interpretato dalla giurisprudenza e dalla dottrina prevalenti, la
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interpretato dalla giurisprudenza e dalla dottrina prevalenti, la
lezioni e sentenze di diritto civile interpretato dalla giurisprudenza e dalla dottrina prevalenti, la condizione costituisce un elemento accidentale del negozio giuridico, in quanto tale distinto dagli elementi essenziali astrattamente previsti per ciascun contratto tipico nelle rispettive fattispecie normative, dacché rappresenta, tendenzialmente, un evento esterno rispetto alla fattispecie contrattuale che non può concretizzarsi in un fatto od in un atto già ricompreso nell’oggetto del contratto medesimo o rappresentante la funzione di esso. Come costantemente evidenziato dalla giurisprudenza di questa Corte, tuttavia, non sembra revocabile in dubbio che, in virtù del principio generale dell’autonomia contrattuale di cui all’art. 1322 c.c. – dal quale deriva il potere delle parti di determinare liberamente, entro i limiti imposti dalla legge, il contenuto del contratto anche in ordine alla rilevanza attribuita all’una piuttosto che all’altro degli elementi costitutivi della fattispecie astrattamente disciplinata – i contraenti possano validamente prevedere come evento condizionante, in senso tanto sospensivo quanto risolutivo dell’efficacia del contratto, il concreto adempimento od inadempimento d’una delle obbligazioni principali dello stesso”. 2.3. Il preliminare ad effetti anticipati Con l’evolversi della prassi commerciale, soprattutto nell’ambito del mercato immobiliare, accanto al contratto preliminare puro, si sono delineate differenti figure di tale negozio qualificate come “complesse”. Tra queste, ha avuto una particolare diffusione il c.d. preliminare ad effetti anticipati, con il quale le parti convengono la consegna della res e il pagamento parziale o totale del prezzo contestualmente alla conclusione dell’accordo. Questo istituto è stato oggetto di attenzione da parte della dottrina e della giurisprudenza, che hanno proposto varie ricostruzioni del fenomeno. Secondo un primo orientamento, risalente nel tempo, si riteneva che le obbligazioni suddette trovassero la loro fonte nel definitivo. Successivamente, alla luce della teoria del c.d. doppio contratto, la giurisprudenza ha ricondotto la fonte delle obbligazioni della consegna del bene e del pagamento del prezzo al preliminare, quali prestazioni accessorie rispetto alla principale obbligazione di stipulazione del definitivo. La Cassazione, con una sentenza a Sezioni Unite (Cass., Sez. Un. , 27 marzo 2008, n. 7930), chiamata a risolvere un contrasto giurisprudenziale relativo alla qualificazione, in termini di possesso o detenzione della situazione del promissario acquirente a cui viene consegnato il bene immobile oggetto di contrattazione prima della conclusione del definitivo, si è occupata specificatamente del preliminare ad effetti anticipati, proponendone una ricostruzione originale e particolarmente criticata dalla dottrina. La Corte precisa che, sebbene la consegna della res e il pagamento 592 Lezione C9. Il contratto 2 anticipato del prezzo non siano incompatibili con la conclusione del preliminare, le parti realizzano non gli effetti della vendita, ma solo l’oggetto delle prestazioni della compravendita. Non è configurabile, infatti, un contratto preliminare con anticipazione degli effetti della vendita, poiché altrimenti le parti concluderebbero un definitivo senza necessità di una contrattazione preliminare. Per giustificare dunque tale peculiare figura, la Corte afferma che nel preliminare c.d. ad effetti anticipati è ravvisabile un contratto preliminare collegato ad un comodato, quanto alla concessione dell’utilizzazione del bene, e ad un mutuo gratuito, quanto all’anticipato versamento del prezzo. Ne discende che la situazione giuridica soggettiva in cui viene a trovarsi il promissario acquirente deve essere assimilata a quella del comodatario e qualificata in termini di detenzione, sebbene qualificata perché esercitata nel proprio interesse, seppure nomine alieno. Per poterci essere un possesso valido ai fini dell’usucapione, sarà pertanto necessario dimostrare un’interversione del possesso ex art. 1141 c.c. La soluzione adottata dalle Sezioni Unite sul contrasto relativo alla qualificazione della situazione giuridica del promissario acquirente in termini di detenzione è stata favorevolmente accolta dalla dottrina, che ha invece criticato l’iter logico seguito dalla Corte e i presupposti teorici utilizzati per spiegare il fondamento della propria decisione. In particolare, la ricostruzione proposta appare artificiosa e non necessaria. La tesi accolta, infatti, sebbene mutuata da autorevole dottrina, non viene spiegata dai giudici della Cassazione, che non si soffermano sui motivi della scelta dei tipi negoziali mutuo e comodato. In primo luogo, si osserva come l’analisi condotta dalla Suprema Corte rappresenta una battuta d’arresto nell’evoluzione della ricostruzione del contratto preliminare da parte della giurisprudenza: la figura del preliminare “complesso”, infatti, non sarebbe più ravvisabile dopo la sentenza in commento, che riduce il preliminare di vendita ad un semplice pactum de contrahendo, in controtendenza rispetto alle pronunce a Sezioni Unite del biennio precedente, che invece avevano riconosciuto un’autonoma rilevanza al preliminare rispetto al definitivo. Ulteriori dubbi sorgono in relazione alle pattuizioni ulteriori qualificate in termini di comodato e mutuo; la dottrina, infatti, ha espresso le proprie perplessità sui tipi negoziali indicati dalla Cassazione. In primo luogo, si osserva come sia poco convincente il collegamento tra due negozi, entrambi gratuiti, le cui prestazioni sono corrispettive. In secondo luogo, appare poco convincente anche il richiamo al comodato quale fonte contrattuale per giustificare la situazione giuridica del promissario acquirente in termini di detenzione. Presupposto di tale negozio è infatti l’obbligo di restituzione della cosa che grava in capo al comodatario: nella 593 lezioni e sentenze di diritto civile fattispecie del preliminare con il quale si pattuisca la consegna anticipata della res, invece, l’intento delle parti è in un senso opposto. Il promissario, infatti, riceve il bene nella convinzione di non restituirlo, in vista di acquistarne la proprietà con la stipula del definitivo. Quanto detto vale anche per il mutuo, il cui scopo è la restituzione del tantundem: nel caso di specie tale volontà non è ravvisabile. I contraenti, infatti, non hanno di mira una causa di finanziamento, ma un effetto solutorio delle prestazioni che scaturiranno dal definitivo. In tema di contratto preliminare di vendita ad effetti anticipati a cui sia collegato un contratto di comodato, la Cassazione, con sentenza n. 20011/2012 ha ribadito l’orientamento espresso dalle Sezioni Unite affermando che nei casi in cui sia convenuta la consegna del bene prima della stipula del definitivo, «non si verifica un’anticipazione degli effetti traslativi» del contratto. A tale conclusione la Corte giunge valorizzando la circostanza secondo la quale in tale ipotesi la disponibilità conseguita dal promissario acquirente si fonda sull’esistenza di un contratto di comodato funzionalmente collegato al contratto preliminare, produttivo di effetti meramente obbligatori. Da tale considerazione discende, pertanto, che la relazione con la cosa, da parte del promissario acquirente, è qualificabile esclusivamente come detenzione qualificata e non come possesso utile “ad usucapionem”, salvo la dimostrazione di una intervenuta “interversio possesionis” nei modi previsti dall’art. 1141 c.c. 2.3.1. Il preliminare ad effetti anticipati e la revocatoria fallimentare In tema di contratto preliminare ad effetti anticipati è intervenuta una recente sentenza della Cassazione del 9.06.2011, n. 12634 nella quale si afferma che “Nel contratto preliminare di vendita d’immobile, ancorché siano previsti la consegna del bene e il pagamento del prezzo prima della stipula del contratto definitivo, non si verifica di per sé l’anticipazione di tutti gli effetti traslativi del contratto definitivo, se il giudice del merito, ricostruendo la comune intenzione delle parti e valutando il loro comportamento anche successivo al contratto, accerti che trattasi di contratto preliminare improprio, cioè con alcuni effetti anticipati, ma comunque senza effetto traslativo, in quanto la disponibilità del bene ha luogo nella piena consapevolezza dell’altruità della cosa”. Applicando detto principio, la S.C. ha escluso, in tema di revocatoria fallimentare esercitata ex art. 67, comma 1 n. 1 l. fall. per sproporzione del prezzo fissato nel definitivo rispetto al valore del bene, che la citata prospettazione del preliminare ad effetti anticipati sia anche solo in astratto compatibile con una valutazione di congruità del prezzo, da 594