La crisi dell`Euro tra Corti costituzionali e Corte di
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La crisi dell`Euro tra Corti costituzionali e Corte di
17 SETTEMBRE 2014 La crisi dell’Euro tra Corti costituzionali e Corte di giustizia di Filippo Donati Professore ordinario di Diritto costituzionale Università di Firenze La crisi dell’Euro tra Corti costituzionali e Corte di giustizia* di Filippo Donati ((Professore ordinario di Diritto costituzionale Università di Firenze Sommario: 1. Premessa. 2. Gli interventi della BCE nel quadro delle misure per fronteggiare la crisi dell’euro. 3. Il rinvio pregiudiziale del tribunale costituzionale tedesco. 4. La tutela dell’identità costituzionale. 5. Possibili scenari. 6. Considerazioni conclusive 1. Premessa Le più importanti misure adottate dall’Unione europea e dagli Stati membri per risolvere la profonda crisi che ha recentemente investito l’eurozona, e che ha avuto il suo culmine nell’estate del 2012, sono state sottoposte al controllo di varie Corti, a livello nazionale ed europeo.1 Il crescente coinvolgimento del potere giudiziario in questioni che attengono al governo dell’Unione monetaria europea ha tuttavia sollevato delicate questioni, soprattutto con Relazione tenuta al Convegno sul tema “La Sovranità finanziaria condizionata", Università di Siena, Dipartimento di Giurisprudenza, il 9 Maggio 2014. 1 Sul meccanismo europeo di stabilizzazione finanziaria (MESF) e sugli aiuti alla Grecia si è pronunciato il Tribunale costituzionale tedesco con sentenza del 7 settembre 2011 (BVerfG, 2 BvR 987/10). Sulla legittimità del Fiscal Compact alla luce dell’assetto costituzionale interno hanno avuto modo di pronunciarsi il Tribunale costituzionale francese (sentenza 2012-652 DC, del 9 agosto 2012) e il Tribunale costituzionale tedesco (sentenza del Secondo senato, 12 settembre 2012 e 18 aprile 2014). Sul Meccanismo europeo di stabilità (MES) e sulla modifica all’art. 136 TFUE si sono pronunciati sia la Corte Suprema dell’Estonia (sentenza 12 luglio 2012) sia il Tribunale costituzionale tedesco (sentenza del Secondo senato, 7 settembre 2012); la Corte suprema irlandese ha invece rinviato la questione alla Corte di giustizia, la quale ha ritenuto infondati i dubbi circa la compatibilità con il diritto dell’Unione europea del MES e della decisione del Consiglio europeo sull’art. 136 TFUE (sentenza 27 novembre 2012, causa C-370/12, Pringle). Di notevole rilievo sono infine le decisioni della Corte costituzionale portoghese sulle misure di contenimento della spesa pubblica adottate dal governo in attuazione del programma di assistenza finanziaria concordato con la Commissione europea, la Banca centrale europea il Fondo monetario internazionale (sentenze 5 luglio 2012 e 5 aprile 2013). * 2| federalismi.it |n. 17/2014 riferimento al rapporto tra le competenze della Corte di giustizia e quelle invece proprie delle Corti costituzionali. Sotto questo profilo assume un particolare rilievo la vicenda relativa al programma di Operazioni Definitive Monetarie (“ODM”) annunciato dal Presidente della Banca centrale europea (“BCE”) Mario Draghi il 6 settembre 2012. Il Tribunale costituzionale federale (“TCF”), pur rimettendo alla Corte di giustizia il compito di stabilire la compatibilità del sistema di ODM con il diritto dell’Unione europea, ha espresso al riguardo valutazioni profondamente critiche volte a condizionare l’operato del giudice europeo. Per inquadrare la questione è opportuno ricordare che il TCF, fin dalla decisione del 7 settembre 2011 sugli aiuti alla Grecia, ha affermato che il principio di democrazia sancito dalla Legge fondamentale impone di mantenere in capo al Parlamento tedesco le scelte fondamentali in materia di bilancio. Tale principio, secondo i giudici di Karlsruhe, rende costituzionalmente illegittimi meccanismi di aiuto agli Stati in crisi dai quali possano discendere oneri a carico del bilancio pubblico tedesco non preventivamente approvati dal Bundestag. Alla luce di questa giurisprudenza, il TCF è stato quindi chiamato a stabilire se il Meccanismo europeo di stabilità (“MES”) e il programma di ODM, in quanto potenziali fonti di oneri per il bilancio tedesco al di fuori di ogni controllo da parte del Bundestag, fossero compatibili con i principi di sovranità popolare e di democrazia sanciti dal Grundgesetz. Nella decisione del 12 settembre 2012 il TCF ha ritenuto che il MES, comportando per la Germania una responsabilità finanziaria limitata alla quota di sottoscrizione liberamente approvata dal Bundestag, è compatibile con il principio di democrazia sancito dalla Legge fondamentale 2 . Di conseguenza ha respinto la richiesta di provvedimenti d’urgenza volti a bloccare l’operatività del MES, ed ha deciso di procedere separatamente all’esame della questione relativa agi poteri della BCE. Con la decisione del 18 marzo 2014 il TCF ha poi respinto definitivamente i dubbi di costituzionalità della legislazione interna relativa al MES, osservando che l’impegno finanziario massimo della Germania per MES è quello approvato dal Bundestag (190 miliardi), e ribadendo Cfr. BVergG, decisione del 12 settembre 2012, cit. Sulla decisione cfr., fra gli altri, F.PEDRINI, Le “cautele” di Karlsruhe in ordine al Fondo “salva Stati” (commento alla sentenza del Tribunale costituzionale del 12 settembre 2012), in Quad.cost., 2012, 894 ss.; G.GRASSO, Il costituzionalismo della crisi. Uno studio sui limiti del potere e sulla sua legittimazione al tempo della globalizzazione, cot., 124 ss. (e ivi ulteriori citazioni); K. Schneider , Yes, But . . . One More Thing: Karlsruhe’s Ruling on the European Stability Mechanism, in German Law Journal, 2013, 53 ss.; M. Wendel, Judicial Restraint and the Return to Openness: The Decision of the German Federal Constitutional Court on the ESM and the Fiscal Treaty of 12 September 2012, in German Law Journal, 2013, 21 ss. 2 3| federalismi.it |n. 17/2014 la necessità del coinvolgimento del Parlamento nazionale su tutte le decisioni che possano avere un impatto sulle finanze pubbliche tedesche. Con l’ordinanza del 7 febbraio 2014, per la prima volta nella sua storia, il TCF ha effettuato un rinvio pregiudiziale alla CG ex art. 267 TFUE, contestando apertamente la legittimità del programma di ODM. Il TCF ha prospettato la contrarietà del programma di ODM ai principi sanciti dalla propria giurisprudenza. Gli acquisti di titoli di Stato dei paesi in difficoltà, infatti, potrebbero esporre la BCE al rischio di perdite, le quali ricadrebbero sui governi degli Stati membri in quanto azionisti della BCE provocando oneri a carico del bilancio dello Stato non previamente approvati dall’organo parlamentare3. Ad oggi la CG non si è ancora pronunciata sul rinvio pregiudiziale relativo alla legittimità delle ODM Il rinvio pregiudiziale operato dal TCF solleva una serie di interrogativi, sui quali sui quali vorrei brevemente soffermarmi. Prima di procedere all’esame dell’ordinanza del TCF è tuttavia opportuno un inquadramento delle ODM all’interno delle misure volte a superare la crisi dell’eurozona. 2. Gli interventi della BCE nel quadro delle misure per fronteggiare la crisi dell’euro Il modello di unione economica e monetaria (“UEM”) disegnato a Maastricht si basa sulla distinzione tra la politica monetaria, rimessa all’esclusiva competenza dell’Unione e affidata alla BCE, dalla politica economica e di bilancio, su cui ciascuno Stato membro continua ad esercitare la propria sovranità4. Nell’ottobre del 2009 l’annuncio del nuovo governo greco che il rapporto deficit/PIL era pari al 12,5%, anziché al 3,7%, come invece comunicato dal precedente governo, comportò una pesante reazione dei mercati finanziari con un forte deprezzamento dei titoli di debito pubblico greco. La crisi, accentuata dalla speculazione finanziaria, rese ben presto chiaro che la Grecia si trovava nell’impossibilità di emettere nuovi titoli di debito a un tasso accettabile. Altri paesi si trovarono ben presto in condizioni analoghe a quelle della Grecia (Portogallo e Irlanda). Il German Law Journal ha dedicato un intero numero monografico all’ordinanza del tribunale costituzionale federale, che raccoglie i contributi sul tema di molti dei più conosciuti giuristi tedeschi (vol. 15 n. 2 del 1 marzo 2014). Per la dottrina italiana cfr. J.LUTHER, Il rinvio pregiudiziale di Karlsruhe sui poteri della BCE, in Quaderni costituzionali, 2014, 422 ss.; G.RIVOSECCHI, Il Meccanismo Europeo di Stabilità e il Fiscal Compact tra Karlsruhe e Lussemburgo, ivi, 425 ss. 4 Al riguardo cfr., eventualmente, F.DONATI, Crisi dell’Euro, governance economica e democrazia nell’Unione europea, in Il Diritto dell’Unione europea, 2013, 337 ss. 3 4| federalismi.it |n. 17/2014 Per fronteggiare la crisi, che rischiava di mettere a repentaglio la tenuta complessiva dell’UEM, vennero introdotti due tipi di misure. In primo luogo vennero adottati strumenti volti a permettere un maggiore coordinamento tra le politiche economiche degli Stati membri e a garantire il rispetto dei vincoli al debito pubblico introdotti con il Patto di stabilità e crescita del 19975. In questa categoria rientrano il cosiddetto six pack (un insieme di misure volte a rafforzare il rispetto del Patto prevedendo – tra l’altro un semi-automatismo per l’irrogazione delle sanzioni nei confronti dei Paesi che ne violano le regole6), il “Fiscal Compact” (un trattato internazionale sottoscritto il 2 marzo 2012 da 25 dei 27 Stati dell’Unione europea, che prevede tra l’altro l’obbligo delle parti contraenti di inserire nel proprio ordinamento interno – preferibilmente a livello costituzionale - il principio del pareggio di bilancio), e il “two pack” (che introduce tra l’altro una procedura di vigilanza rafforzata, nell’ambito della quale gli Stati sono chiamati a sottoporre al controllo della Commissione il progetto di bilancio). In secondo luogo vennero introdotte misure volte a permettere il salvataggio degli Stati in crisi. Tra queste misure rientrano il meccanismo europeo di stabilizzazione finanziaria (MESF), uno strumento di assistenza finanziaria per gli Stati minacciati da gravi difficoltà basato sull’art. 122, comma 2 TFUE, il fondo europeo per la stabilità finanziaria (FESF), uno strumento provvisorio di aiuto finanziario agli Stati dell’eurozona in difficoltà, e il meccanismo europeo di stabilità (MES), costituito nel corso del 2012 in sostituzione del MESF e del FESF come strumento permanente di sostegno finanziario volto a salvaguardare la stabilità finanziaria della zona euro nel suo complesso7. A fronte della gravità della crisi del debito sovrano, anche la BCE ha svolto un importante ruolo di sostegno agli Stati più colpiti dalla crisi, mediante operazioni di acquisto di titoli del debito pubblico sul mercato secondario. Una volta emersa la dimensione e la gravità della crisi, il Consiglio direttivo della BCE, nella riunione del 14 maggio 2010, ha approvato il Securities Market Program (SMP), un piano di Rapporto deficit/PIL sotto il 3% e debito pubblico sotto il 60% del PIL. Le sanzioni sono infatti sono raccomandate dalla Commissione e si considerano approvate dal Consiglio a meno che esso non la respinga con voto a maggioranza qualificata (“maggioranza inversa”) degli Stati dell’area euro, senza tenere conto del voto dello Stato interessato. 7 Per una efficace sintesi dei vari strumenti introdotti per affrontare la crisi dell’eurozona cfr. da ultimo C.CARUSO-M.MORVILLO, Economic governance and budgetary rules in the European context: a call for a new European constitutionalism, di prossima pubblicazione su Il Diritto dell’Unione europea, e ivi un richiamo all’amplissima letteratura sul tema. 5 6 5| federalismi.it |n. 17/2014 acquisto sul mercato secondario di titoli statali di debito pubblico dei paesi dell’eurozona. Per effetto di tale decisione, la BCE ha acquistato sul mercato secondario obbligazioni degli Stati dell’eurozona in difficoltà per un importo di circa 210 miliardi di euro. La BCE, nel settembre 2012, ha poi annunciato l’introduzione del programma relativo alle ODM, un meccanismo che consente acquisti illimitati sul mercato secondario di titoli del debito pubblico degli stati dell’eurozona. L’attivazione di ODM è subordinata all’adesione da parte dello Stato interessato a un programma dell’EFSF o del MES, nonché dall’assunzione da parte dello Stato interessato di misure volte al risanamento finanziario. In tal modo si realizza una forte complementarietà tra gli interventi del MES, finalizzati a garantire aiuti agli Stati bisognosi, e quelli della BCE, finalizzati a garantire il corretto funzionamento della politica monetaria8. Secondo la BCE queste operazioni non violano il divieto di finanziamenti di cui all’art. 123 TFUE, che impedisce operazioni di acquisto soltanto sul mercato primario. L’acquisto dei titoli sottoposti ad attacchi speculativi, secondo questa impostazione, è finalizzato a salvaguardare i meccanismi di trasmissione della politica monetaria, il cui corretto funzionamento sarebbe ostacolato da un eccessivo squilibrio fra i tassi sui titoli del debito pubblico applicati negli Stati membri. In realtà è evidente che questo tipo di intervento mira essenzialmente a risolvere la crisi del debito sovrano. Il TCF è stato però di diverso avviso. 3. Il rinvio pregiudiziale del tribunale costituzionale tedesco Il TCF, con una decisione adottata a maggioranza del 7 febbraio 2014, ha ritenuto che il programma di ODM debba essere considerato non come uno strumento di politica monetaria, in quanto tale rientrante nelle competenze della BCE, ma come uno strumento di politica economica. Gli acquisti di tutoli di stato nel mercato secondario svolgerebbero un ruolo equivalente alle misure di assistenza finanziaria realizzate attraverso il MES, e violerebbero pertanto la ratio su cui si fonda il divieto di finanziamenti di cui all’art. 123 TFUE. Secondo il TCF, pertanto, le ODM sarebbero atti emanati “ultra vires”, come tali non applicabili da parte delle istituzioni tedesche. Sul ruolo giocato dalla BCE nella gestione della crisi che ha colpito l’eurozona cfr., tra gli altri, T.BEUKERS, The New EBC and its Relationship with the Eurozone Member States: Between Central Bank Independence and Central Bank Intervention, in CMLR, 2013, 1579 ss., il quale evidenzia alcune forzature degli interventi effettuati rispetto alla posizione di indipendenza che il Trattato di Maastricht attribuisce alla BCE. 8 6| federalismi.it |n. 17/2014 Occorre ricordare a tal riguardo che il TCF, con il Maastricht Urteil del 1993, si è riservato il potere di verificare gli atti adottati dalle istituzioni dell’Unione europea sotto il profilo del rispetto delle competenze. L’adozione di un atto “ultra vires”, secondo il TCF, comporterebbe una violazione del principio di democrazia e una limitazione del diritto dei cittadini tedeschi di partecipare attraverso il voto alle decisioni del Bundestag (art. 38 GG), dal momento che il Parlamento tedesco ha accettato soltanto le limitazioni di sovranità espressamente previste dai Trattati. Gli atti emanati ultra vires, secondo il TCF, sono invalidi e non possono ricevere attuazione da parte delle autorità tedesche. La “ultra vires doctrine è stata assai criticata, perché di fatto riconosce al TCF un generalizzato potere di controllo sugli atti delle istituzioni europee che appare difficilmente compatibile con il principio di uniforme applicazione del diritto dell’Unione e con il ruolo che i Trattati riconoscono alla CG. Sotto questo profilo non è parsa sufficiente la precisazione effettuata dal Lissabon Urteil9, secondo cui il controllo sul rispetto delle competenze deve essere esercitato in modo “europarechtfreudlich”. Forse proprio a seguito di queste critiche il TCF, nella nota decisione Honeywell10, ha “rivisto” la sua impostazione, rendendo di fatto assai difficile che il TCF dichiari l’illegittimità di un atto dell’UE perché adottato ultra vires. In questa decisione la Corte di Karlsruhe ha infatti precisato che un atto può essere dichiarato “ultra vires” solo quando la violazione della competenza è manifesta, è tale da comportare una modifica strutturale del riparto delle attribuzioni tra UE e Stati membri, e solo dopo che la CG abbia avuto modo di esaminare la validità dell’atto in questione. L’ordinanza di rinvio alla CG adottata dal TCF muove dalla convinzione che le ODM esulano in maniera manifesta dall’ambito delle competenze in materia di politica monetaria attribuite alla BCE; la loro adozione comporterebbe quindi una illegittima interferenza sul diritto di voto dei ricorrenti. Muovendo da questa impostazione, il TCF ha chiesto alla CG di pronunciarsi sulla corretta interpretazione delle rilevanti disposizioni di diritto dell’UE, suggerendo essa stessa la risposta ritenuta corretta. Secondo il TCF, infatti, l'unico modo di salvare la legittimità delle ODM sarebbe quella di darne una interpretazione restrittiva, escludendo che i titoli di stato possano essere acquistati per importi illimitati, che le operazioni di acquisto possano condurre a una riduzione del debito di determinati Stati membri o che possano alterare in maniera significativa l’andamento dei prezzi. 9 Decisione del 30 giugno 2009 Decisione del 10 luglio 2010. 10 7| federalismi.it |n. 17/2014 Con questa decisione il TCF, al di là di una formale deferenza nei confronti della CG derivante dal ricorso allo strumento del rinvio pregiudiziale, finisce di fatto per rivendicare il ruolo di arbitro finale circa l'estensione delle competenze dell'unione europea. Vari commentatori hanno evidenziato il rischio di un pericoloso conflitto con la CG, capace di minare la tenuta del sistema nel suo complesso. 4. La tutela dell’identità costituzionale Il TCF, nell’ordinanza di rinvio alla CG, dopo aver evidenziato che le ODM eccedono le competenze attribuite alla BCE, ha poi aggiunto che la concreta attuazione del programma di acquisto dei titoli di Stato preannunciato dalla BCE potrebbe incidere anche sul principio dell’identità costituzionale nazionale ricavabile dall’art. 79(3) GG. Com’è noto, a partire dal Lissabon Urteil, il necessario rispetto di tale principio rappresenta un ulteriore parametro di validità degli atti dell’UE. Secondo il TCF, le ODM potrebbero comportare significative perdite per BCE e quindi per la Bundesbank, finendo così per creare oneri tali da limitare l’autonomia decisionale del Bundestag in materia di bilancio, che costituisce un elemento portante dell’identità costituzionale della Germania. L’impostazione del TCF lascia trasparire un atteggiamento assai poco cooperativo nei confronti della CG. Nell’ordinanza di rinvio si afferma infatti che il TCF assume l’interpretazione offerta dalla CG nell’ambito di una decisione ex art. 267 TUFE come una mera base di partenza, riservandosi di determinare il nucleo dell’identità costituzionale e di verificare se un determinato atto (nell’interpretazione offerta dalla CG) viola o meno tale nucleo. In aggiunta, il TCF precisa che il controllo sull’identità costituzionale ex art. 79 GG è diverso dal controllo sull’identità nazionale garantita dall’art. 4(2) TUE. Mentre l’art. 4(2) TUE stabilisce un principio che può essere oggetto di bilanciamento con altri interessi protetti dal diritto dell’UE, la tutela del nucleo dell’identità costituzionale garantita dall’art. 79(3) GG non può essere bilanciata con altri interessi ed è rimessa in via esclusiva al TCF. Con queste affermazioni il TCF lascia trasparire che, laddove la CG si rifiutasse di dichiarare che le ODM sono atti ultra vires, il TCF utilizzerebbe verosimilmente il controllo sul rispetto dell’identità costituzionale per rendere tali atti non applicabili in Germania. 8| federalismi.it |n. 17/2014 5. Possibili scenari Quale potrà essere la risposta della CG? Quattro sono i possibili scenari. Primo scenario. La CG accetta l’interpretazione suggerita nell’ordinanza di rinvio (punto 100) e, in tal modo, limita fortemente l’effettività del meccanismo di ODM. Questa soluzione appare improbabile. Gli argomenti addotti dal TCF per dimostrare l’incompetenza della BCE non appaiono del tutto persuasivi. Inoltre la CG ha sempre svolto un ruolo propulsivo, favorendo interpretazioni del diritto dell’UE che hanno permesso alle istituzioni di espandere il proprio raggio di azione. Appare difficile pensare che la CG intenda invalidare misure che hanno indubbiamente avuto il merito di calmare una tempesta monetaria che rischiava di spazzare via il sistema monetario europeo. Secondo scenario. La CG dichiara la questione inammissibile, in quanto il meccanismo delle ODM non è stato ancora messo in opera e quindi la questione appare ipotetica. Anche questo scenario appare però poco probabile, dal momento che una decisione del genere violerebbe il principio di collaborazione tra le Corti e permetterebbe al TCF di sostenere che la CG non è stata in grado di offrire una adeguata risposta ai problemi ad essa sottoposti. Terzo scenario. La CG potrebbe sconfessare l’impostazione del TCF e dichiarare che le ODM rientrano chiaramente nelle competenze che i Trattati affidano all’UE. Anche questo scenario appare però poco probabile, in quanto darebbe vita ad un forte conflitto con il TCF, dalle conseguenze imprevedibili. In dottrina è stato ritenuto più probabile una decisione “di compromesso”, basata sull’adozione di una formula di carattere generale che non accolga integralmente l’impostazione de TCF ma neppure la contraddica apertamente. In questo modo verrebbe disinnescato un conflitto potenzialmente assai pericoloso per la tenuta complessiva del sistema. 6. Considerazioni conclusive La decisione assunta dal TCF con riguardo alle ODM permette di svolgere brevi considerazioni conclusive. La prima considerazione riguarda all’utilizzo che il TCF ha fatto del rinvio pregiudiziale ex art. 267 TFUE. Se tutte le altre Corti costituzionali adottassero la medesima impostazione, l’autorità della CG ed il suo ruolo di garante dell’uniforme applicazione del diritto europeo ne uscirebbero distrutti. Non è possibile riconoscere a 28 Corti nazionali il ruolo di arbitro finale nell’interpretazione del diritto dell’UE. Il rinvio pregiudiziale ex art. 267 TFUE deve quindi essere impiegato come mezzo volto a facilitare il dialogo e la collaborazione tra le Corti, non invece 9| federalismi.it |n. 17/2014 come strumento di cui le Corti costituzionali possono avvalersi per imporre le proprie scelte alla CG. La seconda considerazione attiene al rapporto tra potere politico e controllo giudiziario. Il ruolo che il TCF si è assunto nella gestione della crisi dell’eurozona suscita notevoli perplessità. L’attenzione con cui il mondo politico e gli operatori economici hanno atteso le decisioni del TCF dipende dall’enorme impatto che le stesse possono avere sull’economia europea e mondiale. Se il TFC avesse impedito l’adesione della Germania al MES, ad esempio, la crisi avrebbe potuto avere un esito devastante per la tenuta dell’eurozona e per lo sviluppo del processo di integrazione europea. E’ singolare che una Corte nazionale possa attribuirsi il potere di compiere scelte che invece dovrebbero essere rimesse agli organi democraticamente eletti e politicamente responsabili, e che sono destinate ad avere effetti che si ripercuotono ben al di là dei confini nazionali. La terza considerazione attiene al principio di democrazia. Nella sua opinione dissenziente, il giudice Luebbe-Wolff ha criticato il fatto “che pochi giudici tedeschi in posizione di assoluta indipendenza – invocando la propria interpretazione del principio di democrazia, i limiti alle competenze della BCE che derivano da questa interpretazione, e la propria lettura degli artt. 123 ss. del TFUE – adottino una decisione con conseguenze incalcolabili per l’eurozona e per le economie nazionali”. In effetti, potrebbe apparire quasi paradossale che scelte fondamentali di politica economica siano messe in discussione non da parte di organi politicamente rappresentativi e responsabili ma da parte di una Corte, certamente dotata di grande competenza tecnica ma priva per definizione di una propria diretta legittimazione democratica. Questo apparente paradosso trova tuttavia la propria spiegazione nel fatto che la crisi dell’euro non è stata affrontata attraverso il metodo comunitario, che comunque garantisce l’intervento del Parlamento europeo e il controllo della CG, ma principalmente con metodo intergovernativo. Ciò ha comportato una evidente limitazione del principio di democrazia, particolarmente evidente con riguardo agli interventi della BCE, attesa la posizione di assoluta indipendenza garantita a tale organo. In effetti, i poteri della BCE hanno subito una sostanziale trasformazione, permettendo alla stessa di operare in via di fatto come prestatore di ultima istanza anche nei confronti degli Stati, allo scopo di contribuire al loro salvataggio e al mantenimento della stabilità del sistema euro nel suo complesso. Appare quindi difficile giustificare la sottrazione di questo tipo d’interventi da parte della BCE ad ogni tipo di controllo democratico. 10 | federalismi.it |n. 17/2014 L’attivismo del TCF si fonda sull’esigenza di garantire il rispetto dei principi di democrazia. Una riforma volta a garantire una maggiore legittimazione democratica del modello di unione economica e monetaria potrebbe limitare questo attivismo, evitando il rischio di pericolosi conflitti che potrebbero mettere a rischio la tenuta complessiva del sistema. 11 | federalismi.it |n. 17/2014