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Nella seguente relazione forestale si cercherà di descrivere in
Regione Veneto
Provincia di Belluno
Comune di
San Vito di Cadore
Comune di
Selva di Cadore
TITOLO:
RELAZIONE
FORESTALE
ALLEGATO:
PROGETTO PER LO SVILUPPO
DEL NUOVO COMPRENSORIO SCIISTICO
VAL BOITE - VAL FIORENTINA - BL
PROGETTO PRELIMINARE
STUDIO FATTIBILITA'
Committente:
R/04
SOCIETA’ IMPIANTI SCOTER
Corso Italia , n.° 23
San Vito di Cadore - BL
Progettista:
DATA: OTTOBRE 2010
Revisione: 00
Ing. FRANCESCO MENEGUS
Galleria Roma, n.° 10 – Albignasego - PD
Collaboratori:
Codice progetto: 05FUN1001
Aspetti forestali:
File: Cartiglio R-04-Relazione Forestale.doc
Geologia e ambiente :
Esecutore: C.F.
Ingegneria:
Urbanistica
Dr For. Claudio FRESCURA
Dr. For. Thomas ZINATO
Dr. Geol. Piera ZANIN
Dr. Geol. Daniela GRIGOLETTO
Dr. Ing. Alberto GASPARI
Dr. Arch. Pietro MENEGUS
INDICE
INDICE........................................................................................................................2
INTRODUZIONE..........................................................................................................3
PROPRIETA’................................................................................................................3
VINCOLI AMBIENTALI .................................................................................................5
INTERFERENZE CON IL SITO n.1 DELLE “Dolomiti patrimonio universale dell’Umanità
Unesco” – Pelmo-Croda da Lago ................................................................................6
INQUADRAMENTO CLIMATICO ..................................................................................11
INQUADRAMENTO FORESTALE DELLE AREE INTERESSATE DALLE PISTE E DAGLI
IMPIANTI ..................................................................................................................15
AREA GIRALBA....................................................................................................................................15
PISTA OLIMPIONICA...........................................................................................................................16
PISTA CIAMPLONGO – PISTA FRATES............................................................................................18
PISTA “CAURIOL”................................................................................................................................20
PISTA “I TAULA’” ...............................................................................................................................22
IMPIANTO GERALBA-FUNES............................................................................................................23
IMPIANTO FUNES-CIAMPOLONGO.................................................................................................23
IMPINTO CIAMPOLONGO – COL DEI SACOI..................................................................................23
PISTA RA RUOIBES..............................................................................................................................24
PISTA PRENDERA E SEGGIOVIA TAULA’ DE RUOIBESE – COL DE LA STELES...................24
PISTA LA NEGRES E IMPIANTO RIO CORDON-COL DE LA STELES.........................................27
PISTA LE VARES..................................................................................................................................29
PISTA COSTA DEL LARES..................................................................................................................29
AREA LE SALES....................................................................................................................................30
PISTA RIO CORDON.............................................................................................................................30
PISTA STORN........................................................................................................................................31
IMPIANTO PESCUL-PIAN DE LE SALE............................................................................................32
PISTA PELMO........................................................................................................................................33
INQUADRAMENTO FAUNISTICO ................................................................................34
ERPETOFAUNA.....................................................................................................................................35
AVIFAUNA.............................................................................................................................................37
SPECIE OCCASIONALI........................................................................................................................41
SPECIE DI ALLEGATO I (DIRETTIVA UCCELLI 2009/147/CE).....................................................41
MAMMIFERI..........................................................................................................................................46
CRITICITA' ................................................................................................................48
RIPRISTINO AMBIENTALE .........................................................................................51
RIDUZIONE DI SUPERFICIE BOSCATA .......................................................................52
CONCLUSIONI ..........................................................................................................53
BIBLIOGRAFIA ..........................................................................................................55
RELAZIONE FORESTALE Dr. For. Claudio Frescura
2
INTRODUZIONE
La seguente relazione forestale cercherà di descrivere in maniera esaustiva tutti gli
aspetti forestali, che in qualche modo, verranno interessati nella eventuale
realizzazione del comprensorio sciistico San Vito di Cadore – Selva d Cadore.
Si porrà particolare attenzione anche alle proprietà interessate, ai vincoli che
gravano sull'area e si farà un breve accenno alla fauna, mentre la parte relativa agli
habitat Natura 2000 verrà analizzata separatamente (R/07 Studi ambientale
propedeutico alla VIncA).
Gli interventi interessano circa 113.14 ha, comprendenti piste da sci, impianti
(seggiovie con le rispettive aree di arrivo e di partenza), attraversamenti corsi
d’acqua, aree ristoro, parcheggi e tutte le infrastrutture necessarie. Per una
descrizione dettagliata si veda la relazione tecnica generale (R/01a).
Si ricorda che il progetto è ancora a livello di studio preliminare, dunque le soluzioni
proposte possono essere suscettibili di variazioni; una relazione forestale definitiva
supportata da studi specifici e approfonditi verrà redatta in fase definitivaesecutiva.
PROPRIETA’
Il comprensorio ricade all’interno dei comuni di San Vito di Cadore (73.80 ha) e di
Selva di Cadore (39.34 ha); nella tabella si riportano i valori per ciascun
proprietario. La proprietà privata interessata ricade principalmente nel comune di
San Vito (Pra Maò, Funes Pian de la Storta) e soli 3.6 ha nel Comune di Selva
concentrati nei pressi dell'abitato di Pescul . La proprietà della Regola di Borca di
Cadore ricade per 2.72 ha nel censuario di San Vito e il restante 9.45 ha in quello di
Selva. Nella parte di San Vito la proprietà pubblica corrisponde alla proprietà
regoliera suddivisa nelle Regole di Vallesella, Chiappuzza e Regola Grande, vi è poi
il demanio idrico, pari a 0.55 ha, corrispondente alla sommatoria dei vari
attraversamenti dei corsi d'acqua.
Nel censuario di Selva di Cadore la proprietà pubblica è della Regola di Selva e
Pescul di Cadore.
Tutta la proprietà boscata nel comune di San Vito è soggetta a Pianificazione
Forestale (Piano di Riassetto Forestale e Piano di Riordino), mentre quella di Selva
solo per la parte Regoliera.
Tabella 1 Elenco delle proprietà
PROPRIETA'
REGOLA GRANDE
REGOLA DI SELVA E PESCUL DI CADORE
REGOLA DI VALLESELLA
PROPRIETA' PRIVATA
REGOLA DI BORCA DI CADORE
REGOLA DI CHIAPPUZZA
DEMANIO IDRICO
TOTALE
RELAZIONE FORESTALE Dr. For. Claudio Frescura
Area (ha)
30.53
26.11
21.04
20.47
12.17
2.26
0.55
113.14
3
Figura 1: Mappa delle proprietà
RELAZIONE FORESTALE Dr. For. Claudio Frescura
4
VINCOLI AMBIENTALI
Il Piano Territoriale di Coordinamento Provinciale riporta una serie di vincoli per
l'area oggetto di studio, tra cui:
 Vincolo idrogeologico forestale R.D. 3267/1923 (ne rimangono escluse due
piccole parti nelle aree di partenza, sia nel comune di San Vito di Cadore che
di Selva di Cadore
 Ambiti montani per la parte eccedente i 1600 m. s.l.m. (D.Lgs. 42/2004 e
s.m.i. art.142, lett.d) “... aree tutelate per legge per il loro interesse
paesaggistico”
 Ambiti per l'istituzione di Parchi e Riserve naturali regionali (Pelmo) (art.33
NdA del PTRC) in cui si dice che le istituzioni locali possono far richiesta,
previa documentazione e motivazione, di istituire aree a Parco o Riserve
 Area di frana segnalata in sponda sinistra del rio Cordon all’altezza circa della
casera di Mondeval de Sote in cui “... è vietata la realizzazione di nuove
opere, ad esclusione di quelle progettate e realizzate per il consolidamento e
per la riduzione del livello di pericolo e di rischio.....”
 Corsi d'acqua in erosione tra cui sono interessati il Ru de la Pousa, ru dei
Ciampe, Ru de Brite Fen, Ru de Ruoibes, il Rio fra Col de le Steles e la malga
Prendera, il Rio Cordon, i due rii in sinistra del rio Cordon, a valle e a monte
della casera di Mondeval de Sote e Rio Lavazze. In queste aree “... è vietato
ogni tipo di intervento che incrementi l’infiltrazione e la circolazione delle
acque nel suolo e l’ampliarsi del fenomeno erosivo.”
 Nodo ecologico: I nodi ecologici sono strutture complesse estese su ampie
superfici e articolate su molteplici aspetti ecosistemici e paesaggistici e
costituiti dalle Aree Protette (nazionali e regionali), dalle Riserve, dalle Zone
di Protezione Speciale e dai Siti di Interesse Comunitario derivati
dall’applicazione delle Direttive “Uccelli” e “Habitat”. Oltre alle norme
nazionali e regionali in materia, ai nodi ecologici si applicano le linee di tutela
e di valorizzazione naturalistica programmate dai rispettivi piani di gestione,
qualora redatti.
 Ambito boscato di pregio paesaggistico da valorizzare
 Area SIC IT3230017 Pelmo-Mondeval-Formin
Il PRG del Comune di San Vito individua nel territorio comunale 17 aree meritevoli di
tutela, complessivamente denominate sottozone E1/7 in cui, come norma generale
per la gestione dei biotopi, è il divieto di operare cambiamenti nella destinazione
d'uso.
RELAZIONE FORESTALE Dr. For. Claudio Frescura
5
Tra queste aree meritevoli ne viene intercettata una (n.01) e lambita un’altra (n.09)
dal futuro ed eventuale comprensorio sciistico:
0.1.
“Forcella Roan-Tabia Ruoibes, area ricca di prati umidi, sorgenti e
acquitrini, in buono stato di conservazione: la presenza più significativa é
quella di Salix caesia; sono pregevoli le fioriture di Allium schoenoprasum
subsp. sibiricum, Eriophorum sp.pl., Pedicularis palustris, P. recutita, P.
hacquetii; apprezzabili i cespuglieti di Salix mielichhoferi, le aree torbose con
Parnassio Caricetum fuscae e i consorzi a Carex paniculata. Prescrizioni di
tutela: limitazione del transito turistico indirizzandolo in aree meno delicate e
rispetto dei cespugliati delle specie significative oltre allo sfalcio dei prati con
metodi tradizionali.”
0.9
“Cresta della Rocchetta. Esteso crinale di elevazioni dolomitiche che
segna il confine occidentale con il comune di Cortina con notevole valenza
faunistica in quanto habitat pregevole per il camoscio e la presenza di sicuri
siti di nidificazione per l'aquila reale; sulle pareti meridionali della Rocchetta
di Sorarù é stato ripetutamente avvistato il raro picchio muraiolo.
Prescrizioni di tutela:deve essere proposta alla Provincia la formazione di
una riserva con limitazione dell'escursionismo.”
INTERFERENZE CON IL SITO n.1 DELLE “Dolomiti
patrimonio universale dell’Umanità Unesco” – PelmoCroda da Lago
Gran parte dell’area interessata dal complesso di impianti e piste da sci del
comprensorio, rientra nella zona “Core” e nella zona “Buffer” del complesso numero
1 “Dolomiti patrimonio dell’UNESCO”. Il sito nominato il 26 giugno 2009 a Siviglia,
assieme ad altri 8 è entrato a far parte del Patrimonio dell’Umanità Unesco. Il sito
numero 1 comprende l’area che dal Passo Giau arriva fino al Pelmo comprendendo
dunque anche i Lastoi di Formin, la Croda da Lago, il monte Cernera e Le Rochetes.
La zona “Core”, ovvero il cuore del patrimonio Unesco, è costituito in prevalenza
dalla massa rocciosa e dagli ambienti di alta quota, mentre la zona “buffer”, ovvero
un’area limitrofa di tutela al patrimonio, comprende anche altri ambienti forestali
quali le praterie, i pascoli, gli arbusteti e i boschi. La superficie è di circa 4.343 ha
per la zona “Core” e di circa 2.427 ha per l’area “Buffer”, ovvero più della metà.
Nella piccola cartografia in cui si riportano le aree vincolate, si denota che tutta
l’area (Core+Buffer) rientra all’interno dell’area SIC del Pelmo-Mondeval-Formin,
infatti una delle prerogative per l’ammissione, era che le zone proposte dovessero
essere già tutelate e vincolate. L’area “Core” è interna e, grosso modo, interessa le
parti rocciose anche se, nel nostro caso, nella Core Zone rientra anche quella fascia
di praterie di alta quota che collega le Rochetes con il Pelmo. Inizialmente nel sito
n.1 era compreso anche la zona del Nuvolau, scartata poi dai commissari per la
presenza della strada del passo Giau, considerata troppo trafficata (o forse per la
presenza degli impianti, anche se, ricordiamo che la Marmolada, nonostante fosse
un ambiente già compromesso, è stato ugualmente incluso nell’elenco).
In sede di candidatura lo Stato proponente doveva, inoltre, dimostrare che il sito si
trovava in condizioni di integrità, autenticità e conservazione e che lo stesso
è già sottoposto a validi strumenti di tutela vigenti a livello nazionale o locale.
RELAZIONE FORESTALE Dr. For. Claudio Frescura
6
Figura 2: Area Unesco e altri vincoli ambientali
RELAZIONE FORESTALE Dr. For. Claudio Frescura
7
Le Linee Guida Operative della Convenzione sul Patrimonio dell’Umanità all’art. 88
definiscono il concetto di “integrità” come una “…misura dell’interezza e dello stato
di intactness del patrimonio naturale o culturale e dei suoi elementi…”.
Al successivo punto 90 si precisa il concetto di integrità per i siti naturali
affermando che, per codesti, i processi biofisici e le caratteristiche del territorio
dovrebbero essere relativamente intatti; si riconosce, tuttavia, la possibile presenza
di attività umane legate alle tradizioni locali ed ecologicamente sostenibili.
Al capitolo II.F Protection and management, art. 96, delle stesse Linee Guida si
afferma, inoltre, che: “…la tutela e la gestione di un sito Patrimonio dell’Umanità
dovrebbero assicurare che l’eccezionale valore universale nonchè le condizioni di
integrità e/o autenticità rilevate al tempo della nomina siano mantenute o
incrementate nel futuro…”
Tra i fattori che sono riconosciuti come una minaccia all’integrità dei siti c’è anche il
turismo ed infatti, a tal proposito, già in sede di presentazione della candidatura di
un sito nel format da compilare al punto 4(iv) va indicata la capacità portante del
sito al momento della candidatura, precisando se lo stesso è in grado di sostenere il
numero di visitatori presente o un valore simile, senza subire effetti negativi.
L’articolo 119, infine, precisa che: “…i siti Patrimonio dell’Umanità possono
supportare diversi usi già presenti o proposti che siano ecologicamente e
culturalmente sostenibili. Lo Stato e gli altri partners devono garantire che tale
fruizione sostenibile non impatti negativamente sull’eccezionale valore universale,
nonché sulle condizioni di integrità e/o autenticità del sito. Inoltre, tutte le attività
antropiche dovrebbero essere ecologicamente e culturalmente sostenibili. Per
alcuni siti, l’uso da parte dell’uomo sarebbe non appropriato/adeguato/giusto…”
La candidatura a patrimonio dell’Unesco è stata approvata, quindi, a condizione che
si sviluppino alcune azioni specifiche a breve, medio e lungo termine. Secondo la
IUCN, l’organo deputato a valutare l’idoneità della candidatura di un bene naturale
e di verificare l’effettiva attuazione del piano di gestione, vi sono alcuni aspetti da
migliorare e integrare e quindi è necessario:
1. procedere quanto prima alla istituzione della Fondazione “Dolomiti-DolomitenDolomites-Dolomitis UNESCO”
2. rendere consapevoli i residenti del proprio ruolo di custodi naturali
3. elaborare un piano di gestione generale per tutti e 9 i sistemi attraverso la
consultazione delle realtà locali
4. elaborare strategie per un turismo sostenibile
Una prima verifica del lavoro svolto in questa direzione è prevista nel 2011
Fra gli obiettivi dei futuri piani di gestione troviamo la Conservazione tramite una
corretta gestione, la Comunicazione e la Valorizzazione mediante interventi e
finanziamenti
Per il cuore del sito patrimonio dell’UNESCO non si aggiungeranno molti altri vincoli
oltre a quelli già esistenti, e in ragione del fatto che sono aree in cui difficilmente si
interviene mentre per l’area “Buffer”, con molta probabilità, le restrizioni saranno
ugualmente molte e comunque maggiori di quelle vigenti.
RELAZIONE FORESTALE Dr. For. Claudio Frescura
8
Tabella 2: Sintesi dei tre principi a cui dovranno fare riferimento i Piani di Gestione delle aree Unesco
(da “VIVERE DOLOMITI UNESCO” Corso base d’informazione sul patrimonio Dolomiti Unesco)
L’aspetto turistico e di valorizzazione del bene è sicuramente prioritario e si
tradurrà in:
 Controllo degli accessi e della frequentazione della rete sentieristica
 Controllo dell’ospitalità nelle strutture recettive e dei limiti di ampliamento recupero edilizio stabiliti nei piani delle aree protette.
 Coordinamento di ricerche comuni per la determinazione degli effetti della
frequentazione turistica e della capacità portante del territorio
 Definizione di linee di turismo sostenibile comuni per tutta l’area dolomitica
 Predisposizione di strutture di accesso alle informazioni e di scambio di
informazioni sui luoghi dolomitici
 Allestimento e coordinamento di servizi di informazione all’interno delle strutture
ricettive
RELAZIONE FORESTALE Dr. For. Claudio Frescura
9
 Sviluppo di linee di ricerca di base e applicata per la produzione delle informazioni
utili alla divulgazione naturalisticoambientale e sostegno ai centri di ricerca e di
documentazione
 Sviluppo coerente di linee di divulgazione guidata e di strutture idonee a
sostenerla.
Il turismo che si vuole sostenere per quanto riguarda le Dolomiti è il Turismo Natura
o Ecoturismo che si può riassumere:
 Godimento della natura e della cultura tradizionale.




Apprezzamento e comprensione di tematiche ambientali e culturali.
Rilascio sul territorio fino al 95% della spesa turistica sostenuta.
Richiamo della componente giovanile.
Sviluppo durante tutto l’anno e distribuzione in modo omogeneo sul territorio.
Possiamo aspettarci che la realizzazione di un complesso di piste e impianti da sci
aumenti la fruizione turistica a discapito, però, di una conservazione dell'integrità
dell'ambiente e del paesaggio che, in qualche modo, subisce delle macro modifiche
che in parte vengono mitigate da adeguati interventi di ripristino ambientale.
L’art. 137 delle Linee Guida precisa inoltre che, nel caso di siti seriali come quello
delle Dolomiti, cioè composti da più elementi, il carattere di eccezionale valore
universale è posseduto dal tutto e non, necessariamente, dai singoli elementi. Ciò
significa che il sito è, comunque, considerato nella sua interezza.
Le linee guida consentono solo piccole variazioni di confine dei siti e piccole
variazioni dei criteri in base ai quali il sito è stato dichiarato Patrimonio
dell’Umanità, ma tali variazioni non possono determinare il venir meno
dell’eccezionale valore universale nonché delle condizioni di integrità e/o autenticità
del sito. Sulla base di tutto ciò è presumibile che non si possano fare interventi che
aumentino il numero di turisti molto oltre il valore attuale
Qualora nel sito si siano manifestati fattori che hanno fatto venir meno l’eccezionale
valore universale, nonché le condizioni di integrità e/o autenticità dello stesso, lo
Stato deve darne comunicazione alla Commissione per il Patrimonio dell’Umanità
che, dopo adeguata verifica dello status quo, può optare per il depennamento del
sito dalla lista mondiale.
INQUADRAMENTO CLIMATICO
Per l’inquadramento climatico dell’area sono stati utilizzati i dati di temperatura e di
precipitazione relativi alle stazioni del Rio Cordon nei pressi della Stazione
sperimentale a quota 1750 ms.l.m. e di Mondeval (nei pressi della Casera di
Mondeval di Sopra a circa 2130 ms.l.m.). L’intervallo temporale va dal 2001 a 2009
con qualche interruzione. La stazione pluviometrica di Mondeval non è dotata di
nessuna resistenza per lo scioglimento della neve, pertanto il dato pluviometrico
relativo ai mesi invernali non è attendibile.
La scelta di queste stazioni è stata dettata prevalentemente dal fatto che ricadono
all’interno, o quasi, all’area sciabile in oggetto. La vicinanza fra le due stazioni (circa
1.6 km) ci permette anche di determinare un gradiente termico in funzione della
quota. Come ulteriore verifica dei dati medi sono stati analizzati anche quelli della
stazione meteorologica della Palueta, presso il Laboratorio di Ecologia Montana del
RELAZIONE FORESTALE Dr. For. Claudio Frescura
10
Dipartimento Territorio e Sistemi Agro-forestali dell’Università di Padova per il
decennio gennaio 1994 - dicembre 2003, quest’ultima stazione è posta a 1.000 m
s.l.m. in sinistra orografica del Boite in prossimità del confine tra Borca e San Vito.
180.0
Stazione Rio Cordon
Stazione di Mondeval de Sora
Stazione di San Vito di Cadore
Precipitazioni medie mensili
160.0
140.0
120.0
mm
100.0
80.0
60.0
40.0
20.0
0.0
gennaio
febbraio
marzo
aprile
maggio
giugno
luglio
agosto
settembre ottobre novembre dicembre
Figura 3 Temperature medie mensili
Dal grafico delle precipitazioni medie mensili (non attendibile per la stazione di
Mondeval nei mesi invernali), si evince che le precipitazioni sono leggermente più
abbondanti alle quote inferiori e che, in parte, sono nevose anche nei mesi di
maggio e ottobre per quote superiori ai 2000 m s.l.m.. Le precipitazioni in valle del
Boite hanno un andamento equinoziale con un secondo picco autunnale, cosa che
non si verifica nel versante agordino dove le precipitazioni primaverili sono invece
più copiose; nella stagione estiva l’andamento delle precipitazione è pressoché
analogo.
La precipitazione media annua relativa all’intervallo temporale disponibile (20012009) è pari a 1132 mm (massimo 1587 mm - minimo 840 mm) per la stazione nei
pressi del Rio Cordon e 1123 mm per la stazione presso San Vito di C.
Il massimo delle temperature medie si verifica per entrambe le stazioni del Comune
di Selva di C. nel mese di luglio (12.8 °C e 11.7 °C) , mentre il minimo nel mese di
febbraio per Mondeval de Sora (-3.7 °C) e gennaio per la stazione del Rio Cordon (3.5 °C).
Per la stazione di San Vito la temperature media annua è pari (per il decennio 19942003) a 7,85 °C con un minima assoluta di –16,75° registrata nel 2000 e una
massima di 33,75° nel 2003.
RELAZIONE FORESTALE Dr. For. Claudio Frescura
11
STAZIONE MONDEVAL DE SORA
STAZIONE RIO CORDON
Temperatura
media dei
minimi
mensili
Temperatura
media
mensile
Temperatura
media dei
massimi
mensili
Temperatura
media dei
minimi
mensili
Variazione
termica media
(°c) per
variazione
altimetrica (100
metri)
gennaio
-3.5
13.8
-15.0
0.0
-3.6
6.9
-15.5
febbraio
-2.6
12.8
-14.7
0.3
-3.7
6.6
-14.9
marzo
-0.9
15.6
-13.4
0.2
-1.8
8.5
-14.2
aprile
3.3
16.7
-7.4
0.5
1.3
10.7
-9.1
maggio
7.8
23.0
-3.0
0.3
6.7
18.0
-3.4
giugno
11.7
25.3
-0.1
0.4
10.2
20.3
-0.3
luglio
12.8
25.7
1.9
0.3
11.7
20.4
2.2
agosto
12.7
26.7
2.3
0.3
11.4
19.1
1.9
Temperatura
media
mensile
Temperatura
media dei
massimi
mensili
settembre
8.7
24.3
-1.4
0.3
7.7
17.4
-1.2
ottobre
5.8
20.3
-4.9
0.2
5.0
15.5
-5.7
novembre
0.9
15.8
-10.4
0.2
0.3
11.1
-11.2
dicembre
-2.0
10.6
-12.9
0.1
-2.4
4.7
-12.7
MEDIA
4.6
19.2
-6.6
0.3
3.5
13.3
-7.0
Temperatura media
annua
Temperatura minima del
periodo
Temperatura massima del
periodo
4.6
3.5
-21.4
marzo
-22.7
marzo
26.7
agosto
22.4
luglio
Tabella 3: Tabella riassuntiva delle temperature medie
STAZIONE RIO CORDON
14.0
STAZIONE MONDEVAL DE SORA
12.0
10.0
8.0
(°C)
6.0
4.0
2.0
e
di
ce
m
br
em
br
e
no
v
to
br
e
ot
m
br
e
se
tte
st
o
ag
o
lio
lu
g
no
gi
ug
io
m
ag
g
ile
ap
r
m
ar
zo
br
ai
o
-2.0
fe
b
ge
n
na
io
0.0
-4.0
-6.0
Figura 4 Temperature medie mensili
Dal punto di vista delle regioni fitoclimatiche, l’area relativa al nuovo comprensorio
sciistico può essere suddivisa in due: la porzione nel bacino della valle del Boite
ascrivibile alla regione mesalpica e quella sommitale da Ciamplongo a Pescul che si
RELAZIONE FORESTALE Dr. For. Claudio Frescura
12
Figura 5: Mappa semplificata degli impianti e piste (Comune di San Vito di Cadore)
RELAZIONE FORESTALE Dr. For. Claudio Frescura
13
colloca a metà fra la regione mesalpica e quella endalipica (mesendalpica), siamo
qui, infatti, in una fascia di transizione verso la parte endalpica (conca di Cortina)
della provincia di Belluno.
La regione mesalpica si differenzia per una maggior piovosità, ma, soprattutto, per
un secondo picco delle precipitazioni nella stagione autunnale (vedi figura 3),
mentre nella regione endalpica il picco delle precipitazioni si verifica nella stagione
estiva. Dal punto di vista vegetazionale la regione mesalpica si distingue per una
maggior presenza del faggio (Piceo-feggato) e dell’abete bianco, anche se a queste
quoote, predomina comunque l'abete rosso che viene sostituito dal larice
nell’ultima fascia della vegetazione arborea. La presenza del faggio è spesso legata
anche alle pratiche selvicolturali applicate.
Nella regione endalpica le precipitazioni sono solitamente minori e si fanno sentire
maggiormente le escursioni termiche che rendono difficoltoso l’attecchimento delle
piantine di latifoglie, spesso bruciate dalle gelate tardive.
Lungo la valle del Boite l’umidità atmosferica è probabilmente maggiore, in virtù del
fatto che l’esposizione è Nord, Nord-Est, mentre da Ciamplongo a Pescul, dove
l’esposizione prevalente è Sud, si ha una maggior xericità del suolo e escursioni
termiche giornaliere più marcate, come avviene tipicamente nei climi continentali.
INQUADRAMENTO FORESTALE DELLE AREE INTERESSATE
DALLE PISTE E DAGLI IMPIANTI
Gli impianti e piste vanno a interessare svariati ambienti forestali che comprendono
le superfici boscate di fondovalle, i boschi al limite della vegetazione per giungere
alle praterie pascolate di alta quota di Col Duro. La quota minima dal lato Sanvitese
è quella della partenza nei pressi del torrente Boite (circa 1000 ms.l.m.), mentre
quella massima di Col Duro raggiunge i 2285 ms.l.m.), le esposizioni sono in
prevalenza Nord-Est e Est dal “Pont de Ieralba” fino a “Ciampolongo”, per divenire
Sud nel passaggio al di sotto delle “Rochetes” e passare ad esposizione Sud-Ovest
nel tratto “Col de la Steles” – Ciarez a Pescul dove è prevista la partenza dal lato di
Selva di Cadore.
AREA GIRALBA
Partendo dal basso dalla parte Sanvitese, la prima struttura del comprensorio è
costituita dai parcheggi posizionati prima del P.te Ieralba, nella particella forestale
81 della Regola di Chiappuzza. Si tratta di una Pecceta secondaria già attraversata
da molteplici strade forestali e intervallata da piazzole e da alcune radure a prato; il
valore ecologico, vista l’antropizzazione, è piuttosto basso. Solo lungo le sponde che
scendono verso il torrente Boite vi sono alcune formazioni di Salix sp. e Ontano
bianco più interessanti e che vanno il più possibile salvaguardate, anche se fuori
dall'area SIC.
L’attraversamento del torrente Boite per raggiungere la stazione di partenza
avverrà mediante un ponte. Nella realizzazione, con molta probabilità, verrà
interessata la vegetazione ripariale di Ontano bianco (habitat prioritario).
RELAZIONE FORESTALE Dr. For. Claudio Frescura
14
La stazione di partenza della seggiovia che porta a Ciampolongo è localizzata nella
particella 1 “troi del Pescador” sempre della Regola di Chiappuzza. Il popolamento
nel tratto interessato è costituito da una Pineta di Pino silvestre mesalpica in
evoluzione verso la pecceta con un lembo di Alneta di Ontano bianco in prossimità
del torrente Boite. Risalendo il Boite, la pineta diventa rada e primitiva su un
versante detritico soggetto ad alcuni movimenti franosi superficiali.
PISTA OLIMPIONICA
La pista principale che
giunge fino alla partenza
dell’impianto
è
denominata
pista
“Olimpionica”; occupa con
il suo tracciato gran parte
della particella 2/1 della
regola
di
Vallesella,
particella
di
altofusto
adulto e stramaturo di
Picea misto a Pino nella
parte
bassa
e
Picea
(Pecceta
dei
substrati
carbonatici) man mano
che si sale di quota. Il
bosco è in prevalenza rado
o lacunoso per i tagli a
buche e marginali fatti nel
passato, la struttura è
Figura 6: Buca con presenza di rinnovazione di abete rosso e
monoplana a gruppi e la
faggio, a lato perticaia di abete rosso
rinnovazione si colloca
nelle chiarie. Alle quote maggiori compare il faggio sia nella rinnovazione che nel
piano dominato.
La pista intercetta grossomodo le buche derivanti dalle utilizzazioni e attraversa il
ru de la Pousa a quota 1120 ms.l.m. entrando nella particella forestale n. 9 sempre
della regola di Vallesella; a quota 1100 la pista olimpionica si unisce con la pista “I
Taulà”.
La particella 9, per alcuni aspetti simile alla 2/1, è costituita da un popolamento
maturo e stramaturo di Picea sempre trattato a buche o a piede d’albero, la
rinnovazione, in prevalenza di abete rosso, è di origine artificiale come anche il
faggio piantato negli anni 70.
I soggetti arborei, soprattutto nelle vallette,
presentano spesso marciume nei primi metri del fusto.
Oltrepassato il Pian della Gravina, la pista Olimpionica entra nella particella n. 10
convergendo nuovamente verso ru de la Pousa: anche in questo caso, nella parte
bassa il bosco è composto prevalentemente da una fustaia adulta (a tratti
stramatura) di abete rosso, accompagnato da qualche sporadico soggetto di larice,
mentre il faggio rimane nel piano dominato.
Sopra quota 1250 l’accidentalità del terreno e la pendenza aumentano e le
condizioni edafiche accentuano la xericità del popolamento di abete rosso (Pecceta
RELAZIONE FORESTALE Dr. For. Claudio Frescura
15
dei substrati carbonatici
xerica)
che
sfuma
gradualmente
verso
il
Piceo faggeto dei suoli
xerici in cui il faggio
dimostra maggior vitalità.
La rinnovazione della picea
è comunque abbondante.
La maggior accidentalità
presuppone un maggior
rimaneggiamento
del
terreno
in
fase
di
realizzazione delle piste.
A monte si passa nella
particella
12,
rappresentata da un Piceofaggeto dei suoli xerici
variante con larice con
Figura 7: Pecceta xerica con faggio sottoposto
struttura biplana e densità
regolare colma; la picea nel piano dominate è affiancata da grossi soggetti di Larice.
Il tracciato della pista segue in parte la strada dei Fontanoi de la Saleta
Lungo il lato inferiore della particella 16, la pista Olimpionica si innesta con la pista
Cauriol. Il popolamento è sempre costituito da un Piceo-faggeto dei suoli xerici; il
faggio presenta, mantenendosi sempre nel piano dominato, la struttura di un
vecchio ceduo. Al di sopra dei 1500 ms.l.m. il popolamento sfuma verso una
pecceta dei substrati carbonatici altimontana; i larici presenti sono sempre di
notevoli dimensioni.
Il
tratto
di
pista
attraversa
successivamente
la
particella n. 13, sempre
della Regola di Vallesella,
tratto in cui il piceo
faggeto
sfuma
per
passare ad una pecceta
dei substrati carbonatici
altimontana
caratterizzata
da
un
suolo arido con blocchi
calcarei
e
sfasciumi.
L’abete
rosso
non
presenta grossi soggetti,
mentre il larice, che
domina dai 1600 m slm
in poi, si fa notare per i
grossi diametri.
Figura 8: innovazione di larice lungo i margini delle buche
Il tracciato attraversa un tratto di bosco privato, ex prati o pascoli che, in seguito
all’abbandono delle attività silvo-pastorali, hanno subito la ricolonizzazione in parte
RELAZIONE FORESTALE Dr. For. Claudio Frescura
16
naturale e in parte artificiale dell’abete rosso e del larice. Le perticaie si presentano
dense anche se non mancano aree con densità rada o lacunosa, soprattutto
alzandoci di quota.
Oltrepassato il tratto di
proprietà privata la pista
transita nuovamente su
superficie
regoliera,
particella 17, dove il
popolamento
è
rappresentato da un bel
lariceto
con
pochi
soggetti di abete rosso
che, in alcuni tratti,
hanno iniziato la lenta
successione.
Sulla
sommità di grossi massi o
di ceppaie, compaiono
dei soggetti di Pino
cembro a confermare il
limite del suo areale. La
morfologia è dolce anche
se vi sono delle piccole
dorsali rocciose e grossi
Figura 9: Perticaia di Abete rosso
massi. Compaiono nel
sottobosco graminacee e ericacee con alcuni piccoli nuclei isolati di Pino mugo;
molti sono i secconi o gli schianti.
Man mano che si sale
verso
il
limite
della
vegetazione, la densità
diventa rada, le piante di
larice
assumono
una
fisionomia
tipica
degli
ambienti difficili di alta
quota e lasciano il posto ai
pascoli di Ciampolongo.
I pascoli
dell’area di
Ciampolongo vengono ora
sfruttati dalle pecore in
transito verso i pascoli di
Mondeval,
Prendera,
Ruoibes; lo sfruttamento
del
pascolo
è
disomogeneo e comunque
le specie infestanti, quali
la Deschampsia, hanno
invaso
gran
parte
Figura 10: Lariceto con inizio di successione
dell’area.
Nella
parte
sommitale,
area
di
stazionamento del bestiame, sono presenti anche specie nitrofile (Rumex o ortica
dioica). L’area verrà completamente rimaneggiata essendo il punto di arrivo o
partenza di tre seggiovie, fra infrastrutture, aree necessarie alle operazioni di
RELAZIONE FORESTALE Dr. For. Claudio Frescura
17
sbarco e imbarco e piste da sci (Pista Ciampolongo, Frates diretta e Campo scuola)
ben poco rimarrà dell’area comunque ormai in parte degradata.
PISTA CIAMPLONGO – PISTA FRATES
La
pista,
dal
breve
sviluppo,
va
da
Ciampolongo al Taulà de
le Frates lungo la Sponda
dei Peduoie. Dopo l’inizio
lungo i pascoli degradati
della particella 67 della
Regola Grande, inizia il
versante ripido ormai
colonizzato
da
un
popolamento arboreo di
Larice e Picea allo stadio
di giovane perticaia con
densità colma e in alcuni
tratti lacunosa per radure
non ancora ricolonizzate.
La
fisionomia
del
popolamento è ancora da
definire con struttura
Figura 11: Inizio dei pascoli di Ciamplongo
prevalente
monoplana;
attualmente può essere considerato un lariceto in alcuni tratti già in successione
con la Picea man mano che ci si abbassa di quota. In prossimità del Taulà di
Ruoibes si passa nella
particella 17, sempre
della Regola Grande e
qui
il
popolamento,
sempre costituito da un
Lariceto, presenta piante
mature lungo il confine
sud
della
particella,
mentre,
nella
parte
centrale, il popolamento
presenta
le
stesse
caratteristiche
della
giovane
perticaia
descritta sopra. La pista
Frates
attraversa,
in
prossimità del Pian de le
Frates, un’area umida
ricca di Nardus stricta.
Molte sono le radure
all’interno
del
Figura 12: Deschampsieto nella parte bassa del pascolo di popolamento, residuo
Ciamplongo
RELAZIONE FORESTALE Dr. For. Claudio Frescura
18
delle attività di sfalcio o
pascolo dei tempi passati.
Le piccole praterie nei
pressi del Taulà de le
Frates, anch’esse ricche di
nardo, sono in progressiva
chiusura
per
la
ricolonizzazione da parte
della Picea.
L’impianto
attraversa,
partendo dal Taulà de le
Fratese,
dapprima
un
popolamento maturo di
larice,
poi
quell’ampia
radura ricca di Nardo per
seguire infine la pista de le
Frates fino a giungere al
pascolo di Ciampolongo.
Figura 13: Ampia radura ricca di Nardus stricta nei pressi del Pian
de le Frates
PISTA “CAURIOL”
La pista inizia a circa 330 metri a valle dell’arrivo dell’impianto Funes-Ciampolongo,
divergendo verso Nord-Est
attraverso la particella 67
per circa un centinaio di
metri per poi attraversare
la particella 17 fino a
quota 1760 ms.l.m. da
dove si biforca in due rami
che
giungono,
attraversando boschi di
proprietà privata, fino a
1550 ms.l.m. dove si
ricongiungono nei pressi
dell’arrivo della seggiovia
Geralba-Funes.
La
superficie a bosco nella
parte privata è costituita
da un popolamento che
varia dal lariceto tipico
maturo
alla
perticaia
di abete rosso:
Figura 14: Torbiera nei pressi dell'arrivo della seggiovia Geralba- densa
Funes
RELAZIONE FORESTALE Dr. For. Claudio Frescura
19
molte sono le piccole radure o le aree umide legate alla presenza di risorgive che
formano piccoli ambienti umidi ascrivibili alle torbiere basse alcaline. La presenza di
queste aree umide è spesso legata alla stagionalità (piogge o disgelo) e
costituiscono
ambienti
particolari
di
pregio
naturalistico.
Un’area molto estesa
umida
la
si
ha
in
prossimità
dell’arrivo
della seggiovia GeralbaFunes.
La
varietà
dei
popolamenti
che
si
riscontrano,
quasi
sempre
con
scarsa
provvigione, è dovuta
alla multiproprietà e al
divario temporale fra i
vari stati di abbandono.
Una situazione stabile
con un popolamento ben
definito nella tipologia
delle
peccete
Figura 15: Giovane perticaia densa in parte schiantata
altimontane
dei
suoli
carbonatici
si
raggiungere solo successivamente. Man mano che si scende di quota la presenza di
Abete rosso diventa dominante.
A quota 1500 metri la pista Cauriol si divide , a sinistra continua la medesima, a
destra diventa la pista Taulà che prosegue, sempre su proprietà privata, fino a
quota 1000 dove si ricongiunge alla Pista “Olimpionica”. Nell’ultimo tratto della
pista olimpionica il tracciato entra nuovamente sulla proprietà della Regola di
Vallesella, particella n. 16.
PISTA “I TAULA’”
Il popolamento è sempre vario e difficile da definire, la caratteristica comune è la
presenza di soggetti di varia età che si alternano in popolamenti coetanei più o
meno densi; man mano che si scende di quota il larice è sempre meno frequente,
mentre il faggio tende ad aumentare, ma sempre nel piano dominato (piceo-faggeto
dei suoli mesici); alle quote più basse ricompare il Pino silvestre . Molte sono le
radure, quasi sempre legate alla presenza di torbiere basse alcaline, la rinnovazione
è in prevalenza di abete rosso.
IMPIANTO GERALBA-FUNES
La seggiovia attraversa nell’ordine la particella 21, 22, 19, 32, 77, 78 del Piano di
Riassetto delle Regole di San Vito, per la precisione della Regola di Vallesella.
RELAZIONE FORESTALE Dr. For. Claudio Frescura
20
Inizialmente attraversa una Pecceta dei substrati carbonatici dei suoli xerici con, nel
sottobosco, specie tipiche della pineta di pino silvestre mesalpica con abete rosso
(Juniperus communis, Berberis vulgaris, Sesleria varia, Melica nutans) che in alcuni
tratti prevale ancora. Sulla sinistra della Val de Cortadeto, la picea forma
popolamenti quasi puri che, a partire all’incirca da quota 1.180 m s.l.m., si consocia
con l'Abete bianco formando un Abieteto tipico dei suoli mesici.
Passando nella particella 32, il popolamento è rappresentato da una Pecceta dei
substrati carbonatici montana, all’interno della quale permangono soggetti di pino
silvestre a colonizzare le zone più aride, situate in corrispondenza dei tratti più ripidi
in cui compaiono alcuni limitati ghiaioni; in questi contesti il pino è associato al
salicone, al pioppo tremolo e, localmente, al faggio.
Salendo di quota la percentuale di faggio aumenta gradualmente, il pino silvestre
sparisce e fa la sua comparsa qualche isolato soggetto di larice.
Dopo i 1330 ms.l.m. il tracciato della seggiovia attraversa una fascia di bosco
privato caratterizzata da popolamenti disomogenei sia nella composizione che nella
struttura e densità. La specie prevalente è sempre la picea, spesso con chioma
inserita fin dai primi metri del fusto nelle aree più rade o con portamento stentato
nelle fasce a maggior densità.
IMPIANTO FUNES-CIAMPOLONGO
Il tracciato della seggiovia segue in parte la pista Cauriol (proprietà della Regole
Grande part. 67 e Regola
di Vallesella part. 17) e in
parte percorre l’isola di
bosco privata fra i due
rami della pista Cauriol
appena a monte della
partenza di Funes. Anche
in
questo
caso
i
popolamenti della parte
privata sono confusi e
disturbati (derivano da
un
abbandono
progressivo delle attività
pascolive).
Si
evidenzia,
invece,
un’ampia area umida a
monte della partenza di
Funes (torbiera bassa
alcalina) ricca di risorgive
che interessano non solo
Figura 16: Torbiera bassa alcalina
superfici a prato, ma
anche lembi di bosco;
RELAZIONE FORESTALE Dr. For. Claudio Frescura
21
IMPINTO CIAMPOLONGO – COL DEI SACOI
E’ questo il tratto più esposto e vulnerabile; impianto e pista di soccorso, necessaria
per il funzionamento, attraversano un sistema forestale di alta quota con
vegetazione arbustiva in
prevalenza di Pino mugo
e
praterie
calcicole
pascolate e, in alcuni casi,
con vegetazione nitrofila
(ortica dioica) . Queste
formazioni
sono
intervallate da ghiaioni
dolomitici
spesso
in
erosione come quello nei
pressi de la Rochetes de
Sorarù lungo la Val de la
Busela. Questo tratto è
attraversato dal sentiero
cai n 436, (sentiero non
molto frequentato dai
turisti) lungo il quale si
sposta il bestiame in
direzione
Prendera
provocando
non
pochi
Figura 17: Aree nitrofile e danni da pascolamento
danni
ai
mughi
e
iperconcimando le aree su cui stazionano. Le aree prative attraversate rientrano fra
i pascoli magri e praterie dei suoli acidi (nardeti subalpini) intervallati con alcune
aree umide.
PISTA RA RUOIBES
Figura 18: Versante Sud-Ovest Col dei Sacoi
Si tratta di una pista e un
impianto che interessano
le praterie lungo la valle
de la Ruoibes dal col dei
Sacoi fino al Taulà de Ra
Ruoibes. Il col dei Sacoi e
il suo versante sud-ovest,
in parte ricolonizzato da
alcuni soggetti di larice, è
caratterizzato
da
un
pascolo magro su suoli
neutri
o
alcalini
ascrivibile al seslerieto
mesofilo,
alternato
in
alcune
aree,
dal
Deshampsieto, mentre le
praterie lungo la valle
rientrano fra i pascoli
RELAZIONE FORESTALE Dr. For. Claudio Frescura
22
magri e praterie dei suoli acidi (nardeto subalpino) intervallato lungo l’impluvio da
aree umide (in parte torbiere basse alcaline). Nei pressi del Taulà un ampia aree
con specie nitrofile (Urticeto- Rumiceto).
PISTA PRENDERA E SEGGIOVIA TAULA’ DE RUOIBESE – COL DE
LA STELES
Figura 19: Area nitrofile presso alcuni ruderi
Risalendo dal Taulà de
Ruoibes verso la Forzela
col Roan, si attraversa
dapprima una prateria
mesofila dei suoli acidi
pascolata, per passare poi
su un’ampia area pascolo
saturata da fontanelle di
acqua che la trasformano,
in alcuni tratti, in torbiere
basse alcaline localizzate
in prossimità dei terrazzi
meno acclivi. Verso il Col
di Roan vi sono alcuni
nuclei di Ontano verde e
dei rodoreti acidofili che
verranno interessati dal
passaggio della pista. Le
pendenze nei pressi della
forcella
sono
notevoli
(Paloto dei Bos). Giunti
sullo
spartiacque
la
prateria diventa acidofila
fino ad incontrare i ruderi
di una struttura attorno
alla quale vi è una zona di
nitrofile (Figura 19).
Sul
versante
sudorientale del Col Duro il
cotico
è
inquadrabile
nella
tipologia
del
Nardeto subalpino tipico
con
Sesleria
albicans
(mancano le Ericacee),
che nei tratti più ripidi
(sponde degli impluvi)
degrada
in
Rodoreto,
indicatore
di
pascolo
Figura 20: L'area di Roan de Sora con in lontananza il Taulà de acido sottocaricato. Nei
punti
in
cui
la
Ruoibes
RELAZIONE FORESTALE Dr. For. Claudio Frescura
23
micromorfologia è maggiormente irregolare si distinguono dossi ventosi a Juncus
trifidus ed Avenella flexuosa. Lungo le creste a margine delle vallecole è presente
Antennaria dioica ad indicare condizioni xeriche.
La forcella situata tra Col
Duro e Col de la Steles
ospita un laghetto nivale
che nei periodi di secca è
coperto
da
un
Deschampsieto
circondato da formazioni
riconducibili al Nardeto
pingue (Poa alpina, Geum
montanum,
Phleum
alpinum) che sfumano in
Curvuleto
(Agrostis
alpina, Euphrasia alpina)
mano a mano che ci si
dirige verso il cambio di
pendenza (versante nord
del Col de la Steles).
Dove il pascolo cessa per
Figura 21: Rodoreti lungo i versanti Est di Col de la Steles
l’eccessiva
inclinazione
del
versante
il
Rhododendron ferrugineum si espande lungo tutto il pendio fino alla base del Col de
la Steles.
L’impluvio formato dall’incontro delle pendici della Rocchetta di Prendera con quelle
del complesso Col Duro-Col de la Steles, segna il passaggio dal substrato silicatico
al substrato carbonatico. Sulla destra della valle prevalgono infatti le formazioni
acidofile (Nardeto) mentre, sulla sinistra, la prateria basifila (Seslerieto) nelle varie
sfumature tipologiche. A est, in prossimità dei ghiaioni della Rocchetta di Prendera,
il Firmeto chiude la sequenza tipologica in corrispondenza del margine delle lingue
detritiche.
A valle del sentiero CAI 436 che scende dal Col Duro, la prateria basifila è
costantemente saturata dall’acqua di alcune fontanelle che creano le condizioni
ideali per l’insediamento di consorzi igrofili ad Allium schenofrasium, Carex panicea
e Carex nigra.
Nei tratti pianeggianti la prateria basifila presenta macchie di Alchemillo-poeto
(piccole aree pascolate ai lati del sentiero CAI 436) e connotati maggiormente acidi
(presenza di Festuca nigrescens) derivanti dal substrato pedologico, tanto da poter
essere classificata nel tipo del Seslerieto mesofilo subacidofilo.
Attorno a Malga Prendera, nelle aree maggiormente soggette al calpestio del
bestiame, si sviluppano Alchemilleti con Poa supina (sud) o a netta prevalenza di
Alchemilla vulgaris (ovest).
RELAZIONE FORESTALE Dr. For. Claudio Frescura
24
PISTA LA NEGRES E IMPIANTO RIO CORDON-COL DE LA STELES
Dirigendosi
verso
le
pendici meridionali del Col
de la Steles, si ritorna
sulla matrice silicatica e,
con essa, si ritrova la
prateria
acidofila
a
Nardus stricta con la
presenza
di
Avenella
flexuosa
in
zone
relativamente vaste, ad
indicare
situazioni
di
degrado del cotico dovuto
al sottopascolamento.
Nelle zone di crinale e
roccia terrigena affiorante
prevale la tipologia del
Festuceto
a
Festuca
melanopsis
interrotto
talora da macchie di
Alnus
viridis
e
Larix
Figura 22: Versante Nord del Col de la Steles con in fondo il
decidua. Tale situazione di
laghetto nivale (deschampsieto)
alternanza tra Nardeto e
Festuceto caratterizza pressochè tutto il rimanente versante. Molte sono le fasce di
pascolo a rodoreto acidofilo (situazione prenemorale di sostituzione del pascolo) che
lentamente, per mancanza di un adeguato carico, stanno chiudendo le fasce
prative. Lungo i crinali che si dipartono verso Sud molte sono le aree soggette ad
erosione eolica. La parte arborea è costituita da qualche soggetto di larice isolato,
mentre quella arbustiva, da lembi di Ontano verde. Il primo tratto ricade nella
particella 66 (Regola
Grande) del Comune di
San Vito di Cadore. A
quota 2180 ms.l.m. la
pista si biforca verso Sud
nella pista “Costa dei
Lares”
e
la
pista
“Mondeval” che, a sua
volta, si dirama nella
pista “Le vares”.
A quota 2100 ms.l.m.
finisce
la
fascia
a
rodoreto intervallata da
praterie
a
nardeto
subalpino per passare
alla fascia di lariceto,
dapprima allo stadio di
neoformazione
intervallato da radure
isolate, per passare poi
Figura 23: Versanti Sud del Col de le Steles (praterie silicatiche)
RELAZIONE FORESTALE Dr. For. Claudio Frescura
25
Figura 24: Mappa semplificata degli impianti e piste (Comune di Selva di Cadore)
RELAZIONE FORESTALE Dr. For. Claudio Frescura
26
ad un popolamento adulto con la fisionomia ben definita. Man mano che si scende
di quota la presenza di Abete rosso diventa più rilevante, ma mai predominante se
non in alcuni nuclei. La
pista termina nei pressi
della
stazione
sperimentale
del
rio
Cordon (particella n. 32 –
Peron long - del piano di
Riassetto del Comune di
Selva di Cadore – Regola
di Pescul)
La variante Mondeval
interessa in prevalenza
aree
prative,
con
l’eccezione di un rado e
ripido lariceto a quota
1950 ms.l.m. e del tratto
prima
dell’arrivo
alla
stazione del rio Cordon.
Le praterie presentano
varie zone con presenza
Figura 25: Fascia di transizione dalla prateria acidofila al lariceto di arbusti nani (rodoreti)
tipico
a tratti più pianeggianti
con presenza di specie
nitrofile (Rumex sp.).
Figura 26: Aree umide ricche di Calta palustris
RELAZIONE FORESTALE Dr. For. Claudio Frescura
27
Avvicinandosi al rio Cordon si incontrano alcune aree di risorgive con presenti
specie igrofile quali Calta palustris, tutte le restanti praterie rientrano nelle
categorie delle formazioni erbose boreo-silicee alpine.
PISTA LE VARES
Da quota 1930 ha inizio la pista le Vares in direzione Ovest verso il torrente Cordon
che attraverserà su un
ponte;
inizialmente
la
pista interseca praterie
silicatiche con esposizione
Ovest per passare poi,
oltrepassato
il
rio,
all’esposizione
Sud-Est
(Mondeal de Sote) dove,
per la maggior presenza
delle attività pascolive
(anche
se
di
solo
passaggio), vi sono alcune
aree con specie nitrofile
ed altre in cui compare, a
testimonianza
del
degrado, la Deschampsia
caespitosa.
L’area
di
maggior rilevanza per le
specie nitrofile è quella
Figura 27: Passaggio sul Rio Cordon
Figura 28: Mondeal de Sote
RELAZIONE FORESTALE Dr. For. Claudio Frescura
28
nei pressi del tabià de Mondeal de Sote. L’unica fascia boscata attraversata è un
lariceto a valle del tabià.
L’arrivo della pista prevede poi il passaggio sul ponte esistente del rio Cordon. La
proprietà di questa area appartiene alla Regola di Borca di Cadore.
PISTA COSTA DEL LARES
Pista che segue per la gran parte il
crinale che dal Col de la Steles va verso
il col del Termen. Dopo un primo tratto
nella particella 66 della regola Grande
di San Vito, in cui attraversa praterie
acidofile o rodoreti, inizia un tratto nel
Comune di Selva in cui troviamo dei
lariceti primitivi su versanti ripidi con
spesso, nel piano dominato, arbusti di
Ontano verde; successivamente si
attraversano alcune praterie (in parte
pascolate) ricche di deschiampsia o
ricche
di
nardo.
Le
particelle
assestamentali di riferimento sono la n.
32 e la n.33 del Comune di Selva di
Cadore. Dopo il Col del Termen, si passa
gradualmente dal lariceto alla pecceta
altimontana dei suoli silicatici. Molti
sono gli schianti e secconi lungo il
sentiero che porta alla “Cros de le
Sale”.
La caratteristica morfologica della pista
è rappresentata dal crinale che in alcuni
tratti è alquanto stretto.
Figura 29: Lariceti primitivi
AREA LE SALES
Area boscata sempre a
confine fra le particelle 32
e 33 del C. di Selva di C.
in cui si collocherà la
stazione di arrivo della
seggiovia
che
parte
dall’abitato
di
Pescul.
L’area è costituita da un
popolamento maturo di
Picea con qualche larice
di notevoli dimensioni a
densità rada dovuta, sia
Figura 30: Col del Termen (nardeto)
RELAZIONE FORESTALE Dr. For. Claudio Frescura
29
alle utilizzazioni passate (le aree sono facilmente meccanizzabili), sia alle attività
pascolive.
La ridotta densità fa si che la rinnovazione di abete rosso sia presente un pò
ovunque.
PISTA RIO CORDON
Trattasi della pista che dal
Col de Sales porta alla
stazione sperimentale del
Rio
Cordon
e
poi,
seguendo
la
strada
forestale, prosegue fino
alla statale del Passo
Staulanza. Nel primo tratto
attraversa
un
popolamento
di
Picea
maturo, ma rado, per
passare a formazioni più
giovani intervallate con
alcune
radure
e
una
torbiera che viene toccata
solo marginalmente; la
pendenza è dolce ma vi
sono alcuni grossi massi
che rendono il passaggio
Figura 31: Torbiera nel tratto Col de le Sales Rio Cordon
abbastanza obbligato. Nel
tratto prima del rio Cordon
le pendenze aumentano e la presenza di larice si fa più corposa. Il tracciato
intercetta anche alcune radure (pascolo generico).
Siamo nella particella n.
32 “Peron Long”.
A valle della stazione del
Rio Cordon la pista segue
la strada forestale che
presenta già un’ampia
sede; in alcuni tratti la
strada
viene
abbandonata
per
attraversare
i
popolamenti forestali che
in questa particella (n. 20
“Costa da Storn” ) sono
rappresentati
da
una
Pecceta
Altimontana
molto
varia
nella
struttura e nella densità,
probabilmente per gli
interventi
selvicolturali
Figura 32: Ampia sede della strada forestale, la rinnovazione é facilitati dalla morfologia
presente un pò ovunque
RELAZIONE FORESTALE Dr. For. Claudio Frescura
30
e dalla vicinanza alla viabilità forestale. Dopo l’innesto con la pista Storn, la pista
prende il nome di “Variante Fiorentina” e sbuca nelle aree pascolive in
corrispondenza del doppio tornante iniziale della strada menzionata sopra.
PISTA STORN
Il primo tratto subito a valle dell’arrivo della seggiovia a Cros de le Sales è costituito
da
una
pecceta
altimontana silicatica con
struttura
disetanea
strutturalmente
ed
ecologicamente
stabile,
probabilmente frutto di
tagli a scelta che hanno
permesso il prelievo dei
singoli alberi maturi. Tutte
le classi cronologiche di
sviluppo sono presenti. Il
tracciato si sviluppa fra la
particella n. 20 e n. 35.
A quota 1740 ms.l.m. si
attraversano
alcune
radure
pascolate
costituite da nardeti e
torbiere basse alcaline, il
popolamento arboreo è
Figura 33: Tratto di pecceta altimontana disetanea
sempre
una
pecceta
altimontana con soggetti isolati e radi soprattutto nei pressi delle radure; la
struttura è disetanea.
Alle quote inferiori il
popolamento diventa più
denso
con
struttura
coetaniforme allo stadio
di perticaia o giovane
fustaia;
l’eccessiva
densità spesso mette a
rischio la stabilità che
potrebbe
essere
migliorata
con
mirati
interventi
selvicolturali.
Nel
complesso
del
popolamento
possiamo
parlare di una struttura
disetaneiforme
per
gruppi.
Figura 34: Radure pascolate (nardeti e torbiere)
RELAZIONE FORESTALE Dr. For. Claudio Frescura
31
Nell’ultimo tratto, dopo l'incrocio con la Pista rio Cordon, la pendenza aumenta
bruscamente, anche se
per un breve tratto. Il
popolamento in questo
tratto è costituito da una
giovane fustaia pascolata
molto
densa
della
particella n. 19 “Le Rive”.
Al termine di questo
tratto si sbuca in un area
prativa privata dalla dolce
morfologia per passare,
nei pressi dell'ecocentro,
nuovamente
nella
proprietà
regoliera.
Nell’ultimo tratto, dopo
l’attraversamento del rio
Cordon,
vengono
interessati dal tracciato
dei prati, in parte sfalciati
e in parte abbandonati.
Figura 35: Tratto di popolamento di abete rosso dall'eccessiva
densità
IMPIANTO PESCUL-PIAN DE LE SALE
La seggiovia parte in sinistra idrografica
del torrente Fiorentina che attraversa,
per poi proseguire su praterie sfalciate
nella
parte
meno
acclive
e
abbandonate dove la meccanizzazione
risulta impossibile; quest'area è di
proprietà privata.
Oltrepassato il Rio Cordon, l'impianto
entra in una superficie boscata
ascrivibile
alla
pecceta
montanaaltimontana dei substrati silicatici.
Prosegue poi incrociando alcune volte
la strada forestale di accesso alla
stazione sperimentale del rio Cordon e
dunque l'omonima pista. Nel tratto
terminale
le
superfici
boscate
interessate sono quelle della pista Storn
che affianca fino alla stazione Pian de le
Sales.
Figura 36: Tratto di pecceta altimontana
RELAZIONE FORESTALE Dr. For. Claudio Frescura
32
PISTA PELMO
Sempre da Cros de le Sales parte la pista Pelmo in direzione Sud fra le particelle n.
33 e n. 35 del Piano di
Riassetto di Selva di
Cadore.
Il
bosco
attraversato
è
molto
disomogeneo, anche se
prevalentemente lungo il
tracciato
proposto
si
intercettano ampie radure
o boschi radi costituiti da
grossi individui di Picea o
Larice,
intervallati
da
nuclei di rinnovazione allo
stadio di spessina o
perticaia.
Gli
alberi,
piuttosto
rastremati,
presentano
la
chioma
inserita già dai primi metri
del fusto.
Solamente da quota 1800
m a 1720 m la pecceta
Figura 37: Popolamento rado a valle di Cros de le Sales
risulta
densa
e
ben
strutturata su un versante
che spesso diventa ripido e solcato da alcune vallecole, per poi tornare rada e
lacunosa in cui la presenza del pascolo, associato alle utilizzazioni forestali, si fa
ancora sentire e determina la fisionomia del popolamento. A monte del rif. Aquileia
si entra nel pascolo vero e proprio.
Il rientro a Pescul avviene
attraverso una pecceta
secondaria,
anch’essa
pascolata in più tratti, su
suoli alluvionali. Questi
popolamenti sono stati
oggetto
di
recenti
diradamenti
per
migliorarne la struttura; il
bosco
si
presenta
coetaniforme con assenza
di rinnovazione, se non
lungo i margini o le
aperture.
Figura 38: Bosco pascolato nei pressi del Rif. Aquileia
RELAZIONE FORESTALE Dr. For. Claudio Frescura
33
Figura 39: Pecceta secondaria della particella 35 già soggetta a miglioramento
colturale
Nell’ultimo tratto, prima di innestarsi nella variante Fiorentina, la pista percorre
alcune aree a pascolo della particella n. 19; nel percorso si intercettano dei nuclei
giovani di abete rosso. Il pascolo non presenta particolarità e sembra ben sfruttato
in virtù della sua accessibilità.
INQUADRAMENTO FAUNISTICO
La quantità e qualità ancora integra di ambienti naturali presenti in questa zona
dolomitica, che dall’Agordino si collega alla Valle del Boite, è molto rilevante e
significativa. Tutto ciò è ancora più significativo in quanto a stretto contatto con
alcune situazioni antropizzate. La diversificazione della vegetazione che caratterizza
queste zone, fa quindi presagire una buona dotazione faunistica della zona sia in
termini qualitativi sia quantitativi.
L’area oggetto di analisi, da sopralluoghi e indagini bibliografiche, comprende
numerose specie animali che vanno dagli invertebrati fino agli uccelli e ai
mammiferi, e costituisce un esempio rappresentativo della fauna dolomitica. Tutto
ciò è spiegabile dalla disponibilità di differenti situazioni ambientali in stretto
contatto le une con le altre e che, distribuendosi a varie fasce altitudinali, crea un
ambiente relativamente ricco per le comunità faunistiche. A ciò si aggiunga la
scarsa urbanizzazione della zona presa in esame.
I rilievi diretti realizzati sul luogo durante l’estate 2010 non sono stati ritenuti
esemplificativi della complessità zoologica di questo territorio per la cui organica
RELAZIONE FORESTALE Dr. For. Claudio Frescura
34
descrizione si dovrà quindi far riferimento a conoscenze pregresse e ai dati
bibliografici o alle informazioni inedite disponibili.
Di seguito viene illustrata la presenza faunistica dell’area anche con riferimenti ai
diversi habitat elettivi.
Viene, dettagliata, in particolare, la presenza di specie ornitiche la cui esistenza sul
territorio è strettamente condizionata dalla disponibilità di habitat idonei.
ERPETOFAUNA
L’area è interessata in genere da quelle specie più tipicamente “dolomitiche”,
quindi più adattate a stagioni estive brevi e spesso a situazioni microterme.
In genere si tratta di specie legate alle zone umide, che dislocate alle quote più
differenti, ospitano una fauna ad anfibi piuttosto povera a livello specifico ma molto
ricca di individui. In queste zone si riproducono la rana montana, il rospo comune
(Bufo bufo), il tritone alpestre (Mesotriton alpestris) e la natrice dal collare (Natrix
natrix).
Nelle praterie è piuttosto comune la lucertola vivipara (Zootoca vivipara vivipara)
come pure i rettili (vipere) e anche la salamandra alpina (Salamandra atra) appare
molto ben diffusa.
Specie rientranti negli Allegati II e IV della “Direttiva Habitat”:
Salamandra alpina (Salamandra atra) - specie ben distribuita nei rilievi montuosi
del settore centro settentrionale della provincia di Belluno tipica di ambienti umidi,
ma che evita zone aperte (prati e pascoli) e boschi fitti ed asciutti (peccete). Non
essendo specie sinantropica, il suo habitat non si sovrappone in genere con quello
di Salamandra salamandra per la diversa ecologia riproduttiva (Bonato et al., 2007).
La vulnerabilità della specie sta nella sua bassa capacità di recupero della
popolazione in caso venisse danneggiata a causa del lento ciclo riproduttivo
(gestazione della durata di 2-4 anni e generazione di massimo 2 figli).
Lucertola muraiola (Podarcis muralis) - la specie può essere osservata in svariati
ambienti, con un habitat ideale costituito da muretti a secco e mecereti prossimi ad
aree boscate nei fondovalle, mentre a quote maggiori frequenta zone ricche di
pareti rocciose esposte a sud e pascoli con rocce affioranti.
Specie non rientranti negli Allegati II e IV della “Direttiva Habitat”
Salamandra pezzata (Salamandra salamandra) – La specie è ben distribuita in
tutte le zone adatte alla sua presenza, tanto da rappresentare l’urodelo più comune
nell’area considerata (Bonato et al., 2007). Specie forestale, frequenta boschi misti
di caducifoglie umidi e freschi (faggete, abieti-faggeti), attraversati da piccoli corsi
d'acqua, fondamentali per la sua riproduzione. La salamandra predilige, infatti, corsi
d’acqua poco profondi con ricchezza di anfratti ed andamento naturale, nonché
acque poco o per nulla inquinate che possono ospitare comunità di
macroinvertebrati.
Dannosa per questa specie è la modificazione improvvisa dell’habitat, e quindi del
microclima, che può essere la conseguenza di alcune pratiche selvicolturali:
principalmente i tagli raso e l’impianto di conifere. La minaccia più grave rimane la
modificazione qualitativa e quantitativa dei corsi d’acqua.
RELAZIONE FORESTALE Dr. For. Claudio Frescura
35
Tritone alpestre (Mesotriton alpestris alpestris) - La specie è distribuita quasi
ovunque sui rilievi alpini e prealpini della provincia di Belluno. Il tritone alpestre
nella fase acquatica frequenta le pozze stabili dei pascoli utilizzate per l’alpeggio,
stagni e raccolte d’acqua artificiali, mentre per la fase terrestre frequenta suoli ben
strutturati con copertura arborea e ricchi di anfratti che possono essere utilizzati
come rifugio (Bonato et al., 2007). Le minacce principali per questa specie
riguardano il degrado e l’interramento dei corpi idrici (pozze per l’abbeverata).
Rospo comune (Bufo bufo) - Nel bellunese il rospo comune è ben distribuito ed è
considerato specie comune. In zona montana la specie frequenta formazioni
forestali intervallate a prati ed aree arbustive. Per la riproduzione utilizza differenti
ambienti acquatici: pozze d’alpeggio, stagni, raccolte d’acqua artificiali e corsi
d’acqua a debole corrente (Bonato et al.,2007). Tra le minacce si ha l’alterazione ed
il degrado dei siti sia riproduttivi (inquinamento dei corsi d’acqua, eliminazione degli
specchi d’acqua) sia di quelli utilizzati nella fase terrestre (banalizzazione del
paesaggio) provocando la riduzione delle popolazioni locali. La causa di mortalità
maggiore rimane il traffico automobilistico lungo le strade che dividono le zone di
svernamento dalle aree di riproduzione.
Rana temporaria (Rana temporaria) - La specie è distribuita in tutta la provincia di
Belluno ad una quota compresa tra i 200-300 ed i 2200 metri. Specie tipicamente
forestale, vive soprattutto in formazioni forestali di latifoglie, di conifere o miste del
piano montano, ma si trova anche oltre il limite della vegetazione in arbusteti,
pascoli e praterie che presentino pozze d’acqua; per la riproduzione utilizza una
grande varietà di specchi d’acqua (pozze, stagni, laghi, vasche antincendio, raccolte
d’acqua artificiali) e corsi idrici a lento scorrimento (Bonato et al., 2007). Fattori
negativi legati all’habitat sono l’abbandono dei pascoli (con la conseguente
cessazione della manutenzione delle pozze d’alpeggio) e l’immissione di pesci negli
stagni montani che ne predano larve e girini.
Orbettino (Anguis fragilis fragilis) - L’orbettino è il sauro più diffuso in Italia ed
anche nel bellunese.Ha grande valenza ecologica, predilige zone umide come la
lettiera delle più diverse formazioni forestali , anche se si può trovare in fresche
praterie di quota ed in macereti (Lapini, Cassol, Dal Farra, 1998). Nonostante non
sia una specie minacciata, l’orbettino soffre della banalizzazione del paesaggio
agrario tradizionale composto dall’insieme di aree coltivate, incolti, siepi e
macchioni.
Lucertola vivipara comune (Zootoca vivipara vivipara) - È una specie abbastanza
elusiva quindi, anche se la sua presenza appare localizzata, si ritiene che abbia una
maggiore diffusione, infatti la specie è ben distribuita sia all’interno della SIC-ZPS
sia nel resto del territorio provinciale. Specie prativa che vive dalla zona montana
fino al piano alpino, localmente può giungere anche a quote più basse; inoltre
predilige ambienti umidi, torbiere e zone di risorgiva (Lapini, Cassol, Dal Farra,
1998). Attualmente la lucertola vivipara non è in pericolo di conservazione, ma le
minacce che possono ricadere sulla specie sono legate alla modificazione di habitat,
in particolare l’assenza di massi, strati muscinali o tronchi morti sotto i quali sverna,
e l’utilizzo di biocidi che riducono drasticamente insetti ed anellidi dei quali si
alimenta.
RELAZIONE FORESTALE Dr. For. Claudio Frescura
36
Natrice dal collare (Natrix natrix) - è ben diffusa ovunque siano presenti zone
umide anche se è una specie euriecia, infatti, è solo moderatamente legata
all’acqua: i giovani selezionano ambienti umidi dove poter cacciare pesci, girini ed
invertebrati acquatici, mentre gli adulti si incontrano anche in zone aride e macereti
(Lapini, Cassol, Dal Farra, 1998).
Allo stato attuale non ha particolari problemi di conservazione grazie alla sua ampia
valenza ecologica, anche se regimazioni dei corsi d’acqua, inquinamento dei corpi
idrici ed eliminazione delle raccolte d’acqua le sono dannosi.
Marasso (Vipera berus) - E’ tipicamente montana, è distribuito su tutta l’area
alpina e in Veneto vive principalmente tra i 1200 e 1800 metri di altitudine (Bonato
et al., 2007). Frequenta terreni sassosi accidentati che presentino una rada
copertura arborea o arbustiva, mentre evita superfici scoperte ed uniformi come
pascoli intensamente sfruttati. Lo sfruttamento eccessivo del territorio e la
semplificazione del paesaggio sono una delle minacce principali della specie, ma
non è da sottovalutare anche la mortalità diretta da parte dell’uomo basata su
credenze errate.
Vipera comune (Vipera aspis) - Nel Veneto la specie è presente nei settori
prealpino ed alpino ed in genere è ben distribuita su tutti gli habitat favorevoli.
La specie frequenta versanti solatii, muretti a secco, casolari, macereti, bordi di
siepi, ma fattore importante è che sussistano tranquillità e abbondanza di prede
(Lombardi G. e Bianco F., 1983). Ulteriori problemi per questa specie sono il
massiccio utilizzo di biocidi in agricoltura che provoca la riduzione di
micromammiferi (i quali compongono la sua base alimentare), e l’ignoranza di
alcune persone che ritenendo l’aspide pericoloso ne uccidono gli esemplari.
AVIFAUNA
Vengono illustrate le varie specie di avifauna distribuite per ambiente a partire dal
fondovalle verso le cime dolomitiche.
EDIFICATO
In questa categoria ambientale sono compresi sia i nuclei abitati sia singoli edifici,
permanentemente o stagionalmente abitati.
Fra le specie più antropofile si ricordano la rondine (Hirundo rustica) e il balestruccio
(Delichon urbica) molto legate ai nuclei abitati storici sulle cui abitazioni si
tramandano generazioni di nidi rinnovati ogni anno. Il codirosso spazzacamino,
specie amante dei macereti di alta quota, è sorprendentemente una specie tipica di
questa categoria ambientale, poiché trova nelle fessure dei muri degli edifici e tra le
travi dei soffitti siti di nidificazione.
La ballerina bianca (Motacilla alba), altra specie nidificante nei tetti delle abitazioni,
si nutre di insetti cacciati sui prati, campi, orti circostanti.
ZONE APERTE DI FONDOVALLE
Nelle zone di fondovalle, connotate dalla presenza di aree prative per gran parte
ancora falciate che circondano i centri urbani, ma anche da boschetti ed aree
abbandonate con arbusti, la zoocenosi è abbastanza peculiare.
Le specie che nidificano nel prato non sono molte poiché la collocazione del nido sul
terreno in ambienti aperti aumenta considerevolmente i rischi di predazione. Per
RELAZIONE FORESTALE Dr. For. Claudio Frescura
37
questo l’utilizzo di tale tipologia da parte delle specie ornitiche avviene soprattutto
a scopo trofico. Tra gli uccelli osservabili, vi è il merlo (Turdus merula), la ballerina
bianca, il codirosso rondini, balestrucci, lo zigolo giallo (Emberiza citrinella), la
cesena (Turdus pilaris) che ricercano lombrichi ed insetti del terreno negli ambienti
aperti.
Una delle più importanti specie di questo ambiente è l'averla piccola (Lanius
collurio), specie di interesse comunitario ai sensi della Direttiva Uccelli ormai in
forte declino numerico rispetto ad un recente passato. Questa specie occupa ancora
quegli spazi aperti che posso garantire la caccia all’agguato di invertebrati,
lucertole e anche piccoli roditori.
Queste aree di fondovalle potrebbero essere frequentate anche dal raro gufo reale
(Bubo bubo), specie molto elusiva, ma più diffusa di quanto immaginato, che si
avvantaggia del mosaico di ambienti presenti nel fondovalle (prati, forre, foreste).
TORRENTI
La composizione dell’avifauna dei corsi d’acqua è piuttosto eterogenea. Le entità
maggiormente rappresentative sono legate allo strato arbustivo della vegetazione
ripariale: scricciolo, merlo e capinera. In particolare lo scricciolo ha una marcata
preferenza per i sottoboschi ombrosi ed umidi. La ballerina gialla (Motacilla cinerea)
e il merlo acquaiolo (Cinclus cinclus) sono specie esclusive degli ambienti torrentizi.
BOSCO MISTO DI AGHIFOGLIE E LATIFOGLIE
Il bosco misto di aghifoglie e latifoglie è uno degli ambienti più ricchi di specie e con
maggiore diversità nell’avifauna, grazie alla complessità strutturale della
vegetazione che, unitamente alla varietà specifica, determina un incremento delle
risorse spaziali e trofiche a disposizione dell’avifauna. Le specie presenti
appartengono sia ai consorzi forestali di aghifoglie che a quelli di caducifoglie. Tra le
prime sono da citare sparviere, nocciolaia, tordo bottaccio (Turdus philomelos),
tordela, cincia mora, cincia bigia alpestre, cincia dal ciuffo, regolo (Regulus regulus)
e ciuffolotto; tra le seconde vi sono capinera, merlo, cincia bigia e cinciallegra
(Parus major).
La presenza di picchio rosso maggiore e soprattutto di picchio nero è indicativa di
formazioni boschive caratterizzate da un avanzato grado di maturità.
L’abbondanza di specie legate allo strato arbustivo, come pettirosso, scricciolo,
merlo e capinera, è spiegata dal notevole sviluppo del sottobosco che di solito
contraddistingue questo ambiente.
In particolare dove sono presenti abete bianco e faggio l’avifauna è molto ricca e
diversificata, e comprende sia specie tipiche dei consorzi di latifoglie, come la ghiandaia, la
capinera, la cincia bigia (Parus palustris) ed il picchio muratore (Sitta europea), sia di quelli
misti e di conifere, ad esempio cincia mora, cincia dal ciuffo e regolo.
La maggior parte delle entità è legata alle chiome degli alberi, ma non mancano
quelle che nidificano nel sottobosco, come scricciolo, pettirosso e capinera.
FAGGETA
Accanto alle specie tipiche dei complessi di latifoglie, come la capinera, la cincia
bigia e la ghiandaia, compaiono specie legate ai boschi di aghifoglie, come cincia
mora e cincia dal ciuffo.
Ciò è da porre in relazione alla scarsa purezza delle faggete considerate, che
comprendono spesso piante isolate di aghifoglie e di altre latifoglie. L’esistenza di
una buona copertura da parte del sottobosco, dovuta alla diffusa ceduazione del
faggio ed alla presenza di altre essenze, si riflette sul popolamento avifaunistico con
RELAZIONE FORESTALE Dr. For. Claudio Frescura
38
la comparsa di specie, come pettirosso, scricciolo, merlo e la stessa capinera,
tipicamente legate allo strato arbustivo.
ARBUSTETI SUBALPINI
Nell’ARBUSTETO DI RODODENDRO viene osservata una notevole diversità
nell’avifauna oltre che una rilevante ricchezza. Va però chiarito che questa
ricchezza è in parte da mettere in relazione alla frequente presenza, di alberi isolati
o a gruppi, lembi di pascolo e emergenze rocciose. Alle specie tipiche dello strato
arbustivo, come scricciolo, luì piccolo (Phylloscopus collybita), passera scopaiola,
pettirosso e bigiarella, si affiancano uccelli di altri ambienti. Agli alberi sono legati
per la nidificazione e/o l’alimentazione di: organetto, cincia bigia alpestre, cincia
mora, fringuello, lucherino, pigliamosche (Muscicapa striata), rampichino alpestre,
crociere mentre ai pascoli spioncello e Culbianco (Oenanthe oenanthe) ed alle rupi
Gracchio alpino (Pyrrhocorax graculus) e codirosso spazzacamino (Phoenicurus
ocruros).
Al di sopra del limite del bosco, le vastissime distese di rododendro che hanno
colonizzato in questi anni i pascoli sottocaricati sono frequentate dal gallo forcello.
Le specie ornitiche dominanti la mugheta sono tutte tipiche dello strato arbustivo:
lui piccolo, scricciolo e passera scopaiola sono molto diffuse.
Laddove la mugheta includa salti di roccia con lembi di pascolo e alberi isolati si ha
la compagine delle cince e i Fringillidi; dove emergano rocce domina il codirosso
spazzacamino mentre, a contatto con le praterie, si ha spioncello, ballerina bianca e
culbianco.
Tali zone sono visitate dall’aquila reale (Aquila chrysaetos) e dal gheppio (Falco
tinninculus), durante le loro perlustrazioni alla ricerca del cibo.
LAGHETTO ALPINO
In questa categoria ambientale sono stati fatti rientrare, oltre agli specchi d’acqua,
anche le rive e la vegetazione delle sponde.
Lo scarso o inesistente sviluppo della vegetazione igrofila ripariale imposto dal
clima di montagna e la generale oligotrofia delle acque, non consentono ai laghi
presenti nell’area esaminata di garantire le risorse spaziali e trofiche necessarie
all’insediamento di entità acquatiche nidificanti. L’avifauna è quindi particolarmente
povera di specie e per di più nessuna di queste può essere definita propriamente
acquatica.
Solo la ballerina gialla è caratterizzata da un legame marcato nei confronti
dell’ambiente idrico, nidificando nei pressi di corsi d’acqua e laghi ed alimentandosi
di piccoli invertebrati che ricerca sulle rive.
PRATERIA/ PASCOLO
Nelle praterie al di sopra del limite della vegetazione arborea, in particolare nei
pascoli, sono presenti numerose specie. Tale ricchezza, ad una prima analisi, può
sorprendere data la semplicità strutturale di questo ambiente, ma in realtà oltre alle
specie che nidificano nei pascoli vi sono anche numerosi uccelli che frequentano
questo ambiente solamente a scopo alimentare.
Tipici del pascolo sono culbianco, spioncello e stiaccino, allodola (Alauda arvensis)
che pongono il nido sotto un ciuffo d’erba; così fa anche il prispolone (Anthus
trivialis), che è una specie ecotonale, della fascia di margine tra pascolo e bosco.
Tordela e merlo dal collare nidificano invece nel bosco ma ricercano sui pascoli
lombrichi ed insetti del terreno; anche i Fringillidi e altre specie osservate mostrano
RELAZIONE FORESTALE Dr. For. Claudio Frescura
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un comportamento analogo, anche se finalizzato ad attività trofiche diverse e più
occasionali.
L’offerta alimentare che il pascolo mette a disposizione è sia di tipo vegetale (semi
dei cardi) sia di tipo animale, in particolare invertebrati (ortotteri). È stato osservato
che vengono maggiormente frequentate le aree che confinano con il bosco, nelle
quali l’attività di ricerca del cibo è meno rischiosa poiché gli uccelli possono più
rapidamente sottrarsi agli eventuali predatori .
Fra i rapaci d’elezione che frequentano questi ambienti aperti a scopi trofici si
ricordano l’aquila e il gheppio. La presenza di gracchio alpino e corvo imperiale
(Corvus corax), classici spazzini che nidificano in ambienti rupestri, è da
considerarsi discontinua e inquadrabile nell’attività di ricerca del cibo.
Le PRATERIE DI ALTITUDINE occupano le aree di alta montagna, al di sopra dei
pascoli, ponendosi superiormente in contatto con gli ambienti rocciosi dove, a causa
dell’eccessiva altitudine, la vegetazione non può affermarsi.
La maggior parte delle specie nelle praterie sono strettamente legate per la
riproduzione e per l’alimentazione all’ambiente erbaceo: nidificano direttamente tra
i ciuffi delle praterie - spioncello, culbianco, e ballerina gialla - o nelle fessure di
qualche roccia affiorante, codirosso spazzacarnino e sordone (Prunella collaris). La
presenza di gracchio alpino, rondone comune (Apus apus), rondone alpino (Apus
melba), scricciolo, cuculo (Cuculus canorus), tordela ed organetto sono riferibili
prevalentemente ad individui che frequentano la prateria sommitale solo a scopo
trofico.
TUNDRA ALPINA
La tundra alpina costituisce uno stadio pioniero nella colonizzazione degli ambienti
detritici di alta montagna ed è caratterizzata da una vegetazione discontinua
formata da zolle composte da cespi erbosi o arbusti nani quali i salici (Salix spp.) e il
camedrio alpino (Dryas octopelala); frequenti sono anche i licheni. In questo
ambiente strutturalmente molto semplice, le risorse trofiche offerte dalla scarsa
vegetazione sono limitate e scarsa è la possibilità di ripari per la nidificazione
rispetto alla prateria o alle rocce.
Sono presenti poche specie come lo spioncello ed il codirosso spazzacamino. Regina
di tali aree è la pernice bianca (Lagopus mutus) che pare perfettamente “costruita”
per affrontare i lunghi mesi invernali nutrendosi di vegetali di scarso valore
nutritivo.
PARETI ROCCIOSE
In questa categoria ambientale sono comprese pareti rocciose e rupi di vario tipo,
accomunate dalla pressoché totale assenza di vegetazione. In alto, l'ambiente è
molto selettivo e permette solo a poche specie, molto specializzate, di trovare le
condizioni idonee alla vita, alla riproduzione e all'allevamento della prole. Se da una
parte viene offerta la possibilità di nidificare in nicchie inaccessibili ai predatori,
dall’altra sono a disposizione degli uccelli scarsissime risorse alimentari. Vi sono
specie dominanti tale di queste zone cacuminali come il sordone, il codirosso
spazzacamino, il rondone maggiore, il picchio muraiolo (Tichodroma muraria) e il
fringuello alpino (Montifringilla nivalis). Altre, gheppio, rondine montana e gracchio
alpino, sono tipiche delle zone rupestri.
Rupi e ghiaioni ospitano la pernice bianca, mentre l'aquila reale nidifica su
inaccessibili rupi poco disturbate.
RELAZIONE FORESTALE Dr. For. Claudio Frescura
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VERSANTE DETRITICO
Sui versanti detritici l’avifauna è fortemente caratterizzata dalla presenza di alcune
specie dominanti: codirosso spazzacamino, spioncello, sordone e gracchio alpino.
Mentre le prime tre specie nidificano certamente in questo ambiente, la presenza
del gracchio è probabilmente dovuta ad una frequentazione a scopo alimentare.
SPECIE OCCASIONALI
ERRATISMI
Saltuariamente è stato osservato l'avvoltoio degli agnelli (Gypaetus barbatus),
reintrodotto nel parco degli Alti Tauri.
MIGRATORI
Va segnalato, infine, che questo territorio si trova lungo una rotta migratoria degli
uccelli, in particolare fringillidi e turdidi, che d'autunno si spostano per raggiungere i
quartieri di svernamento nell'Europa meridionale.
I protagonisti di questo fenomeno sono lucherini, crocieri, fringuelli, peppole,
pettirossi, frosoni e molte altre specie ancora che invadono a stormi più o meno
consistenti le formazioni forestali e i prati del fondovalle in cerca di riposo e cibo nel
corso del viaggio. In primavera, quando la neve si è appena sciolta, i prati falciati
vengono visitati dai merli e dai Turdidi (merlo dal collare, tordela, tordo bottaccio,
tordo sassello, cesena), in transito verso i quartieri riproduttivi che possono essere
sia le quote più elevate dei massicci dolomitici, sia regioni a nord delle Alpi.
Il piviere tortolino (Charadrius morinellus) sosta qualche giorno, sulle praterie di alta
quota nel corso della migrazione che gli fa attraversare le Alpi nei periodi marzoaprile, durante la migrazione verso gli areali di nidificazione (Nord Europa), ed in
agosto-settembre quando si dirige verso le zone di svernamento (Africa
settentrionale).
A volte nei prati, qualche errabonda cicogna bianca (Ciconia ciconia) sosta, nel
corso del suo viaggio migratorio, arrestata il più delle volte dal brutto tempo.
Anche rapaci migratori come i succitati falchi pecchiaioli, frequentano prati di
fondovalle e praterie di alta quota durante la migrazione. Allora è possibile
osservare in modo sporadico e discontinuo albanelle, falchi di palude, falchi
pescatori.
SPECIE DI ALLEGATO I (DIRETTIVA UCCELLI 2009/147/CE)
Vengono illustrate in modo più dettagliato alcune specie precedentemente citate e
elencate nell’allegato I della Direttiva Uccelli 2009/147/CE.
Falco pecchiaiolo (Pernis apivorus) - è specie sporadica, ma diffusa nell’area
indagata. Nidifica in boschi, anche di limitata estensione, di latifoglie e conifere, puri
o misti, preferibilmente d’alto fusto confinanti con aree erbose aperte, ricche di
imenotteri; localmente in cedui in fase di conversione a fustaia (Brichetti P. e
Fracasso G., 2003).
Nel periodo post-riproduttivo (fine agosto-settembre) la provincia di Belluno è
interessata da una linea migratoria molto importante per la specie con conseguente
aumento (anche se temporaneo) del contingente della popolazione. Ogni attività
RELAZIONE FORESTALE Dr. For. Claudio Frescura
41
che possa ostacolare o rendere più difficile la migrazione risulta quindi dannosa per
il falco pecchiaiolo.
Aquila reale (Aquila chrysaetos) – osservazioni di tale specie sono state effettuate
anche sui principali rilievi montuosi della zona centro-settentrionale della provincia.
È specie legata ad ambienti rocciosi di alta montagna dove la nidificazione avviene
su cenge rocciose situate in luoghi tranquilli ed in un territorio ricco di praterie e
pascoli necessari per cacciare. Durante la stagione invernale può frequentare quote
inferiori, giungendo in zone pedemontane e collinari.
Una delle minacce per questa specie è rappresentata dal disturbo antropico sulle
pareti utilizzate per la nidificazione (arrampicata sportiva, sport aerei, lavori
forestali, elicotteri e caccia fotografica. Ma anche linee di funi tese sono
estremamente pericolose: soprattutto in condizioni di scarsa visibilità; può capitare
che alcuni individui si schiantino sugli impianti di risalita o su linee elettriche
(Winding N., Lindner R.).
Pernice bianca (Lagopus mutus) specie in forte calo numerico che nella provincia
di Belluno è distribuita in modo frammentato su alcuni massicci della porzione
centro-settentrionale della provincia. Le aree di presenza note sono piuttosto
frammentate (Ramanzin&Sommavilla, 2009).
In particolare, le aree più prossime all’area oggetto di analisi sono Il massiccio del
cernera-Piz del Corvo e l’area di Mondeval con il Bec di mezzodì (cartografia del
Piano Faunistico Venatorio Aggiornamento 2009-2014).
Frequenta zone di alta quota poste sopra il limite della vegetazione arborea formate
da pietraie, vallette nivali, salti di roccia, praterie rupicole e da formazioni di
arbusteti bassi e radi.
Le esigenze ambientali sono, come noto, ben definite e riguardano habitat che, a
meno di cambiamenti climatici, sono stabili. Le uniche alterazioni sono quelle
dovute ad un’eccessiva frequentazione umana (Ramanzin&Sommavilla, 2009)
Tra le minacce si ha un’elevata pressione turistica sulla aree di nidificazione.
Fagiano di monte (Tetrao tetrix) – in Provincia di Belluno (Ramanzin, 2004)
presenta la tipica struttura di un insieme di “sottopopolazioni” che non sono in
continuità geografica ma sono più o meno connesse dai fenomeni di dispersione di
individui da un nucleo di presenza all’altro (Ramanzin&Sommavilla, 2009). Le aree
di presenza a nord sono caratterizzate da un grado di connettività che appare, alla
luce delle recenti conoscenze sulle distanze di dispersione e sulle barriere agli
spostamenti della specie (Caizergues e Ellison, 2002), piuttosto buono.
In particolare l’area in oggetto di analisi interseca le popolazioni del Mondeval-Col
Duro-Col della Puina e del Col del Termen.
Questa specie generalmente vive in una fascia altimetrica compresa tra i 1200 ed i
2200 metri di quota. Durante il periodo riproduttivo, per le parate, frequenta zone
aperte, mentre nel resto dell’anno si trova in vari ambienti come lariceti, peccete e
abieteti, lariceti con picea e faggio, Pascoli (arbusti bassi),alnete di ontano verde,
mughete (associate a rododendro irsuto, mirtillo rosso, uva ursina). Le
caratteristiche più favorevoli alla specie sono quelle degli ambienti di transizione tra
il pascolo ed il bosco che sono spesso in evoluzione più o meno rapida, a seconda
delle condizioni locali, verso il rimboschimento od una fitta copertura arbustiva nelle
aree dove le attività zootecniche sono state abbandonate.
E’ prevedibile che, in assenza di interventi di manutenzione o miglioramento
ambientale, l’idoneità ambientale per la specie diminuirà in futuro
RELAZIONE FORESTALE Dr. For. Claudio Frescura
42
(Ramanzin&Sommavilla, 2009). La minaccia principale per la specie è quindi
l’avanzata del bosco con la riduzione delle aree aperte, ma anche una eccessiva
pressione venatoria agisce in modo negativo soprattutto sulle popolazioni a bassa
densità.
Gallo cedrone (Tetrao urogallus) – Si tratta di un tetraonide molto elusivo tipico di
ambienti forestali, non cacciabile. Le conoscenze sullo status delle popolazioni sono
pertanto molto scarse. Sulla base dei risultati emergenti in altre province confinanti,
tuttavia, e dell’evoluzione delle superfici forestali verso una maggiore
diversificazione strutturale e compositiva, si ritiene che la situazione della
popolazione sia migliore rispetto a quella registrata al momento della sospensione
del prelievo venatorio (Ramanzin & Sommavilla, 2009). La presenza di habitat
idonei alla specie, rende probabile la sua presenza all’interno dell’area analizzata.
Il bosco preferito dal gallo cedrone è quello misto, costituito da conifere e latifoglie,
ma con prevalenza di sempreverdi. La contemporanea presenza di piante mature e
stramature, di alberi giovani, di rinnovazione, di sottobosco, di chiarie (che
favoriscono la presenza di diverse piante frutticose) costituisce l’habitat ideale per
la specie (Abram S., 1987, De Franceschi, 1996). Le caratteristiche ambientali più
favorevoli sono quelle fornite da boschi con elevata diversità strutturale e di
composizione (Storch, 1997). E’ prevedibile che gli attuali orientamenti selvicolturali
possano favorire le condizioni ambientali per queste specie.
Anche per quanto riguarda le arene ed i punti di canto, alcune ricerche hanno
evidenziato le caratteristiche dei boschi in cui esse sono localizzate: piante maturestramature, densità media della copertura arborea, struttura coetanea su piccole
superfici, forte pendenza ed esposizione prevalente ad Est (C.Bogo e R.Dotta, in
Meneguz P.G., 2007)
I fattori di minaccia per questa specie sono la trasformazione dell’habitat sia
attraverso il taglio di alberi maturi e stramaturi di notevoli dimensioni diametriche
collocati nelle arene di canto, sia mediante l'eliminazione del sottobosco. Anche la
costruzione di impianti a fune, linee elettriche e il bracconaggio (Abram S., 1987)
sono costituiscono una minaccia alla specie. Inoltre il gallo cedrone appare
particolarmente sensibile al disturbo antropico: il traffico dei veicoli, principalmente
su sentieri e fuori da essi, la pratica di massa di attività sportive, i lavori
selvicolturali nelle arene, nei loro pressi e nelle zone di cova, la caccia fotografica
(Menoni, 1994);
Francolino di monte (Bonasa bonasia) – Come il gallo cedrone è un tetraonide
molto elusivo tipico di ambienti forestali, non cacciabile. Le conoscenze sullo status
delle popolazioni sono quindi molto scarse. Sulla base delle informazioni dalle
province confinanti, tuttavia, e dall’evoluzione delle superfici forestali verso una
maggiore diversificazione strutturale e compositiva, si ritiene che la situazione della
popolazione sia migliore rispetto a quella registrata al momento della sospensione
del prelievo venatorio (Ramanzin & Sommavilla, 2009). La presenza di habitat
idonei alla specie, rende probabile la sua presenza all’interno dell’area analizzata.
È una specie strettamente legata ad ambienti forestali e fondamentale è la
presenza di boschi misti con ricco sottobosco, piccole radure ed uno strato
arbustivo abbondante (mirtillo, nocciolo, rovo, biancospino, ontano e sorbo degli
uccellatori sono le specie più caratteristiche) (C.Bogo e R.Dotta, in Meneguz P.G.,
2007).
Le cause della rarefazione di questa specie sono numerose e riguardano da un lato
l’alterazione dell’habitat, provocata dalle moderne modalità di utilizzazione
RELAZIONE FORESTALE Dr. For. Claudio Frescura
43
forestale e dal progressivo abbandono delle pratiche agricole di media montagna,
dall’altro dall’elevata incidenza della predazione e dal modesto successo
riproduttivo della specie (C.Bogo e R.Dotta, in Meneguz P.G., 2007).
Coturnice (Alectoris graeca) – nel bellunese la specie è presente con consistenze
molto modeste e con una distribuzione molto frammentata su singole aree di ridotta
estensione. Le informazioni desumibili dai censimenti indicherebbero una
consistenza fluttuante (Ramanzin & Sommavilla, 2009).
Si trova principalmente nella zona centro-settentrionale della provincia: viene infatti
segnalata all’interno dell’area di analisi. Specie molto legata alla presenza di
affioramenti rocciosi, compenetrati a praterie ripide e soleggiate. Le aree di
svernamento sono caratterizzate da versanti scoscesi ed esposti a Sud e da pascoli
e/o coltivi a bassa quota che garantiscono il reperimento di fonti trofiche adeguate
mentre, nel periodo estivo, vengono interessate praterie xeriche a bassa
vegetazione, ricche di graminacee, con presenza di acqua, pietraie, sfasciumi di
rocce (Brichetti e Fracasso, 2004).
Il progressivo abbandono dell’agricoltura tradizionale di montagna e della pastorizia
in particolare hanno determinato un impoverimento dell’habitat ottimale per questa
specie, che tende a non frequentare pascoli con erba alta e praterie colonizzate da
arbusti. Un’altra minaccia consiste nella modificazione delle condizioni climatiche, in
particolare l’aumento della piovosità primaverile che danneggia il successo
riproduttivo della specie.
Gufo reale (Bubo bubo) – probabile la sua presenza su un’area vasta come quella
analizzata. Belluno, insieme a Vicenza, sembra essere la provincia veneta con il
maggior numero di individui di gufo reale e, a seguito di indagini svolte una decina
di anni fa, è stata stimata la presenza di circa 30 coppie (Mezzavilla e Scarton,
2005, in Mezzavilla F., Bettiol K. 2007). Nella provincia di Belluno il gufo reale
sembra essere più diffuso di quanto si possa effettivamente osservare, in quanto la
sua presenza è di difficile rilevamento per il carattere elusivo di questo strigide.
Nidifica in zone accidentate, caratterizzate dalla presenza di pareti, forre, calanchi e
affioramenti rocciosi bordati da alberi e arbusti e sovrastanti ampie vallate, altipiani
e zone aperte con coltivi, prati, frutteti, vigneti e incolti erbosi anche a poca
distanza da strade trafficate e centri abitati. Localmente utilizza anche cave inattive
o in uso. Per cacciare frequenta abitualmente ambienti aperti, pendii boscati e
discariche di rifiuti, anche a quote più elevate rispetto ai siti di nidificazione
(Brichetti e Fracasso, 2006).
Il gufo reale è tollerante al disturbo umano (Cramp S., Simmons K., 1985), ma
alcune attività possono avere gravi ricadute sulla presenza della specie. Le
principali minacce sono la riduzione dell’habitat ed in particolare dei territori di
caccia, il disturbo dei siti riproduttivi, il bracconaggio e la presenza di impianti a
fune e linee elettriche (in particolare nelle vicinanze del nido) che creano un
ostacolo al volo e contro i quali gli individui possono impattare.
Civetta nana (Glaucidium passerinum) - la provincia di Belluno ospita la
popolazione più consistente che, anche se con un numero esiguo di individui, si
colloca principalmente nella zona settentrionale della provincia. Frequenta le
peccete mature ed i boschi misti meno disturbati, dove sono presenti cavità,
scavate dai picchi (in particolare picchio rosso maggiore), per la nidificazione o per
trovarvi rifugio nei mesi invernali.
RELAZIONE FORESTALE Dr. For. Claudio Frescura
44
Le minacce sono il disturbo delle zone di nidificazione (boschi disetanei a
composizione naturale con disponibilità di piante con cavità). Fondamentale risulta
la presenza dei picchi.
Civetta capogrosso (Aegolius funereus) - la specie sembra in espansione in tutta
la provincia di Belluno che ospita la popolazione più numerosa di tutto il Veneto.
Specie strettamente legata, dal punto di vista ecologico, all’espansione del picchio
nero in quanto nidifica nelle cavità scavate dal picide. Nidifica nei complessi
forestali di conifere maturi e disetanei a evoluzione naturale, vegetanti su versanti
esposti a nord o in valli fredde, spesso con presenza di ampie radure e affioramenti
rocciosi. Densità buone si rilevano in abetine miste a faggi (Fagus sylvatica),
peccete non troppo fitte, pure o miste a larici (Larix decidua) o abeti bianchi (Abies
alba), discrete in boschi misti di pino cembro (Pinus cembra) e larice, scarse in
lariceti puri e faggete montane (Brichetti e Fracasso, 2006).
La minaccia principale per questo strigiforme consiste nell’abbattimento di piante
con cavità scavate dal picchio nero. Da tener conto che ogni fattore limitante per
quest’ultimo (principalmente modificazioni di habitat) compromette la presenza
della civetta capogrosso.
SPECIE
PERIODO
RIPRODUTTIVO
Gen. Feb.
Mar.
Apr. Mag. Giu.
Lug. Ago. Sett.
corteggiamento
Lagopus mutus helveticus
deposizione /incubazione
allevamento prole
corteggiamento
Tetrao tetrix tetrix
deposizione /incubazione
allevamento prole
corteggiamento
Tetrao urogallus
deposizione /incubazione
allevamento prole
corteggiamento
Alectoris greca saxatilis
deposizione /incubazione
allevamento prole
corteggiamento
Aegolius funereus
deposizione /incubazione
allevamento prole
corteggiamento
Glaucidium passerinum
deposizione /incubazione
allevamento prole
corteggiamento
Dryocopus martius
deposizione /incubazione
allevamento prole
Tabella 4: Calendario biologico delle specie di Allegato I considerate
RELAZIONE FORESTALE Dr. For. Claudio Frescura
45
MAMMIFERI
I vasti ed ininterrotti boschi, ospitano una popolazione di micromammiferi che
vanno ad occupare varie nicchie ecologiche (sia specie terricole sia specie
arboricole) che fungono da base per l’alimentazione di numerosi predatori (uccelli,
mammiferi e rettili).
La presenza di roditori terricoli come arvicola rossastra (Clethrionomys glareolus)
tipico roditore forestale, e topo selvatico dal collo giallo (Apodemus flavicollis)
favorisce una serie di carnivori come la donnola (Mustela nivalis) mustelide che vive
in quasi tutti i tipi di habitat, con esclusione delle aree montane sommatali.
Fra i roditori arboricoli, si osservano spesso lo scoiattolo (Sciurus vulgaris) e il ghiro
(Myoxus glis), che è la specie più comune e ampiamente diffusa, e il raro ed elusivo
driomio (Dryomys nitedula), un piccolo ghiro legato a boschi di conifere umidi e con
un ricco sottobosco (Locatelli&Paolucci, 1998). Abile predatore di questi animali, la
martora (Martes martes), animale schivo e riservato, si muove furtiva di notte alle
ricerca delle prede, che cattura anche arrampicandosi sugli alberi.
Negli arbusteti subalpini, mugheta con emergenze rocciose, è presente il quercino
(Eliomys quercinus), un ghiro che ama le zone rocciose. Sui versanti detritici è
presente l’ermellino (Mustela erminea), mustelide molto agile ed elusivo che si
nutre di roditori di macereto e prateria alpina come l’arvicola delle nevi (Chionomys
nivalis).
Le praterie sono soprattutto l'habitat di elezione della marmotta alpina (Marmota
marmota), le cui colonie sono ben conosciute dall'aquila reale, il suo predatore più
temuto.
Vengono dettagliate alcune specie di interesse venatorio
Lepre variabile (Lepus timidus) - Specie tipica degli ambienti di alta quota fra il
limite superiore del bosco (in particolare lariceto) e praterie. Diffusa in gran parte
dei rilievi della provincia, nella porzione nord-occidentale della provincia i nuclei di
presenza appaiono piuttosto ampi e abbastanza connessi. I censimenti effettuati
dalle Riserve alpine di caccia suggeriscono una tendenza verso la diminuzione, ma
non sono affidabili per quanto riguarda la stima, o l’ordine di grandezza, della
consistenza,
per
cui
mantengono
un
valore
puramente
indicativo
(Ramanzin&Sommavilla, 2009).
Lepre europea (Lepus europaeus) - La specie è diffusa in tutto il territorio
provinciale, anche se con densità molto variabili. I risultati disponibili indicano una
tendenza leggermente positiva della popolazione (Ramanzin&Sommavilla, 2009).
Le esigenze ambientali della specie sono ben definite, e l’abbandono delle attività
agricole tradizionali con l’intensificazione colturale nelle aree favorevoli e
l’abbandono delle praterie seguito dal rimboschimento nelle aree marginali hanno
progressivamente diminuito gli habitat idonei alla lepre (Smith et al., 2005).
Capriolo (Capreolus capreolus) - Il capriolo è presente in tutte le aree idonee
della provincia di Belluno, anche se con densità piuttosto variabili, con densità
minori a nord. La porzione meridionale della provincia offre condizioni nettamente
migliori per il capriolo rispetto a quella settentrionale (Ramanzin&Sommavilla,
2009).
RELAZIONE FORESTALE Dr. For. Claudio Frescura
46
Ungulato tipicamente di habitat ecotonali, frequenta sia zone aperte sia formazioni
forestali, rimanendo comunque strettamente legato a situazioni con cespugli che
possano offrire riparo e germogli.
Le minacce variano a seconda della zona, presso le zone più antropizzate sono più
importanti le cause di morte per azione dell’uomo (investimenti stradali) mentre,
soprattutto nella parte settentrionale della provincia, prevalgono quelle della
natura.
Cervo (Cervus elaphus) –allo stato attuale il processo di colonizzazione del territorio
provinciale, , si può considerare ormai completato, anche se la specie è presente
con densità localmente molto varie che nella parte settentrionale della provincia
(che comprende l’area oggetto di analisi) registra densità sicuramente molto più
elevate rispetto alla parte meridionale, ultima ad essere colonizzata
(Ramanzin&Sommavilla, 2009).
Si tratta di una specie molto adattabile che frequenta una serie di habitat fra i più
disparati dal fondovalle sino alle praterie d’alta quota.
E’ ben noto che il cervo può esercitare un notevole impatto sulla vegetazione
forestale, sulle colture agrarie, e sulle comunità vegetali ed animali in genere
(Ammer, 1996; Baines et al., 1997; Mc Shea et al., 1999, Smit et al., 2001), e che
può anche essere causa di incidenti stradali con conseguenze molto più gravi di
quelli provocati dal capriolo (Groot Bruinderink and Hazebroek, 1996).
Camoscio (Rupicapra rupicapra) – La parte settentrionale della provincia, e con
essa l’area oggetto d’indagine, corrisponde al tradizionale ambiente di diffusione
della specie, mentre quella meridionale mostra tratti più tipici delle recenti aree di
colonizzazione prealpina, come la bassa quota, l’elevata boscosità (di latifoglie) e la
pendenza notevole (Ramanzin&Sommavilla, 2009).
L’area interessata dall’indagine si caratterizza per le alte quote, la grande presenza
di aree a prevalenza di roccia, la media incidenza dei boschi, improduttivi e
praterie.
La specie è infatti tipica di praterie di alta quota che abbiano nei pressi zone di
riposo e rifugio (rocce, macereti, nevai).
Tra le minacce la rogna sarcoptica rappresenta un fattore che nel medio periodo
determina oscillazioni locali, con cali o anche crolli della consistenza, seguiti però da
una ripresa.
Per quanto riguarda, nel dettaglio, il gruppo montuoso del Pore-Pelmo (Censito dal
2005) il n. di soggetti censiti (media e DS) è di 297±28. la presenza di rogna
sarcoptica è ormai residua e la tendenza recente della popolazione è di essere
stabile.
Cinghiale (Sus scrofa) - Il cinghiale è ancora presente in maniera discontinua sul
territorio provinciale, soprattutto nella parte settentrionale. La notevole potenzialità
riproduttiva della specie fa prevedere per il futuro, in assenza di interventi di
controllo efficaci, una ulteriore crescita e diffusione (Ramanzin&Sommavilla, 2009).
RELAZIONE FORESTALE Dr. For. Claudio Frescura
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CRITICITA'
Figura 40: Mappa delle criticità
RELAZIONE FORESTALE Dr. For. Claudio Frescura
48
L’intervento è vasto e le tipologie forestali che vengono intercettate sono molteplici,
ma alcune risultano più vulnerabili di altre sia per la loro stabilità che per la valenza
ecologica; tali aree andrebbero evitate o quantomeno considerate con maggior
attenzione e studio nella fase progettuale definitiva. Si descrivono sinteticamente
queste aree, la cui localizzazione è riportata in mappa (Figura 40).
Area n.1
Passaggio del torrente Boite e area di partenza della seggiovia Geralba-Funes –
vengono interessate delle formazioni ripariali considerate habitat prioritario nella
classificazione Natura 2000 (R/07 Studi ambientale propedeutico alla VIncA). Il
passaggio comporterà la realizzazione di opere di sostegno necessarie alla struttura
del ponte che andranno collocate in fase definitiva preferibilmente al di fuori di
queste aree. Dal punto di vista paesaggistico le opere murarie vanno rivestite in
sassi prevedendo alcune barriere visive dell’area di partenza con quinte arboree di
latifoglie nei pressi delle sponde e conifere verso la parte più interna.
Relativamente al parcheggio, trattandosi comunque di un contesto forestale, sono
preferibili pavimentazioni drenanti e la salvaguardia del maggior numero possibile
di soggetti arborei.
Area n.2
Piste e impianti sfiorano o attraversano alcune aree umide nei pressi delle molteplici
risorgive che si incontrano; sarà necessario prendere in considerazione alcune
deviazioni e nel caso non fossero tecnicamente possibili, evitare tutti gli interventi
di modellazione del terreno e il passaggio dei mezzi, ponendo particolare attenzione
anche a non intercettare le vene d’acqua che alimentano tali aree. Tuttavia,
durante la stagione invernale con terreno gelato, i mezzi batti neve non dovrebbero
arrecare evidenti perturbazioni, si assisterà invece ad un leggero ritardo dello
scioglimento della neve.
Area n.3
Un ampia area con neoformazioni dense, il rischio che si inneschino schianti dopo
l’apertura della pista è elevato, pertanto sarà opportuno diradare anche la
superficie a bosco restante, lasciando le piante che fisiologicamente risultano
migliori. Per non lasciare un margine netto conviene movimentare la linea di taglio
creando anche alcune piccole buche che conferiranno un aspetto più naturale al
margine.
Area n.4
Va posta attenzione nella scelta dell’itinerario cercando di rilasciare i soggetti di
Pinus Cembra quasi sempre collocati sulle sommità di massi o ceppaie.
Area n.5
Area a pascolo che verrà completamente rimaneggiata, tuttavia, vista l’abbondante
presenza di deschampsia, il danno è limitato anche se si dovrà fare particolare
attenzione, nella fase di inerbimento, ad usare specie autoctone consone alla
stazione e alla quota.
Area n.6
Aree a nardeto, habitat prioritario, pertanto conviene ridurre al minimo la
modellazione del terreno, nell’ampia fascia a prato attraversata dall’impianto
RELAZIONE FORESTALE Dr. For. Claudio Frescura
49
sarebbe opportuno collocare i piloni della seggiovia ai margine di questa per evitare
il più possibile scavi e modellazioni dell'area.
Area n.7
La fascia di mugheta (habitat prioritario) e i ghiaioni che si attraversano
costituiscono una formazione tipica degli ambienti dolomitici di alta quota; trattasi
di formazioni dalla elevata valenza ecologica, importanti dal punto di vista
idrogeologico, vegetazionale e faunistico. Qualsiasi tipo di perturbazione, vista la
quota, comporta interventi di ripristino lunghi e non sempre efficaci. Anche dal
punto di vista paesaggistico l’area delle Rocchetes costituisce un area
particolarmente visibile lungo la statale da Vodo a San Vito. Particolare attenzione
andrà fatta nella scelta della soluzione tecnica che preveda il minor numero di piloni
e nella scelta del percorso della strada di servizio che utilizzi le aree prative e le
buche presenti nella mugheta, anche se la lunghezza del percorso dovesse risultare
maggiore.
Area n.8
Area prativa intervallata da risorgive e da alcune torbiere basse alcaline: si devono
evitare il più possibile le modellazioni del terreno e fare attenzione a non
interrompere le sorgenti che alimentano le torbiere.
Area n.9
Praterie silicatiche di alta quota intervallate da rodoreti: vista la quota e il breve
periodo vegetativo, è molto probabile che le operazioni di ripristino del cotico siano
onerose e con poche probabilità di successo, si consiglia di ridurre il più possibile la
modellazione del terreno e nel caso, accantonare a lato dei lavori le zolle
accuratamente tolte, le quali andranno riposizionate il prima possibile a lavori
eseguiti; l’operazione avrà sicuramente un costo elevato ma il successo di ripristino
del cotico sarà probabilmente maggiore. Anche la scelta del periodo in cui eseguire
queste operazione è importante (al di fuori del periodo vegetativo lo stress dovuto
all'estirpazione è sicuramente minore).
Le aree sommitali sono battute dai venti, ne sono testimonianza alcune erosioni
sulle sommità dei crinali, pertanto la presenza del cotico è maggiormente
importante affinché non si inneschino altri fenomeni erosivi.
Area n.10
Tratto caratterizzato da risorgive e torbiere basse alcaline o di transizione. Saranno
da evitare il più possibile modellazioni del terreno.
Area n.11
La pista si sviluppa lungo uno stretto crinale caratterizzato da formazioni pioniere,
spesso su ripidi versanti; i movimenti terra saranno cospicui e particolare attenzione
dovrà essere data al ripristino ambientale.
Area n.12
Si tratta di una radura suddivisa fra torbiera nella parte bassa e un ex pascolo ricco
di Nardus stricta. Il passaggio della pista non comporterà, vista la dolce morfologia,
alcun scoticamento, tuttavia sarebbe opportuno evitare tale radura almeno con il
passaggio di eventuali impianti di innevamento.
RELAZIONE FORESTALE Dr. For. Claudio Frescura
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RIPRISTINO AMBIENTALE
Il rinverdimento delle piste è una delle parti più delicate del progetto in quanto la
sua non riuscita rende l’intero progetto criticabile per molti aspetti. I fenomeni di
erosione evidenti e localizzati possono essere arginati mediante la realizzazione di
opere di drenaggio puntuali, mentre l’erosione diffusa e superficiale, dovuta alla
mancanza di un adeguato cotico erboso, può essere interrotta efficacemente solo
con il ripristino dello strato erboso. L’erosione diffusa genera nel tempo solchi di
erosioni profondi e dissesti anche di una certa importanza.
Non si dimentichi, inoltre, dell’importanza del rinverdimento per ridurre l’impatto
visivo di una pista da sci; a poco serve la ricerca di percorsi che seguono la naturale
morfologia del terreno o che cercano di toccare marginalmente le zone a bosco o
aree di particolare pregio, se poi il risultato finale è una striscia di sassi o terra
intervallata da chiazze di fasce erbose stentate e miste con specie fuori luogo.
La vegetazione erbacea, che presenta spiccate attitudini colonizzatrici, è molto
importante per limitare l’azione erosiva delle acque meteoriche e per giungere alla
stabilizzazione del terreno. Il cotico erboso, inoltre, produce sostanza organica che,
unitamente a favorevoli condizioni climatiche, permetterà la formazione di uno
strato di humus adatto all’insediamento di specie pioniere autoctone sia arbustive
che arboree.
Le tecniche di inerbimento solitamente utilizzate per questi tipi di intervento sono:
1. la semina a spaglio con miscuglio di sementi idonei o utilizzando del fiorume
locale, se disponibile, su strato precedentemente modellato di terreno
vegetale, successivamente ricoperto da uno strato di fieno o paglia per
mantenere l’umidità e proteggere le sementi
2. l'idrosemina, ovvero lo spruzzo ad alta pressione di sementi mescolate a
sostanze nutritive preferibilmente su un letto di substrato vegetale.
La semina a spaglio è adatta su ampie superfici dalla pendenza non elevate, mentre
l'idrosemina è indicata per le scarpate scoscese e ad elevata pendenza.
Queste tecniche sono idonee per tutte le aree analizzate, tuttavia nelle praterie di
alta quota (vedi Ruoibes, Prendera, Col de le Steles), dove l’attecchimento delle
sementi e la crescita del cotico erboso è vincolata dal breve periodo vegetativo e
dalle condizioni estreme, si consiglia di procedere nel modo descritto di seguito:
• innanzitutto evitare, per quanto possibile, le modellazioni del terreno e
prevedere delle piste preferenziali per il transito dei mezzi
• procedere meccanicamente ad accantonare lateralmente le zolle dell’area in
cui si interviene
• procedere con le operazioni di scavo o modellazione posizionando
eventualmente il materiale di scavo sul lato opposto a quello dove sono state
posizionate le zolle
• riposizionare le zolle procedendo a ritroso a fine dei lavori e ripulire dalla terra
e dai sassi le parti a prato su cui erano state posizionate temporaneamente le
zolle o il terreno di scavo
• integrare eventualmente con semina a spaglio
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Se i tempi fra l’estirpazione della zolla e il riposizionamento sono brevi e se siamo
anche in riposo vegetativo il successo dell'operazione dovrebbe essere garantito.
Questa operazione sicuramente comporta un incremento di giornate lavorative sia
del mezzo meccanico che dell’operaio, tuttavia è presumibile che alla fine
dell’intervento o al massimo dopo un anno, non si notino sostanziali differenze con il
pascolo circostante.
Si consiglia di eseguire i lavori o all’inizio del periodo vegetativo, non appena la
neve si è sciolta, o in autunno e comunque di non far passare molti giorni tra
l’asportazione delle zolle e i loro riposizionamento.
Nella semina a spaglio si dovranno assolutamente evitare miscugli con semi di
specie alloctone.
E’ preferibile creare scarpate a bassa pendenza anche a discapito di una maggior
area di intervento; i successi di ripristino sono maggiori e si riducono le possibilità di
cedimento e caduta di materiale dalla scarpata.
RIDUZIONE DI SUPERFICIE BOSCATA
La realizzazione di piste e impianti comporterà una riduzione di superficie boscata
pari a 73.3 ha (bosco e arbusteto), in tabella si riporta la suddivisione dei vari
interventi per tipologia di uso del suolo e per proprietà.
La L.R. 25/1997 art. 1 comma 2 (modifica art. 15 della L.R. 52/1978) prevede la
possibilità di compensare la perdita delle funzioni di interesse generale svolte da
una superficie boscata oggetto di riduzione, mediante l’adozione di una delle
seguenti misure:
 destinazione a bosco di almeno altrettanta superficie;
 miglioramento colturale di una superficie forestale di estensione doppia
rispetto a quella ridotta;
 previo versamento in un apposito fondo regionale afferente al capitolo
denominato “Rimborsi ed introiti diversi”, di un importo pari al costo del
rimboschimento di una superficie uguale a quella di cui si chiede la riduzione.
La migliore soluzione è indubbiamente il miglioramento colturale su una superficie
doppia e, per quanto possibile, sarebbe auspicabile eseguirlo nei boschi adiacenti
che, in molti casi, spesso necessitano di questi tipi di interventi (sfolli, diradamenti
alti, bassi e misti, ripuliture). In questo modo, si andrebbero a stabilizzare i margini
che spesso sono soggetti a schianti per la mancanza della protezione degli alberi
adiacenti. Il miglioramento colturale ha lo scopo di riequilibrare l'apparato radicale e
lo sviluppo della chioma.
Nelle situazioni di bosco disetaneo o multiplano, tipo il piceo-faggeto, la creazione di
un margine è meno evidente poiché gli individui sono presenti nelle diverse classi
cronologiche e hanno la chioma ben sviluppata fin dai primi metri del fusto.
Quando invece il popolamento ha una struttura coetanea, la chioma tende a
svilupparsi nell'ultima parte dei fusti e l'apparato radicale ha una estensione ridotta
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per la concorrenza degli alberi vicini; in questi casi il miglioramento colturale
salvaguarda le piante rimaste e rende meno impattante il limite bosco-pista.
SUPERFICIE
BOSCATA
ARBUSTETO
PRATERIA
PASCOLO
IMPRODUTTIVI
TOTALE
DEMANIO IDRICO
0.3206
0.0046
0.1299
0.10
0.5545
PROPRIETA'
PRIVATA
16.7256
0.0000
3.7061
0.04
20.4735
REGOLA GRANDE
6.5301
0.7250
22.6359
0.64
30.5292
REGOLA DI
CHIAPPUZZA
2.2604
0.0000
0.0000
0.0000
2.2604
REGOLA DI
VALLESELLA
20.5812
0.0000
0.0722
0.38
21.0350
REGOLA DI SELVA
E PESCUL DI
CADORE
19.5956
0.0000
4.1184
2.39
26.1030
REGOLA DI BORCA
DI CADORE
5.1329
1.4522
5.0058
0.58
12.1728
TOTALE
71.1465
2.1818
35.6683
4.13
113.13
Tabella 5: Superfici, espresse in ettari (ha), interessate dagli interventi.
Per rendere meno evidente il margine è preferibile creare anche alcune buche come
ad esempio tagliando tutti gli alberi maturi in quelle aree dove siamo in presenza di
rinnovazione affermata; dopo il taglio le chiome degli alberi tenderanno a
svilupparsi nella direzione della luce e la rinnovazione tenderà a collocarsi nelle
radure o lungo i margini.
Nella mugheta vanno create delle radure irregolari, anche se ciò comporta una
maggior superficie tagliata, collegate fra loro formando dei corridoi di penetrazione
che renderanno meno evidente l'intervento.
CONCLUSIONI
Il comprensorio sciistico San Vito-Pescul rende necessario un intervento che
comporta una serie di modifiche del territorio e del paesaggio; l'aspetto più
evidente è la riduzione di superficie boscata (71 ha), mentre i pascoli e le praterie
(circa 35 ha) fondamentalmente rimarranno tali in caso di idonei interventi di
ripristino del cotico. La riduzione di superficie boscata va a creare nuove aree
prative al di sotto del limite della vegetazione, dove le condizioni ambientali sono
ancora tali da permettere un veloce e certo cambio di habitat o va ad interessare
quelle situazioni in cui la ricolonizzazione forestale non ha ancora creato una
situazione stabile, presentando alcune caratteristiche tipiche dei vecchi pascoli che
ne facilitano il ritorno allo stadio precedente.
Al di sopra del limite della vegetazione le condizioni ambientali sono tali da rendere
lenta e difficile la “cicatrizzazione” di ogni ferita; sono queste le situazioni in cui, in
fase definitiva-esecutiva, si dovrà porre attenzione sia nella scelta dell'intervento
meno gravoso che nei tempestivi interventi di ripristino ambientale.
RELAZIONE FORESTALE Dr. For. Claudio Frescura
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Relativamente alla fauna particolare attenzione, soprattutto nelle fasi di
realizzazione, dovrà essere posta nella scelta del periodo in cui eseguire i lavori; le
specie presenti sono molte e dunque si dovranno evitare le operazioni nel periodo
degli amori almeno per le specie più sensibili. Il disturbo successivo legato ai mezzi
battipista, impianti, strutture ricettive e sciatori è inevitabile; si faccia dunque
attenzione nella scelta degli orari di battitura delle piste e si cerchi di evitare lo sci
fuori pista.
Dal punto di vista paesaggistico possiamo distinguere due tipi di percezione del
paesaggio:
1. quella dell'osservatore lontano che nota maggiormente i macro cambiamenti,
come ad esempio le piste all'interno delle aree boscate o la linea disboscata
lungo un impianto, e meno le infrastrutture quali piloni, stazioni di arrivo o
partenza
2. quella dell'osservatore vicino che percorre a piedi un sentiero e nota i
particolari degli elementi non naturali quali i piloni, reti, pali, sistemi di
innevamento, aree degradate ecc..
Poco può essere fatto a livello di osservazione da lontano se non rinverdire le piste,
colorare i piloni in modo tale che si confondano con l'ambiente limitrofo, scegliere
tracciati nascosti ai punti di osservazione più frequentati e altro; mentre di più si
può fare per ridurre gli elementi non naturali come, ad esempio, toglierli a fine
stagione invernale (reti, pali, idranti, seggiolini degli impianti ecc). Per queste
ragioni è anche indispensabile porre molta attenzione al ripristino di un idoneo
cotico erboso.
Si ricorda anche che il comprensorio verrà realizzato per stralci, diluendo quindi nel
tempo le modifiche e il disturbo all'ambiente.
Altro elemento da prendere in considerazione è la viabilità di cantiere o di servizio
agli impianti; anche questo aspetto dovrà tenere conto dei sistemi ambientali che
verranno attraversati e della funzionalità che potrebbero avere al di fuori del
sistema piste, come ad esempio di servizio alle superfici boscate non ancora
servite. Prima di creare una nuova viabilità forestale è auspicabile utilizzare e
sistemare l'esistente.
L'area in oggetto è tutelata da vari vincoli (descritti nei primi capitoli) alcune volte
ridondanti; quindi ogni prescrizione dettata da piani di tutela o gestione andrà presa
in considerazione nella eventuale fase di progettazione definitiva.
RELAZIONE FORESTALE Dr. For. Claudio Frescura
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