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Modelli Turbolenza - Università degli Studi di Firenze

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Modelli Turbolenza - Università degli Studi di Firenze
Dipartimento di Ingegneria Industriale DIEF
Lucidi del corso di
Fluidodinamica delle Macchine
Capitolo II-3: Modellazione della turbolenza
Corso di Fluidodinamica delle Macchine – A.A. 2012‐2013
Dipartimento di Ingegneria Industriale DIEF
Testi Consigliati
• S. Pope, 2000, Turbulent flows, Cambridge Univesrity Press
• D.D. Knight, 1997, Numerical Simulation of Compressible
Turbulent Flows Using Reynolds‐Averaged Navier‐Stokes
Equations, AGARD FDP Special Course on “Turbulence in Compressible Flows”
• D.C. Wilcox, 1998, Turbulence modeling for CFD, Dcw
Industries, Incorporated
• C. Wagner, T. Huttl, P. Sagaut, 2007, Large Eddy Simulation
for Aeroacoustics, Cambridge University Press
Corso di Fluidodinamica delle Macchine – A.A. 2012‐2013
Pagina 2
Dipartimento di Ingegneria Industriale DIEF
Sommario
•
•
•
•
•
Turbolenza – qualche accenno
Il tensore degli sforzi.
Risoluzione o Modellazione?
Lo strato limite Turbolento
Reynolds Averaged Navier‐Stokes (RANS)
– Modelli Eddy‐viscosity
– Modelli Reynolds‐stress
•
•
•
Direct Numerical Simulation (DNS)
Large Eddy Simulation (LES)
Modelli ibridi LES‐RANS (DES)
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Pagina 3
Dipartimento di Ingegneria Industriale DIEF
Esperimento di Reynolds ‐ Laminare
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Esperimento di Reynolds ‐ Transizionale
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Esperimento di Reynolds ‐ Turbolento
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Esperimento di Reynolds
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Pagina 7
Dipartimento di Ingegneria Industriale DIEF
La turbolenza:
La turbolenza può essere definita come la somma di una componente media e una fluttuante.
U ≅ u + u'
Le strutture sono visibili attraverso
strumenti sperimentali, quali
videocamere che se solidali con il flusso
medio evidenziano la formazione di
vortici.
La turbolenza è un fenomeno
prevalentemente causale, non risolvibile
con metodi deterministici.
La turbolenza è necessariamente 3D
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Turbolenza (1)
I am an old man now, and when I die and go to heaven there are two
matters on which I hope for enlightenment. One is quantum electrodynamics, and the other is the turbulent motion of fluids.
And about the former I am rather optimistic. (Sir Horace Lamb,1932)
• È difficile definire la turbolenza ma è semplice riconoscerla negli esperimenti. Quali sono le sua caratteristiche? Osserviamo.
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Turbolenza (2)
Disordine : Le fluttuazioni di velocità sono casuali.
Indipendentemente da quanto si cerchino di riprodurre le stesse condizioni iniziali, non si otterrà mai lo stesso flusso nel dettaglio. Le medie invece sono ben definite e stabili. Per questo l’approccio statistico è più adeguato di un approccio deterministico. Mixing
Vorticità: distribuita in modo irregolare in 3 dimensioni.
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SS5
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Turbolenza (3)
• Decomposizione alla Reynolds: la velocità si decompone in un t 0 +T
termine medio e una fluttuazione
ui = lim
t →∞
∫ u dt
i
t0
τ ij = ui' u 'j − ui u j
• Il termine non risolto del tensore degli sforzi
viene modellato e chiamato:
– RANS: Tensore degli sforzi di Reynolds
– LES: Tensore degli sforzi di sottogriglia
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ui ' u j '
SS6
Pagina 11
Diapositiva 11
SS5
SS6
Inserire immagini per definizione valor medio statistico e rms
Simone; 09/05/2011
Pag. 198 lumley qualcosa sull'approccio statistico.
Simone; 09/05/2011
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Turbolenza (4)
•
•
•
•
•
La turbolenza si può considerare composta da vortici di varia scala (eddies)
Una regione occupata da un largo vortice può contenere vortici più piccoli
I vortici di più grande scala sono caratterizzati da una lunghezza di scala l0
che è comparabile alla lunghezza di scala del flusso L.
La loro velocità u0(l0) è dell’ordine dell’R.M.S. (deviazione standard) dell’intensità turbolenza, u’ che è dell’ordine della velocità del flusso U.
1
k è l’energia cinetica turbolenta definita come
(u − u )2
u' =
k = < ui ui > = (u ' + v' + w' )
1
2
1
2
2
2
2
N
∑
N
•
Considerando un tempo caratteristico dei vortici τ0, si ricava che la scala k 3/ 2
integrale è definita come l0 ∝
ε
•
•
ε(m2/s3) è il tasso di dissipazione energetica (energy dissipation rate). Tale scala l0 è definita scala integrale della turbolenza.
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Turbolenza (5)
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Turbolenza (6)
•
“Big whorls have little whorls, which feed on their velocity, and little
whorls have lesser whorls, and so on to viscosity (in the molecular sense)”
(Richardson, 1922).
• Energy cascade
I vortici più grandi si spezzano e trasferiscono energia ai vortici più piccoli. Questi a loro volta si spezzano, e via via fino ad arrivare ad una scala tale per cui gli effetti viscosi sono dominanti (ciò dipende dal Re(l) =u(l)l/ν e l’energia cinetica viene dissipata in calore.
• Dissipazione
La dissipazione avviene alla più piccola scala ma dipende da quanta energia viene trasferita dalla scala integrale. Quindi, se u02 è l’energia e τ0 la scala temporale, allora il tasso di dissipazione ε è proporzionale a
u02/τ0= u03 /l0 KOLMOGOROV ha teorizzato questo comportamento
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Kolmogorov hypothesis (7)
•
•
•
Some unanswered questions:
‐ quali sono i tipi di vortici che sono responsabili della dissipazione turbolenta?
‐ Sia l la lunghezza di scala turbolenta, al diminuire di l cosa accade alle scale di velocità e temporali? Cambiano anch’esse o rimangono inalterate? L’ipotesi di Kolmogorov (1941) : Per alti valori di Re le più piccole scale turbolente sono da ritenersi isotrope, e sono universalmente determinate da valori unici di ε, e ν
Energy cascade:
I vortici più grandi si spezzano e trasferiscono energia ai vortici più piccoli. Questi a loro volta si spezzano, e via via fino ad arrivare ad una scala tale per cui gli effetti viscosi sono dominanti (ciò dipende dal Re(l) =u(l)l/ν e l’energia cinetica viene dissipata in calore.
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Kolmogorov hypothesis(8)
• La turbolenza si definisce omogenea se k è la stessa dappertutto. Si definisce isotropa se u’=v’=w’. • Dalle ipotesi di Kolmogorov, si possono suddividere le scale di vortici secondo lo schema seguente.
Universal (statistic sense)
equilibrium range (isotropic)
Dissipation range
Energy
containing
range
Inertial subrange
η
lDI
Kolmogorov ≈60η
length scale
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12
k⎞
⎛
λ ≈ ⎜10ν ⎟
ε⎠
⎝
Taylor
microscale
lEI
≈l0/6
L
l0
Integral
length scale
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Turbolenza (9)
• Scale di Kolmogorov
length scale : η = (ν 3 / ε )1/ 4
velocity scale : uη = (εν )1/ 4
time scale : τ η = (ν / ε )1/ 2
(uη / η ) = 1/ τ η
Reη = ηuη / ν = 1
• Alle scale più piccole tutti i flussi turbolenti ad alti Re sono statisticamente simili. I rapporti tra le scale più grandi e quelle più piccole sono costanti:
η l0 ≈ Re −3 4
uη u0 ≈ Re −1 4
τ η τ 0 ≈ Re −1 2
• Questa scale sono indicative dei più piccoli vortici presenti nel flusso, alla cui scala avviene la dissipazione viscosa.
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Lo spettro della turbolenza (10)
• Per determinare come k è distribuita tra gli eddies di diversa scala si utilizza lo spettro E(κ) con κ = 2π/l (numero d’onda)
• k è l’integrale di E(κ) su tutti i numeri d’onda ∞
log E(κ)
k = ∫ E (κ )dκ
0
• Nella zona dell’inertial
subrange lo spettro
ha un andamento proporzionale a κ‐5/3.
E (κ ) = Cε κ
2/3
−5 / 3
f L fη
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Inertial
subrange
Energy
containing
range
log κ
Dissipation
range
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Turbolenza (11)
• La turbolenza si definisce omogenea se k è la stessa dappertutto. Si definisce isotropa se u’=v’=w’. • Dalle ipotesi di Kolmogorov, si possono suddividere le scale di vortici secondo lo schema seguente.
Universal (statistic sense)
equilibrium range (isotropic)
Dissipation range
Energy
containing
range
Inertial subrange
η
lDI
Kolmogorov ≈60η
length scale
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12
k⎞
⎛
λ ≈ ⎜10ν ⎟
ε⎠
⎝
Taylor
microscale
lEI
≈l0/
6
l0
L
Integral
length scale
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Turbolenza (9)
• Per determinare come k è distribuita tra gli eddies di diversa scala si utilizza lo spettro E(κ) con κ = 2π/l (numero d’onda)
• k è l’integrale di E(κ) su tutti i numeri d’onda ∞
log E(κ)
k = ∫ E (κ )dκ
0
• Nella zona dell’inertial
subrange lo spettro
ha un andamento proporzionale a κ‐5/3.
E (κ ) = Cε κ
2/3
−5 / 3
f L fη
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Inertial
subrange
Energy
containing
range
log κ
Dissipation
range
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•Flussi Viscosi:Transizione- Tre Tipi
•
•“Natural transition”,
transition ovvero di Tollmien-Schlichting(79)
•Amplificazione di piccole perturbazioni mattarverso
vari stadi di instabilità fino al “Fully Turbulent”
•“Bypass Transition”,
Transition ovvero di Morkovin(69)
•Causata da larghi disturbi nel flusso esterno allo
strato limite- Tipico delle turbomacchine
•“Separated-flow”
•Causata da bolle di separazione nello S.L. laminare
•Fluidodinamica delle Macchine
21
•Flussi Viscosi:Transizione
•04.03.2005
•Fluidodinamica delle
22
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Transizione (1)
3 tipologie
1) Naturale (Tu<0.5%)
→2D TS waves
→3D (vortici)
→Turbulent spots
→A valle si uniscono
→Turb. BL
2) Bypass (Più importante per turbomacchine)
→Si creano spot turbolenti direttamente.
→Si propagano allargandosi
→Trasportati a valle si uniscono
→turb. BL
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Transizione (2)
3) Separation‐induced
(modo laminare)
→Instabilità di Kelvin‐Helmoltz dopo il punto di separazione
→ Si “arrotolano” in vortici che interagiscono con la parete
→ Favoriscono il riattacco
Es. di instabilità di K‐H
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Flussi Turbolenti : Approccio alla Reynolds
•04.03.2013
•Fluidodinamica delle Macchine
25
Flussi Turbolenti : Approccio alla Reynolds
•04.03.2013
•Fluidodinamica delle Macchine
26
Flussi Turbolenti : Approccio alla Favre x
Flussi Comprimibili
• Si definisce un nuovo tipo di valor Medio:
T
1
ρ ⋅ u j = ∫ ρ ( xi , t ) ⋅ u j ( xi , t )dt quindi la media alla Favre o
T 0
“mass Averaged “ risulta :
T
1
= ∫ ρ ( xi , t ) ⋅ u j ( xi , t )dt
T 0
T
∫ ρ ( x , t ) ⋅ u ( x , t )dt
i
ρ ⋅u j = ρ ⋅u j ⇒ u =
j
i
0
T
∫ ρ ( x , t )dt
i
0
•04.03.2013
•Fluidodinamica delle Macchine
27
Flussi Turbolenti : Approccio alla Favre x
Flussi Comprimibili
• Le equazioni di N-S sono allora scritte nella
u
Ed il nuovo tensore degli sforzi diviene :
T
1
= ∫ ρ ( xi , t ) ⋅ u j ( xi , t )dt
T 0
T
∫ ρ ( x , t ) ⋅ u ( x , t )dt
i
ρ ⋅u j = ρ ⋅u j ⇒ u j =
j
i
0
T
∫ ρ ( x , t )dt
i
0
•04.03.2013
•Fluidodinamica delle Macchine
28
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Risolvere o Modellare? •
Cosa vogliamo studiare?
– Fisica del problema
– Caratteristiche globali (lift, drag, combustione)
– Caratteristiche globali influenzate da piccole scale…(separazione).
•
Quanto tempo e risorse siamo disposti a impiegare?
– Molte disponibilità di tempo e risorse (ricerca di base, ricerca applicata)
– Risultati pratici in tempi veloci (R&D, applicazioni industriali)
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•Flussi Turbolenti : Approccio alla Reynolds
•Risolvere o Modellare?
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Pagina 30
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•Flussi Turbolenti : Approccio alla Reynolds
•Risolvere o Modellare?
•Altri Approcci No Medie temporali
= ρ ⋅ ui ⋅ uk
•Modelli con Medie Spaziali: L.E.S.
•Nessun Modello : Simulazione diretta
D.N.S. (direct Numerical Simulation)
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Strato limite turbolento (1)
• Strato limite turbolento: influenzato dagli sforzi viscosi a parete
– Grandezze adimensionali: wall unit (y+), wall friction velocity (u*)
τw
u =
ρ
*
+
y =
u* y
ν
u+ =
U
u*
– Profilo universale SL turbolento
• Sottostrato viscoso
y+ < 5 u+ ∝ y+
• Sottostrato inerziale (influenzato dai Reynolds stresses)
1
y + > 30 u + = ln y + + b
k
• Strato esterno (core region)
Non influenzato da effetti viscosi a parete
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Pagina 32
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Strato limite turbolento (1)
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Pagina 33
Dipartimento di Ingegneria Industriale DIEF
Strato limite turbolento (2)
• OSSERVAZIONE:
– Quello che andremo ad analizzare sarà il caso di Equilibrio temporale o locale:
Gli strati limiti sono completamente sviluppati ed a elevati numeri di Reynolds.
Condizione verificata nel momento in cui si ha equilibrio tra la produzione e la dissipazione delle dell’energia cinetica turbolenta. Tale condizione determina il legame tra la scala longitudinale (convezione) e quella trasversale (diffusione)
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Strato limite turbolento (3)
• Le scale temporali tipiche – Scala di Tempo della Convezione:
U e ( x) ⋅ L /ν
Nell’ipotesi di grande numero di Reynolds la corrente esterna presenta una natura CONVETTIVA e la velocità Ue non varia lungo x:
TC ≅ L / U e
– Scala di Tempo della diffusione turbolenta:
Strato limite per definizione è la sede di fenomeni di diffusione: Le fluttuazioni aumentano il trasporto della quantità di moto in senso trasversale. L’effetto più importante è proprio quello dello spessore δ
L δ2
∝
Tt ∝ δ /ν t ⇒
Ue ν t
2
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Strato limite turbolento (4)
• Le scale temporali tipiche – Scala di Tempo della diffusione molecolare:
Caratteristica dello strato più vicino a parete dove gli effetti viscosi sono predominanti e si annullano gli effetti di diffusione turbolenta :
Tν ∝ lν2 /ν
– Alcune considerazioni sulle scale temporali :
Si sono individuate due diversi comportamenti: in prossimità della parete e lontano da parete dove gli sforzi di taglio sono rispettivamente dipendenti da dalle uniche forze viscose:
τν = ρν
∂u
∂y
e dallo sforzo dovuto alla turbolenza:
τ t = − ρ u ' v' = ρν t
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∂u
∂y
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Strato limite turbolento (5)
• Le scale di velocità tipiche – Scala di Velocità di diffusione lontana da parete:
Considerando la definizione di Energia Cinetica Turbolenta: K=
Essa può essere definita :
(
1
u ' u ' + v' v' + w' w'
2
)
ut = K
– Scala di velocità di diffusione a parete :
In prossimità della parete la diffusione è affidata unicamente agli sforzi viscosi tangenziali molecolari: ⎛ ∂u ⎞
τ w = ρν ⎜⎜ ⎟⎟
⎝ ∂y ⎠ y =0
e dall’analisi dimensionale si definisce la velocità di attrito : u* = τ w / ρ
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Strato limite turbolento (6)
• Parametri adimensionali:
– E’ ora possibile definire 2 diverse parametri adimensionali basati
rispettivamente su δ e lv: y
Una grandezza esterna:
η=
δ
y yu*
+
y
=
=
E una interna o unità di parete::
lν
ν
– Oss: si definisce quindi un Re
Basato sullo spessore δ e sulla velocità u* . Ossia: yu*
δu
= ν = *
y
η
ν
y
+
δ
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Strato limite turbolento (7)
• Strato limite turbolento: influenzato dagli sforzi viscosi a parete
– Grandezze adimensionali: wall unit (y+), wall friction velocity (u*)
τw
u =
ρ
*
+
y =
u* y
ν
u+ =
U
u*
– Profilo universale SL turbolento
• Sottostrato viscoso
y+ < 5 u+ ∝ y+
• Sottostrato inerziale (influenzato dai Reynolds stresses)
1
y + > 30 u + = ln y + + b
k
• Strato esterno (core region)
Non influenzato da effetti viscosi a parete
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Pagina 39
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La turbolenza:
Per definizione di media se consideriamo un intervallo sufficientemente lungo, le componenti fluttuanti si annullano 1
u=
t1
t 0 + t1
∫ U dt ⇒ u' = 0
t0
Analogamente v’,w’,ρ’, T’=0
Unico Effetto= aumento della viscosità turbolenta Viscosità turbolenta o apparente
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La turbolenza:
Definizione di Viscosità appartente: ADDITIONAL TURBULENT STRESS
Si consideri una superficie elementare dA che giace nel piano (yz) il flusso attraverso di essa è : dA ⋅ ρ ⋅ u ⋅ dt
Le quantità di moto trasportate:
dJ x = dA ⋅ ρ ⋅ u 2 ⋅ dt
dJ y = dA ⋅ ρ ⋅ uv ⋅ dt
dJ z = dA ⋅ ρ ⋅ uw ⋅ dt
mediando dJ x = dA ⋅ ρ ⋅ u 2 ⋅ dt
dJ x = dA ⋅ ρ ⋅ (u 2 + u '2 ) ⋅ dt
dJ y = dA ⋅ ρ ⋅ uv ⋅ dt
dJ y = dA ⋅ ρ ⋅ (u v + uv) ⋅ dt
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dJ z = dA ⋅ ρ ⋅ uw ⋅ dt
dJ z = dA ⋅ ρ ⋅ (u w + uw) ⋅ dt
Pagina 41
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La turbolenza:
Definizione di Viscosità appartente: ADDITIONAL TURBULENT STRESS
dJ x = dA ⋅ ρ ⋅ (u 2 + u '2 ) ⋅ dt
dJ y = dA ⋅ ρ ⋅ (u v + uv) ⋅ dt
dJ z = dA ⋅ ρ ⋅ (u w + uw) ⋅ dt
Tali quantità rappresentano la variazione del momento ed hanno la dimensione Forza/sup dA, ed esse sono sempre uguali e contrarie alla forza esercita su tale area.
Si definiscono quindi
ρ ⋅ (u 2 + u '2 )
Normal Stress σx
ρ ⋅ (u v + uv)
Sforzo di taglio τxy
ρ ⋅ (u w + uw)
Sforzo di taglio τxz
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Pagina 42
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La turbolenza:
ADDITIONAL TURBULENT STRESS INTO N‐S Equation Corso di Fluidodinamica delle Macchine – A.A. 2012‐2013
Pagina 43
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Dissipation function:
2
2
2⎤
2
2
2
⎡
⎛
⎞
⎛
⎞
⎛
⎞
∂
∂
u
v
w
u
v
u
w
u
w
'
'
'
'
'
'
'
'
'
∂
∂
∂
∂
∂
∂
∂
⎛
⎞
⎛
⎞
⎞
⎛
⎟⎟ ⎥
⎟⎟ + ⎜
+
ε = ν ⎢2⎜ ⎟ + 2⎜⎜ ⎟⎟ + 2⎜
+
+
⎟ + ⎜⎜
⎟ + ⎜⎜
∂y ⎠
⎢ ⎝ ∂x ⎠
⎝ ∂z ⎠ ⎝ ∂y ∂x ⎠ ⎝ ∂z ∂x ⎠ ⎝ ∂z ∂y ⎠ ⎥
⎝
⎣
⎦
Nel caso di turbolenza isotropa:
⎛ ∂u ' ⎞
ε = 15ν ⎜ ⎟
⎝ ∂x ⎠
2
Energy degree:
1 2
(u ' + v'2 + w'2 ) / U ∞
3
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Pagina 44
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I modelli di Turbolenza
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Pagina 45
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Direct Numerical Simulation (1)
• Nella Direct Numerical Simulation si risolvono tutte le scale:
log E(κ)
Inertial
subrange
Energy
containing
range
log κ
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Dissipation
range
Pagina 46
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Direct Numerical Simulation (2)
• La DNS consiste nel risolvere le NSE risolvendo tutte le scale di moto, dando informazioni fino alla scala di Kolmogorov
• Per il caso incomprimibile:
•
•
•
•
con tensore degli sforzi
Necessita di un dominio 3D
Sono necessarie appropriate condizioni iniziali e al contorno
È richiesto un metodo numerico adeguato
Δx e Δt devono essere sufficientemente piccoli
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Direct Numerical Simulation (3)
• Consideriamo il caso di turbolenza isotropa: METODO PSEUDO SPETTRALE: ‐ Il dominio: Cubo di lato ℓ ‐> Esso deve essere t.c. ℓ=8 l0
‐ In tale dominio le velocità sono rappresentate come una serie di furier finita nello spazio delle fasi:
N
u ( x, t ) = ∑ e ik ⋅ x uˆ (k , t )
k
‐ N3 = è il numero di numeri d’onda rappresentati.
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Pagina 48
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Direct Numerical Simulation (4)
• Il numero di punti richiesti è
N 3 ≈ nx × n y × nz
• Il costo computazionale è quindi
3
3
⎛ Lcomp ⎞ ⎛ L0 ⎞
3
⎟⎟ ≈ ⎜⎜ ⎟⎟ ≈ Re 9 4
N ≈ ⎜⎜
⎝ Δx ⎠ ⎝ η ⎠
• Il tempo di calcolo è:
M=
• La complessità risulta: M × N ≈ Re × Re
3
34
94
≈ Re
3
η / l0 ~ Re L −3/ 4
uη / u0 ~ Re L
−1/ 4
T 4τ 0
≈
≈ Re 3 4
Δt τ η
∂ρ ∂(ρui )
+
=0
∂t
∂xi
∂(ρui ) ∂(ρui u j )
∂p ∂τij
+
=−
+
+ ρg i i = 1,...3
∂t
∂x j
∂xi ∂x j
∂K
∂(ρE) ∂(ρEui + pui )
∂
+
=
τij ui + i + ρgi ui + Q& R
∂t
∂xi
∂x j
∂xi
[ ]
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Pagina 49
Dipartimento di Ingegneria Industriale DIEF
Direct Numerical Simulation (5)
Computational Cost in DNS: Corso di Fluidodinamica delle Macchine – A.A. 2012‐2013
Pagina 50
Dipartimento di Ingegneria Industriale DIEF
Direct Numerical Simulation (6)
•
•
•
•
Per flussi a parete la complessità aumenta.
3
Il numero di punti richiesti è
N = N i ≈ Re 27 10
La complessità è quindi:
n × N ≈ Re 3 4 × Re 27 10 ≈ Re 3.45
La DNS è quindi utilizzabile solo con alte disponibilità
computazionali e geometrie
relativamente semplici.
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Pagina 51
Dipartimento di Ingegneria Industriale DIEF
Direct Numerical Simulation (7)
• Un esempio di calcolo DNS è il canale turbolento completamente sviluppato.
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Pagina 52
Dipartimento di Ingegneria Industriale DIEF
Reynolds Averaged Navier Stokes (1)
•
Con riferimento all’operazione di media attraverso la il quale si è
ottenuto la definizione del tensore degli sforzi. Ricordiamo che abbiamo •
Per l’equazione di continuità:
•
Per la linearità dell’operatore media
•
Poiché la media delle fluttuazioni si azzera:
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Pagina 53
Dipartimento di Ingegneria Industriale DIEF
Reynolds Averaged Navier Stokes (2)
•
Con riferimento all’operazione di media attraverso la il quale si è
ottenuto la definizione del tensore degli sforzi. Ricordiamo che abbiamo •
•
Per l’equazione della quantità di moto (consideriamo la x):
In virtù della equazione di continuità:
•
Ricordando le proprietà dell’operatore:
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Pagina 54
Dipartimento di Ingegneria Industriale DIEF
Reynolds Averaged Navier Stokes (3)
•
In fine si ottiene l’equazione mediata di Reynolds:
•
PROBLEMA DELLA CHIUSURA
I vari tipi di modelli per il Reynolds stress sono di due tipologie:
–
Modelli basati sull’ipotesi di Boussinesq: Modelli Eddy Viscosity Lineari
•
•
–
Modelli Eddy viscosity non lineari
•
–
Algebrici
1‐2‐3 equazione
V2‐f
Modelli Reynolds Stress (RSM): utilizzano un’equazione per il trasporto
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Pagina 55
Dipartimento di Ingegneria Industriale DIEF
RANS : L’ipotesi di Boussinesq(1)
Molti modelli per il termine degli sforzi di sottogriglia si basano sull’ipotesi di Boussinesq e sono modelli Eddy Viscosity.
• Secondo l’ipotesi di Boussinesq la dissipazione dovuta alla turbolenza è
direttamente dipendente dal campo medio.
• Il termine di dissipazione turbolenta si comporta quindi come la
dissipazione dovuta alla viscosità molecolare.
1 ⎛⎜ ∂ui ∂u j ⎞⎟
2
con S
=
+
ij
ui ' u j ' = −2ν T Sij + kδ ij
⎜ ∂x
2
∂xi ⎟⎠
j
.
⎝
3
• La viscosità globale è quindi data dalla viscosità turbolenta più la viscosità
molecolare.
∂ui
∂u
1 ∂p
∂
+uj i = −
+
ρ ∂xi ∂x j
∂t
∂x j
•
⎛
⎜ [ν +ν T ] ∂ui
⎜
∂x j
⎝
⎞
⎟
⎟
⎠
Questi modelli sono abbastanza accurati per flussi relativamente semplice e facili da implementare.
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Pagina 56
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Modelli algebrici: la mixing lenght(1)
•
•
•
Secondo l’ipotesi eddy viscosity, il problema della chiusura si riduce alla modellazione della viscosità turbolenta νT.
Modello lunghezza di miscelamento: Prandtl (1925)
Un punto con QdM per unità di volume a t=0, x1, che si sposta porta un deficit di QdM pari a:
ΔM = ρ [u1 ( x2 ) − u1 (0)] + ρ [u '1 ( x2 , t ) − u '1 (0,0)]
∂u1
∂x2
Esiste una lunghezza lm oltre la quale l’effetto del deficit di QdM è irrilevante (lunghezza di miscelamento). Da una stima dello shear stress τ12 si ottiene: ν T ∝ u '2 ⋅lm
Prandtl ipotizza che un elementino che si sposta di lm da una posizione a cui compete una u‐media causa una perturbazione pari a ∂u
u ' = lm 1
Quindi:
∂x2
2 2 ∂u1
2 ∂u
lm = ky ⇒ ν T = k y
ν T = lm
∂x2
∂x
≅ ρx2
•
•
•
•
2
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Modelli algebrici: la mixing lenght(2)
•
•
•
•
•
•
I limiti dei modello di Prandlt:
Non è applicabile a correnti di ricircolazione Non tiene della convezione e diffusione della turbolenza
Non è in grado di trattare i problemi di convezione termica
Sottostima della viscosità cinematica rispetto agli exp in problemi alla couette (domini simili ai casi in cui si hanno soluzioni esatte ma in regime turbolento).
La teoria cade quando si hanno forti fluttuazioni locali ma con gradieti della velocità media molto deboli. Corso di Fluidodinamica delle Macchine – A.A. 2012‐2013
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I modelli algebrici: Summary
•
•
•
•
Un’assunzione dei modelli algebrici è che il tensore degli sforzi di Reynolds sia direttamente associato alle variabili medie locali.
In realtà la turbolenza non risponde istantaneamente al flusso medio ma si aggiusta in un tempo collegato alla struttura turbolenta.
I modelli ad 1 equazione mirano a incorporare questo effetto utilizzando una singola equazione alle derivate parziali definisce la viscosità
turbolenta.
Un altro modello algebrico consiste –
Spalart‐Allmaras: scrive un’equazione per il trasporto della viscosità
turbolenta
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Dipartimento di Ingegneria Industriale DIEF
Il modello ad 1 equazione differenziale (1):
•
•
La viscosità è generalmente correlata ad una equazione di bilancio ad una equazione di bilancio per l’energia cinetica turbolenta.
Facendo cadere la teoria di Prandtl, si definisce l’energia cinetiva turbolenta:
quindi la velocità di agitazione
quindi la viscosità turbolenta cinemativa:
•
Ancora esiste il concetto che di viscosità ma essa è legata alla energia cinetica turbolenta K e non più al gradiente di velocità media Corso di Fluidodinamica delle Macchine – A.A. 2012‐2013
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Il modello ad 1 equazione differenziale (2):
•
L’energia cinetica turbolenta può essere calcolata in maniera del tutto generale, in ogni istante e in ogni punto del dominio sulla base di una equazione di trasporto che si deriva nei seguenti steps:
1‐ Moltiplicare l’ì‐esima componente dell’equazione di bilancio per la quantità di moto relativa alla velocità istantanea ui+u’i per la componente i‐esima u’i della velocità fluttuante.
2‐ Sommare le equazioni ottenute 3‐ Mediare nel tempo l’equazione risultate.
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Dipartimento di Ingegneria Industriale DIEF
Il modello ad 1 equazione differenziale (3):
Modellando i termini che contengono le fluttuazioni
Produzione
Diffusione e fluttuazione della pressione
Dissipazione
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Il modello ad 1 equazione differenziale (4):
Si ottiene infine:
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Modelli a due equazioni differenziali
•
•
•
Le limitazioni che hanno mostrato i modelli algebrici e ad una equazione hanno portato a definire modelli che si distaccassero da una particolare scala.
Si può definire invece la viscosità turbolenta a partire da due equazioni
differenziali per due scalari turbolenti.
La forma generale dell’equazione di trasporto di tali equazioni è
∂ρf ∂ρfui
∂t
•
+
∂xi
= Pf − D f + Di f
I modelli più noti sono
–
–
–
k‐ε (Jones‐Launder, 1972)
k‐ω (Wilcox, 1988)
SST (Menter, 1993)
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Pagina 64
SS2
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RANS ‐ Modello k‐ε (1)
•
•
•
Questo modello utilizza l’equazione di trasporto per l’energia cinetica turbolenta k e per ε, la dissipazione turbolenta (che regola la scala della turbolenza).
k2
La viscosità turbolenta viene definita come μt = Cμ
ε
L’equazione di k:
∂k
∂k
+Ui
= Pk − Dk + divT
∂t
∂xi
1 ⎛ ∂u ∂u j ⎞⎟
S ij ≡ ⎜ i +
2 ⎜⎝ ∂x j ∂xi ⎟⎠
–
Termine di produzione: modellato come:
Pk = −ui u j Sij
–
⎜ ui p + ui u j u j − 2ν ui sij ⎟⎟
divT =
Termine di diffusione ∂x ⎜ ρ
2
∂ ⎛1
i
modellato come: divT =
–
∂
∂xi
⎝
1
Pk = ν t Sij2
⎞
⎠
⎡⎛
ν t ⎞ ∂k ⎤
⎜
⎟⎟
+
ν
⎢⎜
⎥
σ
k ⎠ ∂xi ⎦
⎣⎝
Dk = −2ν sij sij
Termine di dissipazione modellato
come: Dk = ε
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Diapositiva 65
SS2
Pure shear flow (steady, homogeneous, all av. quantities excetp u(mean)i are independent of position and Sij is constant) P=Eps
Simone; 09/05/2011
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RANS ‐ Modello k‐ε (2)
•
–
–
–
•
•
∂ε
∂ε
+Ui
= Pε − Dε + Diε
∂t
∂xi
Pε
Termine di produzione:
Pε = cε1 k
k
L’equazione di ε:
νt
∂ ⎡⎛
Diε =
Termine di diffusione ⎢⎜⎜ν +
∂xi ⎣⎝
σε
Termine di dissipazione
Dε = −cε 2
⎞ ∂ε ⎤
⎟⎟
⎥
⎠ ∂xi ⎦
ε2
k
σ k , σ ε , cε1 , cε 2 , cμ tarate per flussi high‐Reynolds.
Le costanti del modello sono 5 : È necessario un modello della parete perché cμ vada a 0.
Es: μt = fCμ k 2 ε
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⎛ − 2 .5 ⎞
⎟⎟
f = exp⎜⎜
⎝ 1 + Re 50 ⎠
Pagina 66
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RANS ‐ Modello k‐ε (3)
SUMMARY:
•
•
•
•
Buon comportamento per flussi di taglio liberi con limitati gradienti di pressione. Necessità di tuning dei parametri K e epsilon medi devono essere assegnati e non sempre tali parametri sono disponili.
È insensibile al livello di turbolenza del flusso indisturbato. Non ha un buon comportamento ‐ per forti gradienti avversi di pressione
‐ per flusso separato Corso di Fluidodinamica delle Macchine – A.A. 2012‐2013
Pagina 67
Dipartimento di Ingegneria Industriale DIEF
RANS ‐ Modello k‐ω (1)
•
•
•
•
Questo modello utilizza l’equazione di trasporto per l’energia cinetica turbolenta k e per ω, la dissipazione turbolenta specifica (ω=ε/k).
È tarato anche per flussi di taglio in flussi liberi (getti, scie…) ed è tarato anche per bassi Reynolds (parete).
k
La viscosità turbolenta viene definita come μt = α * ρ
ω
L’equazione di trasporto di k è uguale a quella del modello k‐ε tranne per il termine di dissipazione (definito in funzione di ω).
Dk = f β * β *ωk
•
∂ω
∂ω
+
U
= Pω − Dω + Diω
i
L’equazione di ω: ∂t
∂xi
∂
Diω =
∂xi
⎡⎛
ν t ⎞ ∂ω ⎤
⎟⎟
⎢⎜⎜ν +
⎥
σ
x
∂
ω
i
⎝
⎠
⎣
⎦
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Pk ω
Pω = α
k
Dω = β f β ω 2
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RANS ‐ Modello k‐ω (2)
•
•
•
•
•
•
•
•
•
K=0 a parete.
ω tende al valore Non c’è quindi bisogno di funzioni di smorzamento, dato l’elevato valore della dissipazione ω a parete.
È numericamente più stabile di k‐ε.
Ha un buon comportamento vicino a parete.
y1+<1
Questo modello ha maggior accuratezza fisica nel caso di gradienti avversi di pressione.
Per k che tende a 0 l’equazione di ω non ha più alcun legame con la turbolenza. Quindi per flussi lontani dalla parete risulta meno accurato.
È importante assegnare quindi accuratamente le condizioni di turbolenza in ingresso: l0 e Tu=u’/Uin
In base alla definizione del termie di produzione Pk, sorge il problema di una produzione non fisica di turbolenza nei punti di ristagno. (perché
dipende da Sij.). Esistono delle correzioni (Durbin)
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RANS – Modello SST (1)
•
•
•
•
•
•
Questo modello vuole sfruttare la buona accuratezza e robustezza del k‐ω vicino a parete con l’indipendenza dalle condizioni al contorno del k‐ε in zone di flusso libero. Correzione per migliorare predizione di flussi con forti gradienti avversi di pressione e con separazione.
Offre le migliori prestazioni per flussi complessi. Ha bisogno di miglioramenti per scie e per il flusso dopo il riattacco di una bolla di separazione. Per questo scopo le equazioni di k‐ε sono trasformate nella formulazione k‐ω. Le equazioni di ω vengono quindi unite ottenendo:
Le variabili che si riferiscono al k‐ω sono moltiplicate per F1, quelle che si riferiscono al k‐ε per (1‐F1)
La viscosità turbolenta è calcolata come: Corso di Fluidodinamica delle Macchine – A.A. 2012‐2013
F2
correzione per flussi separati
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Il problema della Transizione (1)
3 tipologie
1) Naturale (Tu<0.5%)
→2D TS waves
→3D (vortici)
→Turbulent spots
→A valle si uniscono
→Turb. BL
2) Bypass (Più importante per turbomacchine)
→Si creano spot turbolenti direttamente.
→Si propagano allargandosi
→Trasportati a valle si uniscono
→turb. BL
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Transizione (2)
3) Separation‐induced
(modo laminare)
→Instabilità di Kelvin‐Helmoltz dopo il punto di separazione
→ Si “arrotolano” in vortici che interagiscono con la parete
→ Favoriscono il riattacco
Es. di instabilità di K‐H
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RANS – Modelli Transizione (1)
•
•
•
•
I normali modelli di turbolenza (soprattutto quelli con uso di damping functions) non sono in grado di prevedere la transizione.
Uno dei metodi utilizzati è quello di aggiungere un’equazione per il trasporto della funzione di intermittenza γ.
Un altro metodo comune è la definizione di correlazioni sperimentali per il punto di onset della transizione (Abu‐Ghannam and Shaw).
Il modello di Menter (2002)( SST+γ‐Reθ), basato sul modello SST, utilizza due equazioni di trasporto, per γ (effetto locale) e per Reθ(effetto turbolenza e gradiente velocità esterno allo SL). È calibrato per by‐pass transition e natural transition. Utilizza anche correlazioni sperimentali.
– L’equazione per Reθ individua il punto di inizio transizione
– Da questo punto, la funzione di intermittenza attiva la produzione nell’equazione di k.
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RANS – Modello SST+γ‐Reθ(11)
•
Alcuni esempi:
Coefficiente di attrito lungo la suction side di un profilo
FUNZIONE INTERMITTENZA
Rosso: laminare
Blu: turbolento
Fully turbulent
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Transition model
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•
•
•
•
•
•
RANS – Modello kT‐kL‐ε (kT‐kl‐ω) (12)
Si basa sull’aggiunta di una equazione per il trasporto di kL.
kL rappresenta l’energia delle fluttuazioni pretransizionali che si instaurano nella transizione bypass.
Il processo di transizione è rappresentato da un trasferimento di energia da kL a kT determinato da un confronto tra le scale turbolente.
Correzione per transizione naturale
Errore di circa 20% nella predizione dell’inizio della transizione può portare ad una non corretta modellazione di separation‐induced transition
Buon comportamento in genere, maggiori difficoltà con gradienti avversi di pressione.
Ux
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kL
kT
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RANS – Modello k‐kl‐ε (12)
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Pagina 76
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RANS – Considerazioni (16)
•
Modelli Eddy Viscosity: + Consentono di portare avanti la soluzione
+ Per flussi non troppo complessi sono sufficientemente accurati
-
νt non è isotropo (a parete la turbolenza si deve annullare)
Per flussi con forte curvatura del moto medio, non tiene conto degli effetti di curvatura (non sono considerate le derivate seconde)
Modelli a due equazioni hanno difficoltà per flussi con forti gradienti avversi di pressione e con separazione a causa della mancata modellazione del trasporto del turbulent stress. Correzioni (come per SST) possono migliorare questo aspetto.
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Large Eddy Simulation
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Pagina 78
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Large Eddy Simulation (1)
• Per ridurre la complessità il metodo LES risolve il flusso fino alle scale più grandi di quella di Kolmogorov.
• RANS (Reynolds Averaged Navier‐Stokes): la soluzione viene mediata nel tempo
• LES: la soluzione viene filtrata (mediata) spazialmente
• Il termine non risolto del tensore degli sforzi ui ' u j '
viene modellato e chiamato:
– RANS: Tensore degli sforzi di Reynolds
– LES: Tensore degli sforzi di sottogriglia
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Pagina 79
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Large Eddy Simulation (2)
• Le NSE vengono mediate (filtrate) spazialmente con vari tipi di filtri.
– Top Hat
⎧1 / Δ | x |≤ Δ / 2
G ( x) = ⎨
⎩ 0 altrimenti
Sharp Fourier
Top Hat
Gaussian
⎛ 6x2 ⎞
6
exp⎜⎜ − 2 ⎟⎟
– Gaussiano G ( x) =
2
πΔ
⎝ Δ ⎠
– Sharp Fourier
⎧1 κ ≤ π / Δ
Gˆ (κ ) = ⎨
⎩0 altrimenti
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Large Eddy Simulation (3)
• Le scale più piccole della
turbolenza vengono quindi
modellate e non risolte.
Per un buon risultato il filtro deve situarsi nell’inertial
subrange.
• Il numero di nodi richiesti e quindi il costo computazionale è
minore di quello della DNS. N LES ≈ Re 0.4
Outer layer
N LES ≈ Re1.8
Boundary layer
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Large Eddy Simulation (5)
• Esistono vari modelli di Sottogriglia
1. Il più diffuso e utilizzato, per semplicità e per accuratezza è il modello di Smagorinsky.
ν SGS = (C S Δ) 2 S
2. Modello dinamico di Germano‐Lilley: si basa su quello di SMG ma il parametro Cs non è fisso ma calcolato in base ad una seconda operazione di filtraggio.
1/ 2
ν
=
C
Δ
k
3. Modelli a 1 equazione (per k): SGS
k
SGS
4. Scale‐similar e modelli misti: SMG+ sforzi residui
5. MILES: utilizza la dissipazione numerica implicita senza aggiungere un termine specifico.
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Large Eddy Simulation (6)
Esistono molte problematiche numeriche legate alla LES:
1. Lo schema numerico deve essere di ordine elevato e poco dissipativo.
2. La discretizzazione spaziale deve essere elevata: il primo nodo a parete deve avere y+≈1. Direzione z sufficientemente ampia.
3. Lo schema temporale deve avere elevato ordine. CFL ≈1.
4. Problematica delle boundary conditions: in ingresso deve essere immessa la corretta turbolenza, in uscita devono esserci condizioni di non riflessione.
5. Esistono dei metodi LES con parete non risolta:
LES+Wall stress models:
9Basati sulla legge di parete
9Thin boundary layer equations (TBLE)
Hybrid RANS‐LES
9 Zonal schemes: Definizione A‐priori di zone di demarcazione tra RANS e LES. 9 DES: dalla RANS nelle vicinanze della parete, alla LES 9 SAS (Scale Adaptive Simulation)
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Large Eddy Simulation (7)
Transizione: Corso di Fluidodinamica delle Macchine – A.A. 2012‐2013
Square Cylinder:
Pagina 84
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•
•
Metodi Ibridi RANS‐LES
Detached Eddy Simulation
Si basa su un passaggio automatico, in base alle scale del flusso, da modello RANS a modello LES.
Il modello più comune è quello basato sull’SST di Menter (Strelets, 2001).
Lk −ω =
•
k
β *ω
Quando si attiva, il modello LES si riduce a quello di SMG.
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Pagina 85
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Testi Consigliati
• S. Pope, 2000, Turbulent flows, Cambridge University Press
• D.D. Knight, 1997, Numerical Simulation of Compressible Turbulent Flows Using Reynolds‐Averaged Navier‐Stokes Equations, AGARD FDP Special Course on “Turbulence in Compressible Flows”
• D.C. Wilcox, 1998, Turbulence modeling for CFD, Dcw Industries, Incorporated
• C. Wagner, T. Huttl, P. Sagaut, 2007, Large Eddy Simulation for Aeroacoustics, Cambridge University Press
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Se poi c’è tempo
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Pagina 87
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RANS – Modello v2‐f (13)
•
•
•
•
•
•
È un modello basato sull’ipotesi dell’Eddy Viscosity ma NON lineare.
È simile al k‐ε ma incorpora gli effetti del gradiente avverso, anisotropia ed è un modello low‐Reynolds: non ha quindi bisogno di damping a parete.
Dà buoni risultati anche per flussi separati.
Per calcolare νt utilizza la velocità v’2 (fluttuazioni della velocità normali alle linee di flusso) anziché k.
Nel modello di Durbin è definita come:
con che viene risolta con le normali equazioni di k ed ε.
Viene inoltre scritta un’altra equazione per v’2.
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RANS – RSM (14)
•
•
È un modello di alto livello, chiamato chiusura del secondo ordine.
Vengono scritte le equazioni di trasporto per il termine Reynolds stress (ciascuna componente)
∂τ ij
∂t
•
•
•
•
•
•
+ uk
∂τ ij
∂xk
= −τ ik
∂u j
∂xk
− τ jk
∂ui
+Π ij −ε ij + Dij +ν∇ 2τ ij
∂xk
Se i=j si riduce all’equazione di k.
Pij è noto (meccanismo con cui estrae energia dal campo medio)
Πij dipende dalle fluttuazioni di pressione e di velocità.
ε ij si modella con l’ipotesi di isotropia: ε ij =δijε, quindi si utilizza l’equazione di ε. Il laplaciano di τij è noto.
Dij: si usano modelli Corso di Fluidodinamica delle Macchine – A.A. 2012‐2013
Pagina 89
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RANS – Modello v2‐f (13)
•
•
•
•
•
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È un modello basato sull’ipotesi dell’Eddy Viscosity ma NON lineare.
È simile al k‐ε ma incorpora gli effetti del gradiente avverso, anisotropia ed è un modello low‐Reynolds: non ha quindi bisogno di damping a parete.
Dà buoni risultati anche per flussi separati.
Per calcolare νt utilizza la velocità v’2 (fluttuazioni della velocità normali alle linee di flusso) anziché k.
Nel modello di Durbin è definita come:
con che viene risolta con le normali equazioni di k ed ε.
Viene inoltre scritta un’altra equazione per v’2.
Corso di Fluidodinamica delle Macchine – A.A. 2012‐2013
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Dipartimento di Ingegneria Industriale DIEF
RANS – RSM (14)
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È un modello di alto livello, chiamato chiusura del secondo ordine.
Vengono scritte le equazioni di trasporto per il termine Reynolds stress (ciascuna componente)
∂τ ij
∂t
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+ uk
∂τ ij
∂xk
= −τ ik
∂u j
∂xk
− τ jk
∂ui
+Π ij −ε ij + Dij +ν∇ 2τ ij
∂xk
Se i=j si riduce all’equazione di k.
Pij è noto (meccanismo con cui estrae energia dal campo medio)
Πij dipende dalle fluttuazioni di pressione e di velocità.
ε ij si modella con l’ipotesi di isotropia: ε ij =δijε, quindi si utilizza l’equazione di ε. Il laplaciano di τij è noto.
Dij: si usano modelli Corso di Fluidodinamica delle Macchine – A.A. 2012‐2013
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Dipartimento di Ingegneria Industriale DIEF
RANS – RSM (15)
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Il modello eddy viscosity è eliminato.
Essendo costituito da relazioni di ordine superiore è molto più accurato rispetto agli altri modelli.
Ha più significato fisico. (effetti 3D, curvatura, anisotropia, gradiente avverso)
Bisogna però risolvere 6 equazioni differenziali, per cui è
molto costoso computazionalmente.
Sono tarati per High Reynolds, devono essere quindi utilizzate delle wall functions a parete.
Corso di Fluidodinamica delle Macchine – A.A. 2012‐2013
Pagina 92
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