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950 anni fa Pinerolo entrava nella storia

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950 anni fa Pinerolo entrava nella storia
Anno 5,Settembre 2014
n. 9
1
INDIALOGO
Supple m e n t o d i I n d i a l o g o . i t , a u t o r i z z . N . 2 d e l 16.6.2010 del Tribunale di Pinerolo
Pinerolo:
pensare
metropolitano
e agire
locale!
a pag.3
950
anni fa
Pinerolo
entrava
nella storia
Il punto sul Pinerolese con Elvio Fassone
“In città manca la volontà e la capacità di
pensare soluzioni per arrestare il declino”
Buone News
A cura di Gabriella Bruzzone
rivoluzioni alimentari
Il viaggio di Jamie Oliver negli USA
Pomodori, olio di oliva, buon pane,
mozzarella, pasta. Orgoglio prettamente
italiano, esportato in tutto il mondo, la dieta
mediterranea è sicuramente uno dei nostri
fiori all’occhiello che tutti ci invidiano e che
molti vorrebbero imitare.
Siamo indubbiamente fortunati a vivere in
una terra che offre eccellenze, ma ancora
di più siamo fortunati a saperle sfruttare,
elaborarle e renderle parte essenziale della
nostra cultura. Sì, perché il cibo è un
patrimonio culturale essenziale. Del resto,
come diceva Ludwig Feuerbach, «L’uomo
è ciò che
mangia». È
vero, lui non
lo intendeva
letteralmente, ma è
solo grazie a
un’interpret a z i o n e
inesatta
che questa
massima è
diventata
uno
degli
s l o g a n
principali
del mangiar
bene – e vivere bene – in molte culture,
europee in particolare.
Oltreoceano invece la situazione cambia,
e anche piuttosto drasticamente. “Fast
food nation” – dal titolo di un libro di Eric
Schlosser – è sicuramente l’espressione
che meglio calza agli Stati Uniti. Che la
maggior parte dei pasti siano spesi nei
fast food è risaputo, come è di dominio
comune la scarsa attrazione degli americani
per frutta e verdura. Ma che la scuola,
luogo di educazione, sia invece la prima a
diseducare in campo alimentare, lascia un
attimo basiti.
Per questo motivo, Jamie Oliver, famoso
chef britannico conosciuto soprattutto per
i suoi programmi di cucina, sta portando
avanti con entusiasmo e determinazione
la sua Food Revolution, con l’intento di
educare bambini, adulti e genitori a condurre
diete sane ed equilibrate.
Il suo progetto è iniziato nel 2010 con
un programma televisivo per documentare
le abitudini alimentari americane. Lo shock
è stato immediato e Oliver si è sentito in
dovere di fare qualcosa. È partito dalle
scuole elementari del distretto di Los
Angeles, dove
però
i
suoi
cambiamenti
non
sono
stati
accolti
con
favore:
perché cucinare
verdure,
riso,
carne quando si
possono avere
hamburger,
pizza e patatine
s u r g e l a t i
solamente
da
riscaldare?
Nonostante
l’ostruzionismo
e l’interruzione del suo programma, non
ha desistito e nel 2011 ha iniziato la sua
rivoluzione alimentare. La parola d’ordine è
educare: ha aperto cucine in diverse città
statunitensi, porta avanti campagne nelle
scuole e nelle comunità. Dopo tre anni, sono
in 630mila i sostenitori da tutto il mondo,
professionisti, volontari, appassionati, che
cercano di dare un contributo concreto con
lezioni e suggerimenti.
La meta è ancora lontana, ma di certo
Jamie Oliver e la sua squadra sono sulla
strada giusta per un cambiamento concreto.
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wwwwAw
Informazione e cultura locale per un dialogo tra generazioni
S
o
m
m
|Pensare metropolitano, agire locale
Abbiamo già scritto che mai come al ritorno dalle
vacanze si avverte il provincialismo di questa nostra
città, capoluogo decaduto, seppur dal passato glorioso, di un piccolo territorio di 150 mila abitanti. Si avverte l’iconografia di un “piccolo mondo antico” che
fatica mentalmente ad entrare nella dimensione dell’interconnessione globale.
Abbiamo calcato un po’ la mano chiamandola
“piccolo mondo antico”, non perché Pinerolo sia
come il paesello di Fogazzaro, ma perché si avverte
un eccesso di localismo e di ritualità paesana, di
territorializzazione del pensare e dell’agire, che porta
ancora a vivere in un contesto che non c’è più.
Viviamo in un’epoca in cui sono crollate le frontiere
degli Stati e accorciate le distanze, in cui la mobilità
permette di spostarsi con facilità da un capo all’altro
del globo, dove la notizia degli eventi la viviamo
quasi in contemporanea agli accadimenti… eppure le
discussioni in città che polarizzano l’attenzione sono
incentrate sul territorio, sulla perdita del tribunale, della
scuola di cavalleria, della direzione dell’asl, ecc. Cioè
su ciò che in un passato recente e lontano ci faceva
policentrici.
Le ragioni di questo provincialismo sono tante. Eppure..
anche a partire dalla provincia si possono fare grandi
cose. Nell’Ottocento sono stati gli stranieri europei
che hanno guardato con interesse a questo territorio,
ora sono gli amministratori locali, le grandi famiglie, i
pinerolesi che devono essere in grado di guardare oltre il
territorio, poichè il pinerolocentrismo è finito.
Occorre una scossa e la città metropolitana che si
va a costruire può essere l’occasione per una svolta
copernicana, che consiste nel pensare Pinerolo non
più centro o capoluogo del territorio, ma parte di un
territorio più ampio all’interno del quale conservare una
propria storia e identità: occorre pensare metropolitano
e agire locale!
Antonio Denanni
a
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Buone News
il viaggio di jamie oliver negli usa
Politica giovane young
intervista al sen. elvio fassone
Giovani & Lavoro
i lavori più richiesti in tempo di crisi
Giovani & Storia
950 anni fa pinerolo entrava nella storia
concorso di idee “lyda turck”
sarà venduta l’area dei portici blu?
Donne del Pinerolese
Elena privitera/ en plein air
Vita internazionale
daniele jahier alla columbia university
14Lettera a...
la doccia gelata dell’icebucket
15 Giovani del territorio
michael norcia e alessandro camardo
16 Per Mostre e Musei
oscar cauda vincitore di street art
17Visibili & Invisibili
i giovani di amnesty e l’immigrazione
18Musica emergente
within issue
19Andare al cinema
chef - la ricetta perfetta
20Tecnologie & Innovazioni
le lenti di google
21Appunti di viaggio
Direttore Responsabile
Antonio Denanni
Hanno collaborato: Emanuele Sacchetto, Valentina Voglino,
Alessia Moroni, Elisa Campra, Gabriella Bruzzone, Maurizio Allasia, Andrea Obiso, Rebecca Donella, Andrea Bruno, Chiara Gallo, Cristiano Roasio, Nadia Fenoglio, Giulia Pussetto, Francesca
Costarelli, Michele F.Barale, Chiara Perrone, Marianna Bertolino,
Federico Gennaro, Isidoro Concas, Sara Nosenzo
Con la partecipazione di Elvio Fassone
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Pinerolo Indialogo, supplemento di Indialogo.it
Autorizzazione del Tribunale di Pinerolo, n. 2 del 16/06/2010
redazione
Tel. 0121397226 - Fax 1782285085
E-mail: [email protected]
o
10Arte & Architettura
PINEROLO INDIALOGO
photo
Giacomo Denanni
i
A verona con giulietta e romeo
Cose dell’altro mondo
il commercio degli schiavi
23Onda d’Urto Eventi
eventi in via vigone 22
24Amici di Pinerolo Indialogo
http://www.pineroloindialogo.it
http://www.facebook.com/indialogo.apinerolo
http://www.issuu.com/pineroloindialogo
Politica giovane young
di Emanuele Sacchetto
Intervista al sen. Elvio Fassone
«Guardare al Pinerolese come ad un territorio
dove giovani, arricchiti da esperienze anche
estere, ritornino per insediarvisi e lavorare»
“La classe politica non è mai all’altezza. Purtroppo non riesce ad attrarre chi dovrebbe”
A settembre, dopo le vacanze un po’ in giro
per il mondo, si riprende con la quotidianità,
chi con gli impegni scolastici e chi con il lavoro.
Quotidianità sono anche i luoghi, per noi
Pinerolo e il Pinerolese. Facciamo il punto su
questa nostra realtà con il sen. Elvio Fassone,
acuto osservatore del territorio e nostro
autorevole collaboratore.
Qual è lo stato di salute del pinerolese e di
Pinerolo città?
Il nostro territorio è, mio malgrado ripetendo
cose già da molti sostenute, in declino. La
perdita continua ed inesorabile delle istituzioni
(Atl, Tribunale, Ospedali, Direzione ASL,..)
testimonia la scarsa considerazione che si ha
di esso e ha come diretta conseguenza un
sempre più raro e difficile insediamento di
nuove industrie, mancando un interlocutore
istituzionale adeguato. In questo scenario,
l’aspetto più preoccupante è la mancanza
di volontà e capacità di pensare soluzioni
per arrestare questo declino. A mio parere si
dovrebbe cominciare a guardare al pinerolese
come ad un territorio dove giovani, arricchiti
da esperienze anche estere, ritornino per
insediarvisi e lavorare. Questo permetterebbe
di evitare il rischio di vedere Pinerolo divenire
in pochi anni una “città-dormitorio”.
Un giudizio politico sull’Amministrazione
Buttiero?
L’unica analisi che mi sento di fare è che,
nel normale andamento di un quinquennio
amministrativo, la prima metà è dedita allo
studio e alla progettualità; la seconda invece
dovrebbe servire alla realizzazione. Certo,
però, è necessario non sottovalutare le
non poche difficoltà che un amministratore
incontra oggi nella gestione amministrativa.
L’attuale classe politica del pinerolese è
all’altezza della sfida che stiamo vivendo o
c’è bisogno di un ricambio generazionale?
La classe politica non è mai all’altezza.
4
5
Purtroppo infatti la politica non riesce ad
attrarre chi dovrebbe. Le elezioni dovrebbero
servire, nel senso antico del termine
(eligere) a selezionare i migliori. Tuttavia
questi dovrebbero farsi avanti, e ciò quasi
mai accade. Ciò che ho potuto constatare
attraverso la mia personale esperienza di
homo publicus è che per fare politica bisogna
essere preparati. Così come c’è un corso di
studi ed un esame per praticamente ogni
mestiere, ebbene la gestione pubblica perché
sia buona richiede ancora più competenza e
capacità.
In merito al ricambio generazionale, dunque,
non credo che la soluzione alla inettitudine
della nostra classe politica risieda in un mero
dato anagrafico. Certamente la presenza
di giovani è fondamentale per guardare al
futuro, ma diventa utile solo se si affianca
all’esperienza dell’”anziano”. La rottamazione
che tanto piace oggi, di per sé sola non è la
soluzione al nostro problema.
Qual è il suo giudizio sul progetto di cittàmetropolitana per Pinerolo?
Di per sé la ritengo un’idea valida. E’
necessario tuttavia operare una corretta
individuazione di competenze distinte,
politiche e non. Inoltre bisogna pensare questo
progetto su dimensioni maggiori e soprattutto
su un arco temporale superiore al decennio.
L’evoluzione economica infatti è circolare, e
dunque a questa fase di delocalizzazione, in
cui conviene spostare la produzione in altre
aree geografiche, si accompagnerà (e già sta
accadendo) un ritorno di almeno parte del
lavoro nel nostro paese, dove la terza cintura
di Torino (la nostra), se sarà pronta, potrà reintessere il proprio tessuto produttivo.
Il rischio di “provincialismo” c’è, e bisogna
far tutto per combatterlo con nuove idee e
intraprendenza.
La banda larga, il rilancio del centro storico
e il collegamento veloce con Torino sono
tre temi in cui il nostro giornale crede
particolarmente. Qual è la sua opinione in
merito?
Sono tutti argomenti su cui non posso
che trovarmi d’accordo. Bisogna però
sottolineare il fondamentale legame tra
queste e la produzione. La banda larga è
utile certamente per l’utilizzo domestico, ma
soprattutto diventa motivo di attrazione di
imprese sul nostro territorio.
In merito al centro storico, mi piace pensare
che le città vivono quando vivono le loro
anime. Tuttavia, nel dopoguerra abbiamo
conosciuto una fase bulimica, senza cultura,
che ha portato alle brutte costruzioni che
ancor oggi vediamo. Sempre la mancanza
di cultura ha poi portato alla situazione di
degrado dei nostri giorni, che solo in parte si
inizia a risolvere (purtroppo non a Pinerolo)
con le politiche di recupero dell’esistente.
Quali proposte concrete per il lavoro e rilancio
del territorio?
Innanzitutto è necessario abbandonare
la sudditanza delle parole d’ordine (fare
squadra, tavolo di lavoro,..), perché non
basta mettere insieme persone, ma servono
idee su cui riflettere ed elaborare progetti.
Io mi feci promotore di alcune idee in merito
al rilancio del territorio già nel periodo del mio
ruolo pubblico, tutte discusse e formalizzate,
ma mai giunte a realizzazione. Proposte
ancora valide, tra cui:
- La valorizzazione delle terre alte, attraverso
l’assegnazione per bando di terreni di
pregio abbandonati a giovani volenterosi
di intraprendere un mestiere montano. Per
valorizzare infatti non basta il turismo, che
nelle nostre montagne è limitato a pochi mesi
all’anno, ma bisogna portare nelle terre alte
parte della produzione.
- L’istituzione di un’inchiesta presso le
imprese per sapere cosa serve al pinerolese
per attrarre investimenti. Da questa sarebbe
possibile trarre alcuni obiettivi da sviluppare
per intessere parte del nostro tessuto
produttivo.
- La valorizzazione di risorse di qualità
PINEROLO
Segue
Politica giovane young
Intervista ad Elvio Fassone
(di Emanuele Sacchetto)
Guardare al Pinerolese come...
riconosciuta
del
nostro
territorio, come la carne e la
frutta.
Questa
passa
attraverso l’attrazione nel
pinerolese di grandi industrie
di
trasformazione
agroalimentare, che vi impiantino parte
della loro produzione, allargandola a
collaborazioni con il saluzzese.
- Il progetto di trasformazione e
modernizzazione del Museo della Cavalleria,
destinato a diventare un attrattore di
livello nazionale; il progetto sfociò in un
disegno di legge regionale che ottenne
il finanziamento, ma anch’esso non fu
condotto a compimento. Una risorsa la cui
valorizzazione è ancora attuale e possibile.
Per lo sviluppo di un territorio è più
importante la produzione o i servizi?
E’ evidente come servano entrambe. La
produzione è indispensabile per produrre
ricchezza che non deve alimentare solo se
stessa, ma scremandone una parte essa
servirà a pagare i servizi, che costituiscono
poi la qualità della vita di un territorio.
La produzione dunque non è da
divinizzare in una visione eccessivamente
capitalistica, che fa della ricchezza solo un
modo per produrre più ricchezza, ma non
va nemmeno demonizzata. E’ per questo
che non si può prescindere nel rilancio del
pinerolese dalla ricostruzione del tessuto
produttivo-industriale. Pinerolo non può
diventare solo terra di servizi.
Qual è il ruolo dei giovani in questo scenario?
E’ fisiologico che ci sia spazio per i giovani,
dal momento che bisogna assolutamente
misurarsi con la vita che avanza. L’unico
diritto e dovere delle generazioni anziane
è quello di insegnare ai giovani a coltivare
capacità e pazienza. Nel tempo della
velocità tecnologica, bisogna riacquistare
la pazienza di attendere il tempo necessario
tra la semina e il raccolto.
6
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Società
Giovani&Lavoro
a cura di Elisa Campra
I lavori più richiesti in tempo di crisi
Classifica: badanti, infermieri, informatici...
Addetti alle pulizie e collaboratori domestici (+14.800)
GRECIA
Camerieri e baristi (+8.900)
Infermiere e ostetriche (+7.900)
Altri mestieri non qualificati (+6.500)
I lavori più richiesti in tempo di crisi e disoccupazione? In Italia sono badanti, informatici e impiegati, in Spagna ingegneri e
agricoltori, in Portogallo commessi e colf.
Ma nel complesso si può dire che tra i mestieri più quotati in Europa ci sono quelli
legati alla cura della persona, in particolare
dei malati e degli anziani, visto l’allungarsi
dell’aspettativa di vita, ma anche i lavori
legati all’educazione. Favoriti, quindi, maestri, badanti, infermieri e operatori sociosanitari.
Ecco la classifica, Paese per Paese, stilata
dall’ultimo rapporto della Direzione lavoro
e affari sociali della Commissione europea
pubblicata sul Sole 24 Ore a firma di Michele Pignatelli.
ITALIA
Addetti alla cura della persona e operatori
sociosanitari (+45.500)
Impiegati (+41.700)
Analisti informatici e svilupatori di app
(+28.700)
SPAGNA
Lavoratori del settore agricolo, forestale e
della pesca (+32.800)
Ingegneri (+24.000)
Specialisti in scienze fisiche e della terra
(+11.000)
PORTOGALLO
Commessi e addetti alle vendite (+18.300)
Operai del settore tessile, cuoio e pellicce
(+15.500)
GRAN BRETAGNA
Addetti alla cura della persona e operatori
sociosanitari (+77.000)
Manager dei settori manifatturiero, costruzioni e distribuzione (+65.400)
Manager
del
settore
commerciale
(+44.500)
IRLANDA
Impiegati d’ufficio (+7.800)
Insegnanti di scuola materna e primaria
(+5.300)
Professionisti delle vendite, marketing e
pubbliche relazioni (+4.600)
PAESI BASSI
Professionisti in ambito legale, sociale e
religioso (+55.800)
Infermiere e ostetriche (+38.600)
Impiegati adetti alla logistica e alle operazioni di magazzino (+36.900)
SVEZIA
Segretarie (+10.300)
Insegnanti della scuola materna e primaria
(+8.800)
Personale amministrativo (+8.400)
DANIMARCA
Tecnici delle scienze fisiche e ingegneristiche (+12.700)
Addetti alla cura della persona e operatori
sociosanitari (+10.400)
Cassieri e addetti al registratore di cassa
(+10.200)
(fonte)
http://www.lafucina.it/2014/02/27/i-lavoripiu-richiesti-in-tempo-di-crisi/
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8
s t oria
«Oggi, a Pinerolo, chi conosce questa storia?»
8
L’8 settembre 1064 la contessa Adelaide di Susa fonda l’Abbazia
950 anni fa la fondazione dell’Abbazia
Sarà la storia di questa Abbazia (da cui prese il nome Abbad
Se già gli antichi romani ammonivano
«Nomen est omen», un «presagio» ci sarà
pure nel nome “Abbadia” che oggi porta
l’omonima frazione di Pinerolo. C’è infatti
una stretta corrispondenza tra “abbadia”
e “abbazia”: entrambe derivanti dal latino
“abbatia”, la prima ne è la voce popolare e la
seconda quella dotta. A che pro questa dose
di linguistica in pillole? Andiamo a scoprirlo.
Oggi il cuore di Abbadia è la chiesa
parrocchiale di San Verano. Ma anticamente,
al suo posto, sorgeva un altro edificio che
tanta parte ebbe nella storia di Pinerolo:
l’Abbazia di Santa Maria.
L’Abbazia, a propria volta eretta sui resti
dell’antica chiesa rurale già dedicata a S.
Verano, celebrerebbe oggi – se ancora
fosse in piedi – i 950 anni dalla fondazione.
Risale infatti all’8 settembre 1064 il suo
atto costitutivo: la donazione con cui la
«gran contessa» Adelaide di Susa cede
all’Abbazia di S.Maria i diritti su ampi
territori del Pinerolese, e non solo. Le valli
Chisone e Germanasca, Miradolo e San
Secondo, alcuni poderi a Piossasco, Rivalta,
Racconigi, il ponte sul Po presso Carignano;
e ancora, metà del castello di Porto Maurizio
e il monastero della Gallinara, situati presso
Albenga, rientrano sotto la giurisdizione
dell’Abbazia di S.Maria.
Una svolta importante risale a papa Gregorio
VII - il pontefice che riceve a Canossa il
penitente Enrico IV - il quale sottrae l’Abbazia
dal controllo della diocesi di Torino cui era
prima sottoposta, e la dichiara sottomessa
alla sola autorità papale. Nel 1078, infine,
la contessa Adelaide dona all’Abbazia, retta
da monaci benedettini, anche Pinerolo: è
l’inizio di una signoria temporale e spirituale
che porterà allo splendore medievale della
città. Fino al XIII secolo, infatti, gli abati di
S.Maria rientrano tra le più potenti signorie
dell’area subalpina occidentale. Il borgo
dove sorge l’Abbazia è detto all’epoca «Villa
del Monastero» e così viene chiamato fin
verso la metà del XVI secolo, quando prende
il nome di «Abbadia di Pinerolo».
I monaci, non solo dediti allo studio ma
anche all’agricoltura, progettano opere di
disboscamento e bonifica, introducendo
nuove tecniche agricole come la costruzione
di canali d’irrigazione (ad esempio il Rio
Moirano).
Sul finire del secolo XI giunge il primo
assalto ai territori dell’abate: si tratta dei
conti d’Albon, che si muovono dai territori
estesi tra il Rodano e le Alpi e che dal XII
secolo prenderanno il nome di «Delfini».
Il conte d’Albon sottrae infatti all’abate le
zone superiori delle valli di Susa, Chisone
e Varaita. Nel successivo XII secolo
compaiono invece sulla scena i conti di
Savoia che, muovendosi contro gli usurpatori
del Delfinato, riconquistano parte dei
territori sottratti all’Abbazia, promettendo
di restituirglieli - ma di fatto si propongono
come scomodi rivali.
Tra il XII e il XIII secolo, infatti, Tommaso
di Savoia scende apertamente nel Pinerolese
per sottomettere l’Abbazia: conquista
Pinerolo, ma ne lascia formalmente i diritti di
signoria all’abate. Si apre quindi la fiorente
stagione medievale della città: il governo dei
Principi di Savoia-Acaia; il titolo di capitale
del principato dal 1295 al 1418; lo sviluppo
artigianale, commerciale, finanziario.
Se, da un lato, il tramonto politico e
spirituale dell’Abbazia illumina la Pinerolo
degli Acaia, dall’altro getta ombra sulla
stessa città, che dal principio del XV secolo
vede sfumare il proprio prestigio in favore di
Torino. Nel Quattrocento l’Abbazia è infatti
ridotta a commenda: non era più retta,
cioè, da un monaco ma da un’altra figura,
ecclesiastica (un vescovo) o laica, detta
appunto “abate commendatario”. Nel 1559
Giovani&Storia
9
di Nadia Fenoglio.
a di S.Maria, cedendole i diritti su ampi territori del Pinerolese
a di S.Maria: Pinerolo entra nella storia
dia Alpina) che porterà allo splendore medievale di Pinerolo
i Savoia d’Oltralpe spostano la capitale da
Chambery a Torino: la storia pinerolese e
del ramo degli Acaia è ora inglobata in più
ampi orizzonti geopolitici.
Vengono poi due occupazioni francesi,
la prima tra il 1536 e il 1574, e la seconda
tra il 1631 e il 1696: monaci francesi
prendono allora possesso dell’Abbazia. Ed
è proprio al dominio francese che si deve
la distruzione dell’Abbazia di S.Maria: nel
1693, durante la guerra contro i Savoia –
che qui riconquistano Pinerolo – i francesi
in ritirata la saccheggiano e incendiano.
Nella sua lunga storia, durata fino al
1721, l’Abbazia viene dunque retta da 28
abati claustrali (ovvero monaci) e da 17
commendatari.
Finisce qui la vicenda dell’Abbazia di
S.Maria per lasciare il posto a quella della
chiesa di S. Verano, che ancora oggi si trova
ad Abbadia. Essa, costruita tra il 1708 e
il 1724 e nuovamente abitata da monaci,
sorge proprio nel luogo in cui si trovava
l’antica Abbazia. Nel XVIII secolo, con la
creazione della diocesi di Pinerolo, l’odierna
S. Verano le cede ogni giurisdizione su
Pinerolo.
Ma la storia non finisce qui. Con le
guerre napoleoniche la chiesa viene
definitivamente abbandonata dai monaci e
trasformata in magazzino: ha inizio il terzo
dominio francese, quello imperiale, tra
il 1801 e il 1814. Il Comune di Abbadia
acquista allora dai francesi la chiesa, che
ne diventa così la parrocchia. Nel 1928,
infine, Abbadia Alpina è unita a Pinerolo.
Ma oggi, a Pinerolo, chi conosce questa
storia? Se Cavalleria e Panettone non
bastano più, riscoprire altre pagine della
propria storia potrebbe forse aiutare
Pinerolo a ridefinire un’identità...oggi
francamente in crisi.
La chiesa di san Verano, Abbadia, costruita sui resti dell’abbazia
Arte&Architettura
di Riccardo Rudiero
Italia Nostra prova a “scuotere” la città
Concorso di idee “Lyda Turck”
Finalmente studi e proposte per un problema cronico di Pinerolo
In via Brignone 9, alle ore 17.30 di
mercoledì 3 settembre, erano molti i giovani
architetti chiamati a raccolta presso la sede
della sezione pinerolese di Italia Nostra.
L’occasione: la proclamazione dei vincitori del
Concorso di idee “Lyda Turck, città d’opera e
d’acqua”, che prevede la riqualificazione della
celebre area cittadina compresa tra il Moirano
e il Lemina, e caratterizzata soprattutto dal
grande edificio dell’ex Merlettificio su corso
Piave. Secondo la commissione giudicante
–
composta
dall’architetto
segretario
dell’associazione Eros Primo, dall’architetto
Antonio Montanaro e dall’architetto Agostino
Magnaghi, con la presenza del presidente di
sezione Maurizio Trombotto –, le proposte
avanzate dai concorsisti sono state di buona
qualità e in grado di fornire ottimi spunti
progettuali all’Amministrazione.
«Ci sono grandi aspettative sull’area presa
in considerazione dal bando», ha affermato
Magnaghi, già professore di Progettazione al
Politecnico di Torino, che ha poi sottolineato:
«in tutti gli elaborati ricorre la parola
valorizzazione, che è un termine ambiguo. Per
noi vuol dire far emergere le potenzialità dei
luoghi; per altri vuol solo dire monetizzazione.
É ovvio che questa ultima componente debba
esserci, ma non deve prevalere sulle altre».
Dario Seglie, presente alla proclamazione,
ha voluto porre in evidenza l’importanza
dell’azione di Italia Nostra, che gioca un ruolo
di vero supporto per un’Amministrazione
Pubblica aperta e recettiva. Sono poi stati
ringraziati gli eredi Turck: senza il loro
spirito sensibile alla storia cittadina e il loro
contributo economico, non si sarebbe potuto
portare alla ribalta un tema così delicato, di
grande importanza e attualità.
Interessanti le considerazioni di Eros Primo,
ancora sulla realizzabilità delle proposte.
Così com’è pensato il Piano Regolatore
vigente, la maggior parte dei progetti non
sarebbero fattibili: esso, infatti, punta alla
riqualificazione in senso abitativo, secondo
quell’equazione valida fino a prima della
crisi economica per cui costruire case era
sinonimo di sicuro guadagno. Tuttavia, di
questi tempi è logico che si debba rinunciare
all’edificazione spinta e, fortunatamente, ciò
va sempre più nella direzione della tutela e
del recupero dell’esistente.
Ulteriore valore aggiunto per i progetti
sottoposti alla commissione: essi sono stati
concepiti dalla cosiddetta “generazione
Erasmus” (il bando poneva il vincolo dei
35 anni d’età), il che ha fatto sì che le
suggestioni e le proposte di funzione da
inserire all’interno dell’area offrissero spunti
davvero innovativi, che arrivano da tutte le
parti del mondo. È vero che alcuni di questi
potrebbero essere accusati di velleitarismo,
ma il fine ultimo di un concorso di idee è
l’avanzare proposte che possano dare spunti
all’amministrazione: ciascun progetto, infatti,
ha qualcosa di interessante da dire.
Ultimo step dell’iter, la premiazione e la
mostra di tutti gli elaborati presso il Salone
dei cavalieri, il 12 settembre, alle ore 17.00.
Si spera in una buona partecipazione da parte
dei pinerolesi, senza il cui impegno poco si
può fare per la tutela del patrimonio cittadino.
10
Arte&Architettura/2
Dibattito sulle politiche urbanistiche in città
Sarà venduta l’area dei “Portici blu”?
Comunicato di “Salviamo il paesaggio-Difendiamo i territori”
Il 29 luglio 2014 il consiglio comunale ha
approvato la delibera che, con allegata la nuova
verifica di non assoggettabilità alla VAS a firma
dall’Arch. Geuna incaricato dal Comune, fa
ripartire l’iter per l’adozione della variante
urbanistica ai sensi dell’art. 16bis della L. R.
56/77.
In fase di approvazione del bilancio torna
nuovamente la vendita dell’area dei «Portici
blu» per incassare 1.688.000 euro consentendo
la costruzione di un’altro «grattacielo» accanto
a quello esistente. Un nuovo grattacielo di
37,50 metri (11 piani su via Chiappero angolo
via Buniva) e di 25,50 m.(7piani) sulla restante
parte di via Buniva.
La richiesta di stralcio dell’area Portici Blu dal
piano delle alienazioni firmata da 601 cittadini
pinerolesi è stata respinta dalla maggioranza nel
consiglio del 12 dicembre con l’intenzione di
andare avanti per la vendita.
Oggi dopo 11 mesi dalla prima conferenza
dei servizi in cui la Regione richiedeva
espressamente una valutazione sulla necessità
di eseguire la VAS viene fatta la delibera.
E’ però avvenuto un fatto nuovo.
La Corte costituzionale con la sentenza n. 197
dell’11 luglio 2014, ha cassato le disposizioni
regionali del Piemonte (artt. 33-34 della
legge regionale n. 3/2013) che prevedevano
una generale esclusione dagli obblighi di
sottoposizione alla procedura di valutazione
ambientale strategica (V.A.S.) delle varianti agli
strumenti urbanistici (P.R.G.) quando minime
e relative ad aree di piccole dimensioni. Questi
articoli sono proprio quelli che modificano
l’art.16bis della L.R. 56/77 utilizzati per non
fare la VAS.
La delibera votata il 29 luglio dovrà
nuovamente essere sottoposta all’approvazione
della conferenza dei servizi, la quale, anche
sulla base del pronunciamento della Corte
costituzionale, potrebbe ritenere necessaria
la Valutazione Ambientale Strategica per la
variante urbanistica, con un nuovo incarico e
nuove spese per i cittadini di Pinerolo.
L’area dei “Portici Blu” è ora Patrimonio
pubblico e quindi per sua natura anche
patrimonio privato di ogni singolo cittadino.
Nessun governo di città o Stato può prendere
decisioni in scelte di tale importanza come se
fosse ordinaria amministrazione. Continueremo,
insieme ai cittadini ed ai firmatari della petizione,
la battaglia per evitare questo ennesimo scempio
urbanistico alla nostra città.
- Paolo Bertolotti tel. 3356752257
[email protected] - Enzo Garnero tel. 3282168009 garnero.
enzo13@gmail-com
11
Società
Donne del pinerolese
di Sara Nosenzo
Elena Privitera: l’arte, che passione!
La signora “En Plein Air”
Dire Elena Privitera, che di recente ha ricevuto
il premio Pinarolium, è come dire, in città, En
Plein Air: un’associazione e una cascina fuori
Pinerolo diventata da ormai vent’anni sede di
mostre di arte contemporanea. In questi giorni
ospita le opere di Luigina Turri nell’ambito del
Premio Internazionale ORA.
Ci racconti di questa
avventura…
Tutto inizia nel ’94,
proprio
in
questa
cascina dove ora ci
troviamo. Allora vi
abitavo e la sinergia
del luogo, delle pietre
vecchie, del fiume, del
passato mi ha portato
all’arte contemporanea
e così abbiamo deciso
di aprire uno spazio per
le mostre.
Che cos’è l’arte in
particolare
quella
contemporanea?
L’arte contemporanea
è l’oggi, sono i giovani,
le esperienze... le nostre esperienze passate,
l’umanità che si muove. È un qualcosa
che si ha dentro, che si ha o non si ha,
indipendentemente dal corso di studi. Io ho
sempre avuto una grande passione per l’arte.
Ognuno è artista, in un modo o in un altro.
Per dare una definizione di arte, mi verrebbe
da dire che è tutto ciò che ci permette
di esprimerci: un’idea, un concetto, un
artefatto... Da non confondere con un hobby.
Lei ha ragione, molti considerano l’arte come
un hobby a se stante, quindi le chiedo: si può
vivere d’arte?
Sì, si può. Naturalmente la cosa può nascere
come un hobby, ma se viene sviluppata,
studiando, arricchendosi di esperienze e
dall’incontro con persone diverse, permette
di farne un mestiere; diverso certamente da
un lavoro più restrittivo, soprattutto dal punto
di vista delle relazioni sociali, ma pur sempre
un lavoro in cui si mette tempo, riflessione e
impegno.
In questo piccolo territorio di 150 mila abitanti
che è il Pinerolese, non le sembra che ci sia
dal punto di vista artistico un po’ troppo
provincialismo?
Io amo la provincia perché
permette di essere più a
contatto con la gente, ma
devo dire di sì, purtroppo
anche nel mondo dell’arte
c’è provincialismo. È un
modo di vedere il territorio
come scontato, banale; e
questo è molto nocivo. Ed è
un peccato ora che l’arte è
fruibile da tutti.
Che cosa manca, secondo
lei, in questa città a livello di
politiche culturali?
Si fa tanta offerta
culturale;
andrebbe
però
più
convogliata,
diretta e sostenuta, non
necessariamente dal punto
di vista economico, ma con degli appoggi,
incontri, valorizzazioni.
Un consiglio per questa città in crisi?
Bisogna puntare di più sul turismo, sul
patrimonio che ha il Pinerolese, sui musei,
magari aprendo degli spazi così da ampliare le
offerte culturali per la gente di Pinerolo e non
solo. Inoltre bisogna dare spazio e puntare
sui giovani perché hanno davvero molto da
offrire.
Progetti per il futuro di En Plein Air?
In tutta Europa siamo conosciuti per
degli eventi a progetto a cui sono collegate
le mostre, continueremo con queste
progettualità. Inoltre nel nostro immediato
futuro c’è ancora il progetto Maionese
dedicato alle donne (citazione da un haiku di
Jack Kerouac), quest’anno festeggiamo il suo
17esimo compleanno.
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12
13
così per il mondo
Vita internazionale
13
di Alessia Moroni
Intervista a Daniele Jahier
6 mesi alla Columbia University
«Ho imparato moltissimo; questa è la mia prima vera esperienza in un gruppo di ricerca»
Daniele Jahier, laureato in Ingegneria
Elettronica e prossimo al conseguimento
della Laurea Specialistica in Ingegneria
Informatica presso il Politecnico di Torino
è da poco tornato da un periodo di sei mesi
alla Columbia University di New York, dove
ha lavorato in un gruppo di ricerca per
svolgere la sua tesi di laurea. Ci racconta
la sua esperienza in una
realtà
completamente
diversa dalla nostra.
Per quale motivo hai scelto
di partire per la Columbia
University?
Avevo già deciso di
dedicare qualche mese
di studio all’estero e
pensavo di andare in
Francia, in Costa Azzurra,
con una borsa di studio
dell’Università.
Alla
fine di un corso però,
una professoressa ha
presentato dei possibili
progetti di tesi e proprio
una di queste poteva
essere
svolta
alla
Columbia. Ho dovuto fare
un concorso per avere
una borsa di studio dal
Politecnico e poi, tempo di sbrigare le
pratiche burocratiche, sono partito.
Di cosa tratta l’argomento della tesi e
di cosa ti occupavi esattamente alla
Columbia?
Ero inserito nel gruppo di ricerca “System
Level Design”, presso il dipartimento
di Computer Science. Mi occupavo di
“Medical Imaging”, in particolare curavo
la parte elettronica ed informatica di
sistemi per la ricostruzione di immagini che
permettono di diagnosticare il cancro al
seno. Ho imparato moltissimo e mi è servito
soprattutto perché questa è la mia prima
vera esperienza in un gruppo di ricerca.
Com’è stato il passaggio da una realtà
piccola come Pinerolo a quella di una città
come New York? Eri l’unico italiano nel
gruppo?
Il professore che coordina il gruppo di
ricerca in cui sono stato è italiano e con
me c’erano altri tre ragazzi italiani che
già da tempo sono alla
Columbia. Lavoravo per
lo più con un italiano
ed
un
Americano.
Dal punto di vista
dell’ambientarmi non è
stato un problema, dopo
un po’ si fa esperienza
e si conosce meglio la
città. Gli studenti dello
stesso gruppo mi hanno
aiutato e adesso ritengo
di conoscere Manhattan
abbastanza bene.
Se potessi scegliere un
momento particolarmente
importante
della
tua
esperienza,
quale
ci
racconteresti?
Sicuramente ce ne sono
tanti! Per prima cosa
imparare a vivere in una
città del genere in modo giusto, da soli.
Poi direi sicuramente salire sul Rockefeller
Center e sono addirittura riuscito ad
incontrare due miei “idoli”: Shaquille
O’Neil, un ex-giocatore di basket, e Jordan
Rudess della band dei Dream Theater.
Quali sono i tuoi progetti futuri? Ritorneresti
per un altro periodo a New York?
Dopo la laurea mi piacerebbe fare il
dottorato con lo stesso tipo di lavoro,
anche esteso ad altre applicazioni. La mia
idea sarebbe di farlo in Italia o in Europa,
per essere più vicino. Certo, se New York
fosse dietro l’angolo, lo farei lì.
Lettera a...
dal tempo
di Cristiano Roasio
Lettera a...
La doccia gelata dell’icebucket
Che il gavettone fosse una pratica
globalmente diffusa è palese: se fa caldo,
davvero caldo, una bella doccia ghiacciata
mi refrigera; semplice come bere un bicchier
d’acqua, per rimanere nell’idrico.
Imperversa, notavo, la moda dell’Icebucket.
La prassi richiede a) una bacinella colma di
liquido biidrogeno, possibilmente in due stati
diversi ed uguali della propria materia, b) un
simpatico collaboratore burlone, disposto a
stare nel semianonimato o a comparire in
tutta la sua programmata fama e burloneria
c) un personaggio di media statura
internazionale preferibilmente calciatore o
vip in qualsiasi
c a m p o
disposto
a
farsi versare il
summenzionato
bucket
gelato
sul
cranio in una
presunta
e
burlonesca
s o r p r e s a
provocante lo
shock termico
da ostracizzare
con bestemmie
e nomine di altri personaggi sfidati nella
stessa goliardica impresa a favore di
cellulare. A che pro? Una campagna
benefica per la raccolta fondi per la ricerca
contro una qualche brutale malattia, la quale
ogni volta che ci svegliamo speriamo di non
aver contratto nella notte piena di incubi
neri e storditi come quelle cellule nere e
anarchiche impazzite e jihadiste nel corpo
del malato terminale.
Ebbene, probabilmente la secchiata nasce
dal desiderio di sensibilizzare l’opinione
pubblica nei confronti della campagna e sarà
sicuramente corredata da una beneficenza in
euro quanto io mai farò in tutta la vita ma...
c’è qualcosa che non mi convince: è subdola,
puzza di marketing a distanza di miglia, ma
peggio ancora (in fondo la pubblicità porta
soldi e più soldi ho più ne posso versare sulla
testa delle mie cause, ed anche qui lisci come
un ruscelletto di montagna) si cristallizza
in ghiaccio su fili d’erba nelle mattine di
gennaio: è un gesto standardizzato imposto
dalla ripetizione modaiola, che lentamente
perde la presunta burlonaggine di cui sopra
e non appare altro che una doccia gelata.
Anche metaforica. Se il bene sceglie
queste vie è davvero bene? L’acqua che si
infiltra nelle crepe della terra fa rinverdire
il sottobosco, ma tolti gli alberi, che non
necessitano
minimamente
di quei rivoletti,
la frana è dietro
l’angolo.
Cosa c’è di
virale oltre al
bucket in questi
giorni?
Le
decapitazioni
che sfruttano
la viralità del
gesto
per
insinuarsi come
virus
nelle
poche certezze giornaliere. Accostamenti
così distanti permettono di notare come
le tecniche social vengano utilizzate allo
stesso modo, con l’identica e precisa
volontà bonaria e acritica del proselitismo.
Lo schermo sembra quasi giustificare lo
spettacolo, per macabro o imbecille che sia.
Le guerre di religione, le rivolte e tutti gli altri
ameni conflitti che sbocciano giornalmente
corrono sul filo della condivisione e
raggiungono così un numero talmente vasto,
al confronto i volantini durante le guerre
mondiali sembrano una goccia nel mare, di
persone non pronte alla doccia gelata che li
attenderà nello schermo sempre giocoso del
cellulare.
14
società
Giovani del territorio
15
di Chiara Gallo
Michael Norcia e Alessandro Comardo
Taurinense Design & Comunicazione
Michael Norcia e Alessandro Camardo sono i
giovani soci e fondatori della Taurinense Design
e Comunicazione. Quella che nasce circa 5 anni
fa come una passione ed un attività extra si
rivela essere una start up vincente. Molti i clienti
che si rivolgono a loro, del territorio pinerolese,
ma non solo. In un periodo come quello attuale,
influenzato se non determinato dai social media
e dalla rete più in generale, è facile sbagliare e
rendere quello che dovrebbe essere un servizio
aggiuntivo all’azienda un fattore negativo.
L’attività della Taurinense mira ad aiutare le realtà
produttive a diffondere al meglio il proprio prodotto?
Il nostro lavoro consiste nello sviluppare il
brand dell’azienda a 360 gradi. Ne curiamo
l’immagine sia sotto l’aspetto grafico, sia sotto
quello della comunicazione online e dei social
network come facebook, twitter o instagram.
Cerchiamo di ottenere la fiducia del cliente in
modo da riuscire a soddisfare le sue richieste
applicando efficacemente uno studio accurato e
personalizzato.
Come siete arrivati all’ideazione del vostro
marchio?
Entrambi abbiamo frequentato l’Istituo I.E.D,
con corsi di laurea differenti ma altamente
compatibili e soprattutto complementari, ossia
grafica e comunicazione. Dopo un periodo di
tirocinio formativo presso importanti studi di
Torino, abbiamo deciso di metterci in proprio,
mantenendo come clienti i nostri vecchi contatti.
Così facendo ci siamo trasferiti ed inseriti nella
realtà pinerolese.
In quanti siete all’interno della Taurinense?
In tutto siamo in quattro. Poi ovviamente
abbiamo alcuni collaboratori, soprattutto fotografi
di Torino, a cui ci affidiamo per determinati lavori.
I nostri ruoli partono divisi, ma in realtà spesso si
intrecciano o si invertono, in questo senso siamo
un’ ottima squadra, equilibrata e dinamica.
Quali sono ad oggi i vostri clienti?
Attualmente curiamo la grafica di Sara ford,
Oberto, la catena alberghiera Allegro Italia, la
comunicazione e l’immagine di discoteche come
Le Vele o il Tabata; ultimamente abbiamo seguito
anche la campagna pubblicitaria di alcuni politici.
Quali sono state le difficoltà maggiori?
All’inizio forse la scarsa esperienza sul campo
pratico con clienti appena conosciuti. Tuttavia
tutto ci ha aiutato a maturare e crescere sia sul
piano professionale che personale.
Ufficialmente la vostra è un’impresa che nasce
a gennaio del 2014. Come state vivendo questo
periodo di crisi?
Al momento stiamo lavorando bene e non
possiamo lamentarci. La nostra è stata una sfida
che ci ha messo davvero alla prova. Siamo nati
lentamente per poter offrire un servizio il più
possibile completo. Abbiamo voluto aspettare
per essere pronti e preparati sia tecnicamente
che a livello creativo.
Progetti per il futuro?
Presto dovremmo trasferirci in un nuovo studio,
più grande, che permetta di implementare altri
campi del design e della grafica. Siamo partiti in
piccolo e adesso ci stiamo espandendo.
Un consiglio in base alla vostra esperienza?
La formazione sicuramente è alla base di tutto,
dal punto di vista scolastico e soprattutto
professionale. Una volta sviluppate le capacità
lavorative sotto la guida di un esperto del
settore, si è pronti a dare forma alle proprie idee.
Dopodiché provare per credere. Specialmente se
si è giovani occorre avere il coraggio di buttarsi.
Per Mostre e Musei
società
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A cura di Chiara Gallo
Intervista ad Oscar Cauda
Il vincitore del 1° premio per il Concorso di
Street Art del Summerfest S. Pietro Val Lemina
Uno studio da Liceo Classico
alle spalle e una carriera
universitaria seguita da una
professione di grafico. Questo
e molto altro è Oscar Cauda,
vincitore del contest di Street
Arte che si è svolto ai primi
di luglio 2014 in località San
Pietro Val Lemina in occasione
della manifestazione culturale
Summerfest.
Conosciamo
quindi meglio l’artista.
E’ stato difficile trovare un
soggetto ed una tematica
coerente da adattare al contest?
In primis volevo realizzare
un disegno che fosse sullo
stesso stile di quelli che
realizzo su carta e tela ma adatto ad essere trasferito
sulla parete. Ho dovuto quindi visualizzare il muro e
capire come adattare il tutto a quella dimensione. I
soggetti che ho scelto rappresentano due scoiattoli
immaginari, per un motivo abbastanza curioso:
cercavo qualche animale di montagna che potesse
prestarsi per un formato stretto e lungo. Non l’avevo
ancora trovato, finché tornando a casa uno scoiattolo
mi ha attraversato la strada, ho realizzato subito che
sarebbe stato perfetto per il muro del contest.
Pensi che la Street art in quanto tale possa avere un
seguito sul territorio?
Secondo me dovrebbe assolutamente avere un
seguito nel territorio. Anche grazie al contest, siamo
riusciti a dare nuovo carattere ed energia all’area dove
abbiamo realizzato i nostri lavori. Non sarebbe male,
vista l’enorme disponibilità di muri scrostati o rovinati
presenti sul territorio, realizzare più spesso interventi
di street art, magari con un po’ di assistenza tecnica
da parte di comuni e associazioni.
Parlaci un po’ di te. Quale è stato il tuo percorso
artistico e come lo hai adattato al tuo lavoro attuale?
Dopo aver frequentato il Liceo Artistico a Pinerolo
mi sono laureato al Politecnico di Torino in Progetto
Grafico, e tutt’ora lavoro come tale. Inoltre proseguo
varie attività illustrative parallele come quelle
presenti sul mio sito. Per quanto riguarda il contest,
il mio percorso mi è servito per elaborare il murales
attraverso diversi livelli, come si ragionerebbe in una
composizione grafica. Sono partito dallo sfondo
fino al primo piano utilizzando differenti tecniche
e materiale: inizialmente con uno smalto bianco,
passando per una texture creata con spray e stencil
fino alla parte frontale rifinita con pennelli e pennarelli.
Pensi che il periodo che stiamo vivendo sia un
momento totalmente negativo per l’arte o credi che
vi siano anche dei lati positivi?
Penso che non sia così negativo. Poco alla volta si
stanno facendo conoscere sempre più artisti, illustratori,
e creativi italiani famosi anche a livello mondiale. Forse
il fatto che sia vissuto come periodo negativo, sprona
di più le menti e l’ingegno a creare cose nuove in grado
di far sopportare meglio la realtà quotidiana.
Progetti nel prossimo futuro?
Tantissimi. Mi piacerebbe migliorare e crescere
in diversi ambiti creativi, e portar avanti i miei
progetti di illustrazioni e grafiche in un mercato
più ampio. Potrei così dedicarmi solo ad una mia
attività diffondendo un marchio che mi rispecchi.
www.heygraphic.it
diritti umani
Visibili & Invisibili
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gruppo giovani amnesty international
La campagna immigrazione
“S.O.S. Europa: le persone, poi le frontiere”
Ci siamo lasciati qualche mese fa con
una lettera di risposta ad un cittadino
pinerolese sul tema dell’immigrazione
– potete trovarla nel numero di luglio di
Pinerolo In Dialogo. Avevamo risposto
con decisione e fermezza per dire la
nostra sul tema degli immigrati ma
per ragioni di scelta e di spazio non
avevamo trattato della complessa e
complessiva posizione di Amnesty
sulla questione immigrazione.
Amnesty International ha lanciato
nel corso di questo anno la campagna
europea “S.O.S. Europa – Le persone,
poi le frontiere” per chiedere ai governi
degli stati membri di rispettare a pieno
i diritti dei migranti. Vogliamo che le
istituzioni si impegnino per un soccorso
sicuro delle persone in mare, che si
promuovano alternative concrete e
immediate alla detenzione dei migranti
come strumento della gestione del
fenomeno migratorio e vogliamo che
i diritti dei migranti, dei rifugiati e dei
richiedenti asilo siano sempre una
priorità nelle operazioni di “controllo”
dell’immigrazione.
Nell’ambito della campagna
promossa da Amnesty International,
l’Italia occupa un ruolo fondamentale
considerato che rientra tra i paesi
che più risentono del fenomeno in
Europa. A questo proposito, siamo
molto soddisfatti che l’UE, a seguito
dell’incontro tra il Ministro dell’Interno
Alfano e la Commissaria europea agli
Affari Interni, si sia impegnata per
dare un concreto aiuto all’Italia nella
gestione del fenomeno migratorio con
la nuova operazione “Frontex Plus”,
con l’auspicio che possa essere un
importante strumento di collaborazione
europea per porre fine alle tragiche
perdite di vite umane nel mare
Mediterraneo.
musica
Officine del suono
18
di Isidoro Concas
M u s i c a emergente
Within Issue
I Within Issue sono un trio alternative rock di
Pinerolo, vincitore dell’edizione 2014 del Rock
n’Wolf, festival musicale di Cantalupa, nel quale la
formazione ha esordito aggiudicandosi la vittoria.
Dopo la pausa estiva, li abbiamo intervistati per
sapere quali saranno i loro progetti futuri.
Dunque, poco più di un mese fa avete riscosso
il vostro primo successo al Rock n’Wolf, dove
siete comparsi in pubblico per la prima volta
proponendo già dei pezzi originali. Cosa vi ha fatto
scegliere questo palco?
Dopo aver cominciato a suonare, abbiamo
cominciato a cercare un palco su cui esibirci, ed
il Rock n’Wolf ci è parso la scelta migliore, anche
se non avremmo mai pensato di vincere, perché è
un evento tutto sommato non troppo grosso, della
zona, dove avremmo suonato davanti a molte
persone che già ci conoscevano ed in un ambiente
interessante, con altri gruppi con cui mettersi alla
prova ed un buon suono. C’è stato anche un
elemento scaramantico, visto che il primo che
Gabri, il batterista, ha fatto, è stato proprio lì, tre
anni fa, con i Ghosts Of Destiny, gruppo che poi
ha vinto quell’edizione.
La scelta di una formazione a trio è poco frequente
ed audace, perché lascia molta responsabilità ad
ognuno dei tre musicisti, e richiede molto legame
tra loro: in che maniera avete sviluppato il vostro
sound rispetto alla vostra formazione?
Siamo partiti ispirandoci ad un suono simile ai
Foo Fighters od ai Queens of the Stone Age, ma
sin dalle prime prove ci siamo spostati verso un
suono più nostro, con più psichedelica e meno
aggressività, mantenendo però nelle canzoni una
struttura base che esce quasi istintiva ascoltando
rock, elemento comune del nostro background.
Spesso le idee per i pezzi nascono separatamente,
ce le si invia in versione primordiale registrandole
con Whatsapp e poi ci si ritrova nella tavernetta
di Marco, la nostra sala prove fatta in casa, per
lavorarci su. Spesso nel comporre si cerca di
mettere un qualcosa che attiri l’attenzione, che
faccia dire “senti come suona bene”, che sia
distintivo, ma al di là di questo, essendo agli inizi
non abbiamo ancora uno schema fisso.
Voi siete tra i pochi gruppi emergenti che hanno la
propria base a Pinerolo: qual è la vostra opinione
sulla scena musicale della città?
Da fuori può sembrare che la scena sia un po’
ferma, ma il fatto è che Pinerolo stessa non offre
molte occasioni per chi suona, si può dire che è un
po’ morta, o anziana. Spesso per fare musica nei
locali basta un dj, se fai musica tua non trovi molte
offerte, mentre già con dei gruppi cover di musica
italiana c’è più probabilità di avere qualche data, e
spesso molti gruppi rimangono fermi alle cover e
dopo un po’ si annoiano e si sciolgono. Il problema
è che mancano posti che assicurino un po’ di
date di rodaggio per i nuovi gruppi, che invitino
chi sta sotto il palco a prendere a sua volta in
mano gli strumenti, o magari cose come il Rock in
Oratorium, che permetteva a più band di suonare
insieme, creando collaborazioni all’interno della
scena. Ormai si può dire che a Pinerolo una band
si scalda, mentre la vera partita si gioca a Torino.
Noi, adesso, abbiamo intenzione di cominciare a
fare qualche concerto in zona, dopo aver detto
“noi ci siamo” al Rock n’Wolf, e nel frattempo
stiamo rivedendo i nostri pezzi e scrivendone altri.
Sentirete parlare di noi.
Andare al cinema
società
di Andrea Obiso
il cinema va in cucina
Chef - La ricetta perfetta
Regia: Jon Favreau - Cast principale: Jon Favreau, John
Leguizamo, Sofia Vergara, Scarlett Johansson, Dustin Hoffman
Carl Casper (Jon Favreau) è un famoso
Chef di Los Angeles, le sue sicurezze tra
i fornelli vengono minate nel momento
in cui un noto critico culinario stronca
le sue ricette dichiarandole antiche
ed insinuando che la vena innovativa
che aveva caratterizzano l’inizio della
carriera di Carl oramai si è esaurita.
Tra una litigata con il proprietario
del
ristorante
(Dustin
Hoffman)
ed un battibecco con l’ex moglie
(Sofia Vergara) Carl scopre il potere
di twitter e subito si scontra con
la pericolosità di questo mezzo.
Lasciandosi coinvolgere dalla colorita
retorica utilizzata all’interno del social
network infatti Carl sfida apertamente il
critico culinario, scatenando una catena
di eventi che porteranno il rinomato
chef a riconsiderare il proprio lavoro e le
proprie priorità.
Jon Favreau, già noto per ruoli
comici e per la regia, fra gli altri, di
Iron Man, porta in scena una commedia
leggera e divertente basata sulla
cucina e sul rapporto padre-figlio.
A supportare la storia, poco originale
ma comunque presentata in modo
fluido e privo di momenti morti, c’è un
cast di attori con notevole esperienza
all’interno del genere e con abbastanza
notorietà da attirare il pubblico in sala.
I problemi della pellicola, come spesso
accade,
sono
paradossalmente
associabili ai punti forti appena elencati.
L’andamento della vicenda infatti
prosegue esattamente come lo spettatore
si aspetta, creando un ambiente sicuro
e privo di sorprese che caratterizzano
spesso pellicole destinate ad essere
dimenticate nell’arco di un paio di mesi.
Per ricalcare un concetto spesso
espresso da chi commenta cinema: un
gradino sopra le commedie all’americana,
un gradino sotto i film interessanti.
A voi decidere se il fantomatico bicchiere
è mezzo pieno o mezzo vuoto.
19
società
Giovani,Tecnologia@Innovazioni
20
a cura di Greta Gontero
Le “lenti” superintelligenti di Google
Da un po’ di tempo Google sta lavorando ad
un paio di lenti hitech per creare un supporto che
sia direttamente a contatto con gli occhi. Per il
momento sono stati creati prototipi funzionanti
e l’azienda ha stretto un accordo con la società
multinazionale “Novartis” per un’applicazione
medica alle proprie lenti.
Gli utilizzi di questo
futuro gadget saranno
molteplici e le idee sono
parecchio
ambiziose:
partendo dal fatto che
queste lenti a contatto
siano legate alla medicina,
il loro uso principale è
quello di misurare i livelli
di insulina nei pazienti
diabetici. Tutto ciò è
possibile grazie a sensori
e microchip integrati che
monitoreranno il livello di insulina del paziente e,
se il livello sale pericolosamente, avvertiranno
subito l’utente e il medico tramite delle luci LED.
Questo prototipo include anche una fotocamera
(ovviamente molto rimpicciolita) che scata le foto
con un gesto specifico, per esempio l’occhiolino.
Oppure queste futuristiche lenti saranno in
grado di avviare un ricerca di informazioni su
una persona che l’utente osserva per qualche
secondo, grazie ad un sistema di riconoscimento
facciale.
Da tutto questo progetto, nasce l’idea per un
altro: un computer dentro la lente a contatto…
incredibile solo a pensarlo! Eppure potrebbe
essere in commercio già tra dieci anni. Infatti
il
“Centre
of
Microsystems”
dell’Università
di
Gand (Belgio) ha già
creato lo schermo
di tale computer;
questo prototipo è
ricurvo e flessibile
per adattarsi meglio
alla
superficie
oculare ed include
un display LCD
che gli consentirà
di proiettare immagini e scritte in trasparenza e
sovraimpressione. Inoltre, grazie alla presenza di
un unico cristallo liquido, queste lenti possono
scurirsi e riparare così gli occhi del soggetto
dalla luce del sole. Essendo però ancora in fase
di costruzione, rimane da perfezionare la
trasmissione dati e il rifornimento energetico
della lente.
Via Vigone da valorizzare
La via degli artisti e degli artigiani si è arricchita di un altro laboratorio: Pizzeria da Gigi
società
Appunti di viaggio
di Angelica Pons
tempo inclemente? visitate le città d’arte!
Verona, con Giulietta e Romeo
Il tempo inclemente non incoraggia, ma
è ideale per visitare una città d’arte senza
l’oppressione del caldo.
Verona è una meta splendida, vivibile
e raggiungibile in treno o con poche ore di
autostrada (E70), per una scappatella a metà
settimana, almeno una notte in loco, in un
quartiere tranquillo, Croce Bianca, ben servito
dai bus.
«E’ in vendita una card per sconti, ingressi
e l’uso dei pulmann», è l’ottimo consiglio
dell’amabile Beatrice dell’Euromotel, albergo
accogliente e con stanza a tema, dall’antico
Medioevo con gli armigeri al total pink e “tacco
12” della Barbie; squisita la colazione a buffet.
Verona è, non solo, ma anche l’Arena,
nell’ariosa piazza Bra’ coi giardini su cui
sostano pezzi di scena dell’Aida e si affacciano
il Municipio neoclassico ed il Palazzo della Gran
Guardia, tardo-rinascimentale, che in questo
periodo ospita una meravigliosa mostra su
Paolo Caliari detto appunto il Veronese, gran
maestro del 1500. Poco oltre, col bel ponte di
pietra sull’Adige, sorge lo splendido castello
scaligero, con museo e statua equestre di
Can Grande della Scala. Non distante, la bella
piazza delle Erbe con il Palazzo della Ragione,
sede della G.A.M., la bella piazza Dante, il
mercato ed i caffè.
Dall’alta Torre Lamberti si ammira la città
antica, avvolta dalle anse del fiume. Originali
le chiese. S.Zeno, capolavoro romanico con
fondamenta paleocristiane, cripta con reliquie
e pala d’altare d’autore (Andrea Mantegna).
S. Fermo si compone di due edifici che
s’incastrano e sviluppano dall’antica pieve del
V secolo al gotico armonioso, con pregevoli
affreschi del Pisaniello. Il duomo con due
organi e la bella Assunzione di Tiziano si
articola in un complesso con chiostro e il noto
campanile. Deliziosa S. Anastasia: i “gobbi”
reggono le acquesantiere e lo sguardo vede il
succedersi dei secoli sui sovrapposti stili dalla
parete affrescata (S. Giorgio e la Principessa
di Pisaniello) agli altari in barocco policromo
veneziano come quello del Redentore, scolpito
da Cattaneo discepolo del Sansovino su
disegni del Palladio.
Verona è anche la fonte del mito più
romantico. Nato forse da un pettegolezzo
tra armigeri, secondo alcuni, per altri vicenda
semiautobiografica di un narratore friulano, la
storia di Romeo e Giulietta qui trova spazi che
la fanno sentire reale: dal verone cui si accede
attraversando una volta cosparsa di messaggi
romantici scritti o appiccicati su cerotti e
persino salvaslip - premurosamente tolti da
qualche custode - all’abitazione, con affreschi
ed arredi del tempo, alla cassetta postale
per Giulietta, (c’è pure l’e-mail), alla tomba,
credibile, perfettamente ricostruita nei dettagli.
La casa di Romeo è privata, si vede l’esterno,
ma al fianco si può cenare dal Duca, la trattoria
con pasta fatta in casa, “pastissada de caval”
ed altre prelibatezze. Non sedetevi sulla sua
sedia però: se dovesse entrare il Duca, nota
maschera della contrada, quella spetta a lui
solo. Per sognare un poco.
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Cosedell’altromondo
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di Massimiliano Malvicini
24.8.2014 – Giornata della commemorazione del commercio
degli schiavi e della sua abolizione
Il 24 agosto si è celebrata la “Giornata
Internazionale per la Commemorazione
del Commercio degli Schiavi e della sua
abolizione”, un giorno dedicato al ricordo
della rivolta avvenuta sull’isola di Santo
Domingo (oggi divisa tra Haiti e Repubblica
Dominicana), la notte tra il 22 e il 23 agosto
1791 da parte di Toussaint Louvertoure, il
primo generale maggiore di colore dell’esercito
nazionale francese, e dei suoi uomini.
La rivolta rappresentò una reazione formidabile
per quei tempi ed ebbe come risultato l’inizio
della messa in discussione dell’abolizione
della tratta transatlantica degli schiavi.
Come è intuibile, lo scopo della Giornata è
stato quello di fare memoria della tragedia
della tratta transatlantica e di analizzare le
cause storiche, le modalità e le conseguenze
di questa tragedia in Africa, Europa, America
e Caraibi.
Le conseguenze di questo fenomeno sociale
prima che economico sono ancora evidenti
oggi: l’Africa deve ancora recuperare dai
disastri provocati dal commercio degli schiavi
o dalla successiva era di colonizzazione.
Attraverso l’Atlantico, in Europa e altrove,
i cittadini di origine africana ancora lottano
quotidianamente contro radicati pregiudizi
che li rendono sproporzionatamente tra i più
poveri.
Infine, nonostante l’ufficiale abolizione
della schiavitù, il razzismo ancora pervade
il nostro mondo: le forme contemporanee
di schiavitù, tra le quali la servitù e la
prostituzione forzata, l’uso dei bambini nelle
guerre e il commercio internazionale di droga
continuano a rappresentare un avversario
temibile.
Agosto 1974 – agosto 1980, stragi di Italicus e della stazione di Bologna
Sembrano lontane nel tempo, eppure le stragi
d’inizio agosto rimangono fermi ricordi di chi in
quegli anni ha vissuto l’insicurezza di vedere
il terrorismo vincere contro la democrazia,
all’epoca messa in difficoltà sia dall’estrema
destra che dall’estrema sinistra oltre che dalla
crisi sociale ed economica degli anni Settanta
ed Ottanta.
Era il decennio dell’insicurezza: dopo il boom
degli anni Sessanta, l’economia e la società
italiana si trovavano diversi e senza riferimenti
e lo Stato era anche l’emblema di questo
spaesamento. In queste circostanze, all’una
del mattino del 4 agosto 1974, all’uscita dalla
galleria degli Appennini, nei pressi della stazione
di San Benedetto Val di Sambro (Bologna), un
ordigno ad alto potenziale esplose nella quinta
vettura del treno Espresso 1486 Italicus,
diretto a Monaco di Baviera; all’esplosione
seguì un incendio di vaste proporzioni e solo
per miracolo il convoglio riuscì a raggiungere
la stazione più vicina allarmando i soccorritori.
Sei anni dopo, presso la Stazione centrale di
Bologna, nella sala d’aspetto, piena di famiglie
in partenza per la costa adriatica, esplose un
altro ordigno che squarciò i muri della stazione
e fece cadere l’ala ovest del complesso
causando la morte di 85 persone, tra cui
molti bambini. Era la guerra fra lo Stato ed il
terrorismo.
Le due stragi, benché si svolsero a sei anni di
distanza, vennero compiute con il deliberato
obiettivo di colpire i viaggiatori, le famiglie in
partenza per le vacanze o per lavoro: quelle del
convoglio Roma-Monaco di Baviera nel 1974
e quelli della sala di aspetto della Stazione di
Bologna centrale.
L’Italia non era più un luogo sicuro ed i terroristi
ne erano consapevoli: destabilizzare lo Stato
italiano tramite la strategia della tensione era
uno dei modi per restaurare un ordinamento
diverso da quello vigente e garantire così
sicurezza e sviluppo alla nazione italiana.
Sembrano parole vuote e lontane, ma gli
scenari terroristici che si stanno sviluppando in
tutto il mondo non sono così distanti da quanto
avvenuto in Italia: Algeria, Libia, Iraq sono
solo gli ultimi esempi di un morbo che spesso
colpisce le democrazie in momenti difficili della
loro storia. Quando sentiamo di bombe che
esplodono, dovremmo ricordare prima di tutto
la nostra storia e cercare di ricordare le stragi
che hanno sparso sangue in questo Paese.
eventi
Via Vigone da valorizzare
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Via Vigone , la via degli artisti e degli artigiani, si fa sempre più bella. Da poco con la tinteggiatura
della facciata dell’edificio dove ha sede anche la nostra associazione
Onda d’Urto ha subito un radicale restilyng
Dopo le vacanze si riprende...
Associazione Culturale Onda d’Urto
Via Vigone 22, PINEROLO - [email protected]
aperta il lunedì-mercoledì-venerdì ore 15-18 e su appuntamento
I progetti di Onda d’Urto per i giovani:
< Un Centro Culturale e un punto d’incontro per giovani
< Dove trovare una scrivania per progettare e studiare
< Un luogo dove avviare confronti di idee con giovani e adulti
< Dove fare coworking, piccole conferenze, dibattiti
< Serate di laurea, mostre di giovani artisti e giovani associazioni
< Un luogo dove avviare start-up o ascoltare esperti
< Un “incubatore di idee” per coltivare “prospettive di futuro”
< Dove si pensa anche il giornale “Pinerolo Indialogo”
< Un luogo per contattare un Ente accreditato per i servizi al lavoro
< Dove trovare aiuto per partecipare ai bandi nazionali ed europei
< .... un’occasione per i giovani del territorio
Su www.pineroloindialogo.it/eventi vi sono gli eventi del territorio
Segnalate gli eventi del Pinerolese a: [email protected]
Sono amici di Pinerolo InDialogo e di Onda d’Urto 24
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