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Le Frecce Sonore - Arcieri del Veio
Le Frecce Sonore di E. McEwen e D.Elmy, 1970 Benché comunemente si pensi che l'invenzione di tali frecce sia di origine cinese, è molto più probabile invece che sia dovuta a tribù nomadi dell'Asia Centrale o delle stesse dell'Asia orientale. Alcuni autori accreditano ai Cinesi l'invenzione dell'arco composito, ma sono gli stessi cinesi invece ad ammettere la superiorità, per ciò che concerne questioni di arcieria, dei popoli nomadi: venivano infatti definiti anche come "La Nazione dell'arco e delle frecce". Una lettera che l'Imperatore cinese Wen Ti (figlio di Lao Tsu) scrisse al capo della Tribù Hiung-nu, riporta: "Il primo imperatore di questa dinastia adottò la seguente politica: tutte le popolazioni a nord del Lungo Muro (Grande Muraglia, NdT.), comprese le Nazioni dell'Arco e della Freccia, erano soggette al Grande Capitano; tutte le popolazioni all'interno del Grande Muro erano invece soggette alla Casata di Hann. Ciascuna di queste popolazioni poté quindi seguire le proprie vocazioni: noi, l'agricoltura e la manifattura di stoffe, loro l'arcieria e la caccia, per l'approvvigionamento di pelli e di cibo." Studiosi dell'arcieria asiatica non hanno quindi dubbi circa la storia delle frecce sonore e da chi ne fu introdotto l'uso. Nei vari documenti prodotti, differenti sono i nomi e i luoghi menzionati, ma indistintamente tutti concordano che la collocazione di questa storia altra non possa essere che la scena Cinese. Il principio della freccia sonora: (A) Flusso dell'aria (B) Pin metallico (C) Pareti della cassa sonora (D) Asta (E) Legatura in tendine pag. 1 - Le Frecce Sonore - Un leggendario principe del Hiung-nu di nome Megdher, in cambio della vita del padre, venne da quest'ultimo dato in ostaggio a una tribù vicina. Benché successivamente restituito alla sua tribù natale, e da questa reintegrato nei suoi diritti principeschi, Megdher, per quanto accadutogli, portò implacabile odio nei confronti del padre. Per il suo ruolo, gli venne dato il comando di un grosso corpo di arcieri, le truppe più fedeli della sua tribù, addestrati all'obbedienza assoluta e all'eseguire la minima volontà del loro comandante. Aveva stabilito con i suoi uomini un rapporto di dominio assoluto che si manifestava soprattutto durante la caccia o durante scontri con altre tribù nomadi. Il principe individuava il bersaglio e contro di lui scagliava la prima freccia. Una volta colpito, e soltanto dopo, tutti gli altri arcieri avrebbero scagliato le loro frecce sul malcapitato uomo o animale che fosse. Per meglio identificare le sue frecce inventò le 'frecce sonore' così che tutti gli altri arcieri avessero modo di capire quando era giunto per loro il momento di mettersi in azione. Fu nel corso di una battuta di caccia che Megdher, non si sa fino a che punto involontariamente, colpì suo padre con una delle sue frecce. A questo segnale tutti gli arcieri della sua truppa scagliarono contemporaneamente le loro frecce: una versione di questa storia narra di come il padre re venne colpito da tante di quelle frecce che il corpo martoriato resto in piedi. Un'altra fonte Megdher viene chiamato Mathé, ma la storia resta la stessa e come sempre a essa è collegata l'invenzione delle 'frecce sonore'. Da osservazioni fatte durante l'esame di esemplari originali, è possibile vedere come il metodo di costruzione di queste frecce seguisse il seguente procedimento. Un pezzo di materiale solido (in molti casi del corno), veniva levigato e arrotondato tramite un tornio a seconda del desiderio del costruttore e quindi inserito in prossimità di una delle estremità dell'asta a formare quella che sarebbe diventata la cassa sonora. Una volta fissato, veniva dapprima forato e poi, pian piano, modellato affinché l'aria potesse attraversare l'interno della cassa sonora: in base a questa lavorazione era possibile ottenere varie tonalità del sibilo sonoro. Una volta ultimata la costruzione, il tutto veniva legato e chiuso sull'asta attraverso legature in tendine. Normalmente venivano adottate per queste punte, delle forme rotonde, ma ciò non escludeva molte altre possibilità. L'illustrazione in seguito mostrata, riporta esempi di varie di queste fogge. Il problema principale di queste frecce era la loro rottura al momento dell'impatto che ne rendeva dunque impossibile il riutilizzo per più di una volta. Alcuni modelli cinesi vennero realizzati in acciaio e con delle dimensioni alquanto ridotte: questo rappresentò però un'eccezione, non la regola. Occasionalmente una vera e propria punta di freccia veniva aggiunta all'asta provocando così lo spostamento della cassa sonora verso il centro dell'asta, ottenendo allora la doppia funzione freccia di segnalazione e di guerra. Allo stesso risultato giunsero i Cinesi e i Mongoli che, perfezionando la cassa sonora, ne produssero una serie dotate di punte di acciaio o di mezzelune che ne facevano parte integrante, mentre i giapponesi fecero largo uso di punte biforcute (karimata) in varie tipi di fogge. I giapponesi andarono ben oltre, riuscendo a produrne a forma di punta e risolvendo il problema della possibile rottura nel punto di legatura, con l'inserimento all'interno dell'asta di bambù, da loro normalmente utilizzata, di un'anima metallica rappresentata da un lungo chiodo. pag. 2 - Le Frecce Sonore - I cinesi e i giapponesi ne costruirono tra le più larghe. Alcune di queste punte, definite Ming-ti, misuravano 15 cm il lunghezza e ben 10 cm in diametro. Alcuni modelli giapponesi, le Hika-ya, erano addirittura di dimensioni maggiori. La lunghezza delle aste e il loro volo era logicamente commisurato alle dimensioni enormi di queste punte. Durante uno dei momenti storici della rivolta dei Boxer, e precisamente durante l'Assedio delle Ambasciate, vennero utilizzate delle aste lunghe all'incirca 4 piede e mezzo (148 cm ca.) con un diametro di 7/8 di pollice (22 mm). Naturalmente a scagliare queste frecce altro non potevano essere che archi alquanto potenti, vale a dire archi di carico superiore alle 100 libbre e che potevano raggiungere anche le 130 libbre. Le punte giapponesi Hika-ya misuravano 8 pollici e ¼ (21 cm) in lunghezza e avevano un diametro di 3 ¾ di pollice (96 mm): sono le dimensioni di un esemplare conservato nel Tempio di Atsuta in Giappone. Per consentire a una freccia di queste dimensioni di essere scagliata con una velocità tale da provocarne il sibilo, era necessario oltre che un grande e potente arco anche, sicuramente, l'impiego di due arcieri. Probabilmente, le più piccole frecce sonore che esistono o, per meglio dire, di cui se ne hanno prove, sono quelle appartenenti alla collezione Ingo Simon del Museo dell'Università di Manchester. Sono degli esemplari turchi, e sono così piccole da sembrare dei semplici prolungamenti dell'asta della freccia. Dei tre esemplari conservati, due sono di osso o avorio, mentre una è sicuramente di corno nero. Non potendole provare per ovvi motivi, si è allora tentata la riproduzione di una di queste, e i risultati sono stati eccezionali. Benché la punta, una volta riprodotta nella forma, fosse stata semplicemente forata, il suono che veniva emesso era potentissimo e di tonalità acutissima. Ci si è allora potuti render conto che non è la dimensione la caratteristica principale di queste frecce. Nel disegno è rappresentato un arciere turco dell'epoca del Sultano Selim Primo (XVI sec.).L'arciere impugna un freccia sonora chiamata 'Chavush', che era normalmente utilizzata nell'invio di messaggi. Un altro esemplare di queste punte è di origine cinese ed è in acciaio. Le sue dimensioni sono di circa un pollice in lunghezza (25 mm ca) e di 7/8 di pollice di diametro (22 mm). A differenza degli esemplari turchi, questa veniva utilizzata anche come freccia da battaglia. Un altro esemplare, sempre cinese, rappresenta una curiosità. Si tratta praticamente di una comune freccia da battaglia che presenta, subito sotto la punta, un tubo di corno di cervo inserito nell'asta e in linea con questa, dagli effetti aerodinamici sicuramente migliori di molti altri esemplari. Molte delle punte qui descritte, visibili in vari musei, hanno la caratteristica comune di essere realizzate alquanto rozzamente: segno che a costruirle sono probabilmente stati gli stessi arcieri che poi le utilizzavano. Altre presentano pag. 3 - Le Frecce Sonore - lavorazioni più fini, alcune sono addirittura lucidate, segno della mano di esperti costruttori. Non ci furono fogge, anche le più fantasiose, che non furono prima studiate e poi realizzate e non solo per fare bella mostra, ma sempre e soltanto per produrre i suoni più singolari e più potenti possibili. Una freccia sonora è di facile realizzazione. Il principio è lo stesso del flauto. Comunque, in anni recenti, quando cioè sono state realizzate le prime copie di quelle esistenti, non tutto è andato come era facile supporre: vederne il volo e sentirle deludentemente silenziose. Qualcuno ha rischiato anche la prova su degli esemplari originali, ottenendo però lo stesso risultato. Quando una freccia sonora viene scagliata da un arco, l'aria penetra all'interno della cassa sonora in base alla velocità che questa possiede. Più è basso l'angolo del foro rispetto al flusso dell'aria, più si ha l'effetto sonoro. Praticamente viene a crearsi all'interno della cassa sonora un doppio flusso d'aria: uno in entrata che con occupa tutto il foro, e uno in uscita che va a sfruttare lo spazio rimanente del foro stesso. Tra l'entrata e l'uscita il flusso d'aria, una volta entrato all'interno della cassa sonora, ne provoca le vibrazioni delle pareti e con esse l'emissione del suono. Alcuni esemplari di quelli conosciuti, e che possono essere considerati i migliori, presentano le casse sonore impermeabilizzate. I giapponesi, a questo scopo, utilizzavano in alcuni casi della lacca e in altri della tinta. Il primo caso è riscontrabile nelle punte di origine più antica, mentre il secondo in quelle più recenti. Quelle più recenti, presentano oltre a ciò, anche il diverso modo di costruzione. Sono realizzate infatti con più strati di materiale (lamine), normalmente corno, osso o avorio con l'interposizione di legno e rispetto ai modelli precedenti, costruiti intagliando e incavando un solo pezzo di vario materiale, sono eccezionalmente più resistenti. 1 e 2, Cinesi, in legno. 3, 4 e 5, Mongole. 6 and 7, Giapponesi. 8, Cinese. Si è letto che, in tempi antichi, i Cinesi dividevano la notte in quattro parti: la prima terminava alla mezzanotte; l'ultima allo spuntare del giorno. Ad ogni cambio di queste parti, faceva riscontro il volo di una freccia sonora da una sentinella all'altra per verificarne il potere di vigilanza. In altre epoche, ma soprattutto in pag. 4 - Le Frecce Sonore - battaglia, venivano utilizzato soprattutto per l'invio di messaggi (Ya-bume per i giapponesi) che venivano avvolti attorno all'asta. In battaglia avevano anche un altro scopo: quello psicologico. I Giapponesi utilizzavano scagliare centinaia di queste frecce contro le truppe nemiche che, soltanto a sentirne il suono, piombavano nel panico. L'utilizzo di questo tipo di frecce è naturalmente caduto in disuso, anche se da varie parti in Asia, esistono testimonianze anche fotografiche, della loro utilizzazione: i Giapponesi continuano a utilizzare le Hika-ya come segnale dell'inizio della Cerimonia del Hike-me; prima dell'invasione cinese del Tibet, i monaci del Monastero di Shigatse le utilizzavano in una pratica di tiro a corto raggio con archi coreani; i Mongoli le utilizzano ancora durante le annuali manifestazioni del Nadom a Ulan Bator [traduzione: R.Lanciotti –2002] pag. 5