Delfini in cattività - Difficile è la coabitazione di Italia dei Valori
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Delfini in cattività - Difficile è la coabitazione di Italia dei Valori
1 ANIMALISTI ITALIANI I DIRITTI DEGLI ANIMALI, UN DOVERE DEGLI UOMINI DOSSIER DELFINARI E OCEANARI A cura di: Ilaria Ferri, Direttore cattività. Il dossier è dedicato ai delfini uccisi per finire nelle vasche di cemento dei delfinari, a quelli che ancora vi languiscono, ai delfini catturati nelle reti da pesca e a quelli trucidati nelle mattanze, e alle balene sterminate per essere mangiate. 2 CETACEI IN CATTIVITA’, PRIGIONIERI IN UN BICCHIERE D’ACQUA -INTRODUZIONE LA CATTIVITA’: Da Più di cento anni i mammiferi marini (delfini, orche, otarie, foche etc.) vengono catturati brutalmente, strappati al loro gruppo sociale, imprigionati in anguste vasche di cemento. Sono esibiti in tutto il mondo per divertimento, per “ricerca” e più recentemente per fantomatici terapeutici contatti. Il 53% degli esemplari catturati muore in cattività entro i primi tre mesi: in libertà un tursiopi vive fino a quarant’anni e un’orca oltre gli ottanta anni. Tra il 1938 e il 1980 negli Usa venero catturati almeno 1500 delfini destinati ai parchi a tema - i delfinari. Soltanto in Giappone ne vennero catturati 500 e secondo la Commissione Internazionale Baleniera (International Whaling Commission) e c’è da considerare che vennero catturati in tutto il mondo almeno 2700 tursiopi e 4500 odontoceti tra cui 300 stenelle striate, 250 globicefali, 150 stenelle maculate, 120 orche, 100 beluga, stenelle dal lungo rostro, delfini comuni, focene ed altre 20 specie di odontoceti. Bisogna comunque ricordare che questi dati sono completi. Mancano infatti i dati di ulteriori catture che vennero effettuate tra gli anni 60-70, in cui vi furono numerose operazioni illegali e pertanto mai registrate ufficialmente. Erano gli anni in cui negli Usa cresceva l’attenzione per i parchi tematici - i delfinari. 3 Agghiacciante è il dato relativo all’altissima percentuale di decessi. Il 50% degli animali non sopravviveva ai primi giorni dalla cattura e il 30 % non sopravviveva neanche al trasporto . La vita media, che in natura può arrivare ai 40 anni, era ridotta ai 5/6 anni in cattività e se il malcapitato delfino era costretto alla vita di reclusione in una struttura itinerante, non viveva che una sola stagione. Attualmente, nel mondo vivono circa 1000 cetacei in cattività (dati forntiti da Ric O’Barry, esperto di mammiferi marini) tra delfini, orche etc. A questo numero, va aggiunto quello dei cetacei e delle otarie addestrati ed utilizzati dalle forze militari, principalmente Americane e Russe, di cui non se ne conosce però l’entità. Questi animali vengono usati per diverse utilità, anche per portare mine, o per studiarne l’incredibile idrodinamicità per applicare gli effetti sulle imbarcazioni militari. -PERCHE’ FACCIAMO QUESTA CAMPAGNA: I delfini, come gli altri cetacei, in base alla norme Cites (vedi capitolo legislazione), non potrebbero essere detenuti a scopi commerciali ed esposti in pubblico nei delfinari. E' evidente che i delfinari facciano principalmente un uso commerciale dei delfini dal momento che si paga un biglietto per assistere ad uno spettacolo in deprivazione cui i tursiopi, alimentare, addestrati sono attraverso costretti ad la eseguire correttamente gli ordini impartiti dall'addestratore. Ed è altrettanto evidente quale sia lo scopo reale di queste strutture. 4 Da molti anni i delfinari cercano di dimostrare di effettuare ricerche scientifiche, per altro ormai obsolete, solo per poter riuscire comunque ad aggirare la legge e ad ottenere i permessi necessari per detenere i delfini. Queste attività fungono da paravento per un’ effettivo e congruo introito ottenuto dagli spettacoli . Le ricerche prodotte ed effettivamente pubblicate sono infatti in numero assai esiguo e non si riscontra la reale necessità di effettuare tali ricerche quando per altro queste non sono traducibili in pratiche di conservazione. Si limitano quindi ad essere sterili e compilative, senza un reale ed efficace contributo per la salvaguardia di questi meravigliosi animali. Inoltre l’ambiente e le condizioni del tutto innaturali in cui sono costretti a vivere i delfini, influiscono decisamente sul sistema biochimico dell’animale, pertanto qualunque ricerca in cattività che coinvolga ricerche di tipo biologico ed istologico sono da considerarsi fortemente invalidate dalla detenzione. Qualora l’obbiettivo fosse quello di indagare sull’etologia e ecologia dei cetacei c’è da evidenziare come le condizioni stesse dettate dal confinamento in vasche anguste e con esemplari non appartenenti alla stessa famiglia, non siano minimamente paragonabili alle condizioni naturali. Per tanto tutte le osservazioni sono deviate e quindi inutili. Non si possono condurre ricerche sul comportamento degli animali in cattività, perché ovviamente i risultati sarebbero “viziati” dalla variabile dipendente della costrizione stessa di cattività. E’ necessario riconoscere i limiti della ricerca in cattività, mentre si possono invece esaminare tutti quei comportamenti che la 5 cattività induce: i movimenti ripetitivi e stereotipati, le nevrosi, la spiccata aggressività intraspecifica, il classico galleggiamento a “tappo”, il movimento del capo, l’aprire e chiudere la bocca a scatti; le variazioni nell’utilizzo del biosonar, si possono riconoscere i macroscopici cambiamenti della pinna dorsale che si ricurva palesemente. Si può constatare che comunemente i tursiopi sono aggrediti da micosi , ulcere gastriche, escoriazioni, problemi agli occhi ecc.. I delfini, come abbiamo visto prima, sono animali con una struttura sociale complessa e questa viene completamente devastata in cattività, vengono costretti esemplari appartenenti a gruppi familiari diversi a coesistere, cosa che difficilmente si verifica in natura. Il normale territorio coperto da un tursiope è mediamente di circa 250 chilometri quadrati (anche fino a 500) che percorre ad una velocità massima di crociera di 30/40 chilometri l’ora, con immersioni fino a 300 metri, mentre in vasca è costretto in pochi metri cubi, senza stimoli e senza divertimenti, non ha il controllo del suo territorio, dello spazio e del movimento, non può cacciare, non può esplorare, né può socializzare con compagni che si è scelto da solo. Tutto gli viene rigidamente imposto. E' noto ormai come i delfini soffrano di stress psicologico simile al nostro e manifestino patologie d’ immunodepressione ed anche ulcere gastriche. L'addestramento avviene attraverso la deprivazione alimentare, e gli stessi trainer hanno dichiarato di controllare i delfini attraverso il cibo e di imporre dei rigidi comportamenti fino a quando il delfino non si "pieghi" definitivamente. 6 Sono note molte immagini rubate nei delfinari in cui si ritraggono i delfini in vasche di "contenimento" in cui rinchiudere quegli esemplari che non rispondono positivamente all'addestramento. Il tursiope “tollera” la cattività, ma con un'ingente mortalità dei cuccioli e con una ridotta aspettativa di vita per gli adulti, che in media vivono al massimo 6/7 anni contro i 30/40 in libertà . “Il prezzo pagato dai delfini per fare gli "ambasciatori" nei delfinari è stato un altissimo numero di decessi nelle fasi di cattura, trasporto e permanenza in vasca, morti spesso causate dall'alto livello di stress cui erano sottoposti o da altre conseguenze della cattività.” (dichiarano i ricercatori N. Logue 1992- Hoyt 1992) Già nel 1974 l'autorevole cetologo K. Norris scomparso nell'agosto 1998 e che vorrei ricordare per il suo grande contributo nella ricerca in natura e per la tutela dei cetacei, diceva:.."Il confinamento inibisce le attività dei delfini, per grande che sia la vasca. La differenza è tra 70-100 km di spostamento e una vasca di 60 metri di diametro (le vasche italiane sono molto, molto più piccole n.d.r.). La differenza è tra la possibilità d'immergersi fuori dalla vista della superficie - forse a più di 300 m per alcuni delfini- e forse 8 m in cattività. La differenza è tra un mondo illimitato dove aggressione e paura possono riordinare la struttura sociale all'interno e fra i branchi, e un mondo dove queste forze sono confinate da muri di cemento. In cattività, i delfini timidi non possono allontanarsi da quelli aggressivi. In effetti, il confinamento inibisce le attività naturali al punto che queste possono essere distorte fino a diventare virtualmente irriconoscibili. I delfini in cattività sviluppano modelli di vita innaturali, come l'antilope nello 7 zoo che, abituata a coprire molte miglia al giorno, arriva a passeggiare nella sua gabbia in stereotipati percorsi a "otto" fino a scavare un unico solco nel suolo ". L’ ”educazione” che viene trasmessa da queste strutture è strettamente collegata ad un deprecabile ed antieducativo concetto antropocentrico ed antropomorfico, per cui l’uomo è padrone della natura, decide, fa e disfa della vita degli animali, costringendoli in vasche o gabbie…..insegnando così ai bambini che l’animale è un oggetto, che un delfino salta nel cerchio e gioca con la palla e non sia piuttosto un essere senziente che vive e soffre, che gioisce e che ha il diritto soprattutto di essere LIBERO. C’è da pensare che gli antichi Greci fossero di certo più saggi di noi visto che consideravano la cattura di un delfino e la sua uccisione come un enorme delitto. -“PET THERAPY” E NUOTO CON I DELFINI: In Italia dal Gennaio di quest’anno è entrato in vigore il decreto Ministeriale: MINISTERO DELL'AMBIENTE - DECRETO 6 dicembre 2001, n.469 Regolamento recante disposizioni in materia di mantenimento in cattivita' di esemplari di delfini appartenenti alla specie Tursiops Truncatus, in applicazione dell'articolo 17, comma 6 della legge 23 marzo 2001, n. 93. ( vedi cap. legislazione). All’art. 37 si legge: il nuoto con i delfini è vietato; è invece permesso solo all’addestratore. Al veterinario , al biologo e al curatore è consentito effettuare immersioni con i delfini allo scopo di provvedere alla loro cura o ispezione delle strutture. All’art. 38 : 8 I delfini non devono essere alimentati dal pubblico, né devono entrare a contatto fisico con lo stesso. Durante le eventuali dimostrazioni, la sorveglianza deve essere continua per evitare che, i visitatori abbiano contatto fisico o gettino oggetti nelle vasche. Ci auspichiamo quindi che questo decreto venga finalmente applicato e che non accada come negli anni passati. Infatti nonostante esistesse già il documento "Criteri e Norme di mantenimento dei delfini Tursiops truncatus in cattività" approvato dalla Commissione Scientifica CITES del Novembre 1995 i cui fosse già vietato il nuoto con i delfini (art. 32), ripetute volte abbiamo dovuto denunciare al Cites situazioni irregolari. L’attenzione dei delfinari, essendosi verificato in tutto il modo un calo del numero dei visitatori, si è spostata verso quella che erroneamente viene definita "pet-therapy". Dico erroneamente perché non è difficile comprendere che i delfini non sono affatto animali domestici. "Pet" dal dizionario Garzanti di lingua inglese riporta: animale da compagnia, domestico. Il Prof. Carlo Consiglio ex-docente di zoologia alla Sapienza di Roma dichiara: "Rifacciamoci alla definizione di animale domestico. Che cos'è un animale domestico? E' un animale che a seguito di un lungo periodo di gestione da parte dell'uomo, che ne determina anche l'alimentazione e la riproduzione, ha modificato i suoi caratteri morfologici per la selezione operata dall'uomo stesso. Animali domestici sono quindi: il cane, il gatto, la gallina, la mucca, ma non di certo il delfino, né il 9 leone, né il coccodrillo, ancorché allevati dall'uomo da più generazioni e in cattività. Ne consegue che gli animali domestici sono adatti alla vita accanto all'uomo e quindi non possono più farne a meno. Gli animali selvatici invece sono adatti alla vita in ambiente naturale e tenerli in cattività significa causare loro malessere perché non possono più svolgere alcune delle funzioni a cui sono adatti e che hanno bisogno di compiere per soddisfare le loro pulsioni. Nei programmi di nuoto con i delfini si crea l'inganno di far credere al pubblico di nuotare con dei delfini selvatici così amanti dell'uomo da desiderare di nuotare con esso, ma non è così. I delfini sono tutti addestrati a nuotare con gli esseri umani in cambio di cibo, ad esercizio ben eseguito corrisponde un pesce. -COSA ABBIAMO FATTO, COSA FACCIAMO: Il 4 luglio è stata dichiarata giornata mondiale contro la cattività dei mammiferi marini. Milioni di animali costretti in tutto il mondo alla cattività per il “divertimento” di grandi e piccini. Per questo e CONTRO questa pratica barbara e anche qui in Italia come in tutto il mondo, abbiamo manifestato per protestare contro le strutture di cattività e per i diritti di queste meravigliose creature a cui è stato tolto il bene più grande: LA LIBERTA’. Il nostro obiettivo era ed è innanzi tutto, quello di riuscire ad ottenere la chiusura dei delfinari e di poter restituire la libertà a quegli esemplari per cui fosse possibile sostenere un progetto di 10 riabilitazione e reintroduzione. Per gli altri, quelli per cui l’adattamento alla vita in natura non fosse possibile per diverse ragioni, miriamo alla creazioni di Santuari in mare in cui garantire comunque una vita libera da vasche di cemento, deprivazione alimentare e barbari fischietti degli addestratori. Chiediamo che venga applicato il Decreto Ministeriale in vigore dal gennaio scorso, per questo abbiamo sollecitato il Ministero dell’Ambiente e della Salute. Siamo membri del CETACEAN FREEDOM NETWORK, una organizzazione mondiale contro la cattività e lo sfruttamento dei mammiferi marini che opera per la loro tutela in tutto il mondo, che ha nel suo staff prestigiosi ricercatori e scienziati schierati attivamente per la salvaguardia. Inoltre per la salvaguardia dei cetacei liberi in natura e per lo studio di questi abbiamo dato vita ad una joint-venture con l’Adriatic Dolphin Project e il Gemini lab. Ti invitiamo a contattarci per sapere come si fa a studiare i cetacei in natura e a diventare un ecovolontario. Sosteniamo la petizione e il progetto della COALIZIONE EUROPEA PER OCEANI SENZA RUMORE. (VEDI CAPITOLO PETIZIONI) Questa coalizione, sostenuta da numerose associazioni animaliste, protezionistiche e di ricerca, denuncia l’utilizzo di Sonar attivi ad alta intensità e chiede che vengano bloccati questi esperimenti. 11 La marina militare Americana, ha infatti ottenuto i permessi per utilizzare nel 75% dei mari e degli oceani del mondo, un nuovo sistema sonar ad alta intensità per identificare e seguire i sottomarini nemici. Molti scienziati hanno rilevato l’effetto negativo che questo tipo di pratica ha su tutte le specie di mammiferi marini e non solo. Infatti molti spiaggiamenti si sono verificati nelle zone in cui sono stati usati questi sistemi ed è stato rilevato dalle necroscopie effettuate che gli animali sono morti per emorragie riconducibili all’effetto provocato dai sonar. Il segnale, alla fonte, misura 240dB e anche a più di 480 chilometri di distanza dalla fonte il segnale misura i 140dB !!! Siamo anche membri della Global Whale Alliance, e della European Cetacean Bycatch Campaign. -DATI: (forniti da Animal and Nature Conservation Fund) DELFINARI IN ITALIA Attualmente in Italia esistono 6 delfinari: Queste strutture sono: • il Florida Dolphin Show nell’ambito del parco di divertimenti di Gardaland; • il Delphinarium Delfini di Rimini; • l’Adriatic Sea World di Riccione; • l’Aquarium di Cattolica; • il Delfinario nell’ambito dello Zoosafari - Fantasilandia di Fasano; • l’Acquario di Genova. 12 Un totale di circa una ventina di delfini, è il numero dei detenuti in Italia. Fino al ‘92 in Italia ci risulta siano stati fatti entrare delfini della specie Tursiops truncatus provenienti da tutte le acque del mondo senza nessun particolare controllo ed il mercato che ne derivò riempì le tasche dei gestori di galere per delfini. I delfini venivano importati, prestati, scambiati e addirittura affittati da un delfinario all’altro (a tutt’oggi è in uso questa pratica, vedasi tra Riccione e Genova), addirittura usati nei circhi itineranti. Gli esemplari morti venivano sostituiti da altri importati senza documentazione, spesso anche “cambiando sesso” perché in molte strutture gli animali deceduti venivano sostituiti da altri, non importa se maschi o femmine, che continuavano ad essere chiamati con il nome della “star” precedente. Di seguito riportiamo solo alcuni esempi delle morti in Italia. Ricordiamo che per noi è difficilissimo, se non impossibile, ricostruire una “anagrafe” precisa di tutti i delfini transitati e presenti attualmente in Italia, in quanto i dati ci sono sempre pervenuti frammentati e contraddittori. Anche questo denota quanta superficialità e mancanza del rispetto delle norme vigenti ci sia stata fino ad ora….. -“LE MORTI BIANCHE”: 13 RIMINI 3 delfini “scomparsi” -Chico: esemplare maschio di Tursiops truncatus catturato da pescatori con le reti al largo dell'Adriatico, prima del 1982; è morto d'infarto nell'1982/1983. -Luna nata il 17/08/90, da Speedy e Alfa muore per ragioni ignote nel 1995. -Speedy probabilmente è stato catturato nel Mar Adriatico a sostituzione di un altro esemplare morto nel 1982. E’ noto per i suoi comportamenti particolarmente aggressivi: inseguiva la sua ombra sul fondo cercando di colpirla e con la testa sfondo’ il vetro dell’oblo’ della vasca. RICCIONE- CATTOLICA, hanno la stessa gestione “Narvalo s.r.l”. -Nina: catturata nel 1977, muore nel 1981. -Anay: nata in cattività nel 1987, proveniente da Cuba, trasferita a Riccione dal 1989, deceduta nel 1996. -Clyde catturato nel Mar Adriatico nel 1982 e trasferito a Riccione nel 1993 muore nel 1995.. Nei primi anni ‘80, quando viveva nella vasca itinerante con la quale il delfinario di Cattolica seguiva nei mesi invernali il Circo Medrano, ha attaccato altri due esemplari di Tursiops truncatus, causandone la morte. Proprio in seguito a questo incidente le autorità proibirono al delfinario di Cattolica gli spettacoli itineranti. Nel corso di una visita avvenuta nel Luglio 1991, mostrava gravi comportamenti stereotipati e durante lo show 14 veniva tenuto rinchiuso nell’area recintata è deceduto in gran segreto alla fine del 1995 senza che si ne conoscano le vere ragioni della morte. -Nel 1985, la delfina Lilly catturata nel mar Adriatico nel 1980 morì a circa 12 anni di gastroenterite acuta dopo aver ingerito una palla; esiste il video dell’autopsia eseguita dal dott. Taylor. -Benny, un delfino nato in cattività nel 1991 da Candy e Bravo, morì a tre settimane di vita per problemi dovuti alla eccessiva quantità di cloro presente nell’acqua della piscina. Nel 1987 un altro delfino sempre di proprietà del delfinario di Riccione, chiamato Bonnie morì in una vasca itinerante a Nervi a causa dell’elevata concentrazione di pesticidi nell’acqua della piscina. - Daphne, nata in cattività nel luglio 1992, è morta il 5 febbraio 1993 rimanendo aspirata dal filtro principale della vasca di Cattolica. E' interessante notare che Pelè risulta nelle liste della Royal Zoological Society di Anversa come maschio ed invece è femmina. Nel Marine Mammal Inventory Report del 27 Aprile 1993, stilato dal National Marine Fishery Service, Pelè viene al contrario indicato come femmina, ma nell’elenco compare anche un esemplare di Tursiops truncatus di sesso femminile arrivato da Rockport, Texas, il 22 Luglio 1980 e rilasciato dopo 9 giorni, il 31 Luglio 1980. Esiste dunque il forte sospetto che Pelè fosse originariamente un maschio e che sia stato sostituito dopo la sua morte da un esemplare di 15 sesso femminile. In effetti con il nome di Pelè era indicato un esemplare maschio, morto per cause a noi sconosciute prima del 1982. Pensiamo che il “nuovo” delfino, una femmina, venne così chiamata per poter utilizzare comunque il materiale pubblicitario del delfinario precedentemente stampato. Questa femmina probabilmente proveniente dall' Adriatico chiamata Heidy prese il nome di Pelè. Inoltre questo delfino-a chiamata Pelè venne indicata dal delfinario, riferendosi all’originale Pelè, come esempio di longevità tra i delfini in cattività. In realtà si tratta di una ben architettata truffa. Con il chiaro intento di coprire l’attività prettamente commerciale delle due strutture ed accattivarsi i favori delle strutture e delle autorità pubbliche l’Adriatic Sea World di Riccione ha creato la Fondazione Cetacea, una sedicente organizzazione per la ricerca scientifica sui Cetacei. Il WWF sostiene da tempo le strutture di cattività per delfini, per esempio nel delfinario di Riccione il logo del WWF è presente dappertutto, inoltre il compianto Ing. Florio fu presidente proprio della Fondazione Cetacea. FASANO: La società ha iniziato la sua attività il 2/12/1970, ma i proprietari sono recentemente cambiati. In precedenza il proprietario dello Zoosafari era Conny Gasser, noto commerciante internazionale di delfini e responsabile anche del Circo Svizzero Connyland e l’amministrazione era affidata a Massimo Colucci. 16 Dal 9/2/1993 la proprietà è passata alla famiglia Casartelli de Rocchi, proprietaria del Circo Medrano. -Di tre delfini nati in cattività , sappiamo con certezza che due sono morti. Un delfino morto è stato sostituito con lo stesso nome da un altro esemplare di cui non se ne conosce la provenienza. - Sandy, acquistata nel 1976 è morta nel 1982. - Lola, acquistata nel 1982 proveniente da Cuba, anche lei è deceduta. -1987, Kuby partorì un delfino che venne dichiarato nato morto, mentre da affermazioni del Dott. Florio (WWF) risulta che il piccolo nacque vivo, ma non fu portato dalla madre in superficie a prendere il primo respiro (comportamento osservato in molti delfini in cattività). Successivamente e’ morta anche Kuby, venne acquistata nel 1982 e proveniva da Cuba. -Katia, nata a Fasano, morta. -Joanna Lippi, nata a Fasano, morta. -nel 1992 risultano morti 4 delfini per un’epidemia di morbillivirus; - Clio, la figlia di Speedy e Girl è morta che era ancora piccola nel 1997. -Speedy acquistato nel 1976 e Girl sono recentemente morti tutti e due. -Attualmente ci risulta che a Fasano abbiano “affittato” 3 delfini da Riccione. 17 GARDALAND Gardaland era la struttura più piccola d’Italia una ridicola vasca di otto metri di diametro per ospitare ben 3 delfini. Messi uno in fila all’altro a mala pena sarebbero riusciti ad entrarci. La struttura fu costruita nel 1962 dall’allora proprietario dell’Adriatic Sea World di Riccione e successivamente venduta a Gardaland nel 1973, insieme alla tenda da circo. I due delfini occupavano l’unica piscina esistente, posizionata centralmente sotto la tenda finché la femmina, Giulietta, morì nel 1990. Essa fu sostituita con altri due delfini ottenuti sulla base della promessa di Gardaland di ricostruire, ampliandolo, un “vero” delfinario (William Johnson: The Florida Dolphin Show, Italy, Bellerive Network News, Genève, 1991, 9). La struttura consisteva in una piscina all’aperto situata sotto una tenda, circondata da panche a gradinata che poteva ospitare circa 1000 visitatori. La parte centrale della tenda era aperta alle intemperie. Quando pioveva violentemente, l’intera zona presentava bagnata e piena di detriti vegetali . La struttura si era piccolissima circa 8 metri di diametro e 4 di profondità. Due delfini un maschio e una femmina- catturati a Cuba, arrivarono poco tempo dopo nella piccola vasca di Gardaland. L’esemplare maschio venne chiamato Giulietta per sostituire l’esemplare femmina così chiamato, deceduto nel 1990, e il nuovo esemplare femmina fu chiamato Violetta. Nonostante l’appariscente ristrutturazione, Gardaland è saltata ai “disonori” della cronaca perché grazie all’intervento di associazioni animaliste (tra cui principalmente Animal e Nature Conservation Fund, per la quale a suo tempo conducevo io stessa la campagna 18 contro la cattività) sono state avviate indagini da parte di Pubblici Ministeri. Infatti solo tra il 1997 e il 2000 sono morti a Gardaland 4 delfini. -Nel 1997 Romeo, proveniente da Cuba è morto il 30 Agosto per “necrosi epatica”. La diagnosi fu effettuata dal Veterinario Britannico Dott. David Taylor. A seguito della morte di Romeo la Pretura di Verona ha aperto un procedimento penale (n.9309/97 Pretura di Verona) nei confronti del Sig. Sergio Feder, Amministratore delegato della Gardaland S.p.A. per maltrattamento di animali. L’amministratore di Gardaland se ne uscì dal procedimento penale pagando l’oblazione prevista dalla legge al fine di non arrivare al dibattimento. -Il 18/9/1999 muore Violetta e il 30/9/1999 anche Hector. A seguito di questi decessi viene aperta un’ altra indagine da parte del Pubblico Ministero Dr. Giovanni Pietro Pascucci della Procura della Repubblica presso il Tribunale di Verona. Il Dott. Giuseppe Notarbartolo di Sciara, noto cetologo di fama internazionale e Presidente dell’ICRAM ( Istituto Centrale per la Ricerca applicata al Mare), venne incaricato di effettuare una consulenza tecnica, al fine fornire informazioni, indicazioni e valutazioni, utili per stabilire se il delfino “Violetta” sia stato sottoposto a trattamenti inquadrabili nelle condotte indicate dall’art. 727 C.P, relativo al maltrattamento di animali. Il Dott. Notarbartolo si avvalse anche della consulenza dei Proff. Bruno Cozzi e Massimo Castagnaro, entrambi docenti all’Università 19 di Padova, rispettivamente di Anatomia Topografica veterinaria e di Patologia Generale e Anatomia Patologica Veterinaria. I risultati dell’indagine dei tre esperti nominati dal PM sono inequivocabili: ”Lo spazio a disposizione per i 5 esemplari è minimo e le “condizioni , risultano particolarmente gravose ed inadeguate per delfini posti in isolamento”. E pensare che la struttura di Gardaland è la struttura più grande tra tutti i delfinari Italiani…..cosa direbbe il Dott. Notarbartolo dello spazio esiguo a disposizione di almeno 5 delfini a Riccione ? Inoltre gli impianti delle vasche: “indicavano una notevole usura e scarsa qualità di manutenzione”. …..Le temperature dell’acqua della vasca riscontrate nella stagione estiva superavano il valore di 28° indicato come limite superiore di temperatura nel regolamento Cites. La temperatura di 30 ° è stata rilevata nelle prime ore del mattino, pertanto è lecito supporre che ne prosieguo della giornata tali valori siano stai abbondantemente superati” Si ricorda che tali dati sono relativi al mese di settembre, immaginiamoci quanto potesse essere calda l’acqua dei mesi di luglio e agosto ! “Si puo’ concludere che le condizioni climatiche prevalenti dell’estate padana generano condizioni di surriscaldamento delle acque delle vasche che possono essere causa di disagio e concausa di più gravi problemi “ Il cloro aggiunto nell’acqua è “pur sempre un ulteriore contributo all’innaturalità dell’ambiente di cattività, e che i frequenti disturbi agli occhi accusati da alcuni delfini mantenuti a Gardaland (Hector e Amada) possono essere collegati con la costrizione a vivere in un ambiente contenente livelli di cloro che comunque, se rapportati 20 all’ambiente marino nel quale la specie si è evoluta e adattata a vivere, sono innaturalmente elevati e inappropriati”. Nella valutazione eco-etologica ovvero nell’analisi della conoscenza del rapporto con il proprio ambiente e la conoscenza del loro comportamento, l’alimentazione il Dott. dei Notarbartolo delfini di ha Gardaland evidenziato fosse come limitata alla somministrazione di soli due tipi di pesci, aringhe ed eperlani, con l’occasionale integrazione di calamari e sgombri che “…rappresentano un pallido confronto con le 50-70 specie di cui si cibano normalmente i tursiopi in condizioni naurali”. E aggiunge “..I delfini di Gardaland vengono mantenuti in condizione di sottoalimentazione, il che se da un lato rende più facile il condizionamento e la costrizione ad eseguire esercizi a comando nel corso degli spettacoli, dall’altro è condizione di consistente disagio fisico per gli animali e motivo di manifestarsi di forme di aggressività sia nei rapporti tra i delfini, sia nei rapporti tra delfini addestratori”. Per ovviare ad un aumento di aggressività a Gardaland sono stati usati anche in massicce dosi, provvedimenti di ordine farmacologico, inoltre per “…stessa ammissione dell’addestratore Martin Jones è stata utilizzata la pratica dell’isolamento di singoli esemplari per motivi comportamentali. In considerazione dell’effetto devastante dell’isolamento forzato sullo stato psichico di mammiferi fortemente sociali quali i delfini, si ritiene che tale pratica decisamente censurabile è indice di scarsa perizia da parte del personale addestratore che ha fatto ricorso a tali metodi”. 21 “Alcuni Mammiferi marini possono vivere insieme armoniosamente. Ad ogni modo, i comportamenti aggressivi dovuti alle competizioni gerarchiche, che sono naturali in libertà, hanno poche possibilità di sfogo in cattività, e si possono tradurre solo in distruzioni della colonia e inflizioni di danni ai subordinati. Gli spazi ristretti sembrano intensificare questi atteggiamenti aggressivi. (...) Non è infrequente che il delfino dominante sferri attacchi al maschio indifeso della piscina.” (Geraci, J. R.: Husbandry, Zoo and Wild Animal Medicine, Fowler, M. E., Ed., W. B. Saunders, Philadelphia, 1986, 757.) “Negli oceanari che acquistano giovani individui selvatici, quando questi animali vengono messi insieme nel loro nuovo ambiente, si verificano frequentemente disadattamenti nel comportamento sociale... Mentre in libertà i giovani si riuniscono spontaneamente in gruppi di individui di sessi differenti, quando questo si verifica in cattività si osservano frequentemente comportamenti aberranti. Le ragioni di questo fenomeno sono sconosciute. E’ difficile prevedere il tipo di comportamento aberrante, sotto forma di aggressioni, sebbene spesso si manifesti caratterizzate da un’inclinazione eccessiva del corpo e da intimidazioni, generalmente da parte di un individuo del gruppo. L’aggressione solitamente viene effettuata da un maschio ai danni di una femmina o di un altro maschio, ma in alcuni casi può essere anche diretta contro gli umani nel corso di interazioni sociali del tipo allenatore/delfino. La soluzione del problema include una terapia con diversi agenti chemioterapici e la separazione di questi individui che presentano un aumento di queste tendenze aggressive.” (Sweeney, Jay C.: Marine Mammal Behavioral Diagnostics, Handbook of Marine Mammal 22 Medicine:Health, Disease, and Rehabilitation, Dierauf, Leslie A., Ed. CRC Press, Boston, 1990, 55-56.) La frequenza giornaliera degli spettacoli nella stagione estiva è arrivata a sette spettacoli, senza l’interruzione del giorno di riposo . Ancora dal verbale del Dott. Notarbartolo: “…..Va qui rilevato come il momento dello spettacolo di fronte al pubblico non possa essere equiparato alla normale attività di istruzione e interazione con gli addestratori, perché comporta elevati livelli di tensione e potenzialmente di stress. Si tratta infatti del momento in cui i delfini hanno finalmente la possibilità di calmare la loro fame, possibilità che dipende dalla loro capacità di interagire correttamente con addestratori che a Gardaland sembrano più inclini ad atteggiamenti conflittuali e all’uso di maniere forti (deprivazione alimentare e sociale). “…Non si sa che è il responsabile sanitario dei delfini, il Dr. David Taylor risulta essere responsabile…..Da soltanto quanto sopra un si consulente deve e concludere non un che il delfinario Palablu di Gardaland è gestito di fatto in assenza di un reale, competente responsabile sanitario. “ Come si evince da queste dichiarazioni è ovvio quindi che le morti e il fatto che nessuna delle delfine di Gardaland abbiano portato a buon fine le gravidanze, siano l’effetto di questo tipo di “gestione”. 23 Violetta, risulta morta per annegamento nel sett. 1999 . Impossibilitata a nuotare a causa del trauma riportato a carico del midollo spinale ( Verbale Cozzi e Castagnaro). La morte di Violetta viene ricondotta ad un “fatto traumatico esterno di grande violenza che ha fratturato la colonna vertebrale”. Qualunque siano state le cause, che comunque non possono essere assolutamente naturali, che hanno provocato la frattura della spina dorsale di Violetta, ci sembra impossibile ma purtroppo reale che il delfino sia stato fatto lavorare lo stesso e sappiamo che venne fatto visitare da un veterinario ben due giorni dopo il riscontro della patologia. Ci sembra altresì irrimediabilmente colpevole che la notte tra il 17 e il 18 settembre il delfino sia morto annegato nella vasca in cui era stato isolato. Dal verbale Cozzi Castagnaro “…presumibilmente perché paralizzato e in assenza di opportuna assistenza, non era in grado di mantenersi a galla per respirare.…Che la morte per annegamento di un cetaceo in cattività e dovuta a paralisi conseguente a frattura della colonna vertebrale è fatto gravissimo, innaturale, clamoroso e chiaramente riconducibile direttamente o indirettamente a responsabilità umane, qualsiasi sia stata la causa del trauma “ -Hector un delfino proveniente da Tenerife, affittato da Gardaland e pertanto non di sua proprietà, muore pochi giorni dopo Violetta il 30 settembre 1999. “….Riteniamo significativamente che la causa di tale decesso abbia potuto essere semplicisticamente etichettata come “infarto del miocardio”. Come sostenuto nel 24 verbale Cozzi e Castagnaro, tale diagnosi appare improbabile o perlomeno incompleta” Sicuramente la convivenza con un altro delfino maschio dominante – Robin –ha aumentato la condizione di stress di Hector e una sinergia di tutti questi fattori negativi lo abbiano portato alla morte. Hector era da anni afflitto da patologie oculari bilaterali , ma nonostante tutto veniva fatto esibire fino a sei volte al giorno, inoltre “presentava numerosi segni di cicatrici e morsicature sulla cute “ segni evidenti di aggressioni da parte di Robin. -Anche Amada nel luglio 2000 muore. Importata nel gennaio 99 con certificato comunitario Spagnolo, proveniente dagli Usa, di proprietà di terzi. Il delfinario dichiara che l’animale è morto di vecchiaia….Ci chiediamo che senso abbia per un delfinario, importare solo un anno prima un delfino malato e vecchio. Dal verbale di Notarbartolo si evince invece che l’animale presentava patologia infiammatoria. I delfini muoiono di CATTIVITA’. Anche l’ultima vicissitudine legale di Gardaland, ovvero il processo per maltrattamento di animali a carico di Enzo Ghinato, Presidente di Gardaland , di David Taylor,veterinario inglese che sostiene la cattività degli animali e gli addestratori Simo Ede e Jones Martin è finita a novembre del 2001 con un patteggiamento. I 4 imputati hanno preferito nuovamente ricorrere al pagamento dell’oblazione piuttosto che affrontare il dibattimento. Aver ottenuto un simile risultato è per noi comunque una grande vittoria, purtroppo la legge italiana permette ancora per la legge n.727 C.P. di ricorrere al patteggiamento. Accettare di pagare 25 delle cifre di denaro piuttosto che affrontare il dibattimento significa ammettere le proprie responsabilità. A riguardo l’On. Carla Rocchi, che da anni lavora per i diritti degli animali dichiaro’: “ Finalmente si squarcia un velo, cade il burqua degli imputati del colosso economico di Gardaland, che messi a nudo sono costretti a pagare per evitare il dibattimento in cui sarebbe emerso con chiarezza ancora maggiore, il livello di maltrattamenti di questi animali in questi finti parchi dei divertimenti, in cui muoiono i delfini. Violetta è morta con la spina dorsale rotta”. Nel Giugno del 2000 anche l’Europarlamentare ed Etologo Prof. Giorgio Celli Europea su presenta una interrogazione Gardaland, alla Commissione contemporaneamente anche l’Europarlamentare Monica Frassoni ha presentato la terza interrogazione sull’espansione di Gardaland, perché oltre al delfinario , il parco giochi sta invadendo il territorio di Castelnuovo di Garda (Vr) senza che venga assolutamente effettuata una valutazione dei costi ambientali di questa struttura. Inoltre Gardaland beneficia di un credito alla Banca Europea di 60 miliardi. Per questo insieme a Whale and Dolphin Conservation Society (www.wdcs.org), ASMS (Swiss Working Group for the Protection of Marine Mammals) e alle principali associazioni a tutela dei cetacei e degli animali stiamo lavorando affinché ottenga più simili e congrui finanziamenti. Gardaland non 26 GENOVA La struttura di Genova è composta da due vasche. La più grande è di circa 22 metri di lunghezza per 6 di profondità , esiste anche una terza vasca molto piccola adibita all’isolamento. Ci risulta che nonostante sulla costruzione di una simile struttura ci sia stato un gran clamore e una grande pubblicità, l’acquario di Genova non abbia mai ottenuto i permessi per importare dei “suoi” delfini. Per cui da anni, Genova prende in “affitto” i delfini , generalmente da Riccione. Nel Novembre 1993 arrivarono da Riccione Bonnie che per altro fu trasportata a Genova nonostante fosse già in attesa del suo cucciolo, nato poi a settembre del 1994, venne chiamata Cleo e Misha. Misha fu riportato d’urgenza a Riccione per manifesti ed evidenti segni di stress, disturbi psichici e deperimento. Anche Bonnie e Cleo poco dopo sono tornate a Riccione. Nella primavera del 1999 a Genova sono stati affittati, nuovamente da Riccione , Silver e Golia. Ci chiediamo come sia possibile permettere un simile trattamento ad animali con una intelligenza superiore e notevoli esigenze ecoetologiche. Ci si è mai chiesti quanto sia difficile e psicologicamente stressante sottoporre i delfini a simili trasporti e fasi di adattamento in continuazione in nuove strutture ? - COSA PUOI FARE: Non visitare e non far visitare i delfinari. 27 Oppure diventa il nostro investigatore, raccogli le informazioni e le foto che potrebbero esserci utili. Organizza manifestazioni, insieme a noi, contro i delfinari. Richiedi il nostro intervento, organizzando seminari o incontri informativo-didattici presso le scuole o le associazioni della tua città. Abbiamo infatti un nostro progetto sui cetacei realizzato in collaborazione con ricercatori che studiano i cetacei in natura e stiamo realizzando del materiale che potrai diffondere per noi, aiutandoci…. ad aiutare i delfini e le balene !! Diventa ECOVOLONTARIO, partecipa ai campi di ricerca in natura dell’Adriatic Dolphin Project, e del Gemini Lab, vivrai la meravigliosa esperienza di incontrare queste fantastiche creature nel loro ambiente naturale e imparerai a conoscere le loro abitudini e la loro vita. - ARTICOLI: LA CATTIVITA’ DELLE ORCHE, in collaborazione con Yvon Godefroid, Cetacean Freedom Network- Belgio. Da “Planete mer” settembre 2002. - TANOUK E’ MORTA: la centocinquesima orca in cattivita’. Catturata nel 1989 a largo dell’Islanda e importata illegalmente nel Marineland di Antibes insieme a Sharkane, Tanouk è morta il 24 ottobre scorso, in Giappone presso il Sea Paradise a Izu-Mito. Tanouk, un maschio, non aveva che 3 o 4 anni quando fu strappat alle sue acque natali, nelle vicinanze del luogo in cui Keiko ha reimparato la libertà con l’equipe di Ocean Futures. Avrebbe potuto 28 vivere almeno 70 anni in libertà. Avrebbe potuto generare una bella discendenza. E’ un giovane adulto che è appena morto, nella piena forza dell’età ma pezzato da undici anni di cattività. L’importazione delle orche è proibita in Francia. Ma a che serve la legge quando si hanno i mezzi per ottenere una deroga speciale….Questo fu il caso di Marineland di Antibes. Non contento di detenere gi una coppia di orche (Kim II e Freya) che non riuscivano a riprodursi, il suo direttore Mike Riddel ordino’ la cattura di una giovane coppia per stimolare la fecondità dei suoi pensionanti. Tanouk ARRIVO’ DUNQUE AD Antibes con Sharkane nel 1989. Lì passo sei anni durante i quali fu escluso dalle altre orche. Difficile coabitare in una piccola vasca quando si è fatti per vivere negli oceani ! Il suo comportamento depresso divenne inquietante ed una infezione si sviluppò sulla sua pinna dorsale. Tanlouk non poteva più rimanere ad Antibes. Per gli animalisti divenne allora, il candidato numero uno alla riabilitazione. Ma non la pensò così anche il Marineland. Segretamente, una notte di novembre del ’95, fu trasferito in Giappone in condizioni, probabilmente, molto penose. Più di quindici ore di aereo, immobile, per un orca è duro. Qualche giorno dopo l’arrivo di Tanouk nella sua nuova prigione, un giovane studente Giapponese inviò a Brigitte Sifaoui delle fotografie dell’orca: il suo ventre era attraversato da cinque piaghe sanguinolente e la sua pinna dorsale sembrava purulenta. Lo studente diceva di aver notato le difficoltà respiratorie di Tanouk, allora ribattezzato Yamato, che languiva solo nel suo recinto. Nel 1997 era stato unito a Asuka, una femmina brutalemtne catturata a Taji (in Giappone) con altri quattro membri della sua famiglia. I due animali erano stati separati questo autunno a causa di nuove 29 infezioni che infliggevano Tanouk. Questo aveva smesso di mangiare dopo l’inizio del mese di ottobre. E’ ormai ben noto che lo stato di depressione attenua le difese immunitarie dei mammiferi. Separato dal suo mare, isolato dalla sua famiglia e di seguito lasciato anche solo, privato di spazi e di stimoli, questo giovane maschio ha ceduto alla noia e alla solitudine. Quando si sa benissimo a quale punto i legami sociali siano importanti per questi animali. I maschi trascorrono tutta l’esistenza in seno alla loro famiglia e non lasciano mai la loro madre. E’ evidente quindi che la cattività uccide le orche come i delfini e tutti i grandi mammiferi evoluti. Grazie al Marineland di Antibes e alla compiacenza del Ministro dell’Ambiente che accordò una deroga per l’importazione, Tanouk si è appena ricongiunto alle 12 orhe prigioniere già morte dopo l’uscita del film “Free Willy” di cui: Vigga, Yaka, Belen, Ruka, Malik, Gudrun e Finna, tutte morte nel pieno della loro giovinezza. L’ORCA RUKA: si è suicidata ? Ruka, una giovane orca femmina, è appena morta in Giappone. La causa ufficiale del decesso resta sconosciuta ma è innegabile che la descrizione di questa morte brusca faccia pensare al suicidio. Catturata nelle acque islandesi nel 1981, poi detenuta nello zoo di Hagenbeck in Germania fino al 1985, Ruka è stata in seguito trasferita nel parco Giapponese Nanki Shirahama Adventure World. E’ là che al termine del suo spettacolo, il 29 marzo 2000, l’orca prigioniera più vecchia del Giappone, è colata a fondo della sua vasca e non è più risalita, secondo le stesse parole di un testimone oculare. La morte di Ruka significa d’altronde che sulle 134 orche catturate dopo il 1961 con lo scopo di pubbliche esibizioni, 105 30 sono a tutt’oggi morte, con un tasso di circa il 78% di mortalità Ricordiamo che in libertà, alcune orche possono vivere fino a novant’anni. Al momento attuale, 50 orche restano detenutenel mondo. Delle 58 gravidanze di orche in cattività registrate, dopo il 1968, solo 22 piccoli sono riusciti a sopravvivere, secondo un tasso di sopravvivenza del 38%. Negli Stati Uniti, Sea World non possiede meno di 20 orche in cattività, ossia il 41% della popolazione totale in cattività. Dopo il 1972, solo il Giappone ha catturato 19 orche selvagge per finalità di esibizione. ( Dati di Whale and Dolphin Conservation Society). UNA NUOVA VITTIMA DELLA CATTIVITA’: Bjossa è morta a 25 anni. Bjossa, l’orca femmina detenuta da 25 anni nell’acquario di Vanocuver, prima di essere trasferita nell’aprile scorso nel Sea World di San Diego, è appena morta nell’ottobre scorso. Con un breve comunicato, l’Acquario di Vancouver ha fatto sapere che Bjossa era morta. Per parte sua, Sea World ha affermato che avrebbe intrapreso un’inchiesta post-mortem al fine di conoscere la causa esatta di questo decesso. Sembrava che l’orca prigioniera fosse stata uccisa da un’infezione alle vie respiratorie, di cui soffriva già da un anno e mezzo. Nel mese di agosto Bjossa appariva gravemente ammalata. Immediatamente gli operatori di San Diego si erano rivolti al personale dell’Acquario di Vancouver e per qualche tempo la salute di Bjossa era sembrata migliorare, ma in modo superficiale. Bob Tucker, portavoce del Sea World, ha dichiarato che l’orca pesava 31 più di 2.500 chili e questa era morta sola e in una piccola piscina di isolamento in cui era stata segregata allorché la sua infezione era peggiorata. “In quest’ulimo week-end” ha aggiunto Bob Tucker, “Bjossa era divenuta completamente letargica ed aveva cessato di alimentarsi e malgrado tutti i nostri sforzi, questa si è lasciata morire rapidamente. Noi non pensiamo dunque che abbia sofferto molto”. John Nightingale, il responsabile dell’Acquario di Vancouver ha precisato. “Tutta l’equipe è sicuramente molto rattristata, così come tutti coloro che hanno avuto contatti con lei. Il trasferimento di Bjossa al Seaquarium segno, per l’acquario di Vancouver, un cambiamento d’epoca. Durante 30 anni noi abbiamo mantenuto l’esibizione di orche in cattività, ma oggi è terminata. Quando Bjossa si trovò sola dopo la morte del suo compagno, si è tentato di sostituirlo con un altro ma questo non è stato possibile, perché secondo le leggi del nostro paese, non potevamo legalmente acquisire un’orca che sarebbe dovuta essere catturata in mare.” John ha ugualmente indicato che erano state fatte numerose offerte per acquistare Bjossa, il cui valore era stimato in un milione di dollari canadesi. “Diverse strutture di cattività situate in Francia ( Marineland D’ Antibes), in Giappone ( Nagoya) e negli Stati Uniti erano pronti a pagare delle somme importanti per acquisire l’orca, ma ogni volta io ho preferito tenere in considerazione il benessere dell’animale ed ho rifiutato”. Bjossa fu quindi donata e non venduta al Seaquarium di San Diego. Il suo portavoce, Fred Jacobs, ha confermato che, come tutte le altre orche morte in “servizio” precedentemente, Bjossa era stata appena ribattezzata Shamu, che avrebbe eseguito numerosi spettacoli quotidiani e he avrebbe fatto parte del programma di riproduzione intensivo condotto dal 32 Seaquarium. Reagendo a questo decesso, Doug Imbeau, portavoce della associazione “No whale in captivity” h dichiarato che il trasferimento da Vancouver a San Diego aveva aggravato lo stato di salute di Bjossa. Sul posto, essa ha dovuto bruscamente dividere il suo spazio vitale con altri otto cetacei ed ubbidire agli ordini di nuovi addestratori. Doug ha concluso con queste terribili parole. “In mare Bjossa avrebbe vissuto fino ad 70 anni ma forse anche fino a 90. Qui, al termine di una vita atroce, è appena morta a 25 anni, una nuova giovane vittima della cattività”. Ricordiamo che durante questi anni di detenzione subiti a Vancouver, Bjossa è stata costretta a dare la vita a tre piccoli, tutti morti alla nascita, con l’eccezione di sui figlio Kyosha, nato nel 1992 e sopravvissuto per soli 97 giorni ! UN’ORCA IN CATTIVITA’ AGGREDISCE IL SUO ADDESTRATORE: Durante il suo spettacolo di 2 ore e 45 minuti allo Shamu Stadium di San Diego, Kasatka, un’orca dal peso di 5000 libbre e dell’età di 23 anni, stava per eseguire il suo spettacolo quotidiano davanti ad una folla molto numerosa. Bruscamente l’animale ha cominciato ad agitarsi e a girare freneticamente in tondo nella sua vasca. Poi si è voltata verso l’addestratore Ken Peters, che nel frattempo l’aveva raggiunta in acqua, e d’improvviso l’attacco’. Racconta Stan Baker, una persona che assisteva allo spettacolo e che ha filmato il dramma: “Mi è sembrato che l’orca aprisse la bocca per mordere l’addestratore e poi altri due membri del personale sono arrivati per circondarla e respingerla. Kasatka tentava apparentemente di mordere Ken e trascinarlo verso il fondo. Infine lo spinse verso la 33 pedana a pelo dell’acqua e l’uomo poté essere salvato senza danni.” Interrogata, la direzione del delfinario, ammise che forse l’orca aveva agito per disperazione: in effetti lo stesso Ken Peters le aveva da poco tolto il suo cucciolo per venderlo ad un altro zoo, secondo una pratica corrente. -LEGISLAZIONE: -LA CONVENZIONE INTERNAZIONALE DI WASHINGTON- CITES I cetacei sono inseriti nella Convenzione Internazionale di (Convention on Washington. Nel 1973 venne quindi istituita la CITES International Trade of Endangered Species) , Convenzione sul Commercio Internazionale delle Specie di Flora e Fauna Selvatiche Minacciate di Estinzione. Questa convenzione nacque dall’esigenza di porre delle regole rispetto alla commercializzazione e all’esportazione di animali e piante (e loro derivati) in via di estinzione, prelevati in natura. Lo scopo fu quindi di regolare per mezzo di permessi e certificazioni il prelievo e il commercio di animali. Nel 1973 furono 154 i paesi ad aderire a tale convenzione, e tra essi anche l’Italia. Ma soltanto nel 1983 l’Italia riuscì ad identificare un’Autorità di gestione e controllo (Servizio Conservazione e Natura e Corpo Forestale dello Stato) che rilasciasse le certificazioni e le licenze per l’importazione e l’esportazione di animali o piante. Nello stesso anno venne anche istituita un’ Autorità Scientifica (Commissione Scientifica Cites). 34 All’interno di questa convenzione specie animali e vegetali sono state suddivise in tre appendici, a seconda del grado di rischio di estinzione in natura. Queste liste vengono periodicamente aggiornate. I cetacei (delfini e balene) rientrano nell’Appendice I, ovvero appartengono a quelle specie di animali minacciati di estinzione che NON POSSONO ESSERE ESPOSTE A SCOPO COMMERCIALE VENDUTE, COMPRATE O COMMERCIALIZZATE ad eccezione di particolari circostanze, per esempio per scopi scientifici. RICHIESTA DI BANDO TOTALE ALLE IMPORTAZIONI DI CETACEI IN ITALIA Attualmente in Italia, ed in tutta l’Unione Europea, vige un bando parziale alle importazioni di tutti i cetacei per scopi commerciali. I cetacei sono infatti elencati tra le specie a maggior pericolo di estinzione (Appendice I) nella Convenzione di Washington, ratificata dall’Italia con il Decreto Ministeriale 31 dicembre 1981, “Attuazione del Regolamento (CEE) n. 3626/82 ...”. Qualora però sussistano motivazioni SCIENTIFICHE, EDUCATIVE o di RIPRODUZIONE, potrebbero essere comunque concesse in deroga licenze per l’importazione di cetacei (Art. 3, D.M. 31 dicembre). Una volta ottenute le licenze ed importati i delfini per le suddette motivazioni, questi animali vengono utilizzati in spettacoli a pagamento, in cui vengono fatti esibire durante l’esecuzione di esercizi/giochi. Nel caso specifico di Tursiops truncatus non crediamo che sussistano realmente delle necessità scientifiche, educative e di 35 riproduzione tali che giustifichino l’importazione e la detenzione in vasca di questi animali. Ricordiamo che a Gennaio di quest’anno è stato approvato, finalmente e dopo anni, un decreto che prevede “Norme e mantenimento dei tursiopi in cattività”, di certo rappresenta un grande passo in avanti e per questo solleciteremo in Ministero dell’Ambiente e della Salute ad applicare il decreto. Per la prima volta, nel decreto n. 469 pubblicato sulla Gazzetta ufficiale n.15 del 18 Gennaio 2002, vengono definiti i criteri minimi per le dimensioni delle vasche e molti altri parametri importanti per la detenzione dei tursiopi. -SCHEDE I CETACEI • Sono mammiferi marini; • Si suddividono in: odontoceti , cetacei con i denti ( tursiopi, stenelle, globicefali, grampi etc.) e misticeti, cetacei con i fanoni (balenottera comune, balenottera minore, balenottera azzurra, balena franca, megattera etc.). TASSONOMIA: nel contesto esamineremo i Tursiopi, gli esemplari che più comunemente vengono detenuti in cattività. IL TURSIOPE • Ordine: cetacea • Sottordine: odontoceti • Famiglia: delphinidae 36 • Fino a 4 m di lunghezza, media tra 2,50 e 3,50 m; • Peso: da adulti tra i 275 ai 350 kg; • Neonati: circa 1 m; • Denti: da 20 a 26 per emimascella ed emimandibola. Un tot. di 100 - 104 denti. Si alimenta principalmente di pesci come le acciughe, sardine, sgombri ecc., fino a 50 specie di pesci ma anche di calamari e polpi. La forma costiera appare più ittiofaga mentre la pelagica più teutofaga (ovvero si nutre principalmente di molluschi cefalopodi). Sappiamo che 55 milioni d'anni fa da un gruppo di mammiferi primitivi e terrestri, simili ad un cane chiamati Mesonchidi, trassero origine con molta probabilità, i primi cetacei che furono chiamati, Archeoceti. Da mammiferi terrestri, nel corso dei successivi 30 milioni d'anni si realizzava il graduale adattamento alla vita acquatica, con conseguenti modificazioni morfologiche. Circa 25 milioni di anni fa si estinguevano tutti gli Archeoceti (Ambuloceti, Dorudonti e Basilosauridi) dando origine ai due gruppi di Cetacei attuali: i MISTICETI e gli ODONTOCETI. HABITAT: I tursiopi sono animali essenzialmente costieri (abitano in ambiente neritico, ovvero in acque della piattaforma continentale, i cui fondali sono compresi tra 0 e 200 m) alcuni gruppi tra quelli più studiati (Scozia, Adriatico, Golfo del Messico ed in Australia Occidentale) si sono rivelati residenti in particolari località, altri 37 tursiopi costieri come quelli della California hanno dimostrato di saper compiere nel corso dell'anno estesi spostamenti, nell'ordine di svariate centinaia di Km. Sono facilmente adattabili a diversi tipi di habitat. L'ambiente più tipico è quello costiero, in acque basse, nei canali e fino agli estuari dei fiumi spingendosi anche a risalirli. Esistono anche forme pelagiche di tursiopi (che vivono in acque oltre la piattaforma continentale, con fondali oltre i 200 metri) a centinaia di chilometri dalla costa, le quali potrebbero essere soggette a comportamento migratorio, probabilmente in risposta al cambiamento delle stagioni oppure ai movimenti delle prede, sia in regioni pelagiche che neritiche. Gli avvistamenti di tursiopi nel Mediterraneo ci fanno pensare che si tratti delle forme costiere, in quanto le profondità medie del mare nei luoghi di avvistamento erano inferiori ai 100 metri. CICLO VITALE E RIPRODUTTIVO: -Accoppiamento: nei mesi caldi -Gestazione: un anno -Nascita: prevalentemente in primavera ed estate -Lattazione: volontaria, dura per un anno circa. -Intervallo tra le nascite: 3/4 anni. COMPORTAMENTO SOCIALE DEI TURSIOPI: 38 I delfini sono essenzialmente animali sociali, alcuni di loro vivono insieme per tutta la vita, altri vivono insieme per un periodo limitato del loro ciclo vitale Vivere insieme offre alcuni vantaggi: 1) Collaborazione per la caccia 2) Difesa dagli attacchi dei predatori quali per esempio: squali e orche. 3) Facilita gli incontri durante il periodo riproduttivo. Le popolazioni studiate nei dettagli mostrano come la struttura sociale sia molto fluida. Ciò nonostante ci sono alcuni "modelli base". Esaminiamo per esempio la popolazione dei tursiopi costieri della Florida Occidentale. Le comunità dei tursiopi sono legate alle femmine, è quindi una struttura prettamente fondamentale è matrilineare. costituita dall'unità Infatti l'unità familiare, un sociale gruppo piuttosto stabile di femmine adulte che comprende circa 5-10 esemplari che vivono insieme ai piccoli non ancora svezzati. Dopo lo svezzamento che avviene intorno al 3/4 anno e quindi l'indipendenza dalla madre, gli esemplari di ambedue i sessi si separano dall'unità familiare per formare un gruppo misto di giovani. Raggiunta la maturità sessuale, che avviene intorno ai 9/10 anni per le femmine e a 10/13 anni nei maschi, le femmine si uniranno all'unità familiare (presumibilmente quella d'origine) per rimanerci tutta la vita, mentre i maschi si uniranno ad un altro maschio (non un fratello) della sua stessa età formando una coppia 39 che andrà ad unirsi temporaneamente ai gruppi di femmine solo nei periodi riproduttivi . La società dei tursiopi dell'alto adriatico nelle acque del Quarnerolo (quel tratto di mare compreso tra le isole di Lussino, Cherso e Pago) studiata dai ricercatori dell’Adriatic dolphin project è costituita da circa 100-150 esemplari, appare più fluida e mutevole rispetto a quella della Florida. Nonostante alcune associazioni diciamo così "fisse" e costanti nel tempo come quelle tra piccoli gruppi di individui o coppie, esistono molti rimescolamenti tra branchi diversi, in maniera continua oppure limitata a poche ore. Nel mediterraneo le dimensioni medie del gruppo sono di : 6 - 7 esemplari. La struttura sociale dei tursiopi pelagici non è ancora ben conosciuta, appare comunque differente da quella dei costieri. In alcuni casi si sono osservati branchi di tursiopi associati anche con altri cetacei quali: globicefali, balene franche e megattere. Molti sono comportamenti di cooperazione sono stati osservati in natura: - la "zia", è una femmina che aiuta un'altra femmina a partorire e che partecipa alla crescita e alla difesa del nuovo cucciolo. Le cure parentali durano molti anni. 40 - Due delfini che con le pinne pettorali ne sorreggono un altro in difficoltà o ammalato per portarlo in superficie , probabilmente per aiutarlo a respirare. - I gruppi dei delfini pelagici probabilmente sono così abbondanti proprio per fronteggiare più facilmente i predatori, anche perché in mare aperto è sicuramente più facile incontrare i grandi squali. - La "nonna", è depositaria di informazioni apprese nel corso degli anni, di notevole interesse per tutta l'unità sociale. Essa sa dove trovare i migliori banchi di cibo durante le diverse stagioni, e possono fungere esattamente come nelle tribù umane quali depositarie di "saggezza". - La caccia è un argomento interessante per due diversi fattori: quello della cooperazione e quello dello sviluppo intellettivo raggiunto nello sforzo e nello "ideare" ed adattare nuove tecniche di caccia diversificate a seconda degli habitat. Alcuni tursiopi abitanti le coste paludose degli stati sud-orientali degli Stati Uniti, spingono i pesci su banchi di fango e successivamente provocano una piccola ondata che getta all'asciutto i pesci. A questo punto i Tursiopi si "spiaggiano "volontariamente per riuscire a mangiare i pesci. Comportamenti cooperativi sono anche stati osservati nei confronti del genere umano. Molte sono le storie di salvataggio e soccorso nei confronti degli umani note fin di tempi dell’antica Grecia da parte di branchi di delfini. 41 Non è difficile osservare i delfini in natura avere altri comportamenti sociali che evidenziano grande interazione e coesione di gruppo. Saltare sulle onde in perfetto sincronismo tra due o più delfini è un "gioco" spesso osservato, come l'attività di strofinarsi l'uno con l'altro . In alcune popolazioni sono anche stati studiati i comportamenti aggressivi e competitivi. Sembra che vi sia la possibilità tra maschi adulti la presenza di questo tipo di comportamenti soprattutto per il cibo, e nei periodi di riproduzione. E' abbastanza facile riconoscere i segnali attraverso i quali i Tursiopi esprimano minacce anche nei confronti dell'uomo: muovono il cranio a destra e a sinistra molto velocemente e aprendo e chiudendo la "schiocchi". bocca Un altro facendo seguire comportamento questo gesto minaccioso da forti abbastanza esplicito è quello di colpire i compagni con i lobi della pinna caudale dopo averli inseguiti, o ingaggiare delle lotte molto accese. Qualche volta si possono osservare dei segni di morsi o graffi sulla cute. Un comportamento marcatamente sessuale è molto frequente, anche nei confronti degli esseri umani. IL NUOTO, LE IMMERSIONI ED I COMPORTAMENTI CORRELATI: • Immersione: anche fino a 600 metri. Fino ad un massimo di 8 minuti. 42 • Nuoto: velocità fino ai 30 chilometri orari. In normale trasferimento, emerge per respirare una volta ogni 15/20 secondi. • Breaching: salto con parziale avvitamento e rientro con spanciata. • Lobtailing: sbattere con violenza la pinna caudale, mentre la maggior parte del corpo resta sott'acqua. • Bow-riding: nuoto sull'onda di prua. • Flipper-slapping: atto del sollevare una pinna pettorale sopra il pelo dell'acqua e sbatterla con violenza sulla superficie. Fluking: atto del sollevare la pinna caudale in aria prima dell'immersione. -HANNO DETTO: Da “La Repubblica” del 26/6/2000 La Prof. Lidia Orsi Relini docente di biologia marina all’Università di Genova ha dichiarato: “In genere, un animale superiore, un mammifero per capirci, tenuto in cattività è uno spettacolo molto modesto….Non sarà un caso se i paesi più civili ( per es. l’Inghilterra, ndr) hanno chiuso definitivamente questo tipo di esibizione che resiste invece qui in Italia…..Comunque l’approccio più triste rimane quello di chi utilizza gli animali per fare spettacolo….Io sono convinta che la vera educazione la si faccia portando gli studenti a conoscere i delfini nel loro habitat “. Il Dott. Giuseppe Notarbartolo di Sciara, cetologo di fama Internazionale e Presidente dell’ICRAM ( Istituto Centrale per la 43 Ricerca Applicata al Mare), dal “Verbale di consulenza tecnica richiesta dalla Procura di Verona in merito al procedimento a carico di Enrico Ghinato ( Gardaland) per la morte di Violetta, scrive: “L’organizzazione sociale dei tursiopi e le condizioni di vita naturali non possono essere rispettate e replicate in cattività, dove in uno spazio estremamente ridotto vengono forzati a convivere esemplari di entrambi i sessi * e di tutte le età, per lo più non imparentati tra loro e provenienti dalle più disparate regioni del globo. *In natura la società dei tursiopi costieri è organizzata: a)in gruppi matrilineari misti costituiti da 2-6 femmine adulte imparentate tra di loro accompagnate dai loro figli immaturi; b) da piccoli gruppi costituiti da 2-3 esemplari di maschi adulti. Normalmente queste due unità sociali, dotate di elevata stabilità temporale ,vivono separate per permettere alle femmine di proteggere loro stesse e i piccoli e ai gruppetti di maschi di occupare differenti territori e minimizzare le occasioni di interazione competitiva e aggressiva con altri similari gruppetti di maschi).