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©2009 Neuroscienze.net
Journal of Neuroscience, Psychology and Cognitive Science
On-line date: 2009-04-13
Attaccamento ed Esiti Psicopatologici nell'Infanzia e nell'Età Adulta
di Emanuela Laquidara
Attaccamento e psicopatologia nell'infanzia
Un numero consistente di ricerche ha indagato la continuità dei modelli di attaccamento nell'infanzia e i
comportamenti adattativi o disadattativi associati ad essi. Negli ultimi anni gli studi effettuati hanno
indagato l'adattamento e il funzionamento psicosociale durante lo sviluppo in relazione all'attaccamento e
hanno evidenziato che l'attaccamento sicuro ad un anno di età è correlato ad un'affettività positiva e alla
capacità di persistere nelle situazioni di problem solving, a due e tre anni ad una maggiore fiducia in sé
stessi e un miglior adattamento nella scuola materna, a quattro e cinque anni ad una minore dipendenza,
maggiore competenza e abilità nella risoluzione dei conflitti (Kochanska, 2001). Le strategie
comportamentali ed emozionali associate ai modelli di attaccamento insicuro costituiscono invece un
contesto di minor adattamento per lo sviluppo infantile sebbene vi siano scarse correlazioni tra
attaccamento insicuro ed esiti psicopatologici in età prescolare e scolare, eccezion fatta per i campioni ad
alto rischio psicosociale. In tali studi la condizione di rischio psicosociale, quale l'estrema povertà, il
genitore singolo, il contesto familiare disgregato, fattori come la depressione materna, contribuiscono sia a
creare fattori predisponenti per lo sviluppo di un attaccamento insicuro, sia a funzionare come ulteriori
fattori di rischio (Lyons-Ruth et al., 1990). Gli esiti degli studi clinici sono piuttosto eterogenei: nel
Minnesota Parent-Child Project (Egeland e Sroufe, 1981) risulta una significativa correlazione tra
attaccamento insicuro nell'infanzia e sintomi clinici in età scolare, tra cui conflitti con i pari, variabilità del
tono dell'umore, aggressività e sintomi esternalizzanti (Erickson, Sroufe e Egeland, 1985); gli studi di
Lyons-Ruth (1987, 1990) riportano dati significativi in cui la depressione materna, associata a un
attaccamento insicuro-disorganizzato, predisporrebbe a comportamenti ostili e disturbi esternalizzanti in età
scolare, mentre associata a un attaccamento insicuro-evitante sfocerebbe in sintomatologie internalizzanti;
infine la ricerche di Greenberg (1993) mostrano un'associazione tra attaccamento insicuro-evitante o
insicuro-disorganizzato e disturbi della condotta. In tutti questi studi un attaccamento sicuro
rappresenterebbe un importante fattore protettivo per lo sviluppo. Si può concludere che da un punto di
vista teorico le strategie di attaccamento insicuro predispongano a disturbi esternalizzanti (aggressività,
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comportamenti delinquenziali) e internalizzanti (ritiro sociale, ansia) ma le ricerche in merito non indicano
esiti specifici associati a particolari tipi di insicurezza. È dunque possibile ritenere che
l'attaccamento insicuro rappresenti un fattore importante ma aspecifico per l'aumento del rischio di
numerose forme di psicopatologia in campioni in cui siano presenti altri fattori di rischio.
Attaccamento e psicopatologia nell'età adulta
Si distinguono due grandi aree di ricerche empiriche volte ad indagare la relazione tra attaccamento ed esiti
psicopatologici nell'età adulta: quella degli studi longitudinali (Carlson, 1998) che hanno seguito il percorso
evolutivo dall'infanzia all'età adulta, e quella degli studi che hanno indagato lo stato della mente relativo
all'attaccamento attraverso strumenti quali l'Adult Attachment Interview (George, Kaplan e Main, 1985) o
questionari self-report. La prima area, data la complessità della ricerca, è rappresentata da pochi studi dai
quali è possibile evincere una specificità dell'attaccamento ambivalente per lo sviluppo di disturbi d'ansia
(Warren et al., 1997) e dell'attaccamento disorganizzato per sintomi dissociativi (Carlson, 1998). La
correlazione riscontrata in questi studi è supportata da un "similarità fenotipica" di questi fenomeni e la
qualità delle esperienze di accudimentoche si ipotizza siano alla base sia dell'attaccamento ambivalente che
dei disturbi d'ansia (cure incoerenti) (Cassidy, 1995), così come alla base sia dell'attaccamento
disorganizzato che dei sintomi dissociativi (esperienze di abuso) (Caviglia, 2003). Le ricerche effettuate
attraverso l'AAI o questionari self-report appaiono certamente più numerose ma anche più contrastanti,
tuttavia si può delineare un quadro teorico che vede nelle strategie minimizzanti (evitanti- distanzianti) una
predisposizione ai disturbi esternalizzantie nelle strategie amplificanti (ambivalenti- preoccupate) una
predisposizione ai disturbi internalizzanti. Le ricerche suggeriscono un'associazione significativa tra
attaccamento Preoccupato e disturbo di personalità borderline (Fonagy, Steele, Steele, Leigh, Kennedy,
Mattoon, Target e Geber, 1996) e modesta con le forme internalizzanti dei disturbi d'ansia e della
depressione. Diversamente dalle forme di attaccamento insicuro-evitante e insicuro-ambivalente,
l'attaccamento disorganizzato risulta essere associato con maggiore frequenza a forme specifiche di
psicopatologia (Liotti, 1999). Le ricerche longitudinali (Carlson, 1988) e gli studi che hanno indagato lo
stato mentale relativo all'attaccamento nell'infanzia (Fonagy et al. 1996) sembrano essere in accordo con
l'ipotesi che l'attaccamento disorganizzato nella prima infanzia possa essere un predittore significativo dello
sviluppo di sintomi dissociativi.
Studi sulla trasmissione intergenerazionale
Nell'ambito del lavoro di metaanalisi, van IJzendoorn (1995) ha analizzato un ampio numero di studi,
precisamente 18, circa la trasmissione intergenerazionale dello stile di attaccamento, alcuni in riferimento
alla diade madre-bambino, altri (solo 4) riferiti al padre. L'autore ha riscontrato buoni livelli di correlazione
tra lo stile di attaccamento Sicurodel genitore e Sicuro del bambino e lo stile Distanziantedel genitore e
quello Evitantedel bambino, mentre i dati sono meno incoraggianti per quanto riguarda l'analogia tra lo stile
Coinvoltodel genitore e quello Ambivalente del bambino che non sembrano accordarsi significativamente
tra loro. In sintesi, le ricerche citate riscontrano che una madre con uno stile di attaccamento sicuro tenderà
ad avere un bambino anch'esso sicuro, così come una madre con attaccamento evitante avrà un bambino
con il medesimo stile di attaccamento; non appare invece confermata l'associazione tra lo stile di
attaccamento Coinvolto della madre e quello Ambivalente del bambino. Gli autori interpretano le
similitudini riscontrate tra lo stile di attaccamento materno e la qualità dell'attaccamento del bambino nei
confronti della madre, come l'espressione di una continuità nelle caratteristiche qualitative dei modelli
operativi interni dell'attaccamento dell'adulto che vengono riproposte al bambino attraverso i
comportamenti di cura della madre: in particolare la sensibilità e la responsività. Tali costrutti descrivono
due aspetti fondamentali del caregiving: la sensibilità con cui la madre è in grado di leggere accuratamente
i segnali del bambino nella loro unicità, adattandosi flessibilmente a essi; la responsività, riguarda la
capacità dell'adulto di rispondere ai segnali in modo appropriato al momento, alla situazione e allo stadio
evolutivo in cui il piccolo si trova (George, Solomon, 2002). Nell'insieme, tuttavia, questi studi seguono un
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principio di trasmissione diretta della rappresentazione materna dell'attaccamento nell'infanzia che di fatto
oggi appare superato da una serie di riflessioni teoriche e di verifiche empiriche che "relativizzano" la
continuità della trasmissione intergenerazionale dell'attaccamento. Come suddetto,vi è un numero piuttosto
esiguo di ricerche che hanno indagato la trasmissione dell'attaccamento padre-bambino; inoltre, tali studi
hanno riscontrato bassi livelli di accordo tra lo stile di attaccamento paterno e quello del bambino, inferiori
a quelli evidenziati con la madre, spingendo alla conclusione che quest'ultima costituisce la figura di
attaccamento più rilevante per il piccolo, almeno nel primo anno di vita ( Howes, 2002). I 4 studi
riguardanti il padre, presenti nella meta-analisi di van IJzendoorn (1995), hanno confermato un più alto
grado di accordo tra la sicurezza del genitore e quella del bambino e minore accordo tra le altre categorie: in
altre parole, è più probabile che un padre con un attaccamento sicuro abbia un bambino anch'esso sicuro
nell'attaccamento sviluppato con lui a 18 mesi, mentre padri con attaccamento insicuro hanno minori
probabilità che il figlio stabilisca un attaccamento dello stesso tipo nei loro confronti. Questi dati da un lato,
enfatizzano il ruolo della sicurezza come una caratteristica particolarmente implicata nel processo di
trasmissione: sia per la madre, sia per il padre i livelli di accordo nella trasmissione al bambino sono
sempre più elevati per la categoria di attaccamento sicuro. C'è anche da ricordare che, in genere, tale
categoria è la più numerosa all'interno dei gruppi studiati e quindi quella che ha un peso maggiore nelle
analisi dei dati, contribuendo a rinforzare il livello di associazione tra le variabili; inoltre si avvalora l'idea
che il modello della continuità lineare tra lo stile di attaccamento del genitore e quello del bambino non è
completamente esaustivo nel descrivere e spiegare il meccanismo della trasmissione intergenerazionale che
si mostra come un processo assai più complesso e influenzato da molteplici fattori (cfr. van IJzendoorn,
Bakermans-Kranenburg, 2005). La trasmissione intergenerazionale dell'attaccamento è stata
originariamente definita e studiata secondo un modello a causalità lineare, secondo cui le esperienze di
attaccamento precoci del genitore determinerebbero, attraverso le rappresentazioni interne, i comportamenti
di accudimento (sensibilità e responsività) nei confronti del bambino e, di conseguenza, le esperienze (e
quindi la qualità) di attaccamento del piccolo. Le esperienze di attaccamento precoci del genitore
costituirebbero perciò la base per la costruzione di rappresentazioni in grado di orientare i suoi
comportamenti di accudimento nei confronti del bambino e di strutturare le esperienze di attaccamento del
piccolo. Questa visione enfatizza gli aspetti di continuità nel corso della vita, senza tenere sufficientemente
conto delle discontinuità provocate nello sviluppo dai cambiamenti evolutivi, esperienziali o ambientali a
cui gli individui sono sottoposti (van IJzendoorn, Bakermans-Kranenburg, 1997). In effetti, la continuità tra
le esperienze individuali precoci di attaccamento e i successivi comportamenti genitoriali di accudimento
del bambino può venire interrotta da una serie molteplice di fattori. Bowlby stesso (1980) riconosceva il
fatto che esperienze positive di attaccamento, anche successive all'infanzia, possono avere una funzione
ristrutturante rispetto all'originaria esperienza di attaccamento con i genitori, a volte contribuendo a una
trasformazione di attaccamenti insicura, per mezzo dello svolgimento di una funzione di "base sicura" da
parte dell'altro relazionale. Il concetto di "base sicura" si riferisce al fatto che la persona si senta sicura di
esplorare l'ambiente circostante o di intraprendere esperienze e relazioni nuove, ma faccia ricorso alla
figura di attaccamento utilizzandola come una forma di "rifornimento" affettivo nelle situazioni di
difficoltà, pericolo o insicurezza: il ricorso a una fonte di protezione e rassicurazione consentirà
all'individuo di ripartire dalla propria base per una nuova esplorazione. Inoltre, il modello prevede una
presunta corrispondenza diretta tra la qualità di attaccamento delle rappresentazioni dell'adulto (soprattutto
la madre) e la qualità dei comportamenti di cura, in particolare la sensibilità e la responsività, attuati con il
bambino. In realtà, come abbiamo già evidenziato in precedenza, i risultati di alcuni lavori di meta-analisi
di comparazione tra la valutazione delle rappresentazioni dell'attaccamento materno tramite l'AAI (George
e al., 1985) e le misure di valutazione della sensibilità materna, mettono in evidenza una corrispondenza
assai limitata (van IJzendoorn, 1995; DeWolff, van IJzendoorn, 1997). Tali risultati suggeriscono l'esistenza
di un territorio ancora sconosciuto nell'ambito della trasmissione intergenerazionale dell'attaccamento che
van IJzendoorn (1995) definisce the transmission gap, indicando come solo una parte della corrispondenza
tra lo stile di attaccamento materno e quello del bambino sia spiegabile in base agli aspetti rappresentativi e
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ai comportamenti di accudimento messi in atto dal caregiver, e come il processo completo della
trasmissione intergenerazionale dell'attaccamento rimanga in gran parte non spiegato (van IJzendoorn,
Bakermans-Kranenburg, 2005). Un tentativo di superamento di tale impasse teorica ed empirica viene
proposto da van IJzendoorn e Bakermans-Kranenburg (1997) attraverso una prospettiva contestuale della
trasmissione intergenerazionale al cui interno s'inseriscono dei fattori che potrebbero funzionare da
mediatori nel processo di trasmissione tra adulto e bambino. Tra questi osserviamo:
la presenza di esperienze di attaccamento successive e alternative a quelle infantili che possono avere un
ruolo nella rielaborazione dei modelli di attaccamento e nella ristrutturazione del proprio passato
relazionale;
il supporto familiare e sociale reale e/o percepito dal genitore, il quale può avere una importante
influenza sulle modalità con cui l'adulto si prende cura del bambino;
la qualità della relazione di coppia, come fattore di mediazione rispetto alla qualità delle cure e al
benessere percepito dai partner come individui e come genitori;
le condizioni più generali entro le quali si verifica l'accudimento dei bambini;
infine, ma non ultime, le caratteristiche del bambino, sia in termini fisici, sia per ciò che concerne il
temperamento e il suo sviluppo nel tempo.
Conclusioni
La teoria dell'attaccamento è chiamata ad assumere una prospettiva multifattoriale entro la quale collocare
la valutazione dei modelli rappresentazionali dell'attaccamento adulto, l'osservazione delle modalità con cui
il genitore si prende cura e protegge il bambino nelle prime fasi della vita e la qualità dell'attaccamento
sviluppato a sua volta dal piccolo: a questo proposito, il modello proposto da Belsky (1984) sulla
complessità dei fattori di influenza nello svolgimento del parenting appare una visione quanto mai attuale
per lo studio e la comprensione dei processi connessi alla genitorialità, l'attaccamento e lo sviluppo. L'idea
proposta dall'autore sposta l'approccio da una visione lineare a una circolare entro la quale i vari fattori di
influenza vengono considerati e studiati nel loro ruolo diretto di mediatori e, infine, per ciò che concerne la
retro-azione che ognuno di essi può avere nel modificare il funzionamento di ognuno degli altri. Di qui
l'interessante proposta di considerare la trasmissione intergenerazionale dell'attaccamento come un processo
composito.
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