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Nella seguente relazione forestale si cercherà di descrivere in
Regione Veneto Provincia di Belluno Comune di San Vito di Cadore Comune di Selva di Cadore TITOLO: RELAZIONE FORESTALE ALLEGATO: PROGETTO PER LO SVILUPPO DEL NUOVO COMPRENSORIO SCIISTICO VAL BOITE - VAL FIORENTINA - BL PROGETTO PRELIMINARE STUDIO FATTIBILITA' Committente: R/04 SOCIETA’ IMPIANTI SCOTER Corso Italia , n.° 23 San Vito di Cadore - BL Progettista: DATA: OTTOBRE 2010 Revisione: 00 Ing. FRANCESCO MENEGUS Galleria Roma, n.° 10 – Albignasego - PD Collaboratori: Codice progetto: 05FUN1001 Aspetti forestali: File: Cartiglio R-04-Relazione Forestale.doc Geologia e ambiente : Esecutore: C.F. Ingegneria: Urbanistica Dr For. Claudio FRESCURA Dr. For. Thomas ZINATO Dr. Geol. Piera ZANIN Dr. Geol. Daniela GRIGOLETTO Dr. Ing. Alberto GASPARI Dr. Arch. Pietro MENEGUS INDICE INDICE........................................................................................................................2 INTRODUZIONE..........................................................................................................3 PROPRIETA’................................................................................................................3 VINCOLI AMBIENTALI .................................................................................................5 INTERFERENZE CON IL SITO n.1 DELLE “Dolomiti patrimonio universale dell’Umanità Unesco” – Pelmo-Croda da Lago ................................................................................6 INQUADRAMENTO CLIMATICO ..................................................................................11 INQUADRAMENTO FORESTALE DELLE AREE INTERESSATE DALLE PISTE E DAGLI IMPIANTI ..................................................................................................................15 AREA GIRALBA....................................................................................................................................15 PISTA OLIMPIONICA...........................................................................................................................16 PISTA CIAMPLONGO – PISTA FRATES............................................................................................18 PISTA “CAURIOL”................................................................................................................................20 PISTA “I TAULA’” ...............................................................................................................................22 IMPIANTO GERALBA-FUNES............................................................................................................23 IMPIANTO FUNES-CIAMPOLONGO.................................................................................................23 IMPINTO CIAMPOLONGO – COL DEI SACOI..................................................................................23 PISTA RA RUOIBES..............................................................................................................................24 PISTA PRENDERA E SEGGIOVIA TAULA’ DE RUOIBESE – COL DE LA STELES...................24 PISTA LA NEGRES E IMPIANTO RIO CORDON-COL DE LA STELES.........................................27 PISTA LE VARES..................................................................................................................................29 PISTA COSTA DEL LARES..................................................................................................................29 AREA LE SALES....................................................................................................................................30 PISTA RIO CORDON.............................................................................................................................30 PISTA STORN........................................................................................................................................31 IMPIANTO PESCUL-PIAN DE LE SALE............................................................................................32 PISTA PELMO........................................................................................................................................33 INQUADRAMENTO FAUNISTICO ................................................................................34 ERPETOFAUNA.....................................................................................................................................35 AVIFAUNA.............................................................................................................................................37 SPECIE OCCASIONALI........................................................................................................................41 SPECIE DI ALLEGATO I (DIRETTIVA UCCELLI 2009/147/CE).....................................................41 MAMMIFERI..........................................................................................................................................46 CRITICITA' ................................................................................................................48 RIPRISTINO AMBIENTALE .........................................................................................51 RIDUZIONE DI SUPERFICIE BOSCATA .......................................................................52 CONCLUSIONI ..........................................................................................................53 BIBLIOGRAFIA ..........................................................................................................55 RELAZIONE FORESTALE Dr. For. Claudio Frescura 2 INTRODUZIONE La seguente relazione forestale cercherà di descrivere in maniera esaustiva tutti gli aspetti forestali, che in qualche modo, verranno interessati nella eventuale realizzazione del comprensorio sciistico San Vito di Cadore – Selva d Cadore. Si porrà particolare attenzione anche alle proprietà interessate, ai vincoli che gravano sull'area e si farà un breve accenno alla fauna, mentre la parte relativa agli habitat Natura 2000 verrà analizzata separatamente (R/07 Studi ambientale propedeutico alla VIncA). Gli interventi interessano circa 113.14 ha, comprendenti piste da sci, impianti (seggiovie con le rispettive aree di arrivo e di partenza), attraversamenti corsi d’acqua, aree ristoro, parcheggi e tutte le infrastrutture necessarie. Per una descrizione dettagliata si veda la relazione tecnica generale (R/01a). Si ricorda che il progetto è ancora a livello di studio preliminare, dunque le soluzioni proposte possono essere suscettibili di variazioni; una relazione forestale definitiva supportata da studi specifici e approfonditi verrà redatta in fase definitivaesecutiva. PROPRIETA’ Il comprensorio ricade all’interno dei comuni di San Vito di Cadore (73.80 ha) e di Selva di Cadore (39.34 ha); nella tabella si riportano i valori per ciascun proprietario. La proprietà privata interessata ricade principalmente nel comune di San Vito (Pra Maò, Funes Pian de la Storta) e soli 3.6 ha nel Comune di Selva concentrati nei pressi dell'abitato di Pescul . La proprietà della Regola di Borca di Cadore ricade per 2.72 ha nel censuario di San Vito e il restante 9.45 ha in quello di Selva. Nella parte di San Vito la proprietà pubblica corrisponde alla proprietà regoliera suddivisa nelle Regole di Vallesella, Chiappuzza e Regola Grande, vi è poi il demanio idrico, pari a 0.55 ha, corrispondente alla sommatoria dei vari attraversamenti dei corsi d'acqua. Nel censuario di Selva di Cadore la proprietà pubblica è della Regola di Selva e Pescul di Cadore. Tutta la proprietà boscata nel comune di San Vito è soggetta a Pianificazione Forestale (Piano di Riassetto Forestale e Piano di Riordino), mentre quella di Selva solo per la parte Regoliera. Tabella 1 Elenco delle proprietà PROPRIETA' REGOLA GRANDE REGOLA DI SELVA E PESCUL DI CADORE REGOLA DI VALLESELLA PROPRIETA' PRIVATA REGOLA DI BORCA DI CADORE REGOLA DI CHIAPPUZZA DEMANIO IDRICO TOTALE RELAZIONE FORESTALE Dr. For. Claudio Frescura Area (ha) 30.53 26.11 21.04 20.47 12.17 2.26 0.55 113.14 3 Figura 1: Mappa delle proprietà RELAZIONE FORESTALE Dr. For. Claudio Frescura 4 VINCOLI AMBIENTALI Il Piano Territoriale di Coordinamento Provinciale riporta una serie di vincoli per l'area oggetto di studio, tra cui: Vincolo idrogeologico forestale R.D. 3267/1923 (ne rimangono escluse due piccole parti nelle aree di partenza, sia nel comune di San Vito di Cadore che di Selva di Cadore Ambiti montani per la parte eccedente i 1600 m. s.l.m. (D.Lgs. 42/2004 e s.m.i. art.142, lett.d) “... aree tutelate per legge per il loro interesse paesaggistico” Ambiti per l'istituzione di Parchi e Riserve naturali regionali (Pelmo) (art.33 NdA del PTRC) in cui si dice che le istituzioni locali possono far richiesta, previa documentazione e motivazione, di istituire aree a Parco o Riserve Area di frana segnalata in sponda sinistra del rio Cordon all’altezza circa della casera di Mondeval de Sote in cui “... è vietata la realizzazione di nuove opere, ad esclusione di quelle progettate e realizzate per il consolidamento e per la riduzione del livello di pericolo e di rischio.....” Corsi d'acqua in erosione tra cui sono interessati il Ru de la Pousa, ru dei Ciampe, Ru de Brite Fen, Ru de Ruoibes, il Rio fra Col de le Steles e la malga Prendera, il Rio Cordon, i due rii in sinistra del rio Cordon, a valle e a monte della casera di Mondeval de Sote e Rio Lavazze. In queste aree “... è vietato ogni tipo di intervento che incrementi l’infiltrazione e la circolazione delle acque nel suolo e l’ampliarsi del fenomeno erosivo.” Nodo ecologico: I nodi ecologici sono strutture complesse estese su ampie superfici e articolate su molteplici aspetti ecosistemici e paesaggistici e costituiti dalle Aree Protette (nazionali e regionali), dalle Riserve, dalle Zone di Protezione Speciale e dai Siti di Interesse Comunitario derivati dall’applicazione delle Direttive “Uccelli” e “Habitat”. Oltre alle norme nazionali e regionali in materia, ai nodi ecologici si applicano le linee di tutela e di valorizzazione naturalistica programmate dai rispettivi piani di gestione, qualora redatti. Ambito boscato di pregio paesaggistico da valorizzare Area SIC IT3230017 Pelmo-Mondeval-Formin Il PRG del Comune di San Vito individua nel territorio comunale 17 aree meritevoli di tutela, complessivamente denominate sottozone E1/7 in cui, come norma generale per la gestione dei biotopi, è il divieto di operare cambiamenti nella destinazione d'uso. RELAZIONE FORESTALE Dr. For. Claudio Frescura 5 Tra queste aree meritevoli ne viene intercettata una (n.01) e lambita un’altra (n.09) dal futuro ed eventuale comprensorio sciistico: 0.1. “Forcella Roan-Tabia Ruoibes, area ricca di prati umidi, sorgenti e acquitrini, in buono stato di conservazione: la presenza più significativa é quella di Salix caesia; sono pregevoli le fioriture di Allium schoenoprasum subsp. sibiricum, Eriophorum sp.pl., Pedicularis palustris, P. recutita, P. hacquetii; apprezzabili i cespuglieti di Salix mielichhoferi, le aree torbose con Parnassio Caricetum fuscae e i consorzi a Carex paniculata. Prescrizioni di tutela: limitazione del transito turistico indirizzandolo in aree meno delicate e rispetto dei cespugliati delle specie significative oltre allo sfalcio dei prati con metodi tradizionali.” 0.9 “Cresta della Rocchetta. Esteso crinale di elevazioni dolomitiche che segna il confine occidentale con il comune di Cortina con notevole valenza faunistica in quanto habitat pregevole per il camoscio e la presenza di sicuri siti di nidificazione per l'aquila reale; sulle pareti meridionali della Rocchetta di Sorarù é stato ripetutamente avvistato il raro picchio muraiolo. Prescrizioni di tutela:deve essere proposta alla Provincia la formazione di una riserva con limitazione dell'escursionismo.” INTERFERENZE CON IL SITO n.1 DELLE “Dolomiti patrimonio universale dell’Umanità Unesco” – PelmoCroda da Lago Gran parte dell’area interessata dal complesso di impianti e piste da sci del comprensorio, rientra nella zona “Core” e nella zona “Buffer” del complesso numero 1 “Dolomiti patrimonio dell’UNESCO”. Il sito nominato il 26 giugno 2009 a Siviglia, assieme ad altri 8 è entrato a far parte del Patrimonio dell’Umanità Unesco. Il sito numero 1 comprende l’area che dal Passo Giau arriva fino al Pelmo comprendendo dunque anche i Lastoi di Formin, la Croda da Lago, il monte Cernera e Le Rochetes. La zona “Core”, ovvero il cuore del patrimonio Unesco, è costituito in prevalenza dalla massa rocciosa e dagli ambienti di alta quota, mentre la zona “buffer”, ovvero un’area limitrofa di tutela al patrimonio, comprende anche altri ambienti forestali quali le praterie, i pascoli, gli arbusteti e i boschi. La superficie è di circa 4.343 ha per la zona “Core” e di circa 2.427 ha per l’area “Buffer”, ovvero più della metà. Nella piccola cartografia in cui si riportano le aree vincolate, si denota che tutta l’area (Core+Buffer) rientra all’interno dell’area SIC del Pelmo-Mondeval-Formin, infatti una delle prerogative per l’ammissione, era che le zone proposte dovessero essere già tutelate e vincolate. L’area “Core” è interna e, grosso modo, interessa le parti rocciose anche se, nel nostro caso, nella Core Zone rientra anche quella fascia di praterie di alta quota che collega le Rochetes con il Pelmo. Inizialmente nel sito n.1 era compreso anche la zona del Nuvolau, scartata poi dai commissari per la presenza della strada del passo Giau, considerata troppo trafficata (o forse per la presenza degli impianti, anche se, ricordiamo che la Marmolada, nonostante fosse un ambiente già compromesso, è stato ugualmente incluso nell’elenco). In sede di candidatura lo Stato proponente doveva, inoltre, dimostrare che il sito si trovava in condizioni di integrità, autenticità e conservazione e che lo stesso è già sottoposto a validi strumenti di tutela vigenti a livello nazionale o locale. RELAZIONE FORESTALE Dr. For. Claudio Frescura 6 Figura 2: Area Unesco e altri vincoli ambientali RELAZIONE FORESTALE Dr. For. Claudio Frescura 7 Le Linee Guida Operative della Convenzione sul Patrimonio dell’Umanità all’art. 88 definiscono il concetto di “integrità” come una “…misura dell’interezza e dello stato di intactness del patrimonio naturale o culturale e dei suoi elementi…”. Al successivo punto 90 si precisa il concetto di integrità per i siti naturali affermando che, per codesti, i processi biofisici e le caratteristiche del territorio dovrebbero essere relativamente intatti; si riconosce, tuttavia, la possibile presenza di attività umane legate alle tradizioni locali ed ecologicamente sostenibili. Al capitolo II.F Protection and management, art. 96, delle stesse Linee Guida si afferma, inoltre, che: “…la tutela e la gestione di un sito Patrimonio dell’Umanità dovrebbero assicurare che l’eccezionale valore universale nonchè le condizioni di integrità e/o autenticità rilevate al tempo della nomina siano mantenute o incrementate nel futuro…” Tra i fattori che sono riconosciuti come una minaccia all’integrità dei siti c’è anche il turismo ed infatti, a tal proposito, già in sede di presentazione della candidatura di un sito nel format da compilare al punto 4(iv) va indicata la capacità portante del sito al momento della candidatura, precisando se lo stesso è in grado di sostenere il numero di visitatori presente o un valore simile, senza subire effetti negativi. L’articolo 119, infine, precisa che: “…i siti Patrimonio dell’Umanità possono supportare diversi usi già presenti o proposti che siano ecologicamente e culturalmente sostenibili. Lo Stato e gli altri partners devono garantire che tale fruizione sostenibile non impatti negativamente sull’eccezionale valore universale, nonché sulle condizioni di integrità e/o autenticità del sito. Inoltre, tutte le attività antropiche dovrebbero essere ecologicamente e culturalmente sostenibili. Per alcuni siti, l’uso da parte dell’uomo sarebbe non appropriato/adeguato/giusto…” La candidatura a patrimonio dell’Unesco è stata approvata, quindi, a condizione che si sviluppino alcune azioni specifiche a breve, medio e lungo termine. Secondo la IUCN, l’organo deputato a valutare l’idoneità della candidatura di un bene naturale e di verificare l’effettiva attuazione del piano di gestione, vi sono alcuni aspetti da migliorare e integrare e quindi è necessario: 1. procedere quanto prima alla istituzione della Fondazione “Dolomiti-DolomitenDolomites-Dolomitis UNESCO” 2. rendere consapevoli i residenti del proprio ruolo di custodi naturali 3. elaborare un piano di gestione generale per tutti e 9 i sistemi attraverso la consultazione delle realtà locali 4. elaborare strategie per un turismo sostenibile Una prima verifica del lavoro svolto in questa direzione è prevista nel 2011 Fra gli obiettivi dei futuri piani di gestione troviamo la Conservazione tramite una corretta gestione, la Comunicazione e la Valorizzazione mediante interventi e finanziamenti Per il cuore del sito patrimonio dell’UNESCO non si aggiungeranno molti altri vincoli oltre a quelli già esistenti, e in ragione del fatto che sono aree in cui difficilmente si interviene mentre per l’area “Buffer”, con molta probabilità, le restrizioni saranno ugualmente molte e comunque maggiori di quelle vigenti. RELAZIONE FORESTALE Dr. For. Claudio Frescura 8 Tabella 2: Sintesi dei tre principi a cui dovranno fare riferimento i Piani di Gestione delle aree Unesco (da “VIVERE DOLOMITI UNESCO” Corso base d’informazione sul patrimonio Dolomiti Unesco) L’aspetto turistico e di valorizzazione del bene è sicuramente prioritario e si tradurrà in: Controllo degli accessi e della frequentazione della rete sentieristica Controllo dell’ospitalità nelle strutture recettive e dei limiti di ampliamento recupero edilizio stabiliti nei piani delle aree protette. Coordinamento di ricerche comuni per la determinazione degli effetti della frequentazione turistica e della capacità portante del territorio Definizione di linee di turismo sostenibile comuni per tutta l’area dolomitica Predisposizione di strutture di accesso alle informazioni e di scambio di informazioni sui luoghi dolomitici Allestimento e coordinamento di servizi di informazione all’interno delle strutture ricettive RELAZIONE FORESTALE Dr. For. Claudio Frescura 9 Sviluppo di linee di ricerca di base e applicata per la produzione delle informazioni utili alla divulgazione naturalisticoambientale e sostegno ai centri di ricerca e di documentazione Sviluppo coerente di linee di divulgazione guidata e di strutture idonee a sostenerla. Il turismo che si vuole sostenere per quanto riguarda le Dolomiti è il Turismo Natura o Ecoturismo che si può riassumere: Godimento della natura e della cultura tradizionale. Apprezzamento e comprensione di tematiche ambientali e culturali. Rilascio sul territorio fino al 95% della spesa turistica sostenuta. Richiamo della componente giovanile. Sviluppo durante tutto l’anno e distribuzione in modo omogeneo sul territorio. Possiamo aspettarci che la realizzazione di un complesso di piste e impianti da sci aumenti la fruizione turistica a discapito, però, di una conservazione dell'integrità dell'ambiente e del paesaggio che, in qualche modo, subisce delle macro modifiche che in parte vengono mitigate da adeguati interventi di ripristino ambientale. L’art. 137 delle Linee Guida precisa inoltre che, nel caso di siti seriali come quello delle Dolomiti, cioè composti da più elementi, il carattere di eccezionale valore universale è posseduto dal tutto e non, necessariamente, dai singoli elementi. Ciò significa che il sito è, comunque, considerato nella sua interezza. Le linee guida consentono solo piccole variazioni di confine dei siti e piccole variazioni dei criteri in base ai quali il sito è stato dichiarato Patrimonio dell’Umanità, ma tali variazioni non possono determinare il venir meno dell’eccezionale valore universale nonché delle condizioni di integrità e/o autenticità del sito. Sulla base di tutto ciò è presumibile che non si possano fare interventi che aumentino il numero di turisti molto oltre il valore attuale Qualora nel sito si siano manifestati fattori che hanno fatto venir meno l’eccezionale valore universale, nonché le condizioni di integrità e/o autenticità dello stesso, lo Stato deve darne comunicazione alla Commissione per il Patrimonio dell’Umanità che, dopo adeguata verifica dello status quo, può optare per il depennamento del sito dalla lista mondiale. INQUADRAMENTO CLIMATICO Per l’inquadramento climatico dell’area sono stati utilizzati i dati di temperatura e di precipitazione relativi alle stazioni del Rio Cordon nei pressi della Stazione sperimentale a quota 1750 ms.l.m. e di Mondeval (nei pressi della Casera di Mondeval di Sopra a circa 2130 ms.l.m.). L’intervallo temporale va dal 2001 a 2009 con qualche interruzione. La stazione pluviometrica di Mondeval non è dotata di nessuna resistenza per lo scioglimento della neve, pertanto il dato pluviometrico relativo ai mesi invernali non è attendibile. La scelta di queste stazioni è stata dettata prevalentemente dal fatto che ricadono all’interno, o quasi, all’area sciabile in oggetto. La vicinanza fra le due stazioni (circa 1.6 km) ci permette anche di determinare un gradiente termico in funzione della quota. Come ulteriore verifica dei dati medi sono stati analizzati anche quelli della stazione meteorologica della Palueta, presso il Laboratorio di Ecologia Montana del RELAZIONE FORESTALE Dr. For. Claudio Frescura 10 Dipartimento Territorio e Sistemi Agro-forestali dell’Università di Padova per il decennio gennaio 1994 - dicembre 2003, quest’ultima stazione è posta a 1.000 m s.l.m. in sinistra orografica del Boite in prossimità del confine tra Borca e San Vito. 180.0 Stazione Rio Cordon Stazione di Mondeval de Sora Stazione di San Vito di Cadore Precipitazioni medie mensili 160.0 140.0 120.0 mm 100.0 80.0 60.0 40.0 20.0 0.0 gennaio febbraio marzo aprile maggio giugno luglio agosto settembre ottobre novembre dicembre Figura 3 Temperature medie mensili Dal grafico delle precipitazioni medie mensili (non attendibile per la stazione di Mondeval nei mesi invernali), si evince che le precipitazioni sono leggermente più abbondanti alle quote inferiori e che, in parte, sono nevose anche nei mesi di maggio e ottobre per quote superiori ai 2000 m s.l.m.. Le precipitazioni in valle del Boite hanno un andamento equinoziale con un secondo picco autunnale, cosa che non si verifica nel versante agordino dove le precipitazioni primaverili sono invece più copiose; nella stagione estiva l’andamento delle precipitazione è pressoché analogo. La precipitazione media annua relativa all’intervallo temporale disponibile (20012009) è pari a 1132 mm (massimo 1587 mm - minimo 840 mm) per la stazione nei pressi del Rio Cordon e 1123 mm per la stazione presso San Vito di C. Il massimo delle temperature medie si verifica per entrambe le stazioni del Comune di Selva di C. nel mese di luglio (12.8 °C e 11.7 °C) , mentre il minimo nel mese di febbraio per Mondeval de Sora (-3.7 °C) e gennaio per la stazione del Rio Cordon (3.5 °C). Per la stazione di San Vito la temperature media annua è pari (per il decennio 19942003) a 7,85 °C con un minima assoluta di –16,75° registrata nel 2000 e una massima di 33,75° nel 2003. RELAZIONE FORESTALE Dr. For. Claudio Frescura 11 STAZIONE MONDEVAL DE SORA STAZIONE RIO CORDON Temperatura media dei minimi mensili Temperatura media mensile Temperatura media dei massimi mensili Temperatura media dei minimi mensili Variazione termica media (°c) per variazione altimetrica (100 metri) gennaio -3.5 13.8 -15.0 0.0 -3.6 6.9 -15.5 febbraio -2.6 12.8 -14.7 0.3 -3.7 6.6 -14.9 marzo -0.9 15.6 -13.4 0.2 -1.8 8.5 -14.2 aprile 3.3 16.7 -7.4 0.5 1.3 10.7 -9.1 maggio 7.8 23.0 -3.0 0.3 6.7 18.0 -3.4 giugno 11.7 25.3 -0.1 0.4 10.2 20.3 -0.3 luglio 12.8 25.7 1.9 0.3 11.7 20.4 2.2 agosto 12.7 26.7 2.3 0.3 11.4 19.1 1.9 Temperatura media mensile Temperatura media dei massimi mensili settembre 8.7 24.3 -1.4 0.3 7.7 17.4 -1.2 ottobre 5.8 20.3 -4.9 0.2 5.0 15.5 -5.7 novembre 0.9 15.8 -10.4 0.2 0.3 11.1 -11.2 dicembre -2.0 10.6 -12.9 0.1 -2.4 4.7 -12.7 MEDIA 4.6 19.2 -6.6 0.3 3.5 13.3 -7.0 Temperatura media annua Temperatura minima del periodo Temperatura massima del periodo 4.6 3.5 -21.4 marzo -22.7 marzo 26.7 agosto 22.4 luglio Tabella 3: Tabella riassuntiva delle temperature medie STAZIONE RIO CORDON 14.0 STAZIONE MONDEVAL DE SORA 12.0 10.0 8.0 (°C) 6.0 4.0 2.0 e di ce m br em br e no v to br e ot m br e se tte st o ag o lio lu g no gi ug io m ag g ile ap r m ar zo br ai o -2.0 fe b ge n na io 0.0 -4.0 -6.0 Figura 4 Temperature medie mensili Dal punto di vista delle regioni fitoclimatiche, l’area relativa al nuovo comprensorio sciistico può essere suddivisa in due: la porzione nel bacino della valle del Boite ascrivibile alla regione mesalpica e quella sommitale da Ciamplongo a Pescul che si RELAZIONE FORESTALE Dr. For. Claudio Frescura 12 Figura 5: Mappa semplificata degli impianti e piste (Comune di San Vito di Cadore) RELAZIONE FORESTALE Dr. For. Claudio Frescura 13 colloca a metà fra la regione mesalpica e quella endalipica (mesendalpica), siamo qui, infatti, in una fascia di transizione verso la parte endalpica (conca di Cortina) della provincia di Belluno. La regione mesalpica si differenzia per una maggior piovosità, ma, soprattutto, per un secondo picco delle precipitazioni nella stagione autunnale (vedi figura 3), mentre nella regione endalpica il picco delle precipitazioni si verifica nella stagione estiva. Dal punto di vista vegetazionale la regione mesalpica si distingue per una maggior presenza del faggio (Piceo-feggato) e dell’abete bianco, anche se a queste quoote, predomina comunque l'abete rosso che viene sostituito dal larice nell’ultima fascia della vegetazione arborea. La presenza del faggio è spesso legata anche alle pratiche selvicolturali applicate. Nella regione endalpica le precipitazioni sono solitamente minori e si fanno sentire maggiormente le escursioni termiche che rendono difficoltoso l’attecchimento delle piantine di latifoglie, spesso bruciate dalle gelate tardive. Lungo la valle del Boite l’umidità atmosferica è probabilmente maggiore, in virtù del fatto che l’esposizione è Nord, Nord-Est, mentre da Ciamplongo a Pescul, dove l’esposizione prevalente è Sud, si ha una maggior xericità del suolo e escursioni termiche giornaliere più marcate, come avviene tipicamente nei climi continentali. INQUADRAMENTO FORESTALE DELLE AREE INTERESSATE DALLE PISTE E DAGLI IMPIANTI Gli impianti e piste vanno a interessare svariati ambienti forestali che comprendono le superfici boscate di fondovalle, i boschi al limite della vegetazione per giungere alle praterie pascolate di alta quota di Col Duro. La quota minima dal lato Sanvitese è quella della partenza nei pressi del torrente Boite (circa 1000 ms.l.m.), mentre quella massima di Col Duro raggiunge i 2285 ms.l.m.), le esposizioni sono in prevalenza Nord-Est e Est dal “Pont de Ieralba” fino a “Ciampolongo”, per divenire Sud nel passaggio al di sotto delle “Rochetes” e passare ad esposizione Sud-Ovest nel tratto “Col de la Steles” – Ciarez a Pescul dove è prevista la partenza dal lato di Selva di Cadore. AREA GIRALBA Partendo dal basso dalla parte Sanvitese, la prima struttura del comprensorio è costituita dai parcheggi posizionati prima del P.te Ieralba, nella particella forestale 81 della Regola di Chiappuzza. Si tratta di una Pecceta secondaria già attraversata da molteplici strade forestali e intervallata da piazzole e da alcune radure a prato; il valore ecologico, vista l’antropizzazione, è piuttosto basso. Solo lungo le sponde che scendono verso il torrente Boite vi sono alcune formazioni di Salix sp. e Ontano bianco più interessanti e che vanno il più possibile salvaguardate, anche se fuori dall'area SIC. L’attraversamento del torrente Boite per raggiungere la stazione di partenza avverrà mediante un ponte. Nella realizzazione, con molta probabilità, verrà interessata la vegetazione ripariale di Ontano bianco (habitat prioritario). RELAZIONE FORESTALE Dr. For. Claudio Frescura 14 La stazione di partenza della seggiovia che porta a Ciampolongo è localizzata nella particella 1 “troi del Pescador” sempre della Regola di Chiappuzza. Il popolamento nel tratto interessato è costituito da una Pineta di Pino silvestre mesalpica in evoluzione verso la pecceta con un lembo di Alneta di Ontano bianco in prossimità del torrente Boite. Risalendo il Boite, la pineta diventa rada e primitiva su un versante detritico soggetto ad alcuni movimenti franosi superficiali. PISTA OLIMPIONICA La pista principale che giunge fino alla partenza dell’impianto è denominata pista “Olimpionica”; occupa con il suo tracciato gran parte della particella 2/1 della regola di Vallesella, particella di altofusto adulto e stramaturo di Picea misto a Pino nella parte bassa e Picea (Pecceta dei substrati carbonatici) man mano che si sale di quota. Il bosco è in prevalenza rado o lacunoso per i tagli a buche e marginali fatti nel passato, la struttura è Figura 6: Buca con presenza di rinnovazione di abete rosso e monoplana a gruppi e la faggio, a lato perticaia di abete rosso rinnovazione si colloca nelle chiarie. Alle quote maggiori compare il faggio sia nella rinnovazione che nel piano dominato. La pista intercetta grossomodo le buche derivanti dalle utilizzazioni e attraversa il ru de la Pousa a quota 1120 ms.l.m. entrando nella particella forestale n. 9 sempre della regola di Vallesella; a quota 1100 la pista olimpionica si unisce con la pista “I Taulà”. La particella 9, per alcuni aspetti simile alla 2/1, è costituita da un popolamento maturo e stramaturo di Picea sempre trattato a buche o a piede d’albero, la rinnovazione, in prevalenza di abete rosso, è di origine artificiale come anche il faggio piantato negli anni 70. I soggetti arborei, soprattutto nelle vallette, presentano spesso marciume nei primi metri del fusto. Oltrepassato il Pian della Gravina, la pista Olimpionica entra nella particella n. 10 convergendo nuovamente verso ru de la Pousa: anche in questo caso, nella parte bassa il bosco è composto prevalentemente da una fustaia adulta (a tratti stramatura) di abete rosso, accompagnato da qualche sporadico soggetto di larice, mentre il faggio rimane nel piano dominato. Sopra quota 1250 l’accidentalità del terreno e la pendenza aumentano e le condizioni edafiche accentuano la xericità del popolamento di abete rosso (Pecceta RELAZIONE FORESTALE Dr. For. Claudio Frescura 15 dei substrati carbonatici xerica) che sfuma gradualmente verso il Piceo faggeto dei suoli xerici in cui il faggio dimostra maggior vitalità. La rinnovazione della picea è comunque abbondante. La maggior accidentalità presuppone un maggior rimaneggiamento del terreno in fase di realizzazione delle piste. A monte si passa nella particella 12, rappresentata da un Piceofaggeto dei suoli xerici variante con larice con Figura 7: Pecceta xerica con faggio sottoposto struttura biplana e densità regolare colma; la picea nel piano dominate è affiancata da grossi soggetti di Larice. Il tracciato della pista segue in parte la strada dei Fontanoi de la Saleta Lungo il lato inferiore della particella 16, la pista Olimpionica si innesta con la pista Cauriol. Il popolamento è sempre costituito da un Piceo-faggeto dei suoli xerici; il faggio presenta, mantenendosi sempre nel piano dominato, la struttura di un vecchio ceduo. Al di sopra dei 1500 ms.l.m. il popolamento sfuma verso una pecceta dei substrati carbonatici altimontana; i larici presenti sono sempre di notevoli dimensioni. Il tratto di pista attraversa successivamente la particella n. 13, sempre della Regola di Vallesella, tratto in cui il piceo faggeto sfuma per passare ad una pecceta dei substrati carbonatici altimontana caratterizzata da un suolo arido con blocchi calcarei e sfasciumi. L’abete rosso non presenta grossi soggetti, mentre il larice, che domina dai 1600 m slm in poi, si fa notare per i grossi diametri. Figura 8: innovazione di larice lungo i margini delle buche Il tracciato attraversa un tratto di bosco privato, ex prati o pascoli che, in seguito all’abbandono delle attività silvo-pastorali, hanno subito la ricolonizzazione in parte RELAZIONE FORESTALE Dr. For. Claudio Frescura 16 naturale e in parte artificiale dell’abete rosso e del larice. Le perticaie si presentano dense anche se non mancano aree con densità rada o lacunosa, soprattutto alzandoci di quota. Oltrepassato il tratto di proprietà privata la pista transita nuovamente su superficie regoliera, particella 17, dove il popolamento è rappresentato da un bel lariceto con pochi soggetti di abete rosso che, in alcuni tratti, hanno iniziato la lenta successione. Sulla sommità di grossi massi o di ceppaie, compaiono dei soggetti di Pino cembro a confermare il limite del suo areale. La morfologia è dolce anche se vi sono delle piccole dorsali rocciose e grossi Figura 9: Perticaia di Abete rosso massi. Compaiono nel sottobosco graminacee e ericacee con alcuni piccoli nuclei isolati di Pino mugo; molti sono i secconi o gli schianti. Man mano che si sale verso il limite della vegetazione, la densità diventa rada, le piante di larice assumono una fisionomia tipica degli ambienti difficili di alta quota e lasciano il posto ai pascoli di Ciampolongo. I pascoli dell’area di Ciampolongo vengono ora sfruttati dalle pecore in transito verso i pascoli di Mondeval, Prendera, Ruoibes; lo sfruttamento del pascolo è disomogeneo e comunque le specie infestanti, quali la Deschampsia, hanno invaso gran parte Figura 10: Lariceto con inizio di successione dell’area. Nella parte sommitale, area di stazionamento del bestiame, sono presenti anche specie nitrofile (Rumex o ortica dioica). L’area verrà completamente rimaneggiata essendo il punto di arrivo o partenza di tre seggiovie, fra infrastrutture, aree necessarie alle operazioni di RELAZIONE FORESTALE Dr. For. Claudio Frescura 17 sbarco e imbarco e piste da sci (Pista Ciampolongo, Frates diretta e Campo scuola) ben poco rimarrà dell’area comunque ormai in parte degradata. PISTA CIAMPLONGO – PISTA FRATES La pista, dal breve sviluppo, va da Ciampolongo al Taulà de le Frates lungo la Sponda dei Peduoie. Dopo l’inizio lungo i pascoli degradati della particella 67 della Regola Grande, inizia il versante ripido ormai colonizzato da un popolamento arboreo di Larice e Picea allo stadio di giovane perticaia con densità colma e in alcuni tratti lacunosa per radure non ancora ricolonizzate. La fisionomia del popolamento è ancora da definire con struttura Figura 11: Inizio dei pascoli di Ciamplongo prevalente monoplana; attualmente può essere considerato un lariceto in alcuni tratti già in successione con la Picea man mano che ci si abbassa di quota. In prossimità del Taulà di Ruoibes si passa nella particella 17, sempre della Regola Grande e qui il popolamento, sempre costituito da un Lariceto, presenta piante mature lungo il confine sud della particella, mentre, nella parte centrale, il popolamento presenta le stesse caratteristiche della giovane perticaia descritta sopra. La pista Frates attraversa, in prossimità del Pian de le Frates, un’area umida ricca di Nardus stricta. Molte sono le radure all’interno del Figura 12: Deschampsieto nella parte bassa del pascolo di popolamento, residuo Ciamplongo RELAZIONE FORESTALE Dr. For. Claudio Frescura 18 delle attività di sfalcio o pascolo dei tempi passati. Le piccole praterie nei pressi del Taulà de le Frates, anch’esse ricche di nardo, sono in progressiva chiusura per la ricolonizzazione da parte della Picea. L’impianto attraversa, partendo dal Taulà de le Fratese, dapprima un popolamento maturo di larice, poi quell’ampia radura ricca di Nardo per seguire infine la pista de le Frates fino a giungere al pascolo di Ciampolongo. Figura 13: Ampia radura ricca di Nardus stricta nei pressi del Pian de le Frates PISTA “CAURIOL” La pista inizia a circa 330 metri a valle dell’arrivo dell’impianto Funes-Ciampolongo, divergendo verso Nord-Est attraverso la particella 67 per circa un centinaio di metri per poi attraversare la particella 17 fino a quota 1760 ms.l.m. da dove si biforca in due rami che giungono, attraversando boschi di proprietà privata, fino a 1550 ms.l.m. dove si ricongiungono nei pressi dell’arrivo della seggiovia Geralba-Funes. La superficie a bosco nella parte privata è costituita da un popolamento che varia dal lariceto tipico maturo alla perticaia di abete rosso: Figura 14: Torbiera nei pressi dell'arrivo della seggiovia Geralba- densa Funes RELAZIONE FORESTALE Dr. For. Claudio Frescura 19 molte sono le piccole radure o le aree umide legate alla presenza di risorgive che formano piccoli ambienti umidi ascrivibili alle torbiere basse alcaline. La presenza di queste aree umide è spesso legata alla stagionalità (piogge o disgelo) e costituiscono ambienti particolari di pregio naturalistico. Un’area molto estesa umida la si ha in prossimità dell’arrivo della seggiovia GeralbaFunes. La varietà dei popolamenti che si riscontrano, quasi sempre con scarsa provvigione, è dovuta alla multiproprietà e al divario temporale fra i vari stati di abbandono. Una situazione stabile con un popolamento ben definito nella tipologia delle peccete Figura 15: Giovane perticaia densa in parte schiantata altimontane dei suoli carbonatici si raggiungere solo successivamente. Man mano che si scende di quota la presenza di Abete rosso diventa dominante. A quota 1500 metri la pista Cauriol si divide , a sinistra continua la medesima, a destra diventa la pista Taulà che prosegue, sempre su proprietà privata, fino a quota 1000 dove si ricongiunge alla Pista “Olimpionica”. Nell’ultimo tratto della pista olimpionica il tracciato entra nuovamente sulla proprietà della Regola di Vallesella, particella n. 16. PISTA “I TAULA’” Il popolamento è sempre vario e difficile da definire, la caratteristica comune è la presenza di soggetti di varia età che si alternano in popolamenti coetanei più o meno densi; man mano che si scende di quota il larice è sempre meno frequente, mentre il faggio tende ad aumentare, ma sempre nel piano dominato (piceo-faggeto dei suoli mesici); alle quote più basse ricompare il Pino silvestre . Molte sono le radure, quasi sempre legate alla presenza di torbiere basse alcaline, la rinnovazione è in prevalenza di abete rosso. IMPIANTO GERALBA-FUNES La seggiovia attraversa nell’ordine la particella 21, 22, 19, 32, 77, 78 del Piano di Riassetto delle Regole di San Vito, per la precisione della Regola di Vallesella. RELAZIONE FORESTALE Dr. For. Claudio Frescura 20 Inizialmente attraversa una Pecceta dei substrati carbonatici dei suoli xerici con, nel sottobosco, specie tipiche della pineta di pino silvestre mesalpica con abete rosso (Juniperus communis, Berberis vulgaris, Sesleria varia, Melica nutans) che in alcuni tratti prevale ancora. Sulla sinistra della Val de Cortadeto, la picea forma popolamenti quasi puri che, a partire all’incirca da quota 1.180 m s.l.m., si consocia con l'Abete bianco formando un Abieteto tipico dei suoli mesici. Passando nella particella 32, il popolamento è rappresentato da una Pecceta dei substrati carbonatici montana, all’interno della quale permangono soggetti di pino silvestre a colonizzare le zone più aride, situate in corrispondenza dei tratti più ripidi in cui compaiono alcuni limitati ghiaioni; in questi contesti il pino è associato al salicone, al pioppo tremolo e, localmente, al faggio. Salendo di quota la percentuale di faggio aumenta gradualmente, il pino silvestre sparisce e fa la sua comparsa qualche isolato soggetto di larice. Dopo i 1330 ms.l.m. il tracciato della seggiovia attraversa una fascia di bosco privato caratterizzata da popolamenti disomogenei sia nella composizione che nella struttura e densità. La specie prevalente è sempre la picea, spesso con chioma inserita fin dai primi metri del fusto nelle aree più rade o con portamento stentato nelle fasce a maggior densità. IMPIANTO FUNES-CIAMPOLONGO Il tracciato della seggiovia segue in parte la pista Cauriol (proprietà della Regole Grande part. 67 e Regola di Vallesella part. 17) e in parte percorre l’isola di bosco privata fra i due rami della pista Cauriol appena a monte della partenza di Funes. Anche in questo caso i popolamenti della parte privata sono confusi e disturbati (derivano da un abbandono progressivo delle attività pascolive). Si evidenzia, invece, un’ampia area umida a monte della partenza di Funes (torbiera bassa alcalina) ricca di risorgive che interessano non solo Figura 16: Torbiera bassa alcalina superfici a prato, ma anche lembi di bosco; RELAZIONE FORESTALE Dr. For. Claudio Frescura 21 IMPINTO CIAMPOLONGO – COL DEI SACOI E’ questo il tratto più esposto e vulnerabile; impianto e pista di soccorso, necessaria per il funzionamento, attraversano un sistema forestale di alta quota con vegetazione arbustiva in prevalenza di Pino mugo e praterie calcicole pascolate e, in alcuni casi, con vegetazione nitrofila (ortica dioica) . Queste formazioni sono intervallate da ghiaioni dolomitici spesso in erosione come quello nei pressi de la Rochetes de Sorarù lungo la Val de la Busela. Questo tratto è attraversato dal sentiero cai n 436, (sentiero non molto frequentato dai turisti) lungo il quale si sposta il bestiame in direzione Prendera provocando non pochi Figura 17: Aree nitrofile e danni da pascolamento danni ai mughi e iperconcimando le aree su cui stazionano. Le aree prative attraversate rientrano fra i pascoli magri e praterie dei suoli acidi (nardeti subalpini) intervallati con alcune aree umide. PISTA RA RUOIBES Figura 18: Versante Sud-Ovest Col dei Sacoi Si tratta di una pista e un impianto che interessano le praterie lungo la valle de la Ruoibes dal col dei Sacoi fino al Taulà de Ra Ruoibes. Il col dei Sacoi e il suo versante sud-ovest, in parte ricolonizzato da alcuni soggetti di larice, è caratterizzato da un pascolo magro su suoli neutri o alcalini ascrivibile al seslerieto mesofilo, alternato in alcune aree, dal Deshampsieto, mentre le praterie lungo la valle rientrano fra i pascoli RELAZIONE FORESTALE Dr. For. Claudio Frescura 22 magri e praterie dei suoli acidi (nardeto subalpino) intervallato lungo l’impluvio da aree umide (in parte torbiere basse alcaline). Nei pressi del Taulà un ampia aree con specie nitrofile (Urticeto- Rumiceto). PISTA PRENDERA E SEGGIOVIA TAULA’ DE RUOIBESE – COL DE LA STELES Figura 19: Area nitrofile presso alcuni ruderi Risalendo dal Taulà de Ruoibes verso la Forzela col Roan, si attraversa dapprima una prateria mesofila dei suoli acidi pascolata, per passare poi su un’ampia area pascolo saturata da fontanelle di acqua che la trasformano, in alcuni tratti, in torbiere basse alcaline localizzate in prossimità dei terrazzi meno acclivi. Verso il Col di Roan vi sono alcuni nuclei di Ontano verde e dei rodoreti acidofili che verranno interessati dal passaggio della pista. Le pendenze nei pressi della forcella sono notevoli (Paloto dei Bos). Giunti sullo spartiacque la prateria diventa acidofila fino ad incontrare i ruderi di una struttura attorno alla quale vi è una zona di nitrofile (Figura 19). Sul versante sudorientale del Col Duro il cotico è inquadrabile nella tipologia del Nardeto subalpino tipico con Sesleria albicans (mancano le Ericacee), che nei tratti più ripidi (sponde degli impluvi) degrada in Rodoreto, indicatore di pascolo Figura 20: L'area di Roan de Sora con in lontananza il Taulà de acido sottocaricato. Nei punti in cui la Ruoibes RELAZIONE FORESTALE Dr. For. Claudio Frescura 23 micromorfologia è maggiormente irregolare si distinguono dossi ventosi a Juncus trifidus ed Avenella flexuosa. Lungo le creste a margine delle vallecole è presente Antennaria dioica ad indicare condizioni xeriche. La forcella situata tra Col Duro e Col de la Steles ospita un laghetto nivale che nei periodi di secca è coperto da un Deschampsieto circondato da formazioni riconducibili al Nardeto pingue (Poa alpina, Geum montanum, Phleum alpinum) che sfumano in Curvuleto (Agrostis alpina, Euphrasia alpina) mano a mano che ci si dirige verso il cambio di pendenza (versante nord del Col de la Steles). Dove il pascolo cessa per Figura 21: Rodoreti lungo i versanti Est di Col de la Steles l’eccessiva inclinazione del versante il Rhododendron ferrugineum si espande lungo tutto il pendio fino alla base del Col de la Steles. L’impluvio formato dall’incontro delle pendici della Rocchetta di Prendera con quelle del complesso Col Duro-Col de la Steles, segna il passaggio dal substrato silicatico al substrato carbonatico. Sulla destra della valle prevalgono infatti le formazioni acidofile (Nardeto) mentre, sulla sinistra, la prateria basifila (Seslerieto) nelle varie sfumature tipologiche. A est, in prossimità dei ghiaioni della Rocchetta di Prendera, il Firmeto chiude la sequenza tipologica in corrispondenza del margine delle lingue detritiche. A valle del sentiero CAI 436 che scende dal Col Duro, la prateria basifila è costantemente saturata dall’acqua di alcune fontanelle che creano le condizioni ideali per l’insediamento di consorzi igrofili ad Allium schenofrasium, Carex panicea e Carex nigra. Nei tratti pianeggianti la prateria basifila presenta macchie di Alchemillo-poeto (piccole aree pascolate ai lati del sentiero CAI 436) e connotati maggiormente acidi (presenza di Festuca nigrescens) derivanti dal substrato pedologico, tanto da poter essere classificata nel tipo del Seslerieto mesofilo subacidofilo. Attorno a Malga Prendera, nelle aree maggiormente soggette al calpestio del bestiame, si sviluppano Alchemilleti con Poa supina (sud) o a netta prevalenza di Alchemilla vulgaris (ovest). RELAZIONE FORESTALE Dr. For. Claudio Frescura 24 PISTA LA NEGRES E IMPIANTO RIO CORDON-COL DE LA STELES Dirigendosi verso le pendici meridionali del Col de la Steles, si ritorna sulla matrice silicatica e, con essa, si ritrova la prateria acidofila a Nardus stricta con la presenza di Avenella flexuosa in zone relativamente vaste, ad indicare situazioni di degrado del cotico dovuto al sottopascolamento. Nelle zone di crinale e roccia terrigena affiorante prevale la tipologia del Festuceto a Festuca melanopsis interrotto talora da macchie di Alnus viridis e Larix Figura 22: Versante Nord del Col de la Steles con in fondo il decidua. Tale situazione di laghetto nivale (deschampsieto) alternanza tra Nardeto e Festuceto caratterizza pressochè tutto il rimanente versante. Molte sono le fasce di pascolo a rodoreto acidofilo (situazione prenemorale di sostituzione del pascolo) che lentamente, per mancanza di un adeguato carico, stanno chiudendo le fasce prative. Lungo i crinali che si dipartono verso Sud molte sono le aree soggette ad erosione eolica. La parte arborea è costituita da qualche soggetto di larice isolato, mentre quella arbustiva, da lembi di Ontano verde. Il primo tratto ricade nella particella 66 (Regola Grande) del Comune di San Vito di Cadore. A quota 2180 ms.l.m. la pista si biforca verso Sud nella pista “Costa dei Lares” e la pista “Mondeval” che, a sua volta, si dirama nella pista “Le vares”. A quota 2100 ms.l.m. finisce la fascia a rodoreto intervallata da praterie a nardeto subalpino per passare alla fascia di lariceto, dapprima allo stadio di neoformazione intervallato da radure isolate, per passare poi Figura 23: Versanti Sud del Col de le Steles (praterie silicatiche) RELAZIONE FORESTALE Dr. For. Claudio Frescura 25 Figura 24: Mappa semplificata degli impianti e piste (Comune di Selva di Cadore) RELAZIONE FORESTALE Dr. For. Claudio Frescura 26 ad un popolamento adulto con la fisionomia ben definita. Man mano che si scende di quota la presenza di Abete rosso diventa più rilevante, ma mai predominante se non in alcuni nuclei. La pista termina nei pressi della stazione sperimentale del rio Cordon (particella n. 32 – Peron long - del piano di Riassetto del Comune di Selva di Cadore – Regola di Pescul) La variante Mondeval interessa in prevalenza aree prative, con l’eccezione di un rado e ripido lariceto a quota 1950 ms.l.m. e del tratto prima dell’arrivo alla stazione del rio Cordon. Le praterie presentano varie zone con presenza Figura 25: Fascia di transizione dalla prateria acidofila al lariceto di arbusti nani (rodoreti) tipico a tratti più pianeggianti con presenza di specie nitrofile (Rumex sp.). Figura 26: Aree umide ricche di Calta palustris RELAZIONE FORESTALE Dr. For. Claudio Frescura 27 Avvicinandosi al rio Cordon si incontrano alcune aree di risorgive con presenti specie igrofile quali Calta palustris, tutte le restanti praterie rientrano nelle categorie delle formazioni erbose boreo-silicee alpine. PISTA LE VARES Da quota 1930 ha inizio la pista le Vares in direzione Ovest verso il torrente Cordon che attraverserà su un ponte; inizialmente la pista interseca praterie silicatiche con esposizione Ovest per passare poi, oltrepassato il rio, all’esposizione Sud-Est (Mondeal de Sote) dove, per la maggior presenza delle attività pascolive (anche se di solo passaggio), vi sono alcune aree con specie nitrofile ed altre in cui compare, a testimonianza del degrado, la Deschampsia caespitosa. L’area di maggior rilevanza per le specie nitrofile è quella Figura 27: Passaggio sul Rio Cordon Figura 28: Mondeal de Sote RELAZIONE FORESTALE Dr. For. Claudio Frescura 28 nei pressi del tabià de Mondeal de Sote. L’unica fascia boscata attraversata è un lariceto a valle del tabià. L’arrivo della pista prevede poi il passaggio sul ponte esistente del rio Cordon. La proprietà di questa area appartiene alla Regola di Borca di Cadore. PISTA COSTA DEL LARES Pista che segue per la gran parte il crinale che dal Col de la Steles va verso il col del Termen. Dopo un primo tratto nella particella 66 della regola Grande di San Vito, in cui attraversa praterie acidofile o rodoreti, inizia un tratto nel Comune di Selva in cui troviamo dei lariceti primitivi su versanti ripidi con spesso, nel piano dominato, arbusti di Ontano verde; successivamente si attraversano alcune praterie (in parte pascolate) ricche di deschiampsia o ricche di nardo. Le particelle assestamentali di riferimento sono la n. 32 e la n.33 del Comune di Selva di Cadore. Dopo il Col del Termen, si passa gradualmente dal lariceto alla pecceta altimontana dei suoli silicatici. Molti sono gli schianti e secconi lungo il sentiero che porta alla “Cros de le Sale”. La caratteristica morfologica della pista è rappresentata dal crinale che in alcuni tratti è alquanto stretto. Figura 29: Lariceti primitivi AREA LE SALES Area boscata sempre a confine fra le particelle 32 e 33 del C. di Selva di C. in cui si collocherà la stazione di arrivo della seggiovia che parte dall’abitato di Pescul. L’area è costituita da un popolamento maturo di Picea con qualche larice di notevoli dimensioni a densità rada dovuta, sia Figura 30: Col del Termen (nardeto) RELAZIONE FORESTALE Dr. For. Claudio Frescura 29 alle utilizzazioni passate (le aree sono facilmente meccanizzabili), sia alle attività pascolive. La ridotta densità fa si che la rinnovazione di abete rosso sia presente un pò ovunque. PISTA RIO CORDON Trattasi della pista che dal Col de Sales porta alla stazione sperimentale del Rio Cordon e poi, seguendo la strada forestale, prosegue fino alla statale del Passo Staulanza. Nel primo tratto attraversa un popolamento di Picea maturo, ma rado, per passare a formazioni più giovani intervallate con alcune radure e una torbiera che viene toccata solo marginalmente; la pendenza è dolce ma vi sono alcuni grossi massi che rendono il passaggio Figura 31: Torbiera nel tratto Col de le Sales Rio Cordon abbastanza obbligato. Nel tratto prima del rio Cordon le pendenze aumentano e la presenza di larice si fa più corposa. Il tracciato intercetta anche alcune radure (pascolo generico). Siamo nella particella n. 32 “Peron Long”. A valle della stazione del Rio Cordon la pista segue la strada forestale che presenta già un’ampia sede; in alcuni tratti la strada viene abbandonata per attraversare i popolamenti forestali che in questa particella (n. 20 “Costa da Storn” ) sono rappresentati da una Pecceta Altimontana molto varia nella struttura e nella densità, probabilmente per gli interventi selvicolturali Figura 32: Ampia sede della strada forestale, la rinnovazione é facilitati dalla morfologia presente un pò ovunque RELAZIONE FORESTALE Dr. For. Claudio Frescura 30 e dalla vicinanza alla viabilità forestale. Dopo l’innesto con la pista Storn, la pista prende il nome di “Variante Fiorentina” e sbuca nelle aree pascolive in corrispondenza del doppio tornante iniziale della strada menzionata sopra. PISTA STORN Il primo tratto subito a valle dell’arrivo della seggiovia a Cros de le Sales è costituito da una pecceta altimontana silicatica con struttura disetanea strutturalmente ed ecologicamente stabile, probabilmente frutto di tagli a scelta che hanno permesso il prelievo dei singoli alberi maturi. Tutte le classi cronologiche di sviluppo sono presenti. Il tracciato si sviluppa fra la particella n. 20 e n. 35. A quota 1740 ms.l.m. si attraversano alcune radure pascolate costituite da nardeti e torbiere basse alcaline, il popolamento arboreo è Figura 33: Tratto di pecceta altimontana disetanea sempre una pecceta altimontana con soggetti isolati e radi soprattutto nei pressi delle radure; la struttura è disetanea. Alle quote inferiori il popolamento diventa più denso con struttura coetaniforme allo stadio di perticaia o giovane fustaia; l’eccessiva densità spesso mette a rischio la stabilità che potrebbe essere migliorata con mirati interventi selvicolturali. Nel complesso del popolamento possiamo parlare di una struttura disetaneiforme per gruppi. Figura 34: Radure pascolate (nardeti e torbiere) RELAZIONE FORESTALE Dr. For. Claudio Frescura 31 Nell’ultimo tratto, dopo l'incrocio con la Pista rio Cordon, la pendenza aumenta bruscamente, anche se per un breve tratto. Il popolamento in questo tratto è costituito da una giovane fustaia pascolata molto densa della particella n. 19 “Le Rive”. Al termine di questo tratto si sbuca in un area prativa privata dalla dolce morfologia per passare, nei pressi dell'ecocentro, nuovamente nella proprietà regoliera. Nell’ultimo tratto, dopo l’attraversamento del rio Cordon, vengono interessati dal tracciato dei prati, in parte sfalciati e in parte abbandonati. Figura 35: Tratto di popolamento di abete rosso dall'eccessiva densità IMPIANTO PESCUL-PIAN DE LE SALE La seggiovia parte in sinistra idrografica del torrente Fiorentina che attraversa, per poi proseguire su praterie sfalciate nella parte meno acclive e abbandonate dove la meccanizzazione risulta impossibile; quest'area è di proprietà privata. Oltrepassato il Rio Cordon, l'impianto entra in una superficie boscata ascrivibile alla pecceta montanaaltimontana dei substrati silicatici. Prosegue poi incrociando alcune volte la strada forestale di accesso alla stazione sperimentale del rio Cordon e dunque l'omonima pista. Nel tratto terminale le superfici boscate interessate sono quelle della pista Storn che affianca fino alla stazione Pian de le Sales. Figura 36: Tratto di pecceta altimontana RELAZIONE FORESTALE Dr. For. Claudio Frescura 32 PISTA PELMO Sempre da Cros de le Sales parte la pista Pelmo in direzione Sud fra le particelle n. 33 e n. 35 del Piano di Riassetto di Selva di Cadore. Il bosco attraversato è molto disomogeneo, anche se prevalentemente lungo il tracciato proposto si intercettano ampie radure o boschi radi costituiti da grossi individui di Picea o Larice, intervallati da nuclei di rinnovazione allo stadio di spessina o perticaia. Gli alberi, piuttosto rastremati, presentano la chioma inserita già dai primi metri del fusto. Solamente da quota 1800 m a 1720 m la pecceta Figura 37: Popolamento rado a valle di Cros de le Sales risulta densa e ben strutturata su un versante che spesso diventa ripido e solcato da alcune vallecole, per poi tornare rada e lacunosa in cui la presenza del pascolo, associato alle utilizzazioni forestali, si fa ancora sentire e determina la fisionomia del popolamento. A monte del rif. Aquileia si entra nel pascolo vero e proprio. Il rientro a Pescul avviene attraverso una pecceta secondaria, anch’essa pascolata in più tratti, su suoli alluvionali. Questi popolamenti sono stati oggetto di recenti diradamenti per migliorarne la struttura; il bosco si presenta coetaniforme con assenza di rinnovazione, se non lungo i margini o le aperture. Figura 38: Bosco pascolato nei pressi del Rif. Aquileia RELAZIONE FORESTALE Dr. For. Claudio Frescura 33 Figura 39: Pecceta secondaria della particella 35 già soggetta a miglioramento colturale Nell’ultimo tratto, prima di innestarsi nella variante Fiorentina, la pista percorre alcune aree a pascolo della particella n. 19; nel percorso si intercettano dei nuclei giovani di abete rosso. Il pascolo non presenta particolarità e sembra ben sfruttato in virtù della sua accessibilità. INQUADRAMENTO FAUNISTICO La quantità e qualità ancora integra di ambienti naturali presenti in questa zona dolomitica, che dall’Agordino si collega alla Valle del Boite, è molto rilevante e significativa. Tutto ciò è ancora più significativo in quanto a stretto contatto con alcune situazioni antropizzate. La diversificazione della vegetazione che caratterizza queste zone, fa quindi presagire una buona dotazione faunistica della zona sia in termini qualitativi sia quantitativi. L’area oggetto di analisi, da sopralluoghi e indagini bibliografiche, comprende numerose specie animali che vanno dagli invertebrati fino agli uccelli e ai mammiferi, e costituisce un esempio rappresentativo della fauna dolomitica. Tutto ciò è spiegabile dalla disponibilità di differenti situazioni ambientali in stretto contatto le une con le altre e che, distribuendosi a varie fasce altitudinali, crea un ambiente relativamente ricco per le comunità faunistiche. A ciò si aggiunga la scarsa urbanizzazione della zona presa in esame. I rilievi diretti realizzati sul luogo durante l’estate 2010 non sono stati ritenuti esemplificativi della complessità zoologica di questo territorio per la cui organica RELAZIONE FORESTALE Dr. For. Claudio Frescura 34 descrizione si dovrà quindi far riferimento a conoscenze pregresse e ai dati bibliografici o alle informazioni inedite disponibili. Di seguito viene illustrata la presenza faunistica dell’area anche con riferimenti ai diversi habitat elettivi. Viene, dettagliata, in particolare, la presenza di specie ornitiche la cui esistenza sul territorio è strettamente condizionata dalla disponibilità di habitat idonei. ERPETOFAUNA L’area è interessata in genere da quelle specie più tipicamente “dolomitiche”, quindi più adattate a stagioni estive brevi e spesso a situazioni microterme. In genere si tratta di specie legate alle zone umide, che dislocate alle quote più differenti, ospitano una fauna ad anfibi piuttosto povera a livello specifico ma molto ricca di individui. In queste zone si riproducono la rana montana, il rospo comune (Bufo bufo), il tritone alpestre (Mesotriton alpestris) e la natrice dal collare (Natrix natrix). Nelle praterie è piuttosto comune la lucertola vivipara (Zootoca vivipara vivipara) come pure i rettili (vipere) e anche la salamandra alpina (Salamandra atra) appare molto ben diffusa. Specie rientranti negli Allegati II e IV della “Direttiva Habitat”: Salamandra alpina (Salamandra atra) - specie ben distribuita nei rilievi montuosi del settore centro settentrionale della provincia di Belluno tipica di ambienti umidi, ma che evita zone aperte (prati e pascoli) e boschi fitti ed asciutti (peccete). Non essendo specie sinantropica, il suo habitat non si sovrappone in genere con quello di Salamandra salamandra per la diversa ecologia riproduttiva (Bonato et al., 2007). La vulnerabilità della specie sta nella sua bassa capacità di recupero della popolazione in caso venisse danneggiata a causa del lento ciclo riproduttivo (gestazione della durata di 2-4 anni e generazione di massimo 2 figli). Lucertola muraiola (Podarcis muralis) - la specie può essere osservata in svariati ambienti, con un habitat ideale costituito da muretti a secco e mecereti prossimi ad aree boscate nei fondovalle, mentre a quote maggiori frequenta zone ricche di pareti rocciose esposte a sud e pascoli con rocce affioranti. Specie non rientranti negli Allegati II e IV della “Direttiva Habitat” Salamandra pezzata (Salamandra salamandra) – La specie è ben distribuita in tutte le zone adatte alla sua presenza, tanto da rappresentare l’urodelo più comune nell’area considerata (Bonato et al., 2007). Specie forestale, frequenta boschi misti di caducifoglie umidi e freschi (faggete, abieti-faggeti), attraversati da piccoli corsi d'acqua, fondamentali per la sua riproduzione. La salamandra predilige, infatti, corsi d’acqua poco profondi con ricchezza di anfratti ed andamento naturale, nonché acque poco o per nulla inquinate che possono ospitare comunità di macroinvertebrati. Dannosa per questa specie è la modificazione improvvisa dell’habitat, e quindi del microclima, che può essere la conseguenza di alcune pratiche selvicolturali: principalmente i tagli raso e l’impianto di conifere. La minaccia più grave rimane la modificazione qualitativa e quantitativa dei corsi d’acqua. RELAZIONE FORESTALE Dr. For. Claudio Frescura 35 Tritone alpestre (Mesotriton alpestris alpestris) - La specie è distribuita quasi ovunque sui rilievi alpini e prealpini della provincia di Belluno. Il tritone alpestre nella fase acquatica frequenta le pozze stabili dei pascoli utilizzate per l’alpeggio, stagni e raccolte d’acqua artificiali, mentre per la fase terrestre frequenta suoli ben strutturati con copertura arborea e ricchi di anfratti che possono essere utilizzati come rifugio (Bonato et al., 2007). Le minacce principali per questa specie riguardano il degrado e l’interramento dei corpi idrici (pozze per l’abbeverata). Rospo comune (Bufo bufo) - Nel bellunese il rospo comune è ben distribuito ed è considerato specie comune. In zona montana la specie frequenta formazioni forestali intervallate a prati ed aree arbustive. Per la riproduzione utilizza differenti ambienti acquatici: pozze d’alpeggio, stagni, raccolte d’acqua artificiali e corsi d’acqua a debole corrente (Bonato et al.,2007). Tra le minacce si ha l’alterazione ed il degrado dei siti sia riproduttivi (inquinamento dei corsi d’acqua, eliminazione degli specchi d’acqua) sia di quelli utilizzati nella fase terrestre (banalizzazione del paesaggio) provocando la riduzione delle popolazioni locali. La causa di mortalità maggiore rimane il traffico automobilistico lungo le strade che dividono le zone di svernamento dalle aree di riproduzione. Rana temporaria (Rana temporaria) - La specie è distribuita in tutta la provincia di Belluno ad una quota compresa tra i 200-300 ed i 2200 metri. Specie tipicamente forestale, vive soprattutto in formazioni forestali di latifoglie, di conifere o miste del piano montano, ma si trova anche oltre il limite della vegetazione in arbusteti, pascoli e praterie che presentino pozze d’acqua; per la riproduzione utilizza una grande varietà di specchi d’acqua (pozze, stagni, laghi, vasche antincendio, raccolte d’acqua artificiali) e corsi idrici a lento scorrimento (Bonato et al., 2007). Fattori negativi legati all’habitat sono l’abbandono dei pascoli (con la conseguente cessazione della manutenzione delle pozze d’alpeggio) e l’immissione di pesci negli stagni montani che ne predano larve e girini. Orbettino (Anguis fragilis fragilis) - L’orbettino è il sauro più diffuso in Italia ed anche nel bellunese.Ha grande valenza ecologica, predilige zone umide come la lettiera delle più diverse formazioni forestali , anche se si può trovare in fresche praterie di quota ed in macereti (Lapini, Cassol, Dal Farra, 1998). Nonostante non sia una specie minacciata, l’orbettino soffre della banalizzazione del paesaggio agrario tradizionale composto dall’insieme di aree coltivate, incolti, siepi e macchioni. Lucertola vivipara comune (Zootoca vivipara vivipara) - È una specie abbastanza elusiva quindi, anche se la sua presenza appare localizzata, si ritiene che abbia una maggiore diffusione, infatti la specie è ben distribuita sia all’interno della SIC-ZPS sia nel resto del territorio provinciale. Specie prativa che vive dalla zona montana fino al piano alpino, localmente può giungere anche a quote più basse; inoltre predilige ambienti umidi, torbiere e zone di risorgiva (Lapini, Cassol, Dal Farra, 1998). Attualmente la lucertola vivipara non è in pericolo di conservazione, ma le minacce che possono ricadere sulla specie sono legate alla modificazione di habitat, in particolare l’assenza di massi, strati muscinali o tronchi morti sotto i quali sverna, e l’utilizzo di biocidi che riducono drasticamente insetti ed anellidi dei quali si alimenta. RELAZIONE FORESTALE Dr. For. Claudio Frescura 36 Natrice dal collare (Natrix natrix) - è ben diffusa ovunque siano presenti zone umide anche se è una specie euriecia, infatti, è solo moderatamente legata all’acqua: i giovani selezionano ambienti umidi dove poter cacciare pesci, girini ed invertebrati acquatici, mentre gli adulti si incontrano anche in zone aride e macereti (Lapini, Cassol, Dal Farra, 1998). Allo stato attuale non ha particolari problemi di conservazione grazie alla sua ampia valenza ecologica, anche se regimazioni dei corsi d’acqua, inquinamento dei corpi idrici ed eliminazione delle raccolte d’acqua le sono dannosi. Marasso (Vipera berus) - E’ tipicamente montana, è distribuito su tutta l’area alpina e in Veneto vive principalmente tra i 1200 e 1800 metri di altitudine (Bonato et al., 2007). Frequenta terreni sassosi accidentati che presentino una rada copertura arborea o arbustiva, mentre evita superfici scoperte ed uniformi come pascoli intensamente sfruttati. Lo sfruttamento eccessivo del territorio e la semplificazione del paesaggio sono una delle minacce principali della specie, ma non è da sottovalutare anche la mortalità diretta da parte dell’uomo basata su credenze errate. Vipera comune (Vipera aspis) - Nel Veneto la specie è presente nei settori prealpino ed alpino ed in genere è ben distribuita su tutti gli habitat favorevoli. La specie frequenta versanti solatii, muretti a secco, casolari, macereti, bordi di siepi, ma fattore importante è che sussistano tranquillità e abbondanza di prede (Lombardi G. e Bianco F., 1983). Ulteriori problemi per questa specie sono il massiccio utilizzo di biocidi in agricoltura che provoca la riduzione di micromammiferi (i quali compongono la sua base alimentare), e l’ignoranza di alcune persone che ritenendo l’aspide pericoloso ne uccidono gli esemplari. AVIFAUNA Vengono illustrate le varie specie di avifauna distribuite per ambiente a partire dal fondovalle verso le cime dolomitiche. EDIFICATO In questa categoria ambientale sono compresi sia i nuclei abitati sia singoli edifici, permanentemente o stagionalmente abitati. Fra le specie più antropofile si ricordano la rondine (Hirundo rustica) e il balestruccio (Delichon urbica) molto legate ai nuclei abitati storici sulle cui abitazioni si tramandano generazioni di nidi rinnovati ogni anno. Il codirosso spazzacamino, specie amante dei macereti di alta quota, è sorprendentemente una specie tipica di questa categoria ambientale, poiché trova nelle fessure dei muri degli edifici e tra le travi dei soffitti siti di nidificazione. La ballerina bianca (Motacilla alba), altra specie nidificante nei tetti delle abitazioni, si nutre di insetti cacciati sui prati, campi, orti circostanti. ZONE APERTE DI FONDOVALLE Nelle zone di fondovalle, connotate dalla presenza di aree prative per gran parte ancora falciate che circondano i centri urbani, ma anche da boschetti ed aree abbandonate con arbusti, la zoocenosi è abbastanza peculiare. Le specie che nidificano nel prato non sono molte poiché la collocazione del nido sul terreno in ambienti aperti aumenta considerevolmente i rischi di predazione. Per RELAZIONE FORESTALE Dr. For. Claudio Frescura 37 questo l’utilizzo di tale tipologia da parte delle specie ornitiche avviene soprattutto a scopo trofico. Tra gli uccelli osservabili, vi è il merlo (Turdus merula), la ballerina bianca, il codirosso rondini, balestrucci, lo zigolo giallo (Emberiza citrinella), la cesena (Turdus pilaris) che ricercano lombrichi ed insetti del terreno negli ambienti aperti. Una delle più importanti specie di questo ambiente è l'averla piccola (Lanius collurio), specie di interesse comunitario ai sensi della Direttiva Uccelli ormai in forte declino numerico rispetto ad un recente passato. Questa specie occupa ancora quegli spazi aperti che posso garantire la caccia all’agguato di invertebrati, lucertole e anche piccoli roditori. Queste aree di fondovalle potrebbero essere frequentate anche dal raro gufo reale (Bubo bubo), specie molto elusiva, ma più diffusa di quanto immaginato, che si avvantaggia del mosaico di ambienti presenti nel fondovalle (prati, forre, foreste). TORRENTI La composizione dell’avifauna dei corsi d’acqua è piuttosto eterogenea. Le entità maggiormente rappresentative sono legate allo strato arbustivo della vegetazione ripariale: scricciolo, merlo e capinera. In particolare lo scricciolo ha una marcata preferenza per i sottoboschi ombrosi ed umidi. La ballerina gialla (Motacilla cinerea) e il merlo acquaiolo (Cinclus cinclus) sono specie esclusive degli ambienti torrentizi. BOSCO MISTO DI AGHIFOGLIE E LATIFOGLIE Il bosco misto di aghifoglie e latifoglie è uno degli ambienti più ricchi di specie e con maggiore diversità nell’avifauna, grazie alla complessità strutturale della vegetazione che, unitamente alla varietà specifica, determina un incremento delle risorse spaziali e trofiche a disposizione dell’avifauna. Le specie presenti appartengono sia ai consorzi forestali di aghifoglie che a quelli di caducifoglie. Tra le prime sono da citare sparviere, nocciolaia, tordo bottaccio (Turdus philomelos), tordela, cincia mora, cincia bigia alpestre, cincia dal ciuffo, regolo (Regulus regulus) e ciuffolotto; tra le seconde vi sono capinera, merlo, cincia bigia e cinciallegra (Parus major). La presenza di picchio rosso maggiore e soprattutto di picchio nero è indicativa di formazioni boschive caratterizzate da un avanzato grado di maturità. L’abbondanza di specie legate allo strato arbustivo, come pettirosso, scricciolo, merlo e capinera, è spiegata dal notevole sviluppo del sottobosco che di solito contraddistingue questo ambiente. In particolare dove sono presenti abete bianco e faggio l’avifauna è molto ricca e diversificata, e comprende sia specie tipiche dei consorzi di latifoglie, come la ghiandaia, la capinera, la cincia bigia (Parus palustris) ed il picchio muratore (Sitta europea), sia di quelli misti e di conifere, ad esempio cincia mora, cincia dal ciuffo e regolo. La maggior parte delle entità è legata alle chiome degli alberi, ma non mancano quelle che nidificano nel sottobosco, come scricciolo, pettirosso e capinera. FAGGETA Accanto alle specie tipiche dei complessi di latifoglie, come la capinera, la cincia bigia e la ghiandaia, compaiono specie legate ai boschi di aghifoglie, come cincia mora e cincia dal ciuffo. Ciò è da porre in relazione alla scarsa purezza delle faggete considerate, che comprendono spesso piante isolate di aghifoglie e di altre latifoglie. L’esistenza di una buona copertura da parte del sottobosco, dovuta alla diffusa ceduazione del faggio ed alla presenza di altre essenze, si riflette sul popolamento avifaunistico con RELAZIONE FORESTALE Dr. For. Claudio Frescura 38 la comparsa di specie, come pettirosso, scricciolo, merlo e la stessa capinera, tipicamente legate allo strato arbustivo. ARBUSTETI SUBALPINI Nell’ARBUSTETO DI RODODENDRO viene osservata una notevole diversità nell’avifauna oltre che una rilevante ricchezza. Va però chiarito che questa ricchezza è in parte da mettere in relazione alla frequente presenza, di alberi isolati o a gruppi, lembi di pascolo e emergenze rocciose. Alle specie tipiche dello strato arbustivo, come scricciolo, luì piccolo (Phylloscopus collybita), passera scopaiola, pettirosso e bigiarella, si affiancano uccelli di altri ambienti. Agli alberi sono legati per la nidificazione e/o l’alimentazione di: organetto, cincia bigia alpestre, cincia mora, fringuello, lucherino, pigliamosche (Muscicapa striata), rampichino alpestre, crociere mentre ai pascoli spioncello e Culbianco (Oenanthe oenanthe) ed alle rupi Gracchio alpino (Pyrrhocorax graculus) e codirosso spazzacamino (Phoenicurus ocruros). Al di sopra del limite del bosco, le vastissime distese di rododendro che hanno colonizzato in questi anni i pascoli sottocaricati sono frequentate dal gallo forcello. Le specie ornitiche dominanti la mugheta sono tutte tipiche dello strato arbustivo: lui piccolo, scricciolo e passera scopaiola sono molto diffuse. Laddove la mugheta includa salti di roccia con lembi di pascolo e alberi isolati si ha la compagine delle cince e i Fringillidi; dove emergano rocce domina il codirosso spazzacamino mentre, a contatto con le praterie, si ha spioncello, ballerina bianca e culbianco. Tali zone sono visitate dall’aquila reale (Aquila chrysaetos) e dal gheppio (Falco tinninculus), durante le loro perlustrazioni alla ricerca del cibo. LAGHETTO ALPINO In questa categoria ambientale sono stati fatti rientrare, oltre agli specchi d’acqua, anche le rive e la vegetazione delle sponde. Lo scarso o inesistente sviluppo della vegetazione igrofila ripariale imposto dal clima di montagna e la generale oligotrofia delle acque, non consentono ai laghi presenti nell’area esaminata di garantire le risorse spaziali e trofiche necessarie all’insediamento di entità acquatiche nidificanti. L’avifauna è quindi particolarmente povera di specie e per di più nessuna di queste può essere definita propriamente acquatica. Solo la ballerina gialla è caratterizzata da un legame marcato nei confronti dell’ambiente idrico, nidificando nei pressi di corsi d’acqua e laghi ed alimentandosi di piccoli invertebrati che ricerca sulle rive. PRATERIA/ PASCOLO Nelle praterie al di sopra del limite della vegetazione arborea, in particolare nei pascoli, sono presenti numerose specie. Tale ricchezza, ad una prima analisi, può sorprendere data la semplicità strutturale di questo ambiente, ma in realtà oltre alle specie che nidificano nei pascoli vi sono anche numerosi uccelli che frequentano questo ambiente solamente a scopo alimentare. Tipici del pascolo sono culbianco, spioncello e stiaccino, allodola (Alauda arvensis) che pongono il nido sotto un ciuffo d’erba; così fa anche il prispolone (Anthus trivialis), che è una specie ecotonale, della fascia di margine tra pascolo e bosco. Tordela e merlo dal collare nidificano invece nel bosco ma ricercano sui pascoli lombrichi ed insetti del terreno; anche i Fringillidi e altre specie osservate mostrano RELAZIONE FORESTALE Dr. For. Claudio Frescura 39 un comportamento analogo, anche se finalizzato ad attività trofiche diverse e più occasionali. L’offerta alimentare che il pascolo mette a disposizione è sia di tipo vegetale (semi dei cardi) sia di tipo animale, in particolare invertebrati (ortotteri). È stato osservato che vengono maggiormente frequentate le aree che confinano con il bosco, nelle quali l’attività di ricerca del cibo è meno rischiosa poiché gli uccelli possono più rapidamente sottrarsi agli eventuali predatori . Fra i rapaci d’elezione che frequentano questi ambienti aperti a scopi trofici si ricordano l’aquila e il gheppio. La presenza di gracchio alpino e corvo imperiale (Corvus corax), classici spazzini che nidificano in ambienti rupestri, è da considerarsi discontinua e inquadrabile nell’attività di ricerca del cibo. Le PRATERIE DI ALTITUDINE occupano le aree di alta montagna, al di sopra dei pascoli, ponendosi superiormente in contatto con gli ambienti rocciosi dove, a causa dell’eccessiva altitudine, la vegetazione non può affermarsi. La maggior parte delle specie nelle praterie sono strettamente legate per la riproduzione e per l’alimentazione all’ambiente erbaceo: nidificano direttamente tra i ciuffi delle praterie - spioncello, culbianco, e ballerina gialla - o nelle fessure di qualche roccia affiorante, codirosso spazzacarnino e sordone (Prunella collaris). La presenza di gracchio alpino, rondone comune (Apus apus), rondone alpino (Apus melba), scricciolo, cuculo (Cuculus canorus), tordela ed organetto sono riferibili prevalentemente ad individui che frequentano la prateria sommitale solo a scopo trofico. TUNDRA ALPINA La tundra alpina costituisce uno stadio pioniero nella colonizzazione degli ambienti detritici di alta montagna ed è caratterizzata da una vegetazione discontinua formata da zolle composte da cespi erbosi o arbusti nani quali i salici (Salix spp.) e il camedrio alpino (Dryas octopelala); frequenti sono anche i licheni. In questo ambiente strutturalmente molto semplice, le risorse trofiche offerte dalla scarsa vegetazione sono limitate e scarsa è la possibilità di ripari per la nidificazione rispetto alla prateria o alle rocce. Sono presenti poche specie come lo spioncello ed il codirosso spazzacamino. Regina di tali aree è la pernice bianca (Lagopus mutus) che pare perfettamente “costruita” per affrontare i lunghi mesi invernali nutrendosi di vegetali di scarso valore nutritivo. PARETI ROCCIOSE In questa categoria ambientale sono comprese pareti rocciose e rupi di vario tipo, accomunate dalla pressoché totale assenza di vegetazione. In alto, l'ambiente è molto selettivo e permette solo a poche specie, molto specializzate, di trovare le condizioni idonee alla vita, alla riproduzione e all'allevamento della prole. Se da una parte viene offerta la possibilità di nidificare in nicchie inaccessibili ai predatori, dall’altra sono a disposizione degli uccelli scarsissime risorse alimentari. Vi sono specie dominanti tale di queste zone cacuminali come il sordone, il codirosso spazzacamino, il rondone maggiore, il picchio muraiolo (Tichodroma muraria) e il fringuello alpino (Montifringilla nivalis). Altre, gheppio, rondine montana e gracchio alpino, sono tipiche delle zone rupestri. Rupi e ghiaioni ospitano la pernice bianca, mentre l'aquila reale nidifica su inaccessibili rupi poco disturbate. RELAZIONE FORESTALE Dr. For. Claudio Frescura 40 VERSANTE DETRITICO Sui versanti detritici l’avifauna è fortemente caratterizzata dalla presenza di alcune specie dominanti: codirosso spazzacamino, spioncello, sordone e gracchio alpino. Mentre le prime tre specie nidificano certamente in questo ambiente, la presenza del gracchio è probabilmente dovuta ad una frequentazione a scopo alimentare. SPECIE OCCASIONALI ERRATISMI Saltuariamente è stato osservato l'avvoltoio degli agnelli (Gypaetus barbatus), reintrodotto nel parco degli Alti Tauri. MIGRATORI Va segnalato, infine, che questo territorio si trova lungo una rotta migratoria degli uccelli, in particolare fringillidi e turdidi, che d'autunno si spostano per raggiungere i quartieri di svernamento nell'Europa meridionale. I protagonisti di questo fenomeno sono lucherini, crocieri, fringuelli, peppole, pettirossi, frosoni e molte altre specie ancora che invadono a stormi più o meno consistenti le formazioni forestali e i prati del fondovalle in cerca di riposo e cibo nel corso del viaggio. In primavera, quando la neve si è appena sciolta, i prati falciati vengono visitati dai merli e dai Turdidi (merlo dal collare, tordela, tordo bottaccio, tordo sassello, cesena), in transito verso i quartieri riproduttivi che possono essere sia le quote più elevate dei massicci dolomitici, sia regioni a nord delle Alpi. Il piviere tortolino (Charadrius morinellus) sosta qualche giorno, sulle praterie di alta quota nel corso della migrazione che gli fa attraversare le Alpi nei periodi marzoaprile, durante la migrazione verso gli areali di nidificazione (Nord Europa), ed in agosto-settembre quando si dirige verso le zone di svernamento (Africa settentrionale). A volte nei prati, qualche errabonda cicogna bianca (Ciconia ciconia) sosta, nel corso del suo viaggio migratorio, arrestata il più delle volte dal brutto tempo. Anche rapaci migratori come i succitati falchi pecchiaioli, frequentano prati di fondovalle e praterie di alta quota durante la migrazione. Allora è possibile osservare in modo sporadico e discontinuo albanelle, falchi di palude, falchi pescatori. SPECIE DI ALLEGATO I (DIRETTIVA UCCELLI 2009/147/CE) Vengono illustrate in modo più dettagliato alcune specie precedentemente citate e elencate nell’allegato I della Direttiva Uccelli 2009/147/CE. Falco pecchiaiolo (Pernis apivorus) - è specie sporadica, ma diffusa nell’area indagata. Nidifica in boschi, anche di limitata estensione, di latifoglie e conifere, puri o misti, preferibilmente d’alto fusto confinanti con aree erbose aperte, ricche di imenotteri; localmente in cedui in fase di conversione a fustaia (Brichetti P. e Fracasso G., 2003). Nel periodo post-riproduttivo (fine agosto-settembre) la provincia di Belluno è interessata da una linea migratoria molto importante per la specie con conseguente aumento (anche se temporaneo) del contingente della popolazione. Ogni attività RELAZIONE FORESTALE Dr. For. Claudio Frescura 41 che possa ostacolare o rendere più difficile la migrazione risulta quindi dannosa per il falco pecchiaiolo. Aquila reale (Aquila chrysaetos) – osservazioni di tale specie sono state effettuate anche sui principali rilievi montuosi della zona centro-settentrionale della provincia. È specie legata ad ambienti rocciosi di alta montagna dove la nidificazione avviene su cenge rocciose situate in luoghi tranquilli ed in un territorio ricco di praterie e pascoli necessari per cacciare. Durante la stagione invernale può frequentare quote inferiori, giungendo in zone pedemontane e collinari. Una delle minacce per questa specie è rappresentata dal disturbo antropico sulle pareti utilizzate per la nidificazione (arrampicata sportiva, sport aerei, lavori forestali, elicotteri e caccia fotografica. Ma anche linee di funi tese sono estremamente pericolose: soprattutto in condizioni di scarsa visibilità; può capitare che alcuni individui si schiantino sugli impianti di risalita o su linee elettriche (Winding N., Lindner R.). Pernice bianca (Lagopus mutus) specie in forte calo numerico che nella provincia di Belluno è distribuita in modo frammentato su alcuni massicci della porzione centro-settentrionale della provincia. Le aree di presenza note sono piuttosto frammentate (Ramanzin&Sommavilla, 2009). In particolare, le aree più prossime all’area oggetto di analisi sono Il massiccio del cernera-Piz del Corvo e l’area di Mondeval con il Bec di mezzodì (cartografia del Piano Faunistico Venatorio Aggiornamento 2009-2014). Frequenta zone di alta quota poste sopra il limite della vegetazione arborea formate da pietraie, vallette nivali, salti di roccia, praterie rupicole e da formazioni di arbusteti bassi e radi. Le esigenze ambientali sono, come noto, ben definite e riguardano habitat che, a meno di cambiamenti climatici, sono stabili. Le uniche alterazioni sono quelle dovute ad un’eccessiva frequentazione umana (Ramanzin&Sommavilla, 2009) Tra le minacce si ha un’elevata pressione turistica sulla aree di nidificazione. Fagiano di monte (Tetrao tetrix) – in Provincia di Belluno (Ramanzin, 2004) presenta la tipica struttura di un insieme di “sottopopolazioni” che non sono in continuità geografica ma sono più o meno connesse dai fenomeni di dispersione di individui da un nucleo di presenza all’altro (Ramanzin&Sommavilla, 2009). Le aree di presenza a nord sono caratterizzate da un grado di connettività che appare, alla luce delle recenti conoscenze sulle distanze di dispersione e sulle barriere agli spostamenti della specie (Caizergues e Ellison, 2002), piuttosto buono. In particolare l’area in oggetto di analisi interseca le popolazioni del Mondeval-Col Duro-Col della Puina e del Col del Termen. Questa specie generalmente vive in una fascia altimetrica compresa tra i 1200 ed i 2200 metri di quota. Durante il periodo riproduttivo, per le parate, frequenta zone aperte, mentre nel resto dell’anno si trova in vari ambienti come lariceti, peccete e abieteti, lariceti con picea e faggio, Pascoli (arbusti bassi),alnete di ontano verde, mughete (associate a rododendro irsuto, mirtillo rosso, uva ursina). Le caratteristiche più favorevoli alla specie sono quelle degli ambienti di transizione tra il pascolo ed il bosco che sono spesso in evoluzione più o meno rapida, a seconda delle condizioni locali, verso il rimboschimento od una fitta copertura arbustiva nelle aree dove le attività zootecniche sono state abbandonate. E’ prevedibile che, in assenza di interventi di manutenzione o miglioramento ambientale, l’idoneità ambientale per la specie diminuirà in futuro RELAZIONE FORESTALE Dr. For. Claudio Frescura 42 (Ramanzin&Sommavilla, 2009). La minaccia principale per la specie è quindi l’avanzata del bosco con la riduzione delle aree aperte, ma anche una eccessiva pressione venatoria agisce in modo negativo soprattutto sulle popolazioni a bassa densità. Gallo cedrone (Tetrao urogallus) – Si tratta di un tetraonide molto elusivo tipico di ambienti forestali, non cacciabile. Le conoscenze sullo status delle popolazioni sono pertanto molto scarse. Sulla base dei risultati emergenti in altre province confinanti, tuttavia, e dell’evoluzione delle superfici forestali verso una maggiore diversificazione strutturale e compositiva, si ritiene che la situazione della popolazione sia migliore rispetto a quella registrata al momento della sospensione del prelievo venatorio (Ramanzin & Sommavilla, 2009). La presenza di habitat idonei alla specie, rende probabile la sua presenza all’interno dell’area analizzata. Il bosco preferito dal gallo cedrone è quello misto, costituito da conifere e latifoglie, ma con prevalenza di sempreverdi. La contemporanea presenza di piante mature e stramature, di alberi giovani, di rinnovazione, di sottobosco, di chiarie (che favoriscono la presenza di diverse piante frutticose) costituisce l’habitat ideale per la specie (Abram S., 1987, De Franceschi, 1996). Le caratteristiche ambientali più favorevoli sono quelle fornite da boschi con elevata diversità strutturale e di composizione (Storch, 1997). E’ prevedibile che gli attuali orientamenti selvicolturali possano favorire le condizioni ambientali per queste specie. Anche per quanto riguarda le arene ed i punti di canto, alcune ricerche hanno evidenziato le caratteristiche dei boschi in cui esse sono localizzate: piante maturestramature, densità media della copertura arborea, struttura coetanea su piccole superfici, forte pendenza ed esposizione prevalente ad Est (C.Bogo e R.Dotta, in Meneguz P.G., 2007) I fattori di minaccia per questa specie sono la trasformazione dell’habitat sia attraverso il taglio di alberi maturi e stramaturi di notevoli dimensioni diametriche collocati nelle arene di canto, sia mediante l'eliminazione del sottobosco. Anche la costruzione di impianti a fune, linee elettriche e il bracconaggio (Abram S., 1987) sono costituiscono una minaccia alla specie. Inoltre il gallo cedrone appare particolarmente sensibile al disturbo antropico: il traffico dei veicoli, principalmente su sentieri e fuori da essi, la pratica di massa di attività sportive, i lavori selvicolturali nelle arene, nei loro pressi e nelle zone di cova, la caccia fotografica (Menoni, 1994); Francolino di monte (Bonasa bonasia) – Come il gallo cedrone è un tetraonide molto elusivo tipico di ambienti forestali, non cacciabile. Le conoscenze sullo status delle popolazioni sono quindi molto scarse. Sulla base delle informazioni dalle province confinanti, tuttavia, e dall’evoluzione delle superfici forestali verso una maggiore diversificazione strutturale e compositiva, si ritiene che la situazione della popolazione sia migliore rispetto a quella registrata al momento della sospensione del prelievo venatorio (Ramanzin & Sommavilla, 2009). La presenza di habitat idonei alla specie, rende probabile la sua presenza all’interno dell’area analizzata. È una specie strettamente legata ad ambienti forestali e fondamentale è la presenza di boschi misti con ricco sottobosco, piccole radure ed uno strato arbustivo abbondante (mirtillo, nocciolo, rovo, biancospino, ontano e sorbo degli uccellatori sono le specie più caratteristiche) (C.Bogo e R.Dotta, in Meneguz P.G., 2007). Le cause della rarefazione di questa specie sono numerose e riguardano da un lato l’alterazione dell’habitat, provocata dalle moderne modalità di utilizzazione RELAZIONE FORESTALE Dr. For. Claudio Frescura 43 forestale e dal progressivo abbandono delle pratiche agricole di media montagna, dall’altro dall’elevata incidenza della predazione e dal modesto successo riproduttivo della specie (C.Bogo e R.Dotta, in Meneguz P.G., 2007). Coturnice (Alectoris graeca) – nel bellunese la specie è presente con consistenze molto modeste e con una distribuzione molto frammentata su singole aree di ridotta estensione. Le informazioni desumibili dai censimenti indicherebbero una consistenza fluttuante (Ramanzin & Sommavilla, 2009). Si trova principalmente nella zona centro-settentrionale della provincia: viene infatti segnalata all’interno dell’area di analisi. Specie molto legata alla presenza di affioramenti rocciosi, compenetrati a praterie ripide e soleggiate. Le aree di svernamento sono caratterizzate da versanti scoscesi ed esposti a Sud e da pascoli e/o coltivi a bassa quota che garantiscono il reperimento di fonti trofiche adeguate mentre, nel periodo estivo, vengono interessate praterie xeriche a bassa vegetazione, ricche di graminacee, con presenza di acqua, pietraie, sfasciumi di rocce (Brichetti e Fracasso, 2004). Il progressivo abbandono dell’agricoltura tradizionale di montagna e della pastorizia in particolare hanno determinato un impoverimento dell’habitat ottimale per questa specie, che tende a non frequentare pascoli con erba alta e praterie colonizzate da arbusti. Un’altra minaccia consiste nella modificazione delle condizioni climatiche, in particolare l’aumento della piovosità primaverile che danneggia il successo riproduttivo della specie. Gufo reale (Bubo bubo) – probabile la sua presenza su un’area vasta come quella analizzata. Belluno, insieme a Vicenza, sembra essere la provincia veneta con il maggior numero di individui di gufo reale e, a seguito di indagini svolte una decina di anni fa, è stata stimata la presenza di circa 30 coppie (Mezzavilla e Scarton, 2005, in Mezzavilla F., Bettiol K. 2007). Nella provincia di Belluno il gufo reale sembra essere più diffuso di quanto si possa effettivamente osservare, in quanto la sua presenza è di difficile rilevamento per il carattere elusivo di questo strigide. Nidifica in zone accidentate, caratterizzate dalla presenza di pareti, forre, calanchi e affioramenti rocciosi bordati da alberi e arbusti e sovrastanti ampie vallate, altipiani e zone aperte con coltivi, prati, frutteti, vigneti e incolti erbosi anche a poca distanza da strade trafficate e centri abitati. Localmente utilizza anche cave inattive o in uso. Per cacciare frequenta abitualmente ambienti aperti, pendii boscati e discariche di rifiuti, anche a quote più elevate rispetto ai siti di nidificazione (Brichetti e Fracasso, 2006). Il gufo reale è tollerante al disturbo umano (Cramp S., Simmons K., 1985), ma alcune attività possono avere gravi ricadute sulla presenza della specie. Le principali minacce sono la riduzione dell’habitat ed in particolare dei territori di caccia, il disturbo dei siti riproduttivi, il bracconaggio e la presenza di impianti a fune e linee elettriche (in particolare nelle vicinanze del nido) che creano un ostacolo al volo e contro i quali gli individui possono impattare. Civetta nana (Glaucidium passerinum) - la provincia di Belluno ospita la popolazione più consistente che, anche se con un numero esiguo di individui, si colloca principalmente nella zona settentrionale della provincia. Frequenta le peccete mature ed i boschi misti meno disturbati, dove sono presenti cavità, scavate dai picchi (in particolare picchio rosso maggiore), per la nidificazione o per trovarvi rifugio nei mesi invernali. RELAZIONE FORESTALE Dr. For. Claudio Frescura 44 Le minacce sono il disturbo delle zone di nidificazione (boschi disetanei a composizione naturale con disponibilità di piante con cavità). Fondamentale risulta la presenza dei picchi. Civetta capogrosso (Aegolius funereus) - la specie sembra in espansione in tutta la provincia di Belluno che ospita la popolazione più numerosa di tutto il Veneto. Specie strettamente legata, dal punto di vista ecologico, all’espansione del picchio nero in quanto nidifica nelle cavità scavate dal picide. Nidifica nei complessi forestali di conifere maturi e disetanei a evoluzione naturale, vegetanti su versanti esposti a nord o in valli fredde, spesso con presenza di ampie radure e affioramenti rocciosi. Densità buone si rilevano in abetine miste a faggi (Fagus sylvatica), peccete non troppo fitte, pure o miste a larici (Larix decidua) o abeti bianchi (Abies alba), discrete in boschi misti di pino cembro (Pinus cembra) e larice, scarse in lariceti puri e faggete montane (Brichetti e Fracasso, 2006). La minaccia principale per questo strigiforme consiste nell’abbattimento di piante con cavità scavate dal picchio nero. Da tener conto che ogni fattore limitante per quest’ultimo (principalmente modificazioni di habitat) compromette la presenza della civetta capogrosso. SPECIE PERIODO RIPRODUTTIVO Gen. Feb. Mar. Apr. Mag. Giu. Lug. Ago. Sett. corteggiamento Lagopus mutus helveticus deposizione /incubazione allevamento prole corteggiamento Tetrao tetrix tetrix deposizione /incubazione allevamento prole corteggiamento Tetrao urogallus deposizione /incubazione allevamento prole corteggiamento Alectoris greca saxatilis deposizione /incubazione allevamento prole corteggiamento Aegolius funereus deposizione /incubazione allevamento prole corteggiamento Glaucidium passerinum deposizione /incubazione allevamento prole corteggiamento Dryocopus martius deposizione /incubazione allevamento prole Tabella 4: Calendario biologico delle specie di Allegato I considerate RELAZIONE FORESTALE Dr. For. Claudio Frescura 45 MAMMIFERI I vasti ed ininterrotti boschi, ospitano una popolazione di micromammiferi che vanno ad occupare varie nicchie ecologiche (sia specie terricole sia specie arboricole) che fungono da base per l’alimentazione di numerosi predatori (uccelli, mammiferi e rettili). La presenza di roditori terricoli come arvicola rossastra (Clethrionomys glareolus) tipico roditore forestale, e topo selvatico dal collo giallo (Apodemus flavicollis) favorisce una serie di carnivori come la donnola (Mustela nivalis) mustelide che vive in quasi tutti i tipi di habitat, con esclusione delle aree montane sommatali. Fra i roditori arboricoli, si osservano spesso lo scoiattolo (Sciurus vulgaris) e il ghiro (Myoxus glis), che è la specie più comune e ampiamente diffusa, e il raro ed elusivo driomio (Dryomys nitedula), un piccolo ghiro legato a boschi di conifere umidi e con un ricco sottobosco (Locatelli&Paolucci, 1998). Abile predatore di questi animali, la martora (Martes martes), animale schivo e riservato, si muove furtiva di notte alle ricerca delle prede, che cattura anche arrampicandosi sugli alberi. Negli arbusteti subalpini, mugheta con emergenze rocciose, è presente il quercino (Eliomys quercinus), un ghiro che ama le zone rocciose. Sui versanti detritici è presente l’ermellino (Mustela erminea), mustelide molto agile ed elusivo che si nutre di roditori di macereto e prateria alpina come l’arvicola delle nevi (Chionomys nivalis). Le praterie sono soprattutto l'habitat di elezione della marmotta alpina (Marmota marmota), le cui colonie sono ben conosciute dall'aquila reale, il suo predatore più temuto. Vengono dettagliate alcune specie di interesse venatorio Lepre variabile (Lepus timidus) - Specie tipica degli ambienti di alta quota fra il limite superiore del bosco (in particolare lariceto) e praterie. Diffusa in gran parte dei rilievi della provincia, nella porzione nord-occidentale della provincia i nuclei di presenza appaiono piuttosto ampi e abbastanza connessi. I censimenti effettuati dalle Riserve alpine di caccia suggeriscono una tendenza verso la diminuzione, ma non sono affidabili per quanto riguarda la stima, o l’ordine di grandezza, della consistenza, per cui mantengono un valore puramente indicativo (Ramanzin&Sommavilla, 2009). Lepre europea (Lepus europaeus) - La specie è diffusa in tutto il territorio provinciale, anche se con densità molto variabili. I risultati disponibili indicano una tendenza leggermente positiva della popolazione (Ramanzin&Sommavilla, 2009). Le esigenze ambientali della specie sono ben definite, e l’abbandono delle attività agricole tradizionali con l’intensificazione colturale nelle aree favorevoli e l’abbandono delle praterie seguito dal rimboschimento nelle aree marginali hanno progressivamente diminuito gli habitat idonei alla lepre (Smith et al., 2005). Capriolo (Capreolus capreolus) - Il capriolo è presente in tutte le aree idonee della provincia di Belluno, anche se con densità piuttosto variabili, con densità minori a nord. La porzione meridionale della provincia offre condizioni nettamente migliori per il capriolo rispetto a quella settentrionale (Ramanzin&Sommavilla, 2009). RELAZIONE FORESTALE Dr. For. Claudio Frescura 46 Ungulato tipicamente di habitat ecotonali, frequenta sia zone aperte sia formazioni forestali, rimanendo comunque strettamente legato a situazioni con cespugli che possano offrire riparo e germogli. Le minacce variano a seconda della zona, presso le zone più antropizzate sono più importanti le cause di morte per azione dell’uomo (investimenti stradali) mentre, soprattutto nella parte settentrionale della provincia, prevalgono quelle della natura. Cervo (Cervus elaphus) –allo stato attuale il processo di colonizzazione del territorio provinciale, , si può considerare ormai completato, anche se la specie è presente con densità localmente molto varie che nella parte settentrionale della provincia (che comprende l’area oggetto di analisi) registra densità sicuramente molto più elevate rispetto alla parte meridionale, ultima ad essere colonizzata (Ramanzin&Sommavilla, 2009). Si tratta di una specie molto adattabile che frequenta una serie di habitat fra i più disparati dal fondovalle sino alle praterie d’alta quota. E’ ben noto che il cervo può esercitare un notevole impatto sulla vegetazione forestale, sulle colture agrarie, e sulle comunità vegetali ed animali in genere (Ammer, 1996; Baines et al., 1997; Mc Shea et al., 1999, Smit et al., 2001), e che può anche essere causa di incidenti stradali con conseguenze molto più gravi di quelli provocati dal capriolo (Groot Bruinderink and Hazebroek, 1996). Camoscio (Rupicapra rupicapra) – La parte settentrionale della provincia, e con essa l’area oggetto d’indagine, corrisponde al tradizionale ambiente di diffusione della specie, mentre quella meridionale mostra tratti più tipici delle recenti aree di colonizzazione prealpina, come la bassa quota, l’elevata boscosità (di latifoglie) e la pendenza notevole (Ramanzin&Sommavilla, 2009). L’area interessata dall’indagine si caratterizza per le alte quote, la grande presenza di aree a prevalenza di roccia, la media incidenza dei boschi, improduttivi e praterie. La specie è infatti tipica di praterie di alta quota che abbiano nei pressi zone di riposo e rifugio (rocce, macereti, nevai). Tra le minacce la rogna sarcoptica rappresenta un fattore che nel medio periodo determina oscillazioni locali, con cali o anche crolli della consistenza, seguiti però da una ripresa. Per quanto riguarda, nel dettaglio, il gruppo montuoso del Pore-Pelmo (Censito dal 2005) il n. di soggetti censiti (media e DS) è di 297±28. la presenza di rogna sarcoptica è ormai residua e la tendenza recente della popolazione è di essere stabile. Cinghiale (Sus scrofa) - Il cinghiale è ancora presente in maniera discontinua sul territorio provinciale, soprattutto nella parte settentrionale. La notevole potenzialità riproduttiva della specie fa prevedere per il futuro, in assenza di interventi di controllo efficaci, una ulteriore crescita e diffusione (Ramanzin&Sommavilla, 2009). RELAZIONE FORESTALE Dr. For. Claudio Frescura 47 CRITICITA' Figura 40: Mappa delle criticità RELAZIONE FORESTALE Dr. For. Claudio Frescura 48 L’intervento è vasto e le tipologie forestali che vengono intercettate sono molteplici, ma alcune risultano più vulnerabili di altre sia per la loro stabilità che per la valenza ecologica; tali aree andrebbero evitate o quantomeno considerate con maggior attenzione e studio nella fase progettuale definitiva. Si descrivono sinteticamente queste aree, la cui localizzazione è riportata in mappa (Figura 40). Area n.1 Passaggio del torrente Boite e area di partenza della seggiovia Geralba-Funes – vengono interessate delle formazioni ripariali considerate habitat prioritario nella classificazione Natura 2000 (R/07 Studi ambientale propedeutico alla VIncA). Il passaggio comporterà la realizzazione di opere di sostegno necessarie alla struttura del ponte che andranno collocate in fase definitiva preferibilmente al di fuori di queste aree. Dal punto di vista paesaggistico le opere murarie vanno rivestite in sassi prevedendo alcune barriere visive dell’area di partenza con quinte arboree di latifoglie nei pressi delle sponde e conifere verso la parte più interna. Relativamente al parcheggio, trattandosi comunque di un contesto forestale, sono preferibili pavimentazioni drenanti e la salvaguardia del maggior numero possibile di soggetti arborei. Area n.2 Piste e impianti sfiorano o attraversano alcune aree umide nei pressi delle molteplici risorgive che si incontrano; sarà necessario prendere in considerazione alcune deviazioni e nel caso non fossero tecnicamente possibili, evitare tutti gli interventi di modellazione del terreno e il passaggio dei mezzi, ponendo particolare attenzione anche a non intercettare le vene d’acqua che alimentano tali aree. Tuttavia, durante la stagione invernale con terreno gelato, i mezzi batti neve non dovrebbero arrecare evidenti perturbazioni, si assisterà invece ad un leggero ritardo dello scioglimento della neve. Area n.3 Un ampia area con neoformazioni dense, il rischio che si inneschino schianti dopo l’apertura della pista è elevato, pertanto sarà opportuno diradare anche la superficie a bosco restante, lasciando le piante che fisiologicamente risultano migliori. Per non lasciare un margine netto conviene movimentare la linea di taglio creando anche alcune piccole buche che conferiranno un aspetto più naturale al margine. Area n.4 Va posta attenzione nella scelta dell’itinerario cercando di rilasciare i soggetti di Pinus Cembra quasi sempre collocati sulle sommità di massi o ceppaie. Area n.5 Area a pascolo che verrà completamente rimaneggiata, tuttavia, vista l’abbondante presenza di deschampsia, il danno è limitato anche se si dovrà fare particolare attenzione, nella fase di inerbimento, ad usare specie autoctone consone alla stazione e alla quota. Area n.6 Aree a nardeto, habitat prioritario, pertanto conviene ridurre al minimo la modellazione del terreno, nell’ampia fascia a prato attraversata dall’impianto RELAZIONE FORESTALE Dr. For. Claudio Frescura 49 sarebbe opportuno collocare i piloni della seggiovia ai margine di questa per evitare il più possibile scavi e modellazioni dell'area. Area n.7 La fascia di mugheta (habitat prioritario) e i ghiaioni che si attraversano costituiscono una formazione tipica degli ambienti dolomitici di alta quota; trattasi di formazioni dalla elevata valenza ecologica, importanti dal punto di vista idrogeologico, vegetazionale e faunistico. Qualsiasi tipo di perturbazione, vista la quota, comporta interventi di ripristino lunghi e non sempre efficaci. Anche dal punto di vista paesaggistico l’area delle Rocchetes costituisce un area particolarmente visibile lungo la statale da Vodo a San Vito. Particolare attenzione andrà fatta nella scelta della soluzione tecnica che preveda il minor numero di piloni e nella scelta del percorso della strada di servizio che utilizzi le aree prative e le buche presenti nella mugheta, anche se la lunghezza del percorso dovesse risultare maggiore. Area n.8 Area prativa intervallata da risorgive e da alcune torbiere basse alcaline: si devono evitare il più possibile le modellazioni del terreno e fare attenzione a non interrompere le sorgenti che alimentano le torbiere. Area n.9 Praterie silicatiche di alta quota intervallate da rodoreti: vista la quota e il breve periodo vegetativo, è molto probabile che le operazioni di ripristino del cotico siano onerose e con poche probabilità di successo, si consiglia di ridurre il più possibile la modellazione del terreno e nel caso, accantonare a lato dei lavori le zolle accuratamente tolte, le quali andranno riposizionate il prima possibile a lavori eseguiti; l’operazione avrà sicuramente un costo elevato ma il successo di ripristino del cotico sarà probabilmente maggiore. Anche la scelta del periodo in cui eseguire queste operazione è importante (al di fuori del periodo vegetativo lo stress dovuto all'estirpazione è sicuramente minore). Le aree sommitali sono battute dai venti, ne sono testimonianza alcune erosioni sulle sommità dei crinali, pertanto la presenza del cotico è maggiormente importante affinché non si inneschino altri fenomeni erosivi. Area n.10 Tratto caratterizzato da risorgive e torbiere basse alcaline o di transizione. Saranno da evitare il più possibile modellazioni del terreno. Area n.11 La pista si sviluppa lungo uno stretto crinale caratterizzato da formazioni pioniere, spesso su ripidi versanti; i movimenti terra saranno cospicui e particolare attenzione dovrà essere data al ripristino ambientale. Area n.12 Si tratta di una radura suddivisa fra torbiera nella parte bassa e un ex pascolo ricco di Nardus stricta. Il passaggio della pista non comporterà, vista la dolce morfologia, alcun scoticamento, tuttavia sarebbe opportuno evitare tale radura almeno con il passaggio di eventuali impianti di innevamento. RELAZIONE FORESTALE Dr. For. Claudio Frescura 50 RIPRISTINO AMBIENTALE Il rinverdimento delle piste è una delle parti più delicate del progetto in quanto la sua non riuscita rende l’intero progetto criticabile per molti aspetti. I fenomeni di erosione evidenti e localizzati possono essere arginati mediante la realizzazione di opere di drenaggio puntuali, mentre l’erosione diffusa e superficiale, dovuta alla mancanza di un adeguato cotico erboso, può essere interrotta efficacemente solo con il ripristino dello strato erboso. L’erosione diffusa genera nel tempo solchi di erosioni profondi e dissesti anche di una certa importanza. Non si dimentichi, inoltre, dell’importanza del rinverdimento per ridurre l’impatto visivo di una pista da sci; a poco serve la ricerca di percorsi che seguono la naturale morfologia del terreno o che cercano di toccare marginalmente le zone a bosco o aree di particolare pregio, se poi il risultato finale è una striscia di sassi o terra intervallata da chiazze di fasce erbose stentate e miste con specie fuori luogo. La vegetazione erbacea, che presenta spiccate attitudini colonizzatrici, è molto importante per limitare l’azione erosiva delle acque meteoriche e per giungere alla stabilizzazione del terreno. Il cotico erboso, inoltre, produce sostanza organica che, unitamente a favorevoli condizioni climatiche, permetterà la formazione di uno strato di humus adatto all’insediamento di specie pioniere autoctone sia arbustive che arboree. Le tecniche di inerbimento solitamente utilizzate per questi tipi di intervento sono: 1. la semina a spaglio con miscuglio di sementi idonei o utilizzando del fiorume locale, se disponibile, su strato precedentemente modellato di terreno vegetale, successivamente ricoperto da uno strato di fieno o paglia per mantenere l’umidità e proteggere le sementi 2. l'idrosemina, ovvero lo spruzzo ad alta pressione di sementi mescolate a sostanze nutritive preferibilmente su un letto di substrato vegetale. La semina a spaglio è adatta su ampie superfici dalla pendenza non elevate, mentre l'idrosemina è indicata per le scarpate scoscese e ad elevata pendenza. Queste tecniche sono idonee per tutte le aree analizzate, tuttavia nelle praterie di alta quota (vedi Ruoibes, Prendera, Col de le Steles), dove l’attecchimento delle sementi e la crescita del cotico erboso è vincolata dal breve periodo vegetativo e dalle condizioni estreme, si consiglia di procedere nel modo descritto di seguito: • innanzitutto evitare, per quanto possibile, le modellazioni del terreno e prevedere delle piste preferenziali per il transito dei mezzi • procedere meccanicamente ad accantonare lateralmente le zolle dell’area in cui si interviene • procedere con le operazioni di scavo o modellazione posizionando eventualmente il materiale di scavo sul lato opposto a quello dove sono state posizionate le zolle • riposizionare le zolle procedendo a ritroso a fine dei lavori e ripulire dalla terra e dai sassi le parti a prato su cui erano state posizionate temporaneamente le zolle o il terreno di scavo • integrare eventualmente con semina a spaglio RELAZIONE FORESTALE Dr. For. Claudio Frescura 51 Se i tempi fra l’estirpazione della zolla e il riposizionamento sono brevi e se siamo anche in riposo vegetativo il successo dell'operazione dovrebbe essere garantito. Questa operazione sicuramente comporta un incremento di giornate lavorative sia del mezzo meccanico che dell’operaio, tuttavia è presumibile che alla fine dell’intervento o al massimo dopo un anno, non si notino sostanziali differenze con il pascolo circostante. Si consiglia di eseguire i lavori o all’inizio del periodo vegetativo, non appena la neve si è sciolta, o in autunno e comunque di non far passare molti giorni tra l’asportazione delle zolle e i loro riposizionamento. Nella semina a spaglio si dovranno assolutamente evitare miscugli con semi di specie alloctone. E’ preferibile creare scarpate a bassa pendenza anche a discapito di una maggior area di intervento; i successi di ripristino sono maggiori e si riducono le possibilità di cedimento e caduta di materiale dalla scarpata. RIDUZIONE DI SUPERFICIE BOSCATA La realizzazione di piste e impianti comporterà una riduzione di superficie boscata pari a 73.3 ha (bosco e arbusteto), in tabella si riporta la suddivisione dei vari interventi per tipologia di uso del suolo e per proprietà. La L.R. 25/1997 art. 1 comma 2 (modifica art. 15 della L.R. 52/1978) prevede la possibilità di compensare la perdita delle funzioni di interesse generale svolte da una superficie boscata oggetto di riduzione, mediante l’adozione di una delle seguenti misure: destinazione a bosco di almeno altrettanta superficie; miglioramento colturale di una superficie forestale di estensione doppia rispetto a quella ridotta; previo versamento in un apposito fondo regionale afferente al capitolo denominato “Rimborsi ed introiti diversi”, di un importo pari al costo del rimboschimento di una superficie uguale a quella di cui si chiede la riduzione. La migliore soluzione è indubbiamente il miglioramento colturale su una superficie doppia e, per quanto possibile, sarebbe auspicabile eseguirlo nei boschi adiacenti che, in molti casi, spesso necessitano di questi tipi di interventi (sfolli, diradamenti alti, bassi e misti, ripuliture). In questo modo, si andrebbero a stabilizzare i margini che spesso sono soggetti a schianti per la mancanza della protezione degli alberi adiacenti. Il miglioramento colturale ha lo scopo di riequilibrare l'apparato radicale e lo sviluppo della chioma. Nelle situazioni di bosco disetaneo o multiplano, tipo il piceo-faggeto, la creazione di un margine è meno evidente poiché gli individui sono presenti nelle diverse classi cronologiche e hanno la chioma ben sviluppata fin dai primi metri del fusto. Quando invece il popolamento ha una struttura coetanea, la chioma tende a svilupparsi nell'ultima parte dei fusti e l'apparato radicale ha una estensione ridotta RELAZIONE FORESTALE Dr. For. Claudio Frescura 52 per la concorrenza degli alberi vicini; in questi casi il miglioramento colturale salvaguarda le piante rimaste e rende meno impattante il limite bosco-pista. SUPERFICIE BOSCATA ARBUSTETO PRATERIA PASCOLO IMPRODUTTIVI TOTALE DEMANIO IDRICO 0.3206 0.0046 0.1299 0.10 0.5545 PROPRIETA' PRIVATA 16.7256 0.0000 3.7061 0.04 20.4735 REGOLA GRANDE 6.5301 0.7250 22.6359 0.64 30.5292 REGOLA DI CHIAPPUZZA 2.2604 0.0000 0.0000 0.0000 2.2604 REGOLA DI VALLESELLA 20.5812 0.0000 0.0722 0.38 21.0350 REGOLA DI SELVA E PESCUL DI CADORE 19.5956 0.0000 4.1184 2.39 26.1030 REGOLA DI BORCA DI CADORE 5.1329 1.4522 5.0058 0.58 12.1728 TOTALE 71.1465 2.1818 35.6683 4.13 113.13 Tabella 5: Superfici, espresse in ettari (ha), interessate dagli interventi. Per rendere meno evidente il margine è preferibile creare anche alcune buche come ad esempio tagliando tutti gli alberi maturi in quelle aree dove siamo in presenza di rinnovazione affermata; dopo il taglio le chiome degli alberi tenderanno a svilupparsi nella direzione della luce e la rinnovazione tenderà a collocarsi nelle radure o lungo i margini. Nella mugheta vanno create delle radure irregolari, anche se ciò comporta una maggior superficie tagliata, collegate fra loro formando dei corridoi di penetrazione che renderanno meno evidente l'intervento. CONCLUSIONI Il comprensorio sciistico San Vito-Pescul rende necessario un intervento che comporta una serie di modifiche del territorio e del paesaggio; l'aspetto più evidente è la riduzione di superficie boscata (71 ha), mentre i pascoli e le praterie (circa 35 ha) fondamentalmente rimarranno tali in caso di idonei interventi di ripristino del cotico. La riduzione di superficie boscata va a creare nuove aree prative al di sotto del limite della vegetazione, dove le condizioni ambientali sono ancora tali da permettere un veloce e certo cambio di habitat o va ad interessare quelle situazioni in cui la ricolonizzazione forestale non ha ancora creato una situazione stabile, presentando alcune caratteristiche tipiche dei vecchi pascoli che ne facilitano il ritorno allo stadio precedente. Al di sopra del limite della vegetazione le condizioni ambientali sono tali da rendere lenta e difficile la “cicatrizzazione” di ogni ferita; sono queste le situazioni in cui, in fase definitiva-esecutiva, si dovrà porre attenzione sia nella scelta dell'intervento meno gravoso che nei tempestivi interventi di ripristino ambientale. RELAZIONE FORESTALE Dr. For. Claudio Frescura 53 Relativamente alla fauna particolare attenzione, soprattutto nelle fasi di realizzazione, dovrà essere posta nella scelta del periodo in cui eseguire i lavori; le specie presenti sono molte e dunque si dovranno evitare le operazioni nel periodo degli amori almeno per le specie più sensibili. Il disturbo successivo legato ai mezzi battipista, impianti, strutture ricettive e sciatori è inevitabile; si faccia dunque attenzione nella scelta degli orari di battitura delle piste e si cerchi di evitare lo sci fuori pista. Dal punto di vista paesaggistico possiamo distinguere due tipi di percezione del paesaggio: 1. quella dell'osservatore lontano che nota maggiormente i macro cambiamenti, come ad esempio le piste all'interno delle aree boscate o la linea disboscata lungo un impianto, e meno le infrastrutture quali piloni, stazioni di arrivo o partenza 2. quella dell'osservatore vicino che percorre a piedi un sentiero e nota i particolari degli elementi non naturali quali i piloni, reti, pali, sistemi di innevamento, aree degradate ecc.. Poco può essere fatto a livello di osservazione da lontano se non rinverdire le piste, colorare i piloni in modo tale che si confondano con l'ambiente limitrofo, scegliere tracciati nascosti ai punti di osservazione più frequentati e altro; mentre di più si può fare per ridurre gli elementi non naturali come, ad esempio, toglierli a fine stagione invernale (reti, pali, idranti, seggiolini degli impianti ecc). Per queste ragioni è anche indispensabile porre molta attenzione al ripristino di un idoneo cotico erboso. Si ricorda anche che il comprensorio verrà realizzato per stralci, diluendo quindi nel tempo le modifiche e il disturbo all'ambiente. Altro elemento da prendere in considerazione è la viabilità di cantiere o di servizio agli impianti; anche questo aspetto dovrà tenere conto dei sistemi ambientali che verranno attraversati e della funzionalità che potrebbero avere al di fuori del sistema piste, come ad esempio di servizio alle superfici boscate non ancora servite. Prima di creare una nuova viabilità forestale è auspicabile utilizzare e sistemare l'esistente. L'area in oggetto è tutelata da vari vincoli (descritti nei primi capitoli) alcune volte ridondanti; quindi ogni prescrizione dettata da piani di tutela o gestione andrà presa in considerazione nella eventuale fase di progettazione definitiva. RELAZIONE FORESTALE Dr. For. Claudio Frescura 54 BIBLIOGRAFIA VIVERE DOLOMITI UNESCO - Corso base d’informazione sul patrimonio Dolomiti Unesco (Sandro Furlanis, Emiliano Oddone, Gianluca Piccin) Piano di Riassetto Forestale dei beni silvo-pastorali delle Regole del Comune di San Vito di Cadore 2006-2015 – Dr. Daniele Belli Piano di Riassetto Forestale dei beni silvo-pastorali delle Regole del Comune di Selva di Cadore – Dr. Bortoluzzi Antonio Piano Regolatore Generale del Comune di San Vito di Cadore Biodiversità e Indicatori nei tipi forestali del Veneto – (Roberto del Favero) ARPAV 2001-2009 Dati medi di precipitazione e di temperatura delle stazioni metereologiche di Mondeval e Rio Cordon ARPAV 2001. Studio di 15 Biotopi in area Dolomitica. Programma Comunitario "Leader II", Duck Edizioni Bon M. et al. 1996. Atlante dei Mammiferi del Veneto. 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