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Ha ballato anche Obama col folk dei De Dannan
SPETTACOLI 17 29 agosto Ha ballato anche Obama col folk dei De Dannan Frankie Gavin (il secondo da destra) e i De Dannan Stasera la festa finale con la band irlandese di Frankie Gavin, che nel 2011 suonò davanti al presidente Usa Il filo che ha condotto Frankie Gavin e i mo». Lui stesso queste domande se le pone, De Dannan al Meeting è frutto di una cena e vede nella musica un ottimo veicolo per che è tutta da immaginare, una di quelle se- stimolarle: «Quando senti i brani di Morricorate dove chiunque vorrebbe poter trovare u- ne rimani a bocca aperta: come è possibile na sedia e accomodarsi ad tanta bellezza? Ed è soltanascoltare. Da una parte Ento un uomo». nio Morricone, reduce da Una domanda che acIl gruppo è nato un concerto a Dublino, dalcompagna con frequenza le a Galway negli anni giornate di Frankie, che il l’altra loro, band irlandese attiva da decenni, un comSettanta, ha inciso violino lo tiene in mano plesso che fa ballare folk e quasi tutti i giorni da quandecine di album musica celtica dagli anni do è ragazzo, ed erano anSettanta più o meno ovune ora mette assieme cora gli anni Sessanta. Di lì que nel mondo. Per intena poco, era il 1975, avrebbe artisti da tutta derci, quando nel 2011 Odato vita ai De Dannan, asl’Irlanda bama arrivò in visita a Mosieme ad altri musicisti che neygall, paesino di 300 anicon frequenza partecipavame della campagna irlandeno alle sessions di un pub se da cui provenivano gli avi del presidente di Galway, una di quelle serate in cui ci si americano, ad accoglierlo c’era proprio il prende una birra e si suona qualcosa. Da alcomplesso di Frankie, che poi ha avuto pure lora di concerti ne sono passati, decine sono il lusso di brindare una Guinness col leader stati gli album incisi. Col tempo, la band ha della Casa Bianca. Ma dicevamo della cena. Da un lato loro, dall’altro Morricone. In mezzo John Waters, giornalista che già conoscevano. Al tavolo c’è anche Otello Cenci, responsabile degli spettacoli del Meeting. Ci scappano due parole su questo evento in Italia: fine agosto, una marea di gente, interesse spiccato già negli anni precedenti per la musica irlandese, capace di tenere insieme tradizione e nostalgia, divertimento e mancanza. Diventa un invito per la serata finale: avere Frankie Gavin e i De Dannan per la festa conclusiva del Meeting. Loro s’incuriosiscono e accettano. «Devo essere sincero. Ho sentito parlare del Meeting, ma non so ancora a cosa andremo incontro». È ancora sul pulmino che lo porterà in Fiera Frankie, e tra un accenno al concerto di oggi e i ricordi dei suoi precedenti in Italia lascia intendere tanta curiosità verso l’evento di Rimini: «So che qui si parla di spiritualità e senso religioso, elementi che sono interessanti per la vita di ogni uo- cambiato conformazione ed elementi, e ora è una piena boccata d’Irlanda in musica, garimasto lui, Gavin, affiancato da strumenti e rantisce Frankie, buttando l’occhio fuori dal artisti da tutta Irlanda: alla fisarmonica c’è finestrino verso lo sciamare di gente che inBarry Brady, che viene dalle campagne di travede all’arrivo in Fiera. Proporranno un Roscommon, il contrabbasrepertorio vario, unendo le so invece è quello di Paul note di alcuni brani di muO’Drisceoil da Kinvara, sica classica riarmonizzati mentre dalla verde Per Frankie Gavin allo stile irlandese con balKilkenny arriva la chitarra tradizionali dall’Isola il folk è un mantra late di Colm O’Caoimh. E infiVerde, inframezzando alcune, c’è Michelle Lally, pu- piacevole: «È musica ne canzoni composte dai re lei da Galway, che in Irche salparono neleccitante, per tutti. migranti landa chiamano “la voce di l’Ottocento verso gli Stati Anche perché arriva Uniti e tornate poi a Dubliun angelo”. Appuntamento quindi a no una volta celebri. Il tutdal cuore» stasera all’Auditorium Into, ovviamente, saprà di tesa Sanpaolo D5, a partire folk, che per Frankie Gavin dalle 21.45. Ingresso gratis è un mantra piacevole. Si perché possa essere una festa per tutti, pron- potrà anche dire che è musica tradizionale e ti a farsi affascinare dal violino di Gavin, ce- datata, «ma la gente balla sempre. È eccitanlebre per la rapidità d’esecuzione e per i vir- te, per tutti. Anche perché arriva dal cuore». tuosismi tipici della scuola di Galway. Sarà Emmanuele Michela Linus: «Finalmente qui» Linus, il disc jockey più famoso d’Italia, direttore di RadioDeejay, si definisce «pragmatico» e lontano dalla fede. Eppure era da un po’, ammette, che sperava di essere invitato al Meeting: «Conoscevo questo evento dall’esterno, una volta ero venuto da curioso, ma avevo voglia di confrontarmi con il vostro pubblico». Mercoledì sera è stato intervistato a tutto campo, per più di un’ora, dal giornalista de La Stampa Marco Bardazzi. Si è parlato di musica innanzitutto, quella ascoltata nell’adolescenza fino ai successi dei giorni nostri. Del mondo dei giovani, con i loro «canali televisivi personali», cioè i social, «che ci fanno peccare di vanità». Per i suoi figli si augura «che siano felici, in che modo non importa». Linus ha anche rivelato alcune sue fragilità: «Esser famoso può complicare la vita. La gente vuol solo ridere e questo a volte mi costringe a tenere dentro le fatiche di tutti i giorni». Niccolò De Carolis La copertina del disco “Rossa sera, Belo Horizonte”, che raccoglie brani di Robi Ronza, Adriana Mascagni, Marina Valmaggi e altre voci Nella sigla del Meeting la nostalgia per chi se n’è andato Accoglie i visitatori “Rossa Sera”, scritta da Robi Ronza 50 anni fa esatti “Rossa sera, Belo Horizonte, i miei occhi mai t’han guardato, ma il mio cuore t’ho regalato per gli amici che ci han lasciato”. Ogni mattina, visitatori e volontari sono accolti nei padiglioni del Meeting da questa canzone, scritta ormai cinquant’anni fa. L’autore del testo di questa ballata è Robi Ronza, giornalista e tra i primi a seguire don Giussani. Tra le righe della canzone si parla dei primi giessini che partono in missione per il Brasile. E di un tramonto unico al mondo. Che impressione ha avuto nel- l’ascoltare la sua canzone qui in Fiera? Quando l’ha scritta? Non sapevo che fosse stata scelta come sigla di questa edizione del Meeting. L’ho sentita arrivando qui, entrando nei padiglioni: è stata una grande sorpresa per me. La canzone è stata scritta nel 1964 (stesso anno in cui è nata Pim, pam): a pensarci bene, compie esattamente cinquant’anni. Si tratta di una semplice ballata. Io non sono un esperto di scrittura della musica. Ho scritto il testo e l’ho canterellata a un amico che me l’ha trascritta su uno spartito. Di cosa racconta questa canzone? Ci trovavamo proprio agli inizi della storia del Movimento e noi ragazzi vedevamo con sorpresa e interesse questo fatto nuovo di chi andava in seminario, o comunque faceva scelte di questo genere, apparentemente abbandonando tutto e tutti. Eravamo colpiti da chi lasciava il suo paese per andare lontano. Dall’insieme di queste sensazioni è sfociata questa ballata. Quando i primi tra noi sono andati in Brasile, ci scrivevano di continuo di bellissimi tramonti a Belo Horizonte. Ci raccontavano, stupiti, che il cielo si dipingeva di rosso. Da qui ho deciso di scrivere Rossa sera, Belo Horizonte: per ricordare chi era partito, andando lontano in missione. Questa “sera rossa” l’ha mai vista dal vivo? Sì, ma solamente molti anni dopo. Mi trovavo in Brasile per alcuni progetti e ho finalmente potuto vedere questo tramonto bellissimo. Cosa ha pensato nel vedere le sue canzoni diventare così care a questi ragazzi? Ne sono molto felice: sono diventate delle vere e proprie canzoni popolari. Sono lieto quando le sento cantare, anche in versioni diverse da quella originale. Sono contento di avere partecipato a questa diffusione. Ora non sono più canzoni solo mie. Senza che io lo volessi - o facessi nulla perché accadesse - queste canzoni hanno fin da subito iniziato a camminare da sole. Giovanni Ferrari