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Identificazione - Corso di Perfezionamento Post

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Identificazione - Corso di Perfezionamento Post
Identificazione
a cura di Ludovica Grassi
Il concetto di identificazione è fondamentale per la comprensione dello sviluppo e
dell’organizzazione della personalità, in quanto meccanismo inconscio che interviene nella
formazione dell’Io, del Super-Io e dell’ideale dell’Io, del carattere e dell’identità, oltre ad essere un
elemento essenziale in ogni tipo di legame o relazione umana (Grinberg, 1976).
Alain e Sophie de Mijolla (1996), nel loro Dictionnaire, definiscono l’identificazione un
processo psichico inconscio mediante il quale una persona rende una parte più o meno importante
della sua personalità conforme a quella di un altro che le serve da modello. Si tratta di una delle
modalità originarie di entrare in relazione con l’altro e rappresenta pertanto un processo costitutivo
della personalità.
Il termine è stato utilizzato da Freud per la prima volta in una lettera a Fliess del 1896, in cui
spiega l’agorafobia della donna come il prodotto di un’identificazione con le prostitute e della
conseguente rimozione dell’impulso a cercare clienti per la strada (meccanismo psicopatologico).
Nel IV Capitolo de L’interpretazione dei sogni (III, p. 145) Freud ne dà una definizione precisa:
non si tratta soltanto di imitazione, ma di un’“appropriazione basata su una pretesa etiologica”, che
riguarda qualche elemento comune presente nell’inconscio, generalmente un desiderio sessuale: in
tal modo sarebbe raggiunto l’obiettivo di aggirare la censura utilizzando la copertura di un’altra
personalità o una formazione composita. Il caso di Dora è uno degli esempi più vividi della
partecipazione del meccanismo psicopatologico dell’identificazione alla complessità dei fenomeni
isterici.
Tuttavia già nel 1995, nel Progetto di una psicologia, Freud si riferiva implicitamente
all’identificazione come processo fisiologico, alla base dello sviluppo del pensiero, della
comunicazione e della simbolizzazione, quando descriveva l’origine, nel rapporto del bambino con
chi lo assiste, della “funzione secondaria estremamente importante dell’intendersi” nel momento in
cui l’adulto “viene indotto a fare attenzione alle condizioni del bambino mediante una scarica lungo
la via della modificazione interna”.
Nel 1909 Ferenczi arricchisce la portata del concetto aggiungendovi la nozione prossima di
introiezione, che deriva dalla costante ricerca dell’Io di oggetti di transfert e d’identificazione, da
introiettare come parte del suo sviluppo. In Totem e tabù ne diviene modello l’identificazione al
padre morto attraverso il pasto totemico, che passa attraverso il precursore cannibalico
dell’incorporazione (paragrafo aggiunto nel 1914 ai Tre saggi sulla teoria sessuale, IV, p. 506).
In Lutto e melanconia (1915) l’identificazione dell’Io con l’oggetto perduto diventa totale e si
realizza grazie al ritiro della libido, connotandola come identificazione narcisistica, e dunque più
originaria dell’altra forma. Successivamente (Psicologia delle masse e analisi dell’Io, 1921) Freud
descrive tre modalità dell’identificazione: la prima, che rappresenta la forma più primitiva di
legame affettivo con un oggetto, basato sulla modalità dell’essere; la seconda, che attraverso
l’introiezione dell’oggetto nell’Io sostituisce regressivamente un legame libidico; e infine, l’identificazione che nasce ogniqualvolta percepiamo una certa affinità nei confronti di una persona, non
necessariamente oggetto di pulsioni sessuali.
Quindi, mentre nell’identificazione isterica viene preservato il vincolo libidico con l’oggetto, di
cui alcune caratteristiche vengono assimilate, nell’identificazione narcisistica l’investimento è
ritirato e l’Io rivolge a se stesso l’odio che prima era diretto all’oggetto.
Per spiegare la terza modalità d’identificazione, che non deriva più da un investimento sessuale,
Freud introduce la nozione di ideale dell’Io, che, collocato nell’oggetto, costituisce la base dei
legami sociali e di gruppo, in cui i soggetti si identificano fra loro mediante la condivisione di
questo particolare rapporto con l’oggetto.
I De Mijolla sottolineano che per Freud l’identificazione narcisistica assumerà un’importanza
crescente nella costituzione del soggetto; all’identificazione primaria, in quanto fenomeno
fondatore della psiche umana, Freud attribuisce tuttavia un carattere fallico-paterno, ben diverso da
una sua equiparazione all’identificazione precoce del lattante alla madre, strada aperta da Jacobson
(1964): per Freud si tratterebbe più di un livello mitologico-originario, che segnala l’entrata
nell’ordine dell’umano, anteriore a qualsiasi scelta oggettuale.
In l’Io e l’Es (1923) Freud descrive come l’identificazione trasformi la libido oggettuale in libido
narcisistica, portando alla formazione del carattere dell’Io come precipitato degli investimenti
oggettuali abbandonati: assumendo le caratteristiche dell’oggetto, l’Io si impone all’Es come
oggetto d’amore.
Con la formazione del Super-Io, fra le identificazioni che rimpiazzano gli investimenti
abbandonati dall’Es, le più precoci assumono un carattere d’interdizione nei confronti dell’Io
attraverso una ripresa nell’après-coup dell’identificazione primaria con il padre originario; la
posizione particolare del Super-Io è dovuta sia alla precocità del processo identificatorio, risalente a
un’epoca in cui l’Io era ancora debole, sia al suo ruolo di erede del complesso edipico, che dunque
introduce nell’Io gli oggetti più significativi. Il Super-Io non si limita tuttavia ad essere il residuo
delle più precoci scelte d’oggetto, ma rappresenta anche una vigorosa interdizione di tali scelte: la
primitiva consegna identificatoria “Devi essere come tuo padre”, sarà infatti contraddetta
successivamente dall’ingiunzione “Non hai il diritto di essere come lui né di fare tutto ciò che lui
può fare”.
Il ruolo del timore della castrazione è fondamentale nell’indurre l’Io ad abbandonare gli
investimenti oggettuali a favore di un’identificazione, mentre le tendenze libidiche del complesso
edipico vengono desessualizzate e sublimate, oltre che inibite nella meta (Il tramonto del complesso
edipico, 1924). In tal modo l’identificazione diventa un’assimilazione più stabile rispetto alla
maggiore labilità delle identificazioni precedentemente collegate ai fantasmi.
Negli ultimi anni (Introduzione alla psicoanalisi. Nuova serie di lezioni, 1933) Freud,
insoddisfatto dello sviluppo raggiunto dal concetto d’identificazione, puntualizza un aspetto che si
rivelerà fondamentale nell’aprire la strada agli studi sulla trasmissione fra le generazioni: poiché i
genitori, dimentichi delle difficoltà della propria infanzia, s’identificano nei propri genitori, il
Super-Io del bambino avrà come modello non i genitori, ma il loro Super-Io; in tal modo, attraverso
il Super-Io, il passato continua a tramandarsi e a vivere, solo lentamente influenzato dalle novità del
presente, mentre la personalità del bambino si compone di questo materiale d’immagini composite
che un giorno potranno rappresentare l’invasore, sotto le sembianze di “visitatori dell’Io” (A. De
Mijolla, 1981).
A questo proposito, può essere interessante ricordare che Jones, già nel 1913, parlava del ruolo
dell’identificazione del bambino nella figura di un nonno o nonna nella “trasmissione delle
tradizioni”. Ciò avrebbe origine da una “fantasia di capovolgimento delle generazioni”, sostenuta da
un transfert sul bambino della relazione dei genitori con il proprio genitore di sesso corrispondente,
nei suoi aspetti ostili o amorevoli. Jones indica “la ragione più profonda dell’identificazione
costante del nipote con il nonno: entrambi sono egualmente temuti dal padre, che ha ragione di aver
paura della loro rappresaglia a causa dei propri desideri colpevoli nei loro riguardi”.
Grinberg, precisando che l’identificazione “non ha luogo con una persona, ma con una o più
rappresentazioni di questa persona”, la differenzia nelle sue forme totale e parziale, che possono
entrambe riferirsi a un oggetto parziale o totale, determinando modalità di funzionamento più o
meno permeate dalle caratteristiche del processo primario o secondario. Comprendendo l’insieme
dei meccanismi e delle funzioni che concorrono al processo di strutturazione dell’Io, attraverso la
selezione, l’inclusione e l’eliminazione di elementi provenienti dagli oggetti esterni e/o interni
emozionalmente significativi, l’identificazione è un processo in cui intervengono fenomeni diversi
raggruppabili nelle due grandi categorie dell’interiorizzazione e dell’esteriorizzazione.
Le interiorizzazioni comprendono tutti i meccanismi mentali, e le corrispondenti fantasie, che
hanno la finalità di trasformare un’esperienza esterna, sia nella sua totalità che in alcuni dei suoi
elementi costitutivi parziali, in un’esperienza interna. Grinberg vi comprende l’incorporazione,
l’assimilazione, l’imitazione, l’introiezione e l’identificazione introiettiva.
L’esteriorizzazione è definita da Grinberg il processo mediante il quale si collocano nel mondo
esterno i propri impulsi, idee, conflitti, stati d’animo o qualsiasi aspetto corrispondente al sé o agli
oggetti interni, attraverso meccanismi diversi, e comprende la scorporazione, l’estroiezione, la
proiezione, l’identificazione proiettiva e l’identificazione imitativa o adesiva. Grinberg, per
differenziare i vari tipi di interiorizzazione, si affida anche ad una particolare topografia del
soggetto, in base alla quale ad esempio le introiezioni sarebbero le interiorizzazioni incluse nella
parte “orbitale” del soggetto, mentre le identificazioni introiettive sarebbero collocate nel suo
settore “nucleare”.
I De Mijolla accennano agli sviluppi post-freudiani della nozione d’identificazione, utilizzata ad
esempio per ampliare la nostra comprensione della situazione psicoanalitica, riferendosi al concetto
di empatia, all’identificazione transferale del paziente con l’analista, e anche ai fantasmi
d’identificazione a Freud o ad altri personaggi della genealogia psicoanalitica, con le loro
implicazioni sugli sviluppi teorici e sulla storia della psicoanalisi.
Grande interesse hanno suscitato i concetti di identificazione con l’aggressore, introdotto da
Ferenczi (1932, 1933) e trattato successivamente da Anna Freud accanto a quello di resa altruistica
(1936), e in misura ancora maggiore quello di identificazione proiettiva, descritto per la prima
volta da M. Klein (1946, 1952) ma sviluppato ampiamente da autori quali Bion, Rosenfeld, Melzer
e Grinberg, che gli ha associato quello di controidentificazione proiettiva. Un altro settore di
ricerca molto fertile è quello derivato dall’interesse crescente della psicoanalisi per le patologie più
gravi, nelle quali è stato individuato il nucleo dei disturbi dell’identità, cui già Freud sembrava far
riferimento, quando nella lettera a Fliess del 9 dicembre 1899 scriveva che “la paranoia disfa le
identificazioni, ristabilisce le persone amate nell’infanzia e scinde l’Io in molteplici personalità
estranee”.
Trattando dell’identificazione non si può fare a meno di accennare alla teorizzazione lacaniana
sull’argomento, che prende l’avvio da varie fonti fra cui in particolare la teoria freudiana e il
pensiero di Hegel, filtrato attraverso il commento di Koiève. Lacan sviluppa la sua teoria dello
stadio dello specchio, attraverso il quale il soggetto si vede dove non è e come non è, in altre parole
come un altro. Se per Hegel la costituzione del soggetto umano avviene necessariamente attraverso
la mediazione dell’altro, che offre una possibilità di riconoscimento simbolico della domanda del
soggetto, per Lacan il soggetto proprio nel rapporto con la propria immagine riflessa si virtualizza
come un essere compiuto e determinato: si tratta di “una rappresentazione narcisistica di sé che
compensa ... lo stato di ‘discordanza primordiale’ che segna il proprio essere in un periodo
evolutivo marcato dall’onnipotenza dell’altro e dall’impotenza fondamentale del soggetto”; si tratta
cioè di “un miraggio che virtualizza una maturazione e una padronanza non avvenute nella realtà”.
L’immagine assume dunque per Lacan una funzione costituente nella determinazione del soggetto:
l’Io viene svuotato di ogni contenuto ontologico-sostanzialistico, diventando un derivato dell’immagine, mentre è l’immagine dell’altro ad avere una priorità e ad esercitare una dominanza sull’Io.
Questa realizzazione di un’unità ideale arriva però in anticipo (prematurazione specifica della
nascita dell’uomo), producendosi su una “linea di finzione” e creando uno scarto incolmabile in
questa dissociazione tra il soggetto e la sua rappresentazione alienata nell’immagine. “L’immagine
che lo istituisce come Io è già in se stessa l’immagine che lo separa da sé, che lo rappresenta in un
altro da sé, che lo divide irrimediabilmente”, non potendo il soggetto arrivare mai a ricongiungersi
con l’immagine ideale che lo rappresenta. Ne deriva uno sdoppiamento costitutivo del soggetto, una
non coincidenza tra il soggetto dell’inconscio e l’Io.
Più recentemente (1999), sull’International Journal of Psychoanalysis, Szpilka, confrontando il
pensiero hegeliano, sempre nella versione offertane da Kojève, e alcuni passaggi dell’opera di
Freud (tratti da Psicologia delle masse e analisi dell’Io e da L’Io e l’Es), individua nella dialettica
tra ideale come oggetto delle aspirazioni del soggetto (l’Io ideale) e ideale che formula ingiunzioni
e pone richieste impossibili (l’ideale dell’Io) l’impossibilità del soggetto di realizzare il compito
dell’identificazione, cioè di riempire lo scarto fra ciò che non era nel passato e ciò che non riuscirà
ad essere nel futuro. Tuttavia, questa stessa impossibilità a identificarsi con ciò che è altro potrebbe
essere ciò che permette al soggetto di identificarsi in quanto se stesso e in quanto soggetto
desiderante: in effetti, come si potrebbe essere se stessi se fosse possibile identificarsi con qualcun
altro?
Bibliografia
(1)
de Mijolla A. (1981), Les visiteurs du moi: Fantasme d’identification, Le Belles Lettres, Paris (series: Confluents
Psychoanalytiques).
(2) de Mijolla A. e de Mijolla-Mellor S. (a cura di) (1996), Dictionnaire, Roma, Borla, 1998.
(3) Ferenczi S. (1909), Introiezione e transfert, in Opere, I, Cortina, Milano, 1989.
(4) Ferenczi S. (1932), Diario clinico, Cortina, Milano, 1988.
(5) Ferenczi S. (1933), Confusione di lingue tra gli adulti e il bambino. Il linguaggio della tenerezza e il linguaggio della passione,
in Opere, IV, Cortina, Milano, 2002.
(6) Freud A. (1936), L’Io e i meccanismi di difesa, in Opere, I, Boringhieri, Torino, 1978.
(7) Freud S., Lettere a Wilhelm Fliess 1887-1904, Boringhieri, Torino, 1986.
(8) Freud S. (1895), Progetto di una psicologia, in OSF, II, Boringhieri, Torino.
(9) Freud S. (1900), L’interpretazione dei sogni, in OSF, III, Boringhieri, Torino.
(10) Freud S. (1905), Tre saggi sulla teoria sessuale, in OSF, IV, Boringhieri, Torino.
(11) Freud S. (1912-15), Totem e tabù: alcune concordanze nella vita psichica dei selvaggi e dei nevrotici, in OSF, VII,
Boringhieri, Torino.
(12) Freud S. (1914), Introduzione al narcisismo, in OSF, VII, Boringhieri, Torino.
(13) Freud S. (1915), Lutto e melanconia, in OSF, VIII, Boringhieri, Torino.
(14) Freud S. (1921), Psicologia delle masse e analisi dell’Io, in OSF, IX, Boringhieri, Torino.
(15) Freud S. (1923), L’Io e l’Es, in OSF, IX, Boringhieri, Torino.
(16) Freud S. (1924), Il tramonto del complesso edipico, in OSF, X, Boringhieri, Torino.
(17) Freud S. (1933), Introduzione alla psicoanalisi. Nuova serie di lezioni, in OSF, XI, Boringhieri, Torino, 1986.
(18) Grinberg L. (1976), Teoria dell’identificazione, Loescher, Torino, 1982.
(19) Jacobson E. (1964), Il sé e il mondo oggettuale, Martinelli, Firenze, 1982.
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femminile e altri saggi, Astrolabio-Ubaldini, Roma, 1972.
(21) Klein M. (1946), Note su alcuni meccanismi schizoidi, in Scritti 1921-1958, Boringhieri, Torino, 1978.
(22) Klein M. (1952), Alcune conclusioni teoriche sulla vita emotiva del bambino nella prima infanzia, ivi.
(23) Lacan J., Della psicosi paranoica nei suoi rapporti con la personalità, Einaudi, Torino, 1982.
(24) Lacan J. (1953-54), Il seminario. Libro I. Gi scritti tecnici di Freud, Einaudi, Torino, 1978.
(25) Lacan J. (1954-55), Il seminario. Libro II. L’Io nella teoria di Freud e nella tecnica della psicoanalisi, Einaudi, Torino, 1991.
(26) Lacan J. (1957-58), Le Seminaire. Livre V. Les formations de l’inconscient. Paris, Seuil, 1998.
(27) Lacan J. (1964), Il Seminario, Libro XI. I quattro concetti fondamentali della psicoanalisi, Einaudi, Torino, 1979.
(28) Lacan J. (1974), Scritti, a cura di G.B. Contri, Einaudi, Torino, 2 voll.
Szpilka J. (1999), Some reflections on identification, Int. J. Psychoanal., 80, 1175-87.
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