la verifica magneto-induttiva nelle funi di sollevamento
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la verifica magneto-induttiva nelle funi di sollevamento
La verifica magneto-induttiva nelle funi di sollevamento: applicazioni sul campo D. Basso (1), F. Ficili (2), G. Rovera (1), P. Boschiazzo (3), B. Vusini (3) (1) FAS, Via dei Lavoratori 118/120, 20092 Cinisello Balsamo (MI), tel. 02 6124951 fax. 02 66040192, [email protected] (2) Politecnico di Torino, Corso Duca degli Abruzzi 24, 10129 Torino, tel. 011 0907158 fax. 011 0907199, [email protected] (3) AMC Instruments, Via Pier Carlo Boggio 61, 10129 Torino, tel. 011 0903205 fax. 011 0905126, [email protected] Introduzione: Le funi metalliche sono oggigiorno utilizzate in una moltitudine di applicazioni differenti, e rappresentano spesso l’elemento al quale l’utente affida la sicurezza propria o del proprio lavoro. Per questo ed altri motivi è necessario che lo stato di conservazione delle stesse venga monitorato con una certa frequenza e con una elevata cura. La presenza di riduzioni di sezione o di fili rotti (esterni o interni) può infatti compromettere non solo lo svolgimento delle proprie attività lavorative, ma anche la stessa vita degli operatori di un cantiere. Le metodologie di controllo a vista e al tatto, utilizzate correntemente, hanno oramai raggiunto una certa maturità, ma sono indubbiamente poco attendibili in quanto non consentono la rilevazione di fili rotti interni alla fune e sono difficoltosi da applicare nei casi in cui la fune sia molto ingrassata. Inoltre l’operatore è costretto ad effettuare l’analisi in condizioni talvolta poco sicure in quanto deve avvicinarsi molto alla fune in movimento e la deve spesso toccare. L’utilizzo di dispositivi per il controllo magnetoinduttivo delle funi (già obbligatorio in alcuni ambiti come quello delle funivie) può ovviare ad un gran numero dei problemi sopra esposti: non c’è la necessità che l’operatore tocchi la fune in movimento, è possibile la rilevazione di fili rotti interni ed esterni e della riduzione di sezione, si ottiene un risultato oggettivo e si può effettuare un rapido conteggio dei difetti che una fune presenta. Nella memoria verranno presentati alcuni esempi di applicazione diretta del magneto induttivo nel settore del sollevamento evidenziando gli aspetti operativi legati a tale tipo di verifica. Gli impianti di sollevamento merci Il settore del sollevamento merci rappresenta, non solo nel nostro paese, una risorsa economica fondamentale. Cantieri, porti, fabbriche, sono solo alcuni degli esempi in cui si rende necessario movimentare carichi pesanti utilizzando gru e carriponte. In tutti questi casi, la struttura dell’impianto di sollevamento è soggetta a sforzi notevoli, dipendenti non solo dalle condizioni di utilizzo, ma anche dal peso del carico che si sta movimentando. Tra i vari organi dell’impianto, particolare attenzione va posta alla fune, che si configura come elemento ultimo di collegamento tra il carico e la macchina di sollevamento. A questa parte dell’impianto viene demandato il delicato compito di sorreggere il carico ed è per questo motivo che si rende necessario un accurato esame del suo stato di conservazione. Un malfunzionamento della fune (inteso come rottura di fili elementari, o corrosione) può mettere a rischio non solo l’operazione di trasporto del carico, ma anche la vita stessa del personale addetto al trasporto e alla sistemazione delle merci, che si muove e lavora nella stessa area nella quale i carichi vengono movimentati. Le cause per le quali una fune può rompersi sono molteplici ed estremamente varie. La corrosione può giocare un ruolo importante, in particolare nelle funi adibite al trasporto merci in zone portuali, dove la salinità dell’ambiente può portare a fenomeni di ossidazione dei trefoli costituenti la fune. Fig.1 – Gru portuale Allo stesso modo, rotture dei trefoli possono verificarsi a causa delle intense sollecitazioni cui la fune è soggetta durante la sua vita (urti contro le pareti delle strutture metalliche presenti nel cantiere, carichi eccessivi…). Infine, ma non per ordine di importanza, un ruolo fondamentale gioca lo stato di conservazione delle pulegge dell’impianto di sollevamento. Non bisogna infatti dimenticare che la fune si muove all’interno di un complesso sistema meccanico che è il carroponte stesso, e che imperfezioni sugli organi meccanici che compongono quest’ultimo, possono ripercuotersi negativamente sullo stato di usura della fune stessa. Se a questi fenomeni si aggiunge il fatto che la fune non è un unico blocco di materiale omogeneo, ma è costituita da singoli trefoli, a loro volta formati da fili elementari, e che questi elementi costituenti sono in continuo movimento l’uno rispetto all’altro, si capisce come anche in condizioni di normale utilizzo, senza particolari condizioni avverse esterne, si possono verificare fenomeni di abrasione e di rottura delle funi. Quando il numero dei fili rotti supera un determinato livello, la fune non è più adatta a sollevare il suo carico nominale e deve essere sostituita. Si capisce pertanto che un accurato esame periodico della fune è fondamentale per garantire un accettabile livello di operatività e di sicurezza. La fune deve essere controllata con periodicità, da personale esperto e qualificato, utilizzando le strumentazioni più all’avanguardia che il mercato offre. L’esame a vista La normativa di riferimento nel settore delle funi metalliche per il sollevamento è la UNI ISO 4308 [1] La norma definisce le linee guida per la cura, l’installazione, la manutenzione e i controlli delle funi in servizio sugli apparecchi di sollevamento, ed elenca i criteri per lo scarto che devono essere applicati per implementare un utilizzo sicuro degli apparecchi di sollevamento. Tra gli esempi di danni alle funi riportati dalla normativa, ve ne sono alcuni che meritano di essere commentati, in quanto rappresentano tipologie di difetti che possono passare inosservati, anche ad un accurato esame visivo. Uno dei più comuni difetti che può presentarsi è quello della rottura di fili elementari. Tale rottura può avvenire in superficie, ma anche più in profondità ed in quest’ultimo caso l’esame visivo perde di efficacia. Fig.2 – Rottura di fili superficiali E’ naturale che una situazione del genere possa essere notata anche attraverso un esame a vista molto accurato. È però altrettanto vero che la fune nell’immagine di fig.2 è perfettamente pulita e priva di ingrassaggio. In condizioni normali, le funi sono ricoperte da uno spesso strato di grasso che ha la funzione di proteggerle e di agevolare lo scorrimento della stessa sugli organi di trasmissione. In questo caso è chiaro che l’esame deve essere condotto in due fasi successive. Una prima pulizia della fune ed un secondo step che rappresenta il controllo vero e proprio. In moti impianti, l’ingrassaggio della fune rappresenta un vero e proprio ostacolo all’esame visivo, in quanto il grasso secco impedisce la corretta identificazione dei difetti Fig. 3 – Esame a vista Al termine dell’esame, deve essere compilato un rapporto di prova, definito dalla normativa ISO 4309 [1], che riporta il numero di fili rotti e le zone con variazione di sezione, al fine di fornire al responsabile dell’impianto una fotografia quanto più realistica della fune in esame. Fig.4 – Rapporto di prova come previsto dalla normativa Attraverso l’esame a vista, oltre ai problemi di ingrassaggio fune di cui sopra, risulta però impossibile identificare quelle rotture che possono presentarsi al di sotto del manto di fili più esterni. Queste zone non sono visibili ad occhio nudo, ed è pertanto impossibile fare conto sul solo esame visivo. Allo stesso modo, non è possibile osservare fenomeni di corrosione che possono presentarsi nei trefoli più interni della fune. Questa situazione è più frequente di quanto si possa pensare, in quanto l’umidità presente nell’aria colpisce prima le zone della fune più vicine all’anima centrale, che è tipicamente tessile. Nella figura sottostante, si può vedere una sezione di una fune trefolata nella quale la zona centrale è pesantemente affetta da fenomeni corrosivi. Fig.5 – Fenomeni di corrosione interna In questo caso, l’unico modo per poter accorgersi di questa tipologia di difetti consiste nell’affidarsi a strumentazioni in grado di poter effettuare un controllo più accurato di quello visivo, in modo da affiancare l’esperienza del personale tecnico ad una metodologia di analisi di tipo ‘non distruttivo’, capace per sua natura di analizzare tutta la sezione di una fune e di identificare con buona accuratezza sia i fili rotti (interni ed esterni) che fenomeni corrosivi [2]. La tecnica maggiormente impiegata è quella magnetoinduttiva, che deriva dagli impianti funiviari per il trasporto persone. La stessa normativa ISO 4309 riporta, al paragrafo 3.4.3, la frase ‘è possibile utilizzare tecniche di controllo non distruttivo di tipo magnetico per fornire un supporto all’esame visivo, al fine di identificare le zone di deterioramento della fune’. In un contesto del genere si può evincere che l’apparecchiatura per il controllo magnetoinduttivo della fune deve essere comunque affiancata ad un controllo visivo da parte dell’operatore. La macchina, cioè, non deve sostituire l’essere umano, ma deve configurarsi come strumento atto a facilitarne le operazioni di controllo. Il metodo magnetoinduttivo nel settore del sollevamento I primi strumenti magnetoinduttivi erano adatti prevalentemente al settore funiviario, laddove la velocità di traslazione della fune è costante e la modalità di installazione dell’apparecchiatura non è vincolata a spazi ridotti e difficoltosi da raggiungere. Questi strumenti sono caratterizzati da dimensioni ingombranti e pesi ragguardevoli e il loro funzionamento è basato su una tecnologia ‘a bobine’. Questa tecnologia consente di rilevare bene i difetti per velocità della fune elevate, ma ha alcuni problemi per basse velocità e soprattutto per moti a velocità variabile. Negli ultimi anni si sono sviluppate tecniche di rilevazione differenti, basate sull’utilizzo di sensori discreti di campo: le sonde ad effetto Hall, che sono insensibili alle variazioni di velocità e forniscono un segnale indipendente dalla velocità della fune in prova. A questa tecnologia di misura si è affiancata una riprogettazione dello strumento in modo da renderlo adatto all’utilizzo in condizioni molto gravose, riducendo i pesi, le dimensioni e dotando la strumentazione di un acquisitore digitale al posto del classico registratore su carta [3]. Nelle immagini seguenti si possono osservare alcune modalità di installazione dell’apparecchiatura AMC Rope26, adatta alla misura di funi fino a 26mm di diametro. Questa apparecchiatura ha superato con successo la rigorosa prova di certificazione secondo la normativa europea EN 12927-8:2005 Figg 6-7 – Prove magnetoinduttive su carroponti portuali Figg 8-9 – Prove magnetoinduttive su carroponti portuali Le prove in questione sono state effettuate dalla società FAS Service, che impiega personale esperto e dotato dell’abilitazione ‘livello 2’ per le prove magnetoinduttive su funivie. L’utilizzo di un sistema simile rende l’effettuazione dei controlli molto più agevole rispetto al controllo a vista tradizionale, in quanto presenta i seguenti vantaggi: 1. Identificazione oggettiva dei difetti, sia interni che esterni 2. Maggior sicurezza per l’operatore, che non si avvicina alla fune in movimento durante la prova 3. Possibilità, attraverso il sistema AMC Instruments, di rilevare anche la variazione del diametro, e non solo la presenza di difetti localizzati (rottura fili) 4. Digitalizzazione del segnale: i grafici vengono salvati su PC e possono essere salvati, elaborati, stampati. Inoltre, la verifica viene effettuata ad una velocità di prova molto superiore a quella che sarebbe necessario mantenere se il controllo fosse esclusivamente visivo, per cui i tempi necessari per effettuare il test si riducono notevolmente. Un ulteriore vantaggio del sistema è dato dalla possibilità di installarlo in punti che sarebbero difficoltosi per un controllo a vista. Infine è opportuno osservare che la strumentazione in oggetto è in grado di rilevare non solo la presenza di fili rotti, ma anche la presenza di fenomeni corrosivi attraverso la misura della sezione metallica della fune. Questo segnale, denominato LMA (acronimo di Loss of Metallic Area), è estremamente innovativo e risulta molto utile a comprendere lo stato di conservazione di una fune, specialmente se essa è stata utilizzata in ambiti estremamente gravosi quali, ad esempio, quelli portuali. Conclusioni In questo articolo è stata presentata una metodologia innovativa per il controllo delle funi metalliche, sviluppata dallo spin-off del Politecnico di Torino AMC Instruments srl, ed adottata con successo da diverse strutture, tra le quali la società FAS Service srl, braccio operativo di FAS SpA nel settore dei controlli delle funi metalliche. L’utilizzo di questa strumentazione rende la procedura di analisi della fune molto più agevole e veloce, e consente di disporre di una misura oggettiva ed inequivocabile dello stato di conservazione della stessa. La possibilità di disporre di due diverse informazioni (fili rotti e variazione di sezione) permette di rilevare un gran numero di imperfezioni della fune, dando all’operatore una piena consapevolezza dell’effettivo stato di usura di questo importante componente dell’impianto di sollevamento. Bibliografia [1] UNI ISO 4309 ‘Apparecchi di sollevamento - Funi - Cura, manutenzione, installazione, controlli e scarto’. [2] V. Cacciatore, A. Canova, A. Vallan and B. Vusini, “Experience and technologies in NDT of ropes”. KEY ENGINEERING MATERIALS, (2007), vol. 347, pp. 627-632. [3] A. Canova, F. Degasperi, F. Ficili, M. Forzan, B. Vusini “Experimental and numerical characterisation of ferromagnetic ropes and non-destructive testing device”, Proc. of OIPEEC Conferebce 18th – 20th March 2009, Stuttgart, Germany, pp. 289-298.