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Fascismo e Turismo
UNIVERSITA’ DEGLI STUDI DEL MOLISE FACOLTA' DI ECONOMIA Corso di Laurea in Scienze Turistiche Prova finale in Storia Contemporanea …. Fascismo e Turismo Relatore: Chiar.mo Prof. Giovanni Cerchia Laureando: Antonio Ripoli Matricola: 118124 Anno Accademico 2006 / 2007 INDICE Premessa 1. Primo Capitolo 1.1. Il quadro storico 1.2. L’avvento del fascismo 1.3. Il fascismo diventa dittatura 1.4. L’organizzazione fascista della società 2. Secondo Capitolo 2.1. Il fascismo si occupa del tempo libero 2.2. L’Opera Nazionale Dopolavoro 2.3. L’Opera Nazionale Balilla 2.4. L’ONB e il Turismo Giovanile 2.5. L’ENIT 2.6. Le Aziende Autonome di Cura, Soggiorno e Turismo 3. Terzo Capitolo 3.1. La situazione del turismo italiano tra le due guerre 3.2. La “villeggiatura” nel Ventennio 3.3. Il Club Alpino Italiano e il Turismo montano 3.4. Il turismo termale 4. Quarto Capitolo 4.1. Il Molise nel Ventennio dall’emigrazione ad un progressivo sviluppo 4.2. Il Piano Urbanistico del Fascismo per Termoli, tra architettura e turismo 4.3. Il turismo montano in Molise 4.4. Le Leggi fasciste per il turismo Conclusioni 2 Premessa Il turismo, è un fenomeno sociale, dinamico, sensibile, fragile e antichissimo, dalle terme degli antichi romani ai viaggi religiosi, dal Grand Tour al turismo di massa, nella storia l’uomo ha sempre viaggiato. Il viaggio è stato intrapreso per esplorare come per Cristoforo Colombo, per commerciare come per Marco Polo, per ricominciare da zero come nel caso degli emigranti, o semplicemente per conoscere il Mondo, gli altri e in fondo anche se stessi. Scomparso da oltre mezzo secolo, come protagonista della politica europea, il Fascismo, considerato sia come movimento e regime italiano sia come fenomeno internazionale, è tuttora uno dei fenomeni più studiati e più controversi della storia contemporanea. La scelta di effettuare un elaborato sul turismo nel periodo fascista è anche un modo per mettere alla luce come un regime autoritario, in quegli anni drammatici, riuscisse a realizzare pregevoli iniziative a favore dello sviluppo del turismo. Il fascismo regolamentava il settore e ne favoriva lo sviluppo portando l’Italia in vetta alle classifiche mondiali per offerta turistica. Lo sviluppo di questa tematica implica necessariamente una comparazione con le attuali condizioni del settore turistico molisano, denunciandone, implicitamente, le carenze e lo stato di abbandono. Un settore, quello del turismo, dinamico, che dovrebbe rappresentare la linfa vitale della regione molisana, possedendo un patrimonio di bellezze storiche, artistiche, architettoniche e naturali, con pochi eguali al mondo, ma che è rimasto fermo a lungo ai modelli d’anteguerra e ai successivi anni del boom economico. E’ solo da poco che sembra che il settore stia richiamando l’attenzione necessaria. Una particolare attenzione sarà riservata al quadro storico – sociale del tempo, per meglio comprendere le ragioni e le condizioni che portavano ad abbracciare con entusiasmo il credo fascista. 3 Un altro importante aspetto che si intende indagare è quello legislativo, poiché alcune leggi emanate dal regime a favore del turismo sono rimaste in vigore fino agli anni 80 dimostrando in tal modo che “le buone leggi rimangono tali a prescindere dalla motivazione che le ha originate”1 . Per la realizzazione dell’elaborato è stata effettuata una ricerca simultanea di notizie, informazioni e testimonianze sia da testi e riviste dell’epoca, sia da testi moderni, nonché una approfondita ricerca di materiale in internet. 1 A. Sereno, A. Agosteo, Fascismo e turismo (politica e storia del turismo sociale), vol. 21, collana SIST, Roma, aprile 2007, p. 18. 4 1.1. Il quadro storico Le condizioni per la nascita e il successo del fascismo furono poste dal conflitto mondiale e dagli sconvolgimenti economici, sociali, politici, culturali e morali, che la Grande Guerra provocò e che accelerarono violentemente la trasformazione della società e la crisi dello Stato liberale, suscitando sia a destra che a sinistra, nuove forze antiliberali e antiparlamentari, che nell’esperienza della guerra e della rivoluzione bolscevica avevano tratto modelli nuovi di organizzazione e di lotta politica2. L’esperienza della guerra, l’esasperazione della “vittoria mutilata”, l’entusiasmo delle masse contadine ed operaie per la rivoluzione bolscevica, provocarono la radicalizzazione e la brutalizzazione della lotta politica, che esplose con episodi di vera e propria guerra civile, travolgendo il quadro istituzionale tradizionale e creando una profonda crisi di potere, di autorità e di legittimità3. Nonostante i propositi di rinnovamento, la classe dirigente liberale fu incapace di far fronte all’irruzione delle masse nella politica, alla gravissima crisi economica e alle tensioni sociali durante il cosiddetto “biennio rosso” (1919 – 1920), quando esplose un’ondata di conflitti di classe senza precedenti nella storia del Paese, condotti in gran parte dal partito socialista massimalista all’insegna di una imminente rivoluzione per instaurare anche in Italia la dittatura del proletariato4. Lo Stato liberale, che aveva superato con successo la prova della guerra, non resse tuttavia alle tensioni e ai conflitti della nuova politica di massa. Dal 1919 al 1922, la rapida successione di governi deboli, privi di solida base in parlamento e nel Paese, favorì la diffusione della sfiducia nello Stato liberale anche tra borghesi e i ceti medi, che come dimostrarono le elezioni del 1919 videro la vittoria del Partito Socialista e del Partito Popolare. Inoltre, contro lo Stato liberale scesero in campo nuovi movimenti politici che si richiamavano all’interventismo e al mito dell’esperienza 2 Cfr.: E. Gentile, Fascismo. Storia e interpretazione, Editori Laterza, Roma – Bari, 2007, p. 6. Ivi, cit., p. 7. 4 Ibidem. 3 5 di guerra. Nell’ambito di questi movimenti sorsero nel 1919, per iniziativa di Benito Mussolini, i Fasci di Combattimento5. La Grande Guerra aveva messo in crisi gli ordini sociali del tempo. La fine dell’impero Austro – Ungarico, che metteva in crisi le vecchie aristocrazie terriere e tutto il sistema classistico ad esse asservito, avrebbe, in termini turistici, significato per l’Italia, la fine del turismo della Belle Epoque e dei viaggi degli scrittori, artisti e poeti del romanticismo che vedevano il viaggio nel Bel Paese una sorta di pellegrinaggio in un Paese che consideravano un’ispirazione della loro arte, l’incarnazione dei loro ideali romantici. Gli effetti devastanti della Grande Guerra si possono riscontrare nei dati relativi all’incoming di quegli anni, che rivelano una drastica diminuzione negli arrivi passati dai 700.000 del 1910 ai 180.000 del 19196. Agli inizi del novecento si vedono oltre all’affermazione di una nuova classe sociale borghese medio – alta, legata alla progressiva espansione industriale, anche una rivoluzione, grazie alle innovazioni tecniche e scientifiche, nel modo di viaggiare, reso più confortevole e rapido dallo sviluppo della motorizzazione e dalla comparsa dell’aviazione civile7. Ma la svolta importante per il turismo è determinata dall’introduzione, nei Paesi industrializzati, delle ferie retribuite che erano già state concesse in Inghilterra sin dal 1871, ma adottate in modo generalizzato, intorno al 1925, in seguito a forti lotte sindacali; In Italia sarà il fascismo ad occuparsene con delle norme “ad hoc”.8 L’allargamento della pratica turistica anche ai ceti medi ne comportava, contestualmente, una sua trasformazione, passando da “viaggio” a “vacanza”, nel senso di soggiorno stabile in una determinata località, nelle stazioni di cure termali, fino ad allora prerogativa dei soggiorni dei ceti alti. 5 Cfr.: E. Gentile, Fascismo. Storia e interpretazione, cit., p. 7. Cfr.: A. Sereno, A. Agosteo, Fascismo e turismo (politica e storia del turismo sociale), vol. 21, collana SIST, Roma, aprile 2007, p. 35. 7 Cfr.: F. Paloscia. La storia del turismo nell’economia italiana, Petruzzi, Roma, 1994. 8 Cfr.: A. Sereno, A. Agosteo, Fascismo e turismo (politica e storia del turismo sociale), cit., p. 20. 6 6 Nel XIX secolo le preferenze dei pochi fortunati viaggiatori erano orientate al viaggio culturale e cioè alla visita delle rovine greco-romane o alla visione della grande arte italiana del Cinquecento. Dopo la prima guerra mondiale, si affermavano le vacanze al mare, sino ad allora quasi del tutto ignorate: in genere ci si difendeva dal sole, coprendosi, per evitare l’abbronzatura9 che era una caratteristica delle classi sociali meno abbienti (contadini, pescatori, operai). Anche i medici consigliavano le vacanze al mare, che per la salubrità dell’aria, era un’efficace coadiuvante nella cura della tubercolosi10. L’esperienza fascista, con la violenza fisica e morale che sconvolgeva la nazione, e, soprattutto, gli effetti devastanti derivanti dalla partecipazione del Paese al secondo conflitto bellico, hanno, indiscutibilmente, segnato in maniera dolorosa e tragica l’Italia e gli italiani . In quel movimentato e drammatico contesto c’è da ricordare, tuttavia, che venivano realizzate grandi opere come ponti, scuole, strade e bonifiche del territorio, nonché importanti iniziative per l’organizzazione del turismo in Italia e la sua promozione all’estero. Tutte queste opere diedero un nuovo impulso all’economia di un Paese che Mussolini11 voleva far rinascere come una grande potenza imperiale. Il duce intuiva che il turismo poteva rappresentare una miniera d’oro sia sotto l’aspetto del progresso economico e del benessere sociale del Paese, sia, soprattutto, come strumento di propaganda che mirasse a far conoscere all’estero il livello di sviluppo conseguito dall’Italia con il Fascismo. Proprio al discorso della propaganda era strettamente collegato il turismo, che infatti il fascismo faceva coordinare dal 1934 dalla Direzione Generale del Turismo, un organo del Ministero della Stampa e Propaganda, divenuto poi, nel 1937, Ministero della Cultura Popolare (Minculpop)12. 9 Cfr.: A. Sereno, A. Agosteo, Fascismo e turismo (politica e storia del turismo sociale), vol. 21, collana SIST, Roma, aprile 2007, p. 21. 10 Ibidem. 11 Benito Mussolini, cfr.: << http://www.pbmstoria.it/dizionari/storia_mod/m/m244.htm >>. 12 Cfr.: A. Sereno, A. Agosteo, Fascismo e turismo (politica e storia del turismo sociale), cit., p. 37. 7 Negli stessi anni, in Europa nel settore del turismo giovanile si riscontravano importanti sviluppi: nel 1925 a Parigi si inaugurava il primo ostello della gioventù, un locale adatto a brevi soste che offriva alloggi a buon mercato e che facilitava gli scambi tra giovani di Paesi diversi; in Inghilterra si diffondeva lo Scoutismo, un’organizzazione creata da Lord Baden Powell con lo scopo di sviluppare nei giovani l’ingegno e l’abilità degli esploratori (scout)13. Le prime agenzie nascevano in Inghilterra grazie alla sperimentazione di Thomas Cook, un fervente battista, membro della Temperance Society, che il 5 luglio del 1841 organizzava il primo viaggio in treno di gruppo, riuscendo a portare circa 600 persone ad un congresso di antialcolisti a costi contenuti14. Successivamente organizzò altri viaggi senza alcun scopo di lucro fino al 1845, quando, organizzò un viaggio a Liverpool. Nel 1851, Sir Joseph Paxton, l’architetto del Crystal Palace15, convinse Thomas a organizzare un tour per portare i lavoratori delle Midlands e dello Yorkshire a Londra per la Grande Esposizione del 1851, a fine estate Thomas Cook aveva portato a Londra oltre 15000 persone16. La Cook’s Tour, si impegnò per rendere più comodi e facili i viaggi ai suoi clienti creando soluzioni ad hoc, infatti, forniva il servizio di cambio, inventò il “biglietto circolare”,che serviva a non far cambiare biglietto ferroviario, a seconda della compagnia, ai suoi clienti, realizzò un circuito di Cook’s Coupon che servivano a consumare i pasti in alberghi convenzionati17. Nel 1872 organizza il primo giro del mondo, la Cook’s è ormai un’azienda e nel 1871 apre un ufficio a New York, nel 1880 conterà ben 60 uffici di vendita al dettaglio. Nel 1926 la Cook’s Tour aveva oltre 6000 dipendenti e una sede di nove piani nel pieno centro di Londra. 13 Cfr.: A. Sereno, A. Agosteo, Fascismo e turismo, cit., p. 22. Cfr.: P. Battilani, Vacanze di pochi, vacanze di tutti, l’evoluzione del turismo europeo, Società Editrice Il Mulino, Bologna, 2001, p. 332. 15 N.d.T.: sede dell’esposizione londinese del 1851, è andato completamente distrutto in un incendio il 30 novembre 1936. 16 Cfr.: www.thomascook.com/content/about-us/thomas-cook-history/thomas-cook-history.asp (in lingua Inglese). 17 Cfr.: P. Battilani, Vacanze di pochi, vacanze di tutti, l’evoluzione del turismo europeo, cit., pp.332, 333 14 8 In America, a Buffalo nel 1850, nasceva un altro colosso, l’American Express, mentre in Europa Continentale nascono le prime agenzie di viaggi, nel 1850 nasce la Bennet in Norvegia, nel 1863 viene creata la Stangen in Germania, nel 1874 la Lubin in Francia e nel 1878 viene fondata la Chiari in Italia18, come nel caso della Thomas Cook’s la loro attività semplificava l’organizzazione del viaggio al turista e creava un sistema di cooperazione con alberghi, ristoranti, aziende dei trasporti. Le agenzie di viaggio che ebbero un discreto successo in Italia furono la “Gondrand” e la “Chiari e Sommariva” . Ma la vera attività di commercializzazione turistica era gestita dalla Compagnia Italiana Turismo (CIT) società derivata dal settore commerciale dell’ENIT, non del tutto privata, in quanto la maggior parte delle azioni venivano sottoscritte dalle FS, e quindi avente la possibilità di effettuare particolari tariffe sui viaggi e l’apertura anche all’estero di uffici abilitati alla vendita di biglietti ferroviari. Il CIT comprendeva 23 uffici di viaggio in Italia, 33 all’estero, e le agenzie corrispondenti che erano 151 in Italia e 615 all’estero19. 18 19 Cfr.: P. Battilani, Vacanze di pochi, vacanze di tutti, l’evoluzione del turismo europeo, cit., p.334. Cfr.: A. Sereno, A. Agosteo, Fascismo e turismo(politica e storia del turismo sociale), cit., p. 24. 9 1.2. L’avvento del Fascismo Il movimento Fascista nasce in un momento di grande fervore nazionalistico. Lo stesso mito della “Vittoria Mutilata”, conseguenza del Trattato di Pace di Parigi che negava all’Italia l’annessione della Dalmazia e della città di Fiume, generava un’inquietudine che diveniva bandiera di un ultranazionalismo, di cui si faceva portavoce G. D’Annunzio, in cui confluivano ex combattenti, reduci di guerra, disoccupati e la piccola borghesia depauperata e avvilita dalla svalutazione monetaria. In questo clima il 23 Marzo 1919 Benito Mussolini fondava a Milano il primo Fascio di combattimento, adottando simboli - il teschio e la camicia nera - fino ad allora appartenuti agli Arditi20. Mussolini, proponeva un programma riformatore, che, prometteva, avrebbe fatto dell’Italia uno stato forte. E sin dal primo momento si avvalse del carisma e della particolare simpatia di cui godeva Gabriele D’Annunzio che il 12 settembre 1919, armi alla mano, occupava la città di Fiume. Il movimento si guadagnava subito la simpatia della classe ricca e conservatrice che vedeva nel neonato movimento uno strumento per mantenere l’ordine contro ogni agitazione sindacale promossa dai socialisti e dai popolari cattolici. In pochi mesi i fasci di combattimento si diffondevano in tutta la penisola, diventando un gruppo paramilitare le cui principali azioni di forza erano indirizzate ai membri e ai ritrovi dei socialisti. Il 12 Novembre 1921 con il Congresso di Roma da movimento il fascismo si trasformava in un vero e proprio partito. Il PNF (questa la sigla del partito) aveva come capisaldi nel programma: la chiesa, con i principi cattolici, la Repubblica e la proprietà capitalista. Ben presto però Mussolini prenderà le distanze dalla repubblica avvicinandosi alla Monarchia, a cui, per opportunismo politico, riconosceva un ruolo importante per il suo consolidamento. 20 Ndt.: Arditi: Truppe scelte d’assalto della prima guerra mondiale, Cfr., <<Wikipedia l’enciclopedia libera>>, http://it.wikipedia.org/wiki/Arditi 10 Lo "Sciopero Legalitario" organizzato da tutti i sindacati al fine di chiedere al Governo Facta21 un comportamento più energico nei confronti delle violenze fasciste, si dimostrava un fallimento. Queste infatti aumentarono così come la popolarità del nuovo partito visto dall’opinione pubblica come ripristinatore dell'ordine e della legalità turbata dagli scioperi. Lo stesso Re appoggiava il movimento. Quattro giorni prima della “Marcia su Roma”, il 24 ottobre, a Napoli si tenne una grande adunata di camicie nere, che doveva servire come prova generale. In quell'occasione, Mussolini proclamava pubblicamente: "O ci daranno il governo o lo prenderemo calando su Roma22. Confluivano nel capoluogo partenopeo 60.000 fascisti, che sfilavano per ore nella città. Mussolini tenne due discorsi, uno al teatro San Carlo, diretto al ceto borghese, ed uno in piazza San Carlo ai suoi uomini. Il capo dei fascisti si espresse abilmente evitando di far trasparire segnali di allarme, ma al contempo rafforzando i crescenti consensi sia della popolazione che dei simpatizzanti. La stessa sera, all'Hotel Vesuvio, si riuniva il Consiglio nazionale del partito che stabiliva le direttive di dettaglio per la marcia. La mattina dopo Bianchi avrebbe lanciato ai suoi uomini il segnale convenuto: “Insomma, fascisti, a Napoli piove, che ci state a fare?” mentre Mussolini sarebbe prudentemente andato ad attendere a Milano gli sviluppi successivi. A condurre la marcia sarebbe stato un “quadrumvirato” composto da Italo Balbo (uno dei ras23 più famosi), Emilio De Bono 21 Facta Luigi, (1861 - 1930). Politico italiano, deputato dal 1892 e più volte ministro dal 1913 al 1921, era dal febbraio 1922 alla guida del governo che dovette affrontare in ottobre la “marcia su Roma”. 22 23 Cfr. “Marcia su Roma”, da: <<Wikipedia, l’enciclopedia libera>>, www.wikipedia.it. N.d.T.: Ras: (dall'arabo ra's, 'testa') era un titolo tradizionale etiope, dapprima attribuito ai signori feudali delle maggiori province ed in seguito ai dignitari di rango immediatamente inferiore al negus. Dopo la conquista dell'Etiopia da parte dell'Italia fu uso comune denominare Ras i capi delle squadre d'azione fasciste e, in seguito, i gerarchi locali del Partito Nazionale Fascista, che di solito rivestivano la carica di segretario federale. Da: << Wikipedia, l’enciclopedia libera >> , http://it.wikipedia.org/wiki/Ras. 11 (comandante della Milizia), Cesare Maria De Vecchi (un generale non sgradito al Quirinale) e Michele Bianchi (segretario del partito fedelissimo di Mussolini); il quadrumvirato avrebbe dichiarato l'assunzione di pieni poteri a Perugia che avrebbe assunto i poteri nella notte tra il 26 e il 27 ottobre. Dino Grandi, di rientro da una missione a Ginevra, era stato nominato capo di stato maggiore del quadrumvirato24. Truppe fasciste avrebbero poi dovuto occupare uffici pubblici, le stazioni, le centrali telegrafiche e quelle telefoniche. Le squadre sarebbero confluite a Foligno, Tivoli, Monterotondo e Santa Marinella per poi entrare nella capitale. Si raccoglievano così circa 25-30.000 fascisti, a fronte dei 28.000 soldati a difesa della capitale25. Facta dopo aver riunito il Consiglio dei Ministri dichiarava lo stato d’assedio e si recava dal Re Vittorio Emanuele; questi si rifiutava di firmare, costringendo Facta a rassegnare le dimissioni. Dopo pochi giorni di consultazioni “di rito” il re convocava Mussolini a Roma dandogli l’incarico di formare il nuovo governo. Mussolini accettava l’incarico formando un governo composto da elementi del Partito Nazionale Fascista, del Partito Liberale Italiano e del Partito Popolare Italiano (fino al 21 aprile 1923). Quando il giorno successivo le Camice Nere venivano autorizzate ad entrare nella capitale, si era passati dalle circa 30.000 unità a circa 70.000 uomini. Il “governo” Mussolini26 resterà in carica per oltre 20 anni, dal 31 ottobre 1922 al 25 luglio 1943. In vista delle elezioni del 6 aprile 1924 Mussolini faceva approvare una nuova legge elettorale (c.d. “Legge Acerbo”) che avrebbe assegnato i due terzi dei seggi alla lista che avesse raccolto il maggior numero di voti, con un quorum minimo del 25 per cento. La campagna elettorale si teneva in un clima di tensione senza precedenti con intimidazioni e pestaggi, manganellate e olio di ricino. Il “listone” guidato da Mussolini otteneva il 64,9% dei voti. 24 Ndt.: “Marcia su Roma”, da: <<Wikipedia, l’enciclopedia libera>>, www.wikipedia.it. Cfr.: R. De Felice, Breve storia del fascismo, Milano, Mondadori, 2000. 26 Cfr.: Governo Mussolini, da: << Wikipedia, l’enciclopedia libera >>, http://it.wikipedia.org/wiki/Governo_Mussolini . 25 12 Il 30 maggio 1924 il deputato socialista Giacomo Matteotti prendeva la parola alla Camera per contestare i risultati delle elezioni. Mentre dai banchi fascisti si levavano urla e risate, Matteotti incalzava con un discorso che sarebbe rimasto famoso: “Contestiamo in questo luogo e in tronco la validità delle elezioni della maggioranza. L'elezione secondo noi è essenzialmente non valida, e aggiungiamo che non è valida in tutte le circoscrizioni”27. Matteotti continuava, elencando tutte le illegalità e gli abusi commessi dai fascisti per riuscire a vincere le elezioni. Nel discorso veniva pronunciata la profetica frase: “Uccidete pure me, ma l'idea che è in me non l'ucciderete mai”. Al termine del discorso, dopo le congratulazioni dei suoi compagni, rispose loro dicendo: “Io il mio discorso l'ho fatto. Ora voi preparate il discorso funebre per me”28. Il 10 giugno Matteotti veniva rapito a Roma. Il suo corpo veniva rinvenuto, in stato di decomposizione, il 16 agosto alla macchia della Quartarella, un bosco nel comune di Riano a 25 km da Roma. L'opposizione rispondeva ritirandosi sull' “Aventino delle loro coscienze”29, un’azione dimostrativa, in cui, fin dal 14 giugno, prima ancora, cioè, che fosse ritrovato il corpo del deputato socialista, abbandonarono l'aula per riunirsi in un'altra sala di Montecitorio e costituirsi in unico parlamento legittimo. In quell'occasione fu votato un ordine del giorno che diede origine alla cosiddetta "secessione dell'Aventino", in ricordo di un famoso episodio della storia dell'antica Roma, quando i rappresentanti della plebe misero in atto una clamorosa protesta riunendosi su questo colle, questa azione dell’opposizione purtroppo però non sortì alcun effetto. Uomini quali Ivanoe Bonomi, Antonio Salandra e Vittorio Emanuele Orlando esercitarono allora pressioni sul re affinché 27 Cfr. Giacomo Matteotti, da: << Wikipedia, l’enciclopedia libera >>, www.wikipedia.it . Cfr. Giacomo Matteotti, da: << Wikipedia, l’enciclopedia libera >>, www.wikipedia.it . 29 Ndt, Il 27 giugno Filippo Turati pronunciò un commosso discorso in ricordo dell'amico assassinato durante la riunione delle opposizioni parlamentari. […] Noi parliamo da quest'aula parlamentare, mentre non vi è più un Parlamento. I soli eletti stanno sull'Aventino delle loro coscienze, donde nessun adescamento li rimove sinché il sole della libertà non albeggi, l'imperio della legge non sia restituito e cessi la rappresentanza del popolo di essere la beffa atroce a cui l'hanno ridotta.[…] Da: http://www.anpi.it/2_il_primo_antifascismo.htm a cura di L. Cecchini. 28 13 Mussolini fosse destituito ma Vittorio Emanuele III appellandosi allo Statuto Albertino replicò: “Io sono sordo e cieco. I miei occhi e i miei orecchi sono la Camera e il Senato” e quindi non intervenne30. 30 Cfr.: Storia dell’Italia Fascista da: << Wikipedia, l’enciclopedia libera>>, http://it.wikipedia.org/wiki/Storia_dell%27Italia_fascista#Gli_anni_del_consenso 14 1.3. Il Fascismo diventa Dittatura Il 3 gennaio 1925 alla Camera Mussolini recitava il famoso discorso in cui si assumeva ogni responsabilità per i fatti avvenuti: “Dichiaro qui, al cospetto di questa Assemblea e al cospetto di tutto il popolo italiano, che io assumo, io solo, la responsabilità politica, morale, storica di tutto quanto è avvenuto. Se le frasi più o meno storpiate bastano per impiccare un uomo, fuori il palo e fuori la corda! Se il fascismo non è stato che olio di ricino e manganello, e non invece una passione superba della migliore gioventù italiana, a me la colpa! Se il fascismo è stato un'associazione a delinquere, io sono il capo di questa associazione a delinquere! Se tutte le violenze sono state il risultato di un determinato clima storico, politico e morale, ebbene a me la responsabilità di questo, perché questo clima storico, politico e morale io l'ho creato con una propaganda che va dall'intervento ad oggi”31 . Questo discorso rappresentava l’atto di svolta della dittatura. Nel biennio 1925-1926 venivano emanati una serie di provvedimenti liberticidi: venivano sciolti tutti i partiti e le associazioni sindacali non fasciste, veniva soppressa ogni libertà di stampa, di riunione o di parola, veniva ripristinata la pena di morte e si creava un Tribunale speciale con ampissimi poteri, in grado di mandare al confino con un semplice provvedimento amministrativo le persone sgradite al regime. Dalla sua istituzione, il primo febbraio 1927, al suo scioglimento, con la caduta del regime il 25 luglio 1943, il Tribunale Speciale per la Difesa dello Stato processava 5.619 imputati - condannandone 4.596. Gli anni totali di prigione inflitti furono 27. 735; le condanne a morte 42, di cui 31 eseguite, 3 gli ergastoli. 4.497 processati erano uomini, 122 le donne, 697 i minorenni. Tra le categorie professionali, 3.898 imputati erano operai e artigiani, 546 i contadini, 221 liberi professionisti; L’80% dei condannati era Comunista32. Il punto di partenza per la trasformazione dell’organizzazione dello Stato furono le leggi del 1925 1926, dette "fascistissime", ispirate dal giurista Alfredo Rocco, con le quali il capo del Governo si rendeva responsabile di fronte al re e non più di fronte al Parlamento. 31 32 Cfr. Portale Fascismo, in : << Wikipedia, l’enciclopedia libera >>, www.wikipedia.it. Cfr., http://www.romacivica.net/ANPIROMA/antifascismo/antifascismo6.html . 15 Il Parlamento non aveva più il potere di discutere alcuna legge senza il preventivo consenso del Governo. Il “processo di svuotamento” dello Statuto e di fascistizzazione dello Stato veniva terminato nel 1939, quando la Camera dei Deputati veniva sostituita con la Camera dei Fasci e delle Corporazioni. Le “leggi fascistissime” sono: • legge 26 novembre 1925 n° 2029: predispone una mappatura dell’associazionismo politico e sindacale operante nel regno. Tutti i corpi collettivi operanti in Italia (associazioni, istituti, enti) su richiesta dell’autorità di pubblica sicurezza hanno l’obbligo di consegnare statuti, atti costitutivi, regolamenti interni, elenchi di soci e di dirigenti. In caso di infedele (o omessa) dichiarazione, il prefetto procede allo scioglimento, mentre sanzioni detentive indeterminate e sanzioni pecuniarie pesantissime, da un minimo di 2.000 ad un massimo di 30.000 lire; • legge 24 dicembre 1925 n° 2300: allontanamento del servizio di tutti i funzionari pubblici che rifiutano di prestare giuramento di fedeltà al regime; • legge 24 dicembre 1925 n° 2263 (primo intervento strutturale in materia costituzionale): il Presidente termina di essere individuato come Presidente del Consiglio per diventare Primo Ministro Segretario di Stato, ottenendo la supremazia sugli altri Ministri i quali cessano di essere suoi colleghi (diventano suoi subordinati gerarchici). I singoli Ministri possono essere sfiduciati sia dal Re che dal Primo Ministro; il capo del Governo è nominato e revocato dal Re ed è responsabile dell’indirizzo generale politico del Governo solo verso il Re, pertanto il Capo del Governo non è responsabile verso il Parlamento (non c’è rapporto di fiducia tra Parlamento e Governo); • legge 31 gennaio 1926 n° 100: attribuisce la facoltà al Governo di emanare norme giuridiche; 16 • legge 4 febbraio 1926 n° 237: modifica l’ordinamento municipale, eliminando il consiglio comunale, (elettivo dal 1848), e il sindaco (elettivo dal 1890). Al sindaco subentra il podestà, egli è nominato con decreto reale e resta in carica 5 anni. Il podestà esercita le funzioni del sindaco, della giunta e del consiglio comunale. • Regio decreto 6 novembre 1926 n° 1848: testo unico delle leggi di pubblica sicurezza con il quale vengono ampliati i poteri dei prefetti ossia sciogliere associazioni, enti, istituti, partiti, gruppi e organizzazioni politiche e istituisce il confino come sanzione principale nei confronti dei soggetti che erano contro il regime; • legge 25 novembre 1926 n° 2008 (provvedimento per la difesa dello Stato presentati dal Ministro della giustizia Alfredo Rocco): art. 1: qualunque attentato diretto contro le persone del Re, della Regina, del Reggente, del Principe ereditario e del Primo Ministro viene sanzionato con la pena di morte; art. 3: l’istigazione all’attentato, a mezzo stampa, diventa un reato specifico punito con la reclusione da 15 a 30 anni; art. 5: la diffusione all’estero di “voci o notizie false, esagerate o tendenziose sulle condizioni interne dello Stato” tali da nuocere al prestigio statale o agli interessi nazionali, comporta la reclusione da 5 a 15 anni, accompagnata dall’interdizione permanente dei pubblici uffici, dalla perdita immediata della cittadinanza italiana e dalla confisca dei beni; art. 7: per applicare il “provvedimento per la difesa dello Stato” venne istituito il Tribunale speciale. Le sentenze del Tribunale speciale erano immediatamente esecutive e inappellabili33. 33 Cfr.: Leggi Fascistissime da: http://www.studiamo.it/dispense/storia/leggi-fascistissime.html#2 . 17 In seguito alle trasformazioni avvenute tra il 1925 e il 1926, l'unico organo che effettivamente poteva decidere ed attuare la linea politica diveniva il capo del Governo, e cioè il capo del fascismo. In Mussolini venivano, così identificati, lo Stato ed il Partito, creando una vera e propria dittatura fascista34. A partire dal 1928 gli elementi chiave che determinavano l’evoluzione totalitaria erano rappresentati: dall’istituzionalizzazione del Gran Consiglio del Fascismo che diveniva organo costituzionale con la legge 9 dicembre 1928 n° 2693 (in precedenza era organo di partito); dalla riforma della rappresentanza politica35; dalla soppressione della Camera dei deputati con l’istituzionalizzazione della Camera dei Fasci e delle corporazioni (7 ottobre 1938). Uno stato totalitario comportava, infatti, un completo controllo da parte dello Stato stesso sulla società e sugli individui, penetrando sempre più negli strati sociali. Per cercare di realizzare questo obiettivo, il fascismo cercava, con l’istituzione della Camera dei Fasci e delle Corporazioni, di dare concretezza alla politica del corporativismo. Lo Stato creava le corporazioni per guidare la vita produttiva e per conciliare e superare i conflitti sociali che potevano sorgere. Questa politica prevedeva una collaborazione obbligata tra le diverse classi sociali nell’interesse della produzione nazionale. Con questa dottrina il regime proponeva sia il superamento del liberalismo, che poneva al centro l'individuo, sia quello del socialismo marxista, che poneva al centro la lotta di classe36. Il primo grosso problema che la dittatura doveva affrontare era rappresentato dalla pesante svalutazione della lira. La ripresa produttiva successiva alla fine della prima guerra mondiale provocava conseguenze negative, come la carenza di materie prime dovuta alla forte richiesta e 34 Cfr.: Leggi Fascistissime da: http://www.studiamo.it/dispense/storia/leggi-fascistissime.html#2 . Il 14 marzo 1928 Mussolini presenta alla Camera il disegno di legge sulla riforma della rappresentanza politica con la quale il numero complessivo dei deputati viene ridotto a 400, da eleggere in un unico collegio nazionale. La presentazione delle candidature era di competenza di due gruppi: la Confederazione nazionale del sindacato fascista e le Associazioni culturali di importanza nazionale abilitate da un regio decreto. 36 Cfr.: Leggi Fascistissime da: http://www.studiamo.it/dispense/storia/leggi-fascistissime.html#2 . 35 18 un'eccessiva produttività rapportata ai bisogni reali della popolazione. Nell'immediato, i primi segni della crisi furono un generale aumento dei prezzi, l'aumento della disoccupazione, una diminuzione dei salari e la mancanza di investimenti in Italia e nei prestiti allo stato37. Per risolvere il problema, così come succedeva in Germania, veniva deciso di stampare ulteriore moneta per riuscire a ripagare i debiti di guerra contratti con Stati Uniti e Gran Bretagna. Ovviamente questo non faceva altro che aumentare il tasso di inflazione, facendo perdere credibilità alla lira, che si svalutava pesantemente nei confronti sia del dollaro che della sterlina. Le mosse per contrastare la crisi non si facevano attendere: veniva messo in commercio un tipo di pane con meno farina, veniva aggiunto alcool alla benzina, venivano aumentate le ore di lavoro - da 8 a 9 - senza variazioni di salario, veniva istituita la tassa sul celibato, si aumentavano tutti i possibili prelievi fiscali, si vietava la costruzione di case di lusso, si aumentavano i controlli tributari, ridotti i prezzi dei giornali, bloccati gli affitti e ridotti i prezzi dei biglietti ferroviari e dei francobolli38. Sicuramente la trovata propagandistica più nota fu la famosa “quota 90”. Rivalutando la lira nei confronti della sterlina, Mussolini riusciva a far quadrare i conti dello stato, mettendo, però, il paese fuori dai mercati d'esportazione poiché con tale mossa raddoppiava il prezzo delle merci italiane all'estero. Quando poi, a causa della gravissima crisi economica internazionale, il 29 ottobre 1929 Wall Street crollava, mettendo a sua volta in crisi l’intero sistema economico occidentale, il fascismo decise di abbandonare le politiche liberiste dei primi anni di governo, scegliendo di attuare una politica protezionistica, ampliando in misura sempre crescente il controllo pubblico sulla finanza e sull’industria, con iniziative come la costituzione dell’ Istituto Mobiliare Italiano (1931) e L’Istituto 37 Cfr.: Storia dell’Italia Fascista da: << Wikipedia, l’enciclopedia libera>>, http://it.wikipedia.org/wiki/Storia_dell%27Italia_fascista#Gli_anni_del_consenso. 38 Cfr.: Storia dell’Italia Fascista da: << Wikipedia, l’enciclopedia libera>>, http://it.wikipedia.org/wiki/Storia_dell%27Italia_fascista#Gli_anni_del_consenso 19 per la Ricostruzione Industriale (1933), che potenziarono l’interventismo statale nell’economia ma al di fuori dell’ordinamento corporativo39. 39 Cfr. E. Gentile, Fascismo. Storia e interpretazione, cit., p. 23. 20 1.4. L’organizzazione Fascista della società Il mito di Mussolini fu il fattore principale del consenso che la maggioranza degli italiani manifestò verso il regime, soprattutto negli anni tra il 1929 e il 193640. Il ruolo carismatico del duce ricevette un’esaltazione continua di credenze, di miti, di riti e di simboli, che costituì una nuova forma di religione politica e divenne parte essenziale e integrante dello stato fascista e della politica di massa del partito unico. Gli incontri frequenti del duce con le masse divennero il momento culminante dell’organizzazione del consenso, quando, con la preparazione di un’attenta regia, si realizzava la fusione emotiva del capo con la folla, come mistica comunione simbolica della nazione con se stessa attraverso il suo sommo interprete41. Attraverso l’organizzazione e la mobilitazione permanente delle masse, il fascismo mirava alla trasformazione del carattere degli italiani per creare un “italiano nuovo”, il quale doveva conformare tutta la condotta della sua esistenza secondo il dogma “credere, obbedire, combattere”42. Per l’educazione totalitaria delle nuove generazioni, il fascismo si avvalse sia della scuola che del partito. Nel 1923, il governo Mussolini approvo una riforma scolastica progettata da Giovanni Gentile, allora Ministro della Pubblica Istruzione. La Riforma Gentile fu presto modificata dai successivi ministri, con continui ritocchi, che accentuarono la funzione politica della scuola nell’ambito di una pedagogia totalitaria, coincidente con i fini del partito e dello stato fascista. Il comportamento degli alunni fu militarizzato con l’adozione di riti e simboli nella vita scolastica. Il corpo docente fu sottoposto al controllo del partito, mediante il requisito obbligatorio della iscrizione al PNF, e il giuramento di fedeltà al regime, che fu imposto, tra il 1929 e il 1931, agli insegnati di ogni ordine e grado. Il regime varò, infine, una nuova riforma della scuola, secondo i 40 Cfr. E. Gentile, Fascismo. Storia e interpretazione, cit., p. 24. Ibidem. 42 Ivi, cit., p. 25. 41 21 principi esposti nella Carta della Scuola (15 febbraio 1939) elaborata da Giuseppe Bottai, Ministro dell’Educazione Nazionale, che ribadiva la funzione politica totalitaria della formazione scolastica. La nuova riforma stabiliva un collegamento organico tra la scuola e il partito, tramite la frequenza obbligatoria delle scuole, della Gioventù Italiana del Littorio e dei Gruppi Universitari Fascisti43. Anche il ruolo della donna venne rielaborato nel fascismo, alla donna in quanto sposa e madre, era affidato il compito di produrre figli per la patria e di allevarli nei primi anni; alla donna, in quanto educatrice fascista militante nel partito, era assegnato il compito di contribuire all’educazione dell’“uomo nuovo”, impegnandosi però al di fuori della famiglia, nell’ambito delle organizzazioni di partito, e quindi assumendo un ruolo non secondario nella vita pubblica del regime44. A quattro anni un bambino italiano diventava “figlio della lupa” e indossava la sua prima camicia nera. L’ascesa al potere di Hitler, fece maturare in Mussolini, il pensiero della necessita di conquistare un impero coloniale, il duce attua il suo piano lanciando una guerra di aggressione contro l’Etiopia (ottobre 1935 – maggio 1936), condotta con un largo uso di mezzi bellici moderni, compreso l’impiego di gas, e il ricorso a metodi spietati di repressione, usati per stroncare ogni resistenza, anche dopo la fine del conflitto45. La Società delle Nazioni contraria all’aggressione all’Etiopia, l'11 ottobre del 1935, emanava delle sanzioni all’Italia46. In realtà fu soltanto la Gran Bretagna a osservare le regole imposte dalle sanzioni; la Germania hitleriana così come gli Stati Uniti furono i primi due paesi a schierarsi apertamente con l'Italia, garantendo la possibilità di acquistare qualunque bene. La Russia riforniva di nafta l'esercito italiano per tutta la durata del conflitto, ed 43 Cfr. E. Gentile, Fascismo. Storia e interpretazione, cit., p. 25. Ivi, p. 27. 45 Ivi, p. 30. 46 Le sanzioni in vigore dal 18 novembre 1935 consistevano in: embargo sulle armi e sulle munizioni; divieto di dare prestiti o aprire crediti in Italia; divieto di importare merci italiane; divieto di esportare in Italia merci o materie prime indispensabili all'industria bellica. Paradossalmente, nell'elenco delle merci sottoposte ad embargo mancavano petrolio e i semilavorati. 44 22 anche la Polonia si dimostrava piuttosto aperta. La Gran Bretagna veniva etichettata col termine di “perfida Albione”. La conquista dell’impero fu accompagnata da un’efficace opera propagandistica del partito, e rappresentò il culmine del consenso della grande maggioranza degli italiani al fascismo e al duce, il quale coronò la sua apoteosi annunciando il 9 maggio 1936, dal balcone di Piazza Venezia a Roma, a milioni di Italiani la riapparizione dell’impero “sui colli fatali di Roma”47. Ritornava in voga il patriottismo e la propaganda politica spingeva affinché si consumassero solo prodotti italiani. Ci si avviava, sostanza, verso l’autarchia, secondo la quale tutto doveva essere prodotto e consumato all'interno dello stato. Tutto ciò che non poteva essere prodotto per mancanza di materie prime veniva sostituito con prodotti succedanei: il tè con il carcadè, il carbone con la lignite, la lana con il lanital (la lana di caseina), la benzina con il carburante nazionale (benzina con l'85% di alcool) mentre il caffè veniva abolito perché “fa male” e sostituito con il “caffè” d'orzo anche se nei periodi di maggiore crisi si “faceva il caffè” con qualsiasi cosa, dai ceci tostati e macinati alle carrube e alle fave macinate48. Nel 1929 l'autarchia entrava anche nel linguaggio. Venivano, difatti, bandite tutte le parole straniere da ogni comunicazione scritta ed orale: ad esempio chiave inglese diventava chiave morsa, cognac arzente, ferry-boat diveniva treno-battello pontone. Conseguentemente venivano rinominate tutte le città con nome francofono dell'Italia nord-occidentale e con nome tedescofono dell'Italia nordorientale: secondo la toponomastica fascista, per fare un paio di esempi, Courmayeur diventava Cormaiore e Kaltern diventava Caldano49. Nell’ottica di una campagna antiborghese e di una riforma del costume si tentava di abolire l’uso del lei e della stretta di mano50. 47 Cfr.: E. Gentile, Fascismo. Storia e interpretazione, cit., p. 30. Cfr.: Storia dell’Italia fascista da << Wikipedia, l’enciclopedia libera >>, http://it.wikipedia.org/wiki/Italia_fascista . 49 Cfr.: Storia dell’Italia fascista, da: << Wikipedia, l’enciclopedia libera >>, http://it.wikipedia.org/wiki/Italia_fascista 50 Cfr.: E. Gentile, Fascismo. Storia e interpretazione, cit., p. 27. 48 23 Veniva cambiato persino il calendario numerando gli anni dall’inizio dell’era fascista (1922), utilizzando il sistema di numerazione romano51; e il fascio littorio diveniva l’emblema dello stato fascista. Nell’amministrazione pubblica (uffici, scuole, università) l’iscrizione al partito e la partecipazione in camicia nera alle parate del regime erano indispensabili per fare carriera, mentre nelle aziende private la tessera era l’ineludibile premessa per ottenere un lavoro52. La grande fase di fascistizzazione della società iniziava con la formazione delle nuove generazioni, dalla nascita fino ai 21 anni. Uno dei maggiori sforzi per la fascistizzazione della gioventù italiana fu l’istituzione dell’ ONB (Opera Nazionale Balilla), dal 1937 inserita poi nel GIL (Gioventù Italiana Littorio. Il “lavoratore fascista” invece era inquadrato con il “Dopolavoro” che univa e avvicinava i lavoratori alla dottrina fascista. Le uniche altre associazioni consentite erano quelle cattoliche che con i ritrovi parrocchiali (oratorii) si sostituivano alle Case del Balilla e in un certo modo all’Opera Nazionale Dopolavoro53. Le esperienze dell’OND e dell’ONB si possono considerare estremamente positive per il turismo dell’epoca, creando movimento nella popolazione e infrastrutture sul territorio. Infrastrutture come le Case del Balilla, che se fossero state adeguatamente sfruttate dallo stato nel dopoguerra, avrebbero originato un vasto e organizzato sistema di ostelli per la gioventù come successe in Germania54. 51 Cfr.: Sistema di numerazione romano, da: <<Wikipedia, l’enciclopedia libera >> http://it.wikipedia.org/wiki/Numeri_romani 52 Cfr.: E. Gentile, Fascismo. Storia e interpretazione, cit., p. 25. 53 Ivi, cit., p. 26. 54 Cfr.: A. Sereno, A. Agosteo, Fascismo e turismo (politica e storia del turismo sociale), cit., p.71. 24 Inoltre l’abitudine alla vita in campeggio che fu certamente utile alla formazione dei tanti turisti italiani che nel dopoguerra scelsero la tenda come costume di vita all’aria aperta e non solo per i costi contenuti rispetto agli alberghi55. Non meno importanti erano le colonie che ebbero un importante riflesso per lo sviluppo turistico delle aree dove sorgevano, in particolar modo sulla Costa Adriatica56. 55 56 Cfr.: A. Sereno, A. Agosteo, Fascismo e turismo (politica e storia del turismo sociale), cit.,p. 71. Ivi, cit., p. 69. 25 2.1. Il fascismo si occupa del turismo Nell’Italia fascista l’efficiente rete ferroviaria, le strade e autostrade più che adeguate alle esigenze dell’epoca, una flotta da crociera famosa in tutto il mondo per raffinatezza ed eleganza e soprattutto un sistema di sicurezza e di ordine pubblico garantito, incoraggiavano gli spostamenti degli italiani. In questo contesto il regime attuava dei veri e propri esperimenti di organizzazione della vita sociale e del tempo libero degli italiani. Uno dei tentativi più riusciti era certamente rappresentato dall’OND, l’Opera Nazionale Dopolavoro. In questi anni, in tutta Europa si incominciava a parlare, dopo anni di consolidata attività turistica da parte dei ceti alti della società, di turismo sociale, vale a dire del sistema turistico che permetteva anche alle classi meno agiate di usufruire di quei servizi e partecipare a quelle attività fino ad allora riservate solo a pochi privilegiati. In Italia, questo genere di attività era ben lungi dal potersi affermare poiché la maggior parte degli italiani versava in condizioni economiche disastrose; le famiglie (spesso con una decina di figli) non riuscivano a soddisfare i bisogni primari. E questa situazione non era di certo migliorata con la Grande Guerra. Il fascismo se aveva instaurato uno stato oppressivo che aveva la pretesa di controllare capillarmente la nazione (attraverso gli organi della Polizia, dei Carabinieri, dell’OVRA57 e della MVSN58, oltre ad una vasta rete di informatori) aveva, d’altra parte, creato una serie di attività sociali per irreggimentare le masse che riscuotevano un rilevante consenso, lo stesso Togliatti durante le lezioni sul fascismo tenute ai quadri comunisti italiani dall’aprile al giugno 1935 affermò: “I salari degli operai sono bassi ma il fascismo ha messo in piedi una serie di servizi che assicurano un certo consenso”, e l’OND fu la dimostrazione di questo. 57 Ndt: OVRA, (polizia segreta fascista), non si conosce una definizione esatta della sigla OVRA ma un accurato approfondimento è visionabile on-line sul sito internet: http://www.interno.it/mininterno/export/sites/default/it/sezioni/ministero/dipartimenti/dip_pubblica_sicurezza/direzione _centrale_della_polizia_di_prevenzione/scheda_dopoguerra.html . 58 Ndt. MVSN (Milizia Volontaria Sicurezza Nazionale) 26 2.2. L’Opera Nazionale Dopolavoro Non vi è dubbio che il PNF e lo stesso Mussolini abbiano visto nel Dopolavoro uno strumento di propaganda politica, una vera e propria “Fabbrica di consensi”59. Difatti, dopo la fase critica e violenta seguita all’assassinio del deputato socialista G. Matteotti, nel 1924, ad opera di scagnozzi fascisti, che faceva vacillare le basi malferme del regime – che si consolidava poi in dittatura con la svolta del gennaio 1925 - il Duce si proponeva di ridare smalto al regime creando “opportunità” di consenso. Di sicuro l’OND fu tra i più importanti strumenti di attuazione della politica sociale fascista, avendo una ramificazione capillare nel mondo operaio e impiegatizio. Alla sua creazione si giungeva dopo aver attentamente studiato e confrontato le politiche sociali del lavoro degli altri Stati, trovandole piuttosto deludenti. In molti paesi capitalisti si era da tempo intrapreso un cammino per elevare la situazione sociale del lavoratore e migliorare la sua efficienza fisica, in considerazione dei benefici che ne sarebbero derivati in termini di rendimento sul lavoro. Già nel 1923 la Confederazione dei Sindacati Fascisti creava l’Ufficio Centrale del Dopolavoro che aveva in programma l’elevazione sociale del lavoratore, la sua formazione fisica e intellettuale e Il riconoscimento del lavoratore come soggetto e non più come oggetto dell’economia (principi questi che saranno riaffermati nella Carta del Lavoro). Il Fascismo rivolgeva particolare attenzione a ciò che accadeva in materia nel resto del Mondo: infatti, nel 1924 si riuniva la Conferenza della Confederazione Internazionale del Lavoro che raccomandava agli stati l’approvazione della limitazione degli orari di lavoro ad 8 ore ricollegandosi a quanto indicato nella parte XIII del Trattato di Versailles; nella conferenza si raccomandava, inoltre, la cura dell’igiene pubblica con toilette e piscine pubbliche, di prendere provvedimenti legislativi che avessero combattuto la tubercolosi, l’alcoolismo, le malattie veneree e 59 Ndt.: Fabbrica del consenso è un termine coniato da Noam Chomsky, scienziato e teorico della comunicazione statunitense, per identificare un'organizzazione che utilizza i media per propagandare un prodotto economico, beni di mercato, ed una politica in genere di governo. Mussolini utilizzò al massimo le potenzialità tecnologiche dell'epoca, il cinema, i giornali, la radio. 27 il gioco d’azzardo, nonché la costruzione di case a buon mercato che avessero garantito un adeguato standard di salubrità e comodità. Tutte queste indicazioni venivano recepite dal regime60. Il decreto istitutivo presentava l’Opera Nazionale Dopolavoro come un vero e proprio prolungamento dell’attività sindacale fascista con i seguenti scopi: • contribuire ad elevare il tenore di vita dei lavoratori e delle loro famiglie; • favorire l’adempimento dei loro doveri professionali, mediante una maggiore cultura e una conoscenza tecnica dei mezzi di produzione; • assisterli, in caso di bisogno, attirandoli verso le istituzioni che inducono al risparmio ed alla previdenza; • stabilire contatti sempre più immediati tra datori di lavoro e lavoratori, per una più vasta comprensione dei rapporti fra capitale, intelletto e lavoro ai fini di una migliore e maggiore produzione agricola e industriale. Il decreto affidava, inoltre, all’ente il compito di curare l’elevazione morale e fisica del popolo attraverso lo sport, l’escursionismo, il turismo, l’educazione artistica, la cultura popolare, l’assistenza sociale, igienica e sanitaria ed il perfezionamento professionale. Il programma d’azione si sviluppava in quattro parti: • Istruzione (Cultura popolare e insegnamento professionale); • Educazione artistica (Teatro, musica, cori, cinematografia, radiofonia, folclore); • Educazione fisica (Federazione italiana del turismo e commissione sportiva); • Assistenza sociale, igienica e sanitaria (Alloggi, consumi, igiene e salute, previdenza, dopolavoro di categoria)61. In un primo momento all’OND si poteva accedere anche senza essere iscritti al partito (questo principio veniva ben presto abbandonato e veniva richiesta l’adesione al partito); questa norma 60 61 Cfr. A. Sereno, A. Agosteo, Fascismo e turismo (politica e storia del turismo sociale), cit.,p.59 Cfr. Ibidem. 28 consentiva di avvicinare al fascismo e alla sua politica sociale gli agnostici, i quali, vivendo le iniziative dopolavoristiche, venivano coinvolti nella realtà fascista e, oltretutto, potevano anche essere controllati.62 L’organizzazione raggiungeva subito proporzioni ragguardevoli, ma successivamente all’istituzione per legge del “Sabato Fascista” che lasciava libero ai lavoratori il pomeriggio del sabato, i suoi ambiti tenderanno sempre più ad allargarsi. Per avere un quadro ben definito di cosa fosse diventata l’OND alla fine degli anni trenta basta tener presente alcuni dati: circa 24.500 sodalizi saranno classificati come Dopolavoro rionali, comunali, aziendali, con associazioni che inquadravano circa 5milioni di lavoratori di cui 900.000 definiti “intellettuali”, non appartenenti cioè, a categorie operaie. In tutte le discipline sportive il Dopolavoro organizzava gare locali, provinciali e nazionali: nel 1934 l’OND riceveva un premio dal COI63 per aver permesso l’accesso alle attività atletiche anche alle donne e per aver dimostrato che con il Dopolavoro si riuscivano ad avvicinare allo sport anche i meno giovani, che si pensava, non fossero più interessati ad esso. Nel 1938 due grandi avvenimenti interessavano l’ente Dopolavoro: il Terzo Congresso Mondiale del Dopolavoro a cui partecipavano i membri di 62 Stati, e la grande Mostra Nazionale del Dopolavoro organizzata al Circo Massimo a Roma. L’attività dell’OND si svolgeva, imponente, in tutti i campi della vita sociale. La partecipazione popolare alle manifestazioni faceva aumentare gli spostamenti e, quindi, incrementava i viaggi degli italiani. L’attenzione rivolta dal regime alla musica, al cinema, al teatro fu rilevante. Venivano allestiti tre Carri di Tespi64, di lirica e di prosa che con strutture complete e moderne eseguivano in giro per l’Italia spettacoli teatrali a prezzi popolari; ogni anno, dal 1929, si tennero 62 Cfr.: Ricciotti Lazzero, Il Partito Nazionale Fascista, Rizzoli 1985, Milano, p. 172 e ss. COI: Comitato Olimpico Internazionale. 64 Ndt.: Carro di Tespi: Il Carro di Tespi: prende il nome da Tespi d'Icaria, leggendario personaggio che la tradizione del Teatro Greco antico indica come iniziatore del genere tragico. 63 29 1.135 recite e con la rappresentazione di 35 lavori teatrali. Venivano, inoltre, allestite oltre 3.700 bande musicali, con circa 115.000 iscritti e che tenevano ben 57.000 concerti all’anno! Sorgevano quasi mille scuole corali con circa 20.000 iscritti. Nell’attività orchestrale venivano fondati oltre 2.100 complessi che tennero 18.500 concerti con 38.000 esecutori. Veniva anche istituito il sabato teatrale, dove tutte le compagnie dovevano tenere uno spettacolo riservato ad operai ed impiegati, per due lire e senza distinzione di posti. Nel Campo della cinematografia, l’OND insieme all’Istituto LUCE65 realizzava pellicole di carattere sportivo, educativo, storico nonché propagandistico. Presso le sedi dell’OND venivano aperte circa 600 sale e nei comuni dove non era disponibile un cinema erano comunque disponibili dei “cine – mobili”. Quasi in ogni sede era disponibile un apparecchio radiofonico, e si organizzavano degli ascolti collettivi; inoltre ai dopolavoristi erano concessi degli sconti per l’acquisto della radio - che ancora aveva prezzi proibitivi per molte famiglie - in attuazione delle parole del duce “ una radio in ogni casa”66. L’attività dell’Opera Nazionale Dopolavoro si estendeva, certo, anche ad ambiti assistenziali e socio- sanitari, ma il suo impegno più grande fu senza dubbio quello nell’ambito del tempo libero. Con “Carro di Tespi” si intese battezzare, durante il ventennio, una serie di strutture teatrali itineranti in Italia, che avevano il compito di portare in giro il teatro di prosa ed il teatro lirico nei centri minori ed a prezzi accessibili a tutti. Il primo Carro si Tespi dell’OND fu inaugurato nel 1929. 65 Cfr. : Istituto LUCE: http://www.luce.it/istitutoluce/istituzionale/chisiamo_luce.htm. 66 Cfr. : A. Sereno, A. Agosteo, Fascismo e turismo (politica e storia del turismo sociale), cit., p. 64. 30 2.3. L’Opera Nazionale Balilla Un altro grande esperimento di creazione di consenso - questo attraverso una pretesa di monopolio dell’educazione della gioventù - era rappresentata dall’Opera Nazionale Balilla fondata da Renato Ricci nel 1926 e inserita nel 1927 nel vasto programma di “fascistizzazione” della società. Inizialmente questo ente non aveva quelle velleità di educazione di carattere militare, che poi, strada facendo lo connoteranno, divenendo preponderanti. Sin dai tempi dello squadrismo molti giovani avevano partecipato alle azioni fasciste inseriti nell’organizzazione chiamata Avanguardia Nazionale, dando un notevole contributo di sangue con il sacrificio di giovani vite. L’importanza del contributo dei giovani al regime è dimostrato anche dal fatto che uno dei primi provvedimenti adottati all’indomani del superamento della crisi Matteotti sia stato proprio quello dell’istituzione dell’ONB, il cui fine era quello di formare fisicamente e moralmente la gioventù fascista67. L’ONB doveva affiancare la scuola, cercando di correggere l’impostazione gentiliana68, influenzata da principi vagamente liberali e creare il fascista di domani assicurando così la continuità del consenso al regime. I problemi che il fascismo intendeva affrontare con la creazione dell’ONB erano molteplici: • Curare l’educazione fisica della gioventù, in un Paese dove solo i ricchi potevano permettersi di praticare le discipline sportive d’importazione da oltre – Manica; • Preparare politicamente le nuove generazioni per completare la fascistizzazione del Paese, dato che era dei giovani il futuro e a loro dovevano essere affidate le speranze di completare la rivoluzione fascista; 67 68 Cfr. A. Sereno, A. Agosteo, Fascismo e turismo (politica e storia del turismo sociale), cit., p. 65. Ibidem. 31 • Formare la nuova classe dirigente, capace di trasmettere e sviluppare il messaggio rivoluzionario e creare quell’ “uomo fascista” che avrebbe dovuto caratterizzare l’italiano del futuro; • Curare sin dalla giovane età il carattere dell’italiano e renderlo idoneo a combattere per la difesa della Patria e la sua grandezza69; La complessità dei compiti spiega la continua attenzione che il fascismo riservava a quella che veniva definita “la pupilla del regime”, alla quale non furono mai lesinati mezzi e strumenti, anche legislativi, per accrescerne le potenzialità. L’importanza raggiunta dall’ONB all’interno del partito è dimostrata anche dalle lotte di potere di cui fu oggetto, che si conclusero nel 1937 con la creazione della Gioventù Italiana del Littorio (GIL), che inquadrò i giovani fino ai 21 anni. Il quadro completo era organizzato così: Figli della Lupa Balilla Piccole Italiane Avanguardisti Giovani Italiane Giovani Fascisti Giovani Fasciste Fino a 6 anni 8 – 14 anni 8 – 14 anni 14 – 17 anni 14 – 17 anni 17 – 21 anni 17 – 21 anni 1.546.389 1.746.560 1.622.766 906.785 441.234 1.176.798 450.995 Gli istruttori erano tutti ufficiali della MVSN, ed erano nel 1936 ben 19.354. (Fonte: A. Sereno, A. Agosteo, Fascismo e turismo (politica e storia del turismo sociale), vol. 21, collana SIST, Roma, aprile 2007, p.66.) Il totale generale riporta l’impressionante cifra di oltre 7.890.000 giovani, ai quali, secondo gli obiettivi del regime, doveva essere impartita la necessaria educazione perché diventassero i perfetti fascisti del domani70. Il grande sforzo organizzativo fu compiuto, dal 1926 al 1937, dalla Presidenza di Renato Ricci, un ex squadrista toscano che si fece conoscere per la violenza con la quale condusse le “spedizioni punitive” nella provincia di Carrara, di cui era originario (fatti di Sarzana). 69 70 Cfr.: A. Sereno, A. Agosteo, Fascismo e turismo (politica e storia del turismo sociale), cit., p.66. Ibidem. 32 Assunto l’incarico di procedere all’organizzazione dell’Opera, Ricci partiva per un lungo viaggio all’estero dove si rendeva conto di persona dei modelli organizzativi adottati, specialmente, nei Paesi anglo – americani, convincendosi che il modello adoperato nel “Campus” americano, caratterizzato da una vita collegiale e da una equilibrata divisione tra lo studio e l’attività fisica, rappresentava la migliore soluzione da poter adottare anche nel nostro Paese, certo adeguando il sistema all’allora diversa realtà politica e sociale italiana. La variante, nei confronti dei modelli esteri, dell’educazione di carattere militare, introdotta nei programmi dell’ONB, rappresentava la novità assoluta nel settore dell’educazione giovanile. Le difficoltà di inserimento nella realtà italiana di un sistema educativo così rivoluzionario, erano molte, bisognava infatti: riunire insieme ragazzi provenienti da estrazioni sociali del tutto differenti tra loro, in un Paese rigidamente diviso in classi, introdurre la pratica sportiva, praticamente sconosciuta, iniziando con il reclutamento, anche all’estero, di istruttori capaci, iniziare da zero con il reperimento delle sedi, ecc.. Tuttavia dopo l’enorme sforzo organizzativo i risultati non mancarono, tanto che molti Paesi Stranieri studiarono e applicarono il nuovo modello italiano - come succedeva in Germania con la creazione della Hitler – Jugend71. 71 Cfr.: R. Scarpa, Eravamo tutti Balilla, Ciarrapico Editore, Roma, 1984 33 2.4. L’ONB e il Turismo Giovanile Importante ai fini della nostra ricerca sono gli aspetti dell’ONB che ebbero un’influenza sul nascente turismo giovanile, soprattutto sulla formazione della mentalità del futuro viaggiatore. I settori entro cui effettuare le ricerche di maggiore interesse sono costituiti da: • La pratica sportiva, sia per il contributo alla formazione di una mentalità aperta al turismo come conseguenza degli spostamenti necessari alla disputa delle gare a livello provinciale, regionale, nazionale e sia per l’introduzione di discipline che in futuro si svilupperanno come vere e proprie discipline turistiche. • L’abitudine alla vita all’aperto nel campeggio, che, metteva d’accordo sia la tradizione del campus che le usanze militari, alle quali il Regime aveva inteso abituare i giovani. • La costruzione in ogni Comune di una Casa del Balilla, ciascuna delle quali doveva avere al suo interno aule, palestre, ambulatori sanitari, biblioteche e sale riunioni e di proiezione72. Per quanto riguarda l’attività sportiva è da ricordare che la diffusione dello sport in Italia era praticamente inesistente, poiché solo gli appartenenti a classi medio – alte si dedicavano ad alcune discipline importate dall’estero. Alla già ricordate difficoltà di riunire giovani di estrazione sociale diversa, anche in forma di vita collegiale, come spesso richiesto dall’attività sportiva, si aggiungeva la resistenza delle famiglie contadine – la maggioranza nel paese – a consentire ai propri figli di lasciare per alcune ore il lavoro dei campi. Era necessario, inoltre, provvedere al reperimento degli istruttori, spesso esperti stranieri: era il caso degli sport invernali, per i quali venivano scelti maestri austriaci per istruire gli Avanguardisti che da ogni parte d ‘Italia convenivano ai campi e alla scuola di Asiago. 72 Cfr.: A. Sereno, A. Agosteo, Fascismo e turismo (politica e storia del turismo sociale), cit., p. 68. 34 Fu l’ONB che nel 1928 creò la Federazione Italiana degli Sport Invernali. Ottenuto l’incarico di provvedere all’educazione fisica nelle scuole, sino ad allora neanche considerata materia di insegnamento, l’ONB introduceva la pratica di discipline ancora sconosciute, come la palla a volo, la palla canestro, la palla a mano. Mano a mano che l’organizzazione si perfezionava, nascevano le specializzazioni: gli Avanguardisti sciatori, i Balilla marinaretti; venivano inoltre istituite scuole di volo a vela e per tutti gli sport praticati venivano organizzate gare, campionati a base provinciale e nazionale, incoraggiando i giovani a viaggiare e a conoscere luoghi e mentalità diversi. I “Ludi Juveniles” rappresentavano la massima prova, a base provinciale e nazionale, che riassumeva ed esaltava ogni anno l’attività dell’ONB nel campo sportivo e in quello del lavoro con una serie di iniziative che vedevano impegnati giovani e studenti medi di tutta Italia. Un particolare cenno va fatto alle colonie marine e montane, organizzate, prima dall’ONB e poi, dal 1937, dalla GIL, che costituiva un fenomeno di vaste proporzioni, se pensiamo che nel 1927 in 420 colonie venivano ospitati 80.000 bambini e nel 1938 il numero delle colonie saliva a 4357 con 772.000 bambini, ospitati in complessi marini, montani, di pianura, fluviali, lacuali e termali73. Lo straordinario sviluppo dell’attività sportiva, e, in particolare, delle colonie aveva un importante riflesso sul destino turistico di alcune zone del Paese: pensiamo, soprattutto, alla Riviera adriatica, dove erano situati i maggiori complessi, spesso imponenti, che ospitavano nella stagione estiva migliaia di bambini, moltissimi dei quali tornavano, da turisti, poi, nel dopo guerra, nei luoghi della loro infanzia. A completamento dell’attività sportiva e culturale, la GIL organizzava, nel periodo estivo crociere in Italia e nel Mediterraneo. Ufficialmente veniva affermato il carattere educativo del viaggio collettivo, inteso ad evitare gli estremi di un turismo indifferente ai valori culturali e nello stesso tempo si sottolineava il valore propagandistico ottenuto dalla presenza all’estero della gioventù fascista. 73 Cfr.: A. Sereno, A. Agosteo, Fascismo e turismo (politica e storia del turismo sociale), cit., p. 69. 35 Un altro argomento che si collega direttamente con la pratica turistica, è costituito dalla diffusione della vita in campeggio, che, in quegli anni, diveniva costume costante della vita giovanile. L’attività sportiva trovava nelle competizioni provinciali e nazionali i momenti di verifica dell’addestramento, comportando soggiorni in campeggi per i partecipanti; i campeggi estivi e invernali, inoltre, avevano la funzione di abituare i giovani al rigore della vita militare. La conclusione dell’addestramento annuale vedeva nell’organizzazione a Roma del Campeggio Dux la manifestazione più importante; nell’occasione si allestivano vere tendopoli fornite di tutti i servizi necessari per ospitare migliaia di giovani che si esibivano nel saggio finale, consistente in esercizi collettivi di grande effetto coreografico. Un’ulteriore aspetto di interesse turistico che possiamo valutare è la realizzazione da parte dell’ONB delle Case del Balilla in ogni Comune, prevista per legge e dotate di vari servizi. Il sopraggiungere della guerra impediva il completamento del programma, e tuttavia il complesso dei beni appartenenti alla GIL, alla fine del conflitto, era davvero imponente. Se lo Stato italiano avesse utilizzato questi complessi trasformandoli in ostelli della gioventù, oggi avremmo avuto la più grande catena di ostelli d’Europa, in grado di accogliere giovani da tutto il mondo, come è invece accaduto in Germania con le analoghe strutture create per la Hitler – Jugend. In Italia questo patrimonio, che comprendeva edifici ideati dai migliori architetti del momento, è stato posto in liquidazione con la conseguente dispersione e rovina74. 74 Cfr. G. Cucci, Gli architetti e il Fascismo, Einaudi, Torino,1989. 36 2.5. L’ENIT Il più importante Istituto tra quelli operativi per promuovere l’Italia turistica all’estero era L’ENIT; L’ente nasceva nel 1919, subito dopo la prima guerra mondiale con il decreto legge 12 novembre 1919, n. 2099 poi convertito nella legge 7 aprile 1921, n. 610, con la denominazione di Ente Nazionale per l’incremento delle Industrie Turistiche75. Nel primo decennio del XX secolo i flussi turistici, per quanto ridotti, avevano fatto sentire il loro apporto alla bilancia commerciale e, finita la guerra, gli “opinion leader” dell’epoca (il Touring Club Italiano) avevano convinto il legislatore dell’opportunità di stimolare il ritorno dei turisti stranieri in Italia; all’ente venivano assegnate, però, anche altre competenze, per cui poteva considerarsi al centro delle attività turistiche nazionali come esecutore delle direttive governative. Le sue funzioni potevano essere così riassunte: • raccogliere e stampare tutte le notizie che avevano relazione con il movimento turistico, studiare le condizioni e i bisogni delle comunicazioni, dei trasporti in genere, dei servizi doganali, del traffico commerciale e degli influssi che il turismo può avere sulle relazioni sociali; • proporre al Governo tutti i provvedimenti necessari all’incremento dell’industria del forestiero ; • usare tutti i modi di propaganda più efficaci e più degni per far conoscere le glorie e le bellezze dell’Italia agli stessi italiani e agli stranieri; • promuovere dal Governo l’eliminazione delle cause che possono impedire o impacciare lo svolgimento e il progresso del turismo; • promuovere provvedimenti per agevolare il credito all’industria degli alberghi nonché istituire premi e concedere sussidi a istituzioni con finalità anche d’indole igienica o 75 Cfr.: ENIT: da www.apogeonline.com/libri/02002/allegati/studenti/files/cap04_Enit.doc . 37 sanitaria o artistica o di qualunque altra specie, che cooperino al progresso delle industrie turistiche; • favorire l’istituzione di scuole ed istituti professionali; • esprimere il proprio parere sui disegni di legge e sui provvedimenti che concernono tali attività, e, in genere su ogni questione che il Governo presenti in esame all’Ente; • proporre nuovi provvedimenti, avvenimenti, opere, istituzioni, che possano giovare a far conoscere bene l’Italia. Certo questa era sicuramente un’ottima e lucida visione sui provvedimenti e sull’importanza che uno Stato moderno doveva affidare all’importante Industria Turistica. Una delle prime iniziative portate a buon fine dall’ENIT fu la derequisizione degli alberghi che erano stati utilizzati per altri scopi durante la Grande Guerra e le varie azioni volte alla costruzione di nuove strutture ricettive sul territorio nazionale. Per la prima volta si realizzava un censimento degli alberghi curando poi la pubblicazione di uno Schedario Generale degli Alberghi d’Italia. Venivano realizzati molti studi sugli Istituti Alberghieri all’estero e veniva proposta alle FS l’istituzione di nuove linee d’interesse turistico e la concessione di biglietti speciali e ridotti per alcune località turistiche. L’ENIT godeva di un contributo statale annuo di £ 500.000 e di una tassa turistica di 10 centesimi ogni 50£, che gravava sui conti d’albergo e che solo nel corso del 1921 diede un introito di circa 1 milione e mezzo di Lire76. L’attività a mezzo stampa si concentrava nella pubblicazione di opuscoli con i quali si dava notizia di eventi sportivi, o religiosi, di località di sport invernali, di servizi ferroviari di interesse turistico e dei campi di battaglia e dei cimiteri di guerra. L’editoria dell’ente comprendeva anche la realizzazione di cartine dei servizi ferroviari e marittimi. 76 Cfr. : A. Sereno, A. Agosteo, Fascismo e turismo (politica e storia del turismo sociale), cit., p. 30. 38 La pubblicazione e la diffusione di materiale pubblicitario costituiva una delle attività più importanti, anche per la qualità del prodotto, affidata ai migliori artisti del tempo, spesso appartenenti alla corrente artistica del futurismo, della quale restano ancora oggi valide testimonianze. Ma l’espressione più caratteristica dell’attività dell’ENIT era rappresentata dalla creazione di una cospicua rete di uffici all’estero, veri e propri centri di promozione turistica, utili per acquisire notizie sulle possibilità di sviluppo di correnti turistiche locali verso l’Italia, per individuare delle motivazioni prevalenti, per svolgere quel marketing allora inesistente. Dopo il distacco delle attività commerciali con la creazione della CIT, l’ente si avvaleva, per la sua rappresentanza all’estero, di Delegati onorari tratti dalle Camere di Commercio oppure scelti tra i cittadini italiani residenti all’estero e particolarmente noti per la loro attività. Successivamente si provvide ad istituire proprie Delegazioni, con personale dell’Ente e con funzioni ben definite dalla Direzione Generale. Alla vigilia della seconda guerra mondiale l’Ente aveva venti Delegazioni effettive e cinquanta Delegazioni onorarie, che operavano non solo per la promozione dell’Italia all’estero, ma anche per sostenere l’attività delle imprese italiane all’estero coordinando a fini turistici l’azione degli altri enti operanti in quei Paesi. Naturalmente, anche nel caso dell’ENIT, come per tutte le altre realtà istituzionali, può dirsi che l’immagine che si voleva promuovere era quella dell’Italia fascista, una realtà ormai accettata sia nel Paese che all’estero77. 77 Cfr.: A. Sereno, A. Agosteo, Fascismo e turismo (politica e storia del turismo sociale), cit., p. 29. 39 2.6. Le Aziende Autonome di Cura, Soggiorno e Turismo Il Fascismo, che nella sua stessa dottrina incoraggiava l’intervento dello stato nell’economia, proseguiva ed accentuava l’azione iniziata dal governo Nitti con la creazione dell’ENIT e nel 1926 prendeva i primi, importanti provvedimenti: l’istituzione nei Comuni dove il turismo rappresentava la componente principale dell’economia, delle Aziende Autonome di Cura, Soggiorno e Turismo, le quali operavano in un territorio coincidente con quello comunale o anche comprendente più comuni In tal modo si precisavano i compiti dell’ENIT che diveniva il braccio operativo della politica turistica del Governo. Le Aziende Autonome di Cura, Soggiorno e Turismo, venivano istituite nel 1926 con una legge78 definita “pietra miliare del turismo”79, “una delle più grandi benemerenze del Regime Fascista nei confronti del turismo”80; con la nuova legge si incoraggiava l’iniziativa privata e si scindevano i compiti delle Aziende da quelli delle Amministrazioni Comunali che spesso, in alcuni comuni riconosciuti da una legge del 1910 come stazioni di cura, riscuotevano l’imposta di soggiorno, ufficialmente per realizzare opere di miglioramento ma, in realtà, utilizzavano il gettito per far quadrare i bilanci comunali81. Inoltre l’Amministrazione Comunale, che doveva occuparsi dei bisogni dei residenti non poteva, per legge, utilizzare i propri fondi per scopi estranei a quelli di istituto. Era compito delle forze locali proporne la costituzione, mentre al Ministero dell’Interno spettava solo di riconoscerle. Le Aziende infatti godevano di personalità giuridica, ed erano amministrate da un Comitato nel quale doveva risaltare la presenza dell’industria alberghiera e del commercio. 78 Cfr.: Regio decreto legge n. 765 del 15 aprile 1926 sostituito dalla legge 1° luglio 1926 n. 1380 “Provvedimenti per la tutela e lo sviluppo dei luoghi di cura, soggiorno o di turismo”; circolare del Ministero dell’Interno n.16600 in data 19 giugno 1926, e regolamento approvato con decreto n. 16151 del 12 agosto 1927. 79 Cfr.: <<Turismo d’Italia >>, anno I, n.4, settembre 1927, p1. 80 Cfr. Le Stazioni di cura soggiorno e turismo nella nuova legge, in << Turismo d’Italia >> Anno I, n. 5, ottobre 1927, pp. 38 – 40. 81 Cfr. A. Berrino, La nascita delle Aziende autonome e le politiche di sviluppo locale in Italia tra le due guerre, in A. Berrino ( a cura di ), Storia del Turismo Annale 2004, dell’Istituto per la Storia del Risorgimento Italiano Comitato di Napoli , Franco Angeli, Milano, 2005, p. 33 e ss. 40 Le Aziende Autonome di Cura, Soggiorno e Turismo dovevano concorrere: • al miglioramento ed abbellimento delle vie, piazze, spiagge, giardini; • alla costruzione e al miglioramento di comunicazioni di prevalente interesse turistico; • ad incoraggiare, anche con contributi, iniziative che avessero avuto riflesso sull’incremento del movimento di forestieri; • all’impianto e gestione di stazioni meteorologiche; • alla pubblicità e propaganda intesa a favorire l’afflusso dei turisti; • alla partecipazione a mostre, concorsi e fiere. Alle Aziende era attribuita, in generale, una funzione di vigilanza su tutti i pubblici “stabilimenti” frequentati dai turisti, con l’obbligo di segnalazione ai competenti organi circa irregolarità e inconvenienti lamentati. Le Aziende provvedevano inoltre al rilevamento statistico del movimento turistico nel territorio di propria competenza, secondo le direttive dell’istituto centrale di statistica e dell’ENIT. La legge e il relativo regolamento contenevano le norme di organizzazione dell’Azienda circa gli organi direttivi, i bilanci,i controlli e il finanziamento, che era assicurato prevalentemente dal gettito dell’imposta di soggiorno, della quale, di regola, l’Azienda curava la riscossione. Le più note Aziende Autonome di Cura Soggiorno e Turismo sorsero a Firenze, Cortina d’Ampezzo, Viareggio e Sanremo. A Roma non si costituiva l’Azienda in quanto un articolo del concordato tra Stato e Chiesa impegnava il Governo a rispettare il carattere sacro di Roma e di conseguenza non si voleva istituire l’imposta di soggiorno a carico dei pellegrini o comunque di coloro che visitavano il centro del cattolicesimo. Le aziende svolgevano un importante compito perché rappresentavano il primo contatto dell’ospite straniero con la realtà italiana. Il turista si sentiva assistito in ogni circostanza, riceveva gratuitamente ogni informazione e il materiale illustrativo della località e, cosa 41 particolarmente apprezzata, era assistito in caso di furti o raggiri, dei quali, purtroppo, il turista era vittima anche in quell’epoca. Si può affermare quindi che le Aziende Autonome di Cura Soggiorno e Turismo, proseguivano in loco l’azione propagandistica iniziata dagli altri Enti all’estero82. 82 Cfr.: A. Sereno, A. Agosteo, Fascismo e turismo (politica e storia del turismo sociale), cit., p. 26. 42 3.1. La situazione del turismo italiano tra le due guerre Nel periodo tra le due guerre iniziò a maturare una maggiore consapevolezza del ruolo che turismo poteva svolgere nell’economia nazionale. Come già descritto in precedenza, la sensazione dell’arretratezza, unita alle potenzialità di sviluppo del settore turistico, fece maturare in molti la convinzione che fosse necessario un intervento statale per il turismo; così nel 1919 viene istituito l’ENIT, che rappresentò il primo, vero, intervento statale per il turismo83. L’industria turistica nel suo complesso sembrava ancora nella fase dell’infanzia; inoltre il mondo stava cambiando e vi era netta la percezione che l’epoca del turismo aristocratico fosse terminata e che una nuova competizione si stesse avviando sul mercato europeo per accaparrarsi i turisti stranieri. L’Italia doveva organizzarsi di conseguenza, rendendo fruibili le proprie bellezze artistiche, attraenti le località sulla costa. In pratica era tutto ancora da fare. Altra caratteristica del turismo italiano degli anni Venti e Trenta era la completa assenza di strutture ricettive in alcune località, in particolare al sud e in Sicilia84. Fino agli inizi degli anni Venti la maggior parte della classe media non era mai andata in vacanza, e poco diffusi erano anche i viaggi per conoscere le altre regioni italiane; inoltre i pochi momenti di vacanza erano trascorsi sempre in località non molto lontane dalle città di origine85. Sotto questo punto di vista, gli anni Venti e Trenta rappresentano gli anni della svolta turistica, in quanto la nuova classe media comincia ad “andare in ferie”86. Questa novità faceva aumentare la domanda interna, mentre l’offerta di servizi iniziò a diversificarsi proprio per adattarsi ai diversi segmenti di domanda — iniziano infatti a sorgere vicino agli alberghi di lusso anche pensioni e alberghetti87. 83 Cfr.: P. Battilani, Vacanze di pochi, vacanze di tutti, l’evoluzione del turismo europeo, cit., p. 218. Cfr.: ibidem. 85 Cfr.: P. Battilani, Vacanze di pochi, vacanze di tutti, l’evoluzione del turismo europeo, cit., p. 219. 86 Ibidem. 87 Cfr.: ibidem. 84 43 Nei suoi primi anni di vita, l’ENIT avviò molte iniziative mirate allo sviluppo del settore turistico italiano, come la promozione per l’istituzione di Istituti Alberghieri su tutto il territorio italiano, tanto che nel 1928 diverse città italiane potevano vantarne almeno una88. Un altro importante intervento dell’ENIT riguardò l’avvio delle statistiche sul turismo, grazie alle quali divenne possibile per la prima volta tracciare un quadro generale del fenomeno nel nostro Paese e soprattutto valutare la consistenza delle presenze italiane, che era stato fino ad allora un vero mistero. Queste rilevazioni mostrarono nel corso degli anni venti, un flusso di oltre 6 milioni di turisti italiani distribuiti in varie località del nostro Paese, che diede origine ad un numero di presenze alberghiere che andava tra i 16 e i 20 milioni. La domanda interna di servizi turistici assumeva così una sua dignità e si rivelava ben superiore a quella estera, pari circa ai due terzi di quella complessiva89. L’attività turistica nel corso degli anni venti, pur risultando complessivamente in crescita, mostrò un andamento molto ciclico, in sintonia con quanto avveniva nell’economia nel suo complesso. Vi fu una rapidissima ripresa negli anni tra il 1923 e il 1925, anche perché il 1925 venne dichiarato Anno Santo dalla Chiesa, e questo fece giungere in Italia una gran massa di pellegrini90. Poi si ebbe una ricaduta, dovuta in parte alla rivalutazione della lira e alla recessione, questa durò fino al 1928; solo nel 1929, infine, si ebbe una ripresa91. Negli anni Venti e Trenta il turismo non era più un fenomeno di élite e aveva acquisito una maggiore importanza economica; nel caso italiano non si può ancora parlare di turismo di massa, se con questo termine si vuole indicare un fenomeno che attraversa tutti gli strati sociali della società, perché solo una classe medio – alta poteva permettersi di spendere, per una quindicina di giorni di villeggiatura, almeno 280 lire, che corrispondevano al salario netto mensile di un operaio 88 Cfr.: ivi, p. 220. Cfr.: P. Battilani, Vacanze di pochi, vacanze di tutti, l’evoluzione del turismo europeo, cit., p. 219. 90 Ivi, cit., p. 222. 91 Ibidem. 89 44 dell’industria92. I motivi di una crescita del settore turistico, dunque, in questo momento storico così delicato, vanno ricercati nel processo di industrializzazione iniziato alla fine dell’800 e continuato nel periodo fascista, che andava ad ingrossare le fila della classe media93. Una seconda serie di ragioni va ricollegata all’intensa campagna di promozione dello stato fascista che si intensificò negli anni Trenta con la realizzazione di diverse iniziative. Un’altra occasione per lo sviluppo turistico negli anni Venti e Trenta si realizzava nella disponibilità di tempo libero che i lavoratori (impiegati e poi operai) iniziavano ad avere con l’attuazione di contratti di lavoro che prevedevano l’orario di lavoro di 8 ore e le ferie pagate (10 – 20 giorni per gli impiegati, 6 giorni per gli operai)94. Complessivamente possiamo affermare che negli anni Venti e Trenta il turismo italiano si limitò ad esprimere le sue potenzialità accogliendo una parte del ceto medio; sarebbe però sbagliato sottovalutare l’importanza delle trasformazioni avvenute nel Ventennio, sia perché esse rappresentarono comunque un notevole passo in avanti in termini di quantità di servizi consumati, sia perché fu proprio nel periodo tra le due guerre che si delineò la fisionomia della domanda e dell’offerta turistica delle diverse zone di attrazione italiane95. Inoltre non va dimenticato che secondo una statistica del 1934 elaborata dalla Società delle Nazioni, sui 31 Paesi considerati l’Italia era al terzo posto (dopo Francia e Canada e davanti agli USA) per l’entità delle entrate turistiche96. 92 Cfr.: P. Battilani, Vacanze di pochi, vacanze di tutti, l’evoluzione del turismo europeo, cit., p. 227. Ibidem. 94 Ivi, cit., p. 229. 95 Ibidem. 96 Cfr.: F. Paloscia, Storia del turismo nell’economia italiana, Roma, Petruzzi, 1994. 93 45 3.2. La “villeggiatura” nel Ventennio. Il fatto che nel periodo tra le due guerre il turismo balneare e climatico, in altre parole la “villeggiatura”, avesse acquisito una certa importanza nel nostri paese, trova una conferma indiretta nella decisione presa dal Touring Club di stampare per la prima volta nel 1932 una guida esclusivamente dedicata alle stazioni climatiche e alle stazioni di mare97. Negli anni trenta si consolidano tre diverse caratterizzazioni dell’offerta: le mete del turismo internazionale (Costiera Ligure, Costiera Amalfitana e alcune località come Taormina e Lido di Venezia), le mete del turismo estivo italiano (Costa Tirrenica e Costa Adriatica), le località dove si era sviluppato soltanto il turismo domenicale dei residenti nelle città limitrofe98. Da una parte abbiamo la conferma di località già affermate alla fine dell’Ottocento soprattutto in ambito internazionale, mostrandosi capaci di esercitare una notevole attrattiva anche sui turisti stranieri; il loro, è soprattutto un turismo invernale (in genere quello degli inglesi e nordamericani) o primaverile ( quello dei tedeschi), e riguarda quasi esclusivamente due zone, la Costiera Sorrentino - Amalfitana e quella ligure. Oltre alla Riviera ligure e quella amalfitana, vi erano poi alcune importanti località come Taormina, Mondello, Lido di Venezia, che attiravano parte dell’alta società internazionale grazie al loro patrimonio artistico o a quello di zone limitrofe. 99 La domanda turistica interna, della classe media italiana favorì lo sviluppo di un secondo gruppo di cittadine balneari. Queste ospitavano una clientela che richiedeva generalmente sistemazioni poco costose, le zone che negli anni Trenta legarono la loro prosperità al turismo degli italiani furono la Costa Tirrenica e la Costa Adriatica centro – settentrionale100. Negli anni Trenta sulla Costa dell’Emilia – Romagna si contavano circa 220 alberghi, tra cui alcuni degli alloggi più economici d’Italia, delineando così una vocazione per il turismo indirizzato alle 97 Cfr.: P. Battilani, Vacanze di pochi, vacanze di tutti, l’evoluzione del turismo europeo, cit., p. 222. Cfr. ibidem. 99 Cfr. ivi, cit., p.223. 100 Cfr. ivi, cit., p.224. 98 46 classi medio – basse. Sul versante tirrenico, invece, le marine toscane e in particolar modo Viareggio davano ospitalità ad una clientela di ceto medio – alto. A tal proposito è interessante prendere in considerazione dei dati che offrono un confronto fra le presenze alberghiere a Viareggio e a Cesenatico per categoria alberghiera. A Viareggio nel 1929 il 62 % delle presenze venne registrato in strutture di 1a e 2a categoria (quelli più costosi), a Cesenatico esse raccoglievano appena il 9% delle presenze101. Nel sud del Paese la situazione era molto meno florida, poiché escludendo le già citate Taormina e Mondello in Sicilia, e la ben nota Costiera Amalfitana, tutto il resto non presentava alcun insediamento turistico di rilievo, diverse erano le località mete di un turismo domenicale ed estivo ma destinato ai residenti della zona, anche perché mancavano del tutto quelle strutture ricettive che avrebbero potuto attirare il turismo forestiero102. 3.3. Il Club Alpino Italiano e il Turismo montano Il Club Alpino Italiano nasce nel 1863 ed ha lo scopo di far conoscere le montagne italiane, e di agevolarne le escursioni, le salite e le esplorazioni scientifiche103. Il CAI era organizzato in una sede centrale e varie sezioni periferiche, indipendenti dalla sede centrale. Nel 1931 il Fascismo intervenne nell’organizzazione del Club, specificandone dapprima i fini, che assumono una rilevanza pubblica perché deve controllare e dirigere l’attività delle guide alpine e dei portatori alpini, e curare l’istruzione e l’educazione degli alpinisti104. Nel 1938, poi, il Club Alpino Italiano passa sotto la vigilanza politica e sportiva del CONI, quale organo del partito fascista e viene sancito che tutte le attività vengano indirizzate al potenziamento militare della nazione; sicché gli 101 Cfr.: P. Battilani, Vacanze di pochi, vacanze di tutti, l’evoluzione del turismo europeo, cit., p.224. Cfr. ibidem. 103 Cfr. A. Sereno, A. Agosteo, Fascismo e turismo (politica e storia del turismo sociale), cit., p. 90. 104 Cfr. ibidem. 102 47 veniva cambiata la denominazione in Centro Alpinistico Italiano, denominazione che manterrà fino al 1963, quando riassunse l’originale denominazione, ma mantenne le funzioni pubbliche ricoperte dal 1931, tra cui il soccorso alpino che i soci prestano a titolo volontaristico105. Nel periodo tra le due guerre anche il turismo montano conobbe un primo significativo sviluppo: la Val d’Aosta che nel 1919 contava 73 alberghi, giunse nel 1936 a contarne ben 156, mentre il Trentino ne contava alcune centinaia106. Tuttavia la trasformazione più importante, che diede impulso alla crescita del turismo invernale, fu la costruzione dei primi impianti di risalita, il primo a Cortina d’Ampezzo che costruì il suo primo impianto già nel 1926.107 Sugli Appennini il turismo invernale era quasi ovunque irrilevante, molto più sviluppato, nelle località appenniniche, era invece il turismo termale. 3.4. Il Turismo termale Durante il primo dopoguerra, le terme si proposero sempre più come luogo di cura, mentre l’aspetto ludico e ricreativo passò in secondo piano; a questa trasformazione contribuì sia lo sviluppo del termalismo sociale sia la difficoltà a competere con i nuovi tipi di vacanza, in primo luogo i soggiorni marini. Il termalismo sociale rappresentò dunque un’occasione di sviluppo in un contesto in cui la villeggiatura nelle città d’acqua aveva perso parte del suo fascino presso l’alta società108. Tre provvedimenti ne segnarono la crescita: la prima tappa fu l’approvazione della legge n.3184 del 30.12.1923 sull’invalidità, che pose in primo piano la concessione delle terapie idrotermali; già nel 1925 un notevole numero di assistiti si recò alle terme di Salsomaggiore direttamente gestite dalla Cassa Nazionale delle Assicurazioni Sociali109. Un altro passaggio importante fu la legge n. 1827 del 4.10.1935, che contemplò l’astensione di tali cure per evitare, ritardare o eliminare uno stato 105 Cfr. ibidem. Cfr.: P. Battilani, Vacanze di pochi, vacanze di tutti, l’evoluzione del turismo europeo, cit., p. 225. 107 Cfr. ibidem. 108 Cfr.: P. Battilani, Vacanze di pochi, vacanze di tutti, l’evoluzione del turismo europeo, cit., p. 226. 109 Cfr. ibidem. 106 48 invalidante e diede facoltà all’Inps di gestire direttamente gli stabilimenti termali110. Infine i contratti di lavoro del 1936 – 1939 inserirono fra le prestazioni contro le malattie anche l’erogazione delle cure balneo – termali, prima agli impiegati e poi anche agli operai del comparto industriale111. 110 111 Cfr. ibidem. Cfr. ivi, p. 227. 49 4.1. Il Molise nel Ventennio dall’emigrazione ad un progressivo sviluppo. L’emigrazione molisana dei primi anni del 900 s’inserisce nell’ambito di un processo migratorio già avviato nell’800, allorché avvenivano continui trasferimenti che portavano la popolazione a spostarsi progressivamente dalla montagna e dalla collina interna verso la collina litoranea adriatica, oltre che nei circondari di Isernia e Campobasso, a cui si aggiunsero poi le migrazioni verso il nord e sud America. Il Fascismo, cercò di cambiare strada rispetto al passato. Già nel 1927 dell’emigrazione dava un’interpretazione “ideologica”, considerandola un fattore di anemizzazione delle energie del popolo italiano e di rinsanguamento di popoli ormai consunti dal punto di vista razziale e sociale; per questa ragione essa era ridimensionata a occasione di ricomposizione familiare112. La spinta alla mobilità, tuttavia, era troppo forte perché fosse del tutto soffocata. Nel corso degli anni Trenta, gli italiani che espatriarono furono comunque oltre 400.000 — considerando in questo numero anche coloro che furono coinvolti nelle diverse imprese internazionali del regime; tra loro, circa 7000 furono i molisani, almeno quelli ufficialmente censiti113. Quando nel 1935 furono avviate le operazioni militari e di lì a poco le opere di costruzione civile in Africa Orientale, un fiume di gente si dichiarò disponibile per quella che, al di là della propaganda “imperiale”, si configurava come una vera e propria “emigrazione coloniale”: furono 600.000 le domande presentate a livello nazionale per impieghi militari, poco meno di 3000 quelle avanzate nel solo Molise, accolte per meno di una metà. Le domande di assunzione per lavoro furono ancora più numerose (4000), ma le chiamate solo 555114. 112 Nonostante i tentativi del regime di opporsi all’urbanesimo con provvedimenti restrittivi della mobilità, nel corso degli anni trenta la media annuale dei cittadini italiani che cambiarono residenza superò la cifra di 1.200.000 unità. Questi flussi furono in parte a largo raggio, dal sud verso il nord, con una prefigurazione del fenomeno, assai più massiccio, che si verificherà negli anni cinquanta e sessanta. Cfr. G. Massullo, Storia del Molise in età contemporanea, Roma, Donzelli Editore, 2006, (a cura di) G. Massullo, cit., p.477. 113 Cfr.: G. Massullo, Storia del Molise in età contemporanea, Roma, Donzelli Editore, 2006, (a cura di) Norberto Lombardi, p.585. 114 Cfr. ibidem. 50 Molti erano, poi, i molisani che negli anni Venti e Trenta vivevano e lavoravano più o meno stabilmente fuori dai confini provinciali, soprattutto a Roma, città in quel periodo in straordinario incremento del proprio saldo migratorio. Gli emigranti molisani nella capitale erano: arrotini ambulanti di S. Elena; molti altri lavoravano nel settore della ristorazione; altri ancora trovavano occupazione nei lavori pubblici di una città sottoposta ai corposi interventi urbanistici che stavano per stravolgere il volto millenario di Roma, velando con fasti propagandistici una grandezza imperiale che era ben lungi dall’essere riconquistata115. In questo contesto demografico, nella provincia di Campobasso, ancor più in ogni altro territorio del paese, si affermava il “ruralismo” fascista. Uno dei motivi principali dell’enorme emigrazione molisana era da ricercarsi nella sottoccupazione dovuta alle difficoltà della produzione agricola. Non svolsero, infatti, un grande ruolo nella modernizzazione agricola neppure i circoscritti interventi di bonifica. Analogamente a quanto andava accadendo nel complesso dei numerosi e vasti comprensori che nel Mezzogiorno d’Italia s’intendeva sottoporre a “bonifica integrale”, anche in Molise lo scarto tra la grandiosità del progetto e il peso delle difficoltà del regime,determinò la modestia del risultato.116 La provincia raggiunse tassi talmente alti di addetti al settore primario117 e di smantellamento di quel poco di industriale che fino ad allora si era potuto intravedere, da farle guadagnare, nel 1937, l’allora sbandierato — ma in realtà dal punto di vista dello sviluppo economico davvero poco encomiastico ed entusiasmante — titolo di “provincia ruralissima”118. 115 Cfr .: G. Massullo, Storia del Molise in età contemporanea, Roma, Donzelli Editore, 2006, (a cura di) G. Massullo, p. 478. 116 Cfr. ivi, p. 483. 117 Nel 1936 al settore agricolo provinciale appartenevano l’80% degli occupati, mentre solo l’11,5% erano quelli addetti al secondario, pressoché unicamente rappresentato dalle tradizionali attività artigianali, e appena l’8,5% ai servizi . Cfr .: G. Massullo, Storia del Molise in età contemporanea, Roma, Donzelli Editore, 2006, (a cura di) G. Massullo, p. 481. 118 Cfr .: G. Massullo, Storia del Molise in età contemporanea, Roma, Donzelli Editore, 2006, (a cura di) G. Massullo, p. 480. 51 Particolare attenzione merita il fenomeno delle “rimesse degli emigranti”; infatti, una parte significativa dei risparmi degli emigranti rifluivano verso le comunità di origine nel sostegno al reddito dei familiari rimasti in paese. A livello nazionale, nel primo decennio del Novecento entrarono nel paese un media di oltre 290 milioni di lire nella forma delle “rimesse visibili”, cioè di quelle avvenute attraverso i canali finanziari ufficiali del Banco di Napoli e delle Casse di risparmio postali; importo che sale a 450 milioni di lire aggiungendo a quel valore l’altro, per ovvie ragioni solo stimato, delle altrettanto cospicue “rimesse invisibili”, vale a dire quelle effettuate direttamente dagli emigranti attraverso canali informali costituiti dalle loro stesse tasche o dall’affidamento del prezioso provento delle loro fatiche transoceaniche a persone di fiducia.119 Nel primo dopoguerra il valore annuale delle rimesse balzò a importi ancora maggiori, raggiungendo nel 1920 i 5 miliardi di lire120. Queste rimesse ricoprivano un ruolo centrale nell’ economia delle famiglie rimaste in patria e furono utilizzate per l’estinzione dei debiti ma soprattutto per l’acquisto fondiario121. Il notevole trasferimento della proprietà fondiaria in mani contadine comportava una crisi profonda per il cosiddetto ceto dei “galantuomini”, infatti man mano che l’emigrazione aumentava di intensità, si assisteva alla rarefazione della manodopera sul mercato locale del lavoro, con conseguente aumento dei salari agricoli122. L’insieme di questi cambiamenti innescò un più generale processo di miglioramento delle condizioni di vita nella provincia e, con il miglioramento delle condizioni igieniche dovuto alla realizzazione di case salubri, sempre grazie alle “rimesse degli emigranti”, si ebbe una progressiva diminuzione del tasso di mortalità123. 119 Cfr. ivi, cit., p. 469. Cfr. Ibidem. 121 Cfr. Ivi, cit., p. 470. 122 Cfr. G. Massullo, Storia del Molise in età contemporanea, Roma, Donzelli Editore, 2006, (a cura di) G. Massullo, cit., p. 471. 123 Cfr. ivi, cit., p.472. 120 52 4.2. Il Piano Urbanistico del Fascismo per Termoli, tra turismo e architettura. Un ulteriore segnale dell’interesse del regime per lo sviluppo del turismo è dato dalla realizzazione di un progetto per il piano regolatore di Termoli, elaborato dall’ingegnere Gaetano Sciarretta nell’ottobre 1928, che però non fu mai attuato. Esso, evidentemente, s’inseriva nel più ampio programma d’interventi di bonifica previsti nella zona del Basso Biferno, che prevedevano anche l’avvio dei lavori per il porto mercantile, che dopo decenni erano stati finalmente approvati nel 1905124. Il piano per la “città futura” dello Sciarretta prevedeva non solo il completamento insediativo dell’abitato esistente compreso tra il Borgo antico e la ferrovia, all’interno del quale presumibilmente si sarebbero integrate le prime attrezzature ricettive e i primi stabilimenti balneari, nell’ottica di favorire uno sviluppo turistico dell’area, ma anche un ulteriore ampliamento della città oltre la linea ferroviaria, caratterizzato da un impianto a scacchiera, simmetrico rispetto a un grande asse trasversale al tracciato della ferrovia, nel quale trovava posto anche un impianto sportivo. Un disegno che, inglobava il nucleo ferdinandeo in un più regolare piano di espansione.125 124 Cfr. G. Massullo, Storia del Molise in età contemporanea, Roma, Donzelli Editore, 2006, (a cura di) R. Parisi, cit., p.283. 125 Cfr. ivi, p.284. 53 4.3. Il turismo montano in Molise. L’attenzione per il turismo montano in Molise derivava dalla sezione del Club Alpino di Napoli. Sono note alcune spedizioni degli alpinisti napoletani, prima della Società Alpina Meridionale, poi del Club Alpino Italiano, verso le cime molisane, già nel 1885 e successivamente , sempre a fine Ottocento, la costruzione di un piccolo rifugio sulla vetta del monte Miletto e la concessione per costruirne un altro sulle Mainarde segnavano fisicamente la presenza degli alpinisti napoletani sulle cime molisane126. Nel 1928 e nel 1929 il Touring Club Italiano fa partire le prime esperienze di promozione turistica del Molise, nel 1928 pubblicava un saggio per la promozione turistica del Matese, mentre l’anno successivo sempre il Touring Club Italiano organizzava una “Sagra del Matese” , che avrebbe registrato circa 8000 visitatori127. Ma bisognerà poi attendere fino alla metà degli anni 70 per poter considerare Campitello Matese un polo di attrazione per il turismo montano, soprattutto per gli sciatori del Napoletano128. 126 Cfr.: G. Massullo, Storia del Molise in età contemporanea, Roma, Donzelli Editore, 2006, (a cura di) M. Armiero, p.261 e ss. 127 Cfr.: G. Massullo, Storia del Molise in età contemporanea, Roma, Donzelli Editore, 2006, (a cura di) M. Armiero, p.261 e ss. 128 Cfr.: G. Massullo, Storia del Molise in età contemporanea, Roma, Donzelli Editore, 2006, (a cura di) M. Armiero, p.261 e ss. 54 4.4. Le Leggi Fasciste per il turismo. Il complesso dell’attività svolta dal fascismo in materia di turismo trovò riscontro in una serie di interventi legislativi che costituirono un “corpus” unico nel suo tempo. Anche riguardo a materie aventi, direttamente o indirettamente, connessioni con il turismo. Furono adottati incisivi provvedimenti di cui bisogna tenere conto se si vuole avere una visione completa del ruolo avuto dal turismo nella politica del regime129. Si trattava di una produzione legislativa che affrontava il fenomeno turistico in una chiave “sociale” che solo di recente, dopo anni di relegazione nel settore dei servizi, iniziava ad essere riconosciuta come propria e determinante del settore. Solo tra il 1980 e 90 infatti ci si inizia a rendere conto dell’estesa ramificazione del fenomeno in tutti i settori sociali del paese. Si vide dapprima come una conquista l’inquadramento del turismo nel settore industriale, con questo passaggio veniva riconosciuta una dignità maggiore agli operatori ammettendo che il turismo aveva una produttività enorme per il Paese130. Ma anche in questo caso se ne trascurava la trasversalità, le molteplici motivazioni che spingevano il movimento turistico (dalla religione allo sport, dal tempo libero all’impegno culturale ecc.). Si proseguì quindi con gli studi fino a giungere, a livello internazionale, a definire il turismo come “un fatto sociale”131. Un fatto sociale e quindi culturale in cui l’economia passava in secondo piano, lasciando ora il posto ad una visione sociale e culturale del movimento della popolazione. Ebbene questa visione moderna del turismo era già stata “scoperta” dal regime e su questa si organizzava il settore, con criteri che potremmo definire illuminanti soprattutto considerando il periodo storico132. 129 Cfr. A. Sereno, A. Agosteo, Fascismo e turismo (politica e storia del turismo sociale), cit., p. 79. Cfr. Ivi, cit., p. 80. 131 Cfr. Ibidem. 132 Cfr. Ivi, cit., p.81. 130 55 Dal regime vennero emanati provvedimenti per l’organizzazione centrale del sistema, organizzazione periferica, disciplina delle attività turistiche, interventi di sostegno ed agevolazioni fiscali133. Per quanto riguarda l’organizzazione centrale del sistema turistico, possiamo citare: • L’istituzione, tramite Regio Decreto n. 1434 del 6.08.1934, del Sottosegretariato di Stato per la Stampa e la Propaganda, che aveva compiti di controllo del settore, studio, elaborazione e promozione dei provvedimenti necessari al settore, impartire le direttive e coordinare le attività delle amministrazioni e degli enti interessati • Con il Regio Decreto n. 1009 del 24.06.1935 le funzioni del Sottosegretariato furono assimilate dal Ministero per la Stampa e la Propaganda, a cui veniva affiancato il Consiglio Centrale del Turismo, presieduto da tutti i presidenti degli enti coinvolti in modo diretto o indiretto con il turismo. • Infine il 27.05.1937, il Ministero della Stampa e Propaganda scompare e le sue funzioni passano al neonato Ministero per la Cultura Popolare (MinCulPop) 134. Per quanto concerne l’organizzazione del sistema turistico periferico alcuni dei provvedimenti più importanti furono: • L’istituzione delle Aziende Autonome di Cura, Soggiorno e Turismo con Regio Decreto n.765 del 15.04.1926, tale decreto disponeva che, ogni Comune, borgata, frazioni, nei quali il turismo partecipa in modo sostanziale all’incremento dell’economia locale, venga dichiarato Stazione di Cura, Soggiorno o Turismo135. 133 Cfr. A. Sereno, A. Agosteo, Fascismo e turismo (politica e storia del turismo sociale), cit., p. 81. Ivi, cit., p. 83, 84. 135 Ivi, cit., p. 91. 134 56 • Un’ulteriore provvedimento della gestione turistica periferica, che risale all’epoca fascista, fu la creazione con Regio Decreto n. 1425 del 20.06.1936 degli Enti Provinciali per il Turismo136. Questi enti sorsero in ogni provincia e avevano funzioni di studio dei problemi turistici e la loro risoluzione a favore dell’incremento turistico provinciale, coordinazione e organizzazione degli enti e delle associazioni il cui scopo era la promozione del turismo dei forestieri. Gli Enti provinciali per il turismo promuovevano, coordinavano e disciplinavano, inoltre, le manifestazioni e le iniziative di interesse turistico. Ulteriori norme per disciplinare ed incentivare il turismo furono varate dal regime tra il 1935 e il 1937, le più importanti furono: • Le leggi n. 284 del 10.02.1936 e la legge n. 35 del 24.02.1936, riguardo alle facilitazioni alla circolazione degli automobilisti e motociclisti stranieri, tra cui buoni sconto benzina, tessere sconto per l’ingresso nei musei di Stato e prezzi ridotti in alberghi convenzionati137; • La legge n. 2650 del 30.12.1937 che disciplinava le Agenzie di Viaggio e Turismo definendone compiti e competenze138; • La legge n. 1268 del 04.06.1936 riguardo i provvedimenti a per favorire il movimento turistico; questa legge autorizzava, tramite L’Istituto Nazionale per i Cambi con l’Estero, banche, agenzie di viaggio, organizzazioni turistiche a disporre pagamenti in Lire dall’estero mediante l’uso di assegni bancari turistici non trasferibili139. • Con la Legge n. 1249 del 17.06.1937 vennero disciplinate le professioni di Guide, Interpreti e Corrieri, la legge disponeva l’autorizzazione all’esercizio di queste professioni solo dopo aver sostenuto un esame di accertamento della capacità tecnica con una commissione 136 Cfr. A. Sereno, A. Agosteo, Fascismo e turismo (politica e storia del turismo sociale), cit., p. 96. Cfr. Ivi, cit., p. 100. 138 Cfr. Ivi, cit., p. 102. 139 Cfr. Ivi, cit., p. 105. 137 57 composta da rappresentanti del PNF, della prefettura, degli enti locali e da un docente di lingue estere140. • La Legge del 30.12.1937 n.2651, forniva un inquadramento delle strutture ricettive, tali strutture venivano classificate dagli enti provinciali per il turismo, e in base ai servizi offerti veniva loro assegnata la categoria, si avrà una successiva e definitiva classificazione nel 1939 dove gli alberghi venivano classificati in : lusso, prima categoria, seconda, terza e quarta141. • Altre importantissime leggi furono: la legge 1080 del 01.06.1939, per la tutela delle cose di interesse artistico e storico, e la legge n. 1497 del 29.06.1939 per la protezione delle bellezze naturali142. Questi provvedimenti evidenziano un interesse notevole del Regime per quelli che erano considerati i “serbatoi” di interesse turistico e tentava una prima classificazione allo scopo di tutelarli. La legge n. 1089, prendeva in considerazione le cose, gli immobili e mobili, che presentano interesse artistico, storico, archeologico o etnografico, comprese: a) Le cose che interessano la paleontologia, la preistoria e le primitive civiltà; b) Le cose di interesse numismatico; c) I manoscritti, i documenti, gli autografi, i carteggi, nonché i libri, le stampe e le incisioni aventi caratteristiche di rarità e pregio. Questo patrimonio era attribuito alla competenza del Ministro per l’Educazione Nazionale che si avvaleva del Consiglio Nazionale dell’Educazione, delle Scienze e delle Arti per la verifica dei beni in questione, il loro restauro o modifica era vincolato all’autorizzazione 140 Cfr. A. Sereno, A. Agosteo, Fascismo e turismo (politica e storia del turismo sociale), cit., p. 106. Cfr. Ivi, cit., p. 115. 142 Cfr. Ivi, cit., p. 121. 141 58 dell’autorità competente, ne era inoltre regolata l’esportazione e l’importazione, i beni potevano essere espropriati per pubblica utilità143. La legge n. 1497 prevedeva la protezione di : a) Le cose immobili che hanno cospicui caratteri di bellezza naturale o di singolarità geologica; b) Le ville, i giardini e i parchi, non di interesse storico o artistico, ma che si distinguono per la loro non comune bellezza; c) I complessi di cose immobili che compongono un caratteristico aspetto avente valore estetico tradizionale; d) Le bellezze panoramiche considerate come quadri naturali e così come pure quei punti di vista o di belvedere, accessibili al pubblico, dai quali si goda lo spettacolo di quelle bellezze. Nel 1940 venne dettato il regolamento di applicazione della legge che disciplinava i vari procedimenti di tutela, controllo, esproprio, etc.144. 143 144 Cfr. A. Sereno, A. Agosteo, Fascismo e turismo (politica e storia del turismo sociale), cit., p. 122. Cfr. Ivi, cit., p. 123. 59 Conclusioni Come già affermato in precedenza, il fascismo irrompeva nella scena politica italiana in uno scenario che presentava particolari e drammatiche condizioni economico – sociali, dove, la classe media, dopo anni di guerra militare e civile era pronta a dare fiducia ad un “Uomo Nuovo” che avesse saputo ridare ordine e dignità all’Italia. Il fascismo esaltava la funzione sociale e i valori del ceto medio conquistandone quindi la fiducia, d’altro canto la classe media aveva ora a disposizione, grazie al regime, una serie di servizi sociali che per la prima volta nella storia erano forniti dallo Stato. Non c’è dubbio che il fascismo creava questi servizi sociali a scopo propagandistico, ma è altrettanto vero che, in un periodo come quello del primo dopoguerra, i miglioramenti apportati dal regime al tenore di vita dell’italiano medio erano notevoli e l’eccezionale incremento turistico degli anni Venti e Trenta rappresentava un segnale evidente di questo miglioramento. Un’ulteriore osservazione va fatta tenendo in considerazione la situazione del popolo residente al sud dell’Italia degli anni Venti dove, come in Molise, circa l’80 per cento della popolazione era impiegata nel settore primario e ben poco aveva a che fare con le varie organizzazioni del regime. In Molise come in altre aree al sud del Paese si assisteva ad un’imponente emigrazione, vista come unica possibile risoluzione ad un problema molto più grave di quello fascista che era la fame. Ma quella forte emigrazione, ha però prodotto anche un effetto positivo, infatti, la bassa pressione della popolazione sul territorio ha contribuito al contenimento del degrado ambientale145. Questo aspetto, associandosi a un modesto livello di industrializzazione e urbanizzazione, ha permesso di conservare una qualità ambientale riscontrabile in poche altre regioni italiane. Potrebbe essere molto importante, adesso, incentivare un turismo “ecosostenibile” che potrebbe rappresentare un importante volano soprattutto per lo sviluppo delle zone interne della Regione, nonché un modo per riavvicinare il Molise a modelli di crescita rispettosi della vocazione produttiva 145 Cfr. ivi, p. 675. 60 e delle peculiarità rurali e culturali dell’area146. Infatti, “le attività ‘sostenibili’ permetterebbero la creazione di nuovi posti di lavoro nella ricettività, nell’artigianato, nei servizi per il turismo, nella formazione, nell’educazione ambientale, nella comunicazione, nelle attività culturali, nella salvaguardia del territorio e nella manutenzione dei parchi e dell’ambiente”147. 146 Cfr. C. Pesaresi, Il Molise: una regione in crisi demografica. Alcune proposte di sviluppo turistico, comunicazione presentata al 48° Convegno nazionale AIIG, Campobasso, 2-5 settembre2005. 147 Cfr. C. Guacci, Marginalità: da vincolo a risorsa, comunicazione presentata al 48° Convegno nazionale AIIG, Campobasso, 2-5 settembre 2005, p. 2. 61 Bibliografia • Agosteo A., Sereno A., (a cura di) Fascismo e turismo (politica e storia del turismo sociale), vol. 21, collana della SIST-Roma Aprile 2007. • A. Berrino, La nascita delle Aziende autonome e le politiche di sviluppo locale in Italia tra le due guerre, A. 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