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la collera - Assimpredil Ance

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la collera - Assimpredil Ance
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Tariffa R.O.C.: Poste Italiane SpA Spedizione in abbonamento postale – D.L. 353/2003 (conv.in L. 27/02/04 n. 46) Art. 1, comma 1, DCB Milano Rivista bimestrale di Assimpredil Ance_Numero Trentaquattro_Speciale: La giornata della collera_sesto bimestre
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Direttore:
Cecilia Bolognesi
[email protected]
Dopo il successo delle edizioni dedicate alla scoperta e valorizzazione
dei restauri eseguiti sulle architetture del ‘400/’500 e del ‘600/’700,
torna l’appuntamento con Milano nei cantieri dell’arte,
la manifestazione annuale avviata nel 2009 e promossa da
Assimpredil Ance, Camera di Commercio di Milano, Soprintendenza
per i Beni Architettonici e Paesaggistici di Milano e Arcidiocesi di Milano.
Quest’anno l’attenzione sarà rivolta al patrimonio storico
e artistico dell’800 e del ‘900 nelle Province di Milano, Lodi, Monza e Brianza,
attraverso un’articolata proposta di convegni, workshop e visite guidate. Sarà affrontata
la storia dell’architettura moderna, proponendo come originale chiave di lettura da un lato
l’evoluzione delle tecniche costruttive e dei materiali edili dall’Eclettismo
al Liberty, dal Movimento Moderno alla ricostruzione del Secondo
Dopo Guerra, dall’altro la tipologia e l’evoluzione degli interventi di restauro e conservazione
eseguiti sui manufatti di questo periodo storico.
Numerosi i temi affrontati, tra cui, in particolare:
_Il cemento armato: l’utilizzo, la manutenzione, le problematiche, il restauro;
_Uso e riuso: le regole, i vincoli, i limiti;
_PGT: quali nuove possibilità nel campo del recupero di beni artistici e architettonici.
L’800 e il ‘900 a Milano, Monza e Lodi:
la parola alle imprese che hanno fatto e costruito la storia.
Il programma dettagliato sarà a breve disponibile sul sito www.milanoneicantieridellarte.it.
Numero Trentaquattro_Speciale: La giornata della collera
Rivista bimestrale di Assimpredil Ance
AUTORE
TITOLOFOTO/ILLUSTRAZIONI
Claudio De Albertis
La giornata della collera 008
I punti del manifesto
010
Il programma
Dalla collera all’impegno
012
La partecipazione della filiera Il mondo delle professioni
026
Il mondo della finanza e servizi immobiliari 028
Art directors:
Contemporary Graphics
Il mondo della promozione immobiliare
Il mondo dei cantieri030
Pubblicità:
[email protected]
Il mondo della produzione
Il mondo della distribuzione dei materiali edili041
Prestampa e Stampa:
CALEIDOGRAF
Il mondo della vendita e delle agenzie immobiliari
Ritagli044
Redazione:
[email protected]
Torna Milano nei cantieri dell’arte
DEDALO Comitato di redazione:
Claudio De Albertis
Gloria Domenighini
Giuseppe Esposito
Roberto Mangiavacchi
Tariffa R.O.C.:
Poste Italiane SpA
Spedizione in abbonamento
postale – D.L. 353/2003
(conv.in L. 27/02/04 n. 46)
Art. 1, comma 1, DCB Milano
In copertina: 13 febbraio 2013,
La giornata della collera
in Piazza della Borsa.
Foto di G. Ammendolea
Direttore responsabile:
Cecilia Bolognesi
Registrazione n. 4 del 5/1/1985
anno ventisettesimo numero 34
sesto bimestre 2012
Per le immagini di cui,
nonostante le ricerche eseguite,
non è stato possibile rintracciare gli aventi
diritto, l’Editore si dichiara disponibile
ad assolvere i propri doveri.
Dedalo
Rivista bimestrale edita da
ASSIMPREDIL ANCE
Via San Maurilio 21,
20123 Milano
tel. 02 8812951
fax 02 8056802
www.assimpredilance.it
Presidente:
Claudio De Albertis
Direttore generale:
Gloria Domenighini
Vicedirettore:
Andrea Lavorato
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042
Milano, 13 Febbraio 2013
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LA GIORNATA DELLA COLLERA
Milano, 13 febbraio 2013, Palazzo della Borsa ore 9.30
Un titolo così forte e anche così inusuale per un evento promosso da imprese e da professionisti: perché?
Per lo stesso motivo per cui in un solo mese ben 20 Associazioni che rappresentano l’intero mondo
delle costruzioni, da chi lavora in cantiere a chi produce beni per l’edilizia a chi li distribuisce, da
chi si occupa di servizi immobiliari a chi cura la vendita del costruito, dagli ingegneri, ai geometri,
agli architetti, si sono unite, hanno lavorato insieme condividendo obiettivi, priorità, contenuti ed
insieme hanno organizzato questa grande manifestazione. Per lo stesso motivo per cui oggi ci sono
500 persone dentro Palazzo Mezzanotte e oltre 1000 fuori in piazza al freddo.
Perché la crisi è iniziata nel 2008 e non ci sono segnali di ripresa.
In soli 3 anni 40.000 imprese hanno chiuso, e migliaia di studi professionali hanno ridotto i
collaboratori. Dal 2008 ad oggi sono stati persi 360.000 posti di lavoro: l’equivalente di più di
70 ILVA di Taranto. E la perdita occupazionale supera il mezzo milione di posti di lavoro se si
considerano anche i settori collegati. Sono numeri enormi, che però non fanno notizia perché il nostro
è un settore frammentato, parcellizzato, costituito da imprese piccole e piccolissime. Dal 2008 al 2012
la perdita produttiva è stata del 26%, pari a 43 miliardi di euro in meno. È come se fossimo tornati
indietro di 40 anni. Non è solo un problema di decine di migliaia di imprese, società, e studi che
chiudono, comprese centinaia di migliaia di lavoratori senza lavoro. Non siamo qui oggi a protestare
solo per la crisi del nostro settore.
Siamo qui oggi perché:
_Se non riparte l’edilizia non riparte l’economia e la nostra crisi si traduce nella più generale
paralisi del sistema di produzione di beni e servizi e viceversa. Ogni euro investito nelle costruzioni
genera una ricaduta economica pari a 3,4 euro. Ogni miliardo investito nelle costruzioni significa
17.000 nuovi posti di lavoro.
_Se non riparte l’edilizia i nostri territori si impoveriscono e perdono competitività: pensiamo
alla dotazione infrastrutturale, alle opere grandi e piccole, dall’Alta velocità alle strade provinciali e
comunali, ma pensiamo anche alle scuole, agli ospedali, alle carceri…
_Se non si investe nel nostro settore si degrada l’ambiente, mi riferisco al tema della messa in sicurezza
del territorio, a quello delle bonifiche e smaltimento dei rifiuti, al tema della lotta all’inquinamento
attraverso la riqualificazione energetica degli edifici.
_Se non si investe nell’edilizia non è possibile dare risposta alla domanda di un bene primario
come è la casa, l’infrastruttura sociale su cui poggia qualsiasi società. Considerate che nei primi 6
mesi del 2012 le erogazioni di mutui alle famiglie per l’acquisto della casa rispetto ai primi 6 mesi
del 2011 si è addirittura dimezzato. Quindi oggi siamo qui per dire che non è un problema solo del
nostro settore.
_Se non si investe nell’edilizia non solo non riparte, ma arretra l’intero sistema Paese. E la
collera è dovuta anche allo sconforto di assistere a un così grave arretramento. La collera e la rabbia
nascono dalla consapevolezza che, nonostante l’impegno che imprese e professionisti mettono nel
fronteggiare questa situazione, questo impegno viene sistematicamente frustrato e vanificato dalla
disattenzione da parte di chi dovrebbe, invece, garantire le condizioni per poter lavorare e competere.
Una disattenzione che trova conferma nella completa assenza di visione e nella mancanza di
provvedimenti per attuarla, ridando ossigeno alla crescita. Nessuno nega la necessità di mantenere
un saldo controllo sull’equilibrio dei conti pubblici, nessuno nega la necessità di tagliare sprechi e
In questa pagina:
esponenti delle varie associazioni
durante l’enunciazione del manifesto
di fronte a Palazzo Mezzanotte
porre fine alla spesa improduttiva. Al contrario, è anni che ne invochiamo l’urgenza. Ma l’azione
rivolta solamente al qui e ora del controllo dei conti senza alcuna prospettiva rischia di togliere ogni
senso, ancor prima che ogni possibilità, di uscire dalla crisi domani. Vogliamo chiaramente esprimere
la nostra rabbia perché sappiamo che esistono provvedimenti a costo zero che possono supportare le
imprese nell’opera di creare nuova crescita e altri provvedimenti che a fronte di un piccolo esborso
di risorse pubbliche possono generare un volano per creare una grande crescita. Siamo qui, pronti a
mostrare quanto siamo in grado di fare, pronti a metterci in discussione e ad assumere un impegno
concreto per portare più qualificazione e qualità nei processi e nei prodotti. Ma vogliamo che le nostre
capacità, le nostre competenze, la nostra necessità di crescere e generare sviluppo siano riconosciute.
E vogliamo ripartire proprio da Milano, città da sempre motore e avanguardia del Paese che
può e deve essere un esempio positivo e virtuoso di capacità di visione strategica, di cultura della
trasformazione, della riqualificazione, della rigenerazione urbana, di interventi che producano
ricadute in termini economici, ma anche sociali e ambientali. Le imprese che hanno investito
nelle loro aziende, il mondo delle professioni che ha promosso il know-how tecnologico e formativo,
gli operatori che hanno fatto della qualità e affidabilità un requisito reputazionale, chi rispetta il
lavoro nelle regole e nella trasparenza dei contratti, chi oggi è in ginocchio perché paga in prima
persona le ricadute negative di un rischio di settore a cui non ha contribuito, tutte queste imprese
e professionisti vogliono un patto con il Paese che riconosca il valore del loro lavoro e la dignità
del fare impresa e che riconosca all’edilizia un ruolo determinante per la ripresa del sistema Italia.
È questo il senso e lo scopo del manifesto che oggi vi presentiamo. Ringrazio le persone qui oggi
presenti, tutti i nostri ospiti, i politici, le autorità e prima di lasciare spazio alla voce del mondo delle
costruzioni, a cui seguirà quella delle istituzioni e della politica, vi presento tutte le Associazioni
che hanno promosso La giornata della collera: ACAI, Assimpredil Ance, Anit, Aspesi, Assogesso,
Assoimmobiliare, Assolombarda, Assomalte, Casartigiani Lombardia, CNA Milano_Monza e
Brianza, Confartigianato-APA, Confindustria Alto Milanese, Confindustria Monza e Brianza,
Consulta Regionale Geometri e Geometri laureati della Lombardia, Consulta Regionale lombarda
degli Ordini degli Architetti Pianificatori Paesaggisti e Conservatori, Consulta Regionale Ordini
Ingegneri della Lombardia, Federcomated, FIMAA, UNCSAAL, Unione Artigiani.
Claudio De Albertis
008_009
Basta annunci.
Servono più risorse e investimenti
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Basta morire di ritardati pagamenti.
Bisogna garantire un accettabile ciclo dei pagamenti
Basta morire di credito.
Bisogna ridare fiducia agli operatori e alle famiglie
I punti del manifesto
Basta con un fisco contraddittorio e insostenibile.
Bisogna alleggerire la pressione fiscale
L
a giornata della collera è stata la dimostrazione di cosa può essere la rete di un sistema quando si unisce
per degli obiettivi concreti: dai due ferraioli nel bar delle cinque vie che in bresciano/cossovaro muniti
di caschetto vero alle 7.45 chiedevano informazioni su dove fosse la piazza ( due eroi),
ai dipendenti delle imprese seduti nelle file, alle associazioni, ai rivenditori di materiali
che ci hanno commosso, alle immobiliari, ai professionisti, agli esponenti della politica
che attraversano il palco tutti uniti dalla medesima preoccupazione.
Mi sembra serio lasciare per oggi questa pagina alle grida che questa piazza ci ha restituito.
Cecilia Bolognesi
Basta con gli impegni a senso unico.
Le imprese si evolvono e lo Stato?
Basta improvvisazione.
Regole certe e certezza dell’azione amministrativa
In queste due pagine:
la sala della Borsa gremita da tutte le categorie
010_011
Il sistema italiano delle costruzioni
ha inteso trasformare la Collera
in un Manifesto programmatico
sul quale chiede da subito il consenso
di tutti coloro che si candidano
alla guida del Paese, e sul quale instaurerà
un dialogo costante nel tempo
con il nuovo Esecutivo e con tutti
i Gruppi Parlamentari della XVII Legislatura,
per trasformare in azioni legislative concrete
ogni punto del Manifesto stesso
Gruppi di manifestanti
all’ingresso del Palazzo della Borsa
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Dalla collera all’impegno
L
a crisi economico-finanziaria, che ha
investito il nostro Paese, ha trascinato
nella recessione più grave dal
dopoguerra ad oggi la filiera delle costruzioni:
imprese, operatori e professionisti del
comparto immobiliare, della produzione di
beni e servizi, dell’edilizia, della distribuzione
dei materiali edili, della vendita e gestione
del patrimonio residenziale, commerciale,
produttivo, infrastrutturale, pubblico e
privato. La perdita produttiva tra il 2008 e il
2012 ha ormai raggiunto il - 26% in termini
reali, ovvero 43 miliardi di euro in meno, e ha
riportato i livelli di produzione a quelli di 40
anni fa. Dalla fine del 2009, 40mila imprese
hanno chiuso e moltissime sono sull’orlo
della chiusura o del fallimento. Nel 2012 gli
investimenti in costruzioni hanno registrato
una flessione del 7,6% in termini reali e a fine
2013 il settore delle costruzioni avrà perso,
in sei anni, circa il 30% degli investimenti.
Soffrono tutti i comparti, dalla produzione di
nuove abitazioni, che in questi sei anni (dal
2008 al 2013) avrà perso il 54,2%, all’edilizia
non residenziale privata, che segna già una
riduzione del 31,6%, alle opere pubbliche,
che registrano una caduta del 42,9%. Solo
il comparto della riqualificazione degli
immobili residenziali mostra una tenuta dei
livelli produttivi (+12,6%). Gli effetti sulle
imprese e sull’occupazione sono pesantissimi:
le costruzioni hanno perso, dall’inizio della
crisi ad oggi, 360.000 posti di lavoro. La
perdita occupazionale supera i 550.000, se
si considerano anche i settori collegati. Gli
studi professionali chiudono, anticipano
il pensionamento i professionisti anziani e
cessano l’attività, appena iniziata, i giovani.
Tutte le professioni ordinistiche registrano un
sensibile calo di iscrizione agli Albi e quelli
che rimangono manifestano un forte disagio
verso un sistema percepito come lontano,
oscuro e spesso ostile. I professionisti, gli
imprenditori e tutti gli operatori del settore
vivono l’attuale momento congiunturale non
tanto come il risultato di una profonda crisi
economica - di un mercato saturo o privo di
opportunità - bensì come un momento storico
nel quale la politica sembra non riuscire
a trovare soluzioni o proposte coerenti.
L’asfissia generale che tutti percepiscono
inaridisce l’ingegno, crea fughe pericolose
012_013
in avanti, moltiplica il senso di incertezza e,
soprattutto mortifica il mercato. Eppure si
tratta del primo settore italiano - per prodotto,
occupazione e contribuzione fiscale, settore in
grado di riaccendere processi produttivi che
si riflettono e si amplificano all’interno del
sistema economico su moltissimi comparti.
In Italia, il settore effettua acquisti di beni e
servizi dall’80% dei comparti economici e
risulta essere primario per l’attivazione del
mercato interno del Paese e – considerati
anche gli affitti, i condomini, le provvigioni
e gli altri servizi - rappresenta il 20%
dell’economia italiana. Per rendersi conto
delle potenzialità della filiera delle costruzioni,
va tenuto presente che una domanda
aggiuntiva di 1 miliardo nel settore genera
una ricaduta complessiva nell’intero sistema
economico di 3.374 milioni di euro ed un
aumento di 17.000 occupati (di cui 11.000
nelle costruzioni e 6.000 nei settori collegati).
Di fronte ad tale scenario, emerge in modo
evidente la necessità di misure strutturali in
grado di invertire nell’immediato le tendenze
in atto per rilanciare il settore, per stimolare
la crescita economica del Paese e per dare
una risposta alla domanda sia abitativa che
infrastrutturale e di qualità urbana.
Servono politiche rivolte, in particolare,
al mercato residenziale che determinino
importanti effetti non solo economici, ma
anche sociali, soprattutto attraverso interventi
rivolti al miglioramento della qualità del
costruito e della sostenibilità urbana.
Per soddisfare queste esigenze serve un
progetto che riattivi la filiera, partendo dal
mondo delle professioni tecniche italiano
che deve essere accreditato di un maggior
coinvolgimento nella definizione di procedure
amministrative, di maggior partecipazione alle
scelte di indirizzo nella gestione ed utilizzo del
territorio, di maggior riconoscimento delle
capacità di eccellenza acquisite e accertate.
L’eccellenza italiana merita la giusta attenzione
e valorizzazione. La politica dell’Unione
Europea ha ben chiara l’importanza del
settore delle costruzioni e il ruolo strategico,
sociale ed economico che esso può svolgere
poiché produce edifici e infrastrutture dai
quali dipendono tutti i rami dell’economia. È,
infatti, il comparto industriale che fornisce più
posti di lavoro in Europa e che contribuisce
in maniera determinante agli investimenti.
Germania e Francia hanno adottato, già
dal 2009, misure di medio termine in
grado di garantire una pianificazione degli
investimenti, privati e pubblici, e di assicurare
in tal modo più concrete prospettive di
crescita del settore. L’Italia, purtroppo, è in
ritardo nel riconoscere e restituire alla filiera
delle costruzioni un ruolo determinante
per la ripresa del Paese. E’ un comparto
ampio, diversificato e frammentato in cui,
inutile nasconderlo, coesistono imprese
profondamente diverse sotto il profilo
etico, qualitativo e strutturale. La filiera
delle costruzioni, quella rappresentata dalle
imprese sane e storicamente radicate nei
territori, da tempo ha avviato un’importante
riconfigurazione puntando a innovazione,
qualità, tecnologia, estetica. A queste imprese
deve essere riconosciuto il diritto di vivere e
di continuare a fare impresa in condizioni
di leale concorrenza. Servono, dunque,
azioni in grado: di contrastare l’affermarsi
di quella parte di mercato che cresce grazie
all’aggiramento delle regole; di avviare una
crescita duratura che supporti il settore nei
suoi processi di trasformazione. Investire nella
filiera delle costruzioni vuol dire investire per
il futuro del Paese; la nostra filiera, invece,
non è stata considerata un sistema economico
essenziale allo sviluppo e le politiche
economiche introdotte, così come quelle mai
avviate negli ultimi anni, hanno peggiorato
la situazione e “depresso” l’edilizia in maniera
eccezionalmente grave. I prodotti finali della
filiera - case, uffici, stabilimenti produttivi e
commerciali , scuole, ospedali, edifici pubblici,
verde e arredo urbano, strade e infrastrutture
in genere - sono stati utilizzati per perseguire,
nella maniera più semplice ed immediata,
una mera politica di controllo della spesa
pubblica, senza considerare gli effetti negativi
che questa politica miope, con lo sguardo
puntato al breve, determina sullo sviluppo.
Il futuro ci riserva un numero incredibile di
sfide: cambiamenti demografici e climatici,
globalizzazione, scarsità e depauperamento
delle risorse naturali, crisi economiche
mondiali. Sfide che richiedono maggiori
capacità innovative e un crescente utilizzo di
nuove tecnologie: crediamo che il comparto
delle costruzioni possa mettere in gioco il suo
potenziale di sviluppo rispondendo ad una
domanda sempre più esigente ed attenta alle
caratteristiche prestazionali dei prodotti ed alla
loro sostenibilità ambientale. La filiera delle
costruzioni rappresenta un nodo cruciale:
i bisogni di base delle persone, anche nel
contesto della globalizzazione, rimangono
invariabilmente legati alla qualità della vita.
La società desidera luoghi costruiti e
infrastrutture in cui la vita si svolga nelle
migliori condizioni possibili, che siano
accessibili a tutti e confortevoli, sicuri
e protetti, godibili a lungo, flessibili,
energeticamente efficienti, rispettosi
dell’ambiente e sostenibili economicamente,
luoghi capaci di rispondere ad una domanda
in continuo cambiamento. Le costruzioni,
dunque, sono la chiave di volta per la
sostenibilità economica, sociale e ambientale
del nostro Paese. Un Paese, il nostro, che
investe troppo poco nella cultura della
prevenzione e che non effettua pianificazioni
strategiche di lungo periodo. Le imprese che
hanno investito nelle loro aziende, il mondo
delle professioni che ha promosso il knowhow tecnologico e formativo, gli operatori
che hanno fatto della qualità e affidabilità un
requisito reputazionale, chi rispetta il lavoro
nelle regole e nella trasparenza dei contratti,
chi oggi è in ginocchio perché paga in prima
persona le negative ricadute di un rischio
settore a cui non ha contribuito, tutte queste
imprese e professionisti vogliono un patto con
A sinistra:
13 Febbraio ore 8.00,
la Piazza della Borsa
prima dell’arrivo delle associazioni manifestanti
il Paese che riconosca il valore del loro essere
impresa e la dignità del fare impresa.
L’Italia deve e può tornare a crescere.
Uno dei primi impegni concreti di tutti i
candidati Premier per il prossimo Governo
deve essere quello di salvaguardare l’esistenza
della nostra filiera e tracciarne lo sviluppo,
fermando quella che appare una inesorabile
riduzione delle imprese, degli operatori, dei
professionisti, dei fatturati, degli addetti e
impiegati. In questo senso, il sistema italiano
delle costruzioni ha inteso trasformare la
Collera in un Manifesto programmatico, sul
quale chiede da subito il consenso di tutti
coloro che si candidano alla guida del Paese,
e sul quale instaurerà un dialogo costante nel
tempo con il nuovo Esecutivo e con tutti i
Gruppi Parlamentari della XVII Legislatura,
per trasformare in azioni legislative concrete
ogni punto del Manifesto stesso. Un filo
comune lega le osservazioni, le criticità, le
proposte che tutta la filiera ha raccolto in
questo documento: riaffermare il contributo
positivo del settore delle costruzioni per la
crescita, amplificandone gli effetti anche
attraverso una politica che favorisca assetti
organizzativi e produttivi in grado di sostenere
la propensione all’innovazione, per accrescere
la produttività e la competitività del sistema
industriale, selezionando obiettivi prioritari.
Il ruolo della politica è fondamentale. Una
politica, però, che sappia trovare nella
sistematicità e unitarietà di obiettivi, con
una visione strategica condivisa dal sistema
Paese, il suo modus governandi, e che sia
in grado di ridare valore alle persone, alla
cittadinanza, alle imprese, al lavoro. Nelle
città si forma la metà del PIL mondiale e
Milano, intesa come metropoli allargata di
oltre 8 milioni di persone, che oggi è l’unica
realtà italiana con rilevanza mondiale, sta
rapidamente perdendo le posizioni acquisite.
Le nostre città hanno bisogno di una visione
strategica, di una cultura sistematica della
trasformazione, riqualificazione, rigenerazione
urbana, di interventi che producano ricadute
in termini economici ma anche sociali e
ambientali. In quest’ottica la rigenerazione
urbana rappresenta un nodo essenziale per il
futuro, nella consapevolezza che una politica
di rinnovamento del patrimonio edilizio è
importante sotto molteplici profili :economico,
sociale ed ambientale. Chiedere più risorse
destinate al settore non vuol dire solo più
investimenti diretti dello Stato, o investimenti
pubblici più efficaci ed efficienti, ma vuol dire
anche creare le condizioni perché le risorse
private riaffluiscano nel settore immobiliare
e delle costruzioni. Come imprese e come
cittadini riteniamo che il comparto vada
liberato dai vincoli e dai pregiudizi, che
vadano fatte uscire dal mercato le imprese
che non hanno qualificazione, reputazione,
trasparenza. Affinché possa essere una leva di
rilancio del Paese questo settore vuole mettersi
in gioco, sostenendo chi crede nel valore
del fare impresa, isolando chi gioca fuori
dalle regole. Ma è indispensabile che il Paese
riconosca come una delle priorità il rilancio di
questo comparto economico.
PER RIPARTIRE SUBITO BISOGNA
LIBERARE LE RISORSE DISPONIBILI
Da anni assistiamo a proclami di programmi
d’investimento, di fatto male accompagnati
da un’effettiva disponibilità di risorse in grado
di consentire il progressivo recupero del gap
infrastrutturale italiano e di migliorare la
qualità delle nostre città e della vita. Bisogna
accelerare l’utilizzo delle risorse stanziate
e liberare le capacità di investimento dei
Comuni, i nodi del sistema Paese, rivedendo
le regole del Patto di stabilità interno, che
rappresenta la principale causa di ritardo e di
freno alla realizzazione di opere necessarie a
garantire la qualità della vita.
Occorre: modificare le regole del Patto,
introducendo criteri in grado di premiare
le spese in investimenti, una “golden rule”
da applicare a livello nazionale, in attesa di
una eventuale modifica del Patto europeo;
rivedere il meccanismo di contabilizzazione
delle spese, considerando il momento
dell’impegno e non quello del pagamento.
Le numerose manovre correttive hanno
agito quasi esclusivamente sulla componente
in conto capitale della spesa, quella più
facilmente comprimibile nei tempi necessari
ad assicurare la correzione dei saldi di finanza
pubblica. Dal 2009 al 2011 la spesa in conto
capitale ha subito una riduzione del 28,4%,
mentre quella corrente ha continuato a
crescere registrando un aumento dell’1,8% e
le previsioni per i prossimi anni confermano
tale tendenza. Anche l’analisi del Bilancio
dello Stato per il 2012 conferma il disimpegno
del decisore pubblico nella spesa in conto
capitale e, in particolare, in quella per i
lavori pubblici. Le risorse per nuove opere
pubbliche sono calate del 44% negli ultimi 4
anni e rappresentano, ormai, solo l’1,4% del
bilancio dello Stato.
Bisogna attivare una politica strutturale
per la casa, che operi in forma organica e
non attraverso interventi spot. La carenza
di abitazioni, soprattutto per le fasce sociali
deboli, continua ad essere un problema
non risolto che si è aggravato per l’assenza
di quelle azioni organiche (Stato-RegioniComuni-Operatori) che avevano dato buoni
risultati in passato (piano decennale ecc.).
PORTARE QUALITA’ ITALIANA
NEL PRODOTTO EDILIZIO
Favorire l’affermarsi, in un mercato in
forte crisi come quello delle costruzioni,
della QUALITA’ ITALIANA vuol dire dare
più risorse al settore. Chiediamo di salvare
le imprese che costruiscono veramente
“a regola d’arte” e forniscono maggiori
garanzie di risultato. Questo vuol dire
selezione del mercato, vuol dire sostenere
chi produce edifici ad elevate prestazioni,
014_015
perché solo la qualità dovrebbe essere
distintiva nel futuro del settore (prestazioni
energetiche, acustiche, statiche, di sicurezza,
ecc.). Vuol dire: puntare allo sviluppo della
filiera industriale italiana; incentivare il
mantenimento dei capitali e degli investimenti
nella nazione di appartenenza che dovranno
essere supportati il più possibile dalla politica,
come strategia per la crescita del settore.
Per ottenere qualità serve qualificazione del
mercato.
Qualificazione del mercato.
L’attività edile è considerata attività libera,
chiunque può fare l’imprenditore in questo
settore, semplicemente presentando alla
Camera di Commercio una carta d’identità
e un codice fiscale. Quanto alle regole del
mercato, infatti, esiste oggi un sistema di
qualificazione soltanto nel settore degli
appalti pubblici; si ritiene imprescindibile
intervenire, pertanto, affinché vi sia una
disciplina sull’accesso e sulla qualificazione
delle imprese anche nel mercato privato.
Sarà necessaria maggiore formazione
e specializzazione, maggiore ricerca e
sviluppo nelle professioni, nella promozione
immobiliare, per le aziende produttrici, in
cantiere, nella vendita. La strategia politica
dovrà necessariamente tenere conto di questi
aspetti incentivandoli e promuovendoli.
Sostegno all’innovazione
di prodotto e di processo.
Oggi il settore ha bisogno di essere sostenuto
nei processi di innovazione con adeguati
sistemi di agevolazione, ma ha bisogno
di vedere riconosciuti i propri sforzi con
un maggior controllo volto a espellere chi
gioca su altri piani. Devono quindi essere
agevolate le aziende che lavorano in maniera
qualitativamente superiore e che forniscono
determinate garanzie, lo devono essere non
solo nel mercato privato ma, prima di tutto, in
quello pubblico.
Sostegno alla riconfigurazione del mercato.
Si giocheranno nei prossimi anni importanti
partite nel comparto della riqualificazione
degli edifici esistenti e per molte imprese
questo vuol dire riconfigurare i propri
processi produttivi. Occorre, quindi, sostenere
il percorso di valorizzazione del patrimonio
costruito anche attraverso il perfezionamento
di strumenti finanziari idonei.
Sostegno alla riqualificazione intelligente.
Ma non basta, le barriere e le difficoltà
maggiori non possono essere economiche,
filosofiche o legate all’ignoranza: la
conoscenza delle tecnologie migliori per
l’edificio devono essere valutate da una
diagnosi valida e scientifica. Spesso si fa
confusione tra gli interventi di riqualificazione
energetica con quelli di pura ristrutturazione
o manutenzione, cercando un risultato
che non era preventivato neanche da
progetto. Troppo spesso le valutazioni
tecnico-economiche degli interventi non
tengono conto di tutti gli aspetti di risparmio
conseguibile e, soprattutto, vengono eseguiti
studi su interventi estremi non sempre
necessari.
La diagnosi non può essere facoltativa, deve
diventare un punto fermo e la base per la
corretta progettazione di un intervento di
miglioramento energetico. Bisogna rendere
obbligatorio il libretto di fabbricato, unico
strumento in grado di rendere stabile un
processo di riqualificazione del costruito.
La corretta combinazione degli interventi
involucro/impianto richiede l’allineamento
delle competenze nella filiera: bisogna
che imprese e professionisti si impegnano
a lavorare insieme per offrire al mercato
della riqualificazione serietà e controllo dei
risultati.
Incentivi fiscali per benefici reali.
Le detrazioni fiscali per gli interventi di
ristrutturazione (36%, momentaneamente
al 50%) e di riqualificazione energetica
(55%) hanno avuto un ruolo importante nel
sostenere la riqualificazione degli edifici: ora
serve un passo in avanti.
Informazione = costruzione.
Qualunque intervento edile, che si
tratti di una nuova costruzione o di una
ristrutturazione, parte da un progetto. Il
passaggio dal progetto al cantiere è ancora
una delle debolezze della filiera, per
questo occorre guardare con concretezza
alle nuove tecnologie informatiche come
strumenti di supporto al processo produttivo
che consentono: facilità di comprensione
e di accesso alle informazioni tecniche,
compatibilità per futuri interventi migliorativi/
conservativi dell’edificio (e dunque un
risparmio nel medio lungo periodo per i
clienti finali); certezza di conservazione nel
tempo. Il legislatore italiano , come avverrà
a breve in Gran Bretagna, deve valutare i
possibili benefici derivanti dall’utilizzo del BIM
(Building Information Modelling) come unico
formato accettato in sede di bandi pubblici.
Conoscenza delle prestazioni energetiche
degli edifici e programmazione
dell’obbligo di miglioramento.
L’obbligo di diagnosi/certificazione
energetica, oggi previsto solo per i beni
oggetto di trasferimento a titolo oneroso,
andrebbe esteso a tutti gli immobili esistenti
(compresi quelli a destinazione industriale)
e la prestazione energetica dell’immobile
andrebbe inserita nei dati catastali, in modo
che la conoscenza dello stato energetico
del patrimonio edilizio e delle prestazioni
energetiche di ogni singolo immobile o
del complesso edilizio, possa stimolare
interventi di efficienza avendo ben chiari
il punto di partenza e gli interventi più
efficaci da effettuare. L’onere potrebbe
essere compensato dalla detraibilità fiscale
del relativo costo. Su tale base, peraltro sul
modello dell’Energy Act 2011, si potrebbe
valutare di stabilire, in un orizzonte temporale
di medio-lungo periodo (2020/2025), di
vietare la locazione di immobili e la loro
commercializzazione al di sotto di una certa
classe energetica, consentendone l’uso e
l’agibilità solo dopo l’effettuazione degli
interventi di riqualificazione necessari a
ricondurli nell’ambito della accettabilità
definita nei limiti fissati dal d.lgs 192 per
le nuove costruzioni. E’, altresì, ipotizzabile
introdurre, con simili modalità, l’obbligo alla
manutenzione programmata ed al decoro
architettonico, nonché all’adeguamento
sismico degli edifici.
Il patto della filiera per la qualità italiana.
Sappiamo che a monte di un radicale
cambiamento del settore deve esserci un
patto di filiera, un impegno a fare insieme un
percorso che porti ad un nuovo “contratto tra
le componenti del settore delle costruzioni”.
Per questo le imprese, gli operatori, i
professionisti della filiera delle costruzioni
si impegnano a condividere cinque regole
comuni:
1_Privilegiare il ricorso a professionisti e
imprese che forniscano progetti, materiali
o sistemi supportati da valutazioni tecnicoscientifiche validate in base alle norme e
legislazioni vigenti.
2_Scegliere fornitori che offrano una
cura dei dettagli in fase di progettazione,
che dispongano di un elevato livello di
professionalità e attenzione in fase di
costruzione.
3_Puntare a costruire cordate, aggregazioni,
filiere che abbiano la qualità come elemento
costante dalla fase di progettazione a quella di
esecuzione e vendita.
4_Rifiutare chi compete giocando sul ricorso
a mano d’opera non specializzata e con
un contratto di lavoro non adeguato alle
lavorazioni che vengono effettuate.
5_Possedere flessibilità di pensiero per saper
cogliere le opportunità che la tecnologia può
fornire senza fossilizzarsi nelle abitudini e nella
tradizione, non smettendo mai di studiare ed
approfondire tutti gli aspetti tecnici e scientifici
di quanto viene proposto.
RICHIAMARE LE RISORSE PRIVATE
NEGLI INVESTIMENTI
Bisogna creare le condizioni per attrarre
capitali privati negli investimenti pubblici e
privati.
Il mercato immobiliare non residenziale.
L’efficienza del mercato immobiliare non
residenziale dipende, in buona misura,
dalla presenza di investitori istituzionali,
soprattutto internazionali. Tale ultima
categoria ha dimostrato, in tempi recenti,
scarsa propensione a valutare opportunità di
investimento nel nostro Paese, rilevando tra
l’altro una inefficienza degli strumenti posti a
disposizione per la loro realizzazione.
Dall’impresa al territorio, alla città:
Partenariato Pubblico Privato come possibile
sinergia per dare più risorse al settore.
Più risorse al settore vuol dire anche sostenere
una visione di qualità che abbraccia il
contesto in cui le imprese operano, approccio
che si integra perfettamente con quello della
“Smart City”, che interpreta l’evoluzione
urbana in termini di economia, mobilità,
ambiente, persone, qualità della vita, oltre che
di governance.
La gestione della complessità rappresenta
l’aspetto strategico per riprogettare le città
La manutenzione è la migliore assicurazione.
La mancanza di manutenzione porta
alla rovina delle costruzioni, con danni
incalcolabili, in termini di vite umane, oltre
che economici. La collettività non può più
farsi carico degli oneri derivanti da questi
danni e, quindi, è stato introdotto il tema di
una assicurazione obbligatoria.
Proponiamo, in alternativa a questo
strumento, che il legislatore imponga la
stipula di un contratto di manutenzione
programmata, che goda degli opportuni
benefici fiscali. Le nostre imprese sono pronte
ad offrire e garantire questo servizio.
La trasformazione del mercato parte
dagli edifici di nuova costruzione.
Le imprese hanno alcuni traguardi da
raggiungere: costruire a bassi costi e ad
alte prestazioni. Le costruzioni di nuova
generazione forniscono migliore comfort,
migliore gestione, risparmio energetico
effettivo ma, soprattutto, risparmio economico
subito visibile in bolletta.
Per valorizzare i prodotti che rispondono a
questi requisiti ci impegniamo a promuovere
una comunicazione trasparente e diffusa
a tutela dei consumatori, ma anche delle
imprese che seriamente stanno affrontando
questa nuova sfida. Riteniamo sia necessario,
per ottenere questo risultato, non solo il
controllo della qualità ma anche dei costi
proposti: vogliamo contrastare la “perversione
di un mercato” che gioca solo sul ribasso
dei costi, perché ora va garantita la qualità
dell’opera.
016_017
in termini di “sistema urbano intelligente e
sostenibile”: dalla pianificazione e gestione
territoriale al ciclo energetico; dal trasporto
di merci alla mobilità delle persone; dalla
gestione dei rifiuti ai consumi negli edifici;
dall’istruzione alla sanità, fino alla fruizione
del patrimonio culturale e al turismo.
Il Piano città, recentemente “lanciato”, dovrà
dimostrare di essere realmente lo strumento
per riqualificare i centri urbani, recuperare
le periferie, anche attraverso interventi di
demolizione e ricostruzione - come già da
tempo avviene in Europa - in una logica non
solo di sostituzione del singolo edificio ma, di
recupero di ampie parti di città.
Come già avviene nel mercato pubblico, dove
il partenariato pubblico privato si esprime in
molte forme per il finanziamento delle opere,
per la riqualificazione del territorio, i benefici
della leva fiscale dovranno controbilanciare
i ridotti contributi pubblici. Il “Piano città”
dovrà consentire di detassare l’acquisto del
vecchio da parte delle imprese e concedere
recuperi fiscali dei costi di ristrutturazione
per gli acquirenti del nuovo (adeguato
agli irrinunciabili standard di sicurezza e
risparmio energetico).
Più risorse per la manutenzione
e sicurezza del territorio.
Mettere in sicurezza il territorio per
salvaguardare i cittadini è di primaria
importanza. Bisogna far partire subito il piano
sul dissesto idrogeologico, superando i limiti
del Patto di stabilità interno che impediscono
di spendere le risorse per la messa in sicurezza
del territorio.
Occorre adeguare sismicamente il patrimonio
edilizio esistente, partendo dalla definizione
di criteri di priorità per le situazioni in cui è
necessario intervenire. L’allentamento del
Patto di stabilità, limitatamente alle spese
per la messa in sicurezza, è fondamentale
per favorire l’adeguamento sismico del
patrimonio edilizio pubblico.
Per quanto riguarda i privati, si propone
di inserire il costo degli interventi per la
sicurezza sismica tra quelli incentivati dalla
detrazione fiscale del 55%, oggi in vigore per
il risparmio energetico, senza alcun limite
massimo d’importo di spesa. Lo sgravio
potrebbe essere utilizzato per un periodo
di prova e, poi, prorogato dopo un’attenta
valutazione degli effetti prodotti.
Analoga misura dovrà essere prevista per
le questioni ambientali, come la messa in
sicurezza amianto. Tra gli edifici esposti al
rischio naturale rientrano alcune strutture,
come le scuole e gli ospedali, che hanno
particolare importanza nel caso di eventi
calamitosi. Non solo l’esposizione ai rischi
naturali, ma anche una preoccupante
condizione di inadeguatezza statica di molti
edifici scolastici e ospedalieri pone l’urgenza
di intervenire per la salvaguardia della
sicurezza di chi quotidianamente fruisce di
questi servizi pubblici essenziali.
Scuole e ospedali dovrebbero rappresentare
una priorità nel piano di prevenzione del
rischio sismico e idrogeologico, anche in
virtù del ruolo esemplare che la Pubblica
Amministrazione deve ricoprire, diventando
così modello di riferimento per gli altri.
base di procedure trasparenti, standardizzate,
in grado di operare una chiara definizione del
rischio.
Più risorse per riqualificare e modernizzare
il patrimonio immobiliare scolastico.
E’ prioritario avviare un grande programma
di edilizia scolastica che privilegi la
collaborazione pubblico-privata, prevedendo
allo stesso tempo l’esclusione dal Patto
di stabilità interno dei fondi pubblici
destinati al programma. Gli interventi
potranno riguardare l’ammodernamento e il
recupero del patrimonio scolastico esistente,
prevedendo anche la messa in sicurezza
degli edifici, e la realizzazione di nuovi
plessi scolastici. Tutto questo in un’ottica
di razionalizzazione e contenimento delle
spese correnti di funzionamento, utilizzando,
anche, i risparmi derivanti dalla migliore
efficienza energetica dei nuovi edifici e per
realizzare e gestire istituti scolastici al servizio
delle comunità locali e ispirati alle nuove
esigenze della didattica. Le risorse finanziarie
necessarie a tale programma potranno essere
reperite all’interno della programmazione
comunitaria residua 2007-2013 e in quella del
prossimo settennio, nella diversa allocazione
dei canoni di affitto sostenuti per oltre 5.000
edifici, nella permuta dei vecchi immobili da
dismettere, dagli attuali flussi di spese correnti
destinati a servizi diversi dall’istruzione, ecc.
Particolare attenzione dovrà essere attribuita
a rimuovere gli ostacoli delle imprese
all’accesso al credito, ad esempio prevedendo
l’intervento diretto di Cassa Depositi e Prestiti
e di Banca Europea degli Investimenti, sulla
Più risorse per la qualità ambientale.
Sempre nell’ambito della messa in sicurezza
del territorio a salvaguardia dell’ambiente
e, quindi, a tutela della salute dei cittadini
sussiste un’ulteriore urgenza: quella della
programmazione degli interventi di “bonifica
e smaltimento amianto” nonché di “bonifica
dei siti contaminati”. Si stima che, solo nel
territorio della Regione Lombardia, vi siano
2.670 mila mc di amianto (esclusi i manufatti
interni alle abitazioni) da smaltire entro
fine 2015; per centrare questo importante
obiettivo, contenendo i costi di smaltimento
ed escludendo impatti ambientali, sono
indispensabili stanziamenti e risorse
finanziarie adeguate. Serve una chiara
strategia volta a sostenere gli investimenti,
anche privati, per l’apertura sul territorio
regionale di impianti autorizzati per lo
smaltimento. Due linee di azione appaiono
prioritarie: attuare i piani di bonifica e
attrezzare il territorio con le infrastrutture
necessarie. Due azioni che consentirebbero
di affrontare il tema ambientale con misure
atte a ridurre i costi e i danni all’ambiente
conseguenti alle movimentazioni a lungo
raggio. Il territorio ha bisogno di risorse per
la “bonifica dei siti contaminati” e per fare
ciò, in una situazione di risorse pubbliche
inadeguate e di accertata impossibilità di
applicare il principio comunitario “chi
inquina paga”, bisogna rendere praticabile
l’afflusso di risorse private. L’industria delle
costruzioni può essere una risposta alla
riqualificazione del territorio, anche in un
settore difficile come quello delle bonifiche.
Bisogna avere il coraggio di riconoscere
che oggi i cittadini convivono con situazioni
pesanti sotto il profilo ambientale a cui lo
Stato non è in grado di dare risposte adeguate
da anni. Chi investe in questo contesto deve
poterlo fare nella certezza del diritto e con
“tempi della burocrazia” accettabili. Tempi
che oggi si collocano in due anni di attesa
per aree di intervento edilizio di medie
dimensioni (circa 3.500 m2 di superficie),
limitando l’interesse allo sviluppo del mercato
immobiliare nel recupero di aree con
problematiche ambientali.
Risorse meglio usate per il restauro
e il consolidamento architettonico
dei nostri beni storici, la nostra vera ricchezza.
Il nostro patrimonio storico architettonico
langue nell’oblio e nel degrado, e con esso si
distrugge anche un capitale di competenze
e conoscenze che la filiera produttiva del
restauro e della conservazione ha nel nostro
paese. Una eccellenza, unica al mondo,
che si va disperdendo perché vengono
meno le opportunità di consolidare quelle
competenze nel mercato interno, principale
volano per questo segmento di mercato.
La nostra generazione sta distruggendo la
vera ricchezza del paese: una storia millenaria
che potremmo usare come risorsa naturale su
cui costruire un solido mercato.
Qui sotto:
Il palco con i partner della manifestazione
CHIEDIAMO:
UN ACCETTABILE CICLO DEI PAGAMENTI
Siamo il settore più colpito dal fenomeno
e ne subiamo le ricadute in tutta la filiera
del mercato pubblico e privato: non paga
più nessuno. La dimensione finanziaria dei
ritardi di pagamento della P.A. ha raggiunto
ormai i 19 miliardi di euro sui 70 stimati dalla
Banca d’Italia e questo importo è in costante
crescita. Non solo aumenta l’importo dei
ritardati pagamenti ma, aumentano anche
i tempi di pagamento. In media, le imprese
che realizzano lavori pubblici sono pagate 8
mesi dopo l’emissione del SAL e le punte di
ritardo superano ampiamente i 3 anni.
Questo inaccettabile fenomeno ha concorso
a decimare il numero di imprese nel nostro
Paese, generando ricadute su tutta la filiera.
Siamo penalizzati perché per molte imprese
la Pubblica Amministrazione è l’unico
committente: gli importi che le imprese
vantano a credito sono spesso di consistente
entità e questo mette in ginocchio l’impresa
stessa. Pur tuttavia, continua a permanere
una scarsa attenzione al comparto, come
dimostra il tentativo di escludere dalla
direttiva comunitaria proprio questo settore.
Chiediamo a gran voce il rispetto delle regole
e dei contratti, per un principio di legalità
che riteniamo debba essere osservato prima
di tutto dallo Stato.
Sottoscriviamo protocolli che non possiamo
rispettare perché a monte vengono ignorate
le basilari regole di un paese civile: essere
pagati per lavori regolarmente svolti.
Vogliamo un vero programma di emersione
e smaltimento del debito pregresso e che
sia applicata la nuova direttiva comunitaria
sui ritardati pagamenti (in vigore dal 1°
gennaio 2013) rendendone trasparenti gli
effetti e monitorando il miglioramento delle
condizioni di pagamento alle imprese.
Se ci fosse garantito il puntuale rispetto
dei termini di pagamento potremmo
ricominciare a investire nelle nostre imprese
per:
_l’acquisto di nuovi macchinari, più
tecnologici o più adeguati sotto il profilo
ambientale;
_una migliore e più avanzata tecnologia;
l’assunzione di nuova manodopera con
particolari skill tecnici.
RIDARE CREDITO AL SETTORE DELLE
COSTRUZIONI E ALLE FAMIGLIE
Le piccole e medie imprese, che hanno
sempre avuto nelle banche un partner
che dava valore alla loro reputazione e
affidabilità, sono ora in ginocchio.
Non si può parlare di “interventi per la
crescita” e di “tutela delle PMI” senza una
misura che richiami il sistema bancario a
svolgere il proprio ruolo.
Le imprese sono consapevoli che stanno
subendo le conseguenze di una scarsa
credibilità, generata da comportamenti e
distorsioni del loro stesso sistema economico.
Ma è arrivato il momento di pretendere dei
distinguo per contrastare l’avversione al
rischio verso gli investimenti del settore, per
superare la creazione di circoli viziosi che,
oltre a danneggiare seriamente le imprese
di costruzioni, peggiorano la situazione
economico-finanziaria delle stesse banche,
provocando sofferenze da parte delle imprese
e situazioni di crisi “indotta”.
Gli effetti economici e sociali di questo credit
crunch sono drammatici. Occorre intervenire
subito e riattivare il circuito del credito anche
per i privati, consentendo agli investitori
istituzionali (Cassa Depositi e Prestiti,
finanziarie regionali, fondi pensione) di
intervenire sugli strumenti di finanziamento
a medio-lungo termine per finanziare mutui
a favore delle famiglie per l’acquisto di
immobili, come ad esempio la prima casa.
Occorre istituire un Fondo di garanzia
dello Stato a copertura dei rischi dei mutui
per l’acquisto di abitazioni, erogati dalle
banche alle famiglie appartenenti a categorie
disagiate. Nel periodo 2007-2011, i mutui per
investimenti nell’abitativo sono diminuiti del
38% e, nel non residenziale, il calo è stato del
44,4%. Nel primo semestre 2012, la situazione
è peggiorata, con un ulteriore restrizione,
rispettivamente del 20% e del 33%.
Occorre riproporre una legge come la
457/78 che ancora oggi appare una delle
norme più efficaci per la concessione di
mutui agevolati, condizione indispensabile
per far ripartire il mercato abitativo.
UNA POLITICA FISCALE CHE SOSTENGA LO
SVILUPPO DEL PAESE
Bisogna ridare ossigeno ad un mercato
asfittico, anche, attraverso la leva fiscale/
finanziaria.
Sul fronte della fiscalità immobiliare serve,
infatti, un progetto politico basato su una
visione integrata del settore e del suo
indotto. Serve una norma organica orientata
alle agevolazioni fiscali e tributarie per la
ristrutturazione e la costruzione di abitazioni.
Il primo sostegno fiscale all’attività del settore
è quello di favorire l’accesso alla proprietà
immobiliare.
Anche in presenza di importanti quantità
invendute - se si guarda al fabbisogno
primario di abitazioni - è possibile constatare
che nel periodo 2001-2011 il livello della
nuova domanda, misurato in termini di
alloggi, è stato poco inferiore al livello di
nuovi alloggi immessi nel mercato: 2.72
milioni di nuove famiglie a fronte di 2.76
milioni di nuove abitazioni.
Nel 2012, i dati demografici dicono che il
numero di nuove famiglie è sensibilmente
superiore a quello dei nuovi alloggi:
206mila contro 169mila, tendenza che
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sarà confermata almeno fino al 2020. I
Comuni non possono guardare solo alla
mera necessità di incrementare il proprio
gettito tributario: il federalismo fiscale può e
deve rappresentare lo strumento per varare
politiche fiscali capaci di attrarre sul territorio
investimenti immobiliari per il rilancio
dell’economia e dell’occupazione, anche
mediante regimi tributari agevolati.
Una priorità è rappresentata dalla modifica
del regime IMU vigente, che assoggetta a
tributo i fabbricati costruiti per la vendita e
le aree edificabili in corso di edificazione.
È, quindi, urgente ed essenziale l’esenzione
totale dall’IMU degli immobili in corso di
costruzione fino alla loro vendita o locazione.
Così come va eliminato il regime IMU
sull’invenduto: l’edilizia è l’unico tra i settori
industriali a subire una pesante forma di
tassazione sulla produzione nel momento in
cui il mercato non assorbe tutto il prodotto.
Non si chiede l’esenzione dell’intero
settore delle costruzioni, che comunque
continuerebbe a pagare l’IMU sugli altri
immobili non destinati alla vendita (es. uffici,
capannoni, opifici, utilizzati nell’esercizio
dell’attività), ma l’eliminazione di una grave
distorsione fiscale.
Bisogna intervenire con una modifica della
norma sulla responsabilità solidale fiscale,
quantomeno per l’IVA, in modo da riattivare i
pagamenti bloccati dal rischio conseguente.
Si tratta di una disposizione che affida
alle imprese impropri compiti ispettivi,
sostituendosi ad un’Amministrazione non
in grado di garantire il controllo sul rispetto
degli adempimenti fiscali e che obbliga le
imprese ad acquisire la certificazione sulla
regolarità fiscale, incrementando i costi
di gestione amministrativa e bloccando il
pagamento dei corrispettivi.
È evidente la contraddizione risultante,
da un lato, dal recepimento “anticipato”
della Direttiva sui ritardati pagamenti della
Pubblica Amministrazione e, dall’altro,
dall’introduzione di adempimenti fiscali che
rallentano il pagamento delle fatture.
Ai fini IVA, poi, la regolarità fiscale è
garantita dal “reverse charge” nei rapporti tra
appaltatore e subappaltatore che rende del
tutto inapplicabile la responsabilità.
Una diversa politica fiscale è possibile
per la costruzione e l’acquisto della prima casa.
Bisogna disegnare una strategia pubblica che
favorisca il rilascio di prestiti a tasso zero per
l’acquisto dell’abitazione principale, per il
quale il beneficiario possa dover restituire
la sola quota capitale, senza corrispondere
alcun interesse all’istituto erogante.
Sulla base di convenzioni stipulate con lo
Stato, l’Istituto erogante può recuperare
gli interessi non corrisposti dall’acquirente,
attraverso il riconoscimento di un credito
d’imposta di pari ammontare.
E’ inevitabile che questa misura sia limitata
ad alcune operazioni, come ad esempio:
_l’acquisto di abitazioni di nuova costruzione
o esistenti purchè gli immobili siano ad
alta efficienza energetica (classe A o B)
con l’obbligo per i beneficiari di destinare
l’immobile acquistato ad abitazione
principale;
_gli interventi di ristrutturazione di immobili,
con cambio di destinazione d’uso da non
residenziale ad abitativo (assimilati ad alloggi
di nuova costruzione);
_gli interventi di ristrutturazione e
riqualificazione energetica delle abitazioni,
sulla base di valori energetici previsti dal
progetto di riqualificazione;
_l’acquisto di una abitazione oggetto di
contratti di locazione con patto di futura
vendita.
In ogni caso, la valutazione della solvibilità
e la verifica delle garanzie fornite dai
richiedenti rimangono in capo all’istituto
erogante. L’importo massimo del mutuo
a tasso zero può variare in funzione della
composizione del nucleo familiare. La durata
del periodo di rimborso del prestito può
variare in funzione del reddito del nucleo
familiare.
Ovviamente, l’accesso al mutuo a tasso zero è
dovrebbe essere consentito ai nuclei familiari
con reddito ISEE inferiore ad una quota da
definire, che non possiedano immobili nel
luogo di residenza.
Altra misura percorribile è l’introduzione
di una detrazione Irpef commisurata al 50%
dell’IVA dovuta sull’acquisto di abitazioni
di nuova costruzione, effettuato entro
un determinato periodo (2013-2014 ad
esempio), destinate ad abitazione principale
dell’acquirente, con caratteristiche di elevata
efficienza energetica.
Più in particolare, per le persone fisiche
dovrebbe essere riconosciuta una detrazione
Irpef pari al 50% dell’IVA dovuta sugli
acquisti (anche conseguenti alla stipula di
contratti preliminari di compravendita) da
ripartire in cinque quote annuali di pari
importo, a partire dal periodo d’imposta nel
quale l’acquisto è effettuato e nei quattro
successivi (alternativamente, la detrazione
potrebbe essere ripartita in dieci anni).
L’agevolazione consentirebbe, quindi, di
fronteggiare la significativa flessione in
termini di compravendita delle abitazioni
e la conseguente riduzione di gettito per
l’Erario favorendo, contestualmente, sia i
privati nell’acquisto di unità immobiliari
da destinare ad abitazione principale,
sia le imprese che, per effetto della crisi
del mercato, non riescono a rispettare le
previsioni di vendita delle abitazioni costruite,
con livelli spesso elevati di “invenduto”.
Elevare al 30% la percentuale di detraibilità
degli interessi passivi dei mutui per l’acquisto
della prima casa (attualmente fissata al 19%)
e di portare a 5.000 euro il limite massimo cui
commisurare tale detrazione (attualmente
ammessa nel limite massimo di 4.000 euro).
Tale provvedimento è in grado di avere
effetti positivi sul reddito disponibile delle
famiglie. Da una parte, infatti, le famiglie
potrebbero far fronte con maggiore
sicurezza alle scadenze delle rate e dall’altra
si avrebbe un effetto ricchezza, perché le
famiglie acquirenti potrebbero accedere a
prestiti di maggiore entità, dal momento
che si abbasserebbe il rapporto rata di
mutuo-reddito disponibile, il parametro
che le banche tengono maggiormente in
considerazione al momento dell’erogazione
di un finanziamento.
La prossima riforma del catasto, l’IMU, la
Tares, l’imposta dei consorzi di bonifica e
le mille altre imposizioni fiscali rendono
sempre più difficile l’acquisto della casa e
dell’investimento immobiliare destinato alla
locazione.
PIU’ STATO, PIU’ CONTROLLI
Rischiamo il collasso delle economie
locali, con depauperamento e perdita di
competitività dei territori.
E’ indispensabile che sia dato ascolto
all’enorme numero di piccole e medie
imprese del settore e che sia data loro
l’opportunità di crescere e di migliorarsi.
In un’economia aperta, come quella
milanese, deve esserci posto per tutti, purché
tutti rispettino le stesse regole e operino in
identiche condizioni di legalità, trasparenza e
qualità.
Un mercato ridotto e riconfigurato porta ad
una selezione esasperata, che purtroppo non
è sempre premiante per le imprese migliori.
La Costituzione garantisce e tutela il lavoro:
vogliamo che sia rispettato questo principio
imprescindibile anche per il lavoro di noi
imprenditori.
Controlli e legalità in cantiere.
Vogliamo resistere ma non a qualsiasi costo: il
perdurare della situazione di crisi del settore
a livello nazionale assume una peculiarità in
questo territorio. La riduzione del mercato
ha esasperato la crescente apertura di quello
locale: l’80 % delle imprese del territorio
occupa solo il 58 % dei lavoratori residenti;
nei cantieri cresce la presenza di imprese
non edili. La crisi ha portato l’attenzione
sul tema del costo del lavoro: da sempre,
l’edilizia ha dovuto farsi carico di definire e
accompagnare strategie forti per il contrasto
al lavoro nero e all’illegalità, per la sicurezza
e la qualità del lavoro nei cantieri. L’edilizia
vanta l’unico stabile e organizzato sistema
bilaterale, che funziona da oltre 60 anni
per garantire sempre migliori condizioni
di lavoro. Oggi questo modello, per anni in
equilibrio, è esploso e dobbiamo ridefinire
il concetto di produzione nel settore delle
costruzioni per elaborare una strategia di
politica industriale efficace. In un contesto
economico dove solo il prezzo conta,
assistiamo a lucide strategie, anche legittime
sotto il profilo del diritto, che mettono fuori
dal mercato le imprese che non accettano di
concorrere e vincere grazie a comportamenti
poco etici e pochi trasparenti.
La riduzione dei costi di produzione e
l’aumento delle prestazioni richieste sono la
frontiera della competizione internazionale,
ma non vogliamo che Milano diventi la punta
italiana della concorrenza senza regole.
Vogliamo che Milano e questo territorio
rimangano un luogo di eccellenza per la
020_021
legalità, la sicurezza nei cantieri, la qualità dei
rapporti della filiera.
Non vogliamo che nei nostri cantieri
si decreti la morte dell’industria
delle costruzioni “sana” del paese.
Per contrastare l’irregolarità del lavoro e
l’affermarsi di un sottobosco inaccettabile di
lavoro ai limiti della legge, ci impegniamo
a far sì che il sistema delle Casse Edili,
attraverso il DURC fornisca un documento
di certificazione della effettiva regolarità
contributiva dell’impresa, riportando anche il
numero dei dipendenti e delle ore di lavoro
denunciate alla Cassa Edile.
Tutte le Casse Edili sono immediatamente
obbligate alla messa in rete di tutte le
informazioni relative alle imprese iscritte,
comprese quelle inerenti la regolarità
contributiva. Le imprese esercenti lavori edili
di qualunque tipologia, iscritte ad una delle
Casse Edili non ancora in rete, sono tenute
ad iscriversi sin dal primo giorno alla Cassa
Edile competente per il luogo in cui vengono
eseguiti i lavori, la quale è l’unica abilitata a
rilasciare il DURC.
Vogliamo che nei cantieri ci siano regole
uguali per tutti: a uguali rischi uguali costi di
prevenzione e protezione dei lavoratori.
Uscire dal mercato
ma non a danno di chi lotta per restarci.
La crisi di impresa da evento singolo si
sta trasformando in problema diffuso,
generalizzato. In un’ottica di reale sostegno
alle imprese in situazione di crisi aziendale,
bisogna apportare ulteriori modifiche
alla disciplina in materia di procedure
concorsuali. La legge sul fallimento e sulle
procedure concorsuali deve essere vista
come il naturale approdo per risolvere i
problemi, non come l’evento ultimo, così
come previsto anche dall’Azione chiave 7
nella Comunicazione della Commissione
Europea del 3 ottobre u.s. “Insieme per
una nuova crescita”. Siamo chiamati
a un salto organizzativo enorme e alla
ridefinizione delle nostre strutture aziendali
in funzione di nuovi paradigmi produttivi:
standardizzazione, riduzione dei tempi, uso
di materiali non tradizionali, specializzazione
e diversificazione. Tutto questo in un teatro
di rappresentazione che ha cambiato le
regole e le priorità. Le città sono divenute
il laboratorio del nuovo, i luoghi in cui
bisogna portare soluzioni e misurare la
nostra capacità di generare armonia: perché
è ancora vero che “il progresso economico
e sociale discende da problemi tecnici
felicemente risolti”.
Qualificazione delle imprese nel mercato privato.
Le imprese stanno cambiando e la qualità,
il rispetto delle regole, l’eticità dei
comportamenti, l’impegno come impresa
sociale sono elementi fondamentali per
rimanere nel mercato.
Le imprese stanno resistendo, ma è
imprescindibile intervenire affinché vi sia una
disciplina sull’accesso e sulla qualificazione
delle imprese anche nel mercato privato, e
non solo nel settore degli appalti pubblici.
Attenzione, però: qualificare il settore deve
voler dire valorizzare e far crescere le imprese
sane, che operano nel rispetto delle regole,
e non deve invece significare ulteriori vincoli
e barriere che si traducono in rigidità e
incapacità di un controllo pubblico reale.
Selezione a monte nel mercato Pubblico.
Vogliamo che lo Stato, anche nelle sue
articolazioni territoriali, prenda atto
della crescente complessità del processo
realizzativo di un’opera pubblica.
Una complessità che esige dalle stazioni
appaltanti sempre maggiori competenze che,
viceversa, sono messe in discussione dalla
carenza di personale e di organizzazione
tecnica. Il progressivo depauperamento
delle competenze tecnico-progettuali della
Pubblica Amministrazione (soprattutto a
livello di enti locali) incide inevitabilmente
sull’iter costruttivo dell’opera.
La qualità della realizzazione dipende,
infatti, dalla capacità dell’ente di definire
con chiarezza le caratteristiche del
prodotto finale, nonché dalla bontà della
progettazione. Purtroppo, frequentemente ad
una carente attività di programmazione segue
una progettazione mediamente non elevata
o addirittura scadente. L’effluvio normativo
in tema di selezione dei concorrenti richiede
competenze e capacità specifiche e crescenti.
In termini di efficienza della domanda
pubblica e per garantire la scelta di
operatori/esecutori qualificati, è
indispensabile che vengano attuati
forme e strumenti di coordinamento e
di supporto tra i diversi soggetti della
Pubblica Amministrazione. È, quindi,
improcrastinabile l’attuazione della
Stazione Unica Appaltante (SUA), in grado
di razionalizzare e dotare di univocità
di indirizzi e di maggiori competenze la
Committenza pubblica, fermo restando il
ruolo imprescindibile di definizione strategica
e di responsabilità in capo alle singole
stazioni appaltanti. Chiediamo di poter
essere valutati soprattutto per il merito e non
secondo criteri legati quasi esclusivamente
al prezzo. Offriamo contemporaneamente,
la disponibilità ad una revisione del sistema
di qualificazione delle imprese con vincoli
più seri e stringenti di quelli attuali, per
concretizzare una politica di rottamazione
che riduca il numero eccessivo di imprese,
salvaguardando quelle con maggior
potenziale competitivo. Siamo disponibili
ad una maggiore patrimonializzazione
dell’impresa. Non chiediamo di rottamare
il sistema delle SOA, chiediamo qualche
barriera in più: infatti, per realizzare un
sistema efficace di controllo sui concorrenti
occorre, però, che il sistema SOA costituisca
la soglia minima d’accesso al mercato
pubblico.
Deve essere data la possibilità
all’Amministrazione, con riferimento alle
singole gare di poter individuare requisiti
ulteriori e più stringenti tra i quali quelli
reputazionali. La rilevanza data a fattori
reputazionali è un meccanismo per
responsabilizzare e controllare l’impresa in
fase esecutiva con un premio da far valere in
sede di successive gare: così, le due fasi sono
messe in una relazione effettiva e virtuosa,
ciò che ora manca. Oggi per le imprese,
anche al fine di mantenere l’attestazione
SOA, è indispensabile aggiudicarsi dei lavori.
L’esecuzione non è rilevante ai fini della
qualificazione; così, come è stato denunciato,
si accettano ribassi palesemente incongrui
con l’implicito e sottaciuto patto che
verranno recuperati nella fase esecutiva.
L’introduzione, nella procedura di
assegnazione dei lavori, di elementi
legati al comportamento passato delle
imprese accresce gli incentivi ad adottare
comportamenti virtuosi nell’esecuzione dei
lavori. E’ evidente che gli imprenditori “seri”
nulla hanno a temere dai controlli, durante
tutta la fase esecutiva; al contrario, sono le
Amministrazioni che non danno conto dei
costi effettivi dell’opera, dopo riserve, perizie,
vari contenziosi, nonché dei reali tempi di
esecuzione. Siamo disposti a sviluppare e a
diffondere più forti competenze di natura
progettuale, anche per esempio, attraverso la
diffusione della figura dell’appalto integrato
semplice o, comunque, forme che realizzino
una maggiore sinergia fra committente e
appaltatore non più relegato al ruolo di mero
esecutore.
REGOLE CERTE E CERTEZZA DELL’AZIONE
AMMINISTRATIVA PER INVESTIRE ,
PER LAVORARE, PER VIVERE
La Pubblica Amministrazione è
l’infrastruttura su cui corrono le idee, è
il partner dello sviluppo. Il territorio e
i luoghi della città sono sempre stati un
potente fattore di crescita e di creatività
imprenditoriale. Negli ultimi anni si
percepisce, però un rallentamento di quella
“capacità del fare” che ci caratterizza.
La forma mentis della struttura pubblica
condiziona i tempi dell’economia e rischia
di divenire un freno all’innovazione. La
complessità del quadro normativo e delle
innumerevoli varianti procedurali, inoltre,
pesa sulla gestione delle imprese e non aiuta
i controlli che invece sono fondamentali per
la tutela di quanti operano nel rispetto delle
norme stesse. In queste condizioni il sistema
non garantisce il raggiungimento degli
obiettivi che il legislatore si pone e appare
incoerente se analizzato come rapporto
tra costi e benefici. Pare che non si riesca
a ristabilire un giusto nesso tra il servizio
pubblico, che alcune istituzioni dovrebbero
salvaguardare, e l’obiettivo – più importante
– di costruzione di cittadinanza. E proprio la
mancanza di questa dimensione trasforma
Qui sotto:
Guppi di imprenditori abbandonano i caschietti sulle gradinate
della piazza per unirli ai caschetti già presenti.
il cittadino in un soggetto passivo, lontano,
spettatore inerme e talvolta addirittura vittima
di leggi incomprensibili, circolari applicative
anguste, norme lontane dalla realtà e
dall’Europa. Bisogna tagliare i costi della
burocrazia per eliminare vincoli e liberare
risorse per lo sviluppo e la competitività delle
imprese, tenuto conto che la semplificazione
è una riforma a costo zero. Il mercato ha
bisogno di regole certe per crescere: gli
investimenti sono congelati perché mai come
ora non vi è certezza del diritto e vi è ancor
meno certezza dell’azione amministrativa.
Bisogna validare l’eccellenza dei professionisti
riconoscendone il ruolo e l’esperienza
di conoscitori e cogestori del territorio
aumentando la simbiotica collaborazione
tra tecnici pubblici e tecnici professionisti,
affievolendo la dannosa visione dicotomica
di funzione, per il fine pubblicistico comune.
In uno scenario di contrazione delle risorse,
i pochi stanziamenti vanno a concentrarsi
su un ristretto numero di grandi opere, ad
appannaggio di pochi e grandi appaltatori.
Rimangono poi le ”briciole”, appalti di mediopiccole dimensioni che vengono fatti sparire
con un ricorso esasperato alle procedure
negoziate riservate a pochi eletti, scelti
dalla committenza con troppa e discutibile
discrezionalità che può essere foriera di
corruzione. Un mercato protetto, con ricorso
sempre più frequente ad affidamenti in house
senza gara a società controllate o collegate.
Una proliferazione di società municipalizzate,
costituite per aggirare il Patto di stabilità,
molte delle quali oggi sono in default, con
grave danno per i creditori che dovrebbero
essere garantiti dagli enti per i quali hanno
effettivamente operato. La spending review
ha introdotto, nel caso di contratto di affitto
tra controparte privata (locatrice) e pubblica
amministrazione (locatario), la riduzione
automatica del canone nella misura del 15%
di quanto contrattualmente corrisposto,
dando vita ad una modifica unilaterale del
contratto di locazione. E’ auspicabile, quindi,
che l’impresa locatrice privata possa invocare
la facoltà di recesso volontario da parte della
stessa, oppure che la norma contenuta nella
spending review abbia limitata efficacia
temporale, quale misura d’urgenza per ridare
fiducia e certezza delle regole in gioco.
Da troppi anni sentiamo parlare di
semplificazione e di snellimento procedurale
ma temiamo che questo Paese non abbia la
volontà di metter mano seriamente a questo
problema. Serve una riforma radicale che,
partendo dalla semplificazione normativa,
approdi a quella procedurale, stratificata
e consolidata nelle strutture dei mille enti
pubblici con competenze sovrapposte e
concorrenti. Ancora oggi, in un momento
congiunturale così difficile per i sistemi
economici, troppo poco è cambiato nelle
regole e nelle procedure amministrative:
i nodi sono sempre quelli e la Pubblica
Amministrazione continua a svolgere i propri
compiti conservando ruoli e funzioni spesso
incomprensibili per il raggiungimento
dell’interesse pubblico. Una giungla che
scoraggia chiunque voglia intraprendere una
nuova iniziativa e che annienta gli operatori.
PER GUARDARE AL FUTURO
CITTA’ CASA RIQUALIFICAZIONE
Una opportunità se:
Piano Città.
E’ fondamentale dare concretezza al Piano
città. Di fronte al successo rappresentato dalle
numerose proposte avanzate dai Comuni,
appare necessario destinare due miliardi di
fondi strutturali e FAS, della programmazione
in corso, a questo importante progetto, e, in
prospettiva, farne una priorità della prossima
programmazione, destinando agli interventi
sulle città almeno due miliardi l’anno per
sette anni. Sotto il profilo urbanistico, per
facilitare l’attuazione di tali programmi,
occorre superare, con apposite disposizioni,
il vincolo della proprietà frazionata degli
edifici che rappresenta un ostacolo spesso
insormontabile per le politiche di sostituzione
edilizia.
Riqualificazione urbana.
Incentivare, anche fiscalmente, i processi
di riqualificazione urbana. In quest’ottica,
è necessario introdurre un “pacchetto di
misure”, dirette a:
a)favorire la “rottamazione dei vecchi
fabbricati” e la loro sostituzione con edifici
di “nuova generazione”. A questo scopo, si
potrebbe pensare di ridurre al minimo le
imposte a carico delle imprese acquirenti i
fabbricati “usati” (Registro e Ipocatastali in
misura fissa) e di attribuire, contestualmente,
agli acquirenti del “nuovo” fabbricato una
detrazione fiscale correlata al prezzo di
acquisto;
b)migliorare l’efficacia della detrazione
del 36%, includendo nel suo ambito
applicativo anche gli interventi di vera
e propria “sostituzione edilizia” che, nei
fatti, si traducono nella demolizione e
ricostruzione dell’esistente con variazione
della sagoma e della volumetria (oggi esclusi
dall’agevolazione);
c)rendere stabile la detrazione del 55%,
rimodulandone l’intensità in funzione
della maggior efficacia dell’intervento al
raggiungimento degli obiettivi di risparmio
energetico dell’edificio.
Casa.
Riavviare un’offerta di abitazioni in locazione
da parte degli enti pubblici - destinata alle
fasce sociali più deboli - e di abitazioni cofinanziate (pubblico-privato) per la locazione
e per la proprietà/assegnazione. Per far
ciò, è necessario individuare un canale di
finanziamento che non necessiti di uno
specifico prelievo fiscale, quanto piuttosto
utilizzi, magari sino al raggiungimento di
un plafond predeterminato sulla base dei
fabbisogni stimati, introiti di natura impositiva
già previsti (ad esempio, lo storno di una
somma proporzionale al valore dichiarato
compresa tra i 200 e 500€ a valere sulle
compravendite immobiliari di qualsiasi
tipologia di immobile). Lo storno potrebbe
avere una durata biennale ed essere sospeso
sino a quando non siano stati spesi almeno i
2/3 delle somme devolute agli enti locali. Le
Pubbliche Amministrazioni per potervi avere
accesso dovranno dimostrare la capacità di un
proprio cofinanziamento (anche mediante
risorse private) in una misura compresa tra
il 50 e il 75% e la capacità di impiego in un
termine perentorio da individuare.
022_023
Privilegiare l’integrazione
nell’ambito urbano su scala diffusa
Usare il potenziale delle reti infrastrutturali
e dei servizi (secondo il modello del Piano
città) per piani/programmi con elevate
caratteristiche di sostenibilità ambientale
ed economica, pluralità di tipologie di
godimento (locazione/proprietà) e di funzioni.
Il consumo territoriale dovrà essere il più
possibile contenuto e si dovranno privilegiare
il recupero degli immobili dismessi pubblici
e privati attraverso procedure di evidenza
pubblica. Attivare una cabina di regia in
grado di facilitare le amministrazioni locali
nel reperimento dei fondi pubblici e nelle
successive attività attuative.
Incentivare fiscalmente l’investimento
nel comparto della locazione.
Per quanto concerne il mercato dell’affitto,
sono diverse le problematiche emerse
dalla contestuale introduzione dell’IMU e
della “cedolare secca”, concepiti come due
provvedimenti autonomi ma che finiscono,
entrambi, per influenzare la tassazione degli
affitti. L’IMU, al contrario dell’ICI, scoraggia
l’affitto delle abitazioni. Si è passati, infatti,
da un sistema che prevedeva un’aliquota ICI
più elevata sui fabbricati sfitti, ad un’IMU
che, assorbendo anche la tassazione Irpef
(rendita catastale aumentata di un terzo)
degli immobili, incentiva proprio il possesso
improduttivo delle abitazioni. Neanche
l’introduzione della “cedolare secca” è valsa
a compensare la maggiore IMU dovuta sui
fabbricati affittati, tassati con aliquota fino
all’1,06%. Occorre garantire una riduzione
“automatica” del prelievo IMU a favore
dei soggetti che concedono gli immobili in
locazione a “prima casa”. Proponiamo quindi,
come misura immediata, che l’aliquota IMU
per gli alloggi affittati a “prima casa” sia quella
agevolata della prima casa, perché non si vede
la ragione per la quale - a pari finalità sociale
dello Stato di favorire l’abitazione principale la locazione debba essere penalizzata rispetto
alla proprietà (anzi la finalità sociale è
ancora più evidente per chi non è in grado
di comprarsi la casa). I deludenti effetti sul
gettito della “cedolare secca” hanno evidenziato
l’insufficienza di tale strumento per far
emergere realmente gli affitti in nero. Occorre
rafforzarlo affiancando anche specifiche
agevolazioni (detrazioni IRPEF o crediti
d’imposta) a favore degli inquilini, come misure
fondate sul “contrasto d’interessi”, riconosciute
valide anche dalla delega fiscale in itinere.
Incentivare l’investimento in immobili da
affittare, ovvero introdurre forme di tassazione
separata anche per il reddito da affitto
delle imprese. Tali redditi sono oggi tassati
pienamente e non è prevista alcuna forma
di abbattimento per spese di manutenzione
degli immobili. E’ evidente la disparità di
trattamento, rispetto all’investimento dei privati
che, oltre alla “cedolare secca”, godono anche
delle agevolazioni fiscali per le ristrutturazioni
edilizie, ormai assunte a regime.
LAVORI PUBBLICI
Un nuovo rapporto di fiducia con la PA se:
Sospensione Lavori
in caso di mancato pagamento.
In considerazione del momento estremamente
difficile per il settore e della difficoltà della P.A.
di pagare il corrispettivo di lavori già eseguiti,
si propone di consentire, in via transitoria,
la possibilità di sospendere i lavori, da parte
del soggetto esecutore, in caso di mancato
pagamento da parte della Stazione Appaltante
di un importo inferiore a quello attualmente
previsto (25% del corrispettivo contrattuale),
portandolo al 10% dell’importo netto
contrattuale.
Pagamento con permuta
solo se cambiano le regole.
Appare fondamentale anche l’opportunità di
ampliare il ricorso all’istituto della permuta
di immobili quale modalità di pagamento del
corrispettivo da parte dell’Amministrazione,
nel senso di consentirne il trasferimento di
proprietà prima del collaudo dell’opera.
Rivedere i meccanismi SOA
per non morire di standard impraticabili.
In analogia con quanto già previsto per i
requisiti di qualificazione SOA, occorrerebbe
estendere ai migliori cinque anni sugli
ultimi dieci il periodo di riferimento per la
dimostrazione della cifra d’affari necessaria
per le gare di importo superiore a 20.658.000
euro. Ciò consentirebbe alle imprese - che
negli ultimi anni denotano una contrazione
dei fatturati - di partecipare alle gare di
appalto pubbliche di lavori in cui sia previsto
un importo superiore. Nella stessa ottica, è
necessario prorogare di un anno l’incremento
della tolleranza nella revisione triennale
dell’attestazione SOA, introdotta dalla legge
di conversione del D.L. n. 73/2012. Rivedere
i meccanismi di procedura di gara per
ricreare regole di concorrenza nel mercato
dei lavori pubblici. Si propone un pacchetto
di modifiche normative che mira a garantire
maggiore trasparenza nelle procedure di
gara per l’affidamento di appalti di lavori
pubblici, incidendo sulla disciplina riguardante
diversi istituti giuridici. L’obiettivo è quello
di contenere il rischio di condizionamenti,
pratiche collusive o comportamenti arbitrari
che possano compromettere i principi
di concorrenza. Le modifiche proposte
riguardano: il criterio di aggiudicazione
all’offerta economicamente più vantaggiosa
che, data la complessità, dovrebbe essere
limitato ad appalti al di sopra di un certo
importo (ad esempio 2,5 milioni di euro);
l’individuazione dei membri della commissione
giudicatrice, nominata in caso di offerta
economicamente più vantaggiosa, mediante
sorteggio in un elenco di esperti; il criterio
dell’esclusione automatica delle offerte
anomale, nell’ambito del quale andrebbero
inseriti alcuni elementi di casualità, con
l’obiettivo di evitare eventuali condizionamenti.
Per il futuro, occorrerà istituire un sistema
di migliore selezione delle imprese, basato
su elementi quali-quantitativi, in grado di
ridimensionare la logica del solo fatturato e di
premiare le imprese solide e strutturate, dotate
di “elementi reputazionali” che ne dimostrino
l’affidabilità morale, la solidità patrimoniale,
la qualità delle prestazioni rese, la storia
imprenditoriale.
Dimensione degli importi messi a gara.
Al momento della decisione di investimento,
appare necessario porre attenzione ai grandi
lavori, senza dubbio importanti, ma anche ad
una di serie di piccoli e medi interventi diffusi,
in grado di aumentare l’efficienza dei territori,
al servizio dei centri urbani e produttivi
del Paese. In questo quadro, la norma sulla
suddivisione in lotti, introdotta dal Decreto
“Salva Italia”, dovrebbe trovare concreta
attuazione in sede progettuale ed essere
opportunamente sanzionata. Analogamente,
è necessario individuare - in via normativa - le
concrete modalità di attuazione del principio,
introdotto dal medesimo Decreto “Salva
Italia”, che impone il coinvolgimento delle
piccole e medie imprese nell’ambito della
realizzazione delle grandi infrastrutture.
Regole per i lavori in house.
Eccessivamente ampio appare il fenomeno dei
lavori “in house”, ossia quelli realizzati tramite
imprese collegate e/o controllate da soggetti
pubblici, senza far ricorso ad operatori
economici scelti con gara. Al tal riguardo, è
essenziale portare al 100% la percentuale di
lavori che i concessionari autostradali sono
obbligati ad esternalizzare tramite gara,
percentuale già elevata dal 50% al 60% dal
Decreto Sviluppo, considerato che “a monte”
non vi è stata espletata una procedura ad
evidenza pubblica per l’affidamento della
concessione.
Qui sotto:
Il sindaco di Milano, Giuliano Pisapia,
dal palco della giornata della collera
Progetto, ribasso, riserve.
Più equità nei rapporti contrattuali con la PA.
Il riferimento va anzitutto alla norma “taglia
riserve” che vieta di iscrivere riserve per un
ammontare superiore al 20% dell’importo
contrattuale, nonché, in senso assoluto, per
difetti della progettazione. Impedire le riserve
è una misura del tutto iniqua. Un principio di
civiltà, oltreché costituzionale, è “Chi sbaglia,
paga!”. Diversamente, si rompe il rapporto
corretto tra amministrazione e impresa e
viene meno il criterio di reciprocità. Anche
la norma sul “caro materiali” va rimodulata,
introducendo una previsione che, pur
tenendo conto dell’esigenza di contenimento
della spesa pubblica, risulti più equilibrata di
quella attuale. Per il “caro-bitume”, inoltre,
occorrerebbe prevedere una normativa “ad
hoc”, data la natura particolare del materiale.
FIDUCIA AGLI INVESTITORI DEL SETTORE
IMMOBILIARE
Solo se cambiano le regole
Adeguare la burocrazia
e le regole ai tempi dettati dalla crisi.
La situazione di crisi esistente nel settore
dell’edilizia privata, che si sta manifestando
con rallentamenti nell’ultimazione dei
lavori, con il mancato ritiro dei permessi di
costruire - va affrontata prevedendo - qualora
le regioni non si siano già attivate in forma
autonoma, una specifica misura normativa.
Si chiede che i termini per l’inizio dei lavori
e la loro ultimazione, nonché quelli previsti
per l’attuazione delle convenzioni possano
beneficiare di una proroga dalla durata quanto
meno biennale; in alternativa, si può ipotizzare
un periodo di sospensione dell’attività.
Per facilitare l’ultimazione dei programmi
urbanistici in itinere, occorre introdurre
una norma di interpretazione autentica sul
previgente regime agevolato per l’attuazione
dei piani urbanistici (Registro all’1% ed
Ipocatastali in misura fissa pari a 336 euro
– art.33, comma 3, legge 388/2000), che
chiarisca che non si opera la decadenza dai
benefici fiscali se, entro 8 anni dall’acquisto
dell’immobile, siano state ultimate le opere
di urbanizzazione e, in caso di rivendita,
se l’intervento sia portato a termine da
un’impresa diversa da quella che ha fruito
dell’agevolazione.
Sportello unico una volta per tutte.
Il decreto legge 83/12 ha previsto che tutti
gli atti relativi ai permessi di costruire per
l’attività edilizia privata vengano - a partire dal
12 febbraio, - svolti dallo sportello unico per
l’edilizia istituito presso i Comuni. Si tratta di
un passo importante verso l’unificazione e la
semplificazione dell’attività amministrativa,
sulla cui attuazione si giocherà una partita
ancora più importante considerato il
generale stato di crisi. È essenziale, se non
si vuole correre il rischio di un blocco delle
attività, che per quella data il processo di
riorganizzazione degli enti locali e degli altri
enti chiamati a rilasciare pareri e nulla osta
sui titoli abilitativi, sia completato e, quindi,
occorre vigilare affinché ciò si verifichi.
Locazione con patto di futura vendita.
Nell’attuale contesto economico, caratterizzato
da una contrazione dei finanziamenti bancari,
l’istituto della locazione con patto di futura
vendita e quello assimilabile della vendita con
riserva di proprietà possono rappresentare
una valida alternativa al mutuo per l’acquisto
dell’abitazione. Questi strumenti vanno
quindi incentivati per la loro capacità sia di
favorire l’acquisto della prima casa, sia di
agevolare la domanda immobiliare in un
mercato depresso. Purtroppo la normativa
fiscale penalizza fortemente il ricorso a questi
due tipi contrattuali. E’, infatti, previsto che
il pagamento dell’IVA sul prezzo complessivo
dell’immobile debba essere anticipato al
momento della stipula del contratto di
locazione anche se di fatto non è ancora
avvenuto il trasferimento della proprietà.
Appare, quindi, prioritaria la modifica del
decreto IVA così da prevedere il pagamento
del tributo in modo progressivo sulle rate del
canone di locazione/anticipo prezzo e, poi, sul
saldo al momento del rogito.
Nuovi strumenti
per il patrimonio immobiliare esistente.
E’ necessaria una vera e propria politica
economica per l’infrastruttura immobiliare;
similmente a quanto fatto per altri settori
strategici del Paese, non ultimo quello
delle infrastrutture di trasporto. Il “rinnovo
dell’infrastruttura immobiliare” è la
componente protagonista più rilevante
dell’attività immobiliare/edilizia, tanto da aver
superato per importanza le nuove costruzioni.
Questo ci rafforza nella convinzione che
l’ammodernamento dello stock esistente,
diffuso, ecosostenibile e senza ulteriore
consumo del suolo deve essere la via italiana
per la ripresa dell’attività edilizia. La
valorizzazione del patrimonio immobiliare,
sia pubblico che privato, oltre ad essere
un’evidente necessità indotta dalle esigenze
di riduzione del debito dello Stato, degli
enti locali, può rappresentare anche
un’incredibile opportunità di sviluppo e
crescita per l’occupazione in Italia; forse più
di quanto non costituisca una buona via per
la riduzione del debito pubblico. Intervenire
sull’infrastruttura immobiliare (case, uffici,
scuole, carceri, ospedali, etc.), significa
alimentare in modo diffuso e capillare la
piccola e media impresa dell’indotto edilizio
non già per realizzare prodotto nuovo, forse
inutile alla luce dell’evoluzione demografica
e della saturazione del territorio, bensì per
rendere più efficiente l’infrastruttura fisica
all’interno della quale la popolazione vive,
lavora, consuma e trascorre il tempo libero.
Gli investimenti pubblici e privati sul
patrimonio immobiliare, rispetto anche ai
pur indispensabili investimenti sulle grandi
infrastrutture, presentano indubbi vantaggi
macroeconomici sia in termini di diffusione
nel tessuto economico su tutto il territorio, sia
in termini di ritorni di efficienza complessiva
della nazione. Una politica economica per la
valorizzazione dello sterminato patrimonio
immobiliare pubblico e dell’altrettanto
rilevante patrimonio privato, oggi a rischio di
obsolescenza, passa necessariamente attraverso
alcune “aree di intervento” particolarmente
urgenti ed in gran parte necessarie. In primo
luogo, favorire una massiccia e strutturale
analisi e riorganizzazione dei patrimoni,
attraverso precisi processi di segmentazione
degli attivi completati da chiare azioni di
valorizzazione implementabili anche in un
momento di difficoltà economica come
l’attuale.
Strumenti per la finanziarizzazione dei patrimoni.
Bisogna incentivare la finanziarizzazione dei
patrimoni, per renderli liquidi e finanziabili
con diverse fonti di finanziamento. Utilizzando
le due macrostrutture (Fondi Immobiliari e
Siiq) di possesso e gestione degli immobili
di cui l’ordinamento italiano dispone, è
possibile, soprattutto rimediando ad alcune
imperfezioni normative, far convergere sui vari
sub patrimoni immobiliari, preventivamente
segmentati e dotati di business plan, i capitali
italiani e stranieri essenziali per rimettere
in movimento il mercato. Senza capitali
internazionali non è, infatti, immaginabile
alcuna azione di riqualificazione e dismissione
su grande scala e senza ricorrere a veicoli
standard quali i Fondi Immobiliari e i Reits/
Siiq, facilmente comprensibili e generalmente
conosciuti da tutti i grandi investitori
internazionali, non è immaginabile alcuna
attrattività del mercato italiano verso l’estero.
Occorre, quindi, un contributo riformatore
che si sviluppi possibilmente lungo due assi
fondamentali:
_la correzione di alcune distorsioni normative
che regolano la costituzione e la gestione dei
Fondi immobiliari italiani e dei Reits italiani
(Siiq);
_la promozione e l’incentivazione di nuove
società immobiliari quotate, (la quotazione è
infatti un pre-requisito necessario delle Siiq),
per porre rimedio all’anomala situazione del
mercato italiano, che, a parità di stock con il
mercato francese, non offre una profondità
di mercato neppure confrontabile con quella
del Paese d’Oltralpe, pur essendo le Siiq
non molto dissimili dalle Siic francesi che
rappresentano e si confermano un caso di
assoluto successo nel panorama mondiale.
L’azione di promozione e incentivazione
della costituzione di nuove società quotate
(candidate a diventare Siiq) dovrebbe essere
perseguita in particolare nei confronti dei
grandi soggetti istituzionali che possiedono
importanti portafogli immobiliari (banche,
assicurazioni e fondi pensione), che
all’estero hanno saputo dare vita ad un
nuovo settore finanziario che ha arricchito
anche il listino di borsa in misura rilevante.
Qualsiasi finanziarizzazione o dismissione sarà
impossibile o inefficace se non accompagnata
da una chiara volontà di ammodernare,
principalmente dal punto di vista energetico
e funzionale, gli stock immobiliari esistenti
impiegando l’impressionante apparato
produttivo italiano operante nel settore
immobiliare - edile. Dare lavoro alle migliaia
di piccole e medie imprese capaci di lavorare
sulla ristrutturazione degli immobili genera
un ritorno di occupazione e un arricchimento
infrastrutturale del Paese di evidente rilevanza
anticiclica. Vanno quindi incentivati questi
tipi di interventi di ammodernamento degli
stock, per esempio attraverso i meccanismi di
premialità previsti dal nuovo PGT di Milano e
da altri strumenti urbanistici.
024_025
L’IMPEGNO
Bisogna riavviare la crescita e la filiera
delle costruzioni vuole e può essere parte
di questo progetto del Paese.
Le imprese, noi imprenditori e operatori
del settore, i professionisti siamo pronti
a fare la nostra parte, ci assumiamo
un impegno concreto per portare
più qualificazione e qualità nei processi
e nel prodotto. Chiediamo un analogo
concreto impegno alle forze politiche
affinché ricreino le condizioni
per consentirci di rimanere a lavorare
nel nostro Paese.
Qui sotto:
La sala gremita,
un momento di applauso per il settore in crisi
o
d
n
li mo
delle essioni
prof
La partecipazione della filiera
CONSULTA REGIONALE
LOMBARDA DEGLI ORDINI
DEGLI ARCHITETTI
PIANIFICATORI PAESAGGISTI
E CONSERVATORI
Di fronte al segno così pesantemente
negativo della crisi economica e finanziaria
del comparto edile, gli Architetti lombardi
sono ben consapevoli che nulla potrà né
dovrà essere come prima, ma sono altrettanto
certi della necessità di un forte segnale di
inversione di tendenza per dare serie
prospettive, dignità lavorativa e concrete
risposte alle esigenze abitative e infrastrutturali
del Paese, fondate sulla ricerca di qualità.
La società contemporanea richiede
la costruzione di un’edilizia sicura,
energeticamente compatibile, rispettosa
dell’ambiente e flessibile nel suo potenziale
riuso. L’impegno della ricerca architettonica
deve essere orientato ad intervenire sulla
frammentazione della città, frutto spesso di
crescite incontrollate, sulla coesione sociale e
sullo sviluppo sostenibile dell’attività edilizia.
È necessario limitare il consumo di nuovo
territorio, densificando ambiti e porosità
del tessuto urbanizzato, rigenerando il
patrimonio esistente con un impulso
innovativo verso l’impiego di tecnologie e
di materiali eco-compatibili. Un nuovo ciclo
si impone all’industria delle costruzioni e
gli indicatori dicono che sarà orientato al
rinnovo dell’esistente, per risparmiare suolo
e tutelare paesaggio e risorse. Gli Architetti
hanno avviato una profonda riflessione
sulla rifondazione delle strategie del nuovo
mercato, promuovendo azioni, studi, ricerche
e proposte legislative per un approccio
innovativo nelle trasformazioni territoriali che,
oggi, ha assunto l’articolata configurazione
di proposta per un Piano Nazionale per
la Rigenerazione Urbana Sostenibile. La
necessità di politiche che garantiscano una
svolta qualitativa dell’habitat è condizione
per ristabilire le condizioni di competitività,
efficienza e sviluppo del Paese. In questo
il coinvolgimento dell’industria delle
costruzioni resta cruciale e strategico.
Siamo fortemente convinti, che l’ambito
regionale debba rappresentare un laboratorio
indispensabile per la messa a punto di ipotesi
e modelli strategici di riqualificazione del
mercato edilizio, con positive ricadute sulle
scelte e sugli indirizzi nazionali. Per questo
motivo gli Architetti Lombardi rappresentati
dalla Consulta Regionale che coordina i
12 Ordini territoriali, in rappresentanza
dei 30.000 iscritti, hanno ritenuto di
dover predisporre un proprio manifesto a
sostegno del lavoro professionale e per la
salvaguardia del territorio e della qualità
delle sue trasformazioni e hanno aderito con
convinzione all’iniziativa della Giornata della
Collera, contribuendo attivamente
alla definizione dei contenuti della
manifestazione, che ha visto tutti i
protagonisti del settore dell’edilizia, strategico
per ogni politica di sviluppo, solidali nel
richiedere precisi impegni e concreti
strumenti operativi a chi si candida al governo
di una Regione che per peso e ruolo, ha
ricadute di rilievo per l’economia e la cultura
dell’intero Paese.
Consulta Regionale Geometri
e Geometri Laureati
della Lombardia
La Consulta Regionale Geometri e Geometri
Laureati della Lombardia raggruppa i 12
Collegi provinciali e rappresenta circa 17.000
geometri professionisti lombardi. La figura
del geometra è simbioticamente integrata
nel contesto economico e sociale locale
conoscendone, nei vari aspetti, territorio, usi
e tradizioni. Anche per questo il geometra
condivide direttamente con la collettività
il momento congiunturale difficile che
penalizza il settore delle costruzioni. Sono
diminuite le iscrizioni all’Albo ed aumentano
i pensionamenti anticipati; ciò significa meno
giovani che iniziano la professione e perdita
di posti di lavoro per i collaboratori degli
studi che chiudono.
Memori del proprio ruolo storico i
Geometri non intendono fermarsi alle
giustificate lamentele rinunciando alla forza
e alla volontà del fare con le quali hanno
contribuito ad uscire da passate situazioni di
difficoltà del Paese.
I geometri credono nel futuro e, tra le tante
proposte, focalizzano alcuni correttivi per un
percorso di crescita fattibile.
È necessario liberalizzare le capacità
del professionista partendo da una
collaborazione integrata tra Scuola
e Mercato monitorando il percorso
d’esperienza conseguente alla formazione
professionale permanente del professionista.
È indispensabile un vero snellimento
amministrativo per realizzare la competitività
di mercato: non è possibile aspettare
svariati mesi per il rilascio di un permesso
a costruire e/o di ristrutturazione. I tecnici
pubblici e i professionisti devono collaborare
al risultato per l’assioma pubblicistico
della reciproca funzione. Pare ovvio che
questo obbiettivo può solo conseguire ad
un radicale cambiamento culturale e che
non può prescindere da scelte coraggiose: i
geometri sono pronti. Bisogna incentivare
le opere di ristrutturazione e adeguamento
tecnologico ed energetico del patrimonio
esistente allineando l’IVA alle nuove
costruzioni: è più “appetibile” un risparmio
immediato che una dilazione per tanti anni
e questo darebbe forza alla lotta all’evasione.
Nelle compravendite “in permuta” bisogna
evitare la doppia tassazione; anche l’IMU
sull’invenduto non trova logica giustificazione
in un contesto dove gli operatori sono già in
difficoltà. Occorre agevolare e sovvenzionare
la riqualificazione del patrimonio pubblico
in collaborazione Enti/Imprese/Professioni
impedita dai patti di stabilità dei bilanci delle
Amministrazioni pubbliche.
Serve tornare a favorire l’accesso al
finanziamento privato da prima per
consentire l’attuazione delle operazioni
immobiliari e a seguire per i compratori. I
geometri lombardi sono coattori di questa
manifestazione perché, unitamente alle
altre Organizzazioni della filiera edile, nel
partecipare all’opinione pubblica le gravi
difficoltà del momento, vogliono dare il
loro contributo al rilancio del mercato
delle costruzioni quale volano della ripresa
economica di tutto il Paese con uno sguardo
alle future generazioni.
CROIL
Si assiste quotidianamente all’impoverimento
della professione e, al contempo, al grave
disincanto dei professionisti nei confronti
della sfera pubblica.
Sono ormai molti, infatti, coloro che vedono
l’attuale momento congiunturale non tanto
come il risultato di una profonda crisi
economica- di un mercato saturo o privo
di opportunità - bensì come un momento
storico nel quale la politica sembra non
riuscire a trovare soluzioni o proposte
coerenti.
Il quadro politico manca di una visione
d’insieme stabile e consapevole e
sembra proprio che non si riesca a ristabilire
un giusto nesso tra il servizio pubblico, che
alcune istituzioni dovrebbero salvaguardare,
e l’obiettivo di costruzione di cittadinanza.
Proprio la mancanza di questa dimensione
trasforma il cittadino in spettatore inerme
e talvolta addirittura vittima di leggi
incomprensibili, circolari applicative
anguste, norme lontane dalla realtà e
dall’Europa.
La Giornata della collera giunge in un
momento particolarmente importante e
decisivo per la professione, ma non ci coglie
impreparati.
Sono tante le questioni da noi dibattute, ma
certamente le principali sono:
• mancanza di circolazione degli
investimenti pure disponibili nei Comuni.
L’annosa questione del Patto di Stabilità
ha finito con il penalizzare investimenti e
sviluppo, soprattutto locale.
• i tempi lunghissimi nei pagamenti,
all’interno della pubblica amministrazione.
Le commesse non vengono pagate nei tempi
accettabili per la copertura delle spese e
degli investimenti di apertura dei lavori
pubblici. Tantissimi sono gli studi
professionali che hanno dovuto chiudere
perché non più in grado di provvedere ai
pagamenti.
• mancanza di garanzie pubbliche per
l’accesso al credito.
• mancanza di una politica strutturale per
la casa che preveda una visione complessiva
della politica
dell’abitare figlia legittima di una politica
infrastrutturale legata alla mobilità e alla
logistica.
• ricorso, sempre più frequente, al
‘massimo’ ribasso forzoso negli appalti
pubblici che finisce con il deprimere
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la giusta professionalità a scapito della
sicurezza e degli standard minimi.
• mancanza di vere politiche fiscali per la
detrazione o la deducibilità degli oneri.
• mancanza di riqualificazione del costruito.
Serve, con urgenza, rilanciare il comparto
dell’edilizia, delle costruzioni, dei materiali,
avviando un piano di riqualificazione
strutturato che metta al centro gli standard
per l’efficienza energetica, la prevenzione
sismica, il comfort ambientale.
• mancanza di un piano reale per la
valorizzare il patrimonio artistico e culturale.
Più della metà delle opere artistiche sono in
Italia: una risorsa immensa da monitorare,
mantenere e promuovere.
Gli ingegneri lombardi lanciano l’allarme
sulla tenuta dei professionisti. Non è
possibile procedere a lungo con un
sistema che, nei fatti, disconosce il ruolo
degli ingegneri, salvo poi renderli unici
responsabili di un sistema impazzito e senza
regole.
Questo è un Paese che investe troppo poco
nella cultura della prevenzione e che non
effettua pianificazioni strategiche di lungo
periodo.
Questo è soltanto un esempio di come la
cultura dell’ingegnere manchi da troppo
tempo nei tavoli dei decisori.
L’Italia deve e può tornare a crescere.
Senza sosta dichiariamo da mesi che
intendiamo mettere a disposizione di chi
ci governa la nostra professionalità di
ingegneri, quotidianamente impegnati nelle
attività economiche e tecniche, nei servizi
e nelle industrie, nelle professioni liberali,
nella aziende private e negli enti pubblici.
Non abbiamo mai smesso di offrire il
nostro impegno professionale, improntato
al sostegno di ogni progetto che possa
contribuire al benessere del nostro Paese,
ovvero delle famiglie, dell’economia, della
società tutta.
L’Italia ha bisogno di ingegneri. Noi ci
siamo e ci saremo sempre, a condizione che
le regole che siamo tenuti a presidiare e a
osservare siano chiare, efficaci e, soprattutto,
pensate per creare sviluppo.
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Assoimmobiliare
Associazione dell’Industria Immobiliare,
coordinamento Milano
Assoimmobiliare condivide nella Giornata
della collera una serie di proposte per il
rilancio del settore:
• l’ammodernamento dello stock esistente,
diffuso, ecosostenibile e, laddove possibile,
senza ulteriore consumo del suolo deve
essere la via italiana per la ripresa dell’attività
immobiliare - edilizia.
Inoltre per una politica economica di
valorizzazione occorre:
• favorire una massiccia e strutturale analisi e
riorganizzazione dei patrimoni;
• incentivare la finanziarizzazione dei
patrimoni, per renderli liquidi perfezionando
le due macrostrutture dei Fondi Immobiliari
e delle Siiq per attrarre investitori
esteri; senza capitali internazionali non
è infatti immaginabile alcuna azione di
riqualificazione e dismissione su grande
scala e senza ricorrere a veicoli standard quali
i Fondi Immobiliari e i Reits/Siiq, facilmente
comprensibili e generalmente conosciuti da
tutti i grandi investitori internazionali, non è
immaginabile alcuna attrattività del Mercato
Italiano verso l’Estero;
• una chiara volontà di ammodernare,
principalmente dal punto di vista energetico
e funzionale, gli stock immobiliari esistenti,
impiegando l’impressionante apparato
produttivo italiano operante nel settore
immobiliare – edile e dando così lavoro alle
migliaia di piccole e medie imprese capaci di
lavorare sulla ristrutturazione degli immobili;
• realizzare una radicale semplificazione e
una ragionevole omogeneizzazione delle
normative urbanistiche regionali;
• aggiornare i modelli di valutazione del
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della ozione
promobiliare
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rischio e di assorbimento di capitale e
l’approccio complessivo del sistema bancario
nei confronti dei progetti di recupero degli
edifici.
Abi ha recentemente costituito un tavolo
trilaterale con Assoimmobiliare e Ance per
arrivare a questo obiettivo;
• promuovere una nuova cultura immobiliare
basata sul recupero, la riqualificazione e la
buona gestione dell’infrastruttura innovativa
del Paese e in particolare del patrimonio
architettonico e paesaggistico anche quale
volano per il turismo.
Si ritiene fondamentale un intervento da
parte dei soggetti preposti per individuare
soluzioni che consentano il differimento
generalizzato e delle scadenze dei fondi e la
messa in liquidazione in via eccezionale degli
stessi - e in particolare per la gestione della
fase di liquidazione per quelli che abbiano
già usufruito della proroga e del periodo di
grazia - e ciò a tutela dei risparmiatori prima
ancora che dell’industria immobiliare.
Ulteriore tema riguarda l’opportuno e
pronto recepimento della Direttiva AIFM
previsto entro luglio 2013.
Da evidenziare che l’architettura del
piano nazionale per il social housing sta
procedendo pur tra le diverse difficoltà di
contesto.
Inoltre, Assoimmobiliare condivide che le
misure in materia di locazione passiva della
Pubblica Amministrazione contenute nella
spending review vengano perfezionate come
disposizioni aventi carattere di eccezionalità e
urgenza, e come tali con efficacia temporale
circoscritta.
Infatti si può perseguire il contenimento dei
costi anche attraverso una gestione dinamica
dei patrimoni immobiliari, l’ottimizzazione
degli spazi e il risparmio energetico.
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Aspesi
Associazione Nazionale
tra le Società di Sviluppo Immobiliare
Aspesi partecipa alla manifestazione
“La Giornata della Collera” del 13 febbraio
dichiarando apertamente il suo slogan
“Rilanciare le operazioni immobiliari per
uscire dalla crisi economica italiana” valido
e condiviso per tutti i suoi appuntamenti
politici.
Vi sono stati un dimezzamento delle attività
immobiliari (fatturato e numero delle
compravendite) negli ultimi 5 anni, la
riduzione del 30% degli investimenti, la
discesa in 5 anni del settore allargato dal
19,5% al 17,5% dell’economia nazionale con
la perdita di 2 punti di PIL, ossia il 40% della
discesa totale del PIL a seguito della
grande crisi.
Quello che doveva essere il traino della
ripresa economica nazionale - il settore
immobiliare allargato - ne ha rappresentato,
invece, un handicap a causa della normativa
urbanistica frazionata e vincolistica
e di una fiscalità depressiva esplosa
ingiustificatamente, in particolare nell’ultimo
anno con l’IMU.
Occorre una politica economica
dell’immobiliare. In particolare, Aspesi
sostiene l’assoluta urgenza di una nuova
politica fiscale che trasferisca l’incidenza
tributaria dalla fase
della produzione a quella della circolazione
degli immobili, favorendo un processo
produttivo che fa del nostro settore il primo
in Italia per produzione, occupazione e
contribuzione fiscale alle casse pubbliche.
Puntare sull’immobiliare come strumento
diffuso per la ripresa (tutte le altre strade
non sono diffuse, ma accentrate) è uno degli
obbiettivi che ci sentiamo di proporre per il
rilancio di tutto il settore.
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il mocantieri
dei
Assimpredil Ance
Le imprese di costruzione sono allo stremo
delle forze: hanno resistito per anni ma oggi
hanno esaurito tutte le loro le risorse
e non vedono all’orizzonte nessuna
possibilità di invertire un ciclo economico
così negativo. La disperazione degli
imprenditori che vedono morire le loro
aziende si accompagna a quella dei lavoratori
( vera ricchezza delle imprese ) che perdono
il loro lavoro, il loro futuro.
600 lavoratori allontanati da una azienda
fanno notizia per mesi sui media, mente
360.000 addetti delle costruzioni senza lavoro
non fanno notizia perché frammentati in
decine di migliaia di imprese e perché fino
ad oggi noi non eravamo scesi mai in piazza.
Costruire è il nostro mestiere, lo hanno fatto
i nostri nonni e i nostri padri consentendo
all’Italia di divenire il 7 ° paese industriale al
mondo in meno di 20 anni dopo la guerra.
Sembra che alla classe politica non interessi
più cambiare il volto di città e territori
rendendoli moderni, vivibili, belli e attrattivi.
Il territorio, i beni storici monumentali
e ambientali sono i gioielli di famiglia
da valorizzare ma nel contempo occorre
consentire alle persone di muoversi
liberamente nelle città e nel Paese, alle merci
di raggiungere ogni luogo, ai rifiuti di essere
smaltiti, agli stranieri di raggiungere l’Italia
con facilità e con ogni mezzo.
Siamo costruttori, siamo capaci di fare e
di metterci in gioco. La scommessa di un
futuro migliore per il paese passa, ne siamo
consapevoli, anche attraverso una impresa
moderna, diversa e migliore, anche a costo
di una dura selezione. Vogliamo fuori dal
mercato chi fa l’imprenditore edile senza
requisiti professionali, senza capacità
patrimoniale adeguata, senza reputazione e
rispetto delle regole e dei propri lavoratori.
Ma non possiamo accettare che questo
avvenga senza avere la certezza che lo
Stato, le istituzioni coinvolte, svolgano il
proprio ruolo di sorveglianza e di controllo.
Non serve uno Stato giustizialista ma uno
Stato che sia in grado di far rispettare con
equità le proprie leggi senza pregiudizi,
che sia in grado di intervenire con
efficacia, recuperando l’efficienza della sua
struttura burocratica amministrativa. Noi
stiamo lavorando per innovare il nostro
prodotto, per aumentarne le prestazioni
e ridurrnei costi, affinché diventi un vero
prodotto industriale. Stiamo investendo
nella trasformazione dei nostri processi
produttivi. Puntiamo ad offrire al mercato
un prodotto qualitativamente diverso,
migliore nelle prestazioni, con una data di
fabbricazione e una data di scadenza, per
questo vogliamo essere più trasparenti dando
certezze al consumatore finale anche sui
costi di esercizio e di manutenzione offrendo
garanzie reali, con la certezza in caso di
inadempimento di essere messi ai margini
del mercato. Questi sono i presupposti
del patto che il mondo dell’edilizia che
rappresento propone alla politica e al Paese.
Ci aspettiamo risposte concrete per
fronteggiare l’emergenza:
_un cambio di rotta nelle politiche fiscali
che possano divenire strumenti premiali di
crescita;
_il rispetto degli accordi contrattuali e il
pagamento del dovuto;
_azioni di riattivazione della leva del credito
per le imprese e le famiglie;
un vero alleggerimento del peso della
burocrazia;
_l’intensificazione della vigilanza e del
controllo per stanare e combattere chi opera
fuori dalle regole;
_il sostegno alla domanda per far ripartire gli
investimenti nel settore.
Ci aspettiamo che sia data priorità in termini
di strategie pubbliche ai nodi del territorio,
alle nostre aree metropolitane, perché senza
città attrattive l’economia del Paese non
riparte e l’edilizia non può contribuire al
progetto di sviluppo italiano.
ACAI
Associazione cristiana artigiani italiani
Il settore sta attraversando una profonda e
prolungata crisi economica.
L’associazione intende in particolare
richiamare l’attenzione del mondo
istituzionale e politico su alcuni temi che più
interessano le aziende del comparto artigiano.
Primo fra tutti il problema del ritardo dei
pagamenti che, privando le aziende della
liquidità necessaria, inibisce la possibilità di
mantenere attivo il ciclo produttivo attraverso
l’attivazione di nuovi cantieri. Inoltre le
aziende del settore, pur riconoscendo come
fondamentale il rispetto di tutte le norme
tese a ridurre i rischi di infortuni sul lavoro,
ritengono necessario evitare formalismi
inutili che non incidono sulla sicurezza, ma
sono destinati a moltiplicare adempimenti
burocratici che gravano sull’attività aziendale
d’impresa.
Si chiede pertanto una sostanziale
semplificazione delle norme soprattutto per le
imprese minori.
Anche sul fronte del lavoro irregolare le
aziende denunciano la concorrenza sleale
dovuta al fenomeno dell’abusivismo che, lungi
dall’essere intaccato dalle norme introdotte
di recente, tende a radicarsi sempre di più nel
mercato privato.
Gli studi di settore hanno rappresentato,
soprattutto per le piccole e piccolissime
imprese, un passo avanti per correggere i
meccanismi presuntivi di reddito utilizzati
in passato dall’Amministrazione Finanziaria.
Occorre però maggiore tempestività nella
definizione dei parametri d’esercizio e
soprattutto non può venir meno il confronto
con le associazioni di categoria. Alleggerire
la pressione fiscale sulle aziende significa
consentire nuovi investimenti e nuova
occupazione.occupazione.
CASARTIGIANI LOMBARDIA
Casartigiani, nel denunciare la profonda
crisi che sta attraversando il settore delle
costruzioni, chiede un’ attenzione del mondo
politico ed istituzionale al comparto artigiano
che, proprio per la debolezza strutturale delle
dimensioni imprenditoriali, non è in grado di
sopportare il peso della crisi.
Il tessuto imprenditoriale lombardo, come
si sa, è costituito per la maggior parte di
imprese piccole e medie. Perché questo
tessuto possa svilupparsi e rappresentare
il punto di forza per la crescita economica
va sostenuto e rafforzato, favorendo ogni
possibile impegno evolutivo anche in termini
di rafforzamento strutturale attraverso un più
facile accesso al credito.
Non basta infatti favorire l’ingresso di nuovi
soggetti, occorre intervenire prevedendo
una politica fiscale certa che favorisca gli
investimenti e produca nuova occupazione
produca nuova occupazione
CNA
Confederazione Nazionale dell’Artigianato e
della Piccola e Media Impresa_Associazione
Provinciale di Milano, Monza e Brianza
CNA Milano Monza Brianza aderisce alla
Giornata della Collera per riportare il
tema dell’edilizia e delle costruzioni al centro
del dibattito del paese. Tra il 2008 e il 2012
abbiamo perso 157.000 imprese artigiane,
893.000 addetti e 124 milioni di ore lavorate.
Nella sola Milano il valore aggiunto di
costruzioni, impiantistica e serramentisti
supera i 2 miliardi di euro. Rappresentiamo
quindi un settore che per dimensioni e
capacità di rilancio dell’intera economia
A destra:
Anche gli studenti del Carlo Bazzi
manifestano nella Piazza della Borsa
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nazionale non è secondo a nessuno.
Meritiamo attenzione. La confederazione
sente il bisogno di un confronto urgente,
l’edilizia è un settore in cui le imprese
artigiane sono l’85% del totale e occupano
il 67% della manodopera. Il nostro centro
studi ci conferma che la riqualificazione
del patrimonio immobiliare esistente e
l’innovazione tecnologica saranno i motori
del prossimo ciclo edilizio.
La riqualificazione del patrimonio
immobiliare pubblico e privato con criteri
orientati all’efficienza energetica e alla
salvaguardia ambientale gestita con un piano
delle piccole opere e dei finanziamenti
per lavori immediatamente cantierabili
potrebbe accelerare l’avvio di questo nuovo
ciclo ma è necessario rivedere le modalità
di collaborazione tra diversi interessi, in
particolare tra chi ha la responsabilità
di amministrare la cosa pubblica e chi
rappresenta lavoro e imprese. Le nostre
imprese stanno già lavorando per la
costituzione di un cluster urbano dell’edilizia
attorno al quale riprogettare il cambiamento
del nostro settore
UNIONE ARTIGIANI
CONFARTIGIANATO
Imprese APA Milano, Monza e Brianza
E’ giusto dare voce alle imprese e al lavoro
reale. APA Confartigianato Imprese è
protagonista della mobilitazione dell’edilizia
per fermare la crisi del comparto
partecipando alla manifestazione La Giornata
della collera.
La crisi economico - finanziaria che ha
investito il nostro Paese sta trascinando il
settore delle costruzioni nella recessione
più grave dal dopoguerra a oggi: soffrono
tutti i comparti, dalla produzione di nuove
abitazioni (-54,2%), alle opere pubbliche
(-42,9%), all’edilizia non residenziale privata
(-31,6%).
Solo il comparto della riqualificazione degli
immobili residenziali mostra una tenuta dei
livelli produttivi (+12,6%).
Con La Giornata della collera vogliamo
richiamare l’attenzione dell’opinione
pubblica e delle forze politiche perché si
faccia una scelta precisa a favore del settore
delle costruzioni e di tutto il “sistema casa”.
Le nostre richieste d’impegno
alle Istituzioni e alla politica sono:
favorire migliori condizioni economiche per
famiglie e giovani coppie, incentivare l’accesso
al credito, dare finalmente attuazione alla
normativa della Small Business Act e rispettare
i termini di pagamento da parte della P.A.
A destra:
foto di G. Ammendolea
032_033
della Provincia di Milano
e della Provincia di Monza e Brianza
L’Unione artigiani di Milano, Monza e Brianza è
stata fra le promotrici di questa manifestazione
perché un artigiano su 4 lavora nella filiera edile
e in quattro anni (dal 2008 al 2012) in questo
settore, fra Milano Monza e Brianza si sono persi
quasi 14 mila posti di lavoro, ossia il 30% del
totale. Quasi 2.300 imprese (il 28% del totale)
hanno chiuso i battenti nel territorio di Milano,
Monza e Brianza: significa che quasi 20.000
famiglie si sono trovate in difficoltà. Due sono
gli aspetti del Manifesto che secondo l’Unione
vanno sottolineati: quello del credito e quello
della qualità. Sul credito, l’associazione ha
verificato che lo scarso controllo sulle banche
e l’elasticità delle norme hanno fatto sì che
gli artigiani, che hanno ovviamente meno
potere contrattuale, siano stati “spremuti”
fino in fondo, non sempre lecitamente. Tassi
di interesse chiaramente usurai, mascherati
in conti quasi impossibili da decifrare hanno
messo in ginocchio la categoria, oltre alla
difficoltà più generale dell’accesso al credito.
Senza contare che il ritardo nei pagamenti
della Pubblica amministrazione ricade
inevitabilmente anche sugli artigiani, spesso
l’ultimo anello della catena. Quanto alla
qualità, chi più degli artigiani può invocare
che venga riconosciuta la qualità nel prodotto
edilizio? Troppo spesso è stato solo il prezzo
a fare la differenza, con la conseguenza di
avere lavori mal fatti. Da sempre gli artigiani
parlano della necessità di realizzare “prodotti
a regola d’arte”, anche nell’edilizia, e di
sostenere quindi l’innovazione di prodotto e di
processo, senza contare che pressione fiscale e
burocrazia soffocano gli artigiani come tutti gli
imprenditori di questa filiera.
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Nella pagina a fianco:
foto di G. Ammendolea
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della uzione
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ANIT
Associazione Nazionale
per l’isolamento Termico ed Acustico
ANIT sostiene la giornata della collera
perché ritiene fondamentale una reazione
decisa e fattiva alla situazione di crisi in cui
si trova il nostro settore. In questo senso
ANIT propone alcuni punti che ritiene
irrinunciabili nell’ottica di favorire una
pronta ripresa:
La qualità
La qualità dell’edilizia deriva dalla
qualificazione di chi vi opera: produttori,
artigiani, imprese di costruzione, progettisti.
Senza qualità non si crea ricchezza
e non si mantengono risorse
in un comparto fondamentale
come quello delle costruzioni.
E’ ora di rendere obbligatoria la qualità nel
nostro settore, a partire dalla preparazione
professionale degli operatori e al controllo
della qualità del costruito:
questo nel breve periodo comporterà un
aumento dei costi di costruzione, ma nel
medio porterà nuovo impulso e nuove
risorse, umane e finanziarie.
La riqualificazione energetica
La massima parte del patrimonio edilizio
nazionale è costituita da edifici vecchi ed
energeticamente inefficienti.
L’efficientamento di questo immenso
parco edilizio potrebbe essere, oltre che
un’occasione per rilanciare il settore, anche
una grandissima opportunità di risparmio
per gli utenti finali e di aiuto alla tutela
ambientale.
Troppo spesso però le valutazioni tecnico
economiche degli interventi non tengono
conto di tutti gli aspetti di risparmio
conseguibile e soprattutto vengono eseguiti
studi su interventi estremi non sempre
necessari.
In questo senso, la diagnosi energetica
assume un’importanza fondamentale e
non può essere facoltativa, deve diventare
un punto fermo e la base per la corretta
progettazione di un intervento di
miglioramento energetico.
La permanenza di incentivi per la
riqualificazione, nella forma attuale o in una
forma alternativa, sarà indispensabile per
fare ripartire il mercato.
La costruzione di nuovi edifici efficienti
E’ indispensabile che diventi un vincolo
legislativo la costruzione di edifici sempre
più efficienti, sarà poi il mercato stesso a
vendere meglio e di più gli edifici di migliore
qualità facendo tendere alla realizzazione
di edifici ad energia quasi zero o di classe
acustica migliore.
Sarà fondamentale il messaggio che le
imprese di qualità porteranno avanti:
dovranno spiegare che le costruzioni di
nuova generazione forniscono migliore
confort, migliore gestione, risparmio
energetico effettivo ma soprattutto risparmio
economico subito visibile in bolletta.
L’importanza di non svilire il mercato
Riteniamo sia necessario non solo il
controllo della qualità ma anche dei costi
proposti imponendo, se possibile, un
minimo sotto cui non può essere garantita la
qualità dell’opera.
Una comunicazione forte in questo senso
che spieghi a gran voce i rischi di un lavoro
sottopagato o dell’utilizzo di materiali
non conformi e di scarsa qualità, potrebbe
diventare la base per uno standard minimo
da cui nessuno può prescindere perché
richiesto dal mercato stesso.
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asso gesso
Le aziende aderenti ad Assogesso sostengono
il valore etico dell’impresa, il suo ruolo
economico e sociale, relativamente
all’impiego di migliaia di persone (tra diretto
e indotto) e agli aspetti di sostenibilità
ambientale. Il blocco dell’edilizia
residenziale e lo scarso ricorso agli incentivi
alla ristrutturazione influenza la qualità
dell’ambiente, a causa di un parco abitativo
datato e non adeguato alle moderne necessità
di efficienza termica e acustica: circa l’80%
degli edifici ,infatti, è stato costruito prima
del 1980 e risulta caratterizzato da un comfort
abitativo medio o basso.
La filiera dei sistemi costruttivi a secco si
distingue per un ampio indotto, coinvolgendo
in modo particolare il mondo della
progettazione, costituito da professionisti
qualificati, il mondo delle imprese di
costruzione, sempre più rivolto a prodotti
e sistemi innovativi e performanti, nonché
la capillare rete di applicatori e piccole
imprese autonome, altamente specializzate
nella posa dei sistemi e nell’elaborazione di
soluzioni costruttive affini alle richieste della
committenza.
ASSOLOMBARDA
Assolombarda ha deciso di partecipare a
questa manifestazione così importante e
significativa perché condivide la drammatica
necessità di risposte dal mondo della politica
alle urgenze delle imprese.
Il settore edilizio soffre, ma soffrono tutti i
comparti produttivi del Paese e non c’è più
tempo da perdere: come primo segnale la
Pubblica Amministrazione avvii i pagamenti
alle imprese in tempi rapidi e puntuali.
Le infrastrutture di cui il nostro sistema
di imprese ha bisogno sono infrastrutture
immateriali: la certezza delle regole è alla
base di un’economia sana. Il nostro tessuto
imprenditoriale ha quindi bisogno di regole
chiare, trasparenti e soprattutto certe.
All’imprenditore interessa avere un metodo
di confronto con le Istituzioni attraverso un
linguaggio comune e semplificato: giornate
come questa vogliono essere soprattutto un
richiamo forte alla necessità di dialogo.
AssoMalte
Le storiche aziende di Assomalte legate alle
tradizioni edilizie del nostro Paese da sempre
credono nella ricerca per migliorare la qualità
dei propri prodotti e per evolvere le modalità
costruttive.
Proprio nel periodo di crisi che ha colpito
il settore, sono aumentati gli investimenti
volti ad incrementare la qualità dei prodotti
e dei processi produttivi, a qualificare gli
operatori attraverso attività di informazione
e formazione, per sensibilizzarli riguardo le
tematiche di efficienza energetica e qualità
degli interventi.
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Dopo 5 anni di grande crisi per l’edilizia,
settore trainante della nostra economia, le
aziende di Assomalte desiderano richiamare
l’attenzione delle istituzioni in genere, perché
solo con un intervento deciso a supporto
di questo mercato sarà possibile continuare
ad innovare ed investire. Abbiamo bisogno
di segnali forti per dare un futuro a tutti gli
operatori che da troppo tempo sono in balia
degli eventi ed ogni giorno vedono svanire le
opportunità di lavoro.
CONFINDUSTRIA ALTO MILANESE
Sono numerose le cause che hanno portato
alla crisi il settore dell’edilizia. Ciò che pesa
maggiormente è l’incertezza sul futuro per
le difficili prospettive del mercato del lavoro
e per la flessione del reddito disponibile che
scoraggia e rinvia le decisioni di investimento
delle famiglie.
La stretta creditizia delle banche su privati
e aziende ha aggravato ulteriormente una
situazione già complessa rendendo quasi
‘impossibile’ l’accensione di un mutuo
per l’acquisto della casa o dell’immobile
industriale.
E anche quando il finanziamento viene
concesso, le condizioni proposte sono
estremamente onerose.
Si è poi aggiunta l’IMU che ha inasprito
ancor di più il carico fiscale, frenando un
mercato immobiliare già debole.
Siamo ormai arrivati ad una situazione in
cui non ci è più permesso stare ad aspettare
inermi. Con nessuna prospettiva per il futuro
e nessuna indicazione sui tempi che saranno
necessari per far ripartire i cantieri, abbiamo
bisogno di soluzioni certe ed immediate.
E questo è quanto oggi uniti chiediamo,
ovvero un serio impegno affinché le
Istituzioni si adoperino a trasformare ogni
punto del nostro “Manifesto” in azioni
legislative concrete.
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CONFINDUSTRIA Monza e Brianza
Il settore edilizio sta attraversando una crisi
profonda, nel 2012 solo nell’area brianzola
e milanese sono stati persi 10.000 posti di
lavoro, il crollo dell’attività nei cantieri e il
forte rallentamento del mercato immobiliare
sta facendo sentire i suoi effetti anche sulla
lunga filiera industriale collegata.
Tutto ciò avviene nella sostanziale
disattenzione della politica e dei mezzi di
comunicazione, più attratti dal singolo caso
eclatante che da una crisi di vasta scala ma
che riguarda soprattutto imprese piccole e
medie, che “non fanno notizia”.
Per lanciare un indispensabile segnale
di allarme, le imprese, gli operatori e i
professionisti delle costruzioni hanno
organizzato “La giornata della collera”, una
manifestazione di forte impatto che si pone
l’obiettivo di accendere i riflettori sulla crisi
dell’edilizia.
E’ stato chiesto il nostro sostegno alla
manifestazione, che abbiamo assicurato nella
convinzione che far ripartire l’edilizia possa
dare uno slancio significativo anche ad altri
importanti settori industriali e far tornare a
crescere il nostro Paese.
UNCSAAL
Da UNCSAAL piena adesione alla Giornata
della Collera e un appello al futuro governo:
non rinnovare le detrazioni del 55%
significherebbe annullare qualsiasi ipotesi di
ripresa per il comparto industriale italiano dei
serramenti.
UNCSAAL aderisce completamente a tutte le
sei istanze contenute nel Manifesto,
sottolineando come il settore delle costruzioni
in generale, e quello dei serramenti in
particolare, stiano pagando un prezzo
altissimo per la crisi: aziende chiuse, fatturati
contratti per milioni di euro, dipendenti
lasciati a casa evidenziano come la ripresa del
settore delle costruzioni debba essere una
condizione pregiudiziale per tutti coloro che
si candidano alla guida del Paese.
Come si può credere ad una ripresa del
mercato nel secondo semestre 2013 se una
componente fondamentale che ha sostenuto
il mercato in questi anni di recessione, quale
la detrazione del 55%, andrà a cessare proprio
il 30 giugno di quest’anno?
Il 55%, introdotto nel 2007 - in una situazione
di relativa crescita del mercato - ha infatti
contribuito a sostenere la domanda e ha
stimolato processi di innovazione tecnologica
e commerciale tra le aziende produttrici di
serramenti.
Con la crisi iniziata alla fine del 2009, il 55%
è diventato una componente strutturale
della domanda, mitigando gli effetti della
recessione in atto nel settore delle costruzioni
e sostenendo gli investimenti effettuati
dalle aziende produttrici di serramenti. Gli
incentivi fiscali rappresentano ora una delle
principali determinanti della domanda
di serramenti su cui incidono per una
percentuale variabile tra il 40% e il 50% e se
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non saranno confermati si verificherebbe una
perdita di domanda di serramenti per almeno
2 miliardi di euro che potrebbero diventare
3 in ipotesi di permanenza della recessione
per tutto il 2013. I costruttori di serramenti
italiani si troverebbero nell’impossibilità di
far fronte agli impegni finanziari presi per
sostenere gli investimenti, con conseguente
situazione di crisi e dissesto che potrebbe
interessare fino al 25% delle aziende oggi
sopravvissute nel settore.
Il 2012 rappresenta un anno drammatico
per tutte le imprese lombarde, e il 2013
sta minacciando la sopravvivenza anche di
parecchie aziende sane alle prese con una
imponente riduzione delle commesse e con
una insostenibile sofferenza nei pagamenti. Se
il nuovo Governo non metterà in campo tutti
gli strumenti necessari ad una ripresa effettiva
del mercato, il rischio è che un intero sistema
di piccole e medie Aziende italiane scompaia
a favore di operatori stranieri.
Dalla Giornata della Collera, UNCSAAL
è certa che nascerà un fronte unitario e
propositivo che richiami la politica alle
proprie responsabilità e incalzi il nuovo
Governo verso scelte di politica industriale in
grado di restituire competitività ad uno dei
settori chiave del sistema-Paese.
FEDERCOMATED
Federazione Nazionale Commercianti
Materiali da Costruzione Edili
Federcomated, in rappresentanza di 8000
imprese della distribuzione edile
con 60.000 dipendenti e 20 miliardi di
fatturato, sostiene la manifestazione di
protesta, per evitare che il sistema delle
costruzioni venga penalizzato dalle inerzie
della politica e dal peso insostenibile della
burocrazia.
Non a caso gli ultimi governi hanno assistito
ad un’inesorabile stagnazione generata
da restrizioni creditizie, fatture impagate,
crescita dell’imposizione fiscale sulla casa,
blocco dei mutui alle imprese e alle famiglie,
che hanno paralizzato un settore economico
unanimemente riconosciuto come il
principale motore dell’economia.
Federcomated, unitamente alle associazioni
consorelle del comparto, esprime perciò
un forte richiamo alla responsabilità delle
forze politiche, affinché inseriscano nei loro
programmi di intervento, nei primi cento
giorni della legislatura misure adeguate per il
rilancio del settore.
Un appello a tutte le forze sociali perché
prendano coscienza della prepotente urgenza
della gravità della crisi e condividano
l’inserimento fra le priorità dell’agenda della
prossima legislatura.
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F.I.M.A.A.
Milano, Monza e Brianza
Negli ultimi due anni migliaia di imprese
dell’intermediazione immobiliare hanno
chiuso l’attività, i tempi di vendita si sono
allungati prima a sei mesi e poi ad oltre un
anno di media, il mercato degli immobili ha
registrato un drastico calo delle transazioni
sia in città che in provincia, l’incontro tra
la domanda e l’offerta non è agevolato per
via dell’impossibilità di accesso al credito, la
burocrazia è in continuo peggioramento, la
fiscalità è ogni giorno un’incognita che frena
gli investitori e spaventa i risparmiatori, non
esistono incentivi che facilitino il mercato
delle locazioni a soggetti più disagiati, non
ci sono aiuti adeguati per i nuovi nuclei
famigliari e per i giovani che vogliono
comperare casa. Le banche devono ridare
respiro alle imprese e devono rivitalizzare
il credito alle famiglie, al consumo. Il
mercato immobiliare italiano ha bisogno di
fiducia soprattutto perché è fatto ancora in
prevalenza dalle famiglie. E per gli investitori,
siano essi italiani o stranieri, servono regole
fiscali più chiare, sburocratizzazione, incentivi
soprattutto per far ripartire il mercato anche
nel settore terziario e turistico. Una città come
Milano deve far tornare a vivere il proprio
centro in termini di mercato residenziale
e di attività commerciali; deve riqualificare
le proprie periferie potenziando i servizi
e garantendo la sicurezza; deve migliorare
la qualità della vita in genere: tutto questo
non può avvenire se il mercato immobiliare
non riparte. Un danno, quindi, non solo
economico, ma anche sociale.
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“Questo è il giorno in cui le imprese
fanno sentire il loro stato d’animo
che non può essere benevolo.
La Giornata della collera
è un grido d’allarme
per riportare la politica
al dovere di arrestare il declino
e rilanciare la crescita’’
Giorgio Squinzi, Presidente Confindustria
frammento di intervento il 13 febbraio 2013
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Nel prossimo numero:
continua Milano
nei Cantieri dell’Arte.
In questa sessione una panoramica
di opere dell’ottocento e novecento a
Milano e fuori città.
Il restauro, come la trasformazione,
diventa l’occasione unica
e imperdibile per rinnovare
le nostre città, per non consumare
suolo nuovo, per crescere
come imprese nella cura
del territorio e della nostra memoria.
Una serie di interventi
tra la cura del manufatto
ed il suo necessario rinnovamento,
un investimento sulla memoria
delle nostre città.
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e complementari
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Lodi,
Monza e Brianza
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