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GENITORI SEMPRE Omosessualità e genitorialità

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GENITORI SEMPRE Omosessualità e genitorialità
UNIVERSITA’ PONTIFICIA SALESIANA
Facoltà di Scienze dell’Educazione
Curricolo di Pedagogia Sociale
GENITORI SEMPRE
Omosessualità e genitorialità
Tesi per il Baccalaureato di Alessandra BIALETTI
Relatore: Prof. Vito ORLANDO
Roma, 2012 - 2013
GENITORI SEMPRE Omosessualità e genitorialità
by Alessandra Bialetti
is licensed under a
Creative Commons Attribuzione - Non Commerciale - Non Opere derivate 3.0 Italia
License.
Alessandra Bialetti
Cellulare: 346-22.14.143
Email: [email protected]
2
INTRODUZIONE
Il tema dell’omosessualità è sempre più presente ed attuale nella vita sociale. E’ una
realtà che non si limita più agli omosessuali, non rappresenta soltanto un orientamento, ma
una posizione nei confronti della vita e della società. Come singoli, come famiglie e come
comunità e società educante non possiamo non lasciarci interpellare dalle problematiche
che le nuove generazioni si trovano a fronteggiare appartenendo, ancora, ad una minoranza
discriminata ed emarginata.
Le più recenti statistiche offrono un quadro della situazione in cui emerge che un
numero sempre maggiore di persone omosessuali manifesta il proprio orientamento, ma
ancora troppo alti sono gli indici che sottolineano un clima di discriminazione e di
omofobia generalizzata molto spesso celata dietro atteggiamenti di falsa tolleranza.
Si è ritenuto interessante affrontare questo tema in chiave pedagogica per
evidenziare quanto sia essenziale, nella vita di un omosessuale, il poter contare su un
appoggio familiare positivo e incoraggiante e quanto il processo evolutivo possa subire dei
rallentamenti, o dei bruschi arresti, se viene meno la capacità genitoriale di adulti che
sappiano accompagnare la persona nella sua crescita fino al momento in cui potrà sentirsi,
a tutti gli effetti, facente parte della famiglia e del tessuto sociale. Il tema scelto intende
quindi soffermarsi sul piano intimo della famiglia che vive la delicata questione
dell’accettazione e della paura del giudizio e pregiudizio, ponendosi come risorsa per
l’individuo in cerca di una definizione e accoglienza di sé. Col presente lavoro non si
intende esprimere un giudizio morale-etico sulla tematica omosessuale, quanto
approfondire l’aspetto educativo nell’ambito pedagogico familiare.
Si è voluto incentrare il lavoro su una genitorialità che rimane “sempre” il distinguo
fondamentale della crescita positiva di un figlio nell’accompagnarlo ad entrare da adulto in
una società che tuttora, purtroppo, presenta atteggiamenti discriminatori e ghettizzanti,
quelli stessi che molto spesso vivono gli stessi genitori nei primi momenti della scoperta di
un orientamento che sconvolge e pone in pericolo il delicato equilibrio familiare. Nello
stesso tempo si è voluta analizzare anche la situazione del genitore che, dopo un percorso
3
di vita eterosessuale, scopre il proprio orientamento omosessuale senza perdere il ruolo e la
competenza genitoriale pur dovendo ridisegnare i confini dell’agire educativo.
L’interesse per tale tematica nasce altresì dalla personale attività di consulente
familiare e dall’esperienza di ascolto di genitori di figli omosessuali e di persone che
vivono un orientamento che non sempre dà vita ad un percorso di crescita privo di
difficoltà, sofferenze e problematiche e che necessita, sia nel primo come nel secondo caso,
di accoglienza e sostegno in un’ottica di empowerment delle risorse personali e familiari.
Nella trattazione del tema si è attinto alle fonti rappresentate da studi e ricerche in
campo psicologico, pedagogico e sociologico facendo presente che molto del materiale
raccolto appartiene ad una letteratura straniera. Questo è dovuto al fatto che in Italia la
tematica omosessuale solo in tempi recenti ha assunto una particolare rilevanza sia in
campo sociale, con la battaglia per i diritti civili per le coppie omosessuali, sia in campo
educativo dove si stanno muovendo importanti passi in sostegno alle famiglie.
Il lavoro è strutturato in tre capitoli.
Nel primo si approfondisce il tema della costruzione dell’identità, con particolare
riferimento all’identità e orientamento omosessuale così come si struttura nella crescita
dell’individuo in relazione alla sua provenienza e background familiare.
Nel secondo capitolo si affrontano le problematiche vissute dal nucleo familiare nel
passaggio dal delicato momento del coming out fino alla ridefinizione del proprio ruolo
genitoriale ed educativo necessario per la completa accettazione del sé e la nascita di nuove
relazioni genitori-figli.
Nel terzo capitolo si individuano le strategie di intervento in sostegno alla famiglia
che si trova a vivere l’omosessualità di un figlio o di un genitore con particolare
riferimento alle esperienze dell’Agedo e della Rete Genitori Rainbow già attivi nel campo
da tempo. Inoltre si presenta lo strumento del counseling come intervento a sostegno della
genitorialità nel difficile momento della ridefinizione dei rapporti affettivi e della
ricostruzione del clima familiare in prospettiva educativa.
Si è scelto di non trattare l’aspetto delle famiglie omogenitoriali che avrebbe aperto
un’ulteriore riflessione sull’argomento ma avrebbe rischiato di allargare il focus della
trattazione non permettendo l’approfondimento delle due tematiche di base.
4
Capitolo I
L’IDENTITA’ PERSONALE E LA SUA REALIZZAZIONE
La costruzione dell’identità è un processo che si sviluppa durante tutto l’arco della
vita ma ha il suo momento focale nell’adolescenza in cui la persona struttura quel divenire
adulta che rappresenta il compito esistenziale di questa fascia evolutiva. Nel seguente
capitolo si analizzerà l’adolescenza nelle sue caratteristiche salienti al fine di comprendere
più profondamente le difficoltà e il disagio esistenziale che l’adolescente omosessuale si
trova a vivere dovendo fronteggiare maggiori e diversi compiti evolutivi rispetto
all’adolescente eterosessuale.
1. Processi di costruzione dell’identità
La vita di un individuo è un processo che porta a far nascere progressivamente se
stesso in un itinerario di crescita verso l’indipendenza dai genitori, realizzando ed
esercitando autonomia e senso di responsabilità sulle proprie scelte. La persona risulta
ingaggiata nel difficile ma affascinante compito di costruire ed armonizzare la personalità
individuale e sociale che va a costituire il nucleo profondo dell’identità.
1.1. L’identità come processo
L’identità, secondo Jervis, è «tutto ciò che caratterizza ciascuno di noi come
individuo singolo e inconfondibile. E’ ciò che impedisce alle persone di scambiarci per
qualcun altro. Così come ognuno ha un’identità per gli altri, ha anche un’identità per sé.
Quella per gli altri è l’identità oggettiva, l’identità per sé è l’identità soggettiva». 1
L’identità risulta, quindi, un complesso schema mentale formato da elementi,
personali e sociali, ordinati secondo l’importanza che assumono per il soggetto.
1
G. JERVIS, La conquista dell’identità, Milano, Feltrinelli Editore, 2009, p. 12.
5
Higgins sostiene che il soggetto si pensa in termini di Sé reale (come sono), di Sé
ideale (come mi piacerebbe essere) e di Sé normativo (come dovrei essere), andando
incontro a discrepanze e, a volte, fratture, tra i vari aspetti del sé, e vivendo una vasta
gamma di sensazioni a volte contrastanti e di non facile gestione. 2
Da questo si comprende che la costruzione dell’identità avviene a più livelli i quali
riguardano l’identità personale, ovvero come l’individuo vede se stesso; l’identità fisica,
rappresentata dal corpo che cambia gradualmente nel tempo e di cui fa parte l’identità
sessuale; l’identità sociale, attribuita all’individuo dal gruppo sociale di appartenenza e,
infine, l’identità psicologica formata dalle caratteristiche psicologiche della persona. 3
I vari tipi di identità interagiscono tra di loro durante la fase adolescenziale in cui,
più che in ogni altro momento, si costruisce l’identità personale ovvero ciò che il soggetto
pensa e percepisce di essere in relazione all’identità oggettiva. Da quanto detto risulta già
chiaro come il processo di costruzione di identità nell’omosessuale sia notevolmente più
difficoltoso in quanto chiamato a raggiungere una corretta percezione di sé, l’identità
personale, che contrasta sia con un’identità fisica, che parla di un corpo ricco di impulsi
ritenuti sbagliati, sia con un’identità sociale che fatica a essere riconosciuta dal gruppo di
appartenenza di maggioranza ovvero il mondo eterosessuale.
Quando si parla di identità come processo occorre sottolineare la non linearità di
tale percorso: si possono, infatti, verificare, all’interno del percorso di formazione, delle
battute di arresto, dei blocchi o delle ridefinizioni. L’adolescenza è riconosciuta come
periodo di “moratoria sociale” in cui la società accorda al soggetto la possibilità di
sperimentarsi a 360° tollerando sbagli, ripensamenti e ridefinizioni fino a giungere alla
realizzazione dell’identità personale.
Nel periodo adolescenziale il soggetto riflette sul valore di sé e, dato che cerca di
sviluppare il senso di autostima e successo in diversi ambiti e un’integrazione nel gruppo
dei pari così importante per la sua strutturazione, l’appartenere ad un gruppo minoritario e
2
Cfr. L. PIETRANTONI, L’offesa peggiore. L’atteggiamento verso l’omosessualità: nuovi approcci psicologici ed educativi, Tirrenia, Edizioni del Cerro, 1999, p. 39.
3
Cfr. P. GAMBINI, Introduzione alla psicologia. I processi dinamici, Milano, Franco Angeli, 2006, p. 186.
6
stigmatizzato, quale quello omosessuale, rischia di portarlo a plasmare la propria
personalità al giudizio sociale per evitare la discriminazione. 4
L’interazione tra il soggetto e l’ambiente sociale assume nell’adolescenza
un’importanza determinate ai fini del senso di autostima ed efficacia personale. In questa
fase, disturbi nella costruzione del concetto di sé possono essere determinanti a causa della
capacità limitata del soggetto di elaborare positivamente le interazioni con il tessuto sociale
percepito come discriminante e ghettizzante. 5
Un altro aspetto fondamentale del processo identitario è l’atteggiamento delle
persone significative che possono agevolare o meno la costruzione della stima del sé:
questo vale ancora di più in adolescenza in cui il sentirsi sostenuti ed apprezzati rinforza ed
incoraggia la percezione positiva di sé. 6
Erikson, nella sua suddivisione in stadi dello sviluppo psicosociale della persona, si
è soffermato sull’adolescenza come momento privilegiato di costruzione dell’identità in
cui il soggetto riconosce la sua similitudine e differenza dal resto del mondo e mira al
conseguimento del senso di autonomia ed indipendenza. Ogni stadio di sviluppo, secondo
Erikson, è contraddistinto da un conflitto che l’individuo deve superare per potere giungere
alla fase successiva di formazione e crescita. La soluzione di tale conflitto tra opposte
tendenze, rappresenta il compito di sviluppo: nell’adolescente si tratta di mediare tra
l’acquisizione del senso di identità e il senso di diffusione dell’identità stessa ridefinendo i
valori ricevuti dai genitori e scegliendoli autonomamente come validi per sé. 7
I compiti di sviluppo possono riguardare problematiche legate sia all’area personale
(accettazione
del
proprio
corpo,
acquisizione
dell’autonomia,
sviluppo
della
consapevolezza di sé); sia all’area relazionale (rapporti con i coetanei e relazioni di
coppia); sia all’area sociale (completamento degli studi, inserimento nel mondo lavorativo,
raggiungimento dell’indipendenza economica). 8
4
Cfr. L. PIETRANTONI, L’offesa peggiore. L’atteggiamento verso l’omosessualità: nuovi approcci psicologici ed educativi, p. 53.
5
Cfr. Ibidem, p. 40.
6
Cfr. Ibidem, p. 41.
7
Cfr. P. GAMBINI, Introduzione alla psicologia. I processi dinamici, p. 188.
8
Cfr. R. ROSSI, L’adolescenza, in C. SIMONELLI (a cura di), Psicologia dello sviluppo sessuale ed affettivo, Roma, Carocci Editore, 2011, p. 115.
7
Fabbrini e Melucci 9 considerano la crisi adolescenziale come frutto non solo di
cause interne al soggetto ma anche derivanti dal rapporto con l’ambiente sociale di
riferimento, cause che generano sentimenti di confusione e smarrimento.
Risulta fondamentale il bisogno dell’adolescente di simbolizzare, ovvero
trasformare in pensieri e parole, un mondo interiore percepito ricco ma caotico per poter
giungere ad una comprensione di sé, dei propri desideri, della trasformazione del proprio
corpo portatore di impulsi e istinti da integrare armoniosamente in un’identità maschile e
femminile. 10 Ciò risulta difficoltoso per l’omosessuale quando la sua diversità è
stigmatizzata generando il rischio di omologarsi per essere accettato al costo però di
nascondere e negare le sua vera identità.
Goffman 11 sottolinea la questione dello stigma sociale come fattore di rischio nella
costruzione dell’identità. Distingue tra i gruppi “screditati” per il loro stigma manifesto
come i neri e i disabili, e i gruppi “screditabili” come omosessuali ed ebrei. La differenza
consiste nel fatto che mentre i primi vivono il peso di una diversità manifesta e visibile ma
hanno il supporto della famiglia o del gruppo di appartenenza, i secondi vivono
tendenzialmente con figure di riferimento importanti, genitori e scuola, che spesso
trasmettono messaggi negativi intorno all’omosessualità spingendo il oggetto a non
manifestare la propria diversità e a celare la propria vera identità. Da questo si comprende
quanto il mondo adulto non possa prescindere dal fornire un adeguato aiuto all’adolescente
che costruisce la propria identità filtrando e dando il giusto peso alle informazioni
provenienti dall’ambito sociale.
Mi sembra importante sottolineare il lavoro di Bosma e Kunnen 12 sui fattori che
ostacolano o promuovono la crescita della persona verso la maturità. Fattori predisponenti
risultano l’apertura in opposizione alla rigidità, la ricerca e l’elaborazione del bisogno di
senso, il bisogno di sicurezza ed affetto, la capacità di elaborare il senso di colpa e
affrontare la paura di perdere legami precedentemente costruiti. Questi fattori risultano
9
Citati in R. ROSSI, L’adolescenza, in C. SIMONELLI (a cura di), Psicologia dello sviluppo sessuale ed affettivo p. 114.
10
Cfr. G. PIETROPOLLI CHARMET, Fragile e spavaldo, Bari, Editori Laterza, 2010, p. 36.
11
Citato in L. PIETRANTONI, L’offesa peggiore. L’atteggiamento verso l’omosessualità: nuovi approcci
psicologici ed educativi, p. 42.
12
Citati in C. REGALIA - E. MARTA, Identità in relazione, Milano, McGraw Hill, 2011, p. 29.
8
ancor più necessari nella costruzione dell’identità della persona omosessuale spesso stretta
e costretta in contesti relazionali non agevolanti, rigidi e gravati da sensi di colpa.
Il termine identità rimanda ad un’immagine statica della persona. In realtà, sostiene
Del Favero, l’esistenza si gioca su un alternarsi di momenti di debolezza e inadeguatezza
davanti alle difficoltà della vita come attesta il difficile percorso dell’adolescente.
L’accettazione positiva di sé e del proprio ruolo sociale non si realizza con le rimozioni,
ma attraverso un processo di integrazione di debolezze, emozioni, bisogni di affettività
tipici di ogni persona. 13 Tutto questo risulta chiaramente più complesso nella persona
omosessuale che vive una faticosa accettazione di sé e una difficile integrazione in un
tessuto sociale non ancora accogliente.
1.2. Identità sessuale: tra soggettivo ed oggettivo
Nel complesso percorso di costruzione dell’identità personale, l’identità sessuale
rappresenta un tassello basilare del mosaico in quanto pensare se stessi come esseri
sessuati e canalizzare il proprio comportamento sessuale verso obiettivi e progetti di vita, è
un momento fondamentale della realizzazione umana.
Ancora una volta è nell’adolescenza che l’identità sessuale ha il suo momento
centrale di formazione e consolidamento portando a compimento ciò che il soggetto ha
vissuto fin dai primi momenti della sua esistenza.
L’identità sessuale descrive la dimensione soggettiva del proprio essere sessuati
mentre il corpo, che esprime tale sessualità, rappresenta la dimensione oggettiva con cui la
persona si interfaccia nei confronti dell’ambiente sociale. La genetica determina lo
sviluppo di un corpo maschile o femminile ma, fin dal concepimento, la differenziazione è
accompagnata e plasmata dalla cultura, dalle aspettative sociali, emotive ed affettive, dalla
collocazione e dai ruoli sociali. Quindi, sviluppare un’identità sessuale significa pensarsi
come esseri sessuati e agire comportamenti sessuali affrontando le sfide sociali, emotive e
fisiche che tutto questo comporta. 14
13
Cfr. R. DEL FAVERO - M. PALOMBA, Identità diverse, Roma, Ed. Kappa, 1996, p. 81.
Cfr. C. CHIARI - L. BORGHI, Psicologia dell’omosessualità. Identità, relazioni familiari e sociali, Roma,
Carocci Editore, 2009, p. 34.
14
9
Secondo Simonelli l’identità sessuale è determinata da cinque fattori: i cromosomi
sessuali, la presenza di gonadi maschili o femminili, la componente ormonale, le strutture
riproduttive interne e gli organi sessuali esterni. Tuttavia accanto a questo occorre valutare
la percezione e l’auto-identificazione di se stessi. 15 Coleman e Hendry 16 , parlando di
identità sessuale, fanno riferimento a come la persona giudica il proprio comportamento
conforme o meno ai modelli culturali, sottolineando l’importanza dell’impatto sociale nel
cammino di identificazione.
Gli studi più accreditati sono concordi nel ritenere la sessualità un costrutto
multidimensionale costituito da quattro distinte componenti: il sesso biologico, l’identità di
genere, il ruolo di genere e l’orientamento sessuale.
Il sesso biologico è rappresentato dagli aspetti genetici e morfologici dell’essere
maschio o femmina, ovvero l’appartenenza biologica al sesso maschile o femminile
determinata dai cromosomi sessuali. Il ruolo di genere è l’insieme delle aspettative circa i
compiti e i comportamenti che una data cultura e società ritengano debbano essere assolti e
agiti dall’uomo e dalla donna. 17 Infatti, sulla base delle norme culturali, ci si aspetta che gli
individui si comportino in modo socialmente conforme al proprio sesso biologico,
assumendo i maschi comportamenti, atteggiamenti e manierismi mascolini e le donne
femminili. Ogni deviazione dagli stereotipi maschili e femminili viene considerata
inappropriata e spesso fatta oggetto di scherno e pregiudizio fino alla discriminazione. Ben
si comprende come tutto questo sia particolarmente gravoso per un bambino o un
adolescente soprattutto nel gruppo dei pari e nella scuola dove spesso viene fatto oggetto di
un vero e proprio bullismo omofobico.
Mentre sin dalla nascita i bambini e le bambine prendono coscienza del loro sesso
biologico scoprendo i genitali, l’identità di genere si presenta come un concetto più
complesso in quanto implica l’accettazione delle caratteristiche stabilite dalla società per
un determinato genere e l’identificazione con esse. 18
15
Cfr. C. SIMONELLI L’identità di genere, in C. SIMONELLI (a cura di), Psicologia dello sviluppo sessuale ed affettivo, p. 44.
16
Citati in C. CHIARI - L. BORGHI, Psicologia dell’omosessualità. Identità, relazioni familiari e sociali, p.
35.
17
Cfr. Ibidem, p. 36.
18
Cfr. J. QUILES, Più che amiche, Roma, Castelvecchio Editore, 2006, p. 22.
10
L’area dei Gender Studies si è notevolmente sviluppata a partire dalla fine degli
anni sessanta per meglio approfondire il concetto di identità di genere al di là degli
elementi anatomici o stereotipi sociali. Lingiardi afferma che l’identità di genere riguarda
il senso soggettivo di appartenenza alle categorie di maschio o femmina, spostando il
riferimento sul piano dell’esperienza psicologica e della percezione personale e culturale di
appartenere ad un determinato sesso. 19 Quando il sesso “interiore” della propria identità
non corrisponde al sesso biologico si può giungere ai disturbi dell’identità di genere che il
DSM-IV definisce come una forte e persistente identificazione con il genere opposto
accompagnata da un profondo disagio in relazione al proprio genere di appartenenza. 20
Simonelli sostiene che l’identità di genere si basi su caratteristiche psicologiche che
in una cultura di appartenenza vengono incoraggiate in un’identità sessuale e scoraggiate in
un’altra e che la maggior parte delle persone tende a far coincidere i due aspetti
dell’identità attraverso un processo di conformismo psicosociale. 21 Da questo si
comprende come il bisogno di conformismo, rappresentato da un’omologazione
dell’identità sessuale a modelli prestabiliti, risponda ad un’esigenza di sicurezza sociale e
di mantenimento di un ordine stabilito in quanto la diversità, come si vedrà più avanti, è un
concetto che crea squilibrio e destabilizzazione.
Per orientamento sessuale si intende invece l’attrazione sessuale ed affettiva
indirizzata verso persone dello stesso sesso (omosessualità), del sesso opposto
(eterosessualità) o di entrambi (bisessualità). 22 L’orientamento non va tuttavia confuso con
il comportamento sessuale ovvero con l’agire materialmente la propria attrazione, molto
spesso può accadere che dei soggetti abbiano un orientamento sessuale che tuttavia non si
concretizza nel comportamento esplicito.
Identità di genere, (percepirsi come maschio o femmina) e orientamento sessuale
(desiderare un maschio o una femmina) sono dimensioni collegate ma non
automaticamente sovrapponibili se non a costo di generare disagio, confusione e
19
Cfr. V. LINGIARDI, Citizen Gay. Famiglie, diritti negati e salute mentale, Milano, Il Saggiatore, 2007, p.
125.
20
Cfr. V. LINGIARDI, La personalità e i suoi disturbi, Milano, Il Saggiatore, 2004, p. 91.
21
Cfr. C. SIMONELLI L’identità di genere, in C. SIMONELLI (a cura di), Psicologia dello sviluppo sessuale ed affettivo, p. 45.
22
Cfr. V. LINGIARDI, Citizen Gay. Famiglie, diritti negati e salute mentale, p. 127.
11
sofferenza. Infatti, un adolescente che cresce ragionando in termini di categorie opposte
maschile/femminile, etero/omo, potrebbe avere difficoltà a riconoscere i propri desideri
omoerotici mettendo in crisi la propria identità di genere e sentendosi sostanzialmente
“sbagliato”. Per gli adolescenti omosessuali, in realtà, è più difficile raggiungere un senso
positivo della propria identità rispetto ai coetanei eterosessuali in quanto l’esclusione e la
stigmatizzazione sociale, la carenza di riferimenti positivi con cui confrontarsi e la
mancanza di riconoscimento sociale, possono provocare danni anche gravi all’equilibrio
psicoaffettivo e all’autostima. 23
Non sempre esiste una linearità tra sesso, genere e orientamento sessuale.
Comunemente si pensa che nascere con una coppia di cromosomi XY porterà
necessariamente allo sviluppo di un’identità di genere maschile, ad un ruolo sessuale e
sociale congruente e ad un orientamento sessuale conseguente. In questa ottica gli
omosessuali si suppone abbiano un problema di identificazione di sé come maschi o
femmine quindi un problema di identità di genere. Sembra prevalere una logica di
negazione per cui se si è uomini e donne non si può avere una vita omosessuale: in questo
caso il cammino di costruzione dell’identità è maggiormente difficoltoso perché richiede di
ritrovare una coerenza di sé all’interno di una presunta incoerenza così come è rimandata
dalla società.
Il compito di sviluppo in questo caso risulta essere una costruzione di sé che rimetta
insieme i vari “pezzi” di un’identità non riconosciuta e frantumata se non addirittura
demonizzata. 24
Mentre culturalmente le varie dimensioni dell’identità sessuale sono poste in
un’ottica di linearità e coerenza, in realtà tale visione rischia di generare conseguenze
psicologiche dolorose per le persone omosessuali. Ne risulta quindi che l’equilibrio
personale tra orientamento sessuale, identità e ruolo di genere rappresenta un obiettivo
difficile ma fondamentale per il raggiungimento di una stabilità relazionale e di un
benessere psichico. Di conseguenza sia i genitori che gli educatori ad ogni livello,
dovrebbero sentirsi chiamati in causa e mobilitati nel processo di accompagnamento della
23
Cfr. C. SIMONELLI L’identità di genere, in C. SIMONELLI (a cura di), Psicologia dello sviluppo sessuale ed affettivo, p. 68.
24
Cfr. C. CHIARI - L. BORGHI, Psicologia dell’omosessualità. Identità, relazioni familiari e sociali, p. 42.
12
persona verso una serena e riconciliata maturità, processo che non ragioni in termini di
categorie opposte ma di diverse modalità di vivere la propria identità sessuale.
1.3. Adolescenza: tra infanzia e adultità, dipendenza e autonomia
L’adolescenza si presenta come una fase di difficile sistematizzazione cronologica:
ha inizio con lo sviluppo biologico legato alla pubertà, che varia dai 9-10 anni fino ai 1314, ma è difficile stabilirne il termine finale. Infatti, mentre si assiste ad un anticipo della
maturità fisiologica, con la possibilità precoce di generare, si verifica invece un posticipo
della maturità sociale, ovvero l’ingresso nella società con l’assunzione delle relative
responsabilità. Il periodo di moratoria sociale, sempre più dilatato nel tempo, genera quindi
il fenomeno dell’adolescenza prolungata che può estendersi fino ai 29-30 anni o addirittura
ai 35 con una conseguente ridefinizione dei confini e ruoli familiari.
Secondo gli studi classici, l’adolescenza si presenta come un periodo caratterizzato
dalla profonda ambivalenza tra il diventare autonomi ed indipendenti e il bisogno di
continuare a dipendere dall’ambito familiare che ha rappresentato, fino a quel momento, il
contesto di riferimento fondamentale. E’ la fase di rottura con le identificazioni
precedentemente attuate nei confronti dei modelli genitoriali per costruire un proprio
percorso che integri i valori ricevuti ma, questa volta, scelti e perseguiti in modo autonomo
perché riconosciuti giusti per sé e non più imposti. In alcuni casi l’omosessualità potrebbe
essere letta come un tentativo di emancipazione dai genitori con l’estrema fatica, da parte
di questi, di gestire una così forte differenzazione dal modello familiare trasmesso.
Le tipiche reazioni oppositive possono però rappresentare dei rifiuti non solo
dell’identità, ma anche del processo di autonomia e differenziazione dalle figure genitoriali
tipico di questa fase della vita. Le stesse reazioni negative, se trattate invece in modo
supportivo, possono rappresentare un momento evolutivo ed educativo importante nella
vita della famiglia. Adolescenti e genitori potrebbero percepirsi in un periodo di
evoluzione e cambiamento in cui l’omosessualità, come altri elementi, può trovare una
collocazione idonea e positiva nella relazione adulto-adolescente aiutando a leggere i
13
comportamenti dei figli non come segnali di rifiuto o provocazione, ma come espressione
della crescita e della fatica di crescere. 25
Gli adolescenti vengono a trovarsi in una sorta di stato di indeterminatezza e
sospensione realizzando un’identità imperfetta e incompiuta, sospesi tra un “già e non
ancora”, tra ciò che non sono più e ciò che non sono ancora, faticando ad individuare il
percorso di realizzazione della propria individualità. 26 L’adolescente c’è ma non del tutto,
ciò nonostante, educativamente parlando, è utile guardare a lui non come una “terra di
nessuno” ma come una “terra di mezzo” dove tutto è ancora possibile, giocabile, dove si
possono vivere sempre nuove opportunità di sperimentarsi e, anche sbagliando, definire se
stessi. 27
Tale stato di sospensione tra indeterminatezza e definizione può risultare
particolarmente gravoso per l’adolescente omosessuale impegnato ad integrare un sé che
vive come ancora più confuso, contraddittorio, incomprensibile e spesso inaccettabile.
rispetto ad un suo coetaneo eterosessuale.
Il compito di sviluppo preponderante è l’emancipazione emotiva dai genitori:
l’adolescente non è ancora pronto ad uscire da casa, soprattutto nel contesto sociale
italiano, ma deve realizzare una propria autonomia interna ovvero la capacità di elaborare
decisioni personali ridefinendo quel legame di dipendenza dalla famiglia, un adeguato
concetto di sé e un proprio progetto di vita. Una tappa fondamentale è, quindi, il passaggio
da un’identità completamente riflessa e modellata sul giudizio degli altri, i genitori in
particolare, a un’identità autoriflessa costruita in base ai propri giudizi. Tale processo di
costruzione non termina nell’adolescenza ma prosegue durante tutto l’arco della vita
generando continue ridefinizioni del proprio progetto di vita in un equilibrio tra le proprie
risorse, bisogni, valori, motivazioni e le richieste dell’ambiente. 28 Si sottolinea questo per
ribadire quanto il percorso di vita di un omosessuale sia più complesso rispetto ad un
eterosessuale in quanto tale acquisizione e ridefinizione del proprio sé va spesso a
25
Cfr. C. CHIARI - L. BORGHI, Psicologia dell’omosessualità. Identità, relazioni familiari e sociali, p. 86.
Cfr. P. GAMBINI, Psicologia della famiglia. La prospettiva sistemico-relazionale, Milano, Franco Angeli,
2007, p. 167.
27
Cfr. L. FERRAROLI, Adolescenti, trasgressivi forse, cattivi no, Cinisello Balsamo, Edizioni San Paolo,
2012, p. 35.
28
Cfr. P. GAMBINI, Psicologia della famiglia. La prospettiva sistemico-relazionale, p. 170.
26
14
scontrarsi con un ambiente familiare e sociale non predisponente, non accogliente e non
supportivo generando, come circolo vizioso, un’immagine negativa di sé.
L’adolescente è chiamato ad elaborare una sorta di lutto personale. Rendendosi
indipendente, infatti, sente di dover abbandonare modelli di relazione elaborati in passato
che avevano rappresentato una sorta di nido e guscio protettivo, e di dover rinunciare
all’immagine di sé infantile, ai privilegi acquisiti, alle gratificazioni cui era abituato per
approdare all’incertezza di un mondo che da una parte lo affascina e dall’altro lo
spaventa. 29 Per distaccarsi dai genitori e costruire se stesso deve compiere il difficile passo
di perderli per poi ritrovarli e viverli in modo diverso. Il desiderio è quello di acquisire una
struttura adulta e una maggiore autonomia relazionale affrontando però la paura di
allontanarsi troppo dalle figure genitoriali così protettive e rassicuranti. Il chiedere aiuto
rappresenta un passo di difficile gestione emotiva: il soggetto sente che, riferendosi ai
genitori, avrà più possibilità di risolvere le sue difficoltà ma, allo stesso tempo, vive il
timore di riconoscersi ancora piccolo e bisognoso di aiuto. Non ha ancora acquisito, infatti,
quel grado di maturità e sicurezza necessari per poter chiedere aiuto senza perdere la
propria identità. 30 L’adolescente omosessuale, proprio per salvaguardare un’identità che
non comprende ma che vorrebbe integrare, avrebbe bisogno dell’aiuto dei genitori ma allo
stesso tempo ne teme il rifiuto perché portatore di un orientamento percepito come
inaccettabile: si trova chiuso in una sorta di circolo vizioso.
L’adolescente sa che deve staccarsi dai genitori ma non sa come fare: per
l’omosessuale si tratta di abbandonare due volte l’infanzia vissuta come luogo sicuro in cui
non si sentiva discriminato e sbagliato e in cui poteva godere dell’affetto familiare a
prescindere dalla sua “diversità”.
Le modalità di attaccamento vissute nell’infanzia costituiranno la base, sicura o
meno, di cui l’adolescente disporrà nella sua crescita e nel passaggio all’età adulta: lo
spazio dei sentimenti familiari subisce una modificazione per aprirsi ed allargarsi ad altri
29
Cfr. R. ROSSI, L’adolescenza, in C. SIMONELLI (a cura di), Psicologia dello sviluppo sessuale ed
affettivo, p. 118.
30
Cfr. L. FERRAROLI, Adolescenti, trasgressivi forse, cattivi no, p. 26.
15
legami spezzando quel “cordone ombelicale psicologico” che porterà alla conquista di
un’identità autonoma. 31
Nella fascia adolescenziale il soggetto è chiamato a rispondere alla domanda “chi
sono io?” trovando una risposta convincente all’ambivalenza che prova in sé tra bisogno di
autonomia e dipendenza. 32 Per l’omosessuale tale risposta non è di facile acquisizione dato
che scopre e vive se stesso come diverso da tutti gli altri e non simile a nessuno in ciò che
confusamente prova e che non riesce a comporre dentro di sé. Nell’adolescenza alcuni
psicologi collocano la nascita psicologica del soggetto come momento di messa in
discussione delle precedenti acquisizioni e riappropriazione di se stesso. 33
Infine si sottolinea come il periodo adolescenziale costituisce, per tutto il sistema
familiare, una sfida e una risorsa. Una sfida come opportunità di cambiamento e revisione
delle relazioni familiari per accogliere le mutazioni legate al processo di crescita dei figli e
dei componenti la famiglia; risorsa in quanto ogni crisi apre ad un ridefinizione di modalità
di funzionamento inadeguate al sano sviluppo del soggetto. 34 E’ in questa fase che si è
chiamati a riformulare il progetto educativo aggiornandolo alla crescita del figlio e
integrando ciò che vive, sente, prova e ciò di cui si sente portatore, compreso,
naturalmente, il suo orientamento sessuale.
1.4. L’importanza dell’altro nella costruzione dell’identità
L’uomo è un essere relazionale che nasce, cresce e si sviluppa in una relazione. La
relazione con l’altro rappresenta uno spazio esistenziale ed educativo molto importante in
cui affermare la propria individualità e differenza. 35
L’identità può essere considerata come un processo in continua definizione nella
relazione con un altro diverso da sé. E’ quindi il rapporto con l’altro che aiuta a definire il
sé.
31
Cfr. R. ROSSI, L’adolescenza, in C. SIMONELLI (a cura di), Psicologia dello sviluppo sessuale ed affettivo, p. 117.
32
Cfr. L. FERRAROLI, Adolescenti, trasgressivi forse, cattivi no, p. 21.
33
Cfr. Ibidem, p. 22.
34
Cfr. P. GAMBINI, Psicologia della famiglia. La prospettiva sistemico-relazionale, , p. 171.
35
Cfr. G. QUINZI - L. PACE (a cura di), L’imprescindibile esigenza di educare, Roma, LAS, 2011, p. 25.
16
Il processo di individuazione avviene sia per identificazione, ovvero riconoscersi
come identico a sé nella continuità del tempo, sia per differenziazione, ovvero il
riconoscersi diverso dagli altri. L’identità si struttura in un processo di riflessione sul sé in
relazione con l’altro, in un riconoscersi ed essere riconosciuto.
Secondo il modello dialogico-personalista l’altro sollecita la crescita personale, è
uno sguardo che mette in discussione, è l’incontro che permette di comprendere meglio se
stesso in un dialogo che diventa spazio di accoglienza della diversità e di arricchimento per
la crescita personale. L’identità è necessariamente relazionale in quanto è nello scambio
reciproco che si definisce se stessi aprendosi al cambiamento e all’arricchimento dei propri
orizzonti di senso e di riferimento.
L’identità personale si costituisce nella misura in cui il soggetto è in grado di
separarsi ed affermarsi rispetto all’altro difendendo, senza esasperazioni, il valore della
propria originalità. Non è possibile, secondo Laing 36 , astrarre completamente l’identità
propria di una persona da ciò che è l’identità per gli altri e che dagli altri le viene attribuita.
L’essere umano, per progettare se stesso come individuo, necessita, quindi, degli
altri e di modelli di riferimento cui identificarsi; per rendersi autonomo deve rendersi
dipendente, vivere il conflitto della diversità e integrarla come ricchezza. 37 È
particolarmente laborioso il percorso di rendersi “altro” da sé e dagli altri, dei quali si
tendono ad assimilare aspetti della personalità, caratteristiche e valori, rimanendo tuttavia
fedeli a se stesso. 38 Il pericolo è di rimanere intrappolati, per l’intera esistenza alle
dipendenze delle identità che gli altri propongono, e a volte impongono, per sé, soprattutto
quando non è gratificato il bisogno primario di accettazione e di sicurezza affettiva. 39 La
consapevolezza di essere importanti per qualcuno rende la famiglia, in primis, il luogo del
riconoscimento del valore della persona, la famiglia rappresenta quell’altro da sé che
dovrebbe contribuire alla crescita nel pieno rispetto di una dignità personale attenta alla
parità e diversità. 40 . Quindi incontrare una persona da accogliere come altro da sé permette
36
Citato in B. ROSSI, Identità e relazione, Brescia, Ed. La Scuola, 2008, p. 135.
Cfr. B. ROSSI, Identità e relazione, p. 139.
38
Cfr. Ibidem, p. 140.
39
Cfr. Ibidem, p. 142.
40
Cfr. G. QUINZI - L. PACE (a cura di), L’imprescindibile esigenza di educare, Roma, LAS, 2011, pp. 3031.
37
17
di accogliersi come altro da lei in uno scambio che consente la reciproca definizione. Tutto
questo è ancora più necessario per l’omosessuale che vive il disagio di non accettarsi e
spesso di non essere accettato così come è e come si percepisce.
Ben si comprende quanto questo percorso di individuazione-differenziazione, che il
soggetto compie nella relazione con l’altro, risulti ancor più faticoso nell’adolescente
diviso, come abbiamo visto, tra il desiderio di rendersi autonomo ed indipendente e il
bisogno di dipendere. L’identità dei giovani può costituirsi solo sul piano
dell’intersoggettività, autoidentificandosi e distinguendosi dagli altri e ottenendo il
riconoscimento di tale differenziazione. Acquisire un’identità significa imparare a giocarsi
dentro rituali sociali già esistenti ottenendo l’approvazione degli altri. Da questo ne deriva
che chi è fuori dal gioco sociale, perché stigmatizzato come l’omosessuale, fatica a
costruirsi all’interno di rituali alternativi. Molto spesso il rischio è quello di scivolare in
condotte pericolose o in pratiche della sessualità ambigue ma vissute come necessarie per
il bisogno di condivisione con chi si sente simile a sé. 41
L’interfaccia sociale e il bisogno di sviluppare un senso di appartenenza forte
rappresentano due elementi fondamentali nella costruzione del sé. Mentre l’adolescente
eterosessuale ha la possibilità di trovare nei pari un gruppo di appartenenza che lo accoglie,
sostiene e supporta, l’omosessuale vive un rapporto con “l’altro” sociale tutt’altro che
agevolante sviluppando spesso, nei confronti della sua e dell’altrui diversità, un senso di
malessere e di estraneità che non agevola l’acquisizione di una identità positiva. 42 Occorre
ricordare che, proprio quando una tappa della crescita appare troppo minacciosa, la paura
di distruggere o di essere distrutti può portare alla regressione o alla fissazione a fasi di
sviluppo precedenti ricorrendo ai meccanismi di difesa protettivi per il soggetto, ma
patologici se utilizzati come modalità di vita continua e costante. 43
Nel caso dell’adolescente che sperimenta se stesso, l’altro, e soprattutto il genitore,
rappresenta anche un rischio in quanto, dovendo ricevere ciò che ancora non ha sviluppato
autonomamente, si espone al rischio di concedere all’altro un potere su di sé. Occorre però
ricordare che in un cammino di sicurezza personale, l’adolescente trova, più o meno
41
Cfr. P. RIGLIANO, Amori senza scandalo, Milano, Feltrinelli Editore, 2006, p. 123.
Cfr. C. CHIARI - L. BORGHI, Psicologia dell’omosessualità. Identità, relazioni familiari e sociali, p. 57.
43
Cfr. S. ARGENTIERI, A qualcuno piace uguale, Torino, Einaudi Editore, 2012, p. 57.
42
18
rapidamente, il modo di prendere le distanze e costruirsi in uno spazio di maggiore libertà
in cui l’adulto rappresenta comunque un legame importante cui potrà sempre fare ritorno. 44
2. Omosessualità e identità omosessuale
In questo paragrafo si tratterà dell’eziologia dell’omosessualità, tra aspetti
biologici, genetici e sociali, non solo per fornire una panoramica della questione, ma anche
per illustrare le ricadute in campo sociale ed educativo che possono condurre a considerare
un figlio o un genitore omosessuale come sano o malato e a relazionarsi a lui di
conseguenza.
2.1. Essere omosessuali: aspetti biologici, sociali, individuali
Occorre sottolineare, come dato di partenza, che l’omosessualità non è più
considerata una patologia ma una diversa manifestazione e una possibile variante normale
e sana della sessualità umana. 45 Lingiardi parla “delle” omosessualità come uno dei
possibili esiti naturali dello sviluppo sessuale umano mettendo in evidenza l’esistenza di
un’omosessualità costituzionalmente sana. 46
Studi e ricerche svolte nel tempo non sono giunte a differenziare gli omosessuali
dagli eterosessuali, il livello mentale è quasi identico nei due gruppi a volte con un leggero
vantaggio per gli omosessuali per quanto riguarda un minor conformismo sociale e una
maggiore flessibilità ed apertura mentale. Grazie a questi studi l’Associazione Psichiatrica
degli Stati Uniti (APA) nel 1973 ha eliminato l’omosessualità dalla lista delle patologie
mentali: la persona può soffrire di ansia e problemi psicologici ma questi derivano
essenzialmente dalle pressioni familiari e sociali associate alla condizione omosessuale. 47
Un anno più tardi venne rivisto il DSM III, manuale diagnostico dei disturbi mentali, nel
44
Cfr. P. JEAMMET, Adulti senza riserva. Quel che aiuta un adolescente, Milano, Raffaello Cortina Editore,
2009, p. 19.
45
Cfr. C. CHIARI - L. BORGHI, Psicologia dell’omosessualità. Identità, relazioni familiari e sociali, p. 33.
46
Cfr. V. LINGIARDI, La personalità e i suoi disturbi, Milano, Il Saggiatore, 2004, p. 105.
47
Cfr. M. CASTAÑEDA, Comprendere l’omosessualità, Roma, Armando Editore, 2006, p. 26.
19
quale venne introdotta la distinzione tra omosessualità egosintonica ed egodistonica
considerando malattia solo la seconda che manifesta una non sintonia con il proprio io. Nel
1987 anche questa seconda versione venne definitivamente accantonata dall’edizione
riveduta del DSM III-R, posizione riconfermata nell’ultimo DSM IV del 1994.
La domanda sulla genesi dell’omosessualità non ha ancora trovato una risposta
certa. Le ricerche in merito si dividono nel sottolineare aspetti biologici e sociali o aspetti
familiari ed individuali, anche a seconda della società di riferimento in cui il fenomeno si
manifesta. Gli studi recenti hanno portato alla determinazione che non vi sia una sola ma
molte spiegazioni sulla genesi dell’omosessualità: interagiscono motivazioni di carattere
biologico, sociale, culturale, familiare e personale. Quindi l’omosessualità sembra
collocare la sua origine all’interno di un quadro di multicausalità e multifattorialità ovvero
di convergenza di diversi fattori.
Nell’ultimo ventennio si è sviluppato un dibattito tra esistenzialisti e costruzionisti.
I primi sostengono che l’identità sessuale rappresenti una caratteristica stabile della
personalità: si nasce omosessuali e lo si resta come condizione o patologia congenita.
L’omosessuale sarebbe quindi un “malato”, una vittima della biologia che non può
cambiare la sua natura perché nato così. Per i costruzionisti è la situazione socioculturale e
familiare a formare e dirigere la sessualità umana. 48
Sul fronte biologico un recente studio statunitense ha evidenziato una differenza nei
nuclei dell’ipotalamo anteriore tra un campione di eterosessuali e uno di omosessuali morti
di Aids, tuttavia il risultato dovrebbe essere confermato anche da test svolti su un
campione di gay sani. 49
Una variazione sul tema biologico è rappresentata dal fattore ormonale per cui
molti studi hanno indagato sulla combinazione anormale di ormoni maschili e femminili
negli omosessuali. Tuttavia la sessualità non è una questione di ormoni che da soli non
producono un desiderio, una fantasia, un comportamento o, ancor meno, un orientamento
sessuale. 50
48
Cfr. M. CASTAÑEDA, Comprendere l’omosessualità,. p. 40.
Cfr. A. DI LUOFFO, Educazione al rispetto delle omosessualità, Genova, Liberodiscrivere Edizioni, 2008,
p. 46.
50
Cfr. M. CASTAÑEDA, Comprendere l’omosessualità, p. 43.
49
20
Ricerche recenti suggeriscono che l’omosessualità possa presentare una
componente genetica che attesta la ricorrenza familiare puntando sul DNA e sulla ricerca
del gene “malato”. Secondo questa teoria l’origine sarebbe da attribuire ad un’alterazione
nell’ipotalamo del cromosoma sessuale X della regione denominata Xq 28. Tuttavia non si
è ancora giunti a stabilire se questa caratteristica sia all’origine dell’omosessualità, sia
solamente un fattore predisponente o addirittura conseguente, e quanto tutto questo
influenzi realmente l’orientamento sessuale.51
Paradossalmente molti omosessuali, oltre a coloro che li condannano, sostengono
l’ipotesi bio-genetica perseguendo una difesa di se stessi. Infatti, enfatizzando il ruolo di
geni e cromosomi si nega ogni dialettica e si percepisce l’omosessualità come un destino
ineluttabile iscritto nella natura. 52 L’omosessualità verrebbe subita dalla persona, liberando
lei e il contesto familiare e sociale da ogni colpa o responsabilità.
Accanto alle ricerche sulla caratteristica innata dell’omosessualità si collocano
quelle sulla caratteristica acquisita derivante da fattori ambientali esterni, come nel caso di
una malattia, o da condizioni familiari. Secondo la psicoanalisi classica si verificherebbe
una regressione ad una fase pre-edipica nel soggetto che non riesce ad identificarsi con il
genitore del proprio sesso durante la fase edipica. L’omosessualità sarebbe causata, quindi,
da un blocco dello sviluppo dovuto alla mancata risoluzione del complesso edipico.
Tuttavia lo stesso Freud, anticipando i tempi, rivide le sue posizioni sul tema considerando
l’omosessualità come uno tra i tanti possibili orientamenti sessuali.
Non vi sono ricerche attendibili che dimostrino una relazione causale tra genitori
particolarmente impositivi, autoritari, simbiotici, possessivi o addirittura assenti e
l’omosessualità del figlio. Tali tipologie di genitori, infatti, esistono sia in famiglie con
figli eterosessuali che omosessuali. Nessuna ricerca è riuscita a dimostrare la colpevolezza
dei genitori. Paolo Rigliano sostiene che tali teorie non tengano in considerazione la
capacità che tutti i bambini hanno di «costruirsi psicologicamente la propria strada,
elaborando dentro di sé aspetti e significati personali, secondo dinamiche fluide e
imponderabili». 53
Con
questo
non
si
vuole
51
affatto
sminuire
Cfr. A. DI LUOFFO, Educazione al rispetto delle omosessualità, 2008, p. 67.
Cfr. S. ARGENTIERI, A qualcuno piace uguale, p. 20.
53
Cfr. P. RIGLIANO, Amori senza scandalo, p. 24.
52
21
o
minimizzare
l’imprescindibile necessità dell’educazione e della guida genitoriale nella crescita del
bambino.
Un ultimo accenno va riservato alla teoria sociologica che considera
l’omosessualità come il risultato di un maggior isolamento degli omosessuali rispetto ai
loro coetanei eterosessuali, teoria messa in discussione dal fatto che in realtà l’isolamento
sarebbe una conseguenza e non una causa della condizione omosessuale.
L’omosessualità, in ogni caso, non va letta come una dimensione psicologica o
relazionale che si esaurisce essenzialmente sul piano sessuale, non è riconducibile ad un
puro atto sessuale, ma attraversa i molteplici piani dell’esistenza e della complessità della
persona con le emozioni, cognizioni, rappresentazioni e desideri costruiti in modo unico e
creativo nell’arco della propria vita. 54 Infine, l’omosessualità si pone come un processo
influenzato dal contesto storico, sociale e dallo sviluppo personale modellandosi sulla base
delle relazioni e dei ruoli all’interno della famiglia, nel corso dell’infanzia e
dell’adolescenza fino a giungere alla coscienza di sé in quanto uomo o donna. 55
2.2. L’identità omosessuale
Come è stato sottolineato l’identità è un processo e non un risultato statico.
L’identità omosessuale non è congenita, si costruisce a poco a poco e cambia a seconda del
contesto e del momento di vita. Si parlerà spesso di “persona omosessuale” e non
semplicemente di omosessuale in quanto questo non è un tratto distintivo e caratterizzante
del soggetto, ciò che conta è la centralità della persona, la sua unicità e originalità che
comprende anche il proprio orientamento sessuale. La persona omosessuale vive tutta una
serie di difficoltà che la pone in una posizione diversa rispetto all’eterosessuale in quanto
abituata a nascondere una parte essenziale di sé, dei propri bisogni, desideri, emozioni
mostrando spesso solo un aspetto superficiale. 56 L’identità, quindi, non si ferma
all’anatomia o ad una questione ormonale ma si traduce attraverso sentimenti, modi di
54
P. RIGLIANO, Amori senza scandalo, p. 17.
Cfr. M. CASTAÑEDA, Comprendere l’omosessualità, p. 49.
56
Cfr. Ibidem, p. 16.
55
22
pensare e vedere il mondo, gusti, atteggiamenti e comportamenti. 57 L’omosessualità non è
quindi solo l’interesse erotico per le persone dello stesso sesso, ma un’identità sociale,
verso la quale si sviluppa un senso di appartenenza con connotazione affettive, cognitive e
valoriali. L’identità omosessuale implica la scelta di uno stile di vita, di vivere
pubblicamente ciò che si tende a nascondere, di affrontare la discriminazione sociale
invece che subirla. Per realizzare tutto questo la persona omosessuale passa
necessariamente attraverso varie tappe per giungere a vivere apertamente il proprio
orientamento con libertà e dignità. 58
Il processo di integrazione della dimensione interna ed esterna, soggettiva ed
oggettiva, è molto lento: all’inizio l’omosessuale affronta se stesso, le sue paure, i suoi
desideri, pensieri ed emozioni, poi la società, quando si farà conoscere come tale
accettando e vivendo pubblicamente la propria omosessualità. La costruzione dell’identità
gay e lesbica dura una quindicina d’anni in media ed implica un lungo periodo di
confusione ed incertezza ed un costo emotivo molto elevato. 59 L’identità implica un
autoriconoscimento del significato che il comportamento e l’orientamento sessuale hanno
per l’individuo; pervenire alla consapevolezza di avere sentimenti omosessuali indica che
l’identità è stata raggiunta e che si accetta la propria diversità nei termini dell’essere attratti
da persone dello stesso sesso e di progettare una vita in tal senso. 60
I processi di costruzione dell’identità gay e lesbica si basano fondamentalmente su
due approcci: i modelli stadiali e i modelli dell’adattamento. I primi studiano il processo
attraverso il quale la persona arriva ad identificarsi come omosessuale sottolineando
l’esistenza di vari stadi di formazione che, se superati, portano all’accettazione di sé fino
alla fase finale dell’acquisizione della propria identità sessuale. Il limite di tale approccio
risiede nel fatto che in realtà, nel comportamento sessuale, si verifica molta più variabilità
e fluidità di comportamento di quanto la teoria tenti di spiegare: i percorsi possono essere
diversi sia per genere, sia per tempi, sia per i contesti sociali e culturali in cui si
sviluppano. Questo concetto ci riporta alla visione di Bauman, il quale sostiene che anche
57
Cfr. M. CASTAÑEDA, Comprendere l’omosessualità p. 50.
Cfr. Ibidem, p. 52.
59
Cfr. Ibidem, p. 62.
60
Cfr. R. DEL FAVERO - M. PALOMBA, Identità diverse, p. 59.
58
23
la costruzione dell’identità nella società complessa ha acquisito carattere di maggiore
fluidità. Inoltre il modello stadiale porta con sé il carattere della normatività ovvero
presuppone che il soggetto si muova da uno stadio all’altro con coerenza fino alla fase
della maturità lasciando presupporre che chi non raggiunge tale stadio sia da considerarsi
immaturo. 61
I modelli dell’adattamento studiano, invece, il processo psicosociale e le strategie
adattive che una persona sviluppa in relazione ad un ambiente ostile e stigmatizzante. Si
sostiene, infatti, che l’omosessuale per crescere debba far fronte ad un compito di sviluppo
specifico che consiste nel definire se stesso in un contesto sociale altamente
discriminatorio. La domanda di base, cui tale modello cerca di dare risposta, è come la
persona omosessuale possa raggiungere uno stato di benessere nei propri contesti di
appartenenza studiando l’effetto del mondo esterno sulla costruzione dell’identità. 62
Entrambi gli approcci sottolineano la centralità del coming out, ovvero del processo
di svelamento a se stessi e agli altri della propria identità omosessuale. Questo momento
rappresenterebbe un fattore di benessere per la costruzione identitaria come anche avere
atteggiamenti positivi verso la propria e l’altrui omosessualità. Ulteriori fattori protettivi
sarebbero uno stile di attaccamento di tipo sicuro sviluppato nell’infanzia e un
funzionamento psichico che non utilizzi meccanismi di difesa dissociativi che portino il
soggetto a scindere il proprio sé o a proiettarlo in maniera persecutoria su altri. Non
agevola invece la costruzione di un sé autentico il percepirsi come appartenente ad una
categoria sociale connotata negativamente, con ricadute negative sul processo di
accettazione globale del sé e sul possibile successo scolastico o professionale. 63
In ultimo si sottolinea quanto sia prezioso il contesto delle relazioni familiari nella
formazione positiva dell’identità omosessuale. Fattori protettivi risultano essere un alto
livello di istruzione dei genitori, l’appartenenza ad uno status socio-economico medio-alto,
uno stile genitoriale non autoritario, un basso grado di omofobia. Al contrario, famiglie con
valori rigidamente tradizionali, con un tipo di religiosità molto severa e giudicante, con una
61
Cfr. C. CHIARI – L. BORGHI, Psicologia dell’omosessualità. Identità, relazioni familiari e sociali, p. 51.
Cfr. Ibidem, p. 16.
63
Cfr. Ibidem, p. 55.
62
24
provenienza geografica meridionale e con una età anagrafica elevata, risultano meno
supportive nel processo di formazione dell’identità. 64
L’aver accettato la propria parte omosessuale risulta essere un fattore protettivo di
grande importanza e rilevanza mentre il timore della visibilità come appartenente alla
categoria omosessuale sfocia in una percezione negativa di sé come competente nel
risolvere le questioni legate al proprio percorso di vita. 65
2.3. Il cammino di scoperta di una nuova identità
La scoperta della propria identità può avvenire sia nel periodo dell’adolescenza sia
in età adulta con vari risvolti ed implicazioni.
L’adolescenza è un periodo particolarmente delicato per gli omosessuali in quanto,
in questa età, non è facile ammettere di essere diversi soprattutto se condannati dalla
società. Ciò non significa, tuttavia, che l’omosessualità sia una patologia, il problema è
riconoscerla in se stessi e dinanzi agli altri sia in giovane età che in età più avanzata. 66 La
pedagogia e il mondo dell’educazione si deve interrogare sull’accompagnamento degli
adolescenti omosessuali nella società moderna per sostenere il loro cammino di
comprensione ed accettazione. Occorre ricordare i rilevanti rischi di depressione nella fase
adolescenziale con un tasso di suicidi estremamente elevato per l’adolescente omosessuale
che vive isolamento e rifiuto. Secondo le stime statunitensi, un terzo dei suicidi giovanili
avviene tra i giovani omosessuali e il ricorrere a comportamenti a rischio (alcolismo,
droga, condotte delinquenziali) pare sia collegato alla confusione generata dal proprio
orientamento sessuale non integrato. La tappa di acquisizione della propria identità risulta,
quindi, particolarmente difficile per l’adolescente omosessuale perché sa che la sua
sessualità è radicalmente diversa da quella dei suoi simili ed è indispensabile che genitori,
insegnanti ed educatori siano consapevoli dei problemi cui va incontro. 67
64
Cfr. C. CHIARI - L. BORGHI, Psicologia dell’omosessualità. Identità, relazioni familiari e sociali, p. 55.
Cfr. Ibidem, p. 71.
66
Cfr. M. CASTAÑEDA, Comprendere l’omosessualità, p. 27.
67
Cfr. Ibidem, p. 67.
65
25
Si registrano alcune differenze di genere: il ragazzo effeminato è molto più oggetto
di derisione di una ragazza mascolina e vive un forte senso di diversità e svalutazione per
sentirsi simile al sesso “debole”, mentre la ragazza acquista prestigio dall’assimilazione al
sesso “forte”. La ragazza può giocare indistintamente con maschi e femmine mentre il
ragazzo in genere è accettato solo dalle femmine aumentando così il senso di confusione e
la sensazione di essere strano. Il ragazzo è stigmatizzato sin dall’infanzia, e spesso anche i
genitori assumono atteggiamenti contraddittori: la madre diventa iperprotettiva e il padre
spesso si allontana da lui non riconoscendolo pienamente maschio. 68
La scoperta dell’identità omosessuale avviene gradualmente: una prima tappa,
come visto, avviene nell’adolescenza in un momento in cui si deve ancora imparare a
incanalare le pulsioni sessuali, entrare in relazione con l’altro sesso e sviluppare un’identità
sociale indipendente dalla famiglia. Questo passaggio per l’eterosessuale è facilitato dalla
società a differenza dell’omosessuale che sente di vivere una sessualità non riconosciuta e
accettata nemmeno dal gruppo dei pari così importante per la sua crescita. Da qui nasce un
senso di isolamento e solitudine. L’adolescente prova vergogna per ciò che percepisce di
essere e vive un calo notevole dell’autostima già così precaria in questa fase evolutiva.
Inizia il periodo dell’allontanamento dai rapporti familiari ed amicali dovendo nascondere
e contenere desideri e sentimenti inaccettabili. In questa fase l’omosessuale potrebbe anche
assumere atteggiamenti e comportamenti dichiaratamente eterosessuali per dimostrare la
sua normalità. Tuttavia potrebbe correre il rischio di infliggersi il dolore del non
riconoscimento di sé e vivere il senso di colpa di non essere come tutti vorrebbero. In una
seconda tappa, dopo il periodo di confusione dubbi ed isolamento, il giovane giunge a dare
un nome a ciò che prova, l’esplorazione di sé avviene in modo meno caotico, trasgressivo e
pericoloso e inizia il cammino verso l’accettazione ed integrazione. 69 L’immagine di sé
come omosessuale inizia a cambiare, si scoprono sentimenti e sensazioni sconosciute e si
inizia a sviluppare una vita sociale in cui il condividere la propria condizione di vita con i
simili e il sentirsi appartenente ad una comunità è il primo passo verso una
riappropriazione sia della vita che della propria identità sociale.
68
69
Cfr. M. CASTAÑEDA, Comprendere l’omosessualità, p. 57.
Cfr. Ibidem, p. 64.
26
Il giovane che si scopre omosessuale deve elaborare il lutto per un’identità
eterosessuale che ha sempre vissuto come unico modello esistente. Tutti i bambini
crescono con l’idea di un matrimonio, di una famiglia “regolare”, di una genitorialità.
Rendersi conto che tutto questo potrebbe non accadere, o deve assumere altre forme non
riconosciute, genera una forte sofferenza perché chiama alla rinuncia di un progetto di vita
a lungo preparato e atteso dalla famiglia e dalla società. Da qui il diniego della propria
omosessualità, il rifiuto, la collera, il patteggiamento di fare del tutto per cambiare, la
depressione e, se tutto si risolve positivamente, l’accettazione e l’elaborazione di un altro
progetto di vita. 70
Come genitori ed educatori, nell’accogliere un adolescente omosessuale, occorre
sempre tener presente quanto sia già complesso per un coetaneo eterosessuale rinunciare
alla parte infantile di sé, scoprire il corpo che cambia, muovere i primi passi nel mondo
dell’affettività. La realtà dell’omosessuale in scoperta di sé, è notevolmente più complessa
perché assume le sembianze di una “cosa” non definita che le norme sociali condannano e
spingono a mascherare spesso sotto una vita coniugale regolare ma in un’ambiguità che
rischia di bloccare il processo identitario. Da tutto questo nasce il disprezzo di sé, il
considerarsi un errore di natura, il credere di avere un’esistenza menomata e non destinata
alla realizzazione piena e serena, il sentirsi e viversi come costantemente alienati da se
stessi e dagli altri. Impotenza, disconferma, passività, rassegnazione, senso di illegittimità
ed estraneità, deresponsabilizzazione circa il proprio progetto di vita, diventano i
sentimenti dominanti. 71 In questo difficile percorso il patrimonio affettivo familiare ed
amicale è il punto di riferimento fondamentale: molti riescono ad esprimere la loro
diversità come arricchimento e, se supportati, a vivere la propria autenticità e a cogliere
spunti di realizzazione alternativi. 72
L’educatore, dovrebbe porsi accanto allo stato confusionale della persona
omosessuale ed intervenire sul suo senso di isolamento su più livelli: cognitivo in quanto si
tratta di combattere l’immagine negativa di sé mutuata da stereotipi e pregiudizi; sociale
perché frutto di discriminazione, ed affettivo perché spesso sono proprio le figure di
70
Cfr. M. CASTAÑEDA, Comprendere l’omosessualità, p. 68.
Cfr. P. RIGLIANO, Amori senza scandalo, p. 126.
72
Cfr. Ibidem, p. 125.
71
27
riferimento più importanti a voltargli le spalle. 73 Nell’ambito di uno sviluppo armonico
della personalità, come educatori bisogna tenere presente che l’adolescente omosessuale,
come anche l’adulto, percepisce come estremamente dissonante il riconoscimento dei
propri desideri a confronto con le proprie convinzioni religiose incappando nel rischio di
sentirsi sbagliato e non accettato anche nel rapporto con la dimensione spirituale e
all’interno della chiesa. 74 In questo campo, di particolare rilievo, sono i percorsi di
sostegno alle persone credenti omosessuali con l’intento di coniugare fede e sessualità
come aspetti fondamentali della persona umana. Si cita l’esperienza dei gruppi Nuova
Proposta, il Guado, La Sorgente, Ponti Sospesi, Davide e Gionata, Kairós. La fede, e la
possibilità di viverla, diventa fattore altamente protettivo della crescita della persona
omosessuale come accoglienza e rispetto della sua dimensione spirituale.
La scoperta dell’omosessualità può avvenire in età tardiva e spesso dopo un
percorso di vita eterosessuale e un’esperienza di genitorialità. Nell’adulto la scoperta di sé
può essere ancora più disorientante anche perché completamente immerso in un tessuto
familiare e sociale che rimanda continuamente la sua diversità dalle aspettative di ruolo e
la sua non normatività. Una persona in tali condizioni può arrivare a perdere il controllo di
se stessa, rifugiarsi in un isolamento completo o adire condotte impulsive e fortemente
trasgressive ed irresponsabili. La scoperta tardiva può essere considerata una “nuova
adolescenza” con tutti gli incerti, i dubbi, la confusione, le paure e l’angoscia tipica di
questa fase ma con un’età anagrafica che lascia poca possibilità di sperimentazione,
ridefinizione, ripensamenti. 75 L’adulto che si scopre omosessuale profonderà inizialmente
ancora più sforzi nel cercare di conformare la propria sessualità alle aspettative sociali,
familiari, amicali, rinforzando ulteriormente la concezione di sé come persona non
desiderabile. Nel caso di un genitore, il timore sarà di viversi improvvisamente
incompetente ad essere una buona guida per i figli. 76 Spesso la vera identità verrà celata e
mascherata sotto rapporti eterosessuali di comodo e di facciata per salvaguardare l’integrità
personale e la propria identità sociale. Tutto questo potrebbe generare una grande
73
Cfr. A. DI LUOFFO, Educazione al rispetto delle omosessualità, 2008, p. 53.
Cfr. L. PIETRANTONI, L’offesa peggiore. L’atteggiamento verso l’omosessualità: nuovi approcci psicologici ed educativi, p. 53.
75
Cfr. M. CASTAÑEDA, Comprendere l’omosessualità, p. 72.
76
Cfr. A. DI LUOFFO, Educazione al rispetto delle omosessualità, 2008, p. 68.
74
28
sofferenza data dal non riconoscersi, accogliersi e viversi come realmente si è, costretti a
vestire panni che non sono i propri. Anche in questo caso, come educatori all’interno di un
percorso di pedagogia familiare, e come società educante, occorre farsi carico del
particolare cammino che la persona intraprende per giungere alla piena realizzazione della
propria identità, supportando e sostenendo sia il percorso di integrazione di sé, sia il ruolo
genitoriale. Sostenere il genitore diventa allora sostenere i figli e l’intera famiglia.
In ultima analisi occorre fare un breve cenno al problema dell’omofobia che
ostacola profondamente l’accoglienza di sé come persone omosessuali. L’omofobia è «il
disagio, la svalutazione, l’avversione, su base psicologico-individuale e/o ideologicocollettiva, nei confronti delle persone omosessuali e dell’omosessualità stessa. E’ sistema
di credenze e stereotipi che mantiene giustificabile e plausibile la discriminazione sulla
base dell’orientamento sessuale». 77 La società è intrisa di atteggiamenti e messaggi
omofobici, la cultura di molti paesi è ancora estremamente discriminante verso la
condizione omosessuale ed assolve una chiara funzione difensiva per mantenere un
necessario e rassicurante equilibrio sociale, fondato su valori condivisi e riconosciuti, ma
intolleranti verso altre realtà. In questo caso la società rischia di proiettare all’esterno le
proprie paure ed emarginare l’omosessuale perché portatore di un orientamento che incute
timore e perpetua il pericolo della destabilizzazione. 78
L’omofobia poggia il suo fondamento sull’ eterosessismo o eterormatività della
società, ovvero la credenza che l’eterosessualità sia l’unica via di realizzazione del proprio
sé, che non esistano percorsi alternativi e che l’autenticità della persona passi solo
attraverso l’accettazione dei comportamenti, pensieri, sentimenti e atteggiamenti veicolati
dalla maggior parte della società. 79 Non si vuole esprimere alcuna valutazione morale ma
sottolineare che, educativamente parlando, non ascoltare le istanze delle persone
omosessuali, con il diritto ad una piena realizzazione della loro identità integrata nella vita
sociale, rappresenta un grande rischio di inautenticità e alienazione della persona stessa.
L’atteggiamento fortemente omofobico, sia di molte famiglie che della società,
spingono la persona omosessuale verso l’omofobia interiorizzata ovvero un insieme di
77
V. LINGIARDI, Citizen Gay. Famiglie, diritti negati e salute mentale, Milano, Il Saggiatore, 2007, p. 127.
Cfr. M. CASTAÑEDA, Comprendere l’omosessualità, p. 108.
79
Cfr. C. CHIARI - L. BORGHI, Psicologia dell’omosessualità. Identità, relazioni familiari e sociali, p. 65.
78
29
atteggiamenti negativi che il soggetto prova, più o meno consapevolmente, verso la propria
ed altrui omosessualità identificandosi come soggetto non desiderabile o “sbagliato”.
Questo porta a tutta una serie di conseguenze: scarsa accettazione e stima di sé, forme di
avversione profonda e odio nei confronti di se stessi, sentimenti di incertezza, inferiorità e
vergogna, incapacità di comunicare agli altri la propria vera essenza, convinzione di essere
rifiutati a causa della propria identità, identificazione con gli stereotipi e pregiudizi
discriminatori. 80 Spesso l’omosessuale diventa il peggior persecutore di se stesso cosicché
il vero nemico da combattere è quella voce interiore che continua ad esprimere il proprio
essere invisibile, illegittimo, clandestino nel proprio stesso corpo. Nessuno sceglie di
essere omosessuale altrimenti è chiaro che, dovendo fronteggiare una simile avversione e
fobia personale e sociale, non avrebbe mai optato per un orientamento e un cammino
costellato di sofferenze e difficoltà .Questo è un punto di vista che come società educante
non si dovrebbe mai dimenticare.
Non è possibile addentrarsi ulteriormente nella trattazione dell’omofobia ma risulta
chiaro che, pedagogicamente parlando, come comunità educante ci si debba porre il
problema di come accompagnare la persona omosessuale, giovane o adulta, nel suo
percorso di integrazione. Questo risulta meno agevole in una società che, ritenendo
l’eterosessualità l’unico orientamento esistente e l’unica norma valida, non agevola la
costruzione serena del proprio sé fino ad arrivare all’intolleranza agita nei gesti e nei
comportamenti e all’attacco, a volte purtroppo ancora mortale, di chi si pone fuori dai
canoni di “normalità”.
80
Cfr. V. LINGIARDI, Citizen Gay. Famiglie, diritti negati e salute mentale, p. 127.
30
Capitolo II
L’OMOSESSUALITA’ IN FAMIGLIA
Quando una persona si riconosce omosessuale non ha davanti a sé un cammino
semplice: non ha vantaggi visibili e le si prospetta un avvenire carico di dubbi e timori che
comporterà dei possibili ed inevitabili conflitti con la famiglia e la società. “Accettarsi
come omosessuale non assomiglia ad un ritorno a casa, ma piuttosto ad un esilio” 81 . In
questo capitolo si tratteranno le implicazioni familiari originate dalla rivelazione
dell’orientamento sessuale e il modo in cui questo incide sulle dinamiche interpersonali.
1. Il figlio omosessuale
Nella trattazione del tema si analizzerà inizialmente il momento delicato del
coming out, ovvero dello svelarsi al mondo familiare e sociale del figlio omosessuale. Si
passerà poi a trattare la posizione della famiglia durante tutto il processo di ridefinizione di
sé fino a costituirsi risorsa per il familiare che vive il suo processo di acquisizione
dell’identità.
1.1. Il coming out: perché dirlo?
Il termine “coming out” significa uscire allo scoperto, manifestare il proprio
orientamento sessuale davanti ad altri dopo averlo accolto in se stessi accettando
pienamente la propria omosessualità nella sfera pubblica e in quella privata. In questo
senso il coming out indica la condizione in cui identità personale e sociale, identità privata
e pubblica, diventano tra loro coerenti e manifestate apertamente.
Occorre precisare che il processo di svelamento non ha mai fine: ci saranno sempre
delle situazioni nuove in cui dover affrontare la decisione se essere evidenti o rimanere
81
M. CASTAÑEDA, Comprendere l’omosessualità, p. 33.
31
nascosti per timori e paure di varia natura. Può accadere che una persona sia visibile nella
famiglia ma non nell’ambito lavorativo ed amicale o viceversa, in una società che
presuppone, automaticamente, che tutti siano eterosessuali. 82 Capita, quindi, che
l’omosessuale resti rinchiuso nella clandestinità non soltanto per nascondersi ma per
nascondere ciò che la società, e spesso la famiglia stessa, rifiuta di vedere. 83
Uscire allo scoperto rappresenta una decisione difficile ma di importanza capitale
sia per il cammino di appropriazione dell’identità che per il non essere continuamente
identificati, definiti e descritti dagli altri. Ulteriore ragione a sostegno della necessità del
coming out è la possibilità di integrarsi nella comunità gay, considerando che
l’omosessuale sente un bisogno di appartenenza tanto più grande quanto più è stato forte e
doloroso il rifiuto e l’allontanamento dalla famiglia. Dirsi omosessuale vuol dire entrare a
pieno diritto a far parte di una comunità che aiuta a recuperare e a vivere la propria identità
e a classificarsi per non essere classificato anche se continueranno ad esserci spazi in cui le
paure porteranno a perpetuare il nascondimento. 84 Molti omosessuali preferiscono
ritrovarsi tra simili, con il rischio a volte di ghettizzarsi in ambiti solo a loro dedicati, per
poter essere se stessi e potere esprimere la loro affettività nella sua interezza. Isay sostiene
che il coming out consente all’omosessuale un rafforzamento dell’immagine positiva di sé
che nasce dalla condivisione del proprio io con l’occasione di scoprire modelli di ruolo
positivi al di là del pregiudizio e dell’isolamento vissuto fin dalla tenera età. 85
Il rivelarsi ha degli indubbi vantaggi in quanto il costo della clandestinità è molto
alto e comporta un dispendio di energie fisiche e psichiche di notevole entità, tutte energie
tolte ad un cammino di serena realizzazione personale e di relazioni positive con la
famiglia e la società. Molti studi dimostrano che l’uscire dalla clandestinità migliora lo
stato di salute fisica e mentale diminuendo il rischio di depressione, ansia, sensi di colpa e
somatizzazioni dovute al tentativo estremo di tenere tutto sotto controllo, perché nulla
trapeli da gesti, parole, comportamenti e reazioni. 86 Gli omosessuali che riescono ad
affermare la propria identità sessuale tendono ad essere più soddisfatti di se stessi,
82
Cfr. M. CASTAÑEDA, Comprendere l’omosessualità, p. 79.
Cfr. Ibidem, p. 80.
84
Cfr. Ibidem, p. 82.
85
Cfr. R. ISAY, Essere omosessuali, Milano, Raffaello Cortina Editore, 1996, p. 56.
86
Cfr. M. CASTAÑEDA, Comprendere l’omosessualità, p. 83.
83
32
maggiormente propositivi verso gli altri e più propensi a confrontarsi con il modo
circostante. 87
Le paure di uscire dalla clandestinità sono dettate soprattutto dal timore di
incrinare, rompere o perdere i legami familiari ed esporsi in una società ancora
stigmatizzante. Costi e benefici dipenderanno, allora, dal contesto familiare, sociale e
culturale in cui il soggetto vive. 88 A fronte delle paure, il rischio è che l’omosessuale si
condanni ad una vita di menzogne, falsificazioni, non autenticità, con influenza negativa
sulla corretta percezione di sé e sul proprio senso di efficacia ed autostima. Manifestare se
stessi rappresenta un processo in cui l’individuo diventa consapevole delle proprie
preferenze affettive e sessuali scegliendo di integrarle nella sua vita. E’ cammino di
apertura, di definizione ed automanifestazione che comprende aspetti spirituali ed
emozionali nonché ripercussioni nel contesto di appartenenza. 89 Il coming out rappresenta
un momento significativo, oltre che per il benessere del soggetto, anche per la costruzione
di una resilienza personale e sociale, come capacità di resistere agli urti e all’impatto di
uscire allo scoperto rimanendo fedeli a se stessi e al proprio cammino di realizzazione. 90
La discriminazione, infatti, può produrre resilienza in quanto mette in gioco forze e sistemi
motivazionali che attivano la capacità di affrontare con successo le avversità e consolidare
il buon funzionamento sia del soggetto che dell’intera famiglia. 91
La paura maggiore davanti alla possibilità del coming out è quella di compiere un
passo irreversibile e di imboccare una strada senza ritorno che provoca vergogna e senso di
inadeguatezza. E’ il timore di non farcela a reggere l’impatto emotivo del “dopo”, di non
possedere le risorse per mantenere la propria integrità dopo aver alterato gli equilibri
familiari ed amicali così importanti per una buona percezione di sé. Diventa allora vitale
riuscire a comunicare la propria omosessualità mettendone in risalto la positività e la
ricchezza così da raggiungere, almeno nell’ambito familiare, quella valorizzazione che il
contesto sociale nega. 92
87
Cfr. A. MONTANO, Psicoterapia con clienti omosessuali, Milano, McGraw Hill, 2000, p. 56.
Cfr. M. CASTAÑEDA, Comprendere l’omosessualità, p. 84.
89
Cfr. C. CHIARI - L. BORGHI, Psicologia dell’omosessualità. Identità, relazioni familiari e sociali, p. 48.
90
Cfr. Ibidem, p. 77.
91
Cfr. V. LINGIARDI, Citizen Gay. Famiglie, diritti negati e salute mentale, p. 96.
92
Cfr. P. RIGLIANO, Amori senza scandalo, p. 119.
88
33
In definitiva rimanere “velati” implica il condurre una doppia vita e servirsi di
strategie di simulazione, camuffamento, segreti e bugie che danneggiano fortemente il
processo identitario. Inoltre, si costruirebbero relazioni interpersonali non autentiche dal
momento che si nasconde una parte di sé importante e fondamentale inducendo l’altro in
errore. 93 Pensare di dover proteggere gli altri dal proprio orientamento è assumersi una
responsabilità che non compete alla persona omosessuale ma che va lasciata
all’elaborazione di chi è chiamato ad accogliere l’altro nella sua diversità. 94
In ogni caso il coming out ha effetti benefici solo se è frutto di libera scelta della
persona che, dopo una valutazione realistica dei costi e benefici, decide di manifestare
apertamente la propria identità nella speranza di instaurare relazioni autentiche e di sentirsi
supportata dal contesto di appartenenza. Risulta chiaro che il processo di outing, ovvero lo
svelamento dell’orientamento sessuale da parte di altri, non ha lo stesso beneficio ma
costituisce una brusca invasione e violazione dell’intimità e riservatezza della persona.
1.2. Il coming out: un processo familiare
Il processo del coming out non è un atto compiuto semplicemente dalla persona
omosessuale. Si configura come un processo interattivo che comporta un cambiamento
delle relazioni tra tutti i membri della famiglia e tra la famiglia e il mondo esterno. 95
L’omosessuale che esce dalla clandestinità non lo fa mai da solo ma spinge l’intera
famiglia a confrontarsi con se stessa e con la società.
La famiglia è l’ambiente più delicato e complesso in cui dichiararsi. Molte persone
dicono di accettare l’omosessualità purché non tocchi la loro famiglia ma quando si tratta
di qualcuno molto vicino la tempesta emotiva prende il sopravvento generando spesso
conflitti e rotture. 96
93
Cfr. J. QUILES, Più che amiche, p. 189.
Cfr. Ibidem, p. 190.
95
Cfr. C. CHIARI - L. BORGHI, Psicologia dell’omosessualità. Identità, relazioni familiari e sociali, p. 78.
96
Cfr. J. QUILES, Più che amiche, p. 196.
94
34
«Tutta la famiglia è colorata di omosessualità» 97 , afferma Chiari, sottolineando
come questa fase delicatissima interessa, coinvolge, interpella, mobilita tutte le risorse
familiari in gioco spingendo ogni singolo soggetto a rivedere le proprie convinzioni e il
proprio atteggiamento verso l’altro. La famiglia, in questa fase, necessita di nuove strategie
di coping e di non sentirsi relegata in un ambito patologico o disfunzionale. Sul panorama
familiare si affaccia un nuovo compito evolutivo che va molto al di là dell’accompagnare il
figlio nella sua entrata nel mondo adulto. Si tratta di definirsi come famiglia con un figlio
omosessuale rispetto ad un mondo esterno che, nella maggior parte dei casi, è portatore di
stereotipi e pregiudizi nei confronti di una “differente normalità”. 98 Questo passaggio è
molto doloroso per tutta la famiglia ed ancor più per i genitori che spesso chiedono al figlio
di non dire nulla, di vivere nascostamente la propria affettività proteggendo se stessi dalla
possibile discriminazione esterna. Il processo diventa circolare: il genitore vive una
difficoltà, chiede segretezza a rispetto della propria sofferenza senza rendersi conto che
tale richiesta potrebbe essere vissuta dal figlio come un rifiuto, come segno della rottura di
un legame, come perdita di un equilibrio necessario per la propria accettazione. Il
sentimento della vergogna accomuna tutti i familiari che sentono di non corrispondere ai
canoni considerati adeguati dalla società e che la società richiede per farne parte a pieno
diritto. 99 Tutti i membri della famiglia diventano, in potenza, soggetti alla discriminazione
sociale e tale sofferenza potrebbe agire sia da collante che da motivo di allontanamento e
rifiuto reciproco.
Il coming out in famiglia, quasi sempre problematico, reca in sé un potenziale
positivo: potrebbe essere capace di avviare un miglioramento della comunicazione
genitori-figli fino a quel momento gravata da nascondimenti, bugie, finzioni, ipocrisie. La
discriminazione, in questo caso, può produrre la resilienza dell’intero contesto familiare
aprendo nuove vie, nuove modalità relazionali, nuovi atteggiamenti di comprensione e di
dialogo costruttivo. 100
97
C. CHIARI - L. BORGHI, Psicologia dell’omosessualità. Identità, relazioni familiari e sociali, p. 89.
Cfr. Ibidem, p. 89.
99
Cfr. Ibidem, p. 90.
100
Cfr. V. LINGIARDI, Citizen Gay. Famiglie, diritti negati e salute mentale, p. 96.
98
35
Molto spesso si instaura nella famiglia un clima di silenzio: non si parla
dell’omosessualità di un componente, delle sue relazioni affettive, del suo bisogno di
riconoscimento. Ognuno si confronta con le proprie paure, limiti e con i tabù che ogni
contesto familiare perpetua nel tempo e nel passaggio di generazione in generazione. Il
tabù familiare racchiude un silenzio carico di insinuazioni, rimproveri, ritorsioni e tutta una
serie di divieti e proibizioni che minano alla radice la mappa affettiva della famiglia stessa.
Nel processo familiare di ridefinizione delle relazioni interpersonali, risulta
chiaramente più rischioso e difficile prendere l’iniziativa di rompere il silenzio piuttosto
che restarci chiusi salvaguardando ognuno le proprie posizioni e il proprio bisogno di
sicurezza. 101
Considerando gli effetti del coming out in chiave familiare e circolare, questo si
può considerare come un evento che innesca un processo simile all’elaborazione di un
lutto. Come il figlio è chiamato a lavorare sulla perdita dell’ideale eterosessuale, anche i
genitori devono elaborare la “perdita del figlio sperato” sostituendo l’immagine
fantasticata di un futuro di famiglia, figli e nipoti con una più congruente alla realtà e che
potrebbe includere anche una relazione e una unione omosessuale. 102
In un processo circolare, il momento dello svelarsi può diventare occasione di
educarsi a vicenda: il figlio aiuta i genitori e viceversa. L’omosessuale è chiamato a
mettersi nei panni dei familiari, dei loro sentimenti, dei loro timori ma soprattutto del senso
di colpa che provano nei confronti di un figlio che non pare “riuscito bene”. L’annuncio
dell’omosessualità spinge infatti i genitori a un bilancio della loro vita come educatori e a
cercare di comprendere se, in tale ruolo, hanno sbagliato qualche passo del loro percorso
educativo. Sono proprio i genitori, inizialmente, ad avere bisogno di rassicurazioni, di un
sostegno che comunichi incoraggiamento dopo che la loro autostima ha subito un grave
contraccolpo. In special modo sono le mamme “casalinghe” ad essere più vulnerabili in
quanto hanno profuso tutta o gran parte della loro vita nella corretta educazione dei figli
investendo emotivamente molte delle loro energie. 103 Bisogna ricordare che i genitori,
101
Cfr. M. CASTAÑEDA, Comprendere l’omosessualità, p. 89.
Cfr. A. DI LUOFFO, Educazione al rispetto delle omosessualità, p. 125.
103
Cfr. G. DALL’ORTO - P. DALL’ORTO, Figli diversi. New generation, Casale Monferrato, Sonda, 2005,
p. 76.
102
36
comunque, sono cresciuti in un’epoca in cui l’omosessualità era considerata una malattia,
una patologia da curare e quindi necessitano di un maggior supporto per integrare in sé
qualcosa che avevano vissuto sempre come discriminato.
Occorre sottolineare che, all’interno della famiglia, non esistono colpe da espiare o
responsabili da individuare. Non esiste nessuna particolare situazione della vita familiare
che causi l’orientamento omosessuale che è invece componente stabile della personalità
non modificabile dall’educazione. Semmai i genitori possono solo influenzare,
positivamente o negativamente, il modo in cui i figli vivranno la loro sessualità sia etero
che omosessuale, ossia se lo faranno con dignità, serenità e pace interiore o con un senso di
angoscia, vergogna, paura, rifiuto di sé. 104 L’ostinato tentativo di individuare una colpa
può costituire un’importante minaccia per l’equilibrio familiare e scatenare dei conflitti
all’interno della coppia genitoriale. La ricerca del “capro espiatorio” non fa che bruciare
importanti risorse da convogliare invece in un processo di ridefinizione e ricostruzione dei
rapporti.
Genitori e fratelli spesso si assumono la responsabilità di lasciare che la famiglia
intera conosca l’identità sessuale del proprio familiare. Si pongono come mediatori con la
famiglia allargata e con la cerchia di amici, ma è chiaro che tale compito richiede un
cammino di crescita personale per risolvere e abbandonare i pregiudizi e stereotipi di cui
ognuno è portatore. 105
Il coming out rappresenta quindi una grande opportunità se letto in chiave di auto
ed eteroeducazione: un processo circolare e dinamico che porta ognuno a scendere in se
stesso, a confrontarsi con le proprie istanze più profonde e trovare nuove strategie per
ridisegnare i rapporti familiari. La rivelazione rappresenta si un evento critico che scardina
gli equilibri omeostatici creati e mantenuti all’interno della famiglia, ma la crisi va letta
come opportunità di cambiamento positivo e di crescita, dando inizio ad un processo di
ricerca di nuove risorse e pratiche di coping.
L’amore familiare, anche se passa attraverso dolori e sofferenze, non dovrebbe mai
essere messo in discussione, sono invece i pregiudizi e i condizionamenti culturali che
104
105
Cfr. G. DALL’ORTO - P. DALL’ORTO, Figli diversi. New generation, p. 143.
Cfr. D. DI CEGLIE, Straniero nel mio corpo, Milano, Franco Angeli, 2003, p. 107.
37
spesso aprono fratture profonde e alzano barriere comunicative a volte difficili da
superare. 106
2. Il genitore omosessuale
Particolarmente delicata è la situazione del genitore che, dopo una vita
eterosessuale e la costruzione di una famiglia, scopre o decide di vivere apertamente il suo
orientamento omosessuale. Si analizzeranno le implicazioni e le ricadute familiari di tale
passaggio soprattutto in relazione al rapporto con i figli. Pedagogicamente parlando,
l’interesse è orientato nell’individuare come i rapporti familiari sono chiamati a ridefinirsi
davanti alla rivelazione di un orientamento omosessuale. Altresì si vogliono fornire
strumenti di comprensione di una realtà che sta emergendo sempre più consistentemente e
richiede un maggior approfondimento per essere pronti, come educatori e comunità
educante, nel momento in cui ci si troverà ad accogliere, sia personalmente, che
istituzionalmente, persone omosessuali e figli di genitori omosessuali. Tutto questo perché
il benessere della persona, genitori e figli, e il sostegno alla loro crescita armonica deve
venire prima di ogni giudizio e pregiudizio.
2.1. Il rivelarsi tra dubbi e paure
Secondo la ricerca Modi.di, condotta nel 2005 in Italia da Arcigay con il patrocinio
dell’Istituto Superiore di Sanità, si calcola che siano circa 100mila i figli con almeno un
genitore omosessuale, il 17% dei gay e il 20,5% delle lesbiche con più di 40 anni hanno
figli provenienti per la maggior parte da precedenti unioni eterosessuali. Da queste stime è
chiaro che il fenomeno ci interpella come educatori a vagliarne più da vicino i contenuti e
le possibili prospettive pedagogiche.
Nel caso di omosessualità si parla di famiglie ricomposte, ovvero composte da figli
nati all’interno di precedenti relazioni eterosessuali cui è seguita una nuova unione di tipo
106
Cfr. A. MONTANO, Psicoterapia con clienti omosessuali, Milano, McGraw Hill, 2000, p. 75.
38
omosessuale in cui uno dei partner ha già esercitato in precedenza la funzione
genitoriale. 107
La scoperta in età tardiva della propria omosessualità rappresenta un evento
fortemente critico nella vita di una persona per il fatto che si trova inserita da sempre in un
tessuto familiare eterosessuale, in aspettative di genere congruenti alla scelta affettiva
primaria e, in molti casi, in una genitorialità che si teme di veder entrare in crisi. Occorre
sottolineare che la scoperta tardiva dell’omosessualità, è invece, molto spesso, un
riappropriarsi di un’identità che si era nascosta, negata, camuffata dietro una presunta
normalità data dalla scelta eterosessuale. La rivelazione può essere tardiva per la forte
influenza dell’omofobia sociale ed interiorizzata che non aiuta a comprendere la propria
identità ma a nasconderla per timore di rifiuto e ghettizzazione; per il desiderio di
rispondere alle pressioni familiari che spingono verso un modello tradizionale; per il
desiderio di genitorialità; per la confusione circa il proprio vero orientamento o per la
convinzione che il matrimonio possa aiutare a superare la tendenza omosessuale.108 Il
carattere omofobico di molte società potrebbe rallentare, quindi, il processo di
appropriazione dell’identità omosessuale spingendo all’omologazione e al conformismo
per perseguire, ad ogni costo, una “normalità” accettata socialmente e protettiva per
l’individuo stesso. 109
Il coming out del genitore desta quindi paure, timori, perplessità e sofferenze sia nei
coniugi che nei figli. Si delineano nuove geometrie familiari in cui includere il percorso
omosessuale del familiare che, pur sempre, rimane genitore. I conflitti che nascono nella
coscienza della persona adulta che si scopre omosessuale sono dettati dal senso di
indegnità ad essere genitore in quanto omosessuale, dalla paura di non fornire al bambino
un ambiente familiare “normale”; dal senso di colpa di aver messo al mondo un bambino
107
Cfr. C. CHIARI - L. BORGHI, Psicologia dell’omosessualità. Identità, relazioni familiari e sociali, p.
112.
108
Cfr. RETE GENITORI RAINBOW, Scoprirsi omosessuale con una famiglia eterosessuale, in
<www.genitorirainbow.it/scoprirsi-omosessuale-con-una-famiglia-eterosessuale.html> del 25/03/2012, p. 1.
109
Cfr. RETE GENITORI RAINBOW, Le coppie di fatto e le separazioni ”omosessuali”, in
<www.genitorirainbow.it/category/testimonianze>, del 7/11/2012, p. 1.
39
“con un problema in più”, dalla gelosia, rivalità e insicurezza nei confronti del genitore
biologico. 110
Di seguito si analizzeranno più specificamente paure e timori che possono bloccare
e inibire una corretta capacità genitoriale di sostenere il figlio nel suo cammino di crescita.
Il genitore omosessuale teme di perdere il rispetto genitoriale soprattutto se il figlio
si trova nell’adolescenza e ha bisogno di rompere l’idealizzazione genitoriale, tipica
dell’infanzia, per trovare se stesso. L’adolescente sente il bisogno di opporsi e distruggere
l’immagine onnipotente del genitore e spesso utilizza, in modo strumentale, la rivelazione
dell’omosessualità per portare a termine il compito di sviluppo di svincolo dalle figure
genitoriali. Si deve tenere presente che si tratta di una reazione normale e momentanea
tipica della fase di crescita e che, come tale, nel tempo viene superata. In un’età più
precoce la rivelazione, in genere, incontra meno problemi perché è ancora molto forte la
dipendenza dal genitore e la sua idealizzazione. 111
Connessa a questo primo aspetto è la paura del rifiuto da parte del figlio. Nel
momento iniziale del coming out è normale che si viva un sentimento di allontanamento
che riveste funzione protettiva e difensiva: il figlio si distacca anche violentemente per
prendere il giusto tempo per riflettere e metabolizzare la nuova realtà. A lungo termine il
rifiuto lascia il passo al riavvicinamento soprattutto se il genitore continua a mantenere gli
stessi comportamenti affettivi, emozionali e di guida e se mostra di aver accettato
pienamente la sua nuova realtà, libero il più possibile da sensi di colpa e di vergogna. 112
Il genitore omosessuale si scontra, poi, con la paura della legittimità alla
genitorialità. Occorre sottolineare che la capacità genitoriale non è dipendente
dall’orientamento sessuale ma dipende dalla qualità della relazione che si instaura con il
figlio fin dai primi momenti della sua vita e lungo tutto il percorso educativo. Dare cura,
protezione, saper entrare in risonanza emotiva, dare regole e limiti non dipende da una
sessualità ma da una relazione autentica e vera. 113
110
Cfr. V. LINGIARDI, Citizen Gay. Famiglie, diritti negati e salute mentale, p. 109.
Cfr. RETE GENITORI RAINBOW, Scoprirsi omosessuale con una famiglia eterosessuale, p. 1.
112
Cfr. Ibidem, p. 1.
113
Cfr. Ibidem, p. 1.
111
40
Un timore molto grande, e che spesso inibisce fortemente la possibilità di una
rivelazione necessaria, è la paura di perdere legalmente la custodia del figlio e di essere
estromesso dalla sua vita per l’incapacità a svolgere il ruolo genitoriale per via
dell’orientamento omosessuale. In realtà, il diritto non prevede nella separazione
l’addebitamento della colpa in caso di omosessualità: il dovere, il diritto e la potestà
genitoriale rimangono inalterati anche nel caso di una diversa sessualità. 114 Si può perdere
l’affidamento congiunto del figlio solo se si dimostra che il genitore è realmente incapace
di rappresentare una figura educativa idonea a differenza del genitore cosiddetto
“normale”. A volte l’elevato tasso di omofobia nel coniuge leso, ha portato il giudice, in
sede di processo per separazione, ad affidare il figlio al genitore omosessuale ritenuto
meno discriminante e più equilibrato per la crescita del bambino.
Erroneamente si ritiene che l’omosessualità sia intrinsecamente psicopatologica,
che le capacità genitoriali siano più carenti, che le nuove relazioni sottraggano tempo, cure
ed attenzioni alle interazioni genitore-bambino. Di fatto nessuna di queste credenze è stata
confermata dalla ricerca. L’unica condizione di svantaggio sembra legata, invece, al
pregiudizio e allo stigma sociale. 115
In chiave pedagogica occorre sottolineare alcune linee guida per convertire paure e
timori in nuove strategie di coping. E’ necessario che entrambi i genitori elaborino il lutto
di una relazione che si è modificata ma che li pone sempre e comunque come genitori a
sostegno della crescita dei figli. Il supporto del coniuge è fondamentale nel preparare e
sostenere il figlio rassicurandolo che non perderà alcun legame ma che potrà sempre
contare sull’appoggio di entrambe le figure genitoriali. Occorre dare il massimo ascolto ed
accoglienza ad eventuali reazioni e lasciare il tempo necessario perché ognuno trovi il suo
nuovo assetto, tenendo presente che il rispetto costruito nel corso degli anni in una buona
relazione genitore-figlio, non andrà mai perduto ma sarà solo condotto a ridefinirsi. Il
genitore omosessuale è chiamato a combattere il sentimento di ansia e attesa di una non
accettazione immediata, dando tempo al figlio di ritrovare il proprio equilibrio.
114
115
Cfr. RETE GENITORI RAINBOW, Le coppie di fatto e le separazioni ”omosessuali”, p. 1.
Cfr. V. LINGIARDI, Citizen Gay. Famiglie, diritti negati e salute mentale, p. 109.
41
Insieme al coniuge potrà preparare il terreno ad una necessaria rivelazione
utilizzando il materiale disponibile (libri, film, opuscoli informativi) ma soprattutto
parlando in famiglia dell’importanza del riconoscimento delle diversità come ricchezza,
qualunque esse siano. Il rispetto e valorizzazione delle diversità dovrebbe costituire, infatti,
un cardine del processo educativo di ogni famiglia e di ogni istituzione educativa. Un
ulteriore passo di particolare rilievo è il dialogo con i vari agenti sociali con i quali il figlio
entra in relazione. Una buona alleanza educativa con la scuola, la chiesa, il mondo
sportivo, l’associazionismo, permetterà di limitare i danni della non accettazione della
diversità, dovuta spesso all’ignoranza del problema, e il rischio di manifestazioni di
bullismo omofobico. Risulta chiara l’importanza della formazione degli educatori che, oggi
più che mai, si trovano a fronteggiare situazioni nuove in cui i bambini di omosessuali
iniziano a rappresentare una presenza consistente nella vita scolastica e sociale. Occorre,
allora, educare le istituzioni a saper trattare la specificità come risorsa educativa in una
sorta di lavoro in rete, di alleanza operativa formando ai temi dell’affettività,
dell’orientamento sessuale e di genere e alla possibile esistenza di diverse manifestazioni
della sessualità. 116
L’immagine positiva di sé che il genitore omosessuale può sviluppare, integrando
nella vita e nella famiglia la sua nuova identità, rappresenta per l’intero nucleo un bene da
perseguire e una risorsa da scoprire. Ciò che appare come ostacolo nel cammino familiare
potrebbe aprire la porta a nuove relazioni, ad una comunicazione più autentica, ad un clima
più agevolante per la crescita e la realizzazione di ognuno. Non bisogna dimenticare, al
contrario, che lo stigma sociale e la paura di uscire allo scoperto rappresentano un carico
ulteriore sul benessere psicologico della persona che si trova a dover affrontare un duplice
compito di sviluppo: la costruzione o riscoperta della propria identità omosessuale e la
riconfigurazione della propria identità genitoriale. 117 Per realizzare tutto ciò occorre
senz’altro un percorso di sostegno sia alla persona omosessuale che all’intero nucleo
familiare, tema che verrà trattato nel successivo capitolo individuando la rete di risorse di
cui attualmente si dispone.
116
Cfr. RETE GENITORI RAINBOW, Le coppie di fatto e le separazioni ”omosessuali”, p. 1.
Cfr. C. CAVINA - D. DANNA (a cura di), Crescere in famiglie omogenitoriali, Milano, Franco Angeli,
2009, p. 70.
117
42
2.2. Il figlio e il genitore omosessuale: un nuovo percorso
La famiglia è una fitta rete di relazioni in cui ognuno porta un vissuto che si
incontra, si confronta e si intreccia con quello dell’altro. In questa sede si vuole analizzare
il rapporto figlio-genitore omosessuale non dimenticando che l’intero nucleo vive uno
sconvolgimento profondo che porta a rivedere e ridisegnare le trame relazionali. Per
brevità, si deve tralasciare l’analisi del rapporto di coppia, sottolineando comunque che la
coesione e l’appoggio reciproco dei genitori è un fattore protettivo fondamentale nel
processo di elaborazione della nuova situazione familiare.
Occorre tenere presente che il genitore omosessuale non è un adulto in cerca di
sperimentazione, come l’adolescente, ma una persona che ha un percorso di vita alle spalle,
un processo di crescita già consolidato e una responsabilità nei confronti del figlio e di
relazioni da conservare, tutelare e far fruttificare. L’interrogativo che il genitore si pone è
quanto il suo orientamento possa danneggiare o disturbare la crescita del figlio in quanto
l’idea che una persona omosessuale possa essere un buon genitore incontra molte
resistenze. Le più recenti ricerche, soprattutto in campo statunitense dato che in Italia si
parla di una realtà ancora sommersa, confermano che i figli di genitori omosessuali sono
psicologicamente sani ed adattati e non mostrano un’incidenza maggiore di problemi legati
all’identità di genere rispetto ai coetanei cresciuti in famiglie eterosessuali. Lo sviluppo
ottimale del bambino sembra influenzato dalla qualità delle relazioni più che dalla
configurazione di genere. La presenza di relazioni traumatiche, condiziona la crescita sana
dell’individuo in termine di mancanza di quel supporto affettivo, emotivo e materiale di cui
il soggetto ha bisogno per crescere. 118 Più specificamente lo sviluppo dell’identità sessuale
del bambino segue i percorsi attesi senza alcuna incidenza di valore circa l’orientamento
del genitore, come non sono emerse differenze significative circa le difficoltà di
adattamento sociale e di autostima di questi soggetti nel momento in cui si trovano ad
interagire in società.
Risulta più preoccupante, invece, il grado di stigmatizzazione e pregiudizio sociale
come fattore di rischio per un corretto sviluppo della persona. Questo, per compiersi in
118
Cfr. V. LINGIARDI, Citizen Gay. Famiglie, diritti negati e salute mentale, p. 101.
43
modo positivo, necessita di un’accoglienza favorevole da parte dei contesti di riferimento e
soprattutto delle persone significative come la cerchia familiare allargata e le relazioni
amicali. 119 La presenza di conflitti o disturbi psicologici non sembra, quindi, dipendere
dall’orientamento sessuale del genitore ma da altre situazioni a rischio, come separazioni e
divorzi, mal elaborate e mal gestite all’interno del nucleo familiare. Anche
l’argomentazione dell’imitazione del modello sessuale proposto dal genitore sembra non
trovare una sua fondatezza scientifica in quanto, in ogni caso, il bambino, difficilmente si
trova a vivere isolato dal resto del mondo e in stretta simbiosi con il padre e con la madre
tanto da essere esposto ad un unico contesto di riferimento. 120
Ulteriori ricerche hanno messo in luce l’inattendibilità dell’inadeguatezza alla
maternità della madre lesbica: non è possibile classificare la bontà della maternità in base
alle preferenze sessuali in quanto ogni madre è diversa da un’altra per estrazione sociale ed
etnica, per il possesso di determinati valori e per predisposizione personale. 121 Risulta
chiaro quanto allora il rapporto figlio-genitore omosessuale si giochi sul piano della
relazione che si è in grado di costruire nel tempo fin dai primi momenti della vita
indipendentemente da un orientamento sessuale che, se ben integrato nella persona, non
costituisce un fattore predittivo negativo di una cattiva crescita. In linea di massima le
difficoltà della quotidianità di bambini cresciuti con un genitore omosessuale non
sembrano differire dai normali compiti evolutivi tipici dell’età. Inoltre, le risorse
educativo-affettive appaiono soddisfacenti sia in termini di qualità che di quantità per
affrontare le normali ed inevitabili incertezze che si verificano nel confronto con il mondo
sociale. 122
Spesso, purtroppo, è la non accettazione di sé che mina il rapporto con il figlio: un
alto grado di omofobia interiorizzata fa si che il pregiudizio sociale esterno venga
introiettato dal genitore con un conseguente senso di indegnità di essere una buona guida
per il figlio. L’omosessuale finisce per diventare sostenitore e fautore di un pensiero
119
Cfr. V. LINGIARDI, Citizen Gay. Famiglie, diritti negati e salute mentale, p. 116.
Cfr. A. DI LUOFFO, Educazione al rispetto delle omosessualità, p. 146.
121
Cfr. Ibidem, p. 141.
122
Cfr. C. CAVINA - D. DANNA (a cura di), Crescere in famiglie omogenitoriali, p. 63.
120
44
boicottante e negativo sulla sua capacità genitoriale realizzando una sorta di profezia
autoavverante che non consente un buona relazione parentale. 123
Per giungere al coming out ed instaurare con il figlio un rapporto positivo
occorrono due condizioni. La prima è che il genitore abbia già concluso positivamente il
percorso di auto-accettazione elaborando la propria omosessualità, la seconda è che ne
riesca a parlare in modo positivo. Si introduce così il tema molto delicato della segretezza.
Generalmente i genitori tendono a considerare più i rischi della visibilità sociale che quelli
della clandestinità anche comunicativa. Il silenzio non mette a tacere ciò che c’è ma lo
carica di interpretazioni, sofferenze e malesseri. La segretezza del genitore ha un impatto
negativo sull’intero contesto familiare e ancor di più sui figli che, una volta arrivati alla
verità, spesso rimproverano i genitori della mancanza di trasparenza su questioni che li
coinvolgono profondamente. Segreti e bugie producono effetti nocivi perché lasciano
presupporre e temere che vi sia qualcosa di sbagliato, da temere e di cui aver paura,
qualcosa che, per la sua negatività, non può essere nominato e rivelato. I figli rimproverano
ai genitori la non sincerità che è qualcosa che il genitore stesso chiede come linea
educativa. Solo la trasparenza, la coerenza e l’integrità crea quel rapporto di fiducia
necessario per una buona crescita dell’individuo e per la possibilità di affidarsi ad una
guida che si percepisce autentica. Da interviste condotte su figli di genitori omosessuali,
risulta che il desiderio di chiarezza sia alla base di un’accettazione positiva del nuovo
orientamento. La conferma, spesso dietro pressanti domande del figlio stesso, pacifica gli
animi ed apre la strada a una relazione più autentica e ad un’accresciuta stima nei confronti
del genitore per aveva saputo fronteggiare la situazione ed essere stato visibile e
comprensibile emotivamente all’interno del nucleo familiare. 124 Il rischio piuttosto
ricorrente è che il figlio venga a conoscere la realtà per altre vie o semplicemente perché
intuisce un clima familiare di disagio. I suoi fantasmi interiori diventano sempre più reali
senza tuttavia avere l’appoggio e gli strumenti per decodificare ciò che sente, pensa, prova
e di cui ha paura. L’anonimato uccide le relazioni, crea legami disturbati e getta tutta la
famiglia nell’isolamento e nella solitudine. Non è bene per la crescita di un figlio percepire
123
Cfr. S. MANZANI, Figli dello stesso sesso, Ravenna, Fernandel, 2011, p. 64.
Cfr. RETE GENITORI RAINBOW, La voce di una figlia, in <http://www.genitorirainbow.it/la-voce-diuna-figlia.html>, del 12/04/2012, p. 1.
124
45
la non verità del genitore. In genere i figli, dopo il coming out dei genitori risultano più
disturbati e in difficoltà per il mantenimento di una segretezza che per una conferma che
porta alla luce dubbi, paure e timori di cui finalmente si può parlare e che si possono
insieme affrontare. 125
Nominare l’omosessualità, preparare il terreno con una buona comunicazione ed un
atteggiamento dialogante, è un modo per non alimentare l’immagine negativa legata
all’identità di genere del genitore. Il mantenimento del segreto, alla lunga, espone al rischio
di vivere in un non detto che mina il percorso educativo. Il passo della franchezza richiede,
in ogni caso, un lavoro preparatorio che coinvolge entrambi i genitori e chiama a tatto e
coerenza comunicativa. La franchezza va calibrata in relazione all’età e sensibilità del
figlio. E’ importante per il genitore saper cogliere le occasioni di apertura e curiosità che
non va mai soppressa ma permessa. Eludere o evitare le domande o dar risposte false o
ambigue alimenta ancora di più quel senso di vergogna e nascondimento che il genitore
vorrebbe rifuggire. 126 Spiegazioni semplici e sincere aiutano a correggere percezioni false
o fantasie distorte nel bambino e nell’adolescente che sente la società esprimersi in modo
denigratorio circa l’omosessualità. Il genitore è chiamato ad incoraggiare nel figlio la
sensazione che ogni persona è un essere a sé e che ognuno ha un suo percorso di vita come
lui stesso sceglierà il proprio nel rispetto delle differenze di ciascuno.
Nel momento della rivelazione una prima fase di rifiuto può essere del tutto
normale. Ogni cambiamento, soprattutto se di notevole portata, attraversa una fase di
difficoltà e di senso di perdita rispetto a come il genitore veniva immaginato e vissuto. Il
figlio può protestare, arrabbiarsi e rifiutare ma poi solitamente arriva all’accettazione
purché siano riconosciute e contenute le sue emozioni dandogli il giusto spazio per essere
agite. Sarebbe quindi fondamentale offrire al genitore omosessuale e al coniuge un valido
125
Cfr. RETE GENITORI RAINBOW, Genitorialità LGBT con figli da precedenti relazioni eterosessuali.
Dal coming out ai figli alla separazione, alla relazione con l’ex partner, in
<http://www.genitorirainbow.it/la-tavola-rotonda-di-rgr-al-europride-park.html>, del 7/06/2011, p. 1.
126
Cfr. D. CIRIELLO, Genitori omosessuali e segreto. Alcuni buoni motivi per uscire allo scoperto e
organizzare una rete di sostegno, in < http://www.genitorirainbow.it/category/psicologia-1> , del 5/11/2011,
p. 1.
46
sostegno, per permettere l’elaborazione dei conflitti e dei disagi evitando di riversarli e
proiettarli sui figli. 127
Il coming out con i figli deve comunque avvenire in una fase di crescita e di
acquisizione di consapevolezza sufficientemente avanzato che porti ad una gestione del
vissuto emotivo equilibrata e proattiva. Il bene da salvaguardare è sempre lo sviluppo
armonico e positivo di ogni componente del nucleo familiare tenendo conto che l’interesse
del bambino è sviluppare un attaccamento verso genitori coinvolti, competenti e capaci di
cure al di là dei pregiudizi rispetto all’orientamento sessuale. Il bene del figlio, anche e
soprattutto a seguito di un percorso identitario doloroso e difficoltoso del genitore, è quello
di poter contare su adulti coscienziosi e capaci di fornire accudimento e una qualità di
relazioni che garantiscano la possibilità di amare e di essere amati. 128
3. Un cammino insieme: la famiglia come luogo educativo
Il cammino di ridefinizione riguarda l’intero nucleo familiare: ognuno si confronta
con il proprio vissuto ed è chiamato a sperimentare nuove strategie per ricostituire la
relazione e un clima affettivo-emozionale finalizzato allo sviluppo e al benessere della
famiglia. Il tessuto familiare, che di seguito si analizzerà, si pone come luogo educativo
primario perché è proprio di tale contesto che la persona ha bisogno per accettare e
accogliere se stessa e continuare a sentirsi amata in un percorso che la porterà alla propria
completa realizzazione.
3.1. Dal coming out all’accoglienza: un cammino di riconciliazione
L’omosessualità in famiglia genera una situazione di difficile gestione per la
sofferenza che entrambe le parti vivono a cui si può porre fine solo accettando di mettere in
127
Cfr. D. CIRIELLO, Genitori omosessuali e segreto. Alcuni buoni motivi per uscire allo scoperto e organizzare una rete di sostegno, p. 1.
128
Cfr. V. LINGIARDI, Citizen Gay. Famiglie, diritti negati e salute mentale, p. 103.
47
crisi e di rivedere valori e principi tradizionali, non per rinnegarli, ma per arrivare ad
elaborarne di nuovi più funzionali per la crescita di ciascuno. Solo con questo processo
trasformativo il genitore potrà continuare a guardare il figlio sotto un’altra luce
accorgendosi che mantiene la stessa dignità morale di prima e lo stesso bisogno di essere
guidato ed amato. 129 La qualità delle reazioni dei familiari, al momento della rivelazione
dell’omosessualità, si pone come variabile fondamentale per il superamento positivo di tale
evento critico e per la salute della persona. Tuttavia è necessario che il figlio percepisca il
supporto del contesto familiare lungo tutto il percorso, soprattutto dopo lo svelamento fino
all’integrazione completa di sé nella famiglia e nella società. 130
La rivelazione dell’omosessualità di un figlio rimane comunque un trauma
all’interno dell’omeostasi familiare. Viene vissuta come una sventura, un handicap che
coinvolge sia la sfera privata che pubblica. Il genitore si sente provocato “visceralmente”,
toccato nell’affetto più profondo e nel suo ruolo e compito di guida. Il figlio può essere
vissuto come la pietra dello scandalo, la vergogna della casa, l’infamia di cui si parlerà sia
all’interno che all’esterno del contesto familiare, ponendolo sotto lo sguardo giudicante dei
parenti, degli amici e della società.131 Il dolore che inibisce le risorse familiari dovrebbe
essere visto e vissuto non come qualcosa di statico, ma come un processo che, dopo la
sofferenza, porta ad una nuova nascita dell’intero nucleo, stemperando ansie, paure ed
angosce sostituite finalmente da un clima di reciproco aiuto ed accoglienza. 132
La ricostruzione dei rapporti avviene secondo un processo graduale, un percorso a
tappe che parte dal momento della rivelazione e del conseguente rifiuto, all’accettazione e
all’accoglienza della persona che vive la realtà omosessuale. Si può parlare di un processo
parallelo: l’omosessuale prende coscienza di sé, della sua identità e del suo progetto di vita
futuro e l’intera famiglia compie il tragitto di ricostruzione dei legami minacciati nel loro
equilibrio.
129
Cfr. A. DI LUOFFO, Educazione al rispetto delle omosessualità, p. 9.
Cfr. C. CHIARI - L. BORGHI, Psicologia dell’omosessualità. Identità, relazioni familiari e sociali, p. 83.
131
Cfr. P. RIGLIANO, Amori senza scandalo, p. 118.
132
Cfr. V.M. BORELLA, Volti familiari. Vite nascoste. Comprendere e accettare un figlio omosessuale,
Milano, Franco Angeli, 2001, p. 49.
130
48
Il percorso della persona omosessuale contempla vari stadi. Riporteremo uno dei
modelli di coming out più accreditato individuato da Vivienne Cass 133 e suddiviso in 6
fasi:
-
Confusione di identità: L’individuo inizia a pensarsi come potenzialmente
omosessuale, ha una percezione e un grado di consapevolezza di sé allo stadio
iniziale e sperimenta vari sentimenti come curiosità, paura, incredulità, voglia di
cancellare un’identità scomoda ma soprattutto uno stato di confusione. Si trova
davanti a se stesso e non capisce più chi è in realtà.
-
Confronto di identità: Si affaccia con forza la possibilità di essere potenzialmente
diverso a confronto con la strutturazione omofobica della società. Il soggetto si
percepisce come appartenente ad una minoranza ed inizia a comparare la sua
identità con l’orientamento sessuale della maggioranza compresi familiari ed amici.
A volte reagisce positivamente al suo scoprirsi differente, a volte si percepisce
come indesiderabile sia per l’immagine di sé che per i suoi comportamenti sessuali.
-
Tolleranza dell’identità: L’individuo inizia a tessere dei contatti con altri
omosessuali, passo importantissimo per evitare l’isolamento. Comincia la ricerca
fattiva della propria identità ma prevale ancora un atteggiamento di tolleranza e non
di accettazione del nuovo orientamento.
-
Accettazione dell’identità: L’individuo ora accetta la propria identità rafforzando
ulteriormente il confronto con la comunità omosessuale. E’ il momento della presa
di coscienza di sé e della liberazione dalle tensioni e dallo stress accumulato in
precedenza.
-
Orgoglio per l’identità: La persona scopre che può gestire l’incongruenza tra
autoaccettazione e rifiuto della società rivalutando la positività del suo essere
omosessuale. Si dichiara apertamente e non teme i confronti: l’apertura diventa una
strategia vitale per adattarsi. Tuttavia, di fronte alla percezione dell’ingiustizia
subita, la persona enfatizza sentimenti di rivendicazione verso la società e le
istituzioni tradizionali.
133
Citata in A. MONTANO, Psicoterapia con clienti omosessuali, Milano, p. 39.
49
-
Sintesi dell’identità: L’individuo sperimenta una prima accettazione da parte degli
eterosessuali. E’ capace di coniugare l’identità omosessuale con tutti gli altri aspetti
del sé. Rivaluta l’importanza dei rapporti con il mondo eterosessuale dal quale
prima, per sentirsi accettato dai suoi simili, si era distanziato. 134
Anche il percorso genitoriale è suddiviso in vari stadi. In un primo momento si ha
una reazione di rifiuto. Il genitore cerca di sopprimere la notizia e la causa del suo disagio.
Alcuni regrediscono ad un ruolo di genitore “super controllore” verso un figlio percepito
come piccolo e non autonomo. Altri, invece, ricorrono al ricatto morale ricordando il
sacrificio fatto per crescerlo ed educarlo. La fase successiva è quella della rimozione: la
rivelazione viene considerata come mai avvenuta, non si nomina e si instaura una specie di
armistizio in cui niente viene affrontato. Molti genitori cercano di convincersi, e
convincere il figlio, che l’omosessualità è solo una fase passeggera, una tappa della
crescita e che, come tale, verrà superata. Nella terza fase subentra la sopportazione in cui il
sentimento più comune è la tolleranza nella speranza che però possa avvenire sempre un
cambiamento. La fase finale è l’accettazione: l’omosessualità non fa più notizia, viene
considerata una parte del figlio e non quella preponderante e caratterizzante. I genitori che
pervengono a questa fase diventano una risorsa per i figli e riescono a sostenerli nel loro
cammino di integrazione familiare e sociale. 135
I familiari di fronte al coming out del figlio attraversano cinque stadi del dolore
descritti da Kubler-Ross: lo choc iniziale, il rifiuto, la tristezza, la rabbia e l’accettazione
finale. De Vine individua fasi diverse: il sospetto iniziale non confermato (subliminal
awareness); la rivelazione (impact); la richiesta al figlio di cambiare il suo orientamento o
mantenerlo segreto (adjustement); l’abbandono di fantasie eterosessuali sulla vita del figlio
e la liberazione da miti familiari negativi legati all’omosessualità (resolution) e, infine,
l’attribuzione condivisa di un nuovo ruolo al figlio all’interno della famiglia (integration).
Infine Byng-Hall sostiene che la famiglia si trova a fronteggiare il “lutto degli script
familiari”, ovvero dei copioni di vita seguiti fino al momento in cui il figlio si rivela. I
genitori devono accettare la morte dei propri sogni, aspettative e proiezioni connesse
134
135
Cfr. A.MONTANO, Psicoterapia con clienti omosessuali, Milano, p. 39.
Cfr. G. DALL’ORTO - P. DALL’ORTO, Figli diversi. New generation, p. 65.
50
all’avere un figlio eterosessuale e devono costruire un nuovo rapporto che contempli ed
integri l’omosessualità. Devono fronteggiare la difficoltà che il figlio non farà mai parte di
una maggioranza cosiddetta “normale” ma di una minoranza stigmatizzata, come il figlio è
chiamato ad accogliere la possibile frustrazione legata al rifiuto dei genitori cioè di chi, per
eccellenza, deve fornire cura e supporto. 136
Il momento della confusione emotiva che la famiglia vive, è uno spazio educativo
molto importante. Rappresenta il momento in cui si può ricreare un rapporto valido basato
sull’amore, un momento costruttivo e non solo un “incidente di percorso”. Si può scoprire
che il figlio è la stessa persona di prima , quella amata da sempre anche se ora è portatrice
di prospettive diverse e di un progetto di vita differente dalle aspettative familiari e sociali.
Il genitore può accorgersi che la diversità che vede nel figlio in realtà è dentro di lui che
non riesce a comprendere che la persona non va vista ed amata in base ad una categoria o
ad un canone di “normalità”, ma per quello che è nella sua affettività, spiritualità e
fisicità. 137 Tuttavia non è facile pervenire a queste conclusioni mentre sembra che tutto
crolli e che familiari e società diventino potenziali nemici o inquisitori. L’accoglienza
dell’omosessualità del figlio, se si riesce a cambiare la propria visuale e mentalità, sarà una
risorsa in più per poi affrontare il mondo esterno, i suoi attacchi e discriminazioni. Si
perviene così all’accoglienza incondizionata, all’amore che riesce ad esprimersi al di là di
ogni pregiudizio o dolore. 138
Per molti aspetti, i familiari vivono quindi le stesse difficoltà dei figli omosessuali:
il momento dell’uscire allo scoperto del figlio determina l’ingresso nell’ombra da parte dei
genitori e della famiglia intera. Anche i genitori diventano vittime di un atteggiamento
collettivo che li spinge a non scoprirsi troppo, a non far trapelare nulla del loro disagio e
del loro dolore, a essere schivi e a vivere nell’assoluto isolamento la propria perduta
“normalità”. L’obiettivo diventa quindi lo stesso dei figli: riuscire ad accettarsi e ad essere
accettati per quello che si è anche come famiglia che vive il suo percorso evolutivo a
confronto con l’omosessualità. 139
136
Cfr. C. CHIARI - L. BORGHI, Psicologia dell’omosessualità. Identità, relazioni familiari e sociali, p. 80.
Cfr. G. DALL’ORTO - P. DALL’ORTO, Mamma, papà: devo dirvi una cosa, Casale Monferrato, Sonda,
2012, p. 128.
138
Cfr Ibidem, p. 129.
139
Cfr. A. MONTANO, Psicoterapia con clienti omosessuali, p. 74.
137
51
In tutto questo percorso il sostegno, il confronto e la condivisione con chi vive la
stessa situazione diventa uno strumento fondamentale per il benessere della famiglia.
Sostenerne un membro rappresenta la risorsa per ristabilire il flusso vitale
dell’intero nucleo in grado di integrare in sé la persona omosessuale e di aprirsi al mondo
esterno in modo costruttivo e promozionale. 140
3.2. Genitori sempre, educatori sempre
I genitori rappresentano la prima ed irrinunciabile risorsa nella crescita del figlio,
con l’obiettivo di renderlo una persona libera, responsabile, autonoma, competente ma
soprattutto umanamente realizzata. L’ambiente familiare rappresenta un luogo educativo
imprescindibile e necessario per lo svolgersi di un processo educativo che accompagni la
persona alla maturità. Questo è senz’altro il cammino di ogni genitore che però, nel caso
dell’omosessualità, si trova a fronteggiare un compito educativo differente. Non perché il
figlio sia da considerarsi “diverso” ma perché portatore di un vissuto particolare carico di
sofferenze, dubbi, paure e perché posto di fronte ad una società ancora fortemente
stigmatizzante. A sua volta il genitore che si scopre omosessuale ha il compito di
ridefinire, oltre che il suo rapporto coniugale, anche l’agire educativo verso il figlio in
quanto chiamato ad una verità e autenticità che spesso provoca rotture e sofferenze.
Davanti all’omosessualità il genitore viene fortemente interpellato non solo come
guida ma anche come persona: è chiamato a compiere un cammino di consapevolezza di
sé, delle proprie convinzioni, dei pregiudizi che magari pensa di non possedere, e a mettere
in gioco risorse differenti per fronteggiare una realtà fino a quel momento sconosciuta o
approcciata solo da lontano. Per rimodellare il suo ruolo di educatore deve compiere un
cammino di autoeducazione in cui proprio il figlio risulta essere quella pietra di paragone
che spinge ad interrogarsi profondamente e ad acquisire strumenti educativi del tutto nuovi
e peculiari.
140
Cfr. L. PIETRANTONI, L’offesa peggiore. L’atteggiamento verso l’omosessualità: nuovi approcci psicologici ed educativi, p. 65.
52
Lo strumento pedagogico per eccellenza è l’amore concreto dei genitori attraverso
il quale potrà essere possibile una corretta crescita e un sano sviluppo della persona in tutte
le sue dimensioni compresa quella di un’affettività che inizialmente non si riesce a
comprendere e accettare. In un clima di amore la consapevolezza di essere importanti per
qualcuno rende la famiglia il luogo del riconoscimento del valore della persona e del
rispetto dei figli così come sono. L’educazione all’interno della famiglia si fa «rispettosa
delle dignità personali, attenta alle parità e alle diversità, all’identità e alla differenza» 141 ,
compito ancora più difficile per un genitore che, sprovvisto di strumenti interpretativi ed
operativi, si trova a fronteggiare la “diversità” del figlio.
Un obiettivo estremamente importante è l’educazione alla pazienza intesa come
accettazione di ciò che si è, con pregi e limiti, con capacità e incompetenze, con
potenzialità e piccole disfunzionalità. 142 La pazienza porta con sé la capacità di giudicarsi
positivamente e serenamente. Con un figlio omosessuale si è chiamati ad attutire e
contraddire il giudizio negativo e stigmatizzante che viene dall’esterno incoraggiando la
persona a concentrarsi sulle sue ricchezze e peculiarità e a sviluppare interamente i suoi
compiti esistenziali. Ulteriore sfumatura di tale compito è educare alla pazienza verso gli
altri intendendo, nel caso dell’omosessualità, un mondo non ancora pronto ad accogliere la
“diversità” e a valorizzarne i contenuti. E’ inclusa anche la famiglia che fatica a trovare
strade alternative, ad elaborare le proprie paure, a fronteggiare il senso di un presunto
fallimento. In questo caso sono spesso i figli ad “incoraggiare i genitori” ad esprimere ciò
che sentono attendendo i loro tempi di elaborazione e accettazione.
Nello spazio educativo familiare, un requisito fondamentale è rappresentato dal
dialogo, strumento capace di connettere vissuti e di agevolare lo scambio di emozioni,
sentimenti, percezioni, pensieri. Il dialogo tra genitori e figli permette di uscire allo
scoperto e di eliminare uno stato confusionale ed angoscioso prodotto dal silenzio o dalla
menzogna. La necessità del dialogo mobilita il genitore a fare chiarezza in sé e nei propri
sentimenti, ad elaborare le emozioni per essere pronto poi ad accogliere, gestire e
contenere quelle del figlio. Si tratta di educarsi ed educare all’emotivo e alla capacità di
141
142
G. QUINZI - L. PACE (a cura di), L’imprescindibile esigenza di educare, p. 31.
Cfr. Ibidem, p. 58.
53
esprimerlo in un clima di accettazione incondizionata.143 Per realizzare tale clima è
necessario che i genitori apprendano e donino ai figli un ascolto di tipo empatico capace di
sintonizzarsi sul vissuto dell’altro e immedesimarsi nel suo processo vitale. Empatia è
uscire da sé per comprendere l’altro, mantenendo il focus sul proprio mondo interiore
senza cadere in un ascolto simbiotico. 144 Il genitore è invitato a leggere e comprendere le
cose come appaiono al figlio cercando di fare proprio il problema che vive senza perdere i
propri confini relazionali.
Risulta chiaro come l’ascolto empatico potrebbe essere una risorsa fondamentale
davanti ad un figlio omosessuale che fatica a rendersi consapevole delle proprie istanze
profonde, a comunicare ciò che sente e a manifestare apertamente le proprie paure.
Ascoltare in modo attivo significa accettare i sentimenti del figlio e dargli riconoscimento
senza negarli, in quanto ha bisogno di sentirsi dire che ciò che prova è normale e non fonte
di giudizio. 145 Il genitore potrebbe diventare una sorta di “cassa di risonanza” di un vissuto
travagliato e difficile da esprimere guidando il figlio ad una maggiore chiarezza di sé.
Occorre accennare all’importanza dell’educazione all’affettività come cura della
capacità del figlio di creare e mantenere nel tempo delle relazioni significative e costruire
un progetto di vita stabile e duraturo. Anche in questo caso il genitore è chiamato a
compiere un percorso non facile che spesso culmina con l’accoglienza delle relazioni
omoaffettive del proprio figlio, del suo progetto di vivere un legame stabile, tuttora non
riconosciuto dal diritto del nostro Paese, o addirittura di perseguire un desiderio di
paternità o maternità. Risulta necessario non lasciare la persona omosessuale in balia delle
proprie tensioni affettive aiutandola, invece, ad elaborare un differente progetto di vita, di
non facile realizzazione, ma che merita rispetto e sostegno per essere portato a
compimento.
Occorre tenere presente che l’autenticità, in educazione, è un valore fondamentale.
Come abbiamo visto, la rivelazione è un percorso familiare. Il figlio, nel suo sforzo di
143
Cfr. A. DI LUOFFO, Educazione al rispetto delle omosessualità, p. 10.
Cfr. R. MUCCHIELLI, Apprendere il counseling, Gardolo, Erickson, 1996.
145
Cfr. V.M. BORELLA, Volti familiari. Vite nascoste. Comprendere e accettare un figlio omosessuale, p.
23.
144
54
uscire allo scoperto, nel suo tentativo di essere autentico chiede autenticità, verità e
coerenza: l’educazione diventa un processo circolare.
Per il presente lavoro si è consultata una tesi sostenuta all’Università di Cagliari il
cui titolo è molto significativo. “Genitori di figli orfani”. Purtroppo anche questa può
essere una realtà nel momento in cui la rivelazione del figlio, la sua affettività, il suo
progetto di vita, non viene riconosciuto e accettato dalla famiglia: i genitori, cessando di
essere delle figure di riferimento, di fatto lasciano il figlio “orfano” in balia delle sue paure
e difficoltà. Da ciò risulta estremamente chiaro che il primo compito di un genitoreeducatore che rimane sempre tale è proprio l’esserci, lo stare accanto al figlio nel suo
percorso di identificazione e nella sua entrata in società con tutti i rischi che questo
comporta sia per lui che per l’immagine del genitore stesso. La presenza risulta il primo
requisito fondamentale per permettere al figlio di “esistere” così come sta scoprendo di
essere. E’ più facile uscire allo scoperto in una famiglia in cui le cose si dicono
apertamente, in cui si possono esprimere sentimenti ed emozioni. Al contrario, se i membri
della famiglia non hanno l’abitudine di condividere ciò che provano, pensano e sentono,
l’omosessuale sarà condannato in partenza ad una vita di omissioni o mezze verità. 146 Per
fornire un valido apporto educativo il genitore è chiamato ad elaborare il senso di colpa di
aver generato un figlio “sbagliato” o di avere fallito nel proprio compito di guida.
Colpevolizzarsi e dipingersi come figure negative rappresenta un’esperienza dolorosa e
negativa per un figlio che già sente di aver turbato profondamente l’equilibrio familiare e
di aver generato dolore e sofferenza 147
Come educatore il genitore dovrebbe curare la creazione di un’alleanza positiva con
il coniuge e con il figlio operando insieme come squadra, sostenendosi reciprocamente e
mantenendo il contatto emotivo capace di mediare conflitti e divergenze. Le alleanze più
funzionali sono quelle caratterizzate dalla collaborazione, dalla condivisione e dalla
negoziazione dei conflitti prima che generino rotture insanabili. 148
Nel caso
dell’omosessualità risulta necessaria la cooperazione tra i genitori, il far fronte comune
146
Cfr. M. CASTAÑEDA, Comprendere l’omosessualità, p. 85.
Cfr. C. CHIARI - L. BORGHI, Psicologia dell’omosessualità. Identità, relazioni familiari e sociali, p. 88.
148
Cfr. L. FRUGGERI, Diverse normalità. Psicologia sociale delle relazioni familiari, Roma, Carocci
Editore, 2009, p. 28.
147
55
dividendo il peso di qualcosa che non si prevedeva accadesse e che, per il bene dell’intera
famiglia, va rinegoziato aprendosi ad una “diversità” che può trasformarsi in ricchezza.
Un interessante compito educativo è educare alla resilienza come capacità di
resistere al trauma e di affrontare le situazioni di difficoltà in modo propositivo e
costruttivo. La capacità di resilienza dell’adolescente, indipendentemente dal suo
orientamento sessuale, dipende dal sostegno della famiglia che fornisce gli strumenti
idonei per attivare le capacità di cercare soluzioni alternative e sviluppare fiducia nelle
proprie abilità. Il reperimento di tali risorse è più difficile per la persona omosessuale
perché inserita in un contesto in cui esistono ben pochi supporti se non addirittura ostilità,
derisione, incomprensione ed isolamento. 149 Il compito del genitore, come educatore, è
allora quello di implementare le risorse del figlio, offrirgli strumenti per decodificare le
situazioni di difficoltà, aiutarlo a riorganizzare le visioni su se stesso e la relazione con gli
altri nonché sostenerlo nell’elaborazione della crisi in chiave di crescita. Operativamente il
genitore può contribuire alla costruzione di un’identità resiliente, all’interno dell’identità
omosessuale, aiutando il figlio a sviluppare delle relazioni in cui possa sperimentare
sostegno e presenza per lavorare sulle sue positività. Fondamentale è la certezza di poter
essere amato ed amare a partire da ciò che è e non “nonostante” ciò che è, incrementando il
rispetto per se stesso al di là di quello che possono essere pregiudizi e stigmatizzazioni. 150
Un compito del tutto peculiare alla realtà omosessuale è l’educazione alla gestione
del minority stress, campo spesso del tutto sconosciuto ai genitori. Un numero crescente di
ricerche indica il pregiudizio e la discriminazione come fattori rilevanti di stress. Lo
sviluppo psicologico della maggior parte delle persone omosessuali risulta segnato da una
dimensione di stress continuativo, micro e macro traumatico, dovuto all’ostilità di ambienti
indifferenti se non violenti. La minoranza omosessuale è diversa dalle altre in quanto non
sempre trova sostegno nella stessa famiglia e ha poca rilevanza sociale a differenza, per
esempio, delle minoranze etniche che possono godere di un grande appoggio e solidarietà
all’interno del loro contesto di riferimento e di una politica sociale più attenta alle loro
esigenze. 151 II genitore è chiamato in questo caso a lavorare inizialmente su se stesso e sul
149
Cfr. C. CHIARI - L. BORGHI, Psicologia dell’omosessualità. Identità, relazioni familiari e sociali, p. 54.
Cfr. E. MALAGUTI, Educarsi alla resilienza, Gardolo, Erickson, 2005, p. 171.
151
Cfr. V. LINGIARDI, Citizen Gay. Famiglie, diritti negati e salute mentale, p. 76.
150
56
proprio pregiudizio per poi costituire un mediatore protettivo e rassicurante nei confronti
del mondo sociale. Può sostenere il figlio nelle inevitabili difficoltà cui potrebbe andare
incontro e promuovere iniziative, attività, azioni sociali che, nel tempo, possano
contribuire a trasformare l’ambiente di vita.
In sintesi, la famiglia rappresenta un luogo educativo di fondamentale importanza
nel processo di costruzione identitaria della persona omosessuale. E’ chiamata a sviluppare
strategie di coping del tutto inedite e a progettare e realizzare nuove vie pedagogiche per
un’educazione più funzionale alle peculiari esigenze di crescita del figlio.
57
Capitolo III
OMOSESSUALITA’: FORME DI SOSTEGNO ALLA FAMIGLIA
Ogni genitore desidera essere un “buon genitore”. Nel tempo si è sviluppata una
consapevolezza sempre maggiore riguardo l’importanza di seguire il figlio fin dai primi
momenti della vita formandosi per essere una buona guida. La società sta rispondendo a
vari livelli con iniziative di supporto ai genitori nel loro percorso evolutivo facendo del
sostegno alla genitorialità una priorità educativa imprescindibile soprattutto in situazioni di
vita delicate e particolari. Nel seguente capitolo si tratterà delle varie forme supportive
della famiglia come risorsa nel suo percorso di crescita.
1. Il counseling: una strategia di intervento
Il tema del sostegno ai genitori verrà approfondito con particolare riferimento al
genitore che vive l’omosessualità all’interno del suo contesto familiare. Si cercherà di
individuare idonee strategie di accompagnamento rimodellando gli strumenti già esistenti e
rendendoli conformi ai particolari bisogni.
L’educazione familiare, quindi, non può prescindere dall’affrontare nuovi temi e
nuovi orizzonti pedagogici per rispondere alle esigenze emergenti dai diversi contesti
familiari che oggi arricchiscono il panorama sociale.
1.1. Il sostegno alla genitorialità
58
Sostenere i genitori non può e non deve significare sostituirsi in nessun modo ad
essi ma affiancarli nello sviluppare le proprie potenzialità, ricchezze e peculiarità. Il
primato educativo della famiglia non è in discussione e il sostegno si deve concretizzare in
azioni precise. Si evidenzia da parte dei genitori sia la paura di sbagliare come educatori,
sia la mancanza di strumenti e criteri sufficientemente chiari o validi nel loro percorso di
formatori. Occorre progettare e varare nuovi modelli d’azione educativa che possano
incontrare le diverse e varie necessità del figlio nonché i bisogni emergenti in situazioni di
particolare difficoltà. 152 Nel caso dell’omosessualità, i genitori si sentono ancor più confusi
e impreparati in quanto non esistono ancora linee guida sufficientemente sperimentate e
valide, e gli stessi operatori non sempre dispongono, di una cultura e di strumenti adeguati
ad affrontare nuove problematiche. Si tratterà allora di ripensare l’azione educativa a
partire sia dal genitore, sia a livello di operatori e specialisti che, formandosi, possano
fornire aiuti e competenze necessarie per canalizzare le potenzialità dei genitori ed
“educere” le loro risorse latenti ancora più sconosciute davanti ad una situazione di vita
non attesa e, inizialmente, destabilizzante. Se sostenere ed impegnare dal punto di vista
educativo i genitori significa attivarne le capacità nascoste153 , a confronto con
l’omosessualità, bisognerà sostenere il genitore a credere di poter essere una buona guida,
liberandosi dai sensi di colpa di aver fallito la propria missione e puntando su quelle risorse
che servono al figlio per poter accogliere se stesso così come si sente di essere. Occorre
costruire un nuovo “patto pedagogico educativo” in cui protagonista sia la relazione
genitore-figlio fondata sul dialogo, sulla capacità di ascolto, sulla stima e rispetto di se
stessi e, ancora di più, delle diversità di ognuno. 154
I genitori, nella società odierna, si trovano di fronte ad un contesto sociale
frammentato, confuso e disorientante dove vengono a mancare modelli e schemi
interpretativi delle nuove istanze emergenti. Nel caso dell’omosessualità mancano ancora
schemi e modelli di riferimento che vanno creati partendo proprio dalla formazione di
operatori sensibili e competenti a svolgere tale compito in un campo in cui, in Italia, le
ricerche non sono ancora così affermate.
152
Cfr. G. QUINZI - L. PACE (a cura di), L’imprescindibile esigenza di educare, p. 5.
Cfr. Ibidem, p. 6.
154
Cfr. Ibidem, p. 6.
153
59
Occorre sottolineare che dalla qualità della vita della famiglia dipende la vita
dell’intera comunità sociale. Crescere un figlio omosessuale o come genitore omosessuale,
interroga fortemente la società nel sostenere quei nuclei che si trovano davanti ad una
realtà di vita difficoltosa e a doppi compiti evolutivi, come già visto. La famiglia si sente
due volte impotente e confusa, smarrita davanti a qualcosa che percepisce al di là delle
proprie forze e socialmente stigmatizzata.
I percorsi di sostegno ai genitori davanti all’omosessualità dovrebbero partire
proprio dall’ascolto delle loro paure, timori, sensi di inadeguatezza e sensi di colpa essendo
chiamati, nello svolgere la loro missione educativa, a ridimensionare se stessi e le loro
aspettative di vita sul futuro dei figli. «Non si può pensare a rapporti educativi che incidano
positivamente sui figli senza una buona integrazione dei genitori con se stessi e tra di
loro» 155 . Occorre quindi supportare la coppia genitoriale ad integrare in sé la realtà
dell’omosessualità lavorando su timori, sentimenti, ed emozioni, al fine di convertirle in
risorse positive nel rapporto educativo con il figlio. Un figlio che, proprio dalla famiglia,
attende quella legittimazione esistenziale e quella conferma di sé necessaria per guardare a
se stesso positivamente e per affrontare l’inserimento sociale. Il genitore rimane una
risorsa educativa imprescindibile per il figlio tanto più se questo vive una situazione di
difficoltà, pregiudizio e discriminazione. Il lavoro di un operatore e di un pedagogista
familiare deve incentrarsi, quindi, sul far emergere la ricchezza educativa che comunque il
genitore conserva anche se inizialmente offuscata e aggravata da una forte sofferenza e
colpevolizzazione.
Davanti ad ogni tipologia di famiglia, si tratta di adottare la logica di empowerment
inteso come facilitazione nel processo di acquisizione della consapevolezza e della
responsabilità circa le proprie risorse educative e la possibilità di renderle produttive. 156
Occorre avvicinarsi ai genitori, soprattutto a quelli che vivono una situazione di oggettiva
difficoltà, con la convinzione che esiste sempre la possibilità di ridurre gli aspetti
problematici attivando le risorse. La famiglia è potenzialmente in grado di autodirigere il
proprio sviluppo se resa consapevole delle difficoltà: l’ascolto e l’accoglienza di tali
155
S. PAVIĆ in G. QUINZI - L. PACE (a cura di), L’imprescindibile esigenza di educare, p. 130.
Cfr. D. SIMEONE, Educare in famiglia: indicazioni pedagogiche per lo sviluppo dell’empowerment
familiare, Brescia, Editrice La Scuola, 2008, p. 15.
156
60
problematicità è il punto di partenza per un processo di empowerment che faccia emergere
il potenziale positivo e decrescere l’immobilismo educativo dato da paure, presunte
incapacità e disorientamento.
La relazione d’aiuto basata sull’ascolto risulta la forma di empowerment più
accreditata, laddove non venga confusa con l’elargizione di consigli o istruzioni ma si
ponga come incremento dell’autonomia e della capacità del nucleo familiare a fronteggiare
le proprie situazioni di difficoltà.157 Il vero protagonista della relazione d’aiuto è il genitore
stesso che, partendo dal proprio disagio, desidera un supporto per chiarificare posizioni,
incertezze e responsabilità. Il fulcro dell’intervento non è l’attività dell’educatore ma la
capacità di re-azione del soggetto. Il formatore è semplicemente un agevolatore del
processo di consapevolezza e acquisizione di fiducia nelle proprie capacità: il
cambiamento è nelle mani del soggetto che individua in sé le risorse utili per trovare nuove
strategie operative. 158 Risulta evidente che, nel caso dell’omosessualità, il compito risulta
ancora più delicato: per agevolare una presa di coscienza della positività del genitore,
l’educatore dovrà operare su di sé un lavoro di distanziamento dai propri pregiudizi e
favorire la nascita di una fiducia nei propri mezzi e nella propria validità educativa. In
questo caso occorre una formazione particolare e mirata dell’educatore che parta dalla
conoscenza del tema e delle strategie da applicare nel rispondere ad esigenze del tutto
peculiari del nucleo familiare, esplorando nuove mete educative, nonché gli ostacoli che vi
si frappongono. 159
L’empowerment della famiglia che vive l’omosessualità non può prescindere
dall’elaborazione delle emozioni che i genitori vivono e che spesso sono fortemente
negative e svalutanti delle proprie capacità. Il sostegno è mirato quindi all’ascolto del
vissuto emotivo e al riconoscimento di ciò che si agita nell’animo di questi genitori per
sostenerli ad accogliere il proprio figlio o se stessi nel caso del genitore omosessuale. Lo
scopo di tale lavoro rimane sempre la realizzazione della persona così come è, accettando e
accogliendo ogni parte di sé. E’ un lavoro che comincia dal genitore per riversarsi sul figlio
157
Cfr. D. SIMEONE, Educare in famiglia: indicazioni pedagogiche per lo sviluppo dell’empowerment
familiare, p. 15.
158
Cfr. Ibidem, p. 16.
159
Cfr. Ibidem, p. 16.
61
e viceversa in un processo educativo dinamico e circolare: il genitore sostiene il figlio
nell’elaborazione di se stesso, il figlio sostiene il genitore in una nuova relazione in cui la
diversità diventi ricchezza e non negatività. L’empowerment, come elaborazione del
vissuto emotivo dell’intero nucleo familiare, rappresenta un traguardo educativo molto
importante. Davanti all’omosessualità, le emozioni occupano un posto primario e non
possono essere disconosciute. Il lavoro dell’educatore deve incentrarsi sull’ascolto delle
paure, angosce, sensi di colpa, inadeguatezze che il genitore vive e soprattutto dei timori di
non poter reggere l’impatto con una società che ghettizza e discrimina o che potrebbe non
accogliere il figlio destinandolo ad una vita di difficoltà.
La famiglia è il primo luogo di apprendimento dei sentimenti e il luogo principale
per imparare ad elaborarli e a renderli una risorsa. E’ chiaro che in una famiglia che vive
l’omosessualità i sentimenti siano, da entrambe le parti, fortemente contraddittori e
contrastanti: l’amore per un figlio o un familiare non è mai in discussione ma si scontra
con il proprio vissuto di paura e difficoltà. Occorre un percorso di alfabetizzazione emotiva
del tutto peculiare. Si tratta di ridefinirsi come guida educativa, rielaborando il senso di
fallimento e potenziando la capacità di accoglienza di cui un figlio necessita per arrivare ad
amare se stesso e la propria diversità come positività. La consapevolezza emotiva e la
trasformazione della prospettiva sui propri vissuti esperienziali, può diventare occasione di
cambiamento e crescita personale sia del genitore che dell’intero nucleo familiare. Spesso
il tassello mancante nell’educazione familiare è proprio quello della sfera affettiva: i
genitori non sono sempre in grado di offrire, accanto alle regole, un accompagnamento
emotivo in quanto sono loro stessi carenti degli strumenti di base. 160 Risulta chiaro che
nell’omosessualità tale accompagnamento sia oltre modo necessario davanti ad un figlio
che non comprende se stesso e le emozioni contrastanti che si agitano in lui, vivendo la
paura del rifiuto e della non accettazione fino al nascondimento e alla repressione della sua
vera natura. L’emporwerment passa allora dal connettere emotivamente genitori e figli
eliminando atteggiamenti vittimistici, autocolpevolizzanti ed autodistruttivi.
Sostenere la famiglia vuol dire portarla ad essere primo luogo di nuove e sane
relazioni dove le emozioni, i sentimenti, i pensieri non sono negati o taciuti ma ascoltati,
62
riconosciuti ed accolti. 161 Occorre quindi spezzare quel silenzio emotivo che è alla base di
tante sofferenze all’interno del nucleo familiare inibendo il potenziale educativo: ignorare
le manifestazioni della vita interiore significa vanificare un’opportunità di crescita. 162
Anche in questo caso è necessaria un’adeguata formazione dell’educatore che si trova a
fronteggiare un vissuto familiare così complesso: troppo spesso educatori e genitori non
hanno avuto specifiche occasioni formative per allenare l’intelligenza emotiva, tanto più in
un ambito così delicato come quello dell’omosessualità. Da qui un forte senso di
impotenza dato dalla paura di non saper fronteggiare la situazione. In assenza di rapporti
comunicativi autentici, capaci di leggere l’emotivo, i figli spesso, soprattutto in
adolescenza, finiscono per ritirarsi in una sorta di isolamento affettivo, ergendo muri
invalicabili a difesa del proprio mondo emozionale. 163 «I giovani emotivamente diseducati
possono avere un paesaggio interiore che è per loro estraneo come fosse il lato in ombra
della luna». 164 Parafrasando questo concetto si può comprendere come davanti
all’omosessualità, un emotivo non ascoltato, riconosciuto ed accolto possa inibire il
rapporto educativo e minare una sana relazione genitori-figli oscurando quelle positività di
cui è dotato.
L’operatore entra in rapporto con la famiglia non solo per rilevare difficoltà ma per
evidenziare potenzialità che mirino all’eliminazione di quei condizionamenti socioculturali che ostacolano un corretto andamento familiare. L’educatore sostiene i genitori
nel rielaborare la propria esperienza genitoriale, per assumere nuovi atteggiamenti
educativi frutto di riflessione personale non necessariamente guidata dal contesto sociale o
dall’educazione ricevuta. 165
Questo risulta particolarmente importante nel caso
dell’omosessualità in cui la famiglia si trova a mediare tra i propri principi educativi, il
retaggio familiare e un contesto sociale non accogliente se non discriminante. Ancora una
volta un duplice compito evolutivo.
160
Cfr. V. IORI. (a cura di), Guardiamoci in un film. Scene di famiglia per educare alla vita emotiva,
Milano, Franco Angeli, 2011, p. 19.
161
Cfr. Ibidem, p. 23.
162
Cfr. V. IORI. (a cura di), Guardiamoci in un film. Scene di famiglia per educare alla vita emotiva, p. 29.
163
Cfr. Ibidem, p. 29.
164
V. IORI, Ibidem, p. 30.
165
Cfr. D. SIMEONE, Educare in famiglia: indicazioni pedagogiche per lo sviluppo dell’empowerment familiare, p. 21.
63
In sintesi “potenziare” la famiglia che vive l’omosessualità presenta delle
peculiarità assolutamente nuove sul panorama educativo e interpella fortemente il mondo
dell’educazione. Così come la famiglia “tradizionale”, le famiglie che vivono una forma di
sofferenza “diversa” vanno fatte oggetto di interesse particolare non potendo applicare
sempre gli stessi strumenti conoscitivi ed operativi. Occorre evitare il facile riduzionismo
di diversità a patologia e riflettere sulle dinamiche legate a tale diversità per poterla leggere
e vivere come opportunità e mobilitazione ad una crescita personale e dell’intero nucleo
familiare. 166
1.2. Il counseling come empowerment della famiglia
Trattando il tema dell’empowerment della famiglia, si riserva un posto
preferenziale al counseling come via per sostenere ed incrementare le potenzialità della
persona. Il counseling rientra nell’area della relazione d’aiuto e si presenta come un
rapporto in cui il professionista scorta, accompagna, sostiene la persona in difficoltà a
prendere contatto con le proprie dinamiche interne, a comprendere la situazione che vive e
a gestire il problema operando autonomamente le proprie scelte assumendone le relative
conseguenze. 167 Non consiste quindi nel dare consigli, nel dare informazioni,
nell’insegnare facendo acquisire conoscenze. Non si pone come aiuto intuitivo ma come
relazione professionale in cui, se la persona non è per il momento capace di trovare le
soluzioni, l’aiuto si indirizzerà sostanzialmente nel ricostituire le capacità compromesse
attingendo alle risorse che risiedono nella persona stessa. 168 Il counseling, infatti, si basa
sul presupposto che nella persona vi siano tutte le risorse, emozionali, affettive, cognitive,
necessarie a produrre un cambiamento interno: l’aiuto consiste nel sostenere la
riattivazione e riorganizzazione di tali risorse bloccate da situazioni di sofferenza o
difficoltà. 169 Tutto questo rientra nella visione di Carl Rogers, padre della psicologia
umanistica, il quale parlava della “tendenza attualizzante” della persona come capacità di
166
Cfr. L. FRUGGERI, Diverse normalità. Psicologia sociale delle relazioni familiari, p. 38.
Cfr. R.R. CARKHUFF, L’arte di aiutare, Gardolo, Erickson, 1993. p. 19.
168
Cfr. Ibidem, p, 18.
169
Cfr. Ibidem, p, 18.
167
64
autodirigersi, autorealizzarsi e autopromuoversi risolvendo le proprie difficoltà in modo
autonomo e responsabile. Un’incrollabile fiducia nella persona e nelle sue capacità di
realizzazione in una relazione d’aiuto non direttiva ma “centrata sul cliente”, l’unico che
conosce la portata dei suoi problemi, le difficoltà e il desiderio di trovare una soluzione.
Rogers, infatti, usa deliberatamente il termine “cliente” invece di paziente, malato o
allievo, per sottolineare l’originalità di una relazione nella quale è la persona stessa che
sceglie di farsi aiutare svincolandosi da un rapporto di dipendenza e attivando la propria
libertà è responsabilità. 170
Il counseling di stampo umanistico, si basa sulla relazione dinamica che si instaura
tra counselor e cliente rispettando tre parametri fondamentali: l’empatia, l’accettazione
incondizionata e la congruenza. L’empatia, come già visto, consiste nella capacità di
percepire il vissuto dell’altro, le sfumature che vive, i significati che attribuisce alle
situazioni, non perdendo il proprio confine emotivo. L’accettazione incondizionata è la
capacità di accogliere la persona per quella che è e per ciò che esprime al di là di qualsiasi
classificazione, catalogazione e pregiudizio. La congruenza è la coerenza interna del
counselor tra ciò che pensa, sente e prova e ciò che effettivamente esprime, evitando
discrepanze tra l’esperienza reale vissuta e quella comunicata. 171
Una relazione di aiuto basata su questi presupposti rappresenta una strategia di
empowerment molto efficace per i genitori in difficoltà, rispettando il loro vissuto e
attivando le risorse che, sebbene bloccate dalla sofferenza, sono comunque vive e presenti
all’interno della relazione con i figli. Nel caso dell’omosessualità in famiglia, risulta
quanto mai importante il ricorrere ai tre pilastri della teoria rogersiana. L’empatia permette
al counselor di entrare in sintonia con lo stato di sofferenza dei genitori, con le loro
inadeguatezze, paure, emozioni mantenendo il focus sulla loro esperienza vitale. Il tessuto
emotivo diventa il terreno in cui il genitore può esprimere liberamente ciò che lo blocca
sentendosi accompagnato ad elaborare nuove strategie relazionali. L’accettazione
incondizionata è presupposto necessario per accogliere in sé ed accompagnare persone che
vivono una situazione di diversità e si sentono spesso estranee a se stesse e bloccate in
dinamiche relazionali nuove e al di fuori delle proprie attese. La congruenza dell’operatore
170
Cfr. R MUCCHIELLI, Apprendere il counseling, p. 32.
65
agisce da specchio a quella del genitore che, trovandosi di fronte ad una persona che fa
della trasparenza lo strumento della relazione, è spinto e motivato a fare chiarezza in se
stesso comunicando ciò che profondamente vive e che, spesso, ha paura di esprimere.
Il miglior strumento della relazione d’aiuto sono le persone stesse coinvolte in tale
processo: una fa da specchio all’altra e, traendo forza dal rapporto interpersonale di
autenticità, ognuna trova la forza di scendere in se stessa, accogliersi per ciò che è e
lavorare sui propri atteggiamenti di pregiudizio e di rifiuto. Attivare l’accoglienza nel
genitore che vive l’omosessualità è l’obiettivo principale: su questo verrà poi ricostruito il
rapporto con il figlio che chiede alla famiglia chiarezza, verità e autenticità nel sentire,
pensare e provare emozioni. Senz’altro un clima di accettazione incondizionata è l’arma
vincente di una relazione d’aiuto che si collochi nell’ambito dell’omosessualità laddove
invece i pregiudizi, i rifiuti, le critiche vissute socialmente, spesso costringono al
nascondimento, all’isolamento emotivo ed affettivo, alla fuga dalle relazioni. Tutta la
famiglia rischierebbe così di chiudersi in un proprio mondo per trovare quel calore e quella
coesione che non sperimenta all’esterno, con il rischio di andare incontro ad un forte
impoverimento relazionale e alla perdita di legami significativi.
Il genitore necessita di uno spazio relazionale in cui poter esplorare il proprio
mondo interiore, prendersi il tempo di scendere in se stesso, valutare il cammino percorso
con il figlio, illuminare i punti di forza ridimensionando le negatività e riattivare le proprie
risorse accettando il proprio nuovo sé e il sé “inedito” del figlio. Il counselor, assumendo
un ruolo di agevolatore, dovrebbe fornire un clima relazionale rispettoso dei valori e
dell’esperienza esistenziale di difficoltà portata dal genitore mettendo da parte valutazioni
e giudizi personali che inquinerebbero un ascolto autentico e libero. 172 Accogliere ed
accettare incondizionatamente non vuol dire, da parte del counselor, dover essere
d’accordo necessariamente con quanto viene espresso. I confini e riferimenti valoriali
vengono sempre rispettati ma si estendono a “com-prendere” (prendere con sé) il vissuto
dell’altro perché lui stesso possa arrivare ad accogliersi nel profondo. Tutto ciò che il
genitore sperimenterà nel rapporto consulenziale, potrà costituire una nuova base
relazionale con il figlio; sentirsi accolto genera accoglienza, sentirsi ascoltato genera
171
Cfr. C.R. ROGERS, La terapia centrata sul cliente, Psycho di G:Martinelli, Firenze, 1994, p. 52.
66
ascolto, sentirsi rispettato nelle proprie difficoltà genera rispetto per la diversità fino a
farne una ricchezza.
In Italia il cammino consulenziale in ambito omosessuale si sta lentamente ma
decisamente affermando. Specificamente a Milano è attivo un servizio di gay counseling in
cui sia il soggetto che l’intero nucleo familiare viene supportato nel cammino di
ricostruzione di un’identità completa. Si tenta di ridefinire modelli tradizionali e liberare
vissuti emotivi bloccati e sofferenti con lo scopo di creare una nuova “piattaforma
relazionale” sui cui innestare il cammino di crescita e ridefinizione della famiglia. 173 Il gay
counseling cerca di offrire uno spazio in cui rielaborare, come singolo e come famiglia, i
propri “fantasmi”, esplorando e valorizzando la propria diversità e cercando di sanare la
ferita del rifiuto di sé. 174
La relazione d’aiuto risulta funzionale ed efficace se si pone come strumento di
libertà, priva di indicazioni ed atteggiamenti direttivi che soffochino l’iniziativa ed
autonomia personale. Un cammino di empowerment deve avere il suo fulcro non nella
persona dell’operatore ma nella capacità della persona di esplorare se stessa e le proprie
capacità mettendo in gioco tutte le risorse di cui dispone. 175 Il sostegno educativo deve,
quindi basarsi sul presupposto fondamentale per cui la famiglia che chiede aiuto è soggetto
attivo della relazione e portatrice non solo di un bisogno e di una difficoltà, ma anche delle
strategie per uscire dalla crisi intesa in chiave di opportunità di cambiamento e crescita. 176
Il processo di counseling diventa luogo educativo in cui l’operatore “aiuta ad
aiutarsi” ponendo le basi per l’apprendimento del problem solving e, a lungo termine, della
capacità di resilienza. La relazione d’aiuto si trasforma da semplice atto sociale in
relazione educante, in quanto spazio in cui riformulare e rielaborare la propria esperienza
aprendosi alla crescita in tutte le fasi della vita comprese quelle caratterizzate dagli eventi
critici che la famiglia si trova a fronteggiare. 177
172
Cfr. A. DI LUOFFO, Educazione al rispetto delle omosessualità, p. 78.
Cfr. A. DI LUOFFO, Educazione al rispetto delle omosessualità, p. 80.
174
Cfr. R. DEL FAVERO - M. PALOMBA, Identità diverse, p. 169.
175
Cfr. D. SIMEONE, Educare in famiglia: indicazioni pedagogiche per lo sviluppo dell’empowerment familiare, p. 16.
176
Cfr. Ibidem, p. 17.
177
Cfr. Ibidem, p. 19.
173
67
Nel caso dell’omosessualità, in consulenza occorre lavorare sull’attribuzione di
significato alla crisi che la famiglia vive e che non fa parte della sua normale evoluzione.
Esistono infatti crisi evolutive o di sviluppo connesse a normali tappe di maturazione e
facilmente prevedibili nel corso della vita (nascita, morte), e crisi accidentali determinate
da eventi imprevisti che comunque modificano in modo sostanziale la vita dei soggetti
coinvolti. 178 Allo stato attuale, l’omosessualità, è ancora riconducibile ad un evento
inaspettato. I genitori si trovano impreparati davanti ad una realtà destabilizzante e inattesa
e verso la quale non sono mai stati sostanzialmente formati: inizialmente l’omeostasi
familiare entra in crisi. Il compito dell’operatore è stare accanto a questo momento di
squilibrio, sostenere un cammino irto di difficoltà e supportare i genitori ad acquisire un
grado di flessibilità e adattabilità tale da rendere la crisi occasione di rimodellamento di
relazioni che includano e valorizzino l’inedita identità del figlio. Il counselor è chiamato a
fornire supporti emozionali e strumenti per affrontare il dolore di entrambe le parti,
facendole dialogare e favorendo il superamento dei rispettivi sensi di colpa. 179 Sarà
impegnato su tre fronti dovendo ascoltare sia il vissuto del figlio, sia del genitore, sia la
relazione ferita che intercorre tra le due parti aprendo ad uno stile educativo improntato
all’autorevolezza e profondamente rispettoso dell’identità e “diversità” del figlio. E’ chiaro
che, per innescare e sostenere tale processo di cambiamento, l’operatore dovrà per primo
elaborare le proprie emozioni e lavorare su eventuali pregiudizi personali che potrebbero
ergersi come barriere nel cammino di accettazione incondizionata.
Da quanto esposto si auspica che, in ambito educativo e pedagogico, la famiglia
possa sempre più contare su percorsi di sostegno ed empowerment, al fine di trovare
dimora in uno spazio dove rielaborare il proprio vissuto e collocare in un orizzonte di
senso il cammino del figlio o del familiare che vive la ricerca o la rielaborazione della
propria identità. 180
178
Cfr. D. SIMEONE, Educare in famiglia: indicazioni pedagogiche per lo sviluppo dell’empowerment familiare, p, 11.
179
Cfr. A. MONTANO, Psicoterapia con clienti omosessuali, Milano, p. 83.
180
Cfr. D. SIMEONE, Educare in famiglia: indicazioni pedagogiche per lo sviluppo dell’empowerment familiare, p. 19.
68
2. Famiglie in rete
In questa sezione del lavoro si intende sottolineare l’importanza di reti di supporto
alla famiglia che si confronta con l’omosessualità. In una visione sistemica della persona
sono ricchezze fondamentali il poter contare su un sostegno nei momenti di maggior
difficoltà, il potersi confrontare con realtà simili alla propria e lo scambiarsi risorse al fine
di affrontare meglio il percorso di crescita. In campo socio-educativo il lavoro in rete è
ormai una priorità irrinunciabile in quanto la complessità della realtà non può essere
affrontata se non mettendo in gioco più forze, ognuna con la propria peculiarità e
ricchezza. La rete può essere definita come una “maglia comunicazionale” costituita da
rapporti di scambio, interazione e sinergia tra le varie forze in gioco. Caratteristica
fondante è la cooperazione e collaborazione tra i vari agenti educativi che, nella
convergenza e condivisione di intenti visioni e valori, promuovano la crescita individuale e
comunitaria. Parlare di rete rimanda al concetto di corresponsabilità in base alla quale
ognuno diventa protagonista di un cammino di cambiamento personale e trasformazione
sociale. In quanto “maglia”, la rete è un intreccio di nodi in cui ognuno è portatore di una
sua singolarità e specificità. Ogni nodo è essenziale alla buona riuscita del progetto e nella
sinergia si crea quel senso di appartenenza, compartecipazione ed integrazione che troppo
spesso rischia di mancare nella società contemporanea.
La famiglia costituisce un nodo fondamentale nella rete sociale e deve essere, allo
stesso tempo, soggetto e oggetto di attenzione e cura particolare. Molti sono gli organismi
istituzioni e agenti sociali impegnati sul fronte famiglia, molte le forze in gioco sebbene
alcune realtà di disagio e difficoltà non incontrino ancora particolari supporti e
riconoscimenti. In questo caso è la famiglia stessa, i suoi componenti, le persone in
difficoltà a fare rete tra loro, associandosi per condividere un cammino di crescita e trovare
nuove strategie operative.
69
Sul tema dell’omosessualità in Italia sono particolarmente attive tre associazioni
ognuna con la propria peculiarità: Agedo che riunisce i genitori di figli omosessuali, Rete
Genitori Rainbow che associa genitori che, dopo un percorso di vita eterosessuale,
scoprono la loro omosessualità, e Famiglie Arcobaleno che affronta soprattutto il tema
della omogenitorialità di cui, come già detto, non si approfondirà in questa sede il
percorso.
2.1. Agedo
L’Agedo, Associazione di Genitori di Omosessuali, nasce nel 1992 e ha la sua sede
nazionale a Milano. La genesi è da ricercare nella volontà di “fare rete” per sostenere i
genitori, le famiglie e i parenti di persone omosessuali. Paola Dall’Orto, fondatrice e
presidentessa nazionale di Agedo, vivendo l’omosessualità del figlio, ha letto il bisogno di
tanti genitori di comunicarsi e condividere le storie delle proprie famiglie senza timore di
essere giudicati, fraintesi, condannati o, nella migliore delle ipotesi, compatiti. Il progetto
dell’Associazione nasce, quindi, dal desiderio di connettere tra di loro famiglie che
condividono una realtà che mai avrebbero pensato potesse toccarli: il problema è sempre di
altri e coglie sempre impreparati. Lo scopo è allora sostenere quei genitori che si trovano
nella stessa situazione di disagio, disperazione, impotenza ma anche di ignoranza sul tema
dell’omosessualità, entrato prepotentemente nella loro famiglia. La vision di Agedo è il
credere che riuscire a supportare il genitore, e a modificare una mentalità chiusa e
giudicante, aiuti non solo loro stessi ma soprattutto il figlio omosessuale ad accogliersi e
valorizzarsi per ciò che è sentendosi amato e sostenuto proprio dal nucleo degli affetti più
stretti. Il lavoro svolto nel tempo si è incentrato sulla creazione di un ambiente di vita
accogliente e supportivo che riuscisse a rendere il figlio più sicuro di sé e della propria
identità senza doversene vergognare, per poi aprirsi alle relazioni affettive e sociali con una
forza interiore tale da affrontare le inevitabili difficoltà.
Occorre sottolineare che, a parte Agedo, non esiste in Italia un forte movimento che
riunisca i familiari di omosessuali per il fatto che, troppo spesso, sono indotti alla vergogna
e al senso di colpa da giudizi e pregiudizi sociali. Il genitore stesso si colpevolizza
70
sentendosi di aver fallito, come persona e come genitore, nel proprio compito educativo,
finendo, spesso, per condividere gli stessi pregiudizi contro gli omosessuali. 181 Risulta
chiaro il valore educativo che Agedo persegue cercando di rompere quel muro di omertà,
paura e giudizio che grava sulle famiglie, spingendole all’isolamento e al nascondimento.
La diretta esperienza di madre di un figlio omosessuale, che si è scoperta priva di
strumenti interpretativi ed operativi, ha spinto Paola Dall’Orto ad abbandonare, non senza
fatica, i propri schemi mentali per schierarsi a fianco del figlio nella lotta contro la
discriminazione sociale, percorso che nel tempo ha proposto ai genitori e familiari che
vivono la stessa condizione. 182 Dalla scoperta “casuale” dell’omosessualità del figlio,
Paola Dall’Orto, percorrendo tutte le tappe di elaborazione di cui si è già parlato, ha
iniziato un percorso di informazione, di conoscenza della realtà omosessuale e di
comprensione di cosa stesse accadendo nella sua famiglia. Questo le ha permesso di
giungere alla riscoperta di un figlio che mai aveva cessato di essere la persona che aveva
sempre guidato, curato ed amato solo con una variante nell’orientamento sessuale che
doveva godere di un riconoscimento ed inserimento sociale. Ha così raggiunto la
consapevolezza che la diversità non stava nel figlio ma in se stessa e nella sua difficoltà di
continuare ad amarlo, non in base ad una categoria, ma come persona completa con la sua
affettività , spiritualità e fisicità. 183
Agedo, sui passi della sua fondatrice, intende lavorare sull’accoglienza delle
emozioni, paure, dubbi, timori, inadeguatezze dei genitori che scoprono l’omosessualità
come realtà appartenente al loro nucleo familiare. La paura è un’emozione giustificabile e
legittima, ma quando mette a repentaglio la qualità di vita del figlio ha bisogno di appoggio
e sostegno per essere elaborata e per fare dei dubbi e timori un fattore creativo che spinga a
cercare nuove strategie, nuove soluzioni, ma soprattutto un nuovo dialogo genitori-figli.
Secondo Agedo, il dialogo risulta essere uno strumento educativo di primaria importanza.
Si cerca di motivare i genitori ad affrontare la realtà nella coppia, condividendo il peso
della notizia, per poi aprirsi al figlio cercando di empatizzare con le più intime paure
dovute principalmente agli ostacoli del mondo esterno. Agedo propone un percorso di
181
Cfr. P. RIGLIANO, Amori senza scandalo, p. 25.
Cfr. A. DI LUOFFO, Educazione al rispetto delle omosessualità, p. 130.
183
Cfr. Ibidem, p. 131.
182
71
crescita ai genitori per poi poter ridisegnare i rapporti con i figli, investendo energie e
risorse sulla rieducazione ai valori morali della sincerità ed onestà. Accogliendo la verità
del figlio gli si da legittimazione e riconoscimento, sebbene con difficoltà e sofferenza, e lo
si libera da una vita di menzogna, nascondimento e fuga. 184
Agedo svolge una funzione educativa molto importante nei confronti dei genitori e
della famiglia. Alla nascita l’associazione si componeva di poche persone che avevano
vissuto il dolore della scoperta associato allo stigma sociale di risultare dei falliti agli occhi
del mondo. I primi passi sono stati dettati dalla possibilità di incontrarsi per occuparsi di se
stessi, delle proprie difficoltà e delle proprie paure. Dopo una necessaria elaborazione
personale, condivisa nel gruppo, Agedo ha compreso che non bastava il lavoro esclusivo su
se stessi ma che occorreva lottare per un cambiamento di mentalità nel sociale in contesti
in cui regnava, e regna tuttora, una cultura non agevolante se non addirittura omofobica. In
questo modo Agedo si è trasformata in associazione di volontariato assumendo un valore
sociale di estrema importanza. 185
Dalla qualità di vita della famiglia dipende la vita dell’intera società in quanto la
crescita della persona determina la crescita della comunità.
186
Agedo ha sempre creduto in
questo assunto e l’ha reso operativo nella sua vita associativa rappresentando una risorsa
sociale di particolare rilevanza. I servizi che offre sono di varia natura: linee telefoniche in
aiuto ai genitori; centri di organizzazione e sostegno per giovani ed adolescenti in
difficoltà; 22 punti di ascolto presenti su tutto il territorio nazionale; gruppi di auto-mutuo
aiuto; interventi diretti in situazioni di emergenza e disagio sociale legati alla condizione
omosessuale; organizzazione di convegni, seminari e corsi di formazione per genitori,
educatori ed insegnanti promuovendo l’educazione e il rispetto delle differenze;
realizzazione di strumenti educativi e materiali di ricerca sulle tematiche inerenti a famiglia
ed omosessualità in campo pedagogico, sociologico e psicologico. I genitori e sostenitori
dell’Associazione sono particolarmente attivi nella lotta contro ogni discriminazione
sessuale a favore del riconoscimento dei diritti civili per omosessuali, bisessuali e
transessuali in accordo con le direttive europee. A tale scopo Agedo collabora con l’Unar,
184
Cfr. A. DI LUOFFO, Educazione al rispetto delle omosessualità, p. 134.
Cfr. G. DALL’ORTO - P. DALL’ORTO, Mamma, papà: devo dirvi una cosa, p. 186.
186
Cfr. S. PAVIĆ in G. QUINZI - L. PACE (a cura di), L’imprescindibile esigenza di educare, p. 128.
185
72
Ufficio Nazionale Antidiscriminazioni razziali, dipartimento del Consiglio dei Ministri
contro le discriminazioni. Particolarmente interessante è l’attività svolta nelle scuole medie
superiori in sinergia con i dirigenti scolastici cui è stato chiesto di inserire nel Piano di
Offerta Formativa, progetti di formazione e informazione sul tema del rispetto delle
diverse identità e dell’orientamento sessuale. In molti istituti scolastici Agedo si è resa
protagonista di progetti-pilota attraverso corsi di aggiornamento per docenti, e gruppi di
studio per studenti, sul bullismo omofobico e sulla diversità. 187
Agedo si pone altresì l’obiettivo della formazione dei genitori sostenendo che siano
impreparati all’ipotesi di mettere al mondo un figlio e una figlia omosessuale e ad essere
chiamati ad accoglierlo con lo stesso amore, attenzione e cura riservato ad un figlio
eterosessuale. L’educazione alla diversità dovrebbe far parte di qualsiasi percorso alla
genitorialità per sostenere chi, non preparato in modo idoneo a confrontarsi con questo, si
trova disorientato e confuso davanti a ciò che la scienza considera una variante della
sessualità umana anche se fortemente discriminata. Genitori informati, sostenuti da
istituzioni e media, possono diventare la vera risorsa nel cammino dei figli rigettando
pregiudizi, dovuti spesso all’ignoranza della realtà, e aprendo spiragli di serenità per se
stessi, le altre famiglie e l’intera società guidata a nutrire meno paure. 188
Nella prospettiva pedagogica, la formazione dei genitori si propone di agire sulle
risorse della coppia parentale per accrescerne le capacità educative e rafforzarne
l’autonomia e la competenza oltre alle risorse già esistenti nel nucleo familiare. Lo scopo è
di realizzare una lettura approfondita della vita dei figli per comprenderne lo sviluppo, la
causa dei comportamenti e gli effetti che gli atteggiamenti dei genitori stessi producono sui
figli. 189 Agedo si inserisce in tale linea pedagogica cercando di sostenere l’intero processo
genitoriale e familiare attraverso la forma metodologica più diffusa rappresentata dalla
discussione in piccoli gruppi, che poi assume la forma di un auto-mutuo aiuto. Il gruppo
consente il confronto diretto sull’esperienza, sugli interessi, sui timori, sui sensi di colpa
dei partecipanti senza fermarsi ad una condivisione di vissuti che rischi di cadere
187
Cfr. G. DALL’ORTO - P. DALL’ORTO, Mamma, papà: devo dirvi una cosa, p. 187.
Cfr. V.M. BORELLA, Volti familiari. Vite nascoste. Comprendere e accettare un figlio omosessuale, p.
83.
189
Cfr. D. SIMEONE, Educare in famiglia: indicazioni pedagogiche per lo sviluppo dell’empowerment familiare, p. 194.
188
73
nell’autocommiserazione. Lo scopo è di implementare le risorse della famiglia
nell’accogliere e sostenere la vita dei propri figli.
Per la trattazione di questo paragrafo si è preso contatto diretto con la vita
dell’Associazione partecipando a vari incontri e raccogliendo le testimonianze dei genitori.
In questo modo si è potuto verificare e apprezzare l’applicazione della metodologia di
gruppo e i benefici che tale percorso ha generato nella consapevolezza dei genitori di
potere essere risorse supportive per i loro figli. Metodologicamente Agedo applica la
strategia dell’approccio narrativo. La possibilità di narrarsi, scendere nella propria
esperienza, elaborare il vissuto raccontando la propria storia e prendendo contatto con il sé
più profondo, costituisce un processo psicosociale in cui il soggetto diventa parte attiva nel
cammino di consapevolezza e assunzione di responsabilità sulla propria vita. 190 Le persone
creano una sorta di life story per dare senso e coerenza alla propria esperienza. Attraverso
la narrazione reciproca si da senso e coerenza alla propria esistenza e si genera una
condivisione di emozioni, vissuti, sentimenti in cui ognuno può ritrovare se stesso e
individuare, accogliendo i racconti degli altri, nuove vie operative per un proprio percorso
di cambiamento. L’esplorazione che si compie nell’approccio narrativo, permette di
rendere esplicite le credenze, le paure, i dubbi che la persona nutre nei confronti
dell’omosessualità. Lo scopo non è quello di scoprire una verità ma di costruire una
narrazione personale che permetta di avvicinarsi alla realtà della persona omosessuale, di
non negarla ma di ascoltarla, imparando a dialogarci in gruppo e in famiglia. 191
La forza della condivisione in gruppo genera un clima di accoglienza e sostegno
delle difficoltà, e favorisce l’uscita dal clima di isolamento, vergogna e colpevolizzazione
che, inizialmente, rappresenta l’unico orizzonte relazionale del genitore. Dalle
testimonianze raccolte, nei genitori esiste un forte bisogno di poter condividere il dolore
incamminandosi poi, insieme, verso un percorso di normalizzazione e normalità. I genitori
di Agedo hanno sempre sottolineato e sofferto la mancanza di una cultura omosessuale che
li potesse avvicinare ai loro figli. Avere un gruppo cui fare riferimento per assumere
informazioni e conoscenze di base, rappresenta una risorsa importante e utile. Spesso il
190
191
Cfr. C. CHIARI - L. BORGHI, Psicologia dell’omosessualità. Identità, relazioni familiari e sociali, p. 61.
Cfr. M. CASTAÑEDA, Comprendere l’omosessualità, p. 52.
74
pregiudizio superato in famiglia dopo tante fatiche, si scontra con la realtà della famiglia
allargata, degli amici e della società.
L’impossibilità di dire la verità, perché contraria al pensare comune, rischia di
produrre nei genitori una regressione che li spinge di nuovo a nascondersi o a negare. Il
gruppo rappresenta quel contenitore di emozioni in cui riversare la propria sofferenza ma
anche sperimentare la possibilità di cambiare se stessi e il contesto sociale intorno, per una
buona qualità di vita sia propria che dei figli stessi. Il gruppo diventa altresì il luogo dove
elaborare il proprio lutto circa la perdita del sogno di “normalità” del figlio e della famiglia
per avviarsi ad accogliere anche la nuova vita affettiva e sentimentale del figlio nella
persona di un compagno o di una compagna che, secondo quanto affermano i genitori,
diventa nel tempo un sostegno e una sicurezza per il genitore stesso. Condividere un
cammino rende più forti, sicuri e resistenti alle opposizioni esterne: insieme i genitori
compiono il passaggio dalla cura di sé alla cura di una società in cui veder riconosciuta
pienamente l’esistenza dei propri figli, sia a livello umano che civile.
Un’emozione molto forte da elaborare, sia personalmente che come gruppo, è la
presunta morte del figlio: per la società e forse anche per la famiglia allargata e gli amici, si
può verificare una negazione della persona insieme alla questione dell’omosessualità.
Spetta allora ai genitori il compito di rendere vivo il proprio figlio rompendo quel clima di
isolamento e pregiudizio che lo circonda. La persona omosessuale vive una condizione
particolare: prima del coming out viene ritenuta “normale” e sana, dopo la rivelazione
improvvisamente viene guardata con diffidenza e considerata spesso malata. In questo
passaggio si colloca il compito educativo del genitore che Agedo si adopera per sostenere
fornendo quegli strumenti operativi, e quella consapevolezza emotiva, per essere garanti
dell’esistenza del figlio e poter ricorrere ad una rete di supporto nell’affrontare le difficoltà.
I genitori di Agedo sono concordi nel ritenere che, senza il momento doloroso ma
necessario del coming out, si rischia di perdere il contatto con il figlio in quanto ci si
relaziona ad una persona portatrice di peculiarità tali che, per essere guidate alla
realizzazione, necessitano di ascolto, chiarezza e verità. Senza il coming-out, momento di
dialogo e incontro profondo, si perde il contatto e la relazione autentica tra genitori e figli.
75
Il percorso del figlio deve essere senz’altro centrale e occorre esser consapevoli che
la sofferenza maggiore è proprio il dover mentire, nascondersi e negarsi laddove si
dovrebbe sperimentare invece tutto il supporto, l’amore e la cura necessari. Molti genitori
parlano della fase del coming out come un momento di ritrovamento e riscoperta del
proprio figlio e come un atto d’amore e di fiducia nei loro confronti come guide. Senza la
verità è proprio il genitore a perdere qualcosa del figlio, non accogliendolo e
valorizzandolo per ciò che è e mistificando il rapporto con lui. Il coming out ha
rappresentato per molti genitori un momento di crescita personale, un’occasione per
rivedere se stessi, i propri valori, i propri pregiudizi scoprendosi, a volte, molto meno
aperti e disponibili di quanto si credeva, forti del fatto che una simile realtà fosse per loro
lontana e non li riguardasse. I genitori hanno così potuto prendere coscienza del fatto di
essere loro stessi a dover cambiare e Agedo ha rappresentato quello stimolo a guardarsi
dentro e a modificare schemi, modelli e interpretazioni individuando nuove vie operative.
Frutto di questo lungo cammino di elaborazione e condivisione è stato, spesso, la nascita di
una nuova relazione con il figlio, una relazione autentica basata sulla verità di ciò che si è,
di ciò che si prova e di ciò di cui si ha bisogno dall’altro per poter compiere il proprio
cammino di realizzazione. Genitori e figli dichiarati apertamente, secondo Agedo, sono
una speranza per chi ancora non ce la fa a rompere un clima di omertà, paura e dolore, e
per chi ha bisogno di essere supportato e vedere negli occhi e nella vita dell’altro, oltre che
le proprie stesse paure, anche la gioia di averle superate e potersi mettere al servizio
dell’intera comunità.
Il cammino di Agedo rappresenta una grande risorsa nel campo dell’empowerment
familiare: permette di rendere ragione di un vissuto doloroso, di tessere un lavoro di rete
tra singoli, famiglie e società e di interagire con i vari agenti sociali e con le istituzioni.
Tutto questo rende possibile un reale cambiamento e crescita della genitorialità
realizzando una flessibilità e apertura tale da permette di incontrare l’altro per quello che è
e lottare perché sia riconosciuto e inserito, a pieno diritto, nel tessuto sociale.
2.2. Rete Genitori Rainbow
76
Alcuni studi mettono in guardia dal considerare la sola struttura familiare come
indicatrice di buoni o cattivi funzionamenti incentrando, invece, il focus sui processi intra
ed extra-familiari che hanno un ruolo fondamentale nello sviluppo delle relazioni con i
figli. 192 Il modo in cui le persone si relazionano, gestiscono i propri ruoli, le proprie
distanze e vicinanze, forniscono quella protezione ed accudimento necessari per una buona
crescita.
Un buon funzionamento familiare e una funzionale gestione della genitorialità,
dipendono anche dal fatto che all’interno del contesto si sviluppino processi che
concorrano a creare le condizioni per la sana evoluzione di ogni componente del nucleo
familiare. 193 La famiglia, infatti, si configura come contesto adattivo se agevola il processo
di autonomia e cambiamento in funzione delle mutazioni interne ed esterne, senza perdere
la propria identità e il compito di protezione e cura di cui necessitano i suoi componenti.
Una genitorialità funzionale si basa allora, non semplicemente sulle strutture, ma sui
processi che vi si svolgono. Dipende altresì dalla capacità dei genitori di proteggere i figli
in modo stimolante favorendo autonomia ed interdipendenza e affrontando i conflitti in
modo cooperativo. 194 In quest’ottica si analizzerà la realtà di Rete Genitori Rainbow (che
di seguito si indicherà come RGR) conosciuta attraverso il rapporto diretto con la
cofondatrice Cecilia d’Avos.
L’associazione nasce ufficialmente il 14 febbraio 2011 come cammino autonomo
rispetto a quello di Famiglie Arcobaleno cui avevano preso parte i fondatori. RGR si
propone di accompagnare e sostenere i genitori che, dopo un percorso di vita eterosessuale,
scoprono il proprio orientamento o, meglio, si riappropriano della propria identità
omosessuale. Questo ha portato i fondatori a costituire una nuova associazione per poter
offrire sostegno anche in forma anonima e senza l’obbligo di sottoscrivere una tessera
associativa. L’intento era di poter meglio seguire e servire la specificità del cammino che i
genitori, con un precedente percorso di vita eterosessuale, compiono per se stessi, per la
propria identità e nella nuova relazione con i figli. RGR si pone come valido sostegno nel
192
Cfr. C. CHIARI - L. BORGHI, Psicologia dell’omosessualità. Identità, relazioni familiari e sociali, p.
109.
193
Cfr. Ibidem, p. 109.
194
Cfr. Ibidem, p. 110.
77
processo di agevolazione delle relazioni familiari in modo che i genitori, esprimendo
pienamente se stessi e la propria identità, possano continuare ad essere valido ed
insostituibile punto di riferimento per i propri figli favorendo autonomia e indipendenza e
gestendo quei compiti di sviluppo cui sono chiamati.
Nel caso di una persona che ha contratto matrimonio e generato dei figli, il
cammino di consapevolezza e di riconoscimento di sé può essere particolarmente faticoso e
doloroso. Il lavoro che il genitore deve eseguire è una lenta esplorazione e co-costruzione
della dimensione identitaria e della sfera affettivo-sessuale, compiendo un percorso di
scoperta di sé in itinere a confronto con gli stereotipi sociali e con le reazioni emotive che
la sua nuova identità comporta.
RGR si pone come interlocutore e supporto in questo cammino con l’obiettivo
peculiare di offrire servizi per la realizzazione personale del genitore e per il sostegno della
sua funzione di guida per i figli. Il focus è puntato sul benessere della persona in un’ottica
sistemica. Sostenere il genitore che compie il suo percorso di scoperta o riappropriazione
di sé, significa sostenere l’intero nucleo familiare cercando di agevolare relazioni positive
tra i suoi membri: figli, ex coniuge e, eventualmente, il nuovo partner. In questo modo la
famiglia diventa una risorsa circolare in cui l’equilibrio ritrovato e ristabilito possa fornire
ad ognuno quel valido appoggio per la personale realizzazione.
L’intento di RGR è offrire un supporto tale da non creare dipendenza ma da
agevolare la realizzazione delle proprie scelte di vita e la ridefinizione delle relazioni
interpersonali all’interno della famiglia. Ognuno è stimolato a cercare la propria strada in
un clima di supporto, tatto e delicatezza che escluda ogni forma di giudizio e pregiudizio.
Il progetto di RGR si articola attraverso vari servizi di cui il sito internet offre
ampia informazione: tavole rotonde, incontri di formazione, gruppi di auto-mutuo aiuto e
un forum di discussione e condivisione. Il progetto è portato avanti, come si diceva,
secondo criteri di anonimato e gratuità: due valori imprescindibili nell’intento dei
fondatori. Il rispetto dell’anonimato si pone come condizione necessaria per tutelare con
delicatezza chi ancora non ha completato il proprio percorso di consapevolezza o chi si
trova a vivere il disagio e la difficoltà di una dolorosa separazione. Si vuole dare voce alle
78
persone ma nel pieno rispetto della loro scelta di non essere visibili e di avere la giusta
protezione in un momento particolarmente delicato del proprio cammino.
La gratuità è un altro punto cardine nelle intenzioni dei fondatori: il valore
perseguito è potere e sapere andare incontro al bisogno del genitore e della famiglia senza
alcun ritorno personale. Si può infatti accedere ai servizi anche senza necessariamente
associarsi o dover condividere tutto il percorso presentato. Non è un caso che la forma
associativa scelta dai fondatori di RGR sia quella, non comune nel panorama delle
associazioni LGBT (Lesbiche, Gay, Bisessuali, Transessuali), dell’associazione di
volontariato.
Un altro cardine fondamentale è rappresentato dall’importanza del valore della
trasparenza e verità. RGR si propone di dare supporto lungo tutto il percorso di
consapevolezza dalla scoperta di sé, dall’eventuale coming out, fino alla ridefinizione dei
rapporti familiari. Tuttavia, i fondatori, insistono sul concetto che stimolare alla verità non
significa in alcun modo costringere la persona a passi che non ritiene giusti per sé in quel
particolare momento. Si ricerca il massimo rispetto per le risorse, capacità, modalità e
tempi di ciascuno fornendo, in questo processo di divenire, la propria presenza e il proprio
ascolto.
Vivere la propria identità omosessuale in maniera nascosta, alimenta la sensazione
di essere sbagliati, mina l’autostima, genera disagio e sensi di colpa alimentando un
continuo senso di incompletezza. 195 RGR offre ai genitori la possibilità di gruppi di automutuo aiuto in cui il condividere la propria esperienza, il confrontarsi con i vissuti degli
altri, il non sentirsi soli ma supportati da chi ha già compiuto alcuni passi di evidenza e
trasparenza, costituisce una grande risorsa nel proprio processo di definizione e di crescita.
Confrontarsi e condividere le positività ma anche i pesi di un cammino tutt’altro
che agevole, innesca un processo di auto guarigione da quei sensi di inadeguatezza ed
estraneità verso se stesso che il genitore, inizialmente spaventato e disorientato, sperimenta
nella nuova vita. La disponibilità ad incontrarsi, condividendo esperienze e difficoltà
simili, costituisce una risorsa importantissima: favorisce la reciprocità, lo scambio di
195
Cfr. M. CASTAÑEDA, Comprendere l’omosessualità, p. 82.
79
vissuti, la comune elaborazione delle difficoltà, il mutuo sostegno delle persone ancor
prima del loro ruolo genitoriale. 196
Il clima che si cerca di perseguire all’interno di RGR, è contrassegnato dall’assenza
di giudizio. Si parte da sé e dalla propria esperienza di vita senza pretendere che questa sia
paradigmatica per ognuno o una tappa obbligata da seguire. Ognuno prende e da ciò che
ritiene giusto per sé, nel pieno rispetto degli altri e del loro percorso di vita. Viene prestato
ascolto affinché si evitino sterili consigli, spiegazioni o valutazioni ed agevolando il venir
fuori autonomo della persona che è invitata ad esplorare la propria situazione e a
comprendere la matrice profonda delle sue difficoltà.197 Consigli sterili e non richiesti, non
farebbero che forzare i tempi di consapevolezza e crescita della persona anziché
supportarne e agevolarne l’autonomia di scelta e l’assunzione delle responsabilità sulla
propria vita e su quella dei figli. L’obiettivo di RGR si pone invece nell’ottica di facilitare
la comprensione del problema, di ricercare alternative costruttive e di sostenere il processo
di raggiungimento di un equilibrio personale e familiare. Allo stesso tempo RGR indica,
nella trasparenza e nella sincerità dei rapporti, il percorso ineludibile per acquisire un
nuovo equilibrio.
Il valore sociale che RGR persegue si incentra sul colmare il vuoto rappresentato
dalla mancanza di sostegno, da parte di altre istituzioni, di una realtà che, come già emerso
dalle statistiche, è tutt’altro che irrilevante. RGR intende sostenere una genitorialità che,
anche se molto spesso è invisibile per paure, timori e pregiudizi, tuttavia è esistente
all’interno delle famiglie. Le statistiche, come già sottolineato, indicano in 100mila il
numero di figli con almeno un genitore omosessuale, un dato che, più che mettere
l’accento sull’assenza di diritti, è spia di una condizione esistenziale di potenziale disagio.
Questa è rappresentata dalla crisi familiare a seguito di una separazione aggravata dal
sentimento omofobico di uno o entrambi i genitori. RGR intende dare supporto ad una fetta
di società sguarnita di aiuto e servizi idonei da parte delle istituzioni. E’ per questo che
l’Associazione si propone altresì di progettare e fornire corsi di formazione, per alcune
categorie professionali, al fine di promuovere una cultura rispettosa della diversità e
agevolare genitori e figli ingaggiati in un compito di sviluppo estremamente delicato.
196
Cfr. S. PAVIĆ in G. QUINZI - L. PACE (a cura di), L’imprescindibile esigenza di educare, p. 142.
80
A tal scopo RGR si sta mobilitando per formare e supportare alcune figure
istituzionali fondamentali per la crescita della persona quali educatori, insegnanti, assistenti
sociali, avvocati, mediatori familiari che, nel loro percorso professionale, possono venire in
contatto con il vissuto di tante famiglie che vivono l’omosessualità all’interno del loro
contesto.
RGR si pone quindi come nodo di un lavoro in rete che vuole connettere le varie
realtà operanti, a vario titolo, in ambito educativo, sociale e professionale cercando di
realizzare una sinergia che abbia come unico scopo il sostegno e l’empowerment della
famiglia. In ambito legale RGR fa riferimento a Rete Lenford, l’avvocatura per i diritti
LGBT, al fine di tutelare i percorsi di vita delle persone con orientamenti sessuali differenti
e di diffondere una cultura di rispetto delle diversità. Lo scopo è quello di sostenere
legalmente i genitori anche nel momento in cui si trovano ad affrontare una separazione
giudiziale a volte motivata dall’accusa di avere un orientamento sessuale differente.
L’obiettivo di Rete Lenford, cui RGR fa riferimento, è di mettere in contatto professionisti
che operano su tutto il territorio nazionale in modo da adottare strategie operative atte a
sostenere i passaggi di vita di chi si trova in situazioni di discriminazione. 198
Risulta fondamentale reperire professionisti specificamente formati nel saper
leggere la realtà omosessuale e operarvi di conseguenza, senza preconcetti e soprattutto
senza tentare interventi volti ad una riconversione dell’orientamento o dell’identità.
L’intento di RGR, in questo caso, è fornire la possibilità di poter accedere a servizi e figure
professionali garantite e in grado di non opporre giudizi e pregiudizi nel trattare con
persone omosessuali. Allo stesso tempo l’Associazione è pienamente inserita nel tessuto
sociale istituzionale nazionale ed è accreditata tra le associazioni che compongono il
“Gruppo Nazionale di Lavoro per la definizione della Strategia nazionale di prevenzione e
contrasto delle discriminazioni nei confronti delle persone LGBT” promosso dall’UNAR
istituito dalla Presidenza del consiglio dei Ministri.
Inoltre RGR è membro fondatore di Nelfa, l’associazione europea delle famiglie
omosessuali e correlato all’Ilga (International Gay and Lesbian Association), associazioni
197
198
Cfr. R. DEL FAVERO - M. PALOMBA, Identità diverse, p. 173.
Cfr. RETE LENFORD, in <http://www.retelenford.it/content/chi-siamo>, p. 1.
81
a carattere internazionale e mondiale contro la discriminazione per motivi di orientamento
sessuale.
Indubbiamente RGR rappresenta, sul territorio italiano, un supporto di grande
validità a sostegno del genitore omosessuale nel suo percorso di consapevolezza e
ridefinizione dei rapporti familiari. Il sollievo da ansie e paure, il non sentirsi soli davanti
ad una situazione inaspettata e destabilizzante, il riuscire ad instaurare nuovi rapporti
funzionali alla crescita di ognuno e rispettosi della diversità di ciascuno, permette di
realizzare l’obiettivo di favorire un empowerment in grado di generare nuovi equilibri e
nuove strategie educative. I figli stessi testimoniano l’importanza di questo lavoro di rete
sottolineando la positività del potersi confrontare con altri coetanei e di poter partecipare
ad incontri e riunioni in cui trovare accoglienza ed ascolto. Poter uscire allo scoperto,
rompendo a volte il circolo vizioso del segreto e dell’isolamento relazionale, crea una rete
tra loro e permette di affrontare, con minor difficoltà, l’elaborazione di una situazione
familiare non comune.
Per sottolineare la portata e il valore sociale di RGR, occorre ricordare che le
persone omosessuali si trovano ad affrontare un doppio compito evolutivo: i rapporti con le
famiglie di appartenenza e la discriminazione associata alla condizione omosessuale.
Genitori e figli che vivono l’omosessualità sono ingaggiati in questo difficile percorso di
crescita in quanto appartenenti ad una minoranza ancora non tutelata adeguatamente e
vissuta con sensi di colpa ed inadeguatezza. 199 RGR si pone accanto a tale realtà, con
discrezione e professionalità, tentando di diminuire la portata del minority stress ed agire
sul benessere della persona e dell’intero nucleo familiare ridisegnando profili, relazioni e
strategie idonee per una buona omeostasi familiare.
L’Associazione si pone in linea con i principi dell’empowerment per cui ogni
intervento sugli adulti deve partire dalla centralità dei soggetti che, superando la logica
dell’aiuto e della dipendenza, apprendano ad orientarsi verso l’organizzazione e
implementazione delle proprie risorse. Ogni intervento infatti, non è mai “sulle persone”
ma “con le persone” perché ciascuno possa recuperare una dimensione di protagonismo e
responsabilità autonoma nella soluzione delle proprie difficoltà evolutive.
82
199
Cfr. C. CHIARI - L. BORGHI, Psicologia dell’omosessualità. Identità, relazioni familiari e sociali, p.
138.
83
CONCLUSIONI
Lavorare a questa tematica ha prodotto molte riflessioni sia a carattere generale,
permettendo di approfondirne la conoscenza, sia a carattere personale lasciandosi
interpellare da una realtà tutt’altro che irrilevante e che chiama in causa il cammino di
crescita di singoli e famiglie.
La vita familiare è molto complessa sia per le dinamiche che comporta sia per i
vissuti emotivi di cui è portatrice. Ancora di più si possono vivere momenti di crisi quando
si manifestano condizioni tali da destabilizzare equilibri raggiunti con un percorso di anni e
tali da turbare le relazioni interpersonali. Ciò che si è voluto sottolineare, e che si tiene a
ribadire, è che ogni crisi può essere vissuta come un’occasione per rivedere le proprie
posizioni, rimettere in discussione schemi non funzionali alla crescita armonica dell’intero
nucleo familiare e trovare nuove strategie di coping davanti alle difficoltà. La crisi può
diventare opportunità di crescita. E’ in quest’ottica che si è voluto trattare l’argomento
individuando nella famiglia la risorsa vincente per ridisegnare rapporti e instaurare quel
clima di accoglienza in cui la persona possa compiere serenamente il suo processo
evolutivo. La portata pedagogica del lavoro è rappresentata dall’evidenziare nella famiglia
quelle ricchezze e peculiarità che la rendono protagonista della crescita dei figli e dei vari
componenti del nucleo, ognuno ingaggiato nei propri compiti evolutivi sia come singoli
che come gruppo.
Il focus del lavoro si è incentrato sulla realtà omosessuale, ormai fenomeno sociale
di vasta portata, che coinvolge singoli, coppie, famiglie, istituzioni e ogni referente sociale
che possa porsi come valido interlocutore nel permettere una sana crescita e un giusto
riconoscimento e inserimento nel tessuto sociale. L’omosessualità entra come tematica sia
nel pubblico che nell’ambito familiare, e stimola a ripensare le proprie posizioni, valutare
la portata dei pregiudizi personali e interrogarsi sulle nuove modalità relazionali che
scaturiscono dal confrontarsi con il tema della “diversità” per poterla vivere come
ricchezza e non come discriminazione.
84
L’insieme delle ricerche e degli studi presi in considerazione suggerisce che la
salute della persona omosessuale è correlata sia ad aspetti comuni a tutti,
indipendentemente dall’orientamento sessuale, sia a determinanti sociali quali la
discriminazione o il riconoscimento e l’accoglienza. Sul fronte sociale senz’altro la
famiglia, come primo nucleo della società, ricopre un posto rilevante e irrinunciabile. La
capacità di far fronte a compiti di sviluppo inusuali e inaspettati, soprattutto in un momento
delicato quale quello della formazione identitaria nell’adolescenza, può essere ostacolata o
facilitata da alcuni fattori. Questi sono stati individuati soprattutto nelle credenze delle
persone omosessuali rispetto a se stesse, con il problema dell’omofobia interiorizzata, nelle
competenze degli adulti di coordinarsi nelle funzioni genitoriali, nella rete di supporto a
sostegno di singoli e famiglie e nella presenza di un contesto positivo ed accettante. Questi
elementi, qualora presenti, costituiscono fattori protettivi per la famiglia nel sostenere la
crescita e garantire il benessere dei suoi membri.
La pedagogia familiare, intendendo sempre più lavorare sul terreno della
prevenzione e formazione diventa una risorsa importante per individuare nuove strade e
strategie. In chiave pedagogica occorre sostenere la famiglia nel momento della difficoltà e
renderla protagonista del suo cammino di recupero e ridefinizione dei rapporti alimentando
e sostenendo la capacità di resilienza che ogni nucleo familiare, anche il più disagiato, reca
comunque in sé. In questo bisogna essere sostenuti da una visione positiva sulla persona e
sulle sue capacità di reagire davanti alle difficoltà, nutrendo la massima fiducia nelle
potenzialità dell’uomo e della famiglia di ripensare se stessa e rispondere alle sfide
evolutive cui è chiamata.
Si è voluto richiamare l’attenzione sull’importanza dei processi dinamici e
relazionali che si svolgono all’interno delle famiglie quale fattore protettivo e di crescita
della persona omosessuale. Il mondo dell’educazione ha il dovere di soffermarsi sulle
relazioni e dinamiche interne della famiglia dalle quali scaturiscono la sua funzionalità. Un
clima di accoglienza, sostegno, ascolto, relazioni di cura, attenzione, e riconoscimento,
costituiscono il tessuto vitale in cui, chi vive un cammino non usuale, possa trovare la
forza di uscire allo scoperto, rivelare la propria identità o cercare di ridefinirla e
riappropriarsene. Il rapporto genitori-figli si fonda su sentimenti profondi che non
85
dovrebbero mai mettere in discussione l’amore. Ciò con cui occorre confrontarsi, come
genitori ed educatori, sono gli assunti omofobi e i pregiudizi sociali di cui la cultura di
appartenenza può essere portatrice. Lavorare sulla famiglia e con la famiglia che si
confronta con l’omosessualità, assume un significato e una portata molto ampia in quanto
spinge ad interrogarsi personalmente sul proprio concetto di “diversità” e valorizzazione
delle differenze nonché sulla portata sociale della propria azione di supporto. Ignorare il
problema, per paure, timori o inadeguatezze, non porta a sviluppare un atteggiamento di
dialogo con la realtà ma a sottovalutarne gli aspetti evolutivi che possa presentare.
Risulta evidente il bisogno della pedagogia di superare posizioni nette e
schematizzate, posizioni di condanna e critica nei confronti di famiglie che si differenziano
dal modello culturalmente e socialmente accettato, per aprirsi a comprendere, nel senso di
prendere con sé, le differenze, valorizzare le risorse e aumentare le potenzialità educative.
L’empowerment familiare passa quindi da un atteggiamento di sospensione del giudizio e
di implementazione delle peculiarità educative che ogni nucleo porta in sé. Ascolto
empatico, accoglienza e disponibilità attiva, rappresentano caratteristiche pedagogiche
fondamentali e strategie per creare quell’atteggiamento di fiducia, di dialogo e confronto
reciproco che potenzia la capacità relazionale e formativa del nucleo familiare. La
pedagogia è chiamata, quindi, a non perpetuare quel clima di giudizio, silenzio ed
isolamento relazionale che contraddistingue le famiglie che vivono situazioni particolari
come l’omosessualità, giungendo a realizzare una capacità di dialogo con la realtà e di
lettura di un fenomeno in chiave evolutiva.
L’educazione alla “diversità” e il dialogo rivestono un passo pedagogico
imprescindibile: per il genitore parlare del proprio disagio, confrontarsi e condividere,
rende possibile l’abbattimento di barriere mentali e comunicative che lo allontanano dal
figlio. Come educatori, formatori e pedagogisti della famiglia che operano nel sociale, si
tratta di porre al centro una cultura basata sul confronto rispettoso con l’altro e sulla stima
reciproca. Il fine è quello di educarsi a vicenda nel riconoscere e leggere tutti quei segnali
lanciati in famiglia e che possano parlare inequivocabilmente di un disagio e di una
richiesta, anche celata, di aiuto.
86
Personalmente questo lavoro ha rappresento la possibilità di confrontarsi con un
tema poco conosciuto soprattutto in chiave pedagogica, di mettere in discussione certezze
sostenute spesso da posizioni rigide e poco flessibili e di poter condividere l’esperienza di
singoli e famiglie che vivono l’omosessualità sotto vari aspetti.
Si vuole concludere con l’esperienza di vita di un genitore dell’Associazione Agedo
interrogato profondamente dalla scoperta dell’omosessualità del proprio figlio con il quale
ha costruito, nel tempo, una relazione più autentica e rispettosa. In uno degli incontri cui è
stato possibile partecipare, questo genitore, alla fine del suo percorso di confronto con
l’omosessualità, è arrivato a dichiarare che non si debba mai parlare di accettazione di un
figlio ma di accoglienza. Non si tratta di accettare qualcosa come fosse un imprevisto, una
disgrazia o una malattia, ma di accogliere una persona con tutto il suo vissuto emotivo, che
cerca se stessa e che chiede sostegno e riconoscimento di sé per poter giungere alla
completa realizzazione. E’ sempre l’amore che accoglie a costituire il fattore protettivo di
ogni crescita umana al di là di qualunque discriminazione.
Lungi dal considerare l’omosessualità una patologia da curare o demonizzare, il
presente lavoro ha perseguito l’intento di studiare una genitorialità che rimane “per
sempre” nonostante le difficoltà che il cammino relazionale possa presentare e gli ostacoli
sociali che la famiglia, nel suo percorso evolutivo, sarà chiamata ad affrontare.
87
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92
INDICE GENERALE
3
INTRODUZIONE
Capitolo primo
L’IDENTITA’ PERSONALE E LA SUA REALIZZAZIONE
1.1. Processi di costruzione dell’identità
5
5
5
2. L’identità come processo
2.1. Identità sessuale: tra soggettivo ed oggettivo
9
2.2. Adolescenza tra infanzia e adultità: dipendenza e autonomia
13
2.3. L’importanza dell’altro nella costruzione dell’identità
16
19
3. Omosessualità e identità omosessuale
3.1. Essere omosessuali: aspetti biologici, sociali, individuali
19
3.2. L’identità omosessuale
22
3.3. Il cammino di scoperta di una nuova identità
25
Capitolo secondo
L’OMOSESSUALITA’ IN FAMIGLIA
31
1. Il figlio omosessuale
31
1.1. Il coming out: perché dirlo?
31
1.2. Il coming out: un processo familiare
34
38
2. Il genitore omosessuale
2.1. Il rivelarsi tra dubbi e paure
38
2.2. Il figlio e il genitore omosessuale: un nuovo percorso
43
93
3. Un cammino insieme: la famiglia come luogo educativo
47
3.1. Dal coming out all’accettazione: un cammino di riconciliazione
47
3.2. Genitori sempre, educatori sempre
52
Capitolo terzo
OMOSESSUALITA’: FORME DI SOSTEGNO ALLA FAMIGLIA
58
1. Il counseling: una strategia di intervento
58
1.1 Il sostegno alla genitorialità
58
1.2 Il counseling come empowerment della famiglia
64
69
2. Famiglie in rete
2.1. Agedo
70
2.2. Rete Genitori Rainbow
75
CONCLUSIONI
83
BIBLIOGRAFIA
87
SITOGRAFIA
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