inutile gloria aveva chiesto che la sepoltura avvenisse di notte, per sfuggire il concorso delle genti e la moltitudine delle persone. Questo desiderio non poté però essere realizzato perché la notizia della morte della santa si diffuse immediatamente in tutta la città e una gran folla di devoti ed estimatori volle partecipare alle esequie, che si svolsero il 27 luglio. Roma, che non sempre era stata accogliente con Brigida, le rivolse uno straordinario omaggio spontaneo. Come fa notare il senatore Giulio Andreotti nella relazione tenuta in occasione delle celebrazioni per il sesto centenario della canonizzazione della santa (Roma, 3-7 ottobre 1991), non sempre il rapporto di Brigida con Roma fu sereno, non mancarono momenti in cui la sua passione morale indispettì il popolo per lo scomodo richiamo a una vita più severa. Le cronache però ci dicono che tutta Roma si commosse profondamente quando ella morì, al punto che per il grande concorso popolare per due giorni non fu possibile trasportare la salma al convento delle clarisse, luogo della temporanea sepoltura. Il corpo, composto in una bara di legno racchiusa a sua volta in un antico sarcofago romano di marmo, fu deposto con grandi onori nella chiesa prescelta. Tuttora in San Lorenzo in Panisperna si trova la cappella di Santa Brigida, di fronte a quella di Crispino e Crispiniano in cui si venera un antico crocifisso di legno davanti al quale la santa si soffermava spesso in preghiera e veniva rapita in estasi. La permanenza del corpo di Brigida a Roma doveva però essere solo temporanea: conformemente alla richiesta di Gesù, Brigida aveva chiesto ai figli, ai due Petrus e agli altri sacerdoti svedesi che facevano parte del suo seguito di portare le sue spoglie a Vadstena non appena fosse stato possibile. La partenza avvenne il 2 dicembre 1373, dopo il ritorno da Avignone del vescovo Alfonso: la cassa contenente le reliquie di Brigida fu caricata su un cavallo e il corteo di accompagnatori, anch'essi a cavallo, si avviò per la via Flaminia verso Montefalco, la città di santa Chiara. Qui ebbe luogo la seduta preliminare, voluta e presieduta dal vescovo di Spoleto, del processo di canonizzazione. Furono raccolte le prime testimonianze scritte, in particolare la Vita dei due Petrus. Da Montefalco il vescovo Alfonso tornò a Roma, mentre gli altri proseguirono per Ancona, passando per il passo del Furlo. Da Ancona una nave li portò a Trieste. Ci fu poi il lungo attraversamento dell'Austria e della Polonia fino a Danzica, dove i ghiacci impedirono a lungo la partenza. Finalmente le condizioni del mare consentirono di salpare, così che il 29 giugno 1374 la nave che trasportava le reliquie della santa toccò la terra svedese, accolta da una gran folla di devoti, tra cui Nils Hermansson, che era stato il precettore dei figli di Brigida e il suo primo insegnante di latino. Prima tappa svedese fu Linköping, nel cui duomo il feretro della santa rimase esposto con grandi onori per alcuni giorni. Il 4 luglio 1374, a poco meno di un anno di distanza dalla morte, le reliquie di Brigida arrivarono a Vadstena e furono provvisoriamente collocate in una cappella lignea sulle mura di cinta, in attesa che fosse terminata la chiesa, a quel tempo in fase di costruzione. Durante tutto il viaggio la gente era accorsa numerosa a dare il benvenuto alla principessa svedese che tornava a casa. Si realizzavano così le parole del Signore, che aveva annunciato a Brigida che sarebbe stata monaca a Vadstena. CAPITOLO XI - IL PROCESSO DI CANONIZZAZIONE Brigida di Svezia fu canonizzata molto presto, appena diciotto anni dopo la morte. E del resto già in vita godeva fama di santità. A promuovere la causa lavorarono intensamente la figlia Caterina, i sacerdoti che le erano stati vicini e addirittura sovrani, in particolare Alberto I di Svezia e Giovanna di Napoli. Già nel novembre del 1375 papa Gregorio XI, che risiedeva ancora ad Avignone, avviò ufficialmente con la bolla Saepe a multis accepimus l'indagine sulla vita, la fama e i miracoli di Brigida. Una volta raccolto il materiale, soprattutto a Roma, Napoli e Vadstena, Caterina lo consegnò a Gregorio XI, che nel frattempo era tornato a Roma, insieme al testo latino delle Rivelazioni curato dal vescovo Alfonso. All'inizio del 1377 presso la Curia romana fu aperto il processo di canonizzazione. Gregorio XI morì nel marzo di quello stesso anno; il suo successore Urbano VI, grande ammiratore di Brigida, lavorò al processo ma non riuscì a concluderlo in tempi brevi a causa dello scisma di Occidente. Nel 1380 Caterina, perdute le speranze di assistere personalmente alla canonizzazione della madre, tornò in Svezia, dove morì santamente il 24 marzo 1381. Nei dieci anni successivi morirono altri testimoni importanti della vita di Brigida: il vescovo Alfonso (1388), Pietro di Alvastra (1390) e il figlio Birger (1391). Finalmente con Bonifacio IX, successore di Urbano VI, si arrivò alla cerimonia di canonizzazione, che si svolse solennemente in San Pietro a Roma il 7 ottobre 1391: si trattò della prima avvenuta in quella basilica. Il giorno in cui si festeggia la santa svedese è quello della morte, il 23 luglio, che segna la sua nascita all'eternità. La si ricorda anche il 7 ottobre, giorno della canonizzazione, e il 28 maggio, giorno della traslazione delle reliquie in Svezia. I miracoli attribuiti a Brigida sono numerosi. Dagli Atti del processo di canonizzazione ricaviamo la descrizione di due tra i tanti avvenuti subito dopo la sua morte. Il primo, risalente al 1374, è questo: Un carpentiere era a letto da un anno con la tibia rotta (conquassata et lesa). Egli promise a Brigida di donare due vacche al monastero di Vadstena se fosse stato risanato, ma non guarì. Allora promise a Brigida di offrire un'immagine di cera a forma di tibia se fosse guarito, ma non avvenne nulla. Allora promise che avrebbe visitato personalmente le reliquie di Brigida al monastero e lavorato gratis per un anno. Ed ecco che nel sonno gli apparve Brigida che gli chiese: «Vuoi tu adempiere al voto e lavorare nel mio monastero?». E lui: «Lo voglio con tutto il cuore». E lei: «E io voglio risanarti». Al che l'uomo istantaneamente guarì. Ed ecco il secondo: Nel 1376 una donna di nome Alfarana, moglie del siniscalco di Carlo di Durazzo, restava incinta ma il bambino moriva nel suo utero. Ella fece allora voto alla beata Brigida di inviare al suo sepolcro a Roma un'immagine d'argento a forma di bambino se avesse ottenuto da Dio che la creatura che aveva in seno fosse nata viva e potesse essere battezzata. Poi si mise al collo le reliquie di Brigida e le portò con devozione fino al parto. Partorì un bimbo maschio vivo e sano, e mandò il marito a Roma a portare l'immagine promessa. In un testo settecentesco scritto da padre Guglielmo Burlamacchi troviamo la descrizione di numerosi altri miracoli, oltre un centinaio, avvenuti tutti pochissimo tempo dopo la morte della santa e attribuiti alla sua intercessione. Ne riportiamo alcuni: Otto pescatori, con un putto di nove anni, viaggiando nel maggior rigor dell'inverno sopra il vastissimo lago Weter vicino al monastero Vasteno, allora quando era tutto congelato, furono dalla Santa liberati dalla morte imminente, poiché spezzandosi, come è solito, con grandissimo strepito il ghiaccio, e dividendosi in mille parti, si trovarono i poverini con gran loro spavento sopra un pezzo di quel ghiaccio isolati, con pericolo di momento in momento di sprofondarsi; già vedevano perduta ogni speranza di salute, e ripercossi dall'agitazione delle onde, che suol essere con modo indicibile violentissima, altro non aspettavano che la morte; quando alzando gl'occhi verso la Chiesa della Santa, che da lontano appariva, si raccomandavano in un sì grave periglio alla sua protezione, invocando con alte voci il suo glorioso nome, e promettendole con vere lacrime di voler per l'avvenire emendare la loro vita e confessarsi e comunicarsi nella sua Chiesa; ed ecco che in un momento que' pezzi di ghiaccio divisi si riuniscono tra loro, e benché fosse il vento contrario, con tutto ciò in modo maraviglioso rassodandosi, diedero loro il passaggio libero alla riva. Ma quell'inesperto giovinetto, essendosi fermato un poco per prendere le sue bisaccie, e quelle di alcuni compagni, non fu a tempo a seguire coloro, onde di bel nuovo divisi que' pezzi di ghiaccio, cadde il meschinello nel profondo del lago; e quivi si vide un altro più insigne miracolo, poiché quelli ch'erano in salvo, prostrati a terra, invocando di nuovo Santa Brigida, e raddoppiando le preghiere per la salute di quell'innocente, videro con loro grandissimo stupore esser da mano invisibile tolto dall'acque; ed a poco a poco condotto sano e salvo su'1 lido con inesplicabile allegrezza de' circostanti; non mancando poco dopo di portarsi a render grazie alla Santa per un sì segnalato beneficio'. Al ghiaccio, assai comune in Svezia per lunghi mesi, sono legati molti altri miracoli attribuiti a santa Brigida, per esempio questo: Un fanciullo di dieci anni, essendo andato a pescare con alcuni suoi compagni nelle isole del mare di Svezia, si trattenne per qualche tempo su'1 ghiaccio fragile e già vicino a dileguarsi, senza conoscere il pericolo; poiché mentre gl'altri fuggivano per essersi accorti che, per la forza del vento stava per rompersi quella parte del mare agghiacciato, egli rimase solo sopra un pezzo di ghiaccio trasportato dalla corrente assai lontano dal lido; in un sì evidente pericolo cominciò a gridare ad alta voce: «O Santa Brigida aiutami»; fra tanto rinforzando il vento spezzò in minutissime parti ancor quel poco di ghiaccio sopra il quale stava il misero giovinetto; ma o prodigio veramente grande! Benché stesse con i piedi sopra Tacque, non per questo si affondava, ma vi si reggeva immobile come sopra una pietra, avendogli tramutato la Santa questo liquido elemento in saldissimo cristallo; essendo stato in questo modo più di sei ore, comparve una barchetta di pescatore, dal quale fu condotto sano e salvo sul lido, non cessando di render grazie alla sua Santa liberatrice. Altri miracoli riguardano la navigazione e i pericoli delle tempeste, come quello che segue: Alcuni cittadini di Lincopia, dopo aver visitati i Santuari dell'Aquisgrano, si posero in mare per ritornare in patria; ed ecco che, nel più bello della navigazione sopragiunti da una terribile tempesta, si videro a pericolo di vita, poiché caduto un fulmine dal Cielo sopra la cima dell'albero della nave, vi attaccò il fuoco, e non fu mai possibile con tutte le loro industrie di estinguerlo; non era tanto il timore delle onde che riempivano il vascello, quanto quello del fuoco che minacciava di incenerirlo; si affaticarono per molte ore a smorzare la fiamma vorace, che ormai aveva consumate quasi tutte l'antenne, ma in vano; per lo che non trovando altro scampo, ricorsero tutti con vero cuore a Santa Brigida, facendo voto di pellegrinare fino a Vastena per riverire il suo benedetto Corpo; appena fatto il voto videro come da una mano distaccato dal legno quel vivo fuoco, e gettato lungi nel mare, con sì grande allegrezza di tutti, che non potevano trattenere le lacrime ad un sì manifesto miracolo; terminata poi felicemente la navigazione, non tardarono ad eseguire le loro promesse, celebrando da per tutto le glorie di sì gran Santa. Numerosi altri miracoli riguardano la salvezza dai briganti, evidentemente assai numerosi a quel tempo, l'aiuto nel momento del parto, in occasione di altre infermità di varia natura e nei diversi pericoli della vita e la liberazione dai demoni. Non mancano i soccorsi di tipo spirituale, come quello offerto al nipote Karl: Vivendo con gran libertà secolaresca il principe Karl, nipote di Brigida, figlio di Karl suo primogenito, gli comparve una notte la Santa con un orologio a polvere nelle mani, del quale n'era già buona parte trascorso, e gli disse: «Vedi Karl, quanto poco resta di quest'orologio? Tanto tempo appunto, e non più, ti resta da vivere; perciò apparecchiati alla morte vicina. Se tu fossi stato obbediente a Dio ed a' tuoi maggiori, non solo saresti campato più lungamente d'ogni altro della nostra stirpe. Ma ancora saresti stato eletto arcivescovo di Lincopia, e divenuto una grande colonna della Chiesa». Spaventato per queste parole, il giovinetto pregò la Santa che volesse intercedergli dal Signore ancora un poco di tempo, che le prometteva di emendarsi intieramente e vivere in penitenza. Soggiunse Brigida: «No figliuolo; già la sentenza è data, ed il tempo è passato, preparati». Dette queste parole, disparve la Santa e poco dopo infermatosi, Karl passò a miglior vita, avendo prima ricevuti i Sacramenti con istraordinaria pietà e divozione. E fu sepolto a Vastena. Brigida non aveva potuto veder realizzato il suo più grande desiderio: il ritorno del papa a Roma. In una famosa profezia Brigida aveva però descritto la nuova sede del papa, il Vaticano, dove si sarebbe concentrato il governo della Chiesa. E non si può fare a meno di stupirsi constatando fino a che punto la descrizione coincida con l'attuale Città del Vaticano: Vidi Roma dal palazzo del papa vicino alla chiesa di San Pietro fino alla fortezza di Sant'Angelo; e dalla fortezza fino alla chiesa dello Spirito Santo e fino alla chiesa di San Pietro, come se fosse una pianura e circondata da un solidissimo muro, e diverse abitazioni si trovavano all'interno di quel muro. Poi udii una voce che diceva: «Quel papa che ama la sua sposa (la Chiesa) con lo stesso amore mio e dei miei amici, possiederà questo luogo con i suoi collaboratori, affinché possa riunire con maggior libertà e pace i suoi consiglieri». Dopo il Concordato del 1929 questa profezia fu mostrata a Pio XI, il papa della conciliazione, che ne rimase commosso e compiaciuto. CAPITOLO XII - EREDITA LETTERARIA E SPIRITUALE DI BRIGIDA Brigida era stata occasionalmente gratificata da alcune visioni fin dalla prima infanzia; fu tuttavia durante gli anni trascorsi ad Alvastra dopo la morte del marito che visioni e rivelazioni divennero più fre- quenti. Inizialmente Brigida non osò dar credito a quanto appariva al suo occhio interiore e a quanto le sue orecchie udivano durante l'estasi, temendo anzi che potesse trattarsi di una tentazione del demonio. Si rivolse allora al suo consigliere spirituale, maestro Matthias, teologo di fama, che dopo un attento esame dei testi la confortò e rassicurò. Ma a far svanire ogni dubbio di Brigida furono le parole di grande potenza, bellezza e forza di persuasione che il Signore le fece udire quando si trovava ancora ad Alvastra e che nell'edizione definitiva aprono il primo libro delle Rivelazioni: Io sono il Creatore del cielo e della terra, uno in divinità con il Padre e lo Spirito Santo. Io sono colui che parlò ai,patriarchi e ai profeti e colui che essi attendevano. E per esaudire i loro desideri, secondo la mia promessa, che ho assunto carne umana senza peccato né concupiscenza, entrando nel ventre della Vergine allo stesso modo in cui un sole risplendente passa attraverso un vetro puro e trasparente. E come il sole, attraversando il vetro, non lo offende, così la verginità di Maria non fu né lesa né offesa quando io presi da lei la mia umanità. Ora devi sapere che io ho assunto l'umanità in modo da non rinunciare alla mia divinità. E sebbene fossi nel ventre della Vergine con umanità, ero ugualmente in comunione di divinità col Padre e lo Spirito Santo; e come lo splendore non si separa mai dal fuoco, così la mia divinità non si è mai separata dall'umanità, neppure nella morte... E poi un appello personale e insieme un'investitura: E tu, figlia mia, che ho scelto per me e alla quale io parlo, amami con tutto il tuo cuore, non come un figlio o una figlia, o come i genitori amano i loro figli, ma più di tutto ciò che esiste al mondo; perché io, che vi ho creato, amo talmente la vostra anima che preferirei essere crocifisso un'altra volta, se fosse possibile, piuttosto che privarmene. Dopo i comprensibili dubbi e le esitazioni del periodo iniziale, Brigida fu sempre saldissima nel suo convincimento di essere stata scelta dal Signore per far conoscere agli uomini certe verità. La certezza della sua missione le derivava dalla voce che le parlava dentro e le diceva: «Io sono il tuo Dio che vuole parlare con te». La visione di Dio di Brigida derivava da esperienza diretta: Dio per lei non era un concetto astratto, ma un vissuto quotidiano. Consapevole del dono divino che possedeva, Brigida così cercò di descriverlo: «Dolcissimo Dio, è meraviglioso ciò che operi in me; quando a te piace, fai calare sul mio corpo un sonno spirituale e rendi l'anima capace di vedere e udire le cose dello spirito». Di conseguenza la futura santa agì come docile strumento delle divina provvidenza e poté rivolgere senza timore i suoi ammonimenti, spesso assai duri e severi, a personaggi influenti e allo stesso papa. Il che, come fa notare padre Graziano di Santa Teresa in un pregevole studio dedicato all'azione politica delle sante medievali, in particolare Brigida di Svezia e Caterina da Siena, «meraviglia fortemente in donne d'altronde tanto deferenti verso qualsiasi autorità, religiosa e civile, tanto soggette ai loro direttori spirituali e di profondissima umiltà nella loro vita e condotta ordinaria»4. La deposizione al processo del vescovo Alfonso ci informa infatti che Brigida dimostrò sempre la massima obbedienza verso i suoi padri spirituali, al punto da «mortificare la propria volontà perché ogni cosa che faceva era sottomessa al consenso del predetto padre spirituale». La figlia Caterina testimoniò la stessa cosa. Perché una persona così umile e rispettosa potesse inviare al papa e ai sovrani messaggi tanto severi e talora addirittura offensivi, era indispensabile che fosse convinta della loro origine divina e della loro conseguente necessità storica. Convincimenti che in Brigida non vennero mai meno. Poiché le rivelazioni che Brigida riceveva non erano destinate soltanto a lei, ma anche ad altri, si presentò subito la necessità di trascriverle. Brigida prese così l'abitudine di mettere subito per iscritto quanto aveva udito: le parole del Signore, della Vergine e dei santi si imprimevano infatti con estrema precisione nella sua mente, così che, al risveglio dall'estasi, poteva trascrivere ogni parola velocemente e con sicurezza. Dopo che i testi erano stati fissati sulla carta, Brigida perdeva il ricordo esatto della successione verbale e non conservava altro che la memoria dell'argomento che era stato oggetto della rivelazione. Come sappiamo, Brigida scriveva in svedese e i testi venivano poi tradotti in latino da Petrus di Alvastra, aiutato di frequente da Petrus di Skànninge. In seguito fu il vescovo Alfonso, il devoto amico degli ultimi anni, a svolgere il lavoro redazionale vero e proprio, suddividendo le rivelazioni in otto libri, senza peraltro seguire un ordine logico o cronologico preciso. La redazione definitiva delle rivelazioni fu curata nel secolo successivo dai monaci di Vadstena e stampata nel 1492 a Lubecca per incarico del monastero in ottocento esemplari su carta e sedici su pergamena: l'invenzione della stampa ad opera di Giovanni Gutenberg risaliva a pochi decenni prima (1455). I contenuti degli otto libri delle Revelationes possono essere così descritti: Libri I e II: rivelazioni ricevute in Svezia Libro III: moniti al clero e ai vescovi per la loro vita e il loro ufficio Libro IV: rivelazioni ricevute a Roma e per Roma Libro V: libro delle domande Libro VI: visioni su temi vari Libro VII: visioni ricevute in Terra Santa Libro VIII: ammonimenti avuti da Gesù Cristo per principi e regnanti Alle Revelationes vanno aggiunte le Revelationes extravagantes (ossia «supplementari», non accolte nei testi canonici), che contengono notizie biografiche e anche indicazioni e consigli per le monache e i monaci di Vadstena. Le opere di santa Brigida comprendono inoltre la Regola dell'ordine del Santissimo Salvatore, in trentuno capitoli, che la santa dettò a Petrus di Alvastra. Come abbiamo visto, per ottenere l'approvazione della Santa Sede si resero necessarie alcune modifiche di contenuto e aggiustamenti linguistici. C'è poi il Sermo angelicus, tradotto in latino da Petrus di Skànninge: ventuno letture liturgiche, tre per ogni giorno della settimana, che Brigida ricevette da un angelo durante il primo periodo del suo soggiorno romano, quando abitava nella casa del cardinale adiacente alla chiesa di San Lorenzo in Damaso, e che descrivono la storia della salvezza, dalla nascita di Maria fino alla sua glorificazione. Nella sua Deposicio copiosissima il maestro Petrus testimonia a questo proposito: Ogni giorno la signora Brigida, dopo aver devotamente recitato le sue preghiere, si preparava nella sua camera, la cui finestra consentiva la vista dell'altar maggiore della chiesa, con carta e penna in mano e aspettava l'angelo, finché egli veniva. E l'angelo si poneva in piedi accanto a lei, col volto sempre rivolto verso l'altare dove si trovava il corpo di Cristo, e dettava chiaramente e ordinatamente le citate lezioni nella lingua materna della signora Brigida e lei con grande devozione scriveva tutto ciò che usciva dalla bocca dell'angelo. Qualche volta capitava che l'angelo non venisse e interrogata dal suo padre spirituale ella rispondeva con grande umiltà: «Oggi non ho scritto nulla, perché ho atteso l'angelo di Dio affinché mi dettasse, ma lui non è venuto». Ciò durò oltre un anno; non ogni giorno, ma di tanto in tanto l'angelo veniva da Brigida, che lo vedeva con gli occhi corporali. Vanno citate infine le Preghiere di Santa Brigida: quattro preghiere lunghe, due rivolte a Gesù e due alla Vergine, e quindici preghiere più brevi, che Brigida ricevette nel 1346 ad Alvastra, dedicate alla sofferenza del Redentore. Per tutta la vita Brigida le recitò quotidianamente. Brigida attribuì sempre ogni suo scritto a Gesù e alla Vergine. Indipendentemente dalla fonte, sulla quale la critica letteraria non può né vuole esprimere alcun giudizio, l'opera che porta la sua firma, in particolare le Rivelazioni, è molto apprezzata. Quanto la santa sia stimata anche come scrittrice è chiaramente espresso dal professor E.N. Tigerstedt, docente di letteratura all'università di Stoccolma, che scrive: «Brigida è una delle figure più possenti e singolari della nostra letteratura, uno dei grandi scrittori svedesi». Le Rivelazioni di santa Brigida sono peraltro state sottoposte a molte valutazioni teologiche. Il primo teologo che se ne occupò fu il maestro Matthias, che con la sua fama di teologo e uomo di cultura conferì loro autorità e legittimità: «Io Matthias, canonico di Linkòping, partecipo a tutti gli uomini con questo scritto la verità divina che ho udito confessando un'amica di Dio». In seguito, quando Brigida viveva ancora in Svezia, le analizzò l'arcivescovo Birger di Uppsala e a Roma soprattutto il vescovo Alfonso di Jaén. Tutti furono d'accordo nel riconoscerne l'ispirazione divina. Nel corso del processo di canonizzazione, papa Gregorio XI fece accuratamente valutare le Rivelazioni da tre cardinali e vari teologi, che giunsero alla medesima conclusione. Nel 1379 infine Urbano VI istituì un'altra commissione di cardinali e teologi, che ugualmente trovò le rivelazioni veritiere e ispirate da Dio, quindi adatte a essere diffuse, ed espresse pubblicamente e ufficialmente tale risultato. Questa dichiarazione suscitò in molti il desiderio di conoscerle, e fu così che importanti personalità politiche e religiose inviarono appositamente messi a Roma per procurarsele; tra questi anche il re di Boemia, Carlo V di Francia e le regine di Napoli, Cipro e Castiglia. Le Rivelazioni furono quindi ricopiate molte volte. La canonizzazione di Brigida, avvenuta il 7 ottobre 1391, ne accrebbe ulteriormente la fama. Nonostante l'approvazione di papi e teologi e il parere positivo dei padri consiliari di Costanza (1415) e di un'ulteriore commissione creata nel 1455 dal concilio di Basilea della quale faceva parte anche il famoso cardinale Giovanni Torquemada, non sono mancati gli oppositori, a giudizio dei quali alle Rivelazioni doveva essere attribuito valore esclusivamente umano. Altri supposero addirittura che i due Petrus e il vescovo Alfonso avessero ampliato, modificato e abbellito i testi, o addirittura se li fossero inventati. Certamente coloro che posero mano alle Rivelazioni, le tradussero in latino e ne curarono l'edizione definitiva hanno apportato qualche contributo personale. Ma è giusto ipotizzare che si sia trattato di un contributo formale, e non sostanziale, sia per il rispetto nei confronti di Brigida e per il prezioso materiale che veniva loro affidato, sia perché Brigida aveva una conoscenza del latino sufficiente per controllare testo e traduzione. Con riferimento al contributo umano alle Rivelazioni, Gesù stesso disse a Brigida: Io sono come un falegname che taglia pezzi di legno nel bosco, li porta a casa e ne ricava una bella scultura, che orna di colori e figure di contorno. Quando i suoi amici vedono che la scultura potrebbe essere ornata di colori ancora più belli, vi sovrappongono i loro colori e aggiungono altre pitture. Così io, Dio, ho tratto le mie parole dal bosco della mia divinità e le ho poste nel tuo cuore. 1 miei amici poi, in forza della virtù che è stata loro data, hanno riunito queste parole in libri e le hanno dipinte e ornate. Il contributo umano non è negato, ma spiegato e collocato in corretta luce. L'origine di ciò che viene visto e udito durante le estasi ha sempre suscitato discussioni e problemi: non soltanto nel caso di Brigida di Svezia ma anche di tanti altri mistici e santi che furono gratificati da visioni e audizioni. Con riferimento a Brigida, coloro che le vissero accanto ritennero le sue Rivelazioni di origine soprannaturale, e dello stesso avviso sono ancor oggi numerosi studiosi e devoti; per altri esse sarebbero in parte attribuibili alla fantasia di lei, per altri ancora lo sarebbero in toto. A giudizio di alcuni, Brigida ricorrerebbe all'origine soprannaturale dei testi per dar loro maggior efficacia. Commenta a questo proposito frate Graziano Maioli: Chi non ammette alcuna origine soprannaturale dovrà collocare Brigida fra i grandi geni letterari per l'incredibile varietà di situazioni, ora tragiche ora drammatiche, e per il continuo succedersi di traslati sempre attinenti al soggetto, anche se talvolta sembrino strani... Cristo, rivolto alla corte celeste, dichiara ch'egli parla in quella data maniera propter cognitionem et instructionem istius adstantis sponsae, quae spiritualia non potest percipere nisi per corporalia (cioè: «per conoscenza e istruzione di questa sposa, che non può capire le cose spirituali se non attraverso le cose corporali»). Certo, se questa ed altre espressioni simili sono una finzione letteraria, bisogna riconoscere in Brigida un ingegno sopraffino e anche una certa dose di umorismo. Le Rivelazioni di santa Brigida sono anche un'opera di grande afflato poetico: in mille modi viene espresso l'amore sconfinato della santa per il Cristo, la Vergine e il mistero della Trinità. Per rendersene conto basta leggere le espressioni dedicate alla Vergine Maria, paragonata per esempio a un arcobaleno: Io sono la Vergine che dall'alto assiste il mondo in continua preghiera, allo stesso modo in cui dalle nuvole l'arcobaleno tende verso la terra e sembra toccarla. L'arcobaleno sono io, che attraverso la preghiera mi chino verso gli abitanti della terra, buoni o cattivi che siano. Mi chino verso i buoni affinché siano saldi e costanti in ciò che la Chiesa comanda loro, e verso i cattivi affinché non progrediscano nella loro cattiveria. Ed ecco le parole con le quali la Madre di Dio spiega a Brigida come mai fu scelta dal Signore: Un uomo, cercando delle pietre, trovò la calamita e la custodì fra i suoi tesori perché essa conduce le navi in porto. Così mio Figlio, cercando fra le sue pietre che sono i santi, scelse me come Madre affinché attraverso di me gli uomini fossero condotti al porto della salvezza e nell'oasi del cielo. Come la calamita, con una dolce attrazione, richiama a sé il ferro, così io attiro a Dio i più duri di cuore... La Vergine è paragonata anche a un fiore dal quale le api succhiano dolcezza: Io somiglio a un fiore dal quale le api colgono dolcezza; e sebbene esse ne prendano molta, la mia dolcezza non finisce mai; infatti io sono in grado di prodigare grazie a tutti, avendone sempre in sovrabbondanza. 1 miei eletti sono come le api, che con tutta la devozione di cui sono capaci sono attenti a qualsiasi cosa minacci il mio onore, e come le api lavorano con cura e attenzione.... Maria è paragonata infine a un giardiniere: Sono come un giardiniere di questo mondo, che quando vede soffiare il vento impetuoso che danneggia le piante e gli arboscelli, si reca subito in giardino e li lega e li sorregge con pali e sostegni, prendendo ogni precauzione affinché non si rovinino, non si rompano e non si sradichino. Ebbene, io faccio la stessa cosa: essendo Madre di misericordia nel giardino di questo mondo, quando vedo che si alzano i venti delle tentazioni mi rivolgo subito a Dio, mio Figlio, con le preghiere implorandolo affinché siano sostenuti e protetti dai venti impetuosi delle tentazioni... Chi disprezza l'aiuto di mio figlio e il mio, si lascia portare via dal vento delle tentazioni. Come si può constatare, l'uso di paragoni e allegorie è assai frequente e risponde a una necessità, come fu spiegato a Brigida: Ciò che vedi, non si rivela a te così com'è; infatti se tu vedessi la bellezza spirituale degli angeli e delle anime sante, il tuo corpo non potrebbe sopportarlo e per la gioia che la tua anima proverebbe a tale vista si spezzerebbe come un vaso lesionato e fragile. E se tu vedessi i demoni come realmente sono, o vivresti con grande tormento oppure improvvisamente moriresti a causa di tale orribile vista. Per questo motivo le cose spirituali si mostrano a te con veste materiale e ti vengono illustrate con parabole, altrimenti la tua anima non potrebbe afferrarle. Ma la cosa più meravigliosa è che tu senti il mio spirito muoversi nel tuo cuore. Indubbiamente la varietà, la bellezza, la ricchezza, il coraggio e il frequente annuncio profetico riscontrabili nei testi che, assai velocemente e senza correzioni, Brigida scriveva dopo l'estasi o dettava ai suoi confessori non sono facilmente spiegabili. Accettarne o meno l'origine trascendente resterà tuttavia sempre una scelta squisitamente personale. Quello che conta in questa sede, e che vale qualunque sia l'interpretazione prescelta, è sottolineare il fine che le Rivelazioni si propongono. Scopo delle Rivelazioni e dell'intera missione di santa Brigida è il rinnovamento della Chiesa, che ella amò moltissimo e che non intese riformare: volle soltanto ripristinarne il volto legittimo sfigurato dagli uomini. Brigida non criticava le leggi vigenti, denunciava il fatto che non fossero osservate, e mostrava la Chiesa qual era al suo tempo, triste e tenebrosa, e quale avrebbe dovuto essere, luminosa e pura. Non si limitava a condannare, ma indicava la via per il ritorno alla primitiva purezza. È la Vergine stessa a rivelare a Brigida il triplice profilo della Chiesa alla luce del ministero di tre apostoli: Giovanni, Pietro e Paolo. In Giovanni splendono l'obbedienza e la dolcezza che Brigida deve far sue: «Abbassati alle cose umili e avrai le sublimi. Lascia la tua propria volontà se vuoi essere piccola. Disprezza le cose terrene e sarai una creatura celeste. Disprezza le cose superflue ed avrai abbondanza spirituale». Pietro è animato dalla fede: «In Pietro brilla la fede della Santa Chiesa. E come Pietro rimase stabile fino alla fine, così rimarrà stabile fino alla fine la fede della Chiesa». E ancora: «Cerca pertanto la santa fede nella Chiesa di san Pietro; una volta che l'hai cercata conservala nella tua memoria e portala alla perfezione nelle tue opere». In Paolo infine si trova la pazienza per vivere la carità di Cristo e soffrire per lui: «Con la pazienza di Paolo si accende la carità di Dio nei cuori, gli animi si infiammano per compiere cose grandi, l'uomo diventa umile, mite, misericordioso, fervente verso le cose celesti, sollecito di sé, perseverante nelle iniziative intraprese». Obbediente Giovanni, fermo nella fede Pietro, amorosamente paziente Paolo: queste tre grandi virtù devono animare la Chiesa e i suoi fedeli. Forte delle sue rivelazioni, la santa svedese sollecitava gli ecclesiastici a non trascurare i loro doveri, ad abbandonare mondanità e sfarzo, concubinato e simonia, e ricordava ai monaci l'osservanza delle regole dei fondatori. Brigida era ben conscia dei mali della Chiesa e nella già riportata lettera al vescovo di Orvieto` ne descrive il miserando stato. Nel primo libro delle Rivelazioni, al capitolo XLI, compendia le colpe del papato. Anche questo messaggio è stato riportato in un precedente capitolo. Brigida fustiga i papi per abuso di potere e mancanza di adesione ai loro doveri, però difende il papato come istituzione e come ideale. Con riferimento ai vescovi, mette in bocca a sant'Ambrogio, che le appare a Milano, prima tappa del viaggio in Italia, una severa critica a Giovanni Visconti, arcivescovo e signore temporale di Milano, usando ancora una volta un'allegoria, quella delle dieci ore. Eccola: C'era un uomo che aveva una brava e buona moglie, ma le preferiva la domestica. Da ciò derivarono tre cose: le parole e il sorriso della domestica lo rallegravano più della moglie; donò alla domestica i vestiti più belli non curandosi che la moglie andasse vestita umilmente di stoffa ordinaria, macchiata e strappata; passava con la domestica nove ore su dieci, mentre ne dedicava una soltanto alla moglie. Delle nove ore, occupava la prima a guardare la ragazza rallegrandosi della sua bellezza. Nella seconda ora dormiva fra le sue braccia. Nella terza lavorava lietamente per lei. Nella quarta si riposava accanto a lei. Nella quinta si dava da fare per procurarle tutto quello che le era necessario. Nella sesta era lieto perché ella si dimostrava riconoscente. Nella settima si accendeva di desiderio e nell'ottava lo soddisfaceva. Nella nona tralasciava di fare alcune cose che avrebbe dovuto fare. Nella decima faceva quello che non aveva voglia di fare, cioè si dedicava alla moglie. Ma un giorno si presentò a lui uno dei parenti della moglie e gli disse severamente: «Ritorna alla tua legittima consorte, amala, vestila decentemente e passa nove ore con lei e soltanto una con la ragazza; se così non farai, affronterai una morte tremenda». Il significato è chiaro: il vescovo è consacrato alla Chiesa, così come il marito lo è alla legittima sposa. E come l'uomo dell'allegoria ha trascurato la moglie per dedicarsi alla ragazza, così il vescovo trascura la Chiesa per dedicarsi alle cose mondane. Brigida rivolse a Giovanni Visconti appelli molto eloquenti, che tuttavia non ebbero effetto, per cui le fu spiegato che quel vescovo era «come una testuggine, sulla cui dura corazza i colpi rimbalzano; egli è contento di vivere nel fango e di andarsene in giro con la testa rivolta verso il suolo, e non desidera altro che continuare a vivere nel peccato». Brigida ebbe grandissima stima del ruolo del sacerdote, che amministra i due sacramenti più importanti, la confessione e la comunione; ruolo che può continuare a svolgere, purché regolarmente ordinato, anche se indegno: «E io dico che i preti sono veri preti e consacrano il corpo di Gesù Cristo anche se sono carichi di peccati; essi trattano veramente Dio sull'altare e amministrano gli altri sacramenti anche se, a causa dei loro peccati, sono indegni davanti a Dio della gloria celeste». La vita dissoluta di certi sacerdoti la induce tuttavia a dire: «È più caro a Dio che costoro non dicano messa, piuttosto che tocchino il corpo di Dio con le loro mani meretrici». Brigida non volle distruggere, ma purificare e rinnovare. Il risultato della sua lunga e intrepida missione non fu sempre positivo, non sempre i suoi moniti furono ascoltati. Ma molto opportunamente scrive Graziano Maioli nello studio sopra citato: Anche persone non prevenute contro Brigida, anzi stimandola per la sua santa vita, non sempre furono docili agli avvisi e agli ammonimenti dati da lei, così da poter concludere che in parte la sua missione fallì; ma gli insuccessi, comuni d'altronde al profetismo vecchio-testamentario e all'annuncio evangelico, indicano solo che all'offerta di rinnovamento da parte di Dio corrisponde spesso la neghittosità e l'insofferenza dell'uomo. È allora che la tempra dell'araldo di Dio manifesta la sua resistenza inflessibile. Infatti anche Brigida non venne mai meno al suo compito di intermediaria fra il cielo e la terra fino all'ultimo respiro. Scopo ultimo dell'opera di Brigida a favore del rinnovamento della Chiesa, della moralizzazione dei costumi, del miglioramento dei rapporti fra le nazioni e fra i sovrani e il loro popolo, fu in ultima analisi l'elevazione del livello spirituale della società e del singolo individuo. Il secolo XIV nel quale Brigida visse fu denso di difficoltà sociali e politiche: la guerra dei cent'anni, le innumerevoli contrapposizioni tra i principi laici ed ecclesiastici, la peste nera e il papato avignonese, con tutte le conseguenze che questa situazione comportò. Brigida visse appieno il suo tempo, immersa nel mondo anche quando a Roma conduceva vita praticamente monacale, e prese atto per esperienza diretta di tutto questo. Si divideva fra esperienza ascetica ed estatica e fervida attività di denuncia, ammonimento e stimolo nei confronti dei potenti del mondo. La sua opera letteraria è la perfetta testimonianza di tutto questo: grande afflato mistico e altrettanto grande coinvolgimento mondano, così che Brigida è compiutamente cittadina del cielo e della terra, realizzando al massimo livello la vocazione umana e spirituale del cristianesimo, per il quale la terra è il vivaio del cielo. CAPITOLO XIII - IL LIBRO DELLE DOMANDE: LA TEOLOGIA DI SANTA BRIGIDA Il V Libro delle Rivelazioni, detto Libro delle Domande, è molto particolare e completamente diverso dagli altri: è il testo propriamente teologico di santa Brigida. Esso è frutto di una lunga visione che la santa ebbe quando viveva ancora in Svezia e dal monastero di Alvastra, dove si era stabilita dopo la morte del marito, si stava recando a cavallo al castello di Vadstena che il re le aveva donato perché fosse la sede dell'ordine del Santissimo Salvatore. Il vescovo spagnolo Alfonso Pecha de Vadaterra, autore della prefazione al libro, racconta che Brigida cadde improvvisamente in estasi e vide una lunga scala che partiva da terra e raggiungeva il cielo dove Cristo era seduto in trono come un giudice, circondato da angeli e santi, con la Vergine ai suoi piedi. Sulla scala c'era un monaco, una persona colta che Brigida conosceva ma che non viene nominata; costui si dimostrava molto agitato e nervoso e gesticolando poneva ostinatamente domande a Cristo, che gli rispondeva con pazienza. Le domande che il monaco pone al Signore sono quelle che probabilmente ognuno di noi, almeno una volta nella vita, si pone sull'esistenza di Dio e il comportamento umano, con ogni probabilità gli stessi interrogativi che Brigida stessa si era posta o si poneva. Il Libro delle Domande è quindi una sorta di manuale di fede cristiana per persone dalla fede non salda, un testo umanissimo e molto vicino all'anima di chiunque si interroghi seriamente e sinceramente sui grandi problemi della vita, sulla fede e sul nostro destino ultimo. Sappiamo che, giunta a Vadstena, Brigida fu destata dai suoi servitori; lei se ne dispiacque, perché avrebbe preferito restare nella dimensione spirituale nella quale si era trovata immersa. Tutto però era rimasto perfettamente impresso nella sua mente, per cui poté trascriverlo in pochissimo tempo. Nel monaco che si arrampica sulla scala molti hanno visto il maestro Matthias, il grande teologo, primo confessore di Brigida; altri genericamente un frate domenicano (nelle miniature dei manoscritti il monaco è rappresentato col saio domenicano), simbolo dell'orgoglio intellettuale al quale comunque Gesù, con estrema comprensione e generosità, offre tutte le risposte. Ecco come viene introdotta la trattazione: Capitò una volta che Brigida andava a cavallo a Vadstena essendo accompagnata da parecchi dei suoi amici, che erano anch'essi a cavallo. E mentre cavalcava elevò lo spirito a Dio e subitamente fu rapita e come alienata dai sensi in maniera singolare, sospesa nella contemplazione. Vide allora come una scala fissata a terra, la cui sommità toccava il cielo; e nell'alto del cielo vedeva Nostro Signor Gesù Cristo seduto su un trono solenne e ammirevole, come un giudice giudicante; ai suoi piedi era seduta la Vergine Maria e intorno al trono vi era una innumerevole compagnia di angeli e una grande assemblea di santi. A metà della scala vedeva un religioso che conosceva e che viveva ancora, conoscitore della teologia, fine e ingannatore, pieno di diabolica malizia, che dall'espressione del volto e dai modi mostrava di essere impaziente, più diavolo che religioso. Ella vedeva i pensieri e i sentimenti interiori del cuore di quel religioso e come si esprimeva nei confronti di Gesù Cristo... E vedeva e udiva come Gesù Cristo giudice rispondeva dolcemente e onestamente a queste domande con brevità e saggezza e come ogni tanto Nostra Signora dicesse qualche parola a Brigida. Ma quando la santa ebbe concepito nello spirito il contenuto di questo libro, avvenne che arrivò al castello. 1 suoi amici fermarono il cavallo e cercarono di destarla dal suo rapimento ed ella fu dispiaciuta di essere stata privata di così grandi divine dolcezze. Questo libro delle domande rimase impresso nel suo cuore e nella sua memoria come se fosse stato scolpito nel marmo. Ella lo scrisse subito nella sua lingua volgare, che il suo confessore tradusse in seguito in latino, così come aveva tradotto gli altri libri... li Libro delle Domande contiene sedici interrogazioni, ognuna delle quali è suddivisa in quattro, cinque o sei domande, a ognuna delle quali Gesù risponde dettagliatamente. Per dare subito un'idea precisa della struttura e del contenuto del libro, riportiamo per intero la prima interrogazione che contiene cinque domande legate alla nostra fisicità. Prima interrogazione 1. O giudice, io ti interrogo. Tu mi hai donato la bocca: non debbo forse parlare di cose piacevoli? 2. Tu mi hai donato gli occhi: non devo vedere gli oggetti che mi dilettano? 3. Tu mi hai donato le orecchie: perché non dovrei ascoltare i suoni e le armonie che mi piacciono? 4. Tu mi hai donato le mani: perché non dovrei farne ciò che mi piace? 5. Tu mi hai donato i piedi: perché non dovrei andare dove mi conducono i miei desideri? Risposte di Gesù Cristo 1. Il giudice, seduto su un trono sublime, con gesti molto dolci e molto onesti rispose: Amico mio, ti ho dato la bocca per parlare ragionevolmente delle cose utili all'anima e al corpo, e delle cose che sono in mio onore. 2. Ti ho dato gli occhi affinché tu veda il male e lo eviti e affinché tu veda il bene e ad esso ti ispiri. 3. Ti ho dato le orecchie per ascoltare la verità e per udire ciò che è onesto. 4. Ti ho dato le mani affinché con esse tu faccia ciò che è necessario al corpo e che non nuoce all'anima. 5. Ti ho dati i piedi perché tu ti allontani dall'amore del mondo e ti avvicini al riposo eterno, all'amore della tua anima e a me, tuo Creatore. Ma il monaco va ancora più a fondo, insistendo sugli stessi temi: O giudice, ti domando perché mi hai dato i sensi corporali se non dobbiamo vivere in base ad essi. Perché ci hai donato la carne e altri sostentamenti corporali se non vuoi che li utilizziamo vivendo secondo gli appetiti disordinati del corpo? Perché ci hai dato il libero arbitrio se non possiamo seguire la nostra volontà? E la risposta è questa: Amico mio, ho donato all'uomo i sensi e l'intelligenza per seguire le vie della vita e per fuggire le vie della morte. Ho donato le carni e gli alimenti necessari al sostentamento corporale perché vengano usate con moderazione e l'anima acquisti maggiore virtù, senza essere indebolita e oppressa dalla quantità eccessiva. Ho donato all'uomo il libero arbitrio perché rinunci alla propria volontà per amor mio, che sono il suo Dio, accrescendo così i propri meriti. Sempre collocato a metà della scala, il monaco rivolge al Signore altre domande che si riferiscono ancora alla condizione umana: O giudice, perché devo ricercare la sapienza divina visto che possiedo la sapienza del mondo? Perché devo piangere, avendo in me in abbondanza la gloria e la gioia del mondo? Dimmi perché e come devo rallegrarmi nelle afflizioni corporali. Perché devo aver paura, possedendo forze molto grandi? Perché dovrei ubbidire agli altri se dispongo della mia volontà? Ed ecco le risposte: Amico mio, colui che è giudice agli occhi del mondo è cieco e folle davanti a me. Pertanto, per acquisire la mia divina saggezza, è necessario ricercarla diligentemente e umilmente. Chi possiede gli onori del mondo e la sua gioia è spesso agitato da cure diverse e immerso in amarezze che conducono all'inferno. Pertanto, per evitare che si allontani dalla vista del cielo e che venga fuorviato, è necessario che preghi e che pianga. È assai utile rallegrarsi nell'afflizione e nell'infermità della carne, poiché la mia divina misericordia è vicina a chi patisce le sofferenze che rendono più breve la via che conduce alla vita eterna. Tutti coloro che sono forti, lo sono grazie alla mia forza, poiché io sono più forte di loro. Devono quindi temere sempre che le loro forze siano loro sottratte. Chi dispone del libero arbitrio deve temere e comprendere che non vi è nulla che conduca più facilmente alla dannazione eterna che la propria volontà priva di una guida. Chi rinuncia alla propria volontà e la pone nelle mani mie, che sono il suo Dio, avrà il cielo senza pena alcuna. E poi questa umanissima domanda: Perché permetti che il corpo soffra? La risposta è questa: L'infermità affligge il corpo affinché l'uomo stia bene attento a conservare dentro di sé, attraverso la sofferenza e il controllo della carne, la moderazione spirituale e la pazienza, che è sovente messa in pericolo a causa del vizio dell'incontinenza e l'attaccamento alle cose superflue. Il male, la sofferenza, la morte sono temi che ricorrono ampiamente nelle domande del monaco, e del resto si tratta dei misteri più grandi e sentiti dell'esistenza umana. All'interrogazione successiva troviamo infatti queste precise domande: Perché la peste, la carestia e altri affanni affliggono il corpo? Perché la morte arriva quando meno ci si pensa, così che raramente la si può prevedere? E la risposta, paziente e condiscendente, del giudice non tarda ad arrivare: È scritto nella legge che chi ruberà dovrà restituire più di quanto abbia rubato. Fintanto che gli uomini ingrati ricevono i miei doni e ne abusano, non mi rendono affatto l'onore che mi è dovuto. E per questo che io permetto le pene del corpo, affinché l'anima sia salva nell'altro mondo. Talora io punisco l'uomo nelle cose che più ama, affinché colui che non mi ha voluto riconoscere nella gioia mi riconosca nella tristezza. Mi chiedi anche perché la morte è improvvisa. Se l'uomo conoscesse il giorno della sua morte, mi servirebbe per paura e cadrebbe nella disperazione. Che l'uomo dunque mi serva per spirito d'amore, abbia sempre cura di sé e sia sicuro di me; è per questo che l'ora della morte è incerta, e ciò è giusto in quanto avendo l'uomo abbandonato il vero e il certo, era necessario e giusto che fosse afflitto da ciò che era incerto. Il monaco ha ancora molte cose da chiedere al Signore, per esempio queste: Perché non mostri la tua gloria agli uomini in questo mondo, affinché mentre vivono ti desiderino con maggior fervore? Perché gli angeli e i santi, che sono più nobili e più sublimi delle creature mortali, non sono visti dagli uomini in questa vita? Essendo le pene dell'inferno orribili e incomparabili, perché non le mostri agli uomini in questa vita, così che possano evitarle? Ed ecco la risposta: La mia gloria è ineffabile e incomparabile in soavità e bontà. Se dunque la mia gloria fosse vista così com'è, i corpi dell'uomo corruttibile si disintegrerebbero, così come lo furono i sensi di coloro che videro la mia gloria sulla montagna. Il loro corpo si distruggerebbe anche a causa della troppo grande gioia dell'anima e non potrebbe più fare gli esercizi corporali. Quindi, poiché l'ingresso del cielo non è aperto senza le opere dell'amore, la mia gloria è loro nascosta per qualche tempo affinché, per il desiderio e la fede, possano in seguito vederla più abbondantemente e più felicemente che mai. Perché non si vedono i santi nel luogo dove si trovano? Se i miei santi fossero visti e parlassero chiaramente, riceverebbero l'onore dovuto; ma la fede perderebbe il suo merito e la debolezza della carne non potrebbe sopportare il loro splendore. Del resto la mia giustizia non vuole che una sì gran luce sia vista da una così grande fragilità. Tu chiedi ancora perché le pene dell'inferno non sono viste. Se le pene dell'inferno fossero viste così come sono, l'uomo si spaventerebbe e cercherebbe il cielo, non per spirito d'amore ma per timore. E poiché nessuno deve desiderare le gioie celesti per paura delle pene, ma per la divina carità, io nascondo le pene dei dannati. Come i buoni e i santi non possono gustare questa gioia ineffabile prima della separazione dell'anima dal corpo, così i malvagi non possono gustare le pene terribili prima della morte; ma essendo la loro anima separata dal corpo, essi sperimentano le sofferenze attraverso i sentimenti che non hanno voluto capire nel loro spirito quando avrebbero potuto farlo per mia grazia. II monaco, sempre stando sulla sua scala, affronta poi questioni squisitamente spirituali relative alla Vergine e agli angeli, ponendosi il doloroso interrogativo suscitato dal raffronto tra la condizione angelica e quella umana: O giudice, perché sei così ineguale nei tuoi doni e nelle tue grazie e hai prediletto e preferito la santa Vergine Maria su tutte le creature e l'hai esaltata al di sopra degli angeli? Perché hai donato agli angeli lo spirito senza la carne e li hai destinati alle gioie celesti? E perché hai donato all'uomo un vaso di terra e uno spirito e l'hai obbligato a vivere con fatica e pena e a morire con dolore? La risposta del Signore è di grande solennità: Amico mio, io nella mia divinità conosco fin da tutta l'eternità tutte le cose future; quelle avvenute come quelle che devono avvenire, perché come la caduta dell'uomo è stata da me prevista, così la mia giustizia l'ha permessa; essa però non è stata predisposta da Dio, e neppure la divina prescienza poteva impedirla; allo stesso modo la mia misericordia ha previsto da tutta l'eternità la necessità della liberazione dell'uomo. Tu domandi perché ho privilegiato al di sopra di tutte le altre la Madre di Dio e perché l'ho amata al di sopra e al di là di tutte le creature; ciò è avvenuto perché in lei è stato trovato un segno vero di virtù; infatti come il fuoco si accende rapidamente quando il legno è ben disposto, allo stesso modo il fuoco del mio amore si accese più ardentemente in mia Madre, essendo ella meglio disposta; perché quando l'amore divino, che è di per sé immutabile ed eterno, cominciò ad apparire e a bruciare allorché la mia divinità si incarnò, così non esisteva creatura più adatta e più capace di ricevere le fiamme del mio amore della Santa Vergine, poiché nessuna aveva tanta carità quanta ne aveva lei; e sebbene il suo amore si fosse manifestato alla fine dei tempi, non di meno ella era stata conosciuta da tutta l'eternità prima dell'inizio dei tempi, e di conseguenza predefinita da tutta l'eternità nella divinità; infatti come nessuno le è stato uguale nell'amore, così ella non ha avuto eguali in grazia e benedizione. Poi un'altra domanda rivolta direttamente a Gesù: Essendo stato concepito ed essendo nato senza peccato, perché hai voluto essere battezzato? Risponde il Signore: È necessario che colui che vuole aprire una nuova strada la inizi personalmente. In altri tempi era stata donata al popolo una via carnale, la circoncisione, in segno di obbedienza e purificazione, che sortiva l'effetto di grazia futura e di promessa ai fedeli che rispettavano la legge, prima che venisse la verità promessa, cioè Gesù Cristo. Ma essendo arrivata la verità e non essendo la legge che un'ombra, era stato stabilito da tutta l'eternità che la via antica si sarebbe ritirata, perché priva di effetto. Affinché dunque la verità apparisse, l'ombra si ritirasse e si manifestasse la via più facile per arrivare al cielo, io che sono Dio e uomo per umiltà ho voluto essere battezzato per dare l'esempio a molti e per aprire il cielo ai credenti e ai fedeli; e per dimostrarlo, dopo che fui battezzato, il cielo si aprì, fu udita la voce del Padre, lo Spirito Santo apparve in forma di colomba. Io, figlio di Dio, ho dimostrato di essere vero Dio e uomo, affinché si sappia e si creda che il Padre eterno apre i cieli ai battezzati e ai fedeli. Lo Spirito Santo è con colui che battezza... Io, che sono la verità, ho dissipato le ombre. La scorza della legge fu spezzata, apparve il nocciolo, la circoncisione fu sospesa e il battesimo fu confermato in me, affinché il cielo fosse aperto ai grandi e ai piccoli e i figli dell'ira divenissero figli della grazia e della vita eterna. Il monaco insiste e pone la domanda che da duemila anni l'uomo si pone: O giudice, te lo domando, poiché tu sei Dio ed uomo, perché non hai manifestato la tua divinità così come hai manifestato la tua umanità, affinché tutti credessero in te? E il giudice risponde: O amico mio, ti rispondo affinché la malizia del tuo pensiero sia conosciuta ad altri... Poiché Dio non permette niente senza un motivo, ti rispondo non alla maniera umana, dato che noi trattiamo di cose spirituali; ma con similitudini, affinché la mia risposta sia compresa. Tu domandi dunque perché non ho mostrato la mia divinità allo stesso modo in cui ho manifestato la mia umanità. lo rispondo: la mia divinità è spirituale e la mia umanità è corporale. Tuttavia la divinità e l'umanità sono inseparabili, la mia divinità è increata e tutto ciò che è in essa è bontà e perfezione. Se dunque una bontà e una perfezione tanto grandi si fossero manifestate all'occhio imperfetto dell'uomo, chi avrebbe potuto sostenerle, dato che l'occhio umano non riesce a sopportare neppure la vista del sole materiale?... È per due ragioni che la mia divinità non si è manifestata più chiaramente: 1° per l'imperfezione umana, che non era in grado di sopportarla, poiché gli occhi umani sono di sostanza terrena: se l'occhio corporale vedesse la divinità, si scioglierebbe come cera davanti al fuoco; se l'anima avesse in sorte di vedere la divinità, il corpo si fonderebbe e si annienterebbe come cenere. 2° non si è manifestata inoltre a ragione della mia divina bontà e della sua costante stabilità; infatti se io mostrassi agli occhi mortali la mia divinità, che è incomparabilmente più risplendente del sole e del fuoco, io andrei contro quanto io stesso dissi: L'uomo non mi vedrà affatto e vivrà. Nemmeno i profeti mi videro, loro che videro la montagna fumante e dissero: Che Mosè ci parli, e noi l'ascolteremo. Per questo io, che sono misericordia, affinché l'uomo mi capisse meglio e non si spaventasse, mi sono mostrato a lui in una forma che potesse essere vista e udita, ovvero nella mia umanità, che contiene come velata - la mia divinità. Io, che sono Dio e non sono corporale, ho voluto poter essere udito e visto dagli uomini nella mia umanità. Non ancora stanco, il monaco chiede ancora: Perché hai preferito nascere da una Vergine piuttosto che da un'altra donna che non lo era? Ed ecco la risposta: Poiché a me, Dio purissimo, meglio si convengono le cose pure... La verginità è una via molto bella che conduce al cielo e il matrimonio è soltanto una via; di conseguenza era ragionevole che io, Dio purissimo, riposassi nel seno di una Vergine purissima, così come il primo uomo era stato tratto dalla terra, che in qualche maniera era vergine, non essendo stata ancora inquinata dal sangue ... Infine una domanda dolorosamente umana: Perché molto spesso i malvagi prosperano più dei buoni? E il Signore risponde: Ciò è indizio della mia grande pazienza e del mio amore, perché se io donassi i beni temporali soltanto ai miei amici, i malvagi si dispererebbero e i buoni si inorgoglirebbero. Io invece dono ad ognuno i beni temporali affinché io, il loro Dio, autore e creatore di ogni cosa, sia da tutti amato e affinché quando i buoni diventano superbi siano indotti dai malvagi ad essere giusti. Tutti sanno anche che le cose corporali non devono essere preferite a me, ma devono soltanto essere usate affinché l'uomo capisca che meno stabilità trova nelle cose temporali più deve essere saldo nel servirmi. Brigida fa parte di quel novero di sante medievali che furono assai attive nella Chiesa, pur operando in un tempo poco propizio al sesso femminile. È esemplare in questo senso quanto scrisse al riguardo san Tommaso, che tanto influsso ebbe sulla concezione dei rapporti tra i sessi e il ruolo della donna. Egli riteneva che la donna fosse «ausiliaria all'opera dell'uomo nella procreazione», e che «in ogni altra opera» egli trovasse «un migliore aiuto in un altro uomo che nella donna». Tra queste donne coraggiose che seppero farsi valere in un mondo di uomini sono da ricordare, oltre a Brigida di Svezia, Ildegarda di Bingen (1098-1179), Caterina da Siena (1347-1380), Giovanna d'Arco (1412-1431) e la beata Coletta di Corbie (13811447), che fu riformatrice di conventi maschili e femminili. Per capire santa Brigida, la sua vita e la sua opera è necessario far riferimento all'atmosfera sociale, religiosa e culturale del XIV secolo. Per diritti di nascita e in seguito anche per la sua fama di santità, Brigida frequentò sempre le più alte sfere del mondo politico ed ecclesiastico del tempo. Inoltre i suoi grandi pellegrinaggi la portarono a percorrere gran parte dell'Europa e a prendere atto con chiarezza delle ostilità e delle discordie che dividevano i popoli. Soprattutto avvertiva la crisi del papato che si era allontanato da Roma. Dinamica, portata all'azione, tesa a fare del bene a tutti, Brigida aveva un forte istinto sociale. Quando fu libera da impegni familiari, decise di prendere dimora a Roma, per operare a favore del ritorno del papa e del rinnovamento della Chiesa. Questa donna del Nord, della più lontana periferia del mondo cristiano di allora, seppe farsi carico della responsabilità della Chiesa di Roma, centro della cristianità, che era rimasta priva del suo pastore. Al ritorno del pontefice a Roma e al rinnovamento della Chiesa Brigida legava in maniera indissolubile il grande discorso della pace di tutta la cristianità, e per questa operò incessantemente finché ebbe vita. In questo senso la sua missione è di portata veramente europea. La Chiesa che deve essere rinnovata ha il suo simbolo proprio in lei, chiamata alla santità di vita. La stessa fondazione di un ordine formato da uomini e donne simboleggia una nuova vigna che deve essere piantata in un momento in cui la vita religiosa è assai decaduta anche fra i religiosi. Ma Brigida non si limita a sollecitare il rinnovamento della vita sacerdotale e monastica: tutti devono cooperare a questo compito, tutti i cristiani devono essere «amici di Dio» e disposti a lavorare per il rinnovamento della Chiesa: oggi parleremmo di apostolato dei laici. Per loro questa esortazione: Voi amici miei, che siete nel mondo, andate sicuri a proclamate la mia volontà e gridate affinché tutti aderiscano. Io sarò nel vostro cuore e sulla vostra bocca. Non vi abbandonerò, andate con coraggio perché con la fatica si accresce la gloria. Potrei fare infatti tutto d'un tratto e con una sola parola, ma voglio che dalla lotta cresca la vostra ricompensa, e per il vostro coraggio la gloria mia. Con grande senso pratico femminile Brigida portò avanti un programma che risulta quanto mai moderno. In una relazione tenuta nell'ottobre 1991 a Roma in occasione delle celebrazioni per il sesto centenario della canonizzazione di santa Brigida, il cardinale Joseph Ratzinger, prefetto della Congregazione per la dottrina della fede, così si espresse a proposito della cattolicità e dell'ecumenismo di Brigida: Possiamo definirla una santa particolarmente «cattolica» nella misura in cui intendiamo per cattolico l'apertura alla totalità, all'ampiezza e alla profondità della fede, che non opera delle selezioni e non si perde in devozioni particolaristiche, ma si nutre dell'essenziale, di ciò che è grande, di ciò che è comune a tutta la Chiesa. In questo caso quindi «cattolico» ed «ecumenico» coincidono. Santa Brigida può oggi essere una santa «ecumenica», perché era così completamente «cattolica», perché essa incarna allo stesso tempo la pienezza e la purezza della fede`. Ma Brigida merita un posto di rilievo anche nella storia di Roma. Scrive infatti lo storico Eugenio Duprè Theseider: Brigida è la più illustre pellegrina che 1'Urbe ospitasse tra le sue mura: donna di sangue reale, energica consigliera e ammonitrice di ben quattro papi, certo una delle più grandi donne religiose che siano esistite. Molta parte della sua vita è connessa con Roma, dove ella giunse per il giubileo e restò per più di venti anni quasi ininterrottamente... Tutta la tenace e coraggiosa azione della santa per il ritorno del papa merita che nel quadro di una storia di Roma le sia fatto un posto d'onore. Quando ella morirà, le subentrerà nella stessa fatica e nello stesso merito un'altra santa, Caterina da Siena. Come sappiamo, proprio per il suo impegno europeo ed ecumenico, Brigida è stata proclamata nel 1999 compatrona d'Europa insieme a Caterina da Siena e a Edith Stein. Nella Lettera Apostolica Spes aedificandi del 1° ottobre 1999 il papa ne sottolinea l'importanza proprio in questa chiave: «Essendo le terre scandinave, patria di Brigida, distaccate dalla piena comunione con la sede di Roma nel corso delle tristi vicende del secolo XVI, la figura della santa svedese resta un prezioso "legame" ecumenico, rafforzato anche dall'impegno in tal senso svolto dal suo Ordine». In effetti l'ordine del Santissimo Salvatore, che ha sempre portato avanti i valori caratteristici della fondatrice - carità, ospitalità, attenzione ai poveri -, nato a Vadstena, si diffuse in tutta Europa. In precedenza, nella Lettera apostolica scritta in occasione del VI centenario della canonizzazione (8 settembre 1991) il pontefice così si era espresso: «Esempio da imitare, soprattutto nell'opera di nuova evangelizzazione in Europa. Una santa dalle dimensioni europee, segno profetico di riconciliazione e di speranza per il continente europeo e per l'intera umanità». Nella sopraccitata Lettera apostolica del 1° ottobre 1999, il papa scrive ancora: «Indicandola come compatrona d'Europa intendo far sì che la sentano vicina non soltanto coloro che hanno ricevuto la vocazione ad una vita di speciale consacrazione, ma anche coloro che sono chiamati alle ordinarie occupazioni della vita laicale nel mondo e soprattutto all'alta ed impegnativa vocazione di formare una famiglia cristiana». Brigida di Svezia, gratificata fin dall'infanzia da visioni e profezie, moglie e madre esemplare prima di dedicarsi alla sua missione ecumenica, è simbolo di unione e di speranza per la nascente nazione europea e per un futuro di pace per tutti i popoli. www.prophecyfilm.com