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atlante delle nubi del friuli venezia giulia

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atlante delle nubi del friuli venezia giulia
ATLANTE DELLE NUBI DEL
FRIULI VENEZIA GIULIA
Furio Pieri (1), Renato R. Colucci (1) (2)
(1) Unione Meteorologica del Friuli Venezia Giulia
(2) Istituto Talassografico di Trieste — Consiglio Nazionale delle Ricerche
Introduzione
Questa è una stringata presentazione di quello che speriamo un domani si possa
concretizzare in un'opera a più largo respiro.
Non vogliamo avere la presunzione di poter classificare tutte le nubi tipiche della nostra
regione. Abbiamo scelto di presentarne alcune, con caratteristiche peculiari e a nostro modo di
vedere significative ed interessanti sia per forma che per fenomeni associati. Teniamo poi
conto che le masse d'aria non hanno confini geografico-politici, quindi le nubi visibili dalle
nostre parti sono visibili, per ovvi motivi, anche altrove nel mondo.
Cenni storici
Già nel passato, agli albori della meteorologia moderna, il naturalista francese J. Lamark
intuì la necessità di dover dare una chiara e netta distinzione alle varie tipologie di nubi. Nel
1802 presentò il suo atlante delle nubi che però non ebbe molto successo, forse per
la scelta della terminologia proposta esclusivamente in lingua francese e, probabilmente,
per il fatto che fu pubblicata nell' Annuario di Meteorologia, ove venivano pubblicate anche le
previsioni del tempo basate su chiave astrologica, quindi ritenute poco scientifiche.
Teniamo però presente che l'anno successivo, nel 1803, l'inglese L. Howard presentò, in
modo del tutto indipendente, un proprio atlante riprendendo, tra l'altro, ben quattro delle
cinque varietà di nubi già classificate da Lamark. L'atlante di L. Howard divenne poi la base per
gli studi successivi sulle nubi e sulla loro classificazione.
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Egli classificò le nubi in quattro tipi principali: cirri, cumuli, strati e nembi, da queste
poi,secondo lui, evolvevano tutte le altre nubi. Oggi sappiamo che ciò non è vero, ma la sua
resta certamente una grande opera che portò, nel 1896, alla pubblicazione di un atlante
completo. Nel 1956 l'OMM pubblicò la versione definitiva dell'atlante delle nubi.
Descrizione e commento alle fotografie dell'atlante
Commenteremo ora parte delle fotografie presentate al Convegno, dando anche
delleindicazioni generali inerenti il genere di nube ed i fenomeni che può presentare e, ove
possibile, daremo una descrizione più dettagliata dell'evento avvenuto nel giorno della foto.
Perla descrizione utilizzeremo sia la terminologia latina, sia quella italiana.
Cirri
Questo tipo di nubi fa parte delle cosiddette "nubi fredde". Esse si trovano a quote
superiori ai 6000 m, nelle zone temperate, dove la temperatura è abbondantemente sotto lo
zero.
Per questo motivo sono costituite da cristalli di ghiaccio ed hanno struttura filiforme.
Sono sufficientemente trasparenti da non schermare del tutto la luce del Sole o della Luna.
Spesso, soprattutto se tendono a coprire gran parte del cielo, i cirri indicano arrivo di aria
umida in quota e sono quindi precursori di un fronte ancora lontano.
La nube in figura 2 è un cirro che si è formato in condizioni particolari essendo stato
generato da un cumulonembo di tipo capillatus che si trovava a circa 50 km di distanza. I venti
in quota lo hanno poi trasportato a grande distanza dalla nube generatrice. E’ un evento,
questo, che si verifica abbastanza frequentemente, ma solo un occhio attento è capace di
interpretare il fenomeno quale precursore di un temporale in avvicinamento, qualora la nube
diventi di tipo spissatus, cioè più spessa. Nella foto sono visibili dei filamenti obliqui che
stanno ad indicare cristalli di ghiaccio in fase di sublimazione e caduta, poi trasportati lontano
dal vento.
Cumuli e cumulonembi
Le nubi cumuliformi sono forse le nubi che tutti noi conosciamo meglio. I cumuli di bel
tempo, cumulus humilis, hanno forme gentili e arrotondate con basi più ampie della loro
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altezza. In determinate condizioni termodinamiche, però, possono evolvere e trasformarsi in
nubi imponenti dalle caratteristiche minacciose quali i cumulonembi (abbrev. Cb). I Cb
possono raggiungere altezze considerevoli ed arrivare fino al limite della troposfera,
generando,in questi casi, intensi fenomeni precipitativi con temporali, forti raffiche di vento e
grandinate. Nella fotografia in figura 3 sono presenti sia cumuli di tipo mediocris (a destra
nella foto) che congestus (nubi a forma di cavolfiore, nella foto a sinistra lungo la linea dell'
orizzonte).
Figura 1. Schema di classificazione delle nubi per altezza e genere
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Figura 2.
Figura 3.
In particolare il giorno in cui è stata scattata la fotografia, complice la forte instabilità
dell'aria e l'apporto di aria fredda in quota, queste nubi si sono evolute rapidamente e, grazie a
poderose correnti ascensionali, si sono sviluppate fino a formare dei Cb di tipo calvus.
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Nella parte in alto a sinistra dell'immagine si vede che la tipica forma "a cavolfiore" è
ormai scomparsa.
In questa fase, sul bordo anteriore della nube, si presentano spesso anche delle forti
correnti verticali, dirette verso il basso, che si rendono visibili tramite la presenza di particolari
tipi di nube di tipo mammellonare (mammatus), distinguibili al centro della foto. Queste nubi
hanno forma di globuli e restano visibili, durante la discesa, fino a che si ha la loro completa
evaporazione per riscaldamento adiabatico. La zona di formazione delle prominenze di tipo
mammellonare presenta aria più fredda rispetto all'interno del Cb, ove il processo di
condensazione libera calore.
La fase conclusiva del processo evolutivo del Cb è visibile al centro e a destra della foto
con un Cb di tipo capillatus che viene stirato dalle forti correnti in quota e che, inizialmente,
presenta un aspetto fibroso e compatto poi destinato a dissolversi rapidamente. Nella foto
sono visibili anche dei cirrus spissattus che sono generati dal Cb stesso.
Cumulonembo calvo con pileus
Questa nube, osservabile praticamente in tutto il globo ad eccezione delle zone polari,
segna lo stadio di transizione tra un cumulus congestus ed un cumulonimbus capillatus incus
(la caratteristica nube temporalesca ad incudine). Il colore bianco brillante alla sommità della
nube è dovuto a goccioline d'acqua sopraffusa ed a cristalli di ghiaccio, mentre la caratteristica
forma "a cavolfiore" si deve agli importanti moti convettivi che si sviluppano al suo interno ad
una quota di 6000 - 9000 m o più, creando grosse turbolenze.
Spesso i moti convettivi ascendenti, all'interno della nube, possono raggiungere la velo
cità di 25-30 m/s, spingendo verso l'alto, come evidenziato chiaramente nel disegno in figura 4
e in modo spettacolare nella foto in figura 5, la massa d'aria posta oltre la sommità della nube.
Il vapore acqueo qui contenuto, raffreddato per l'energica e forzata ascesa, si condensa
assumendo le sembianze della caratteristica nube affusolata a forma di cuffia, il pileus appunto.
Mano a mano che il Cb calvus si sviluppa in altezza, la sua parte superiore può raggiungere il
pileus. Quest'ultimo, all'incontro delle due nubi, si adagia ai bordi del Cb calvus ascendente che
finisce per sfondarlo, fondendosi con lo stesso.
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Figura 4.
Questo particolare fenomeno è ben evidenziato in figura 6 (la foto è stata scattata nel
mese di settembre 2002 sull'altopiano carsico in direzione N) dove si nota la presenza di due
pileus, uno sfondato dal calvus ed uno che sta per essere raggiunto dallo stesso.
Cirri di Kelvin-Helmoltz
Sempre rimanendo all'analisi della fotografia in figura 6, in alto a sinistra si notano degli
sbuffi circolari ripetuti. Sono considerate tra le nubi più particolari e difficili da osservare in
quanto hanno la tendenza a dissolversi in 1-2 minuti e per questo sono considerate le nubi
dalla vita più breve. La loro formazione è dovuta alla saturazione dell'aria ad alta quota,
associata a discontinuità del vento provocata dal flusso di due masse d'aria, una sopra l'altra,
che si muovono con velocità o direzione differenti, o entrambe le cose assieme. Il fenomeno è
anche noto come wind shear anche se, nel caso specifico, i vortici sono più potenti e capaci di
trascinare le nubi dalla cresta dell'onda verso il basso.
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Figura 5.
Figura 6.
E’ una forma di instabilità molto comune ai livelli più elevati dell'atmosfera, in genere
invisibile per la poca presenza di umidità a tali quote, e molto temuta dai piloti in quanto non
rilevabile dai radar (turbolenza in aria chiara).
Il processo di formazione fu descritto per la prima volta alla fine del XIX secolo da due
fisici: lo scozzese Kelvin Lord William Thomson ed il tedesco Hermann Von Helmoltz, da cui
la nube prende il nome.
Strati orografici e "nubi a bandiera"
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Questo tipo di nubi, che si sviluppano con spessori generalmente compresi tra 0 e 300
m
di quota sopra il livello del suolo, sono dovute al sollevamento di aria umida indotto
dalla presenza di una catena montuosa. Nel caso particolare della figura 7 (foto scattata nel
mese di agosto 2001 al passo Volaia in Carnia durante una situazione di forte vento in quota da
SW) forti venti che incontrano un importante rilievo orografico possono portare alla
formazione di una nube detta "a bandiera".
In pratica si ha un accumulo di aria dalla parte sopravento del rilievo che viene
compressa, formando una zona di relativa alta pressione. Nella zona sottovento, al contrario,
viene a crearsi un campo di relativa bassa pressione che favorisce la condensazione del vapore
acqueo. Si creano così dei rotori di flusso in seno ai quali si sviluppa la nube a bandiera che
rimane stazionaria fin tanto che l'intensità del vento e l'umidità dell'aria sono sufficienti a
tenere in vita il fenomeno. Può capitare che l'intensità del vento sia alta ma l'umidità, a quella
quota, non sia sufficiente alla condensazione. Si ha molto spesso, in questi casi, la formazione
di altocumuli lenticolari stazionari che possono svilupparsi anche a diverse quote
sovrapposte, come ben evidenziato nel disegno in figura 8 e nella foto in figura 9 (Zobern -80
km da Vienna- 10 Agosto 2002, due giorni prima dell'alluvione di Praga e Dresda).
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Figura 8.
Figura 9. Carinzia, agosto 2002
In pratica si crea un effetto d'onda orografico con formazione di ammassi nuvolosi in
corrispondenza delle zone di sollevamento (creste d'onda) ma non in quelle discendenti (cavo
d'onda). Se, come appunto nel caso della figura 9, si sovrappongono alternativamente strati
più umidi e più secchi, ecco che gli altocumuli lenticolari possono svilupparsi a più livelli
sovrapposti.
Analizzando in dettaglio gli altocumuli, essi sono nubi miste, composte da goccioline
d'acqua e cristalli di ghiaccio e si trovano ad una quota variabile tra i 3000 m e i 6000 m circa. Il
tipo lenticolare è una delle quattro specie che il genere base può presentare. La tipica forma
che assume è spesso assimilabile ad una lente o ad un pesce e, alle volte, è detta "a sigaro".
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Essendo una nube di tipo orografico, nelle nostre zone è generalmente visibile sui
versanti meridionali della catena alpina quando questa è investita da un intenso flusso
settentrionale. La massa d'aria, costretta a superare i rilievi montuosi, è così prima indotta a
sollevarsi e poi a ridiscendere con un moto ondulatorio che, in condizioni ottimali, può
continuare anche per 200-300 km, fin tanto che la massa d'aria è sufficientemente ricca di
vapore acqueo. Il numero delle ondulazioni, talvolta, può arrivare fino a 10 o più, potendosi
presentare anche su più livelli, come si vede nella fotografia in figura 10, scattata al mattino del
17 gennaio 2002.
Molto interessante risulta, in questo caso specifico, il confronto con il profilo
termodinamico del radiosondaggio eseguito qualche ora dopo dalla stazione sinottica di Udine
(vedi fig. 11). Si notano diversi strati con elevata umidità relativa nel range compreso tra i 3000
ed i 5400 m di quota.
Figura 10.
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Figura 11. La radiosonda è lo strumento che fornisce i dati più
affidabili e dettagliati sullo stato verticale dell'atmosfera. In essa sono
contenuti gli strumenti di misura per la temperatura, l'umidità e la
pressione. Un radar a terra segue il movimento della sonda misurando
anche velocità e direzione del vento alle diverse quote. A livello
planetario sono ben 900 le stazioni che ogni 12 ore (mezzanotte e
mezzogiorno ora universale) effettuano un radiosondaggio.
RADIOSONDAGGIO
Stazione sinottica di Udine
17 gennaio 2002
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Figura 12.
Figura 13.
Nubi su più livelli: stratocumuli ed altocumuli
In figura 12 (Golfo di Trieste nel mese di aprile 2001 durante un evento di libeccio), e
ancora meglio nel disegno in figura 13, si vede la presenza di formazioni nuvolose a più livelli
a causa di masse d'aria dalle caratteristiche diverse.
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Interessante notare la linea di condensazione delle nubi poste a quota più bassa, cumuli a
basso sviluppo verticale (Cu mediocris), formati da una lieve instabilità dell'aria. I cumuli
hanno le sommità inclinate verso sinistra, indice di correnti provenienti dalla destra nella foto,
perciò dai quadranti occidentali.
Fenomeni ottici: il parelio
Il parelio è un fenomeno ottico di tipo alonare, geometricamente spiegato già nel 1717 da
E. Mariotte. Solo in tempi recenti, tuttavia, grazie all'avvento delle nuove tecnologie ed
alla curiosità scientifica nella ricerca delle cause che portano al generarsi di questa meteora, è
stato possibile spiegare i curiosi e rari fenomeni di meteorologia ottica che si rendono visibili
solamente in particolari condizioni. Il parelio, come quello nella foto in figura 14, si rende
visibile qualora siano presenti in atmosfera cristalli di ghiaccio di forma piatta esagonale, tipici
delle formazioni nuvolose di alta quota come i cirrostrati (Cs).
L'angolo di deviazione è di circa 22 gradi, ed è proprio per questo motivo che la
distanzadella "macchia di luce" dal Sole o dalla Luna si trova proprio a circa 22 gradi angolari
(circa la distanza dal pollice al mignolo di un braccio steso).
E’, in ogni caso, un fenomeno che si verifica parecchie volte nel corso dell'anno, in
particolar modo in presenza di nubi alte e stratificate del tipo cirrostratus fibratus, presenti
generalmente quando un fronte caldo si avvicina da ovest.
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Figura 14.
Il parelio assomiglia ad un "piccolo archetto multicolore", ha dimensioni variabili e, in
caso di copertura uniforme, si presenta bilaterale rispetto al Sole o alla Luna.
Conclusioni
I fenomeni meteorologici, siano essi idrometeore o fotometeore, sono sempre
affascinanti.
Pur considerando che la scienza è riuscita a spiegare gran parte dei fenomeni atmosferici,
rimangono ancora oscure altrettante manifestazioni della natura che potremo capire e spiegare
solamente con una scrupolosa, rispettosa ed attenta osservazione scientifica di ciò che accade
attorno a noi.
ITALIANO LATINO SIGLA
Cirro Cirrus Ci
Cirrostrato Cirrostratus Cs
Cumulo (umile) Cumulus humilis Cu hum
Cumulo (mediocre) Cumulus mediocris Cu med
Cumulo (congesto) Cumulus congestus Cu conAltocumulo Altocumulus Ac
Altocumulo lenticolare Altocumulus lenticularis Ac len
Cumulonembo Cumulonimbus Cb
Cumulonembo (calvo) Cumulonimbus calvus Cb cal
Cumulonembo (con incudine) Cumulonimbus capillatus incus Cb cap inc
MINI GLOSSARIO E SIMBOLOGIA
Atlante delle nubi del Friuli Venezia Giulia
Nota per il lettore
Tutte le foto presentate provengono dall'archivio privato di Renato R. Colucci e Furio
Pieri. I disegni, i grafici, e le immagini ritoccate sono materiale inedito prodotto dagli autori.
Bibliografia
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GIORGIO FEA, Appunti di meteorologia fisica, descrittiva e generale – ERSA
BRIAN COSGROVE, The World of Weather – Swan Hill
G. KAPPENBERGER, J. KERKMANN, Il tempo in montagna – Zanichelli
PAOLO CANDY, Le meraviglie del cielo – Il Castello
Z. PETKOVSEK, M. TRONTELJ, Pogledi na vreme – DZS
SALVATORE ABATE, Lezioni di meteorologia generale – Liguori Editore
ATLANTE OPERATIVO DELLE NUBI SUL MARE – Ist. Idrografico della Marina
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