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Programma - Orchestra Sinfonica Nazionale
TO R I NO | AUDITORIUM RAI | CONCERTI 2° giovedì 16 ottobre 2014 ore 21.00 venerdì 17 ottobre 2014 ore 20.30 Juraj Valčuha | Direttore Antoine Tamestit | Viola Prokof’ev Berio Respighi 2° giovedì 16 ottobre 2014 ore 21.00 venerdì 17 ottobre 2014 ore 20.30 Juraj Valčuha | Direttore Antoine Tamestit | Viola Ottorino Respighi (1879 - 1936) Fontane di Roma, poema sinfonico (1916) Sergej Prokof’ev (1891 - 1953) L’amore delle tre melarance Suite sinfonica op. 33bis dall’opera (1919 - 1925) I. II. III. IV. V. VI. I ridicoli Scena infernale Marcia Scherzo Il principe e la principessa La fuga La fontana di Valle Giulia all’alba. Andante mosso La fontana del Tritone al mattino. Vivo – Un poco meno allegretto – Più vivo gaiamente La fontana di Trevi al meriggio. Allegro moderato – Allegro vivace – Largamente – Calmo La fontana di Villa Medici al tramonto. Andante – Meno mosso – Andante come prima Durata: 18’ ca. Ultima esecuzione Rai a Torino: 25 giugno 2012, Juraj Valčuha. Durata: 20’ ca. Ultima esecuzione Rai a Torino: 28 febbraio 1967, Edvard van Remoortel. Luciano Berio (1925 - 2003) Voci (Folk Songs II), per viola e due gruppi strumentali (1984) Durata: 30’ ca. Ultima esecuzione Rai a Torino: 8 maggio 1987, Arturo Tamayo, Aldo Bennici (Chiesa di San Filippo). Redazione a cura di Irene Sala Ottorino Respighi Pini di Roma, poema sinfonico (1924) I pini di Villa Borghese. Allegretto vivace – Più vivo – Vivace Pini presso una catacomba. Lento – Più mosso – Ancora più mosso – Poco meno – Più lento I pini del Gianicolo. Lento – Poco animato I pini della Via Appia. Tempo di marcia Durata: 20’ ca. Ultima esecuzione Rai a Torino: 26 gennaio 1996, Eliahu Inbal. Il concerto di giovedì 16 ottobre è trasmesso in collegamento diretto su Radio3 per il programma “Radio3 Suite” e in streaming audio-video su www.osn.rai.it. La ripresa televisiva è effettuata dal Centro di Produzione Rai di Torino e sarà trasmessa da Rai5. Sergej Prokof’ev L’amore delle tre melarance. Suite sinfonica op. 33bis dall’opera Aveva trent’anni giusti giusti Sergej Prokof’ev, eccellente pianista e stimato compositore, quando nel dicembre del 1921 andò in scena con successo per la prima volta a Chicago L’amore delle tre melarance (titolo originale in francese L’amour des trois oranges), opera dai contorni fantastici e stregoneschi tratta dalla “fiaba teatrale” settecentesca di Carlo Gozzi, che Prokof’ev aveva conosciuto attraverso la versione tradotta in russo e rimaneggiata dal grande regista teatrale Vsevolod Mejerchol’d nel 1914. Agli inizi del ‘900 l’avanguardia teatrale russa guardava infatti con interesse e fascino alla “commedia dell’arte”, per promuovere un modo di fare teatro votato più alla fantasia che al realismo. Già famoso in patria, come raccontano le lettere dell’amico compositore Nikolaj Mjaskovskij, poco dopo lo scoppio della Rivoluzione d’Ottobre Prokof’ev aveva deciso di cercar fortuna negli Stati Uniti e, se come pianista vi era riuscito brillantemente, più difficoltoso era far apprezzare anche lì il suo lavoro di compositore. A proposito della musica de L’amore delle tre melarance, nella sua autobiografia il compositore aveva scritto che, per compiacere i gusti degli americani, aveva scelto un linguaggio “molto più semplice de Il giocatore”. Diciamo che “semplice” non è il primo aggettivo che verrebbe in mente ascoltando le Melarance; in ogni caso l’opera ebbe grande successo e di lì a poco venne rappresentata anche in Europa e in Russia. Il 29 novembre 1925 Prokof’ev presentò a Parigi la Suite sinfonica op.33bis tratta da L’amore delle tre melarance, che però non ricevette la stessa calorosa accoglienza dell’opera. Fu lui stesso a dirigere la Suite, composta di sei brani, di cui la ritmica Marcia, con la fanfara che accompagna il corteo per far divertire il malato principe Tartaglia, e il brioso Scherzo, in cui il principe è alla smaniosa ricerca delle tre melarance, sono poi diventati celeberrimi. L’orchestrazione, ironica e pungente quanto l’assurda satira, utilizza al massimo le risorse strumentali per disegnare e caratterizzare le sfaccettature di ognuna delle sei sezioni in cui si muovono alcuni dei personaggi fantastici della trama originale: il re di Coppe, il principe Tartaglia, la principessa delle melarance Ninetta, Truffaldino, il mago Clelio, la fata Morgana ma anche i Tragici, i Comici, gli Scervellati, i Lirici e gli Originali. Nel primo movimento questi si trovano a discutere dello spettacolo che sta per andare in scena, organizzato nella speranza vana di far sorridere e guarire il principe. Il brano è estrapolato dal prologo originale dell’opera e affidato soprattutto ai fiati e alle percussioni. Segue la fumosa e grottesca Scena infernale, in cui il buon mago Clelio gioca la sorte del principe a carte contro la perfida Morgana e perde. Il quinto movimento, Il principe e la principessa, tratto dall’atto III, è l’unica pagina lirica dell’opera e si apre con una melodia sospesa affidata ai legni e agli archi con sordina. Una velocissima infilata di note è la Fuga della principessa Ninetta, uscita da una delle melarance, con cui si conclude la Suite. Tralasciando le parentesi melodiche, è evidente anche dalla stessa Suite sinfonica che sia il ritmo a fare da padrone ne L’amore delle tre melarance, tanto che il critico musicale Sergio Sablich scrisse a proposito della musica di quest’opera: «Quando si parla di Prokof’ev come di un geniale ma eclettico musicista, capace sì di spaziare dagli stilemi classici alle più ardite invenzioni moderne ma altresì incapace di ordinare organicamente un mondo musicale preda di viscerali e spesso contrastanti umori, si dimentica che la sua peculiarità di musicista sta proprio nell’imprevedibile e inquieto accostamento di modernità e tradizione, di capriccio e di puntiglio, di ironia e di serietà, che, dopo essersi abbeverate alla sorgente dell’idea musicale pura, deflagrano con la forza di energie elementari. Questo spiega perché Prokof’ev sentisse nel ritmo l’elemento primario della musica, e del ritmo facesse, anche nell’Amore delle tre melarance, il perno del processo musicale.» Irene Sala Luciano Berio Voci (Folk Songs II) Quando si trascrive, come quando si traduce, possono darsi tre diverse condizioni: che il trascrittore si identifichi col testo originale, che il testo diventi pretesto di sperimentazione e, infine, che il testo venga sopraffatto e filologicamente ”abusato”. Penso che una situazione ideale si avveri quando queste tre condizioni coesistono e si assimilano l’una all’altra. È solo allora, credo, che la trascrizione diventa un atto realmente creativo e costruttivo. Voci (Folk Songs II) scritto nel 1984 per Aldo Bennici e dedicato a Laura e Paolo Martelli, si pone appunto il problema, sempre aperto, della convergenza di quelle tre condizioni. L’oggetto della trascrizione, della sperimentazione e dell’ ”abuso” filologico sono, questa volta, dei canti popolari siciliani che vengono spesso esposti nella loro compiutezza e collocati in ”paesaggi” armonici e strumentali continuamente cangianti. Altre volte i canti vengono frammentati e i segmenti diversi vengono combinati in modo da generare nuovi ”canti” - come per esempio avviene proprio all’inizio del lavoro affidato alla sola viola: Altre volte lo strumento sviluppa caratteri a lui propri allontanandosi dal modello vocale originale. Con scadenze quasi periodiche i diversi canti (13 in tutto) si addensano e si affollano uno sull’altro. Sono profondamente grato ad Aldo Bennici per avermi fornito il materiale musicale originale: ninne nanne, abbagnate e canti d’amore di diverse località della Sicilia. Spero di contribuire, con Voci (Folk Songs II), a sollecitare un interesse più approfondito per il folklore musicale siciliano che, con quello sardo, è sicuramente il più ricco, complesso e incandescente della nostra cultura mediterranea. Luciano Berio (dagli archivi Rai, 1987) Ottorino Respighi Fontane di Roma, Pini di Roma, due poemi sinfonici Molto si è scritto e detto intorno al poema sinfonico di Respighi, musicalmente influenzato sia dall’impressionismo francese sia da Strauss (come ultimo esponente del romanticismo germanico), e tuttavia formalmente personale e indipendente. La tecnica esperta della strumentazione e l’inclinazione a certo naturalismo descrittivo, lo aggregano certamente a queste maggiori coordinate della nuova musica europea; ma Respighi non rinnega mai il legame costante con la tradizione italiana e con elementi tipici di una cultura popolare, rilevabile nella tematica a volte improntata all’antica vocalità cristiana, a volte alla vena folcloristica moderna, segnatamente romanesca. E non è certo per un facile gusto per le allitterazioni che Respighi esprimeva questa sua costante attenzione per la storia e la civiltà di Roma, puntualizzandone alcuni momenti caratteristici e salienti, ossia la Roma antica e medievale, quella rinascimentale e barocca e quella attuale, con qualificazioni pertinenti, relative al mondo romano, romanico, romantico e romanesco, rispettivamente. Questa sarà infatti la didascalia delle Feste Romane, il terzo e ultimo poema del trittico; mentre per le Fontane e i Pini occorrerà sempre tener presente la proiezione sonora di varie suggestioni vuoi plastiche che paesistiche, vuoi artistiche che storiche, suscitate dalla città nel compositore. Il quale, parlando con la moglie del suo primo poema, le Fontane, confessava che “più volte si era domandato come mai prima di lui nessuno avesse pensato di far cantare le fontane di Roma che sono la voce stessa di questa città”. Ma anche per lui non era stato facile, attesta Elsa Respighi, “discernere quella voce nel tumulto di impressioni e di sensazioni che lo avevano investito al principio della sua vita a Roma”. Ed è tutto, nessun altro accenno potendosi rinvenire sulla genesi formale ed estetica del poema sinfonico. Mai una città comunque fu più degnamente e compiutamente descritta ed evocata in musica, mai poté vantare più somigliante ritratto, sempre valido e appropriato: per non dire come l’italianità dei propositi artistici potesse anche configurarsi parallela (ma indebitamente) all’italianità dei propositi politici. A questi ultimi per altro Respighi non piegò mai la propria fervida musa. Era in lui, piuttosto, il clima d’italianità restaurata e integrata storicamente, quasi riecheggiante le parole encomiastiche di Roma che pronunciava l’eroe dannunziano Andrea Sperelli, non solo, ma consono a tutto il vario e commosso clima della romanità redenta, espresso già nei versi carducciani e nei versi latini del Pascoli. È proprio questa cultura letteraria, lata e ribadita, a spiegarci forse il ricco realismo di fondo del nostro musicista, che sa piegare gli slanci emozionali della musica a un esito decorativo ed evocativo, schietto e ben lontano dai sensuali accenti straussiani. Perciò, il programma formulato dall’autore, per quanto definito e precisato, lascia sempre qualcosa all’indefinito e all’immaginoso come se la visione plastica o paesistica sorgesse contemporanea e non precedente all’idea musicale. Quindi, il contenuto programmatico che in Strauss (e già prima in Liszt) risultava l’espressione di un gusto valido e giustificato storicamente, in Respighi è come svuotato d’ogni concreta aderenza intellettualistica, ridotto cioè alla mera funzione descrittiva o evocativa, illustrativa anziché decorativa. [...] Fontane di Roma A un anno di distanza dalla Sinfonia drammatica, le Fontane di Roma, eseguite l’11 marzo 1916 all’Augusteo, dirette da Antonio Guarnieri con le Impressioni dal vero di Malipiero, ebbe pronto successo per l’eleganza della scrittura, la felicità inventiva e la pienezza di vita: apparendo, come ha notato il Mila “la piena espressione artistica di una società matura e prospera, borghese”. Ed eran pure gli anni di guerra. Ecco il programma apposto all’opera dallo stesso compositore, con l’avvertenza iniziale: “L’autore ha inteso di esprimere sensazioni e visioni suggeritegli da quattro Fontane di Roma, considerate nell’ora in cui il loro carattere è più in armonia col paesaggio circostante o in cui la loro bellezza appare meglio suggestiva a chi le contempli. La prima parte..., ispirata a La Fontana di Valle Giulia all’alba evoca un paesaggio pastorale...: mandrie di pecore passano e dileguano nella bruma fresca e umida dell’alba romana. Un improvviso squillare.., inizia la seconda parte, La fontana del Tritone al mattino... È come un richiamo gioioso cui accorrono a frotte naiadi e tritoni che s’inseguono, e tra gli spruzzi d’acqua intessono una danza sfrenata. Un tema solenne appare intanto sul mareggiare dell’orchestra: è La fontana di Trevi al meriggio... Il tema solenne.., assume un aspetto trionfale. Echeggiano fanfare: passa sulla distesa radiosa delle acque il carro di Nettuno tirato da cavalli marini, seguito da un corteo di sirene e tritoni. E il corteo si allontana... La quarta parte, La fontana di Villa Medici al tramonto..., si annunzia con un tema triste che si leva su di un dimesso chiocchiolìo. È l’ora nostalgica del tramonto, l’aria è piena di rintocchi di campane, di bisbigli di uccelli di brusii di foglie. Poi tutto si quieta dolcemente nel silenzio della notte”. Pini di Roma Poco prima della sua nomina a direttore del Conservatorio di Santa Cecilia, Respighi era ritornato a Roma. Ripreso da un grande fervore creativo, iniziava la composizione dei Pini di Roma, opera a cui pensava già da anni, avendo annotato spunti e temi nonché composto mentalmente le quattro visioni, disposte secondo una successione affine alla classica sinfonia quadripartita. Tuttavia, va precisato che le didascalie dei poemi sinfonici di Respighi furono sempre scritte a composizione avvenuta, anzi, dopo che la partitura era interamente completata. Il musicista suonava i Pini al pianoforte ed esponeva le sensazioni e le immagini che da tempo la città gli aveva sollecitato: “Bambini che giocano.., la campagna deserta, una chiesetta solitaria: l’ho vista, non so dove... non so quando... un canto religioso che sale come di sotterra...” Documento importante, questo, per chiarire che, se alcune sue musiche nascevano da sensazioni visive, era altresì vero“che il quadro che Respighi aveva in mente mentre componeva era soprattutto opera di poesia, cioè verità trasfigurata che si tramutava in materia sonora”. Il secondo poema orchestrale di Respighi, diretto ancora all’Augusteo da Bernardino Molinari il 14 dicembre 1924, è dunque posteriore alle Fontane di otto anni, ma non rivela nessuna differenza o evoluzione stilistica. Come Strauss col suo Don Juan, il nostro musicista si definisce perentoriamente e felicemente fin dall’esordio in un genere musicale consentaneo. Certo, ancor più sontuosa è nei Pini di Roma la tavolozza sonora, ora accresciuta di organo e pianoforte, di sei buccine per l’evocazione delle antiche glorie romane, nonché di un disco con inciso il canto dell’usignolo: artificio questo che ricorda l’emporio di collane e bottoni autentici applicati dal pittore Mancini a certi suoi ritratti. Tuttavia, l’atmosfera di questo secondo poema di Respighi è sempre distesa, l’esposizione immediata, la tematica scorrevole, dietro quel gusto naturalisticamente descrittivo esibito già nelle Fontane. E si può dir subito che i Pini completino il precedente quadro romano da un punto di vista atmosferico e temporale oltreché evocativo, ossia introducendo la notte lunare al Gianicolo che succede idealmente al crepuscolo di Villa Medici e placa il brusìo cittadino, fratto e riverberato, delle Fontane. Tuttavia, la novità saliente, nei Pini, è la schietta e genuina intonazione popolaresca che subentra nella scena iniziale di Villa Borghese, col canto mordace e petulante dei bambini, alla scenografia mitologica della Fontana del Tritone: un accento che tornerà, ancor più insistito, nelle due ultime scene delle Feste Romane, ossia nell’Ottobrata e nella Notte dell’Epifania in Piazza Navona. E infine, oltre al grandioso e trascinante arazzo finale della marcia legionaria sulla via Appia verso il Campidoglio va notato come la salmodia che si leva presso una catacomba, nella seconda parte del poema, chiarisca perfettamente quell’inclinazione al canto liturgico, all’antico modalismo vocale cristiano, che costituiva la vocazione storica e mistica, ovvero l’aspetto romanico dell’arte di Respighi. Lasceremo anche nel caso dei Pini la parola di commento che lo stesso compositore unì alla partitura. “Giuocano i bambini nella pineta di Villa Borghese: ballano a giro tondo, fingono marce soldatesche e battaglie, s’inebriano di strilli come rondini a sera, e sciamano via. Improvvisamente la scena si tramuta (II parte: i Pini presso una catacomba), ed ecco l’ombra dei pini che coronano l’ingresso di una catacomba: sale dal profondo una salmodia accorata, si diffonde solenne come un inno e dilegua misteriosa... Trascorre nell’aria un fremito: nel plenilunio sereno si profilano i Pini del Gianicolo. Un usignolo canta, i Pini della Via Appia (tempo di marcia): alba nebbiosa sulla Via Appia. La campagna tragica è vigilata da pini solitari... Alla fantasia del poema appare una visione di antiche glorie: squillano le buccine e un esercito consolare irrompe, nel fulgore del nuovo sole, verso la Via Sacra, per accedere al trionfo del Campidoglio”. Un accento che replica tutto un clima italiano, un gusto tipico del tempo: a ricordare lo sfarzo sontuoso e strepitoso di certe pagine coeve, di certi inni trionfali che Puccini dedicava a Roma e Mascagni al sole. Sergio Martinotti (dagli archivi Rai, 1990) juraj valČuha Juraj Valčuha è Direttore principale dell’Orchestra Sinfonica Nazionale della Rai dal 2009. Nato nel 1976 a Bratislava vi studia composizione e direzione e prosegue gli studi a San Pietroburgo con Ilya Musin e a Parigi. Nel 2006 debutta con l´Orchestre National de France e al Comunale di Bologna con La bohème. Viene regolarmente invitato dalle maggiori compagini internazionali quali i Münchner Philharmoniker, la Philharmonia di Londra, la Filarmonica di Oslo, la DSO di Berlino, la Gewandhaus di Lipsia, l’Orchestra della Radio Svedese, la Staatskapelle di Dresda, la Pittsburgh Symphony, la Los Angeles Philharmonic, la National Symphony di Washington, la Filarmonica di Berlino, l´Orchestra del Concertgebouw di Amsterdam, la Boston Symphony. Ha diretto una nuova produzione di Bohème alla Fenice e le orchestre del Maggio Musicale e dell’Accademia di Santa Cecilia. Con l´OSN Rai ha effettuato una tournée al Musikverein di Vienna, alla Philharmonie di Berlino e nella stagione di Abu Dhabi Classics. Nella stagione 2012/2013 ha debuttato con la New York Philharmonic, la Filarmonica della Scala e la San Francisco Symphony. Ha ritrovato i Münchner Philharmoniker, l’Orchestre de Paris, le orchestre del Comunale di Bologna e di Firenze, la National Symphony di Washington e la Philharmonia di Londra. Nella stagione 2013/2014 ha effettuato una tournée con l’OSN Rai al Festival Enescu di Bucarest, a Verona e a Rimini e con l’Orchestra dell´Accademia di Santa Cecilia al Festival di Bratislava. Sono seguiti concerti con i Münchner Philharmoniker, la Philharmonia di Londra, la Pittsburgh Symphony, le Orchestre delle Radio NDR di Amburgo, WDR di Colonia, della Radio Svedese di Stoccolma e della NHK a Tokyo. In Italia ha diretto le orchestre del Comunale di Bologna e di Firenze (Madama Butterfly), e nell’edizione 2014 del Maggio Musicale Fiorentino ha diretto una nuova produzione de L’amore delle tre melarance di Prokof’ev. La stagione 2014/2015 lo impegna in una tournée con l´OSN Rai che tocca Monaco, Colonia, Zurigo, Basilea e Düsseldorf. Seguono le produzioni di Turandot al San Carlo di Napoli e di Jenůfa al Comunale di Bologna oltre ai concerti con le orchestre sinfoniche di San Francisco, Pittsburgh, Washington, Los Angeles, della Konzerthaus di Berlino, con i Wiener Symphoniker, l’Accademia di Santa Cecilia e l’Orchestre National de France. Antoine Tamestit Classe 1979, ha studiato con Jean Sulem al Conservatorio di Parigi, con Jesse Levine e il Quartetto di Tokyo all’Università di Yale e con Tabea Zimmermann a Berlino. È balzato all’attenzione internazionale dopo aver vinto il 1° Premio al Concorso Maurice Vieux di Parigi nel 2000 e al Concorso William Primrose di Chicago nel 2001. A questi sono seguiti i premi alle audizioni “Young Artists” di New York e al 53° Concorso Internazionale dell’ARD di Monaco. È stato nominato “New Generation Artist” dalla BBC, che lo ha invitato ha suonare con le sue orchestre, e nel 2006 è stato premiato dal BorlettiBuitoni Trust di Londra. “Strumentista Rivelazione dell’anno” nel 2007 per le Victoires de la Musique, ha vinto il Förderpreis Deustchlandfunk e il Crédit Suisse Young Artists. Appassionato di musica da camera, è ospite dei principali festival e collabora con musicisti quali Gidon Kremer, Paul Meyer, Mischa Maisky, Jean-Guihen Queyras, Isabelle Faust, Gautier e Renaud Capuçon, Frank Braley, Nicholas Angelich, Natalia Gutman, i Quartetti Ebène, Hagen e Ysaye. Suona regolarmente con Christian Poltera e Frank-Peter Zimmermann, con cui ha inciso due dischi su Mozart e Beethoven. “Rising Star” (ECHO) della stagione 2005/06, suona con il pianista Markus Habdulla nelle più importanti sale concertistiche, dal Concertgebouw di Amsterdam al Musikverein di Vienna, dalla Carnegie Hall di New York alla Festpielhaus di BadenBaden. Viene invitato dalle migliori orchestre europee e nel 2008 ha debuttato al Festival di Lucerna con i Wiener Philarmoniker e Riccardo Muti. Nel 2009/10 è stato “Artista in residenza” alla Konzerthaus di Berlino e nel 2010/11 ha suonato con l’Orchestre de Paris e Paavo Järvi, con l’Orchestre de Radio France con Myung-Whun Chung e con la New Japan Philarmonic. Per la Naïve ha inciso Bach e Ligeti, il Concerto di Schnittke con l’Orchestra di Varsavia e Kitajenko, un recital di Schubert con Sandrine Piau e Harold en Italie di Berlioz diretto da Minkowski con Les musiciens du Louvre-Grenoble. Ha pubblicato La Trota di Schubert per Pentaton, ha suonato con Capuçon la Concertante di Mozart, con Langrée e la Scottish Chamber Orchestra per Virgin, ha inciso per Harmonia Mundi i quartetti di Fauré con il Trio Wanderer. Ha poi registrato il duetto Viola, Viola di Benjamin insieme a Tabea Zimmermann. Tamestit insegna alla Musikhoschule di Colonia e suona una viola Stradivari del 1672 “Mahler”(prima viola costruita da Stradivari), affidatagli dalla Fondazione Habisreutinger. PARTECIPANO AL CONCERTO VIOLINI PRIMI *Roberto Ranfaldi (di spalla), °Marco Lamberti, °Giuseppe Lercara, Antonio Bassi, Constantin Beschieru, Lorenzo Brufatto, Irene Cardo, Claudio Cavalli, Aldo Cicchini, Patricia Greer, Valerio Iaccio, Martina Mazzon, Sara Pastine, Francesco Punturo, Matteo Ruffo, Lynn Westerberg. VIOLINI SECONDI *Paolo Giolo, Enrichetta Martellono, Roberto D’Auria, Michal Duris, Carmine Evangelista, Jeffrey Fabisiak, Rodolfo Girelli, Antonello Molteni, Vincenzo Prota, Francesco Sanna, Elisa Schack, Isabella Tarchetti, Carola Zosi, Pietro Bernardin. VIOLE *Ula Ulijona, Matilde Scarponi, Geri Brown, Giorgia Cervini, Massimo De Franceschi, Rossana Dindo, Federico Maria Fabbris, Riccardo Freguglia, Dezi Herber, Agostino Mattioni, Davide Ortalli, Margherita Sarchini. VIOLONCELLI *Massimo Macrì, Ermanno Franco, Giacomo Berutti, Stefano Blanc, Pietro Di Somma, Michelangiolo Mafucci, Carlo Pezzati, Stefano Pezzi, Fabio Storino, Ilaria Sarchini. CONTRABBASSI *Nicola Malagugini, *Cesare Maghenzani, Gabriele Carpani, Luigi Defonte, Antonello Labanca, Maurizio Pasculli, Francesco Platoni, Vincenzo Venneri. FLAUTI e ottavini *Dante Milozzi, *Giampaolo Pretto, Fiorella Andriani, Luigi Arciuli. OBOI *Francesco Pomarico, Franco Tangari. TROMBONE BASSO Antonello Mazzucco buccine *Marco Braito, Daniele Greco D’Alceo (flicorni soprani). Valerio Maini, Bruno Tornato (tube wagneriane). Devid Ceste, Gianfranco Marchesi (flicorni tenori). tuba Davide Viada TIMPANI *Claudio Romano percussioni Maurizio Bianchini, Carmelo Gullotto, Alberto Occhiena, Antonio Ceravolo, Sebastiano Girotto, Andrea Vigliocco. arpe *Margherita Bassani, Stella Farina. pianoforte *Vittorio Rabagliati celeste Chiara Sarchini organo E TASTIERA ELETTRONICA *Maurizio Fornero corno inglese Teresa Vicentini clarinetti *Enrico Maria Baroni, *Cesare Coggi, Graziano Mancini. clarinetto piccolo Franco Da Ronco clarinetto basso Salvatore Passalacqua FAGOTTI *Andrea Corsi, *Elvio Di Martino, Cristian Crevena. CONTROFAGOTTO Bruno Giudice CORNI *Corrado Saglietti, Valerio Maini, Marco Panella, Emilio Mencoboni, Marco Tosello. TROMBE *Marco Braito, *Roberto Rossi, Ercole Ceretta, Daniele Greco D’Alceo, Roberto Rivellini. TROMBONI *Joseph Burnam, *Diego Di Mario, Devid Ceste. *prime parti ° concertini L’OSN Rai, diretta da John Axelrod e con la partecipazione della pianista Gloria Campaner, sarà ospite sabato 25 ottobre del Teatro Morlacchi di Perugia. Le Domeniche dell' Auditorium 6 conversazioni-concerto con Paolo Gallarati e i gruppi da camera dell’Orchestra Rai Poltrona numerata in ogni settore 5,00 euro Poltrona numerata giovani (dal 1985) in ogni settore 3,00 euro Ascoltare, conoscere, incontrare, ricevere inviti per concerti fuori abbonamento, scoprire pezzi d’archivio, seguire le tournée dell’Orchestra, avere sconti e facilitazioni. In una parola, diventare AMICI. Sono molti i vantaggi offerti dall’associazione Amici dell’Orchestra Sinfonica Nazionale della Rai: scegliete la quota associativa che preferite e iscrivetevi subito! Tutte le informazioni e gli appuntamenti sono disponibili sul sito www.amiciosnrai.it o scrivendo a [email protected]. La Segreteria degli AMICI dell’OSN Rai è attiva mezz’ora prima di ogni concerto presso la Biglietteria dell’Auditorium Rai, oppure il martedì e il giovedì dalle 10 alle 12, telefonando al 335 6944539. CONVENZIONE OSN RAI - VITTORIO PARK Tutti gli Abbonati, i possessori di Carnet e gli acquirenti dei singoli Concerti per la Stagione Sinfonica OSN Rai 2014/15 che utilizzeranno il VITTORIO PARK DI PIAZZA VITTORIO VENETO nelle serate previste dal cartellone, vidimando il biglietto di sosta nell’apposita macchinetta installata nel foyer dell’Auditorium Toscanini, avranno diritto allo sconto del 25% sulla tariffa oraria ordinaria. PER INFORMAZIONI RIVOLGERSI AL PERSONALE DI SALA O IN BIGLIETTERIA. Le varie convenzioni sono consultabili sul sito www.osn.rai.it alla sezione "riduzioni". In collaborazione con: domenica 26 ottobre 2014 ore 10.30 | conversazione con Paolo Gallarati a seguire | trio d’archi Alessandro Milani | Violino Luca Ranieri | Viola Pierpaolo Toso | Violoncello Haydn Schubert Beethoven 3° giovedì 30 ottobre 2014 ore 21.00 venerdì 31 ottobre 2014 ore 20.30 Jakub Hrůša | Direttore Viktoria Mullova | Violino Bedřich Smetana Hakon Jarl, poema sinfonico op. 16 Dmitrij Šostakovič Concerto n. 1 in la minore op. 77 per violino e orchestra Antonín Dvořák Sinfonia n. 6 in re maggiore op. 60 CARNET da un minimo di 6 concerti scelti fra i due turni e in tutti i settori Adulti: 24,00 euro a concerto Giovani: 5,00 euro a concerto SINGOLO CONCERTO Poltrona numerata: da 30,00 a 15,00 euro (ridotto giovani) INGRESSO Posto non assegnato: da 20,00 a 9,00 euro (ridotto giovani) BIGLIETTERIA Tel. 011/8104653 - 8104961 - Fax 011/8170861 [email protected] - www.osn.rai.it