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La Polonia tra due occupazioni

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La Polonia tra due occupazioni
PERCORSI
DI STORIA EUROPEA
IPERTESTO
La Polonia
tra due occupazioni
Divisioni amministrative
IPERTESTO A
➔Il fiume Bug
come confine
1
Soldati tedeschi,
sorridenti e in posa
per la fotografia che
sarebbe servita alla
propaganda del Reich,
assistono alla rimozione
della sbarra che segna
il confine tra Polonia
e Germania:
è il 1o settembre 1939,
inizia la seconda
guerra mondiale.
F.M. Feltri, Chiaroscuro © SEI, 2010
La Polonia tra due occupazioni
Le due grandi potenze che, nell’autunno del 1939, avevano occupato la Polonia, trovarono un accordo il 28 settembre, il giorno seguente la caduta di Varsavia. Complessivamente, la breve campagna era costata la vita a 60 000 soldati tedeschi, 11 500 sovietici e
216 000 polacchi. Durante l’attacco tedesco, la capitale aveva subito danni gravissimi:
50 000 abitanti avevano perso la vita, mentre il 15% degli edifici (compreso il palazzo reale) era stato distrutto dai bombardamenti.
Mentre il governo polacco emigrava in Romania, per spostarsi poi definitivamente a Londra e proseguire la guerra, Germania e URSS fissarono il confine delle rispettive zone al
fiume Bug. Il Terzo Reich occupò circa 19 000 chilometri quadrati di territorio polacco,
l’URSS i restanti 200 0000. Stalin, poi, decise di non tenere unite le regioni polacche occupate: quelle più a nord furono assegnate alla repubblica sovietica Bielorussia, mentre
quelle meridionali (la Galizia) furono annesse all’Ucraina. Vilnius (che fino alla guerra
era stata sotto controllo polacco) fu invece unita alla Lituania.
Anche i tedeschi non gestirono in modo omogeneo tutti i territori della porzione di Polonia che avevano conquistato. La riorganizzazione e la definizione delle competenze amministrative furono decise il 25 ottobre 1939. Le aree situate più a ovest furono a tutti
gli effetti annesse al Terzo Reich, ricevendo nuove denominazioni. Il territorio della Pomerania (perso dopo la prima guerra mondiale) venne denominato Gau Wartheland (o
Warthegau). Posen (Poznan) fu scelta come capoluogo, mentre il generale delle SS Arthur
Greiser divenne governatore. L’area di Danzica e della Prussia occidentale fu denominata Gau Danzig-Westpreussen e sottoposta al comando di Albert Forster; sia lui sia Greiser ricevettero il titolo di reggente del Reich (Reichsstatthalter). La regione di Zichenau
UNITÀ VII
IPERTESTO
fu annessa alla Prussia orientale. La zona di Katowice (Kattowitz), particolarmente ricca
di carbone, fu assegnata dapprima a Josef Wagner e poi, dal giugno 1940, a Frizt Bacht,
espressamente incaricato di sfruttare al massimo sia le risorse sia la manodopera polacca.
In questa stessa area, nel maggio-giugno 1940, fu aperto il lager di Auschwitz, che in un
primo tempo fu concepito come un campo di concentramento per oppositori politici polacchi.
Con queste annessioni delle regioni polacche più occidentali, Hitler si proponeva di riportare
il Terzo Reich ai confini che l’impero tedesco e quello asburgico avevano prima della disfatta del 1918, un’umiliazione che, nell’immaginario del Führer, restava la grande catastrofe da cancellare. Il resto della Polonia costituì una specie di colonia, denominata Governatorato generale e assegnata al comando di Hans Frank, presidente dell’associazione dei
giuristi nazisti. A causa dei danni subiti da Varsavia durante i bombardamenti di settembre, il nuovo governatore scelse come propria capitale Cracovia, l’antica città regale polacca, situata nel sud del Paese.
In tutte le regioni della Polonia occupate dai tedeschi, la condizione dei polacchi fu durissima. Migliaia di persone ritenute ostili e pericolose vennero subito assassinate – circa 17 000 tra settembre e ottobre – da speciali reparti delle SS denominati Einsatzgruppen. È possibile che, entro la fine del 1939, siano state eliminate 50 000 persone (in totale). Si trattava di intellettuali o individui che, comunque, si segnalavano per la loro cultura o il loro nazionalismo. I polacchi furono privati di qualsiasi diritto. In particolare, fu loro vietata qualsiasi forma di istruzione superiore alla conoscenza dell’alfabeto e
delle quattro operazioni aritmetiche elementari.
La genesi del campo di Auschwitz
I primi 728 detenuti arrivarono ad Auschwitz (60 chilometri a ovest di Cracovia) il 14
giugno 1940; trasferiti col treno dal carcere di Tarnów, vicino alla nuova capitale, sbarcarono sulla nuova rampa ferroviaria appositamente costruita, al termine di un breve raccordo che collegava il nuovo lager alla stazione della cittadina di Auschwitz. I prigionieri erano polacchi, in prevalenza liceali, studenti universitari e militari, arrestati mentre tentavano di espatriare clandestinamente in Ungheria.
Gli edifici in muratura che costituivano il nucleo centrale del campo di Auschwitz erano denominati Blocchi (Block). Mentre la maggior parte di essi era adibita ad alloggi
dei detenuti, il Block 11 aveva una funzione disciplinare, cioè svolgeva il ruolo di prigione del lager. Al suo interno si trovavano gli uffici della locale sezione della Gesta-
LA SECONDA GUERRA MONDIALE
2
Il sacerdote polacco
Maksymilian Kolbe
circondato da un gruppo
di ragazzi.
F.M. Feltri, Chiaroscuro © SEI, 2010
Il cancello di ingresso
di Auschwitz dove è ancora
ben evidente la scritta Arbeit
macht frei (“Il lavoro
rende liberi”).
F.M. Feltri, Chiaroscuro © SEI, 2010
IPERTESTO
➔Impiccagioni
pubbliche
IPERTESTO A
➔Fucilazioni
alla parete nera
3
La Polonia tra due occupazioni
po, che era in stretto contatto con quella di Katowice (importante città polacca). Periodicamente, i funzionari della Gestapo di tale città venivano ad Auschwitz per completare i procedimenti avviati a carico di polacchi arrestati per attività illegali (possesso di una radio, ad esempio) o azioni di resistenza. Queste persone erano condotte nel
Blocco 11 di Auschwitz, interrogate, torturate e infine condannate con un verdetto standard di questo genere: «In seguito alle indagini della polizia di Stato, il polacco [cognome
e nome] ha infranto la legge dello Stato tedesco, per cui il tribunale della Gestapo di
Kattowice lo condanna a morte». Il condannato si spogliava nel bagno della prigione,
dopo di che usciva nel cortile che separava il Blocco 11 dal Blocco 10; in fondo a tale
spiazzo, si trovava un muro di legno e sabbia (denominato la parete nera) davanti al quale avveniva l’esecuzione. In un primo tempo, a sparare era un plotone, ma dall’11 novembre 1941 i detenuti (151 in quella prima occasione) furono eliminati uno alla volta, con armi di piccolo calibro.
Le condanne emesse dal tribunale della Gestapo ed eseguite presso il Blocco 11 furono
tra le 3000 e le 4500. Una sorte simile toccò anche a numerosi ostaggi, catturati dopo
azioni di sabotaggio verificatesi nella regione, e detenuti prigionieri, che avevano violato
il regolamento del campo. È possibile che, in totale, le esecuzioni davanti alla parete nera
siano state almeno 25 000.
Le fucilazioni non erano eseguite in pubblico; quando avevano luogo, i detenuti erano obbligati a restare chiusi nei loro alloggi, mentre le finestre del Blocco 10 – che guardavano
direttamente sullo spiazzo della parete nera – erano perennemente chiuse e sbarrate. Le impiccagioni invece erano pubbliche, in quanto si trattava della pena inflitta a quanti avevano provato a evadere. L’esecuzione avveniva in occasione dell’appello, di fronte a tutti i prigionieri schierati, e serviva a mostrar loro l’assoluta inutilità dei tentativi di fuga. Fino al 1942,
se il detenuto evaso non era ripreso in tempi brevi, si eseguivano durissime punizioni collettive: dalla squadra del fuggiasco, infatti, venivano scelti 10
suoi compagni, lasciati poi a
morire di inedia nelle celle del
Blocco 11, poste sotto il livello del suolo. Episodi di questo
tipo si verificarono il 23 aprile e il 17 giugno 1941; lo stesso anno, in agosto, si verificò
anche uno dei più celebri episodi di martirio di Auschwitz:
il sacerdote francescano polacco Maksymilian Rajmund
Kolbe, infatti, si offrì volontario, al posto di Franciszek
Gajowniczek, un compagno
già prescelto dalle SS. Padre
Kolbe trascorse quasi due
settimane in una cella sotterranea del Blocco 11, senza ricevere nulla da mangiare
o da bere. Infine, il 14 agosto 1941, fu ucciso con
un’iniezione di fenolo.
IPERTESTO
Polacchi ed ebrei nel 1941
UNITÀ VII
➔Jedwabne
Truppe dell’Armia
Krajova, l’esercito
nazionale polacco.
LA SECONDA GUERRA MONDIALE
4
La figura di padre Kolbe assomma in sé alcune delle più clamorose contraddizioni della
storia e della memoria polacca. Infatti, pur essendo una vittima del nazismo, Kolbe – prima del suo arresto – aveva più volte mostrato di non avere alcuna simpatia nei confronti degli ebrei che risiedevano in Polonia. Questo antisemitismo polacco si manifestò in
modo particolarmente acuto nelle regioni orientali, occupate dai sovietici. In effetti, nel
1939-1940, il regime comunista aprì agli ebrei dei territori appena occupati le porte delle università e offrì loro, spesso, posti di prestigio e di responsabilità, nella speranza di avere dei collaboratori più fidati, rispetto ai nazionalisti locali. Questi cominciarono subito
ad accusare gli israeliti di essere dei traditori, rispolverando la vecchia equazione tra ebrei
e comunismo. In Polonia, tale accusa tipicamente moderna si innestò però sulla tradizionale
calunnia, di origine medievale, secondo cui gli ebrei uccidevano ogni anno un bambino
cristiano, per adoperarne il sangue durante i riti pasquali.
Questa miscela di odio esplose clamorosamente nel piccolo centro di Jedwabne, una cittadina situata nella porzione di Polonia che, nell’autunno del 1939, era stata occupata dall’Armata
rossa. Quando, nell’estate del 1941, arrivarono i nazisti, furono uccisi 1600 ebrei. A sterminarli, però, non furono le SS, bensì i contadini polacchi: più precisamente, coloro che fino a
quel momento avevano vissuto insieme a essi, nel medesimo villaggio. Si trattò di un terribile pogrom, consumato senz’armi, a furia di botte, di bastonate, di colpi di forcone, e conclusosi infine con un gigantesco rogo. In questo caso (e in altre circostanze, verificatesi nei
Paesi Baltici o in Ucraina), l’intervento tedesco fu l’occasione per dare sfogo a un odio antiebraico secolare, che covava da tempo e si alimentava non delle moderne teorie razziali, ma
di antichi pregiudizi religiosi e, a volte, di rivalità commerciali ed economiche.
Comunque, l’attacco tedesco all’Unione Sovietica mise bruscamente in movimento il quadro politico creatosi all’inizio della guerra. Il 30 luglio 1941, mentre l’esercito nazista sembrava assolutamente invincibile, Stalin accettò di allacciare relazioni diplomatiche con
il governo polacco in esilio a Londra, annullò l’accordo con la Germania del 1939 e stipulò un patto militare con la Polonia.
F.M. Feltri, Chiaroscuro © SEI, 2010
Riferimento
storiografico
IPERTESTO A
➔Le fosse di Katyn
5
Riferimento
storiografico
F.M. Feltri, Chiaroscuro © SEI, 2010
2
pag. 11
Riferimento
storiografico
pag. 12
La rivolta di Varsavia
Alla fine di giugno del 1944, i sovietici lanciarono una grande offensiva che costrinse le armate tedesche a ritirarsi fino alla Vistola. Il 1o agosto, il comando dell’Armia
Krajova diede inizio a Varsavia a un’imponente insurrezione, che coinvolse tutta la
capitale e gran parte della popolazione. Gli obiettivi della resistenza polacca erano, a
un tempo, militari e politici. Da un lato, gli insorti si proposero di facilitare l’offensiva dell’Armata rossa, indebolendo alle spalle i tedeschi e obbligandoli a impegnare
contro Varsavia una parte delle loro risorse. Nello stesso tempo, però, se l’esercito nazionale fosse riuscito a tenere impegnati i tedeschi fino all’arrivo dei russi, o addirit-
1
pag. 9
➔Obiettivi militari
e politici
3
La Polonia tra due occupazioni
Nel 1939, l’esercito sovietico aveva catturato circa 250 000 militari polacchi; scegliendo
i soggetti più idonei e più motivati tra questi prigionieri, in virtù dei nuovi accordi fu ricostituito un esercito di 96 000 soldati. Fu durante l’operazione di reclutamento di questi uomini dai campi di prigionia sovietici che, per la prima volta, ci si accorse dell’assenza
di moltissimi militari (circa 15 000), di cui si era persa ogni traccia.
Il comando del nuovo esercito polacco fu assegnato al generale Wladislaw Anders, che nell’aprile del 1942 decise di abbandonare l’URSS con i suoi soldati. Attraversando Persia e Mesopotamia, queste truppe polacche raggiunsero la Palestina (sotto controllo inglese) e furono infine inquadrate nell’esercito britannico. Impegnati più tardi sul fronte italiano, moltissimi di questi soldati polacchi sarebbero morti nel 1943, nella battaglia di Montecassino.
Nell’ultima settimana di febbraio del 1943, i tedeschi scoprirono delle grandi fosse comuni nella foresta di Katyn, in Polonia; all’interno furono trovati i cadaveri di circa 4500
ufficiali. Si trattava di una parte di quei 15 000 militari scomparsi dai campi sovietici, la
cui assenza misteriosa era stata segnalata da Anders al momento della riorganizzazione del
nuovo esercito. Nella primavera del 1940, questi soldati catturati furono dichiarati politicamente e ideologicamente irrecuperabili dalla polizia politica comunista e pertanto assassinati con un colpo alla nuca. Degli altri 10 000 non si conoscono né il luogo né le modalità dell’uccisione, la cui responsabilità fu addossata dalle autorità sovietiche ai tedeschi.
In realtà, i diari trovati in tasca ai morti e, oggi, persino i documenti degli archivi moscoviti non lasciano più alcun dubbio: si trattò di un’operazione di pulizia di classe, finalizzata a eliminare tutti gli elementi considerati controrivoluzionari, cioè ostili al nuovo dominio russo e comunista, imposto alle regioni polacche appena occupate.
I tedeschi, nel 1943, diedero ampia pubblicità alle fosse di Katyn, permettendo che i cadaveri fossero studiati da medici legali polacchi e di altre nazionalità. La speranza di Goebbels (ministro della Propaganda nazista) era di mettere in imbarazzo il governo di Londra e quello polacco in esilio, spingendoli a rompere l’alleanza con l’URSS. L’operazione
riuscì solo in parte, in quanto la scelta di dare la precedenza assoluta alla lotta contro la
Germania (rimandando a dopo la guerra qualsiasi altra questione, a cominciare dai confini orientali della Polonia) non fu messa in discussione.
Furono pochissimi i polacchi che accettarono di collaborare attivamente con i tedeschi (anche se furono frequenti le delazioni a danno degli ebrei). La linea ufficiale del governo continuò a essere quella della lotta a oltranza contro i tedeschi. In patria, la formazione
di resistenza più importante era la cosiddetta Armia Krajova (esercito nazionale), contro cui i nazisti agirono in modo durissimo e spietato: nelle rappresaglie, spesso venivano eliminati 100 polacchi per ogni tedesco ucciso. Sono stati censiti 300 villaggi rasi al
suolo, 769 azioni di rappresaglia (per un totale di circa 20 000 civili assassinati). Dopo
la disfatta di Stalingrado (gennaio 1943), il governatore Frank propose a Hitler di attenuare la brutalità della violenza in Polonia, in modo da spingere una parte dei polacchi
ad allearsi coi tedeschi, contro i comunisti russi. Frank, tuttavia, trovò la netta opposizione del comandante delle SS Heinrich Himmler, deciso a cominciare in Polonia il nuovo impero razziale nazista, senza fare alcuna concessione ai sottouomini slavi. Quando la
linea di Himmler, infine, ricevette l’approvazione di Hitler, il progetto di limitare la spietatezza del regime coloniale tedesco in Polonia fu affossato definitivamente.
IPERTESTO
L’uccisione degli ufficiali polacchi
DOCUMENTI
Fino al crollo dell’Unione Sovietica, i dirigenti comunisti hanno sempre cercato di negare le responsabilità russe nel massacro di Katyn, addossandole ai tedeschi. Dopo la fine del regime, dagli archivi segreti
sovietici emerse finalmente una serie di documenti, che provò come l’eccidio di circa 4500 ufficiali a Katyn
facesse parte di un progetto più vasto, che provocò la morte di ben 25 000 polacchi (intellettuali, ufficiali,
docenti universitari, imprenditori, poliziotti, preti ecc.). Uno dei documenti più interessanti è una lettera scritta da Laurentij Berija (responsabile della polizia politica) il 5 marzo 1940, e indirizzata a Stalin. Lo stesso
giorno, il governo approvò tutte le proposte di Berija, compresa la fucilazione degli ufficiali.
Nei campi per prigionieri di guerra del NKVD [la polizia politica, n.d.r.] dell’Urss e nelle prigioni delle regioni occidentali di Ucraina e Bielorussia, al momento attuale si trova un numero
consistente di ex ufficiali dell’esercito polacco, ex dipendenti della polizia polacca e dei servizi segreti, membri di partiti nazionalisti polacchi controrivoluzionari e organizzazioni controrivoluzionarie di resistenza, traditori e altri. Sono tutti nemici giurati del potere sovietico, pieni
di odio verso il sistema sovietico.
Gli ufficiali prigionieri di guerra e gli agenti di
polizia che si trovano nei campi tentano di continuare l’attività controrivoluzionaria, svolgendo
agitazione antisovietica. Ciascuno di loro non
aspetta che di essere liberato per avere la possibilità di prendere parte attiva alla lotta contro
il potere sovietico.
Gli organi del NKVD hanno scoperto nelle regioni occidentali di Ucraina e Bielorussia una
rete di organizzazioni controrivoluzionarie di
resistenza. In tutte queste organizzazioni controrivoluzionarie hanno svolto un ruolo direttivo
ufficiali dell’ex esercito polacco, ex agenti di
polizia e gendarmi.
Fra i traditori e i violatori della frontiera nazionale che sono stati catturati si è pure individuata una considerevole quantità di persone
appartenenti a organizzazioni controrivoluzionarie spionistiche e di resistenza.
Nei campi per i prigionieri di guerra si trovano in tutto (senza contare i soldati e il corpo sottufficiali) 14 736 ex ufficiali, funzionari, proprietari fondiari, agenti di polizia, gendarmi, guardie
carcerarie e agenti segreti, la cui nazionalità per una percentuale superiore al 97% è polacca.
Di questi:
Generali, colonnelli e tenenti colonnelli – 295
Maggiori e capitani – 2080
Tenenti e sottotenenti – 6049
Ufficiali e sottufficiali di polizia, guardia di frontiera e gendarmeria – 1030
Poliziotti, gendarmi, guardie carcerarie e agenti dei servizi segreti – 5138
Funzionari, proprietari terrieri e preti cattolici – 144
Nelle prigioni delle regioni occidentali di Ucraina e Bielorussia si trovano in tutto 18 632
detenuti (tra cui 10 685 polacchi) dei quali:
Ex ufficiali – 1027
Ex agenti della polizia segreta e gendarmi – 5141
Spie e sabotatori – 347
Ex proprietari terrieri, imprenditori e funzionari – 465
Membri di varie organizzazioni controrivoluzionarie e di resistenza e di diversa matrice
controrivoluzionaria – 5345
Traditori – 6127
A partire dal fatto che sono tutti nemici inveterati e incorreggibili del potere sovietico, il
NKVD dell’URSS ritiene necessario:
I. Sottoporre al NKVD dell’URSS:
1) I casi relativi ai 14 700 detenuti che si trovano nei campi per prigionieri di guerra: ex
ufficiali polacchi, funzionari, proprietari terrieri, agenti di polizia e dei servizi segreti, gendarmi
e guardie carcerarie,
F.M. Feltri, Chiaroscuro © SEI, 2010
Un ufficiale tedesco
controlla l’uniforme
di un ufficiale ucciso
nella foresta di Katyn.
Accanto a lui
osservano la scena
alcuni medici legali
polacchi.
▼
IPERTESTO
UNITÀ VII
LA SECONDA GUERRA MONDIALE
6
Katyn: le prove della responsabilità
sovietica
2) e parimenti i casi relativi ai circa 11 000 detenuti che si trovano nelle prigioni delle regioni occidentali di Ucraina e Bielorussia: membri di diverse organizzazioni spionistiche e sabotatrici, ex proprietari terrieri, imprenditori, ex ufficiali polacchi, funzionari e traditori,
– esaminare i casi secondo una procedura speciale, applicando nei confronti dei detenuti la più alta misura punitiva: la fucilazione.
IPERTESTO
DOCUMENTI
F.M. Feltri, Chiaroscuro © SEI, 2010
7
La Polonia tra due occupazioni
tura a cacciare i tedeschi da Varsavia, questo gesto sarebbe stato un segnale fortissimo rivolto a Stalin, che avrebbe dovuto comprendere la determinazione polacca a non subire passivamente gravi amputazioni territoriali a est o, peggio ancora,
il passaggio dell’intero Paese sotto un regime comunista filosovietico.
La tragedia della rivolta di Varsavia dell’estate 1944 nacque da questi presupposti.
Avendo compreso appieno il messaggio
politico della rivolta, Stalin ordinò all’Armata rossa di non prestare alcun
soccorso agli insorti. Gli unici aiuti arrivarono dall’aviazione britannica, che
cercò di rifornire Varsavia di armi e viveri organizzando una serie di voli (196, in
totale) in partenza da Brindisi (distante
1300 chilometri dalla capitale della Polonia). Le missioni duravano 14 ore (tra andata e ritorno) e per una lunga parte del
tragitto sorvolavano territorio in mano ai tedeschi, correndo il rischio di perdere velivoli e beni trasportati, come infatti avvenne di frequente. I sovietici non mobilitarono alcun aereo e non diedero l’autorizzazione a creare sul loro territorio una base
logistica che facilitasse i rifornimenti.
Il 2 ottobre 1944, i comandanti dell’Armia Krajova furono costretti alla resa, sicché
11 668 soldati e circa 2000 donne si consegnarono ai tedeschi, dopo aver ricevuto assicurazione che sarebbero stati trattati come prigionieri di guerra. Durante l’insurrezione, erano morti circa 200 000 polacchi, tra civili (180 000) e militanti armati dell’esercito nazionale (18 000). Poco tempo dopo, altri 100 000 cittadini di Varsavia furono deportati come lavoratori forzati nel Terzo Reich e l’intera capitale, per espresso ordine di Hitler, fu rasa al suolo. I sovietici varcarono la Vistola il 17 gennaio 1945.
A quel punto, sicuri della vittoria, avevano già chiuso i rapporti con il governo polacco
in esilio, creato un proprio governo comunista alternativo (con sede a Lublino) e ottenuto che gli Alleati lo riconoscessero.
IPERTESTO A
Per quale motivo
II. Condurre l’indagine relativa ai singoli senza mandare i detenuti a processo, senza elei soggetti di cui si
vare a loro carico capi d’imputazione, senza documentare la chiusura dell’istruttoria e
tratta nella lettera
senza formulare accuse, con la seguente procedura:
sono considerati
pericolosi per
a) per i prigionieri di guerra che si trovano nei campi, secondo le informazioni fornite dalla
il potere sovietico?
Direzione per gli Affari dei prigionieri di guerra del NKVD della Repubblica Socialista Ucraina
e della Repubblica Socialista Bielorussa.
Come veniva
giudicato un
III. Affidare l’esame dei casi e la decisione a una trojka [commissione di tre elementi, n.d.r.]
polacco che
costituita dai compagni Merkulov, Kobulov, Bastakov (responsabili della prima sezione speappartenesse
ciale del NKVD in URSS).
a una classe sociale
V. ZASLAVSKY, Pulizia di classe. Il massacro di Katyn, il Mulino, Bologna 2006, pp. 37-39
elevata?
Due partigiani polacchi
combattono per
le strade di Varsavia
durante i giorni della
rivolta.
IPERTESTO
UNITÀ VII
LA SECONDA GUERRA MONDIALE
8
La capitolazione di Varsavia
DOCUMENTI
Nell’ottobre 1944, un giovane ufficiale tedesco che aveva combattuto contro i ribelli a Varsavia scrisse alcune lettere ai propri genitori, in Germania. I testi sono interessanti perché lasciano trasparire un’evidente ammirazione verso il nemico sconfitto, che non è guardato attraverso le lenti convenzionali dell’ideologia nazista. Nello stesso tempo, questo ufficiale non è affatto un avversario del regime nazista,
pronto a disertare o a cospirare contro di esso.
Al padre, 5 ottobre 1944
La capitolazione è stata senza dubbio
una delle cose più straordinarie che si possano immaginare. La sua realtà oscura
tutto il dramma e tutta la tragedia. Sono
usciti con tutto l’onore che si meritavano
dopo aver dimostrato, in battaglia, il vero
eroismo. A essere sinceri hanno combattuto meglio di noi; ciò che possiamo imparare è quanto segue: 1. da questo tipo di
dominazione di un’intera nazione non si
può ricavare niente di apprezzabile: triste,
ma vero!; 2. non abbiamo il monopolio sulla
tempra, lo spirito, il patriottismo e il sacrificio (non possiamo portar via ai polacchi i
loro meriti); 3. una città si può difendere per
mesi e mesi, con perdite sempre più ingenti
da parte degli attaccanti […]; 4. nonostante
uno spirito militante e un approccio puro e
coraggioso siano in grado di ottenere
molto, alla fine questo spirito soccomberà
sempre di fronte alla superiorità materiale. Potrà mai essere giusta la storia? Non qui. Per
quanto possa essere corretta l’idea di nazionalismo, la ragione del potente lo sconfiggerà
sempre.
Alla madre, 16 ottobre 1944
Il Wochenschau (cinegiornale) è stato girato qui dove mi trovo io: ho assistito in prima
persona al dramma della capitolazione polacca. Non prendiamoci in giro. Varsavia è caduta grazie ai nostri armamenti pesanti e non grazie al coraggio di alcune unità. Comunque sia, loro hanno combattuto. Le nostre perdite ammontano a circa metà di quelle della
campagna di settembre (tra l’altro, cosa sarebbe successo senza il nostro reparto, di cui
non è stata fatta nemmeno menzione? Se non fosse stato per noi, non un singolo soldato
sarebbe riuscito a preparare un attacco). Varsavia era un serbatoio di passioni umane: debolezze, aspirazioni, bestialità e pazzia. Questa guerra senza precedenti e alquanto sfaccettata, ha rivelato profondità inesplorate di umanità e bestialità. Niente di ciò che appartiene al regno della poesia, del realismo o della cultura militare può eguagliarlo. A
dispetto di tutto, il combattimento più eroico, viste le condizioni, è stato effettuato dai banditi stessi. E se Londra, che ha avuto il controllo su tutto fino all’ultimo dettaglio, non avesse
ordinato la capitolazione, noi ci saremmo ritrovati con un osso duro da combattere molto
più a lungo; sarebbe stato versato molto più sangue. Gli insorti meritavano di essere trattati come soldati. I polacchi non potevano sperare più in niente dopo la perdita dell’indipendenza e di tutti i mezzi di difesa. Io stesso non avrei voluto vivere sotto l’amministrazione tedesca. Hanno fatto salire il generale [Boor] su una colonna di auto e un colonnello
ha presentato la dichiarazione di resa del suo esercito. Poi hanno marciato al passo, in
riga per quattro, evitando i volti pieni di lacrime e tormentati dal dolore delle donne vestite,
dove possibile, con i brandelli delle uniformi della Wehrmacht… Tutto senza un cenno di
disperazione, con le mani in alto per l’orgoglio nazionale. Esemplare!
N. Davies, La rivolta, Rizzoli, Milano 2004, pp. 540-541, trad. it. C. BALDUCCI,
C. FIORINA, E. PERU, A. ZUCCHETTI
Spiega l’espressione «Varsavia era un serbatoio di passioni umane».
F.M. Feltri, Chiaroscuro © SEI, 2010
Uno dei comandanti
delle truppe
polacche, con lo
sguardo rivolto verso
terra, stringe la mano
a un ufficiale nazista
a Varsavia: è il segno
della capitolazione
della città polacca.
IPERTESTO
Riferimenti storiografici
1
L’uccisione degli ufficiali polacchi da parte
dei sovietici
Il testo cerca di far luce sull’eccidio di Katyn: la ricostruzione degli avvenimenti si basa sia sulle testimonianze dei superstiti, sia sui diari ritrovati nelle fosse comuni delle vittime.
IPERTESTO A
Immediatamente dopo la loro cattura (nell’autunno del 1939), 250 000 prigionieri polacchi
furono raccolti in circa 138 campi, alcuni in territorio polacco (che era appena stato occupato dai russi) e gli altri in territorio sovietico. Più tardi, le autorità fecero dei trasferimenti e
gli ufficiali vennero radunati in due campi, quelli di Kozelsk e di Starobelsk. Dopo accurate
interviste ed indagini sul conto di ogni prigioniero, i membri dei servizi segreti polacchi, la
polizia militare, le guardie di frontiera e persino i poliziotti catturati nel territorio conquistato
dai sovietici, furono separati dagli altri e rinchiusi a Ostaskov. In tutti e tre i campi, ma soprattutto in quest’ultimo, c’erano anche sottufficiali e soldati semplici. Questo lavoro riguarda
solamente i prigionieri rinchiusi nei campi di Kozelsk, Starobelsk e Ostaskov dal novembre
del 1939 al maggio del 1940, proprio perché furono loro ad essere massacrati. [...]
Nella prima settimana di aprile, i responsabili dell’amministrazione russa cominciarono
a far circolare la voce, con una parola qua, una là, che i prigionieri stavano per essere rimpatriati! La notizia si sparse come un baleno, l’agitazione aumentò. Stavano per andare a
casa! Si era allora all’epoca del collaborazionismo russo-tedesco. I prigionieri pensarono che
avrebbero avuto il permesso di tornare a casa, sia nella zona occupata dai tedeschi che in
quella occupata dai russi. Qualche funzionario della NKVD lasciava cadere un’allusione qua,
una là: «Andate verso casa», «verso Ovest». La foresta di Katyn giaceva infatti ad occidente
del campo di Kozelsk. Alcuni prigionieri non erano del tutto tranquilli e provarono una specie di scoramento al pensiero di lasciare il campo, ma le loro paure furono travolte dall’entusiasmo generale. Stavano per andare a casa, l’avevano detto quelli della NKVD.
Subito dopo la diffusione di queste voci, un funzionario della NKVD passò una mattina presto nelle baracche, leggendo ad alta voce dei nomi. I chiamati vennero radunati immediatamente e restituirono all’amministrazione tutto quanto era stato dato loro. Furono quindi por-
La Polonia tra due occupazioni
9
Per far luce sull’eccidio
di Katyn venne istituita
anche una commissione
nominata dalla Croce
Rossa. Nell’immagine
vediamo alcuni membri
mentre esaminano
i documenti ritrovati
addosso alle vittime.
F.M. Feltri, Chiaroscuro © SEI, 2010
IPERTESTO
UNITÀ VII
LA SECONDA GUERRA MONDIALE
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tati in un altro edificio dove vennero attentamente perquisiti. Da quel momento non poterono più comunicare con gli altri compagni di prigionia. Poco tempo dopo furono caricati
su autocarri chiusi e portati alla stazione più vicina. [...]
Dai diari e dagli appunti trovati nelle fosse di Katyn è possibile ricostruire il viaggio dei
prigionieri da Kozelsk fino alla stazione di Gnezdovo. Ecco alcuni brani importanti di un diario trovato addosso a un cadavere che non poté essere identificato (cartella 424). Colui che
lo ha scritto lasciò il campo di Kozelsk l’8 aprile 1940 in un gruppo di 277 ufficiali.
«8 aprile
Alla stazione siamo stati caricati su un treno cellulare sotto stretta guardia... Ci muoviamo
nella direzione di Smolensk.
9 aprile
Martedì. Il giorno è invernale... Neve sui campi. È impossibile dedurre la direzione in cui ci
muoviamo... Ci trattano male... Non ci permettono di far niente... 14,30, stiamo arrivando a Smolensk... Sera, siamo arrivati alla stazione di Gniazdowo [grafia polacca]. Sembra che si debba
scendere... ci sono molti militari intorno. Da ieri abbiamo avuto solo un pezzo di pane e un sorso
d’acqua».
Il diario finisce qui.
I diari provano che i prigionieri di tutti i gruppi (eccetto il primo) sapevano già, quando
vennero fatti salire sui vagoni cellulari alla stazione di Kozelsk, che molto probabilmente sarebbero andati oltre Smolensk per scendere alla stazione di Gnezdovo. Lo sapevano perché alcuni dei prigionieri dei gruppi precedenti avevano scalfito sulle pareti dei vagoni i loro
nomi e quelli delle stazioni per cui erano passati (per il trasporto vennero sempre usati gli
stessi vagoni). In alcuni casi i viaggiatori furono in grado di decifrare le firme e coloro che tenevano un diario del viaggio (che durava da uno a tre giorni, secondo il traffico sulla linea)
copiarono coscienziosamente ciò che riuscirono a leggere. Anche quei prigionieri di Kozelsk
che si salvarono [si tratta di 245 ufficiali che, sia pure con differenti livelli di convinzione e di
entusiasmo, avevano accettato di arruolarsi nell’Armata Rossa. Calcolando anche i detenuti che si salvarono da Starobelsk e da Ostaskov, in tutto, dei 15 000 prigionieri separati
dagli altri polacchi e posti nei tre campi speciali, se ne salvarono solo 448, n.d.r.] vennero
fatti viaggiare su questi vagoni e così poterono leggere, sul tetto e sulle pareti, delle scritte
come «Stiamo scendendo alla stazione di Gnezdovo». Tutti i diari sono concordi nel ricordare Smolensk come la stazione più grande incontrata durante il viaggio e Gnezdovo
come la stazione di arrivo. Nel calendario personale del sottotenente Jan Bartys c’è una annotazione molto laconica: «Siamo appena arrivati alla stazione di Gnezdovo e riusciamo a
vedere una fila d’uomini della NKVD che va dalla stazione fino alla foresta».
Ciò che accadde dopo l’arrivo dei prigionieri alla stazione si può ricostruire sulla base di
due fonti: i diari trovati nelle fosse e le dichiarazioni di un cittadino sovietico, Krivozertsov, il
quale depose di sua spontanea volontà. (Fu il solo testimone oculare sovietico avvicinabile
nell’occidente.)
Il diario del maggiore Solsk è quello più ricco di dettagli e arriva fino a pochi minuti prima
della morte del maggiore stesso. Il brano sotto citato si riferisce all’arrivo alla stazione di
Gnezdovo e al viaggio fino alla foresta:
«9 aprile
La giornata è cominciata in modo molto strano. Siamo partiti in piccoli furgoni cellulari
composti da tante piccole celle (orribili). Siamo stati portati in qualche posto in una foresta;
sembra un luogo per vacanze estive. Siamo poi stati perquisiti accuratamente. Hanno preso
i rubli, la cintura e il temperino».
Il diario finisce qui.
Il testimone Krivozertsov ci ha saputo dare delle informazioni più dettagliate sul viaggio
dei prigionieri dalla stazione di Gnezdovo alla foresta di Katyn. [...] I prigionieri furono scaricati alla stazione di Gnezdovo in piccoli gruppi di venti o trenta, mai più di un gruppo alla
volta, e caricati su dei camioncini (il cui numero andava da uno a quattro) che li portavano
sul luogo del massacro. Le ferite di baionetta e il fatto che alcune vittime erano state imbavagliate ed avevano le mani legate in modo tale che, al minimo movimento, si sarebbero
strozzate, erano la prova lampante che i più giovani avevano lottato prima di essere uccisi
(i più vecchi non erano stati né legati né imbavagliati). [...]
J.K. ZAWODNY, La vera storia del massacro di Katyn. Morte nella foresta,
Mursia, Milano 1973, pp. 91-100, trad. it. G. DEGO
Quale trucco elaborarono i sovietici per indurre gli ufficiali polacchi a salire sui treni
che li avrebbero portato a Katyn?
Quali fonti permettono la ricostruzione (sia pure lacunosa) dello svolgersi degli eventi?
F.M. Feltri, Chiaroscuro © SEI, 2010
Pochissimi abitanti di Varsavia si arruolarono nell’esercito tedesco. Le Waffen-SS non cercavano volontari nell’area del governatorato generale, cosa che invece fecero nella maggior parte
degli altri Paesi occupati come Francia, Danimarca, Norvegia, Belgio, Olanda, Ungheria e
Ucraina. Anche la Wehrmacht di norma non tentò di reclutare soldati tra i polacchi, come invece
fece in Slesia o Pomerania. La piccola comunità tedesca prebellica fu l’unica fonte sostanziale
di abitanti di Varsavia arruolati nelle forze armate del Führer. [...] A causa della loro condotta brutale, i nazisti non attrassero nessun gruppo significativo di collaboratori volontari nel governatorato generale, neppure all’interno della corrente antisemita. Non vi fu nessun collaborazionista
polacco. I democratici nazionali e il loro ramo fascista, l’ONR, partito di estrema destra che era
illegale negli anni precedenti la guerra, erano tutti fieramente anti-tedeschi. Non potevano avere
alcun genere di rapporto con un regime che aveva giurato di recidere l’«eterno vincolo» della nazione polacca con il cosiddetto «suolo polacco». Il genere di individui che durante la prima guerra
mondiale aveva lavorato con i tedeschi non era più disposto a fare altrettanto. Nella zona ariana
Adolf Hitler non aveva più ammiratori di quanti ne avesse nel ghetto. [...]
Dall’autunno del 1939 alla primavera del 1943, la Polenpolitik [politica relativa alla Polonia, n.d.r.] della Germania fu tutta nelle mani del comando nazista. Il Führer aveva espresso
i suoi desideri, e Himmler se ne assunse la responsabilità. I piani delineati dall’RSHA [Ufficio
Centrale per la Sicurezza del Reich, l’organismo, dominato dalle SS, che coordinava tutte
le forze di polizia del regime nazista, n.d.r.] venivano eseguiti dalle SS e dai loro servi, mentre gli altri organi del governatorato generale ne erano esclusi. I militari, preoccupati dalla
guerra a est, non intervenivano. Dopo Stalingrado, tuttavia, la politica cominciò a mutare e
vennero fatti cambiamenti. Si drizzarono le antenne. E man mano che il fronte orientale retrocedeva inesorabilmente verso il cuore della Polonia, i servizi segreti tedeschi si guardavano in giro alla ricerca di Polacchi che potessero essere d’aiuto.
Nel febbraio del 1943 il governatore generale Frank in persona annunciò un cambiamento
di direzione. Era la conseguenza di una direttiva di Goebbels rivolta a tutti i gauleiter [capi
delle sezioni locali del partito nazista, n.d.r.] in cui li si invitava a «interrompere qualsiasi cosa
che metta in pericolo la necessaria cooperazione di tutta la popolazione europea in [caso
di] vittoria». Può sembrare brutale e crudo, ma Frank non era uno stupido. Un anno prima
aveva deriso la politica dei suoi superiori che «facevano strage delle mucche da cui volevano il latte». Pertanto a quel punto propose una serie di concessioni tra cui l’aumento delle
razioni di cibo, il ristabilimento dell’istruzione secondaria, la restaurazione dei diritti di proprietà dei polacchi e un loro più esteso impiego nell’amministrazione. Non si trattava di un
ripensamento ma di una mossa tattica dettata dal declino della fortuna tedesca. [...]
Nel frattempo, nell’aprile del 1943, Goebbels giocò il suo colpo da maestro. Egli era a
conoscenza da diversi mesi del massacro da parte dell’NKVD di ufficiali polacchi nella foresta di Katyn, ma aspettò a rendere la cosa pubblica fino al momento in cui l’informazione
poteva essere usata con il massimo risultato. Dimostrando che Stalin era il colpevole di una
strage di massa, sperava di mandare in pezzi la Grande Alleanza. Ma, poiché aveva racPer quale motivo non
contato tante bugie offensive in passato, non fu molto creduto in America e in Gran Bretanacque un
gna, anche quando disse la verità. Il comunicato tedesco su Katyn, dell’aprile 1943, non poconsistente
teva essere ignorato dal governo polacco a Londra. Stalin prese la palla al balzo per
movimento di
sospendere le relazioni diplomatiche con la Polonia. Sebbene rimanesse l’alleanza con la
collaborazionismo in
Gran Bretagna, i polacchi avevano perso il loro legame formale con l’Unione Sovietica, i cui
Polonia?
eserciti si stavano dirigendo verso Varsavia.
Quale finalità si
I cinema mobili allestiti dai tedeschi misero in scena un macabro documentario che moproponeva la
strava le fosse comuni di Katyn. Fu proiettato lo stesso giorno in cui il Brigadenfuehrer delle
propaganda tedesca
SS Juergen Stroop lanciò l’assalto finale al ghetto e il filmato fece il tutto esaurito. Gli abidalla divulgazione
tanti di Varsavia avevano la prova di ciò che, diversamente dagli occidentali, avevano semdelle immagini
pre sospettato. In alcuni casi videro l’immagine tremolante dei corpi e dei resti delle persone
della strage di
amate, ciascuno con un rivelatore foro di proiettile in testa. Non reagirono tuttavia come speKatyn?
rato da Goebbels. Aumentò invece il senso di disperazione. Non erano rimasti molto imChe effetto fece sui
pressionati da una banda di assassini che mettevano in mostra i crimini di altri. Erano invece
polacchi la
sempre più convinti della loro teoria di vecchia data della «dottrina dei due nemici».
divulgazione tedesca
delle immagini della
N. DAVIES, La rivolta, Rizzoli, Milano 2004, pp. 136-142, trad. it. C. BALDUCCI,
strage di Katyn?
C. FIORINA, E. PERU, A. ZUCCHETTI
F.M. Feltri, Chiaroscuro © SEI, 2010
IPERTESTO
Una volta appurata la verità sull’eccidio di Katyn, i nazisti cercarono di usare l’episodio in modo propagandistico, per intaccare l’alleanza tra gli anglo-americani e i sovietici.
IPERTESTO A
Tedeschi e polacchi nel governatorato
generale
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La Polonia tra due occupazioni
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UNITÀ VII
IPERTESTO
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LA SECONDA GUERRA MONDIALE
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La policrazia tedesca nella Polonia occupata
In tutti i territori occupati dai nazisti, si svolse un duro scontro tra le diverse anime del regime, in
quanto non c’era affatto accordo sul modo in cui gestire la dominazione e lo sfruttamento delle popolazioni. In linea di massima, le ss davano la prevalenza allo sterminio delle razze inferiori e non si curavano per nulla delle condizioni dei sottouomini. Hans Frank, al contrario, dopo aver tollerato a lungo
ogni sorta di violenza nel governatorato generale di Polonia, successivamente alla sconfitta di Stalingrado cominciò a temere la vittoria sovietica e cercò di ammorbidire il dominio nazista, per ottenere il
sostegno dei polacchi, in funzione anticomunista.
Manifesto tedesco che
invita i cittadini
polacchi a sostenere le
truppe tedesche.
La scritta dice:
«Nella lotta contro
il bolscevismo solo
il soldato tedesco può
salvare l’Europa».
Alexander Hohenstein era un locale funzionario di governo di mezza età, trasferito per
punizione da una cittadina della Bassa Lusazia in seguito ad anni di scontri con la locale
NSDAP per diventare sindaco distrettuale di Poniatowec nel Warthegau. I diari di Hohenstein
relativi agli anni 1941 e 1942 mostrano un nazionalista tedesco la cui appartenenza al Partito nazista sembra essere stata irrilevante, e che lottava per mantenere il decoro umano andando contro coloro che cercavano di sovvertirlo. In un certo senso, è l’atipicità dei diari
di Hohenstein a renderli così rivelatori, dato che il comportamento che noi diamo per
scontato [un atteggiamento basato sul rispetto dei diritti dell’uomo, riconosciuti persino al
nemico, n.d.r.] era diventato del tutto eccezionale in quel contesto da incubo. [...] Il confronto
diretto con il regime razziale giunse nel marzo 1942. Le SS informarono Hohenstein della loro
intenzione di impiccare cinque «criminali» ebrei, tutti di Poniatowec, nella piazza del mercato,
e gli dissero che doveva scegliere una sesta vittima nel ghetto. Hohenstein provò una sensazione di soffocamento, mentre le SS
continuavano ad elencare monotone i
dettagli tecnici della forca con i loro modi
pragmatici. Quando obiettò che non riusciva a trovare nessun delinquente da
pena capitale tra gli ebrei di Poniatowec,
le SS risposero: «Perché mai parla sempre di criminali? Che genere di opinioni si
è formato vivendo in questa discarica?
[...] Tutti gli ebrei sono criminali, senza
eccezioni, la feccia dell’umanità. Meritano di sparire tutti dalla faccia della
terra».
La settimana seguente, cinque ebrei
vennero impiccati (e furono i loro stessi
parenti a mettere loro la corda intorno al
collo) in una farsa di esecuzione capitale.
Il fatto che non ce ne fossero sei comportò un confronto pubblico tra il Kreisleiter (il capo del distretto) e Hohenstein,
che rimase irremovibile nel sostenere di
non essere riuscito a trovare alcuna vittima adatta. Nell’aprile del 1942 Hohenstein si recò in vacanza nel Reich.
Al suo ritorno a Poniatowec, a maggio, scoprì che la popolazione ebraica
era stata confinata nella chiesa per dieci
giorni e poi deportata a Chelmno. Il 12
maggio apprese ciò che era accaduto da un giovane ufficiale delle SS tornato a raccogliere
gli abiti degli ebrei: «Tutti gli ebrei sono andati nello stesso posto e continueranno ad andare
nello stesso posto. Prima abbiamo liberato la campagna e le cittadine da questi parassiti e
adesso smantelleremo i principali ghetti. È possibile determinare il giorno in cui l’Europa potrà considerarsi libera dagli ebrei in base alla capacità degli impianti gassanti». I macabri dettagli delle loro modalità di funzionamento vennero spiegati da questo giovane e asciutto ufficiale delle SS «come se stesse descrivendo l’attività di una fabbrica di zucchero». Persino
nel mondo senza legge che i nazisti avevano creato in Polonia c’erano uomini come Hohenstein, decisi ad aggrapparsi a quella che consideravano una condotta civile, ma impotenti
e isolati di fronte ai fanatici dell’ideologia e agli psicopatici.
Questi ultimi erano una minaccia crescente anche per lo stesso Hans Frank. La vasta
gamma di competenze di Himmler nella Polonia occupata rendeva gli scontri tra Wilhelm Krü-
F.M. Feltri, Chiaroscuro © SEI, 2010
M. BURLEIGH, Il Terzo Reich, Rizzoli, Milano 2003, pp. 508-512, trad. it. C. CAPARARO, S. GALLI,
M. MENDOLICCHIO
Che cosa risposero le ss all’obiezione di un funzionario che non riusciva a trovare nessun
delinquente da pena capitale tra gli ebrei di una cittadina polacca?
Per quale motivo la posizione personale e il potere di Hans Frank era estremamente debole?
Di che cosa lo accusarono gli altri gerarchi nazisti?
Per quali ragioni Hans Frank si opponeva alla germanizzazione dei territori polacchi voluta da
Himmler e dalle SS?
F.M. Feltri, Chiaroscuro © SEI, 2010
IPERTESTO
IPERTESTO A
13
La Polonia tra due occupazioni
ger, suo capo della polizia sul posto, e Frank un evento quasi settimanale. La famigerata corruzione e inefficienza del regime di Frank permise a Himmler di formare una coalizione antiFrank con Bormann e Lammers. Il 5 marzo 1942 Frank venne convocato in presenza di Lammers per incontrare i suoi accusatori. Himmler funse da pubblico ministero, enumerando
critico le dieci pellicce che Frau Frank [la moglie del governatore, n.d.r.] aveva acquistato a
prezzi di favore, i braccialetti, le penne e gli anelli d’oro che i Frank avevano sottratto agli
ebrei, e le scorte di cibo (200 000 uova, 68 chili di manzo, 20 anatre, oltre 11 chili di salame
e frutta secca), le lenzuola, gli angeli e le icone che Frank aveva spedito nella sua proprietà
a Schobernhof. [...]
Hitler spogliò Frank di tutte le sue cariche nel partito. I problemi di Frank con le SS andarono di pari passo con l’acquisito nuovo interesse per le risorse umane e materiali che
fino ad allora erano state sfrenatamente sprecate. Nel febbraio del 1943 Goebbels segnalò
che era tempo di lasciarsi alle spalle i discorsi su colonie e ricolonizzazioni e le degradanti
descrizioni degli slavi come «bestie, barbari, eccetera». Ciò permise a Hans Frank di prendere in considerazione l’idea di limitate concessioni culturali e didattiche ai polacchi, mirate
a promuovere la collaborazione. La voce di questo infausto cambiamento arrivò a Hitler, che
diede istruzioni a Lammers perché scrivesse una lettera di biasimo schiacciante, che ingiungesse a Frank di revocare qualunque provvedimento avesse già preso. È probabile che
Lammers sia stato soddisfatto di quell’incarico, dal momento che stava complottando insieme a Bormann e a Himmler per espellere Frank e parecchi dei suoi subordinati e sostituirlo con Greiser, sostenitore della linea dura.
Frank ribatté con due memoranda per Hitler, il primo dei quali chiedeva se fosse opportuno che Himmler perseguisse grandiosi piani di ricolonizzazione nel bel mezzo di «una
lotta per l’esistenza». A questo proposito Frank aveva un esempio già a portata di mano.
Sottolineando il fatto che Globocnik non lo avesse consultato in merito alle ricolonizzazioni
di Zamosc, descrisse in dettaglio il caos che ciò aveva causato. Gli uomini di Globocnik avevano cacciato i contadini dalle loro case con un preavviso di dieci minuti, scatenando ondate di panico e arruolamento in massa tra le fila dei partigiani. La polizia giudiziaria stava
fucilando donne e bambini, tra i due e gli oltre ottant’anni di età, come rappresaglia per gli
attacchi ai villaggi tedeschi. Non era stato preso alcun provvedimento per nutrire i 10 000
coloni tedeschi o aiutarli ad avviare una nuova vita negli insediamenti a cui erano stati destinati. Passando da una trattazione locale a una generale, Frank si chiedeva se i rappresentanti di Himmler si considerassero «emancipati» dall’amministrazione esistente, dato che
sembravano confiscare tutto ciò che colpiva la loro fantasia: fattorie, monasteri, sanatori e
le proprietà degli ebrei.
Una minuscola organizzazione fascista polacca chiamata Miecz i Plug (Spada e aratro)
permise a Frank di rafforzare la sua difesa. Queste persone avevano scritto a Hitler offrendosi di partecipare alla guerra contro il bolscevismo, offerta che Hitler aveva rilanciato a Frank
per conoscere la sua opinione. [...] Denotando un calcolo razionale piuttosto che una simpatia emotiva nei confronti dei polacchi, Frank scrisse: «La lotta contro il bolscevismo apparirà ancora più giustificata e necessaria a ogni nazione straniera con quanta più forza e
decisione la politica tedesca e le prospettive per gli individui che vi sono sottoposti differiranno dalla legge della forza bolscevica e dalle forme economiche e dal modo di vivere bolscevichi. Così lo sfruttamento delle atrocità di Katyn dipenderà dalla premessa che simili
massacri non avvengono sotto il dominio tedesco. Il popolo straniero deve arrivare gradualmente ad avere la sensazione che i tedeschi stiano introducendo principi migliori e più
promettenti per l’Europa al posto del mondo bolscevico». [...] Spogliato delle sue chiacchiere
sull’Europa, Frank stava dicendo che, in quel momento di crisi, l’efficace sfruttamento economico della Polonia avrebbe dovuto avere la priorità rispetto all’obiettivo a lungo termine
della germanizzazione, la cui conseguenza era il terrore generalizzato. Non ci voleva grande
intelligenza per leggere il nome di Himmler tra le righe dei memoranda di Frank e delle precedenti istruzioni che Goebbels aveva dato ai suoi propagandisti.
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