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Cancro colorettale ereditario: la sindrome di Lynch
Introduzione La sindrome di Lynch (LS) è una malattia ereditaria a trasmissione autosomica dominante, che determina la predisposizione a sviluppare un cancro del colon retto (CRC) (LS I) e/o in altre sedi (LS II) con un’incidenza stimata del 2.8% -3.6% dei CRC ed una prevalenza di 1:500, 1:1000 (1-4). Nel 1966 Lynch ha pubblicato il primo lavoro in cui descrive due famiglie con le caratteristiche della sindrome, definita anche Hereditary Non Polyposis Colorectal Cancer (HNPCC). Nel 1991 un gruppo internazionale di ricercatori ha stilato i Criteri di Amsterdam I per definire in quali pazienti sospettare la sindrome, successivamente modificati nel 1999, con l’aggiunta dei tumori extracolici (tabella 1). Nel corso degli anni 90 è stata chiarita la patogenesi della sindrome, causata da una mutazione a carico dei geni del mismatch repair (principalmente MLH1 ed MSH2, meno frequentemente MSH6, più raramente PMS2) che codificano per proteine coinvolte nell’identificazione e riparazione degli errori di mismatch del DNA. Una mutazione a carico di questi geni determina un fenotipo di replicazione degli errori nella cellula, inizialmente definito RER, oggi, più propriamente, instabilità dei microsatelliti (MSI) (4,5). Circa RL Vittoria Stigliano Lupe Sanchez-Mete U.O. Gastroenterologia ed Endoscopia Digestiva Istituto Nazionale Tumori Regina Elena di Roma il 40% dei casi di famiglie con criteri di Amsterdam positivi non presenta fenotipo MSI sul tessuto tumorale, ed è definito stabile (MSS) all’analisi dei microsatelliti. Secondo recenti linee guida, queste forme familiari sono oggi classificate Familial Colorectal Cancer Type X. Si riserva la definizione di LS solo ai soggetti portatori di mutazione germinale a carico dei geni del MMR (4-6). tab. 1: criteri di Amsterdam II (1999) (6) Almeno 3 familiari con CRC o cancri nello spettro della LS (endometrio, piccolo intestino, uretere, pelvi renale) Ciascun familiare deve essere di I grado rispetto agli altri due Almeno due generazioni successive devono essere affette Almeno un tumore deve essere diagnosticato prima dei 50 anni Giorn Ital End Dig 2010;33:263-267 La sindrome di Lynch (LS) è una malattia ereditaria associata a mutazione a carico dei geni del mismatch repair. I pazienti affetti da tale sindrome hanno un aumentato rischio di sviluppare un cancro del colon retto e tumori extracolici multipli in età giovanile (dall’età di 20-25 anni), con carcinogenesi accelerata. L’identificazione dei pazienti affetti da tale patologia è necessaria per la definizione di adeguati programmi di sorveglianza clinica. Revisione della Letteratura > rassegna biennale Cancro colorettale ereditario: la sindrome di Lynch Se presenti CRC la FAP deve essere esclusa 263 RL Revisione della Letteratura > rassegna biennale Identificazione dei soggetti a rischio e diagnosi Dalla definizione dei criteri di Amsterdam sono state messe a punto varie metodologie di screening clinico e molecolare per identificare e selezionare i soggetti da sottoporre a test genetico in termini di un ottimale costo-efficacia. Il sospetto diagnostico di LS sorge nel caso di pazienti affetti da CRC in età giovanile (<50 anni) e/o con storia familiare positiva oppure in pazienti con cancri primitivi multipli del colon e/o altri organi nello spettro della sindrome (1,4). Nel 1997 un gruppo di ricercatori ha messo a punto i Criteri di Bethesda, successivamente revisionati e modificati nel 2004 (tabella 2), utilizzati per identificare i tab. 2: criteri di Bethesda modificati (2004) (6) 1. Soggetto affetto da CRC di età < 50 anni 2. Presenza di CRC o altri tumori associati alla LS (endometrio, stomaco, ovaio, pancreas, uretere, pelvi renale, vie biliari, cervello, piccolo intestino, adenomi ghiandole sebacee, cheratoacantomi), sincroni e/o metacroni, indipendentemente dall’età 3. CRC con fenotipo MSI-H diagnosticato in soggetto di età < 60 anni 4. Paziente con CRC ed un parente di I grado con tumori associati alla LS, con uno dei cancri diagnosticati in età < 50 anni 5. Paziente con CRC con due o più parenti di I grado con tumori associati alla LS, indipendentemente dall’età Vittoria Stigliano et al > La sindrome di Lynch 264 pazienti da sottoporre ad analisi dell’instabilità dei microsatelliti su tessuto tumorale. Tali criteri, sebbene abbiano un’alta sensibilità (fino al 94%), non sono sufficientemente specifici (fino al 51%) per garantire un’adeguata selezione. I criteri di Amsterdam II viceversa hanno un’alta specificità (fino al 98%) ma bassa sensibilità (fino al 65%) (4,6-8). In considerazione dei limiti diagnostici di tali criteri, sono stati recentemente messi a punto dei modelli predittivi che permettono di calcolare la probabilità di un determinato paziente di essere portatore di una mutazione a carico dei geni del MMR. Ad oggi sono stati messi a punto 5 modelli principali: il Leiden, l’MMR predict, il PREMM 1,2 l’MMRpro ed il modello AIFEG. Un recente studio canadese (7) ha per la prima volta messo a confronto i primi 4 dei suddetti 5 modelli su 725 pazienti consecutivi con diagnosi di CRC in età <75 anni, indipendentemente dal rischio familiare. I risultati sono stati corretti per la dimensione di ciascuna delle famiglie esaminate, in considerazione del fatto che le famiglie più ampie e informative possono avere una stima del rischio più elevata. Il test con la migliore performance è risultato l’MMR predict (sensibilità 94%, specificità 91%). Infatti, in questo studio la stima dei pazienti da sottoporre a indagine genetica valutata con MMR predict, rispetto alla valutazione con i criteri di Bethesda, si è ridotta dal 50% all’11%, con un notevole abbattimento dei costi e tempi di diagnosi. Il limite di questi modelli è che forniscono bassi valori di rischio per i portatori di mutazioni a carico dei geni MSH6 e PMS2. Lo screening basato sull’anamnesi (Criteri di Amsterdam e Bethesda, modelli predittivi) permette di selezionare i pazienti da sottoporre a screening tissutale per identificare quelli a cui effettuare il test genetico (più indaginoso e costoso). I test di screening molecolare su tessuto ricercano due caratteristiche tipiche della sindrome, determinate dalla mutazione dei geni del MMR, con metodiche semplici e a basso costo: l’analisi dell’instabilità dei microsatelliti (MSI) e la ricerca della perdita di espressione della proteina corrispondente al gene mutato mediante l’analisi immunoistochimica (IHC) (5). In un recente studio Hampel e De la Chapelle (9), hanno esaminato 550 soggetti consecutivi affetti da CRC indipendentemente dal rischio familiare e li hanno sottoposti a screening molecolare su tessuto (IHC e MSI). I risultati dello studio dimostrano l’utilità di questi test nell’identificare la LS anche in soggetti a rischio intermedio per CRC, infatti il 3.8% dei pazienti con CRC esaminati, è risultato portatore di mutazione a carico di un gene del MMR, il 100% dei tumori di pazienti portatori di mutazione è risultato MSI-H (oltre il 30% di instabilità nei marcatori esaminati) e nel 94% dei casi il gene mutato era stato correttamente identificato dall’analisi immunoistochimica. Da rilevare che, se fossero stati utilizzati i Criteri di Bethesda per selezionare i pazienti, il 28% dei casi di LS non sarebbe stato diagnosticato. A tutt’oggi non vi è consenso sull’utilità di proporre i test di screening tissutali a tutti i pazienti operati per CRC. Nella pratica clinica i modelli predittivi dovrebbero essere utilizzati come test di pre-screening sui pazienti affetti da CRC per selezionare quelli da sottoporre a test molecolare tissutale, indipendentemente dall’età e dal rischio familiare. Solo i pazienti con analisi molecolare suggestiva per LS (MSI –H ed alterata espressione delle proteine del MMR su tessuto) dovrebbero essere sottoposti al test genetico, con un notevole abbattimento di costi e riduzione dei tempi di diagnosi. RL Revisione della Letteratura > rassegna biennale Sorveglianza per il cancro del colon Nei soggetti portatori di mutazione a carico dei geni del MMR, il rischio lifetime di sviluppare un cancro del colon retto (CRC) è stato stimato essere fino all’80% vs il 5% della popolazione generale (tabella 3). Tali soggetti devono pertanto essere sottoposti ad una sorveglianza endoscopica intensiva. Una recente consensus (5) sul management clinico della LS, sottolinea l’efficacia della sorveglianza endoscopica che, come dimostrato in numerosi trials, determina una significativa riduzione del rischio e della mortalità per CRC. Studi osservazionali (10,11) hanno dimostrato l’insorgenza di cancri intervallari a 2 anni dopo una precedente pancolonscopia negativa, pertanto le linee guida correnti hanno ridotto l’intervallo di sorveglianza ad 1-2 anni. In particolare, quelle del NCCN (National Comprehensive Cancer Network) del 2010 indicano di effettuare, nei soggetti portatori di mutazione a carico dei geni del MMR, una colonscopia ogni 1-2 anni dall’età di 20-25 anni o 10 anni prima del caso più giovane in famiglia (12). Ad oggi non è ancora chiaro in quali soggetti effettuare una colonscopia ogni anno invece che ogni due. Negli ultimi due anni tre importanti studi hanno riconsiderato la problematica. A tal proposito, Vasen et al (13) in un recentissimo studio hanno selezionato dal registro tumori ereditari dei Paesi Bassi, tutti i pazienti con criteri di Amsterdam II positivi e li hanno divisi in due gruppi, pazienti affetti da LS e pazienti con CRC familiare di tipo X e sottoposti a colonscopia ogni 2 anni. Il 4,4% dei soggetti con LS ha presentato un CRC (90% Dukes A o B, 62% nel colon destro) vs l’1,7% dei pazienti con CRC familiare di tipo X. È stato inoltre evidenziato un trend di rischio aumentato, non statisticamente significativo, nei soggetti con età >40 anni e mutazione a carico dei geni MLH1 o MSH2. Engel C et al (14) sostengono invece la necessità di effettuare una colonscopia di sorveglianza annuale in soggetti con LS ed evidenziano una frequenza di CRC a 1 anno dell’1.8%. Gli autori non hanno riscontrato differenze significative in relazione al gene mutato ma, come atteso, hanno evidenziato un aumento del rischio legato all’età, sia in soggetti con LS e pregresso CRC sia in soggetti mutati senza pregresso CRC. Da rilevare che lo studio è limitato dal breve periodo di follow-up considerato (48 mesi). Al momento attuale non c’è consensus se effettuare una sorveglianza annuale o biennale. In tutti i pazienti devono essere considerati i seguenti fattori: la compliance, l’età, la mutazione associata alla sindrome e, ovviamente, la presenza di adenomi intervallari. Sorveglianza per tumori extracolici Il rischio lifetime di sviluppare tumori extracolici nei soggetti portatori di mutazione è stimato essere circa il 37.5% (15). Organi bersaglio individuati sono l’endometrio, l’ovaio, l’urotelio, lo stomaco il piccolo intestino, il cervello, il tratto bilio-pancreatico (tabella 3). Nella popolazione generale il rischio di sviluppare un tumore in tali organi è stimato essere molto basso (<1%-2,7%). Studi precedenti hanno riportato un rischio cumulativo per tumori extracolici maggiore nei soggetti portatori di mutazione MSH2 vs MLH1 e delle donne rispetto agli uomini (15). L’endometrio è risultato l’organo più colpito con un rischio di cancro stimato del 20-60% che aumenta fino al 71% dei casi nelle portatrici di mutazione a carico del gene MSH6. Il rischio per cancro dell’ovaio sembra essere più basso (9-12%). La sorveglianza ginecologica è stata ormai standardizzata dalle linee guida internazionali (12) e prevede un videat ginecologico ed un’ecografia trans vaginale con prelievo endometriale (endocyte) ogni anno, sebbene ad oggi non ne sia tab. 3: rischio di cancro fino all’età di 70 anni nei soggetti con HNPCC stata dimostrata confrontati con la popolazione generale* l’efficacia in termini di migliore sopravHNPCC (LS) vivenza (15,16). Il Rischio popolazione Cancro cancro dell’urotelio generale Rischio Età media diagnosi è stimato essere fiColon 5.9% 80% 44 anni no al 28% dei casi e la sorveglianza Endometrio 2.7% 20-60% 46 anni annuale mediante Stomaco < 1% 11-19% 56 anni esame chimico, ciOvaio 1.6% 9-12% 42.5 anni tologico delle urine associato o meno Fegato e vie biliari < 1% 2-7% Non riportato ad ecografia addoVie urinarie < 1% 4-5% 55 anni minale è fortemente consigliata (15,16). Piccolo intestino < 1% 1-4% 49 anni Il rischio lifetime di Cervello < 1% 1-3% 50 anni cancro gastrico è * da Kohlmann W, Gruber SB. HNPCC. In GeneReviews. www.genetests.org Giorn Ital End Dig 2010;33:263-267 Programmi di sorveglianza 265 RL Revisione della Letteratura > rassegna biennale riportato dal 1.6% al 19% dei casi, con alta incidenza nei paesi asiatici (15,17). Recenti studi (17,18) hanno dimostrato che il cancro gastrico associato alla LS è di tipo intestinale, MSI-H e non esprime all’IHC il gene del MMR corrispondente alla mutazione germinale. Le linee guida internazionali (12) sono sempre più concordi nell’effettuare una gastroscopia ogni 1-3 anni nei soggetti portatori di mutazione. Non c’è ancora consenso invece sulla sorveglianza del piccolo intestino, sebbene recenti studi riportino un rischio di cancro lifetime del 2,5%-7,2% (15,19,20). Negli ultimi anni, studi prospettici di confronto tra metodiche radiologiche hanno dimostrato la validità delle videocapsula endoscopica nella sorveglianza del piccolo intestino in pazienti affetti da poliposi familiare (adenomatosa e amartomatosa) seguita dall’enteroscopia in casi selezionati (21,22). Per stabilire la validità in termini di costo-efficacia della sorveglianza del tenue nella LS sono però necessari ulteriori studi. Il rischio lifetime di cancro del pancreas è ancora dubbio. Due recenti studi (23,24), riportano un rischio lifetime fino al 4% (vs 0,5% nella popolazione generale), con rischio relativo elevato tra i 20 ed i 40 anni. La diagnosi precoce del cancro del pancreas rappresenta ancora oggi un obbiettivo difficile da raggiungere. Numerose tecniche di imaging radiologiche sono state valutate nel corso degli anni, con sensibilità variabili: ecografia addome 67%; TC 77%; PET TC 9095%; ecoendoscopia (EUS) 99%; RMN 87.5% con incremento dell’accuratezza diagnostica fino al 90% nella colangio-RMN. Ad oggi l’EUS sembra essere la metodica con maggiore sensibilità e specificità rispetto ad altre ed ha il vantaggio di avere un alto valore predittivo negativo, che raggiunge quasi il 100% (24). Trattamento chirurgico Vittoria Stigliano et al > La sindrome di Lynch 266 La decisione riguardante il trattamento chirurgico da offrire ai pazienti con CRC e LS è difficile. In tali pazienti il rischio di sviluppare un CRC metacrono è alto per cui nella scelta della strategia chirurgica i trattamenti proposti sono la resezione segmentaria del colon o la colectomia totale con ileo-retto-anastomosi. Quest’ultima è stata proposta come trattamento di scelta, in quanto un’estesa colectomia potrebbe ridurre il rischio di cancri metacroni. Nel confrontare tali metodiche è necessario considerare, oltre la sopravvivenza anche la qualità di vita del paziente. Infatti, i pazienti sottoposti a colectomia totale possono presentare 5 o più scariche diarroiche durante il giorno e nel 30% dei casi si associa incontinenza diurna o notturna. Dopo una colectomia segmentaria vi sono invece minime variazioni dell’alvo (25,26). Maeda et al in un recente lavoro (25), confrontano i due tipi di intervento chirurgico tra pazienti con CRC e LS e riportano le differenze nella sopravvivenza e nella qualità di vita. Tale studio dimostra che, nei pazienti giovani, sopravvivenza e qualità di vita sono approssimativamente equivalenti nei due tipi di intervento, mentre, nei pazienti di età >50 anni la colectomia segmentaria diventa l’intervento di prima scelta. In entrambi i casi il paziente dovrà essere sottoposto ad un follow-up intensivo. Studi effettuati nello stesso anno (1,26,27) confermano tali raccomandazioni e suggeriscono, inoltre, di considerare nelle donne affette da LS, la possibilità di effettuare un’isterectomia totale profilattica dopo la decisione di non avere ulteriori gravidanze. Chemioprevenzione Vari studi sono stati pubblicati sulla chemioprevenzione nel CRC. Tra i vari farmaci utilizzati, l’aspirina ed i suoi analoghi (inibitori della COX-2) sembrano avere la migliore efficacia, determinando una possibile riduzione del rischio di sviluppare adenomi o cancro colorettale. Burn, nel 2008, ha pubblicato lo studio CAPP2 (28) sulla chemioprevenzione con aspirina (600 mg/ die) e amidi resistenti (30 g/die) in 937 pazienti affetti da LS. L’analisi post-trial (3), dopo 10 anni di followup, ha evidenziato una riduzione significativa dell’incidenza di nuovi CRC e tumori dell’endometrio. I dati di tale studio, sicuramente a tutt’oggi l’unico valido sull’argomento, indicano la possibilità di un nuovo e preventivo approccio nella LS. Sopravvivenza I pazienti con CRC affetti da LS sembrerebbero avere una migliore prognosi rispetto ai CRC sporadici. In passato sono stati pubblicati numerosi studi contraddittori sulla sopravvivenza nei soggetti affetti da tale sindrome, ma due recenti studi italiani (29,30) sul confronto tra pazienti operati per CRC con o senza LS, sembrano confermare tale dato. Questa differenza è dovuta a caratteristiche peculiari della neoplasia: l’instabilità dei microsatelliti, che determina una riduzione dell’espressione dell’endothelial growth factor e quindi della densità microvascolare con una bassa tendenza a sviluppare metastasi a distanza e un difetto del MMR che, verosimilmente provoca l’accumulo di mutazioni nei geni necessari alla sopravvivenza della cellula neoplastica riducendone la vitalità. Tale ipotesi riportata nel lavoro di Russo et al (30) dovrà essere confermata in futuro da ulteriori studi. RL Corrispondenza Vittoria Stigliano U.O. Gastroenterologia ed Endoscopia Digestiva Istituto Nazionale Tumori Regina Elena Via Elio Chianesi, 53 - 00144 Roma Tel. + 39 06 52665015 Fax + 39 06 52666259 e-mail: [email protected] Bibliografia 1.Jasperson KW, Tohy TM, Neklason DW et al. Hereditary and familial colon cancer. Gastroenterology 2010;138:2044-2058. 2.Rahner N, Steinke V, Schlegelberger B et al. 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