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Cass. civ. Sez. III, Sent., 30/07/2015, n. 16196
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. BERRUTI Giuseppe Maria - Presidente Dott. SESTINI Danilo - Consigliere Dott. DE STEFANO Franco - Consigliere Dott. RUBINO Lina - Consigliere Dott. LANZILLO Raffaella - rel. Consigliere ha pronunciato la seguente:
sentenza
sul ricorso 16340-2012 proposto da:
CONSORZIO DI BONIFICA ….., in persona del suo Presidente p.t. Ing. M.L.,
elettivamente domiciliato in ROMA, VIA CASSIODORO 19, presso lo studio
dell'avvocato TORRE GIUSEPPE, rappresentato e difeso dall'avvocato GENNARO
MARINO giusta procura speciale a margine del ricorso;
- ricorrente contro
…………………..;
- intimati Via Antonio Gramsci, 9 – 00197 Roma
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avverso la sentenza n. 146/2012 della CORTE D'APPELLO di SALERNO, depositata il
09/02/2012, R.G.N. 733/2009;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 08/05/2015 dal
Consigliere Dott. RAFFAELLA LANZILLO;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. DE AUGUSTINIS
Umberto che ha concluso per l'accoglimento del ricorso.
Svolgimento del processo
Con atto di citazione notificato il 7 marzo 1990 …. e …. hanno convenuto davanti al
Tribunale di Nocera Inferiore il Comune di ….., chiedendone la condanna al
risarcimento dei danni subiti dall'immobile di loro proprietà a seguito dello
straripamento del (OMISSIS), in occasione dell'alluvione del 6 ottobre 1988,
straripamento che sarebbe stato determinato da omessa sorveglianza e
manutenzione. Il convenuto ha resistito, chiedendo ed ottenendo di chiamare in
causa quali responsabili il Consorzio di Bonifica ….. e la Comunità Montana ….. Ha
resistito il Consorzio di Bonifica, eccependo fra l'altro l'incompetenza per materia
del giudice adito, dovendosi ritenere competente il Tribunale Regionale delle Acque
Pubbliche. Esperita l'istruttoria anche tramite CTU, con sentenza n. 712/2009 il
Tribunale ha attribuito al Consorzio l'esclusiva responsabilità del sinistro e lo ha
condannato al risarcimento dei danni nell'importo di Euro 303.337,61, comprensivo
di interessi e rivalutazione monetaria.
Proposto appello dal Consorzio, a cui hanno resistito il Comune di …., …. e gli eredi di
….., deceduta nelle more, con sentenza depositata il 15 novembre 2011 n. 146 la
Corte di appello di Salerno ha ridotto la somma liquidata ad Euro 28.258,17, oltre
rivalutazione monetaria e interessi, confermando nel resto la sentenza impugnata. Il
Consorzio propone cinque motivi di ricorso per cassazione.
Gli intimati non hanno depositato difese.
Motivi della decisione
1.- Con il primo motivo il ricorrente denuncia violazione del R.D. 11 dicembre 1933,
n. 1775, art. 140, lett. e) nel capo in cui la Corte di rinvio non ha ravvisato la
competenza del Tribunale Regionale delle Acque Pubbliche (TRAP).
1.1.- Il motivo non è fondato.
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La norma del R.D. 11 dicembre 1933, n. 1775, art. 140, lett. e) dispone che
appartengono in primo grado alla cognizione dei Tribunale delle acque pubbliche le
controversie per risarcimento dei danni che siano dipendenti "da qualunque opera
eseguita dalla pubblica amministrazione, o da qualunque provvedimento emesso
dall'autorità amministrativa" ai sensi del T.U. 25 luglio 1904, n. 523, art. 2 e
successive modificazioni.
La norma fa riferimento alle domande risarcitorie conseguenti a specifici atti o
provvedimenti della p.a. e - letta ed applicata nel contesto complessivo dell'art. 140
e delle fattispecie da esso contemplate - concerne i casi in cui vengano in questione i
danni provocati nell'esercizio dei poteri di governo delle acque nell'interesse
generale della collettività: i casi in cui si discuta, per esempio, della demanialità delle
acque (art. 140, lett. a); dei limiti, dell'alveo e delle sponde dei corsi o bacini (art.
140, lett. b); dei diritti a derivazioni e utilizzazioni di acque pubbliche (lett. c); delle
occupazioni di fondi per l'esecuzione di opere idrauliche e della determinazione dei
relativi indennizzi (lett. d), e così via.
Il T.U. 25 luglio 1904, n. 523, art. 2 richiamato dall'art. 140, parimenti riguarda il
potere della pubblica amministrazione di statuire e provvedere sulle opere di
qualunque natura, attinenti al buon regime delle acque pubbliche, alla difesa e
conservazione delle sponde dei corsi d'acqua e simili, alle eventuali decisioni sulla
modifica, cessazione o distruzione delle opere in essere.
I danni in relazione ai quali sussiste la competenza dei Tribunali delle acque sono
quindi quelli collegati o conseguenti ad azioni od omissioni della P.A., rilevanti quali
atti suscettibili di impugnazione, pur se di fatto non impugnati. I danni ascrivibili alla
mera inazione od incuria, quindi a comportamenti di fatto, magari non consapevoli e
non oggetto di scelta, quali quelli provocati dal deterioramento delle strutture e
imputabili all'ente esclusivamente in virtù della sua posizione di custode di quelle
strutture, non debbono necessariamente essere fatti valere davanti al Tribunale
delle acque, ma ben possono essere esaminati e decisi dal giudice ordinario.
Vanno confermati i principi enunciati da questa Corte, a proposito
dell'interpretazione dell'art. 140, lett. e), per cui "La ripartizione della competenza
fra il giudice ordinario e il tribunale regionale delle acque pubbliche, nelle
controversie aventi per oggetto il risarcimento dei danni derivanti da atti posti in
essere dalla P.A., deve essere effettuata nel senso di attribuire alla competenza dei
tribunali regionali delle acque le domande in relazione alle quali vengano coinvolti
apprezzamenti circa la delibera, la progettazione e l'attuazione di opere idrauliche of
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comunque, le scelte dell'amministrazione per la tutela di interessi generali correlati
al regime delle acque. Spetta invece al tribunale ordinario la cognizione delle
controversie che si ricolleghino solo indirettamente e occasionalmente alle vicende
relative al governo delle acque, come quelle in cui si deduca la violazione delle
comuni regole di prudenza e diligenza che, dovendo essere osservate per evitare
lesioni all'altrui diritto, non richiedono valutazioni ed apprezzamenti tecnici, tipici
delle funzioni pubbliche esercitate, ma restano nell'ambito di un'attività doverosa
per evitare pericoli a terzi" (Cass. civ. Sez. 3, 11 gennaio 2007 n. 368; conf. Cass. civ.
Sez. 1, 21 febbraio 2006 n. 3755; Cass. civ. Sez. 3, 16 aprile 2009 n. 9026).
La fattispecie in esame rientra per l'appunto in quest'ultima categoria di
comportamenti.
2.- Il secondo motivo denuncia violazione del D.P.R. n. 616 del 1977, art. 90, lett. e);
della L. n. 183 del 1989, art. 10, lett. f; della L. n. 26 del 1994; del D.Lgs. n. 152 del
1999 ; della L.R. Campania n. 23 del 1985, art. 8 e di varie norme del codice di
procedura civile, per avere la Corte di appello ritenuto che l'attività di sistemazione
e manutenzione delle opere idrauliche di cui qui si tratta spetti ad esso Consorzio,
anzichè alla Regione.
2.1.- Il motivo è inammissibile per difetto di specificità, poichè deduce la violazione
di molteplici disposizioni della legislazione speciale in materia di acque senza
precisare in che senso e sotto quali aspetti le norme richiamate e le argomentazioni
difensive proposte confermerebbero l'assunto del ricorrente.
La Corte di appello ha individuato la responsabilità del Consorzio essenzialmente in
base alla disposizione della L.R. Campania 11 aprile 1985, n. 23, art. 8, comma 1 a
norma del quale "I Consorzi di bonifica integrale provvedono alla gestione,
manutenzione, esercizio degli impianti e delle opere pubbliche di bonifica integrale",
ed ha richiamato a conferma il contenuto dello Statuto del Consorzio ricorrente, il
quale dispone che all'ente è stato affidato il compito di governare lo smaltimento
delle acque superficiali....
tramite canali, manufatti idraulici e impianti di sollevamento, e di provvedere alla
manutenzione ordinaria e straordinaria delle opere pubbliche di bonifica.
E' indubbio che il D.P.R. n. 616 del 1977 abbia trasferito alle Regioni le molteplici
funzioni in tema di polizia delle acque, fermo restando il principio per cui la Regione
si avvale della collaborazione dei Consorzi di bonifica per provvedere alla
manutenzione ordinaria e straordinaria delle opere idrauliche, nonchè per
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l'esecuzione degli interventi di pulitura dei canali e di rimozione dei materiali di
risulta, ivi inclusi quelli abusivamente riversati nei corsi d'acqua.
La citata L.R. Campania n. 23 del 1985, dispone altresì che i Consorzi di bonifica sono
persone giuridiche pubbliche ed hanno fra le proprie finalità istituzionali
l'esecuzione, la manutenzione e l'esercizio delle opere pubbliche di bonifica (T.U. n.
215 del 1933, art. 59; L.R. Campania, artt. 9 e 8).
E' indubbio, quindi, che i Consorzi - ed in particolare quello convenuto nel presente
giudizio - debbano contribuire allo svolgimento delle funzioni attribuite alle Regioni
in materia di acque, tanto che il loro funzionamento è reso possibile da appositi
finanziamenti regionali, ed è indubbio che - quali persone giuridiche - possano
essere chiamate a rispondere in proprio dei danni arrecati a terzi nell'esercizio, o per
il mancato esercizio, come nel caso in esame, delle funzioni loro attribuite.
Gli addebiti del ricorrente potrebbero valere, tutt'al più, a configurare una
responsabilità solidale della Regione con il Consorzio - responsabilità che nessuna
delle parti ha prospettato in giudizio - ma non ad escludere l'obbligo del Consorzio di
rispondere a sua volta dei danni. (La giurisprudenza citata nel ricorso concerne per
l'appunto un caso in cui è stata affermata la responsabilità solidale della Regione e
del Consorzio di bonifica al quale era stata delegata la manutenzione e sistemazione
dei bacini e della foce dei fiumi, per i danni derivati ai proprietari fondiari dallo
straripamento di un fiume: cfr. Cass. civ. S.U. 5 dicembre 2011 n. 25928).
L'addebito del ricorrente alla sentenza impugnata di avere confuso la natura delle
opere idrauliche la cui manutenzione spetta alla Regione, ai sensi del D.P.R. n. 616
del 1977, art. 90, lett. e) - che sarebbero i corsi d'acqua naturali (fiumi, torrenti, rivi
e valloni) - con la natura delle opere di bonifica integrale, che sarebbero invece di
competenza dei Consorzi, ai sensi della L. n. 23 del 1985, art. 8, comma 1 è a dir
poco oscura, non avendo il ricorrente specificato quali sarebbero, nel caso di specie,
le opere non di sua competenza alle quali andrebbe ascritto il danno.
E' altresì contraddittoria rispetto alle sue stesse difese, ove si consideri che esso
stesso ha citato la disposizione del proprio Statuto, ove è scritto che rientra fra i
compiti del Consorzio "governare lo smaltimento delle acque superficiali". La
sentenza impugnata, che si fonda sulla specifica e articolata disamina di tutta la
normativa di settore, non può che essere sul punto confermata.
3.- Il terzo motivo denuncia ancora violazione della L. n. 47 del 1985 , violazione
degli artt. 2043 e 2051 cod. civ. e insufficiente e contraddittoria motivazione, nel
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capo in cui la Corte di appello ha escluso la responsabilità del Comune di ….,
sebbene lo straripamento del Vallone sia stato causato da opere abusive realizzate
nell'alveo del fiume. La responsabilità andrebbe desunta dal fatto che il Comune,
dopo avere emesso nei confronti dell'autore dell'illecito un'ordinanza di demolizione
delle opere e di ripristino dello stato dei luoghi, non avrebbe poi dato alcun seguito
all'ingiunzione.
3.1.- Il motivo non è fondato.
La Corte di appello ha rilevato che è stata acquisita prova documentale certa della
consapevolezza da parte del Consorzio, in epoca precedente all'evento alluvionale,
che nell'alveo del fiume era stata abusivamente realizzata una strada carrabile, con
interramento e spostamento di alcuni fossi di bonifica , sbancamento di terra,
demolizione di opere di bonifica, come briglie in calcestruzzo cementizio e muri
spondali; che il guardiano idraulico aveva redatto verbale di contravvenzione a
carico del costruttore, inviandone copia al Consorzio, con la comunicazione che le
opere di sbancamento avevano comportato uno scavo di circa 5.000 mq di
superficie con una profondità di 15 metri; che il vallone aveva perso la sua
configurazione e che le opere murarie costruite dal Consorzio erano state
completamente sommerse dai materiali, il che faceva temere, "in caso di piogge
intense, danni incalcolabili sia alle campagne circostanti, che ai fabbricati civili a
valle": come poi è effettivamente accaduto.
Ha quindi ritenuto che la mancata adozione in via di urgenza da parte del Consorzio
dei provvedimenti opportuni al fine di mettere in sicurezza il (OMISSIS) abbia avuto
efficacia assorbente, quale causa dei danni, rispetto ad ogni altra, ivi incluso il
mancato intervento del Comune, trattandosi di misure che rientravano nella
specifica competenza del Consorzio.
Trattasi di valutazione in fatto adeguatamente motivata, quindi non suscettibile di
riesame in questa sede di legittimità.
4.- Parimenti inammissibili per analoghe ragioni sono il quarto ed il quinto motivo,
con cui il ricorrente denuncia violazione di legge e vizi di motivazione nei capi in cui
la Corte di appello ha escluso ogni responsabilità a carico della Comunità Montana
…., a cui era stato assegnato il compito della riforestazione della zona, ed ha escluso
che gli eventi atmosferici che hanno provocato lo straripamento abbiano costituito
caso fortuito, tale da interrompere il nesso causale fra la mancata esecuzione delle
opere di manutenzione ed il danno che si è verificato.
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Anche le questioni di cui ai suddetti motivi involgono valutazioni in fatto
congruamente motivate, quindi non suscettibili di riesame in questa sede di
legittimità.
5.- Il ricorso è respinto.
6.- Non vi è luogo a pronuncia sulle spese.
P.Q.M.
La Corte di cassazione rigetta il ricorso.
Così deciso in Roma, il 8 maggio 2015.
Depositato in Cancelleria il 30 luglio 2015
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