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Responsabilità civile e penale conduttore impianti a fune

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Responsabilità civile e penale conduttore impianti a fune
Massimo Zortea
RESPONSABILITÀ CIVILE E PENALE
DEL CONDUTTORE
DI IMPIANTI DI TRASPORTO A FUNE
___________________________________________________________
PREFAZIONE
Quattro anni sono trascorsi da quando ho elaborato la prima volta questa dispensa e il test pratico
cui è stata sottoposta conferma, grazie anche alle revisioni ed incrementi succedutisi, il conseguimento del
suo scopo primario: introdurre il lettore, pur con inevitabili limiti di ampiezza e profondità, ai profili di
responsabilità civile e penale (e, per meri cenni, amministrativa) cui può andare incontro il conduttore degli
impianti di trasporto a fune, in particolare quelli di risalita, ed i suoi dipendenti e/o collaboratori.
Proprio per questo motivo il mio lavoro è strutturato in due parti: una teorica ed una pratica.
La prima passa innanzitutto in rassegna i concetti tecnici basilari rilevanti in materia, indi si sofferma brevemente sulle figure specifiche di illecito, generatrici di responsabilità.
La seconda illustra, da un lato, le norme comportamentali ritenute di maggior rilievo per individuare il corretto modus operandi del conduttore e, correlativamente, la c.d. colpa specifica conseguente alla
loro inosservanza; dall’altro, sviluppa un’ampia rassegna di casi sottoposti al vaglio della magistratura
civile e penale con le relative soluzioni adottate.
L’opera si rivolge precipuamente agli operatori del settore degli impianti a fune, a beneficio del loro
studio e approfondimento individuale. Trae origine e trova applicazione innanzitutto nell’ambito delle lezioni che tengo annualmente nei corsi di Enaip Trentino “Macchinista e caposervizio di impianti a fune”.
Le elaborazioni concettuali ed il linguaggio usati sono pertanto improntati alla massima semplificazione.
Confido di aver offerto – anche grazie ai ritocchi di questa nuova edizione – un sussidio didattico
veramente capace di accompagnare l’apprendimento ma al tempo stesso di aver proposto uno strumento di
consultazione per gli operatori del diritto in una materia sempre di grande attualità, specie nelle regioni a
connotazione montuosa, dove più frequenti sono gli impianti di risalita.
Trento, 11 maggio 2004.
Massimo Zortea
INDICE GENERALE
PREFAZIONE
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INDICE GENERALE
3
PARTE PRIMA – TEORIA DELLA RESPONSABILITA’
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Cap. I – LINEE GENERALI
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A. CONCETTI GENERALI
1. L’illecito
2. La sanzione
3. La responsabilità
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B. RESPONSABILITA’ CIVILE
1. L’illecito civile:
a) concetto
b) tipologia
2. Gli elementi costituivi dell’illecito civile
3. Le conseguenze dell’illecito civile
4. Le cause di esclusione dell’illecito
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C. RESPONSABILITA’ PENALE
1. Il reato:
a) concetto
b) tipologia
2. Gli elementi costitutivi del reato
3. Le conseguenze del reato
4. Le cause di esclusione del reato
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Cap. II – FIGURE SPECIFICHE DI ILLECITO IN MATERIA
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A. DIRITTO CIVILE
1. Responsabilità contrattuale del conduttore di impianti a fune
1.1 Premessa
1.2 Responsabilità per sinistri
2. Responsabilità extracontrattuale del conduttore
3. Responsabilità del conduttore per il fatto dei dipendenti
4. Responsabilità disciplinare del dipendente del conduttore
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B. DIRITTO PENALE
1. Premessa
2. Lesioni personali
3. Omicidio
4. Inosservanza di norme in materia di sicurezza del lavoro
5. Reati connessi all’esercizio del servizio di sorveglianza
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C. DIRITTO AMMINISTRATIVO
1. Illeciti amministrativi di cui agli artt. 54/55 L. P.A.T. nr. 7/1987 ed ivi richiamati
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15
3
PARTE SECONDA – PRATICA DELLA RESPONSABILITA’
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Cap. I – PANORAMICA SULLE NORME COMPORTAMENTALI RILEVANTI
17
Cap. II – RASSEGNA DI CASI GIURISPRUDENZIALI
1. Responsabilità civile contrattuale
1.1 Art. 1681 c.c.
1.1.1. In generale
1.1.2. Seggiovia
1.1.3. Sciovia
2. Responsabilità civile extracontrattuale
2.1 Art. 2043 e ss. c.c. in generale
2.2 Art. 2050 c.c.
2.3 Art. 2051 c.c.
3. Responsabilità penale
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30
30
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PROMEMORIA IN CASO DI SINISTRO
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CENNI BIBLIOGRAFICI
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PARTE PRIMA
TEORIA DELLA RESPONSABILITÀ
__________________________________________________________________________
Cap. I
LINEE GENERALI
A. CONCETTI GENERALI
1. L'illecito
Per illecito si deve intendere la violazione di una norma giuridica, di qualunque tipo,
ovverosia di diritto civile, penale, amministrativo, tributario, ecc..
In altra prospettiva, integra illecito ogni comportamento cui la norma fa seguire una
sanzione.
2. La sanzione
Sanzione è una misura afflittiva predisposta da un ordinamento giuridico per rafforzare
l'osservanza e prevenire l'inosservanza di una determinata norma comportamentale.
Essa viene applicata come risposta e reazione ad un comportamento considerato difforme dalla norma e perciò valutato negativamente, ossia ad un illecito. In linea generale essa viene irrogata all'autore della violazione, ma l’interesse dell’ordinamento all’osservanza
delle norme ne giustifica talora l’irrogazione anche a soggetti non autori diretti del comportamento.
A seconda del tipo di sanzione (civile, penale, amministrativa) si qualifica anche
l’illecito come civile, penale, amministrativo.
3. La responsabilità
La responsabilità può essere definita come l'assoggettamento ad una sanzione - in
conseguenza di un determinato illecito - di un soggetto, non necessariamente autore dello
stesso.
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B. RESPONSABILITÀ’ CIVILE
1. L'illecito civile: a) concetto
Alla luce di quanto sopra detto, illecito civile è il comportamento che viola norme di diritto civile, ossia attinenti ai rapporti tra i privati, e che è punito con sanzioni di natura civile.
1. L'illecito civile: b) tipologia
Si distinguono due tipi di illecito civile:
a) contrattuale: è l'inadempimento o il ritardo nell'adempimento di una prestazione
determinata imposta ad un soggetto determinato a beneficio di un altro soggetto
determinato (art. 1218 cod. civ.);
b) extracontrattuale: è qualunque fatto doloso o colposo che cagiona ad altri un
danno ingiusto (art. 2043 cod. civ.), ossia la lesione di un bene o di un diritto (es.
vita, proprietà) senza violazione di un obbligo ad un comportamento determinato
imposto ad un soggetto determinato ed a beneficio di altro soggetto determinato,
bensì soltanto del dovere del neminem laedere (non fare del male a nessuno).
2. Gli elementi costitutivi dell'illecito civile
Gli elementi costitutivi dell'illecito civile sono due: oggettivo e soggettivo.
a) Sotto il profilo oggettivo, è opportuno distinguere tra tipi di illecito.
a.1) Nell’illecito contrattuale, si richiede un comportamento consistente nel non eseguire esattamente la prestazione a cui si è tenuti (ossia non adempiere o adempiere in ritardo).
a.2) Nell’illecito extracontrattuale:
I) è anzitutto necessario un comportamento umano antigiuridico, che può essere commissivo, laddove il soggetto tenga un comportamento attivo non consentito, od omissivo, nel
caso in cui egli ometta di agire nonostante abbia uno specifico obbligo in tal senso;
II) inoltre tale comportamento umano deve aver cagionato un danno qualificato dall’ordinamento come ingiusto; soltanto la lesione di una situazione giuridica soggettiva meritevole
di tutela e pertanto protetta dall'ordinamento giuridico integra un danno ingiusto;
III) infine tra fatto (comportamento) ed effetto (danno) deve ravvisarsi il c.d. nesso di
causalità; il fatto deve, cioè, essere stato la causa del danno, ossia deve averlo cagionato.
b) Sotto il profilo soggettivo costitutivi del fatto illecito sono, in ambo i tipi di illecito, il
dolo e la colpa, intesi come coscienza e volontà dell'atto, il primo, e come negligenza, imprudenza, imperizia (colpa c.d. generica) o inosservanza di specifiche norme comportamentali
(colpa c.d. specifica), la seconda.
Nell’illecito contrattuale, si noti, è il debitore a dover provare l’assenza di dolo o colpa;
in quello extracontrattuale, l’onere della prova incombe sul danneggiato.
Si deve poi tenere presente che la colpa e il dolo presuppongono in ogni caso
l’imputabilità del soggetto. Non risponde delle conseguenze del fatto dannoso chi non aveva
la capacità di intendere e di volere al momento in cui lo ha commesso, a meno che lo stato di
incapacità derivi da sua colpa (art. 2046 cod. civ.).
6
3. Le conseguenze dell'illecito civile
All'illecito civile si ricollegano conseguenze differenti nel caso di illecito contrattuale ed
extracontrattuale.
Nel primo caso, si farà luogo:
- all’esecuzione coattiva della prestazione, se il creditore può e desidera ancora soddisfare l’interesse connesso alla prestazione, oppure alla risoluzione del rapporto, laddove tale
interesse sia venuto meno o comunque il creditore non lo desideri più;
- comunque, al risarcimento del danno (nella prima ipotesi per il ritardo, nella seconda
per l’inadempimento).
Nel secondo si farà luogo alla reintegrazione patrimoniale, che consiste:
- da un lato, nell'eliminare i danni già arrecati mediante: a) il risarcimento per equivalente, ossia la corresponsione di una somma di denaro il cui ammontare è proporzionato
all’entità del danno subito; oppure b) il risarcimento in forma specifica, secondo il disposto
dell'art. 2058 cod. civ., consistente nel ripristino della situazione antecedente all’illecito;
- dall’altro, nell'evitare che le conseguenze dannose già prodottesi continuino a prodursi in futuro (es. nel caso di illecite immissioni nell’altrui fondo, cessazione delle stesse).
Volendo sintetizzare: per entrambi gli illeciti la sanzione è l’obbligo di risarcire il danno,
ma per l’illecito contrattuale si aggiunge, alternativamente, l’esecuzione coattiva o la risoluzione.
Particolarmente importanti nella materia degli impianti a fune sono poi le disposizioni
sulla responsabilità dei padroni e committenti, di cui agli artt. 1228 e 2049 cod. civ.:
I) il debitore, che nell’adempimento dell’obbligazione si vale dell’opera di terzi (i c.d.
ausiliari), risponde anche dei fatti dolosi o colposi di costoro (art. 1228 cod. civ.);
II) i padroni e committenti sono responsabili per i danni arrecati dal fatto illecito dei loro
domestici e commessi nell’esercizio delle incombenze cui sono adibiti (art. 2043 cod. civ.).
Nell’ipotesi I si tratta di una estensione della responsabilità del debitore, mentre nell’ipotesi II si aggiunge alla responsabilità dell’autore dell’illecito quella di un altro soggetto.
4. Le cause di esclusione dell'illecito civile
L'ingiustizia del danno comporta che il fatto venga valutato come antigiuridico. L’ordinamento prevede però particolari situazioni oggettive e soggettive, in presenza delle quali
un dato comportamento, altrimenti in sé idoneo a causare un danno ingiusto (nel senso precisato sopra), viene considerato non antigiuridico e ad esso non consegue responsabilità.
Fra le oggettive, si possono ricordare
1) l’adempimento del dovere;
2) l’esercizio del diritto;
3) il consenso dell’avente diritto;
4) la legittima difesa (art. 2044 cod. civ.);
5) lo stato di necessità (art. 2045 cod. civ.).
Fra le soggettive si segnalano:
1) il caso fortuito;
2) l’incoscienza indipendente dalla volontà;
3) la forza maggiore;
4) il costringimento fisico;
5) l’errore di fatto o di diritto.
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C. RESPONSABILITÀ PENALE
1. Il reato: a) concetto
Integra illecito penale – che si denomina reato – ogni comportamento umano lesivo di
interessi penalmente tutelati e, secondo altra prospettiva, ogni comportamento vietato cui la
legge ricollega una sanzione penale.
1. Il reato: b) tipologia
I reati si distinguono in delitti e contravvenzioni.
L’individuazione avviene secondo la diversa specie delle pene per essi rispettivamente
previste dalla legge.
Tale distinzione ha un'importanza pratica, essendo infatti necessario indagare se il reato ipotizzato integri un delitto o una contravvenzione al fine di ammettere oppure di escludere
nei suoi confronti l'applicazione di particolari norme. Così, ad esempio, le contravvenzioni
non ammettono la figura del tentativo (art. 56 c.p.), sono regolamentate in modo speciale per
quanto attiene l'elemento soggettivo (dolo, colpa), l’oblazione, ecc..
2. Gli elementi costitutivi del reato
Quanto visto per l'illecito civile vale anche nel caso del reato. Infatti, anche gli elementi
costitutivi del reato si distinguono in oggettivo e soggettivo.
a) Elemento oggettivo. Innanzitutto è sempre necessaria una condotta materiale del
soggetto, che può consistere sia in un'azione che in un'omissione.
Spesso la norma penale ricollega alla condotta un evento, ossia un effetto naturale
(danno o pericolo di danno) della condotta stessa avente rilievo per il diritto penale.
In tal caso è necessario anche un preciso rapporto di causalità tra condotta ed evento:
tra l'azione od omissione umana e l'evento deve sussistere un rapporto causale tale per cui
possa dirsi che il secondo è stato cagionato dalla prima.
b) Elemento soggettivo. Per quanto attiene, invece, gli elementi soggettivi del reato,
ci si richiama a quanto già visto per l'illecito civile. Sono pertanto requisiti soggettivi del reato
il dolo e la colpa.
L'art. 43 cod. pen. si occupa degli elementi soggettivi del reato, distinguendo delitto doloso, colposo e preterintenzionale. Nel caso di dolo, il soggetto prevede e vuole l’evento come conseguenza della propria condotta. Nel caso di colpa, non lo vuole ma si verifica a causa di negligenza, imprudenza o imperizia ovvero per inosservanza di leggi, regolamenti, ordini o discipline.
Vige sempre il fondamentale presupposto dell'imputabilità, già descritta innanzi.
3. Le conseguenze del reato
Al reato consegue l’irrogazione della pena, ossia la sanzione predisposta per la violazione di un precetto penale, avente funzione retributiva e rieducativa.
La sanzione penale presenta alcune caratteristiche peculiari:
- la personalità (nessuno risponde penalmente di reati altrui);
- la legalità (ognuno risponde solo di reati già previsti e puniti da norme di legge);
- l'inderogabilità;
- la proporzionalità.
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Il codice penale distingue tra pene principali e pene accessorie; pene per i delitti e pene per le contravvenzioni; pene detentive e pene pecuniarie.
In dettaglio:
a) pene principali:
I) delitti:
1) ergastolo;
2) reclusione;
3) multa;
II) contravvenzioni:
1) arresto;
2) ammenda;
b) pene accessorie:
1) interdizione dai pubblici uffici;
2) interdizione da una professione o da un’arte;
3) interdizione legale;
4) interdizione dagli uffici direttivi delle persone giuridiche e delle imprese;
5) incapacità di contrattare con la pubblica amministrazione;
6) decadenza o sospensione dall’esercizio della potestà di genitore;
7) sospensione dall’esercizio di una professione o di un’arte;
8) sospensione dagli uffici direttivi delle persone giuridiche e delle imprese;
9) pubblicazione della sentenza penale di condanna.
Alle pene si aggiungono le misure di sicurezza le quali, a differenza delle prime, rivestono una funzione preventiva (non mirano a punire il colpevole per un reato ma a sottoporlo
ad un provvedimento idoneo ad agire sulle cause dello stesso, onde prevenirlo).
Le misure di sicurezza si distinguono in: personali e patrimoniali. Le prime consistono
in una restrizione della libertà individuale, le seconde in una limitazione nella disponibilità di
una determinata cosa. Quelle personali si ripartiscono poi in detentive e non detentive.
4. Le cause di esclusione del reato
Anche nel campo penale, come già visto per il civile, in presenza di determinate circostanze di carattere oggettivo o soggettivo la realizzazione del fatto, che altrimenti deve considerarsi illecita, è invece giustificata e dunque non punita.
Fra le esimenti oggettive vanno ricordate:
1) il consenso dell’avente diritto (art. 50 cod. pen.);
2) l’esercizio di un diritto (art. 51 cod. pen.);
3) l’adempimento di un dovere (art. 51 cod. pen.);
4) difesa legittima (art. 52 cod. pen.);
5) uso legittimo delle armi (art. 53 cod. pen.);
6) lo stato di necessità (art. 54 cod. pen.).
Fra le esimenti soggettive si annoverano:
1) il caso fortuito;
2) l’incoscienza indipendente dalla volontà;
3) la forza maggiore;
4) il costringimento fisico;
5) l’errore di fatto o di diritto.
9
Cap. II
FIGURE SPECIFICHE DI ILLECITO IN MATERIA
A. DIRITTO CIVILE
1. Responsabilità contrattuale del conduttore di impianti a fune.
1.1. Premessa
Si deve premettere che ordinariamente il conduttore di impianti a fune stipula con i
passeggeri che fruiscono del servizio un contratto, che contempla a carico del primo una serie di prestazioni, principalmente il trasporto da una stazione ad un’altra, ed a carico dei secondi il pagamento di un corrispettivo in denaro.
La classificazione di questo contratto (specie nel caso degli impianti di risalita per gli
sport sciistici, dove alla prestazione del trasporto ne sono inscindibilmente connesse altre, di
pari rilievo per l’utente, ad es. la manutenzione delle piste per la discesa) è discussa.
Senza entrare nel merito, basterà qui ricordare che l’orientamento prevalente fra giudici
e studiosi è nel senso di ricondurlo al tipo generale del contratto di trasporto di persone e di
applicare la relativa disciplina, di cui agli artt. 1678 ss. cod. civ..
Si tratta del contratto con il quale una parte, denominata vettore, si obbliga, dietro corrispettivo, a trasferire persone da un luogo ad un altro.
Con questo tipo di contratto il vettore assume un'obbligazione di risultato, consistente
nel trasportare a destinazione incolume la persona.
1.2. Responsabilità per i sinistri.
Per quanto attiene il trasporto di persone, la disciplina è particolarmente rigida per il
vettore. Egli infatti, oltre ad essere soggetto alla disciplina generale sulla responsabilità contrattuale (artt. 1218 ss. cod. civ.), risponde dei sinistri che colpiscano il viaggiatore durante il
viaggio nonché dei danni subiti dalle cose di proprietà del viaggiatore medesimo, a meno che
non dimostri di aver adottato tutte le misure idonee ad evitare il danno (art. 1681 c.c.); laddove si tratti di trasporti cumulativi, ciascun vettore risponde nell'ambito del proprio percorso
(art. 1682 c.c.).
Dunque l’inquadramento del contratto stipulato dal conduttore di impianti a fune nella
tipologia del contratto di trasporto di persone comporta implicazioni non lievi, in particolare la
configurabilità in capo al gestore della responsabilità rafforzata di cui al suddetto art. 1681.
Tale inquadramento e le modalità di applicazione pratica della norma citata sono state
oggetto di approfondita discussione in dottrina e giurisprudenza, specialmente per stabilire il
momento esatto in cui inizia e quello in cui cessa la detta responsabilità.
Per tali problematiche si fa rinvio alla parte seconda, cap. II.
2. Responsabilità extracontrattuale del conduttore.
Oltre alle responsabilità scaturenti dalla stipula del contratto, ora esaminate, si ammette per lo più fra giudici e studiosi la configurabilità di una concomitante responsabilità extracontrattuale, secondo il generale principio di cui all’art. 2043 cod. civ., qualora dall’attività di
gestione di un impianto sia scaturito un evento dannoso ingiusto ad essa causalmente connesso.
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Il codice civile peraltro contempla alcune ipotesi di responsabilità extracontrattuale c.d.
aggravata, in quanto si rovescia la regola in tema di onere della prova, ponendo a carico
dell’autore del fatto – ai fini dell’esenzione da responsabilità – oneri probatori normalmente a
carico del danneggiato. Si tratta dei casi contemplati agli artt. da 2050 a 2054 del codice.
Nella materia in esame, sono state prese in considerazione particolarmente le ipotesi
di cui agli art. 2050 e 2051.
L'art. 2050 dispone che chiunque cagiona danno ad altri nello svolgimento di un'attività
pericolosa, per sua natura o per la natura dei mezzi adoperati, è tenuto al risarcimento, se
non prova di aver adottato tutte le misure idonee ad evitare il danno.
Il legislatore non ha tipizzato le attività pericolose, cosicché è il giudice che deve valutarne di volta in volta la ricorrenza. Attività pericolose sono considerate, ad esempio, la caccia; la produzione e distribuzione di gas in bombole e di energia elettrica.
La prova liberatoria consiste nel dimostrare di aver adottato ogni cautela e di essersi
avvalsi delle tecniche di prevenzione più moderne. Di fatto, la prova liberatoria non può che
essere data dal caso fortuito, poiché ogni altro fatto, potendo essere evitato, dimostrerà che
qualcosa, nelle misure di prevenzione, non ha funzionato.
Qualche sentenza (ma l’indirizzo è minoritario) considera attività pericolosa anche l’esercizio di sciovie o seggiovie, applicando la norma. Si rinvia alla parte seconda, cap. II.
L’art. 2051 prevede invece che ciascuno è responsabile del danno cagionato dalle cose che ha in custodia, salvo che provi il caso fortuito.
In generale, si ritiene operante tale disposizione quando ricorrono due requisiti: a) l’essersi il danno verificato nell’ambito del naturale dinamismo della cosa o per lo sviluppo di un
agente dannoso sorto nella cosa; b) l’avere il soggetto un effettivo potere fisico sulla cosa.
La prova liberatoria consiste solo nel dimostrare un evento imprevedibile e inevitabile.
L’applicabilità di questa norma nella specifica materia degli impianti a fune, in particolare di risalita, è assai discussa. Chi la ritiene applicabile argomenta soprattutto con il fatto che
gli impianti, sia di salita che di discesa, sono affidati alla sorveglianza e manutenzione del
conduttore, che generalmente è un unico soggetto e stipula con l’utente un unico contratto.
Si tende però a distinguere fra danni subiti nella fase di salita e danni subiti nella fase
di discesa lungo le piste da sci: nel secondo caso si considerano rilevanti solo i danni derivati
esclusivamente dall’assetto della pista in sé, per mancata manutenzione. Si rinvia sempre
alla parte seconda, cap. II.
3. Responsabilità del conduttore per il fatto dei dipendenti.
Come già illustrato al cap. I - B.3, l’impresa conduttrice dell’impianto – nella qualità di
datore di lavoro dei singoli operatori preposti al suo funzionamento – è destinataria di norme
particolari, estensive della responsabilità, ossia gli artt. 1228 e 2049 cod. civ..
La responsabilità dei padroni e dei committenti si giustifica in base all'assunzione del
rischio imprenditoriale, ossia in base alla considerazione che i medesimi utilizzano le altrui
energie onde ampliare la propria sfera d'azione e quindi non possono non farsi carico anche
delle loro attività illecite, oltre che di quelle lecite.
Ciò posto, presupposto indispensabile per l'applicazione delle dette norme è che sussista un preciso rapporto di causalità tra incombenze svolte, fatto illecito e danno prodotto.
Parimenti indispensabile è che fra conduttore e subordinato intercorra un rapporto che attribuisca un potere di direzione e di vigilanza al primo, anche se temporaneo.
4. Responsabilità disciplinare del dipendente del conduttore.
L'impresa conduttrice dell'impianto e l'operatore adibito al medesimo sono generalmente legati da un contratto di lavoro subordinato.
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Il codice civile disciplina tale contratto nel quadro dell'impresa, formulando la definizione del lavoratore subordinato, anziché del contratto, (art. 2094) ed individuandone i basilari
obblighi di diligenza e fedeltà.
Diligenza: a fronte della retribuzione il lavoratore deve adempiere con la diligenza richiesta dalla natura della prestazione dovuta e dall'interesse dell'impresa, osservando le disposizioni impartite dall'imprenditore e dai collaboratori di questo, dai quali dipende gerarchicamente (art. 2104).
Fedeltà: il lavoratore non deve trattare affari, per conto proprio o di terzi, in concorrenza con l'imprenditore, né divulgare notizie attinenti all'organizzazione e ai metodi di produzione dell'impresa o farne uso in modo da poter recare ad essa pregiudizio (art. 2105). Queste tre ipotesi di violazione (concorrenza, divulgazione e uso di notizie segrete) non esauriscono peraltro l'obbligo di fedeltà del lavoratore, che è violato da ogni comportamento tale da
scuotere la fiducia del datore di lavoro, anche in presenza di un danno solo potenziale.
Ulteriori norme comportamentali sono previste nella legislazione speciale, anche provinciale, in materia di impianti a fune e dai contratti collettivi di categoria (vedi parte seconda,
cap. I).
L'inosservanza delle norme anzi richiamate può dar luogo all'applicazione di sanzioni
disciplinari da parte del datore di lavoro.
Le sanzioni disciplinari, in ordine di gravità, sono:
1) biasimo inflitto verbalmente;
2) biasimo inflitto per iscritto;
3) multa;
4) sospensione dalla retribuzione e dal servizio;
5) licenziamento disciplinare senza preavviso.
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B. DIRITTO PENALE
1. Premessa.
Si illustrano ora, per sommi capi, le figure di reato previste dal codice penale che più
comunemente vengono commesse nell’esercizio degli impianti a fune.
Va precisato che dei reati previsti ai numeri 2 e 3 saranno chiamati a rispondere, oltreché gli autori materiali, anche i responsabili, i dirigenti e i rappresentanti legali dell’impresa
conduttrice dell’impianto, ove si dimostri che con il loro comportamento hanno concorso a
determinare causalmente l’evento di danno o di pericolo punito dalle rispettive norme.
A margine si aggiunge qualche considerazione per le responsabilità penali in cui possono incorrere gli addetti agli impianti incaricati anche della sorveglianza, ai sensi degli artt.
54 e 55 L. P.A.T. n. 7/1987.
2. Lesioni personali.
Il reato è previsto e punito dagli artt. 582 cod. pen., nella forma dolosa, con le aggravanti previste dall’art. 583 cod. pen., e 590, nella forma colposa. Ovviamente la fattispecie
rilevante ai fini della presente indagine è quella colposa.
582. Lesione personale. 1. Chiunque cagiona ad alcuno una lesione personale, dalla quale deriva una malattia nel corpo o nella mente, è punito con la reclusione da tre mesi a tre anni. 2. Se la malattia ha una durata
non superiore ai venti giorni e non occorre alcuna delle circostanze aggravanti previste negli articoli 583 e 585, ad
eccezione di quelle indicate nel numero 1 e nell'ultima parte dell'articolo 577, il delitto è punibile a querela della
persona offesa.
583. Circostanze aggravanti. 1. La lesione personale è grave e si applica la reclusione da tre a sette anni:
1) se dal fatto deriva una malattia che metta in pericolo la vita della persona offesa, ovvero una malattia o un'incapacità di attendere alle ordinarie occupazioni per un tempo superiore ai quaranta giorni; 2) se il fatto produce
l'indebolimento permanente di un senso o di un organo; 3) [abrogato]. 2. La lesione personale è gravissima, e si
applica la reclusione da sei a dodici anni, se dal fatto deriva: 1) una malattia certamente o probabilmente insanabile; 2) la perdita di un senso; 3) la perdita di un arto, o una mutilazione che renda l'arto inservibile, ovvero la perdita dell'uso di un organo o della capacità di procreare, ovvero una permanente e grave difficoltà della favella; 4)
la deformazione, ovvero lo sfregio permanente del viso; 5) [abrogato].
590. Lesioni personali colpose. 1. Chiunque cagiona ad altri per colpa una lesione personale è punito con
la reclusione fino a tre mesi o con la multa fino a lire un milione. 2. Se la lesione è grave la pena è della reclusione da uno a sei mesi o della multa da lire quattrocentomila a due milioni, se è gravissima, della reclusione da tre
mesi a due anni o della multa da lire un milione a quattro milioni. 3. Se i fatti di cui al precedente capoverso sono
commessi con violazione delle norme sulla disciplina della circolazione stradale o di quelle per la prevenzione
degli infortuni sul lavoro, la pena per le lesioni gravi è della reclusione da due a sei mesi o della multa da lire quattrocentomila a un milione e duecentomila e la pena per lesioni gravissime è della reclusione da sei mesi a due
anni o della multa da lire un milione e duecentomila a due milioni e quattrocentomila. 4. Nel caso di lesioni di più
persone si applica la pena che dovrebbe infliggersi per la più grave delle violazioni commesse, aumentata fino al
triplo; ma la pena della reclusione non può superare gli anni cinque. 5. Il delitto è punibile a querela della persona
offesa, salvo nei casi previsti nel primo e secondo capoverso, limitatamente ai fatti commessi con violazione delle
norme per la prevenzione degli infortuni sul lavoro o relative all'igiene del lavoro o che abbiano determinato una
malattia professionale.
3. Omicidio.
Il reato è previsto e punito dagli artt. 575 cod. pen., nella forma dolosa, e 589, nella
forma colposa. Anche in tal caso, la fattispecie rilevante ai fini della responsabilità del conduttore è quella colposa.
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575. Omicidio. Chiunque cagiona la morte di un uomo è punito con la reclusione non inferiore ad anni ventuno.
589. Omicidio colposo. 1. Chiunque cagiona per colpa la morte di una persona è punito con la reclusione
da sei mesi a cinque anni. 2. Se il fatto è commesso con violazione delle norme sulla disciplina della circolazione
stradale o di quelle per la prevenzione degli infortuni sul lavoro la pena è della reclusione da uno a cinque anni. 3.
Nel caso di morte di più persone, ovvero di morte di una o più persone e di lesioni di una o più persone, si applica
la pena che dovrebbe infliggersi per la più grave delle violazioni commesse aumentata fino al triplo, ma la pena
non può superare gli anni dodici.
4. Inosservanza di norme in materia di sicurezza del lavoro.
Numerose norme in materia di sicurezza del lavoro e di prevenzione dei relativi infortuni sono sanzionate penalmente per il caso della loro inosservanza. Una dettagliata disamina
non è possibile in questa sede, ma basterà ricordare le fonti normative principali di settore: il
D.P.R. 547/1955 e il D.Lgs. 81/2008.
5. Reati connessi all’esercizio del servizio di sorveglianza.
Gli artt. 54, comma 6, e 55, comma 3, della legge P.A.T. n. 7/1987 (vedi paragrafo seguente) individuano gli incaricati dell’osservanza della normativa dettata dalla legge nonché
del controllo sull'osservanza delle disposizioni attinenti il comportamento degli utenti dei servizi; quest’ultimo spetta anche al personale addetto agli impianti.
Gli stessi articoli stabiliscono pure che la qualifica di addetto alla sorveglianza viene
riconosciuta singolarmente a soggetti prescelti con decreto del Presidente della Giunta Provinciale. Tale designazione attribuisce agli addetti medesimi, nell'esercizio della funzione, la
qualifica di incaricato di pubblico servizio.
L'art. 358 cod. pen. definisce gli incaricati di un pubblico servizio come coloro i quali, a
qualunque titolo, prestano un pubblico servizio. Quest’ultimo deve intendersi quale attività disciplinata nelle stesse forme della pubblica funzione (pubblico ufficiale), ma caratterizzata
dalla mancanza dei poteri tipici di quest'ultima e con esclusione dello svolgimento di semplici
mansioni di ordine e della prestazione di opera meramente materiale.
Orbene, per coloro che siano investiti di tale qualifica possono venire in rilievo ulteriori
fattispecie penali, che ci si limita qui ad enunciare:
1) peculato (art. 314 cod. pen.);
2) peculato mediante profitto dell’errore altrui (art. 316 cod. pen.);
3) concussione (art. 317 cod. pen.);
4) corruzione per un atto contrario ai doveri di ufficio (artt. 319 e 320 cod. pen.)
5) abuso d’ufficio (art. 323 cod. pen.);
6) rifiuto di atti d’ufficio; omissione (art. 328 cod. pen.).
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C. DIRITTO AMMINISTRATIVO
1. Illeciti amministrativi di cui agli artt. 54/55 L. P.A.T. nr. 7/1987 ed ivi richiamati.
Senza alcuna pretesa di esaustività o completezza, si ritiene opportuno brevemente richiamare gli illeciti amministrativi (ossia puniti con sanzioni amministrative) previsti dalla L.P.
Trento 21.04.1987 n. 7 (disciplina delle linee funiviarie in servizio pubblico e delle piste da
sci), agli artt. 54 e 55.
Il primo si occupa degli impianti a fune, prevedendo che:
1) chiunque nell'effettuare l'esercizio di un impianto di trasporto funiviario in servizio pubblico
viola le prescrizioni di legge e/o di regolamento concernenti l'esercizio stesso, soggiace alla sanzione
amministrativa del pagamento di una somma da lire 600.000 a lire 1.800.000;
2) qualora vengano applicate tariffe non approvate e/o non sia esposto al pubblico il quadro delle tariffe e degli orari in vigore, nonché delle disposizioni regolamentari per l'esercizio dell'impianto, il
concessionario soggiace alla sanzione amministrativa del pagamento di una somma da lire 300.000 al
lire 900.000.
3) il concessionario che, nell'adozione delle misure di difesa dal pericolo di valanghe sull'impianto a fune, non rispetti le prescrizioni del piano di cui al comma 2 dell'articolo 7 e del regolamento
di cui al comma 4 del medesimo articolo, soggiace alla sanzione amministrativa del pagamento di una
somma da un minimo di lire 1.000.000 ad un massimo di lire 5.000.000; tale sanzione è raddoppiata
qualora l'inadempimento comporti pericolo attuale per l'incolumità delle persone.
Il secondo si occupa invece delle piste da sci, disponendo che:
1) chiunque appresti, anche parzialmente, una pista da sci, ovvero esegua modifiche a quelle
esistenti, senza avere ottenuto preventivamente le autorizzazioni previste dalla presente legge, soggiace alla sanzione amministrativa del pagamento di una somma da lire 2.000.000 a lire 6.000.000;
2) chiunque apre alla circolazione degli sciatori una pista da sci senza avere ottenuto l'autorizzazione di cui all'articolo 40, soggiace alla sanzione amministrativa del pagamento di una somma da
lire 1.600.000 a lire 4.800.000; la medesima sanzione si applica a chi trasgredisce i provvedimenti
previsti dall'articolo 52;
3) chiunque, nell'effettuare l'esercizio di una pista, viola le prescrizioni di legge o di regolamento
concernenti l'esercizio stesso, soggiace alla sanzione amministrativa del pagamento di una somma da
lire 600.000 a lire 1.800.000;
4) chiunque violi le disposizioni dell'articolo 51 della presente legge o delle ordinanze ivi previste (norme di comportamento per lo sciatore; vedi parte seconda, cap. I-1), soggiace alla sanzione
amministrativa del pagamento di una somma da lire 60.000 a lire 180.000;
5) il gestore che, nell'adozione delle misure di difesa dal pericolo di valanghe sulla pista da sci,
non rispetti le prescrizioni del piano di cui al comma 2 dell'articolo 7 e del regolamento di cui al comma
4 del medesimo articolo, soggiace alla sanzione amministrativa del pagamento di una somma da un
minimo di lire 1.000.000 ad un massimo di lire 5.000.000; tale sanzione è raddoppiata qualora l'inadempimento comporti pericolo attuale per l'incolumità delle persone.
Gli artt. 54, comma 6, e 55, comma 3, citati individuano altresì gli incaricati dell’osservanza della normativa in questione nonché del controllo sull'osservanza delle disposizioni
attinenti il comportamento degli utenti dei servizi; quest’ultimo spetta anche al personale addetto agli impianti.
Come già accennato sub B.5 In proposito è d'uopo rilevare che la qualifica di addetto
alla sorveglianza viene riconosciuta singolarmente a soggetti prescelti con decreto del Presidente della Giunta Provinciale. Tale designazione attribuisce agli addetti medesimi, nell'esercizio della funzione, la qualifica di incaricato di pubblico servizio.
Resta ferma, ai sensi dell'art. 54, l'applicazione – oltreché delle sanzioni penali, ove il
fatto costituisca reato ai sensi delle leggi vigenti – delle disposizioni contenute nel D.P.R.
11.07.1980 n. 753 (nuove norme in materia di polizia, sicurezza e regolarità delle ferrovie e
di altri servizi di trasporto). In particolare, rilevano le norme di cui ai titoli I, II, VII e VIII.
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PARTE SECONDA
PRATICA DELLA RESPONSABILITÀ
__________________________________________________________________________
Cap. I
PANORAMICA SULLE NORME COMPORTAMENTALI RILEVANTI
Per individuare le regole comportamentali alle quali è tenuto il gestore ed i suoi dipendenti e/o collaboratori nell’esercizio degli impianti, anche ai fini dell’individuazione di eventuali profili di colpa c.d. specifica (vedi parte prima, cap. I-B2), si devono tenere presenti in primo
luogo le disposizioni contenute nella normativa nazionale, in particolare quelle di cui al
D.P.R. 753/1980 citato (specie i titoli I, II e VIII), applicabile anche ai trasporti con impianti a
fune. Data la mole della normativa ci si limita in questa sede a richiamarla.
In secondo luogo, data anche la competenza legislativa primaria in materia, rilevano le
fonti normative (legislative e regolamentari) della Provincia Autonoma di Trento, da cui si sono estratte le disposizioni ritenute di maggiore importanza ai fini di cui sopra.
Infine si riportano le norme più rilevanti nell’ambito del rapporto di lavoro tra gestore
degli impianti e suoi dipendenti e/o collaboratori, ai fini della connessa responsabilità disciplinare per violazione dei relativi doveri.
1. Anzitutto si deve considerare la L.P. Trento 21.04.1987, n. 7 (Disciplina delle linee
funiviarie in servizio pubblico e delle piste da sci) con particolare attenzione agli articoli che
seguono:
(in corsivo le disposizioni di maggior rilevanza ai fini di cui sopra)
Art. 8. Concessione di linee funiviarie.
1. La costruzione e l'esercizio di linee funiviarie adibite al trasporto in servizio pubblico di persone, cose o misto,
sono soggetti a concessione da parte della Giunta provinciale.
2. La concessione sostituisce ogni altro provvedimento di competenza provinciale ai fini della realizzazione della
linea funiviaria. Essa costituisce anche autorizzazione, nei limiti delle competenze provinciali, per l'esecuzione
delle opere accessorie alla linea funiviaria oggetto della concessione e costituisce quindi ogni diversa autorizzazione di competenza provinciale.
3. Sono linee funiviarie quelle realizzate da impianti che usufruiscono di una o più funi impiegate o come vie di
corsa o come organi di trazione o come portanti e traenti.
4. Sono considerate in servizio pubblico tutte le linee funiviarie, ad eccezione di quelle utilizzate gratuitamente ed
esclusivamente dal proprietario, dai suoi congiunti, dal personale di servizio, da ospiti occasionali e dalle persone
che devono servirsi occasionalmente della linea per fini di assistenza medica, di sicurezza pubblica o simili.
5. Non sono considerate in servizio pubblico le linee funiviarie realizzate mediante impianti scioviari di tipo spostabile, leggero, ad uso esclusivo e gratuito per lo sci agonistico.
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6. Sono considerate in ogni caso in servizio pubblico le linee destinate al trasporto dei clienti degli alberghi, degli
appartenenti a convitti, collegi e comunità in genere e degli allievi delle scuole di sci, anche se gestite dai titolari
dei rispettivi esercizi.
Art. 23. Tariffe, orari ed obblighi vari del concessionario.
1. Le tariffe, determinate sulla base di criteri generali approvati dalla Giunta provinciale (1), i periodi, gli orari e le
altre modalità di esercizio sono soggetti all'approvazione del dirigente del servizio competente in materia di impianti a fune il quale dispone ispezioni ed accertamenti atti a verificare l'ottemperanza alle norme legislative e regolamentari ed alle condizioni poste dall'atto di concessione e dall'autorizzazione all'esercizio, l'applicazione delle
tariffe, l'osservanza, degli orari e le modalità di esercizio.
2. È fatto obbligo al concessionario di esporre ben visibili per il pubblico le tariffe di trasporto, gli orari di servizio e
le norme alle quali debbono attenersi i viaggiatori. 3. È fatto obbligo altresì al concessionario di adottare sull'impianto segnaletica di tipo conforme a quella stabilita nel regolamento di esecuzione.
4. Il concessionario, su richiesta dell'Amministrazione delle poste e telegrafi, è tenuto al trasporto gratuito della
corrispondenza postale nei periodi e orari di esercizio.
5. Il concessionario di impianti aerei è tenuto al trasporto di cose secondo le modalità contemplate nel regolamento di esecuzione della presente legge.
6. L'esercizio dell'impianto è comunque subordinato all'esistenza di copertura assicurativa in atto per la responsabilità civile derivante da sinistri e da danni arrecati da fatto proprio, dai dipendenti o da personale avente mansioni di controllo ed ispezione alle persone o cose trasportate nonché a terze persone ed a cose.
7. Il regolamento di esecuzione stabilisce le caratteristiche della garanzia assicurativa e le modalità di accertamento di essa.
8. I massimali della garanzia assicurativa sono fissati, per i vari tipi di impianto, con deliberazione della Giunta
provinciale.
9. In caso di mancato rispetto delle norme sulla copertura assicurativa, il servizio competente in materia di impianti a fune ordina la sospensione immediata dell'esercizio. Qualora il concessionario non provveda a regolarizzare la copertura assicurativa entro i successivi trenta giorni, la Giunta provinciale può pronunciare la decadenza
della concessione a sensi del precedente articolo 19.
10. Durante il periodo di esercizio il concessionario può sospendere il servizio degli impianti per cause di forza
maggiore o per cause tecniche che ne impediscano il regolare funzionamento, dandone immediata comunicazione telegrafica al servizio competente in materia di impianti di fune.
La sospensione del servizio per altre cause deve essere preventivamente autorizzata dal servizio medesimo.
11. I dipendenti della Provincia incaricati dell'ispezione e della vigilanza sull'osservanza della presente legge hanno libera circolazione sugli impianti.
12. I concessionari possono stabilire speciali tariffe e diritti di precedenza a favore di operatori la cui attività è
strettamente connessa al trasporto funiviario. Le facilitazioni predette sono sottoposte all'approvazione del servizio competente in materia di impianti a fune.
12-bis. Le tariffe, gli orari e le altre modalità di esercizio delle linee funiviarie che effettuino permanentemente, da
sole o in proseguimento con altre linee di trasporto pubblico, un collegamento tra strade o ferrovie e centri abitati
o tra centri abitati, nonché all'interno dei centri stessi, sono determinate sulla base di criteri generali approvati dalla Giunta provinciale e sono approvate dal dirigente del servizio competente in materia di impianti a fune d'intesa
con il dirigente del servizio competente in materia di trasporti ovvero, in caso di servizi urbani, dal comune. I contributi per l'esercizio delle linee funiviarie di cui al presente comma sono determinati ed erogati a norma dell'articolo 25 del provvedimento legislativo concernente la disciplina dei servizi pubblici di trasporto in Provincia di
Trento (2).
(1) Per i criteri di determinazione delle tariffe funiviarie per la stagione invernale 1998/1999 ed estiva 1999 si veda
la Delib.G.P. 16 ottobre 1998, n. 11195.
(2) Comma aggiunto dall'art. 41 della L.P. 9 luglio 1993, n. 16 e modificato dall'art. 59 della L.P. 9 settembre
1996, n. 8.
Art. 27. Modalità d'esercizio.
1. L'esercizio deve essere effettuato secondo le modalità previste nei regolamenti tecnici di cui all'articolo 30 ed in
ottemperanza alle eventuali prescrizioni contenute nella concessione e nell'autorizzazione all'esercizio o comunque impartite dal servizio competente in materia di impianti a fune.
2. Ad ogni impianto deve essere preposto un tecnico responsabile e deve essere addetto il personale necessario,
in possesso delle qualifiche che verranno stabilite nel regolamento di esecuzione.
3. Il personale addetto agli impianti ed a contatto con il pubblico deve essere riconoscibile mediante apposito contrassegno distintivo, le cui caratteristiche vengono determinate con il regolamento di esecuzione.
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Art. 28. Vigilanza tecnica sull'impianto.
1. Le funzioni di vigilanza tecnica sull'impianto sono esercitate dal personale appositamente incaricato, appartenente al servizio competente in materia di impianti a fune.
2. Il servizio competente in materia di impianti a fune dispone in qualsiasi momento, ed almeno una volta all'anno
per gli impianti aerei, ispezioni e verifiche e può prescrivere, per giustificati motivi, lavori da eseguire o disposizioni di esercizio da seguire, in ottemperanza alle norme vigenti.
3. Il servizio competente in materia di impianti a fune, con atto motivato da comunicare al concessionario anche
per via telegrafica, può ordinare in qualsiasi momento la sospensione dell'esercizio qualora vengano accertate
deficienze tecniche che possano pregiudicare la sicurezza e la regolarità di funzionamento dell'impianto.
4. Il responsabile dell'esercizio ha l'obbligo di far sospendere il servizio dandone tempestivamente comunicazione
al servizio competente in materia di impianti a fune nei periodi in cui possa insorgere temporaneo pericolo di valanghe o quando vengano accertati altri fatti che possano comunque pregiudicare la sicurezza dell'impianto e l'incolumità degli utenti.
5. L'impianto o parti di esso devono periodicamente essere sottoposti a revisione parziale o generale. I relativi
termini sono contenuti nel regolamento di esecuzione o nelle prescrizioni tecniche speciali per tipo di impianto.
6. La ripresa del servizio dopo la revisione generale dell'impianto è subordinata ad un nuovo collaudo funzionale
ed al rilascio di una nuova autorizzazione alla riapertura al pubblico esercizio.
Art. 30. Norme tecniche.
1. Salve le diverse norme emanate dalla Provincia autonoma di Trento in materia di regolamentazione tecnica e
di esercizio degli impianti di funivia, si applicano le norme tecniche di sicurezza emanate dallo Stato per la progettazione, la costruzione e l'esercizio degli impianti a fune.
Art. 34. Autorizzazione all'apprestamento delle piste da sci.
1. L'apprestamento delle piste da sci è soggetto ad autorizzazione della Giunta provinciale. L'autorizzazione è rilasciata dietro presentazione al servizio competente in materia di turismo di apposita domanda corredata del progetto esecutivo della pista, dell'indicazione delle servitù di cui si chiede la costituzione coattiva e di una relazione
illustrativa, secondo quanto stabilito dal regolamento di esecuzione.
2. Le attività istruttorie e di controllo sulle piste previste dalla presente legge sono esercitate dal servizio competente in materia di turismo.
3. Il servizio, verificata la regolarità della domanda e della documentazione, redige, entro sessanta giorni dalla
data di presentazione della domanda medesima, una relazione nella quale è contenuto il proprio parere.
4. L'assessore provinciale competente in materia di turismo provvede a comunicare l'ammontare della cauzione
eventualmente necessaria che deve essere versata per il rilascio dell'autorizzazione.
5. Per la determinazione, le modalità di costituzione e la gestione della cauzione, si osservano, in quanto applicabili, le disposizioni dell'articolo 12. La quota di cauzione a garanzia della regolare esecuzione della pista è restituita o liberata ad avvenuto rilascio dell'autorizzazione all'esercizio; è incamerata in caso di mancata realizzazione
della pista entro il termine prescritto.
Art. 48. Classificazione, requisiti e caratteristiche delle piste.
1. Con il provvedimento di autorizzazione all'esercizio le piste da sci aperte al pubblico sono classificate in categorie a seconda del loro grado di difficoltà. La classificazione di ogni pista deve essere portata a conoscenza del
pubblico mediante apposita segnaletica.
2. I requisiti, le caratteristiche tecniche e le categorie di classificazione delle piste sono definiti con il regolamento
di esecuzione.
3. Le piste sono dotate, a cura del titolare dell'autorizzazione all'esercizio, della necessaria segnaletica secondo
quanto definito con il regolamento di esecuzione. Il servizio competente in materia di turismo ordina la rimozione
delle tabelle e dei segnali non conformi ai modelli ufficiali e in caso di inadempimento dell'ordine provvede direttamente alla rimozione medesima, con recupero delle eventuali spese a carico del titolare della pista nelle forme
previste dal quarto comma dell'articolo 37.
Art. 49. Manutenzione ed esercizio.
1. Il titolare dell'autorizzazione all'esercizio della pista ha l'obbligo di curare che la stessa mantenga le caratteristiche ed i requisiti tecnici previsti dal regolamento di esecuzione, dall'atto di approvazione del progetto e dall'atto di
autorizzazione all'esercizio.
2. Il titolare è inoltre tenuto a sospendere l'esercizio delle piste da sci nei periodi di cui possa insorgere temporaneo pericolo di valanghe o qualora la pista presenti cattive condizioni di agibilità ovvero situazioni di pericolo atipico.
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3. Con il regolamento di esecuzione sono determinate le condizioni e le modalità per l'eventuale apertura della
pista riservata a determinate categorie di utenti, nonché per la chiusura parziale o totale in occasione di manifestazioni agonistiche o di altro tipo che limitino la normale agibilità della pista (1).
(1) Comma sostituito dal comma 2 dell'art. 20 della L.P. 11 settembre 1998, n. 10.
Art. 50. Servizi tecnici e di assistenza.
1. Il titolare dell'autorizzazione all'esercizio della pista deve assicurare i seguenti servizi:
a) trasporto degli infortunati sulle piste da sci e loro avviamento ad un centro medico;
b) manutenzione dei tracciati e della segnaletica;
c) apertura e chiusura delle piste;
d) sicurezza valanghe.
2. Si può prescindere dall'esistenza di alcuni tra i servizi di cui al precedente comma nel caso di piste di discesa e
di fondo di dimensioni limitate, le cui caratteristiche sono individuate nel regolamento di esecuzione.
3. Al fine di garantire l'adeguata preparazione degli addetti ai servizi di cui al precedente primo comma, la Giunta
provinciale è autorizzata a svolgere corsi di preparazione e di perfezionamento, organizzandoli ed attuandoli direttamente, ovvero affidandone lo svolgimento ad enti od associazioni in base ad apposita convenzione.
4. Le modalità per lo svolgimento dei servizi di cui al primo comma saranno stabilite con il regolamento di esecuzione.
Art. 51. Comportamento dello sciatore.
1. Ogni sciatore deve comportarsi in modo da non mettere in pericolo l'incolumità altrui o provocare danno a persone e a cose. Lo sciatore deve inoltre attenersi alle regole di comportamento definite dal regolamento di esecuzione e alle prescrizioni imposte dalla segnaletica (1).
2. È vietato percorrere le piste da sci con mezzi diversi dagli sci, fatta eccezione per i mezzi meccanici adibiti al
servizio delle piste e degli impianti, ed è altresì vietato percorrere con sci non idonei le piste da fondo.
3. I Sindaci possono integrare la disciplina prevista dal presente articolo con ordinanze contenenti ulteriori prescrizioni idonee ad assicurare il corretto utilizzo delle piste da sci da parte dell'utente.
(1) Comma sostituito dal comma 3 dell'art. 20 della L.P. 11 settembre 1998, n. 10.
Art. 54. Impianti a fune - Sanzioni.
1. Ferma restando l'applicazione delle sanzioni penali, ove il fatto costituisce reato ai sensi delle vigenti leggi, e
delle disposizioni contenute nel D.P.R. 11 luglio 1980, n. 753, per quanto concerne la polizia, la sicurezza e la regolarità dell'esercizio degli impianti di trasporto a fune, sono stabilite le seguenti sanzioni amministrative:
a) chiunque nell'effettuare l'esercizio di un impianto di trasporto funiviario in servizio pubblico viola le prescrizioni
di legge e/o di regolamento concernenti l'esercizio stesso, soggiace alla sanzione amministrativa del pagamento
di una somma da lire 600.000 a lire 1.800.000;
b) qualora vengano applicate tariffe non approvate e/o non sia esposto al pubblico il quadro delle tariffe e degli
orari in vigore, nonché delle disposizioni regolamentari per l'esercizio dell'impianto, il concessionario soggiace alla
sanzione amministrativa del pagamento di una somma da lire 300.000 al lire 900.000.
b bis) il concessionario che, nell'adozione delle misure di difesa dal pericolo di valanghe sull'impianto a fune, non
rispetti le prescrizioni del piano di cui al comma 2 dell'articolo 7 e del regolamento di cui al comma 4 del medesimo articolo, soggiace alla sanzione amministrativa del pagamento di una somma da un minimo di lire 1.000.000
ad un massimo di lire 5.000.000; tale sanzione è raddoppiata qualora l'inadempimento comporti pericolo attuale
per l'incolumità delle persone (1).
2. L'accertamento delle violazioni di cui al comma 1 spetta ai dipendenti di cui all'articolo 28, comma 1 con riferimento alle lettere a) e b), ai dipendenti di cui all'articolo 7, comma 6 limitatamente alla lettera b bis), nonché, in
ogni caso, agli organi di pubblica sicurezza su richiesta del Presidente della Giunta provinciale (2).
3. Per l'applicazione delle sanzioni di cui al presente articolo si osservano le disposizioni della legge 24 novembre
1981, n. 689.
4. L'emissione dell'ordinanza-ingiunzione o della ordinanza di archiviazione di cui all'articolo 18 della predetta
legge 24 novembre 1981, n. 689, spetta al dirigente del servizio competente in materia di impianti a fune.
5. Le somme riscosse ai sensi del presente articolo saranno introitate nel bilancio della Provincia.
6. Il controllo sull'osservanza delle disposizioni concernenti il comportamento degli utenti dei servizi spetta anche
al personale addetto agli impianti a fune: la qualifica di "addetto alla sorveglianza" viene riconosciuta singolarmente agli addetti con decreto del Presidente della Giunta provinciale, che attribuisce agli addetti medesimi,
nell'esercizio della funzione, la qualifica di incaricato di pubblico servizio.
(1) Lettera aggiunta dalla lettera a) del comma 3 dell'articolo 29 della L.P. 7 luglio 1997, n. 10.
(2) Comma sostituito dalla lettera b) del comma 3 dell'articolo 29 della L.P. 7 luglio 1997, n. 10.
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Art. 55. Piste da sci - Sanzioni.
1. Per la violazione delle norme in materia di piste da sci si applicano le seguenti sanzioni:
a) chiunque appresti, anche parzialmente, una pista da sci, ovvero esegua modifiche a quelle esistenti, senza
avere ottenuto preventivamente le autorizzazioni previste dalla presente legge, soggiace alla sanzione amministrativa del pagamento di una somma da lire 2.000.000 a lire 6.000.000;
b) chiunque apre alla circolazione degli sciatori una pista da sci senza avere ottenuto l'autorizzazione di cui all'articolo 40, soggiace alla sanzione amministrativa del pagamento di una somma da lire 1.600.000 a lire 4.800.000;
la medesima sanzione si applica a chi trasgredisce i provvedimenti previsti dall'articolo 52;
c) chiunque, nell'effettuare l'esercizio di una pista, viola le prescrizioni di legge o di regolamento concernenti l'esercizio stesso, soggiace alla sanzione amministrativa del pagamento di una somma da lire 600.000 a lire
1.800.000;
d) chiunque violi le disposizioni dell'articolo 51 della presente legge o delle ordinanze ivi previste, soggiace alla
sanzione amministrativa del pagamento di una somma da lire 60.000 a lire 180.000 (1).
d bis) il gestore che, nell'adozione delle misure di difesa dal pericolo di valanghe sulla pista da sci, non rispetti le
prescrizioni del piano di cui al comma 2 dell'articolo 7 e del regolamento di cui al comma 4 del medesimo articolo,
soggiace alla sanzione amministrativa del pagamento di una somma da un minimo di lire 1.000.000 ad un massimo di lire 5.000.000; tale sanzione è raddoppiata qualora l'inadempimento comporti pericolo attuale per l'incolumità delle persone (2).
2. L'accertamento delle violazioni di cui al comma 1 spetta ai dipendenti di cui all'articolo 52, comma 1 con riferimento alle lettere a), b), c) e d), ai dipendenti di cui all'articolo 7, comma 6 limitatamente alla lettera d bis), nonché, in ogni caso, agli organi di pubblica sicurezza su richiesta del Presidente della Giunta provinciale (3).
3. La funzione del controllo sull'osservanza delle disposizioni concernenti il comportamento degli utenti delle piste
da sci può essere attribuita anche al personale addetto ai servizi di cui all'articolo 50; la qualifica di "addetto alla
sorveglianza" viene riconosciuta singolarmente con decreto del Presidente della Giunta provinciale, che attribuisce agli addetti medesimi, nell'esercizio della funzione, la qualifica di incaricato di pubblico servizio.
4. Per l'applicazione delle sanzioni di cui al presente articolo si osservano le disposizioni della legge 24 novembre
1981, n. 689.
5. L'emissione dell'ordinanza-ingiunzione o della ordinanza di archiviazione di cui all'articolo 18 della predetta
legge 24 novembre 1981, n. 689, spetta al dirigente del servizio competente in materia di turismo.
6. Le somme riscosse ai sensi del presente articolo saranno introitate nel bilancio della Provincia.
(1) Lettera modificata dal comma 4 dell'art. 20 della L.P. 11 settembre 1998, n. 10.
(2) Lettera aggiunta dalla lettera a) del comma 4 dell'articolo 29 della L.P. 7 luglio 1997, n. 10.
(3) Comma sostituito dalla lettera b) del comma 4 dell'articolo 29 della L.P. 7 luglio 1997, n. 10.
2. In secondo luogo viene in rilievo il Regolamento di esecuzione della legge predetta
e segnatamente l'allegato D del D.P.G.P. 22.09.1987 n. 11, con particolare attenzione ai seguenti articoli:
(in corsivo le disposizioni di maggior rilevanza ai fini di cui sopra)
Art. 2. Tecnico responsabile, nomina, sostituzione, rinuncia.
1. Il tecnico responsabile da preporre agli impianti a fune ai sensi dell'art. 27, secondo comma della L.P. deve essere provvisto di laurea in ingegneria e di abilitazione ad esercitare la professione nel territorio della Repubblica; il
tecnico responsabile per gli impianti della categoria S di cui all'art,. 9, può essere provvisto di diploma di perito
industriale, meccanico o elettrotecnico. Il tecnico responsabile deve comunque essere iscritto nel relativo albo
professionale.
2. Il tecnico responsabile deve risultare iscritto in apposito registro tenuto a cura del S.I.F. (Servizio Impianti a Fune, ndr); l'iscrizione avviene su domanda dell'interessato da formulare in carta semplice ed è subordinata:
a) alla certificazione che l'interessato è iscritto al rispettivo ordine professionale;
b) alla certificazione che l'interessato:
- non ha riportato, con sentenza passata in giudicato, condanne che comportino l'interdizione da una professione
o da un’arte, ovvero l'interdizione dagli uffici direttivi delle persone giuridiche e delle imprese, per il periodo di durata della pena accessoria, salvo che sia intervenuta riabilitazione ai sensi degli articoli 178 e seguenti del codice
penale;
- non ha in corso procedimenti penali nei quali sia stata già pronunziata una sentenza di condanna ad una pena
che comporti l'interdizione da una professione o da un'arte, ovvero l'interdizione ad esercitare uffici direttivi presso
qualsiasi impresa;
c) all'accertamento della sua competenza specifica nel settore funiviario, sulla base di curriculum corredato da
relative attestazioni dell’attività tecnico-professionale svolta precedentemente, integrato eventualmente da esame-colloquio da sostenere avanti una commissione composta da due ingegneri del S.I.F.; dell'esame-colloquio
viene redatto processo verbale. L'iscrizione dell'interessato in possesso del certificato di idoneità rilasciato dal Mi-
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nistero dei trasporti ai sensi del D.M. n. 1533 del 5 giugno 1985, ovvero iscritto nell'apposito registro dell'ufficio
Trasporti funiviari della Provincia Autonoma di Bolzano, è effettuata su istanza accompagnata da copia della relativa attestazione.
3. Il tecnico responsabile è nominato dal concessionario; in calce al foglio di nomina lo stesso dichiara la propria
accettazione dell'incarico. La nomina ha efficacia con il benestare espresso dal S.I.F.. La rinuncia all’incarico da
parte del tecnico responsabile, ovvero la sostituzione su inizia-tiva del concessionario, è comunicata al S.I.F., oltre che all’interessato, almeno 2 mesi prima della cessazione dell’incarico. La sostituzione del tecnico responsabile può avvenire, previo benestare del S.I.F., derogando da questi termini, nel caso di comprovata necessità e di
accordo fra le parti interessate, ovvero nel caso di gravi inadempienze, da parte del concessionario o del tec-nico
responsabile, agli obblighi fissati dal presente Regolamento, denunciate al S.I.F. da una delle parti.
4. Il S.I.F. può revocare il benestare di cui al precedente comma e richiedere con provvedimento motivato la sostituzione del tecnico responsabile, ove questo abbia dimostrato comprovata imperizia o negligenza nell'espletamento dei propri compiti; nello stesso provvedimento è fissato il termine di tempo entro il quale deve aver luogo la
sostituzione.
5. Salvo motivi di forza maggiore, nel caso di sostituzione, l'atto di subentro è formalizzato mediante apposito
verbale di consegna, sottoscritto da entrambi gli interessati e dal concessionario, nel quale il tecnico responsabile
cessante può inserire informazioni sul decorso periodo di servizio dell'impianto, nonché avvertenze utili al subentrante in materia di sicurezza del servizio medesimo; copia del suddetto verbale è custodito dall'azienda ed inviato
al Servizio Impianti a Fune.
6. Il tecnico responsabile può essere preposto a più impianti, con le limitazioni quantitative qui stabilite al fine di
assicurare lo svolgimento delle mansioni con la tempestività e la compiutezza necessarie a garantire, con la sua
opera, la sicurezza e regolarità del servizio: la nomina per ciascun impianto comporta, il punteggio sottoindicato,
con l'avvertenza che nel caso di preposizione a più impianti che facciano parte di un sistema come definito
dall'art. 11, secondo comma, dei D.P.G.P. 22 settembre 1987, n. 11, il punteggio da assegnare agli impianti è ridotto del 50%:
- impianti di categoria B e C: funivie bifuni e monofuni a collegamento temporaneo dei veicoli alla fune di trazione
ed impianti assimilabili punti 4;
- impianti di categoria M: funivie monofuni a collegamento permanente dei veicoli alla fune di trazione ed assimilabili punti 2;
- categoria S: sciovie, slittinovie ed impianti asimilabili punti 1.
Il punteggio massimo cumulabile dal tecnico responsabile è di 50 punti; qualora il tecnico responsabile sia dipendente a tempo pieno da ditta concessionaria, il massimo punteggio ammissibile è aumentato a 75 punti; qualora
sia invece un dipendente di ente o ditta non concessionaria, il massimo punteggio ammissibile è ridotto a 25 punti.
Il S.I.F., ha facoltà di acquisire d'ufficio i dati utili per la verifica del punteggio presso gli enti diversi che rilascino
analogo benestare alla preposizione di impianti funiviari; inoltre ha facoltà di valutare caso per caso, e comunque
per argomentate e giustificate situazioni locali, di valutare le eventuali concessioni di deroghe alle limitazioni di cui
sopra.
Art. 3. Personale addetto all'esercizio di impianti a fune, generalità e quantità.
1. Il personale addetto alla conduzione degli impianti a fune deve garantire lo svolgimento sicuro e regolare
dell'esercizio. Detto personale deve comprendere:
- il capo servizio;
- il macchinista;
- l’agente della stazione rinvio e di quella eventuale di transito:
- un congruo numero di agenti in relazione alle caratteristiche dell’impianto. Per gli impianti particolarmente complessi il S.I.F. può richiedere che le mansioni di agente siano svolte da personale in possesso di qualifica di macchinista.
2. Nel Regolamento di Esercizio di ciascun impianto di cui all’art. 5, primo comma, è definita la consistenza normale del personale che deve essere presente sull’impianto per garantire un sicuro servizio. Al fine di assicurare la
regolarità dell’esercizio, oltre al numero di persone di cui sopra, deve essere previsto personale sostituto, per tener conto delle assenze per riposo periodico, congedo e per malattia; possono essere previste variazioni rispetto
alle condizioni normali di servizio dovute ad eventuali occasioni di servizio ridotto o speciale.
3. Tutto il personale addetto alle mansioni di sicurezza e di regolarità del servizio deve essere in possesso delle
qualifiche di cui all’art. 9 e deve avere con l'azienda un rapporto di lavoro subordinato, anche a tempo parziale, e
ciò oltre ai fini della responsabilità civile di cui all’art. 23, sesto comma, della L.P., anche ai fini dell'assicurazione
contro gli infortuni e le malattie.
4. Il capo servizio può svolgere le mansioni proprie per più impianti a condizione che essi appartengano allo stesso concessionario, che facciano parte di un sistema come definito dall'art. 11, secondo comma, del D.P.G.P. 22
settembre 1987, n. 11, e che gli impianti medesimi siano collegati reciprocamente mediante mezzi permanenti di
telecomunicazione; per impianti che facciano parte di sistema ma che appartengano a più di un concessionario la
nomina, motivata, è soggetto a benestare preventivo del S.I.F. e deve essere sottoscritta congiuntamente dai rispettivi concessionari e tecnici responsabili; in tal caso il capo servizio e/o il sostituto deve avere in essere con i
concessionari un rapporto di lavoro, anche a tempo parziale, come disposto al precedente terzo comma.
5. Il capo servizio non può cumulare più mansioni, ad eccezione del caso di incarico per un impianto singolo; co-
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munque il S.I.F., per giustificati motivi di sicurezza e regolarità ed in relazione al tipo di impianto, può respingere
la nomina, negando la possibilità di cumulo.
6. Il personale svolge le proprie mansioni con la necessaria diligenza e osservando le prescrizioni della legge, dei
regolamenti e delle disposizioni in vigore, nonché adottando le misure e le cautele atte ad evitare sinistri suggerite
dalla competenza acquisita con la qualifica ricoperta e la pratica svolta. Quando tuttavia si verifichi un incidente, il
personale è tenuto a prestare tutti i possibili soccorsi ed a mettere in opera ogni mezzo opportuno per alleviare e
limitare le conseguenze dei danni occorsi e per impedirne altri. Si adopera con perizia e diligenza anche nei casi
di circostanze eccezionali non espressamente previsti dalle norme, ai fini della sicurezza e della regolarità
dell’esercizio. Nei rapporti con il pubblico e durante le operazioni di sorveglianza e regolazione del movimento, il
personale è tenuto ad usare la massima correttezza.
7. Il personale è tenuto ad osservare le norme sulla salute e sulla sicurezza del lavoro ottemperando alle disposizioni e istruzioni ricevute, in particolare circa l’impiego dei dispositivi e dei mezzi di protezione.
8. L’accertamento e le verbalizzazioni delle infrazioni alle disposizioni concernenti il comportamento del pubblico
utente gli impianti a fune, oltre che al personale del S.I.F. di cui agli artt. 28 e 54 della L.P., può spettare anche ad
uno o più persone scelte tra gli addetti all’esercizio ed appositamente incaricate a tal fine dal concessionario; a
tale personale è riconosciuta la qualifica di incaricato di pubblico servizio con decreto del Presidente della Giunta
Provinciale; le medesime persone debbono essere in possesso di certificato di abilitazione di cui al successivo
art. 9 e sono iscritte in apposito registro tenuto dal S.I.F..
L’iscrizione è valida fino al permanere del rapporto di lavoro con il concessionario che ha conferito l’incarico, salvo revoca.
Art. 4. Obblighi del concessionario.
Le aziende esercenti linee funiviarie in servizio pubblico devono essere provviste dei mezzi e strumenti necessari
per assicurare l’effettuazione regolare e sicura dell’esercizio nei periodi e secondo gli orari approvati e per eseguire l’ordinaria e straordinaria manutenzione dell’impianto e delle sue apparecchiature. A tal fine il concessionario è
quindi tenuto a:
a) provvedere alla nomina del tecnico responsabile ovvero alla sua sostituzione secondo quanto previsto dall’art.
2 del presente regolamento;
b) presentare al S.I.F. per l’approvazione, il Regolamento di Esercizio di cui all’art. 5, primo comma, sottoscritto
per accettazione;
c) provvedere, con il consenso del tecnico responsabile, all’assegnazione degli incarichi al personale, che sia abilitato o ritenuto idoneo ai sensi del successivo art. 9 e nel numero necessario per garantire la sicurezza e la regolarità dell’esercizio, secondo quanto stabilito nel precedente art. 3;
d) trasmettere al S.I.F. annualmente per ciascun impianto in servizio continuativo e prima della riapertura per ciascun impianto in servizio stagionale, l’organico complessivo del personale addetto comprendente l’elenco nominativo, le qualifiche e gli estremi dell’abilitazione di ciascun addetto, firmato dal concessionario, dal tecnico responsabile e dal capo servizio: ogni variazione che si rendesse necessaria durante il periodo di esercizio deve
essere comunicata, con le medesime modalità, entro il termine di 10 giorni dalla variazione medesima;
e) assumere, per quanto di competenza, i provvedimenti necessari all’istruzione e al costante aggiornamento del
personale addetto all’impianto;
f) dare seguito alle disposizioni riguardanti il personale contenute in norma di legge e nel regolamento di esercizio, nonché a quelle impartite dal S.I.F. o dal tecnico responsabile;
g) applicare gli eventuali provvedimenti di esonero dalle mansioni proposti dal tecnico responsabile nei confronti
del personale e di cui all’art. 5, primo comma, lettera e);
h) fornire, su indicazioni o su richiesta del tecnico responsabile o del capo servizio, tutte le attrezzature, i materiali
di consumo, di scorta e di ricambio per le operazioni di manutenzione ordinaria e, in generale, tutti i mezzi necessari per garantire la sicurezza e la regolarità del servizio, assicurando altresì la disponibilità di idonei locali sia per
la conservazione di materiali ed attrezzature sia per l’esecuzione delle operazioni correnti;
i) predisporre, d’intesa con il tecnico responsabile, i mezzi necessari al soccorso dei viaggiatori in linea e provvedere, ove necessario, a stipulare apposite convenzioni con enti ed organismi locali in grado di fornire durevolmente ed impegnativamente mezzi e personale idoneo;
l) dare corso agli interventi di manutenzione straordinaria, di rifacimento, di adeguamento tecnico, obbligatori in
forza di legge o regolamento, ovvero ritenuti necessari ai fini della prosecuzione dell’esercizio in condizioni di sicurezza, dal tecnico responsabile o dal capo servizio o richiesti dal S.I.F.;
m) conservare tutti gli atti e documenti relativi alla concessione e all’impianto;
n) dare immediata comunicazione, anche telegrafica, al tecnico responsabile e al S.I.F. delle sospensioni temporanee dell’esercizio dovute a cause di forza maggiore nonché di ogni incidente o grave disservizio relativo alla
sicurezza e/o alla regolarità; la comunicazione al S.I.F. deve essere effettuata entro il terzo giorno dall’accadimento;
o) comunicare al S.I.F. entro 10 gg. successivi le date di inizio e fine dell’esercizio stagionale;
p) fornire al S.I.F. i dati o le notizie richieste in merito all’esercizio svolto.
2. L’esercente, quale datore di lavoro, è tenuto ad ottemperare alle vigenti leggi in materia di tutela della salute e
sicurezza dei lavoratori, ad adottare i provvedimenti di competenza e a predisporre i mezzi per la prevenzione
degli infortuni sul lavoro.
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Art. 5. Mansioni e obblighi del tecnico responsabile.
1. Il tecnico responsabile rappresenta il concessionario ai fini della vigilanza tecnica sull’impianto e pertanto risponde dell’efficienza del servizio nei riguardi della sicurezza e delle conseguenti condizioni di regolarità; in particolare è tenuto a:
a) redigere per i nuovi impianti il Regolamento di Esercizio sulla base dello schema-tipo predisposto dal S.I.F. tenendo conto delle esigenze del servizio svolto, del tipo di impianto, delle condizioni fissate dal progettista, dal costruttore e dal Direttore dei lavori nonché tenuto conto delle eventuali particolari tutele e modalità di esercizio prescritte dalla Commissione incaricata del collaudo funzionale dell’impianto; per gli impianti già in esercizio, formulare le proposte di modifica del regolamento di esercizio per adeguarlo ad eventuali nuove esigenze del servizio;
b) accertare il possesso delle abilitazioni richieste per il personale proposto dal concessionario ed a verificare le
conoscenze necessarie per svolgere le proprie mansioni sullo specifico impianto; ne autorizza l’impiego sottoscrivendo l’elenco nominativo del personale addetto di cui al precedente art. 4, primo comma, lettera d); può inoltre,
ai fini della continuità del servizio e sentito il concessionario, nel caso di breve assenza dovuta a cause di forza
maggiore sia del capo servizio che del sostituto, attribuire le medesime mansioni al macchinista che abbia dimostrato comprovata esperienza e conoscenza di tutti gli impianti funiviari ai quali sarà temporaneamente preposto;
tale temporanea preposizione deve risultare agli atti dell’azienda esercente tramite motivata disposizione e registrata sul “Libro Giornale”;
c) dare l’assenso all’impiego di personale non abilitato che svolge il tirocinio sull’impianto, subordinandolo comunque alla continua assistenza di personale abilitato e sotto la responsabilità del capo servizio;
d) assistere il capo servizio nell’addestramento e nell’aggiornamento professionale del personale subordinato al
medesimo;
e) trasmettere al concessionario e al capo servizio le eventuali osservazioni sul personale in servizio, nonché
esonerare dal servizio, mediante apposito ordine scritto trasmesso al concessionario il personale che egli giudichi
non idoneo allo svolgimento delle mansioni affidategli, per scarsa attitudine o per gravi mancanze in relazione alla
sicurezza;
f) programmare predisponendo le modalità coattive sulla base delle norme in vigore e delle apposite istruzioni
fornite dai costruttori, e controlli e gli interventi periodici di manutenzione necessari per garantire la sicurezza
dell’esercizio;
g) fornire al capo servizio le istruzioni per curare l’efficienza delle attrezzature in dotazione e per controllare il loro
corretto uso da parte del personale; accertarsi dell’ottemperanza a quanto prescritto in occasione delle sue visite
periodiche;
h) effettuare, con l’intervento del capo servizio, le prescritte verifiche e prove annuali, quelle di riapertura stagionale nonché quelle straordinarie, per accertare lo stato di conservazione, di efficienza e di sicurezza di tutte le varie parti dell’impianto, sulla base di quanto stabilito dalle prescrizioni tecniche speciali emanate per ogni tipo di
impianto e richiamate dall’art. 30 della L.P., nel corso di queste operazioni verificherà il necessario livello di addestramento del personale, anche con l’effettuazione periodica di manovre di soccorso simulato; la data delle visite
straordinarie e di quelle da effettuare ai fini del punto successivo lettere m); deve essere comunicato con congruo
anticipo al S.I.F. per consentire l’eventuale partecipazione a fini ispettivi dei funzionari dello stesso;
i) effettuare a proprio giudizio o su richiesta del concessionario o del capo servizio, ispezioni sull’impianto durante
il servizio, al fine di accertarne la sicurezza e la regolarità di funzionamento; nel periodo di esercizio dette ispezioni devono avvenire con frequenza almeno mensile: nel corso di esse deve essere verificata in particolare la
corretta e regolare compilazione del “Libro Giornale”, apponendo la propria firma negli spazi predisposti;
1) registrare sul “Libro Giornale” depositato presso l’impianto, trasmettendone tempestivamente copia al S.I.F., i
risultati delle verifiche e prove annuali di cui al precedente punto lettera h); prescrivendo in particolare al concessionario e al capo servizio i lavori da effettuare e le disposizioni da seguire al fine di garantire la sicurezza e la regolarità dell’esercizio; accertare infine l’ottemperanza a quanto prescritto;
m) sovraintendere, dando atto negli appositi verbali, alle operazioni per la formazione di impalmature o per la confezione di teste fuse per le funi dell’impianto;
n) sovraintendere, quando necessario ai sensi delle vigenti norme, a tutti i controlli non distruttivi sulle funi e su
particolari organi e strutture degli impianti, traendone le necessarie conclusioni circa la possibilità di mantenere in
servizio detti elementi;
o) mettersi ad immediata disposizione del concessionario al ricevimento della comunicazione di cui all’art. 4, primo comma, lettera n), riguardante incidenti o gravi disservizi relativi alla sicurezza e regolarità dell’impianto, sui
quali effettuerà una propria inchiesta; redigerà quindi un apposito dettagliato rapporto da trasmettere al S.I.F. entro 10 giorni dall’accadimento, contenente l’indicazione di eventuali provvedimenti adottati o proposti;
p) comunicare tempestivamente al S.I.F. tutte le anomalie od irregolarità nel funzionamento dell’impianto, anche
se non sono derivati incidenti, che possano a suo giudizio costituire indizio di inconveniente suscettibile di determinare eventi pericolosi per i viaggiatori, il personale, o l’impianto stesso.
2. Le disposizioni emanate dal tecnico responsabile ai sensi di questo regolamento o di altre norme o regolamenti
vigenti e riguardanti la sicurezza e la regolarità e non già comprese nel regolamento di esercizio, devono essere
contenute in ordini di servizio, datati e numerati progressivamente, da depositare in copia presso l’impianto, unitamente al Regolamento d’Esercizio ed al “Libro Giornale”; per le disposizioni che costituiscano modifica o significativa integrazione del Regolamento di Esercizio è seguita la procedura di cui al presente articolo, primo comma,
lettera a).
3. Il tecnico responsabile, quale dirigente in base alla specifica normativa che regola la materia, assume i provvedimenti e le disposizioni di competenza nei riguardi della salute e della sicurezza dei lavoratori e fornisce al capo
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servizio tutte le istruzioni necessarie per l'attuazione di tali provvedimenti e disposizioni, per il controllo e l'efficacia delle relative attrezzature nonché per il loro corretto uso da parte del personale.
Art. 6. Mansioni ed obblighi del capo servizio.
1. Il capo servizio per tutto quanto concerne lo svolgimento delle proprie mansioni relative sia all'esercizio che alla
manutenzione, e riguardante la sicurezza e la regolarità, opera osservando le disposizioni contenute nel Regolamento di Esercizio e secondo le direttive e istruzioni impartite dal tecnico responsabile.
2. Il capo servizio deve essere un tecnico buon conoscitore dell'impianto e in grado di eseguire o far eseguire le
disposizioni impartite dal tecnico responsabile; egli esercita il controllo dell'impianto anche vigilando sul personale
a lui sottoposto, ed interviene di propria iniziativa nel caso di situazioni particolari, integrando le disposizioni ricevute con l'adozione degli opportuni provvedimenti atti a garantire o ripristinare la sicurezza e la regolarità dell'esercizio.
In particolare il capo servizio è tenuto a:
a) risiedere durante il servizio in prossimità dell'impianto ed essere comunque in ogni momento prontamente reperibile anche a mezzo collegamento telefonico o radiotelefonico;
b) stabilire i compiti del personale addetto al servizio, controllarne l'attività, l'efficienza, il rispetto dei turni, la presenza sul lavoro e curandone il costante addestramento professionale; per comprovati motivi può proporre al.
tecnico responsabile l'esonero dalle mansioni di personale non ritenuto idoneo;
c) controllare il corretto comportamento del personale verso il pubblico;
d) vigilare sul comportamento del personale che svolge il proprio apprendistato sull'impianto;
e) vigilare sull'osservanza dell'orario di servizio approvato;
f) curare la regolare compilazione del “Libro Giornale” per la parte di sua competenza; verificarne la corretta e
scrupolosa compilazione di competenza del personale a lui sottoposto;
g) controllare l'effettuazione delle prove e verifiche eseguite dal macchinista e dagli agenti;
h) provvedere, nell'ambito delle proprie competenze, alla verifica dello stato delle funi, alla manutenzione dell'impianto ed all'effettuazione delle prove periodiche che gli competono in base al Regolamento d’Esercizio, registrandone i risultati sul “Libro giornale”;
i) curare l’efficienza e la disponibilità delle attrezzature per effettuare il soccorso in linea e verificare il necessario
livello di addestramento del personale addetto a tale operazione, anche con l’effettuazione di manovre periodiche
di soccorso simulato;
l) curare la conservazione dei materiali di uso, di scorta, di ricambio e dei mezzi di protezione antinfortunistica,
nonché comunicare al concessionario l’elenco dei materiali di consumo e di ricambio necessari per l’esercizio e la
manutenzione;
m) segnalare tempestivamente al tecnico responsabile ed al concessionario eventuali guasti, difetti o anormalità
dell’impianto, allo scopo di ottenere le relative disposizioni;
n) dare immediata notizia al concessionario ed al tecnico responsabile nel caso si verifichino incidenti durante il
servizio e fornire gli elementi necessari per le comunicazioni che il concessionario ed il tecnico responsabile devono inviare al S.I.F. secondo le loro competenze;
o) assumere tutte le iniziative atte a garantire la sicurezza dell’esercizio in caso di condizioni atmosferiche avverse od eventi particolari; nel caso di eventi o di anormalità che compromettono la sicurezza del trasporto, sospendere il servizio, dandone immediata notizia al concessionario ed annottando sul “Libro giornale” l’evento e se
possibile la causa accertata.
3. Il capo servizio, quale preposto in base alla specifica normativa che regola la materia, attua, per quanto di
competenza, le misure di sicurezza previste dalle norme per la prevenzione infortuni secondo le istruzioni del tecnico responsabile, ivi comprese quelle eventualmente riportate esplicitamente nel Regolamento d’Esercizio, del
singolo impianto esigendo dal personale l’osservanza delle norme di sicurezza e l’impiego dei mezzi di protezione
antinfortunistica.
Art. 7. Mansioni ed obblighi del macchinista
1. Il macchinista provvede alla manovra ed alla sorveglianza dell’impianto, delle apparecchiature di sicurezza e di
telecomunicazione, comprese quelle di linea e della stazione di rinvio, coordinando l’attività degli agenti; in particolare ha l’obbligo di:
a) eseguire, con l'aiuto degli agenti, le prescritte verifiche e prove periodiche che gli competono secondo il Regolamento di Esercizio registrandone i risultati sul “Libro giornale”;
b) restare entro breve raggio dal posto di manovra, sempre pronto ad intervenire, e sorvegliare il corretto funzionamento delle varie parti del macchinario e dell’apparecchiatura ausiliaria;
c) impedire agli estranei l’accesso alla zona interessata dai macchinari ed intervenire nel caso in cui si avveda di
irregolare comportamento dei viaggiatori;
d) arrestare l’impianto e dare immediata notizia al capo servizio nel caso di guasti ed anormalità di funzionamento, attendendone le istruzioni; nel caso di urgenza per pericolo imminente per l’incolumità delle persone, provvedere direttamente, attenendosi alle disposizioni speciali predisposte dal Regolamento di Esercizio;
e) collaborare con il capo servizio in tutte le operazioni di carattere tecnico, secondo gli ordini da questo impartiti,
compresi la manutenzione ordinaria nonché il recupero ed il soccorso dei viaggiatori;
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f) accertarsi che nessun viaggiatore si trovi in linea al termine del servizio;
g) controllare la presenza sull’impianto e la completezza dell’attrezzatura per eseguire il soccorso, dell’attrezzatura antincendio e di pronto soccorso.
Art. 8. Mansioni ed obblighi dell'agente
1. L’agente collabora con il capo servizio e con il macchinista in tutte le operazioni di carattere tecnico, secondo
gli ordini da questi impartiti, compresi il recupero ed il soccorso dei viaggiatori.
2. L’agente ha l’obbligo di rimanere, durante il servizio, costantemente presso il posto di lavoro assegnatogli dal
capo servizio, svolgendo le mansioni previste nel Regolamento di Esercizio.
3. In terzo luogo vanno tenute presenti le disposizioni previste dalla Provincia Autonoma di Trento nel Regolamento tipo per l’esercizio di sciovia (il quale contiene prescrizioni
che vengono trasposte nei regolamenti delle singole sciovie), con particolare attenzione ai
seguenti articoli:
(in corsivo le disposizioni di maggior rilevanza ai fini di cui sopra)
Art. 1. Disposizioni di carattere generale
L'esercizio dell'impianto deve svolgersi con l’osservanza delle vigenti leggi, delle norme tecniche in vigore per le
sciovie, delle norme antinfortunistiche nonché con le modalità indicate nel presente regolamento.
Il personale addetto all’esercizio dell’impianto deve essere a perfetta conoscenza del Regolamento d'Esercizio,
copia del quale deve essere custodita presso la stazione motrice della sciovia; le disposizioni riguardanti il trasporto dei viaggiatori dovranno essere esposte al pubblico.
La sorveglianza sull'esercizio compete all'Ispettorato Generale Trasporti della Provincia Autonoma di Trento che
viene di seguito indicato con la sigla I.G.T.
I funzionari dell'I.G.T. della Provincia Autonoma di Trento incaricati della sorveglianza sull'esercizio hanno libera
circolazione sull'impianto.
Art. 2. Obblighi del concessionario
Il concessionario deve:
1) provvedere alla nomina del tecnico responsabile;
2) provvedere alla nomina del personale addetto all'esercizio dell'impianto, acquisito il benestare del tecnico responsabile;
3) provvedere alle permanenti coperture assicurative per i viaggiatori e per il personale;
4) vigilare sugli adempimenti cui il personale è tenuto ai sensi dell'art. 10 del decreto del presidente della Repubblica 11 luglio 1980, n. 753, applicando in caso di inosservanza le sanzioni disciplinari stabilite dalle leggi e dai
regolamenti vigenti in materia;
5) rispettare i contratti collettivi di lavoro, le leggi sociali e quelle sulla prevenzione degli infortuni;
6) provvedere, su indicazione del tecnico responsabile e del capo servizio, alla provvista dei materiali di consumo,
di scorta e di ricambio; tali materiali devono essere conservati in locali idonei ed essere subito disponibili per la
buona manutenzione dell'impianto;
7) porre in essere le condizioni che rendono possibile l'ottemperanza alle prescrizioni emanate dall'I.G.T. od alle
disposizioni impartite dal tecnico responsabile;
8) dar corso ai lavori di manutenzione (ordinarie e straordinarie) concernenti la sicurezza e la regolarità
dell’esercizio, richiesti dal tecnico responsabile e del capo servizio;
9) fornire all'I.G.T. i dati statistici richiesti;
10) segnalare all'I.G.T. tempestivamente, anche mediante fonogramma o telegramma, qualsiasi incidente, o fatto
che abbia turbato o turbi la regolarità e sicurezza dell'esercizio;
11) tenere apposito registro nel quale annotare cronologicamente tutti gli infortuni accorsi ai lavoratori dipendenti,
che comportino una assenza dal lavoro superiore ai tre giorni, compreso quello dell'evento. Su detto registro devono essere indicati, oltre al nome, cognome e qualifica professionale dell'infortunato, la causa e le circostanze
dell'infortunio, nonché la data di abbandono e di ripresa del lavoro.
Art. 12. Modalità di esercizio
1) L'esercizio deve svolgersi in conformità all'orario e con le tariffe approvate. Orari e tariffe debbono essere
esposti al pubblico in posizione ben visibile sulla stazione di partenza.
2) Nel luogo di accesso all'impianto deve essere esposto al pubblico, in maniera ben visibile, cartello monitore
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recante le DISPOSIZIONI PER IL PUBBLICO di cui alla successiva parte IV. Nella stazioni ed in linea devono
inoltre essere mantenuti esposti i cartelli monitori corrispondenti ai tipi unificati.
3) Nei periodi di esercizio, il funzionamento dell’impianto deve essere particolarmente seguito dal capo servizio e
dal rimanente personale, al fine di avere in ogni momento piena garanzia che tutti gli organi di sicurezza dell'impíanto siano in ordine e tutto funzioni in condizioni di sicurezza. Devono essere adottati tempestivamente necessari atti ad eliminare gli eventuali difetti di funzionamento che si fossero rilevati.
4) In particolare deve provvedersi, a mantenere la pista di risalita della larghezza regolamentare, ben innevata ed
il più possibile regolare, evitando cuspidi ed avvallamenti accentuati, nonché a curare la sua buona conservazione sia nel suo profilo longitudinale rispetto della sagoma libera prescritta e dei franchi regolamentari; alla rimozione dei manicotti di ghiaccio dai conduttori di linea; alla limitazione dell'altezza del manto nevoso sugli eventuali
ponti; alla buona conservazione e visibilità dei cartelli monitori, delle bandierine di segnalazione, ecc.; alla costante disponibilità degli attrezzi di pronto soccorso.
5) Deve essere effettuata la battitura della pista ogni qualvolta nevicate, raffiche di vento o caduta di sciatori, rendano l’operazione necessaria.
6) Le piste per la partenza e l’avvio degli sciatori e le aree adiacenti devono essere mantenute praticamente orizzontali o in lieve discesa nel senso della marcia e di lunghezza adeguata in relazione anche alla velocità, alla potenzialità dell’impianto, al tipo di traino ed alla pendenza della fune, allo scopo di agevolare le operazioni rispettivamente di partenza e di arrivo degli sciatori stessi; la pista di arrivo in particolare deve essere mantenuta con
accentuata pendenza nel senso della marcia in modo da agevolare le operazioni di sgancio e di allontanamento
degli sciatori dal punto di distacco.
7) Durante Il funzionamento dell'impianto, particolarmente nei tratti a maggior pendenza, devono essere adottati
opportuni provvedimenti (frantumazione del ghiaccio, riporto di neve fresca, ecc.) atti ad evitare comunque che il
fondo della pista di risalita sia ghiacciata.
8) Devono essere mantenuti in perfetta efficienza i prescritti cigli a scarpa in corrispondenza dei sostegni.
9) Il tracciato dell'impianto deve essere convenientemente segnalato durante l'intero periodo di esercizio.
10) Nessuna modifica può essere apportata dal personale al funzionamento degli organi dell'impianto, se non sia
stata preventivamente approvata dall'I.G.T.
11) Il servizio deve essere sospeso, a cura del capo servizio, quando si verifichino guasti od anormalità nel funzionamento dell’impianto; non sia operante il circuito di sicurezza; sia insufficiente il collegamento telefonico tra le
stazioni; le condizioni della pista innevata non offrano garanzie di sicurezza; non vi sia visibilità sufficiente in linea,
ed ogni qualvolta il vento raggiunga una intensità, o continua o a raffiche, per la quale l'esercizio diventa pericoloso. Il capo servizio dispone inoltre la sospensione dell'esercizio quando lo stato della pista ghiacciata costituisca
un pericolo per lo sciatore, quando le condizioni atmosferiche siano tali da pregiudicare la sicurezza del funzionamento e quando venga segnalata la possibilità di pericolo da parte degli appositi servizi di informazione meteorologici e nivometrici nazionali e locali, con i quali devono essere adottati sistemi di collegamento diretto giornaliero ai fini della prevenzione contro eventi metereologici e nivometrici tali da pregiudicare la sicurezza dell’esercizio.
Durante l’effettuazione dei lavori per la sistemazione e la battitura della pista di risalita deve essere sospeso
l’esercizio della sciovia.
12) Il servizio è consentito solo nelle ore diurne. L'eventuale servizio notturno, in casi particolari, può essere autorizzato dall'I.G.T. sotto l'osservanza di apposite disposizioni che devono risultare inserite nel successivo art. 14.
13) Qualora l'I.G.T. accerti durante l'esercizio deficienze che riducano le condizioni di sicurezza riscontrate all'atto
della prima apertura dell'impianto al pubblico servizio, il responsabile dell'esercizio è tenuto a ripristinare al più
presto possibile le suddette condizioni, indipendentemente dalle sanzioni previste dal titolo VIII del decreto del
presidente della Repubblica 11 luglio 1980, n. 753. Qualora le deficienze siano tali da costituire pregiudizio per
l'incolumità del pubblico, l'esercizio dell'impianto è sospeso ai sensi del comma 5 art. 100 del decreto del Presidente della Repubblica 11 luglio 1980 n. 753.
14) L'esercizio ha carattere stagionale, perciò sotto la responsabilità del capo servizio, dopo la chiusura dell'esercizio, deve provvedersi a tutti i lavori necessari per la buona conservazione dell'impianto. Dopo periodi di inattività
e comunque prima della riapertura dell'esercizio, deve effettuarsi una accurata revisione dell'impianto stesso per
accertarne la piena efficienza ed il buon stato di conservazione.
Art. 13. Incidenti
Di ogni incidente che avvenga durante l'esercizio della sciovia deve, dal capo servizio, essere data immediata
comunicazione all'esercente, e al tecnico responsabile. Entro cinque giorni il tecnico responsabile deve provvedere a far pervenire all’I.G.T. un primo rapporto sull’accaduto.
Art. 15. Disposizioni per i viaggiatori
1) I viaggiatori devono munirsi del prescritto titolo di viaggio prima di servirsi della sciovia. L'ordine di precedenza
per la salita è dato esclusivamente dall'ordine di presentazione alla partenza.
2) E' vietato ai viaggiatori di parlare agli agenti addetti all'impianto, tranne che per necessità di servizio.
3) I viaggiatori sono tenuti a rispettare le istruzioni indicate dagli appositi cartelli monitori affissi sia nelle stazioni
che in linea. Devono altresì rispettare le norme emanate dalle autorità competenti ed osservare tutte le altre particolari disposizioni che, al fine di evitare incidenti, vengono impartite dagli agenti dell'impianto.
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4) Ai viaggiatori è vietato:
- seguire una pista diversa da quella tracciata;
- volteggiare e compiere evoluzioni;
- agganciarsi o sganciarsi dai traini lungo il persorso di risalita;
- oltrepassare le zone di sgancio al termine della risalita;
- attraversare le piste di risalita.
5) I viaggiatori devono:
- allontanarsi rapidamente dalla pista dopo lo sgancio alla stazione a monte;
- abbandonare il traino in caso di caduta e liberare rapidamente la pista;
- non accedere, fuori degli itinerari prestabiliti, nelle aree di partenza e di arrivo, nonchè nelle zone ove le funi
hanno un franco ridotto dal suolo;
- tenere ben conto della posizione in cui deve avvenire lo sgancio.
6) Il viaggiatore che non sia pratico del sistema di trasporto dell'impianto dovrà avvertire il personale e richiedere
le istruzioni del caso.
7) Gli eventuali reclami dei viaggiatori riguardanti il servizio della sciovia devono essere inviati all'Ispettorato Generale Trasporti della Provincia Autonoma di Trento con l'indirizzo preciso del reclamante, senza di che saranno
considerati anonimi e non si darà ad essi alcun seguito.
8) I trasgressori delle disposizioni regolarmente portate a conoscenza del pubblico a mezzo di appositi comunicati
affissi sia nelle stazioni che in linea e la cui inosservanza può recare serio pregiudizio alla incolumità dei rimanenti
viaggiatori o rechi danni agli impianti, saranno perseguiti ai sensi del titolo II ed in particolare dell'art. 18 del decreto del Presidente della Repubblica 11 luglio 1980, n. 753. Per l'accertamento delle contravvenzioni sono competenti gli ufficiali e gli agenti dì Polizia giudiziaria di cui all’art. 71 del decreto del Presidente della Repubblica 11
luglio 1980, n.. 753.
4. Infine, per i dipendenti del gestore di impianti a fune, sotto il profilo dei loro doveri e
responsabilità disciplinari, vengono in particolare considerazione:
a) gli artt. 2104 e 2105 cod. civ. (già richiamate alla parte prima, cap. II-A.4):
b) gli artt. 26 e 27 del Contratto collettivo nazionale di lavoro per gli addetti agli impianti
di trasporto a fune;
c) l’art. 10 del D.P.R. 753/1980, applicabile anche agli impianti pubblici di trasporto a
fune.
Dal Contratto collettivo nazionale di lavoro per gli addetti agli impianti di trasporto a fune
(Roma, 26.11.1994):
(in corsivo le disposizioni di maggior rilevanza ai fini di cui sopra)
Art. 26. Disciplina aziendale
I lavoratori, senza distinzione dì sesso, di opinioni politiche, sindacali e di fede religiosa, hanno diritto, nei luoghi
dove prestano la loro opera di manifestare liberamente il proprio pensiero, nel rispetto dei principì della Costituzione e delle norme della legge 20 maggio 1970, n. 300 (Statuto dei lavoratori).
I lavoratori sono tenuti ad una scrupolosa osservanza degli obblighi previsti dagli artt. 2104 e 2105 del codice civile.
In particolare devono:
- eseguire con cura le disposizioni regolamentari nonché quelle impartite dalI'Azienda, per mezzo dei suoi rappresentanti e collaboratori, anche lavoratori, loro preposti;
- tenere un contegno corretto verso i citati rappresentanti e collaboratori, verso tutti gli altri dipendenti dell'azienda
e nei confronti dei viaggiatori, non fare abuso di bevande alcoliche durante il servizio,
- rispettare l'orario di lavoro, provvedendo alle operazioni necessarie per il controllo richieste dall'azienda: ove richiesto, i lavoratori devono timbrare i cartellini all'inizio e alla fine di ogni turno di lavoro e non allontanarsi dai posti di lavoro prima dell'ora indicata per la fine del turno o prima che siano stati sostituiti, se è prevista la continuazione dei lavoro mediante turni successivi, a meno che non vengano all'uopo autorizzati;
- conservare in buono stato tutto quanto è loro affidato dall'azienda e consegnare alla fine del turno di lavoro alle
persone all'uopo designate, qualsiasi oggetto rinvenuto nell'ambito aziendale;
- non prestare opera presso impianti o imprese appartenenti a soggetti diversi dal proprio datore di lavoro. finché
il rapporto di lavoro è in vita; salvo l'ipotesi di comando da parte dello stesso datore di lavoro.
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Art. 27. Provvedimenti disciplinari
Il lavoratore che viene meno agli obblighi assunti verso l'azienda, oltre a perdere la retribuzione corrispettiva della
prestazione eventualmente mancata, può essere punito dall'azienda stessa con uno dei seguenti provvedimenti,
graduati secondo la gravità dei fatti da sanzionare:
- rimprovero verbale o richiamo scritto, comminabile per le mancanze minori, non interessanti comunque la sicurezza dell'esercizio;
- multa, fino ad un massimo di 4 ore di retribuzione ordinaria comminabile per le mancanze che incidono sensibilmente sull'ordine o sull'attività o sul patrimonio aziendale;
- sospensione dal lavoro, con perdita della corrispondente retribuzione, fino ad un massimo di 10 giorni lavorativi,
comminabile per le mancanze che arrecano pregiudizio rilevante all'ordine o all'attività o al patrimonio aziendale.
La ripetizione di una mancanza può essere punita con un provvedimento più severo rispetto a quello ordinariamente applicato per la stessa mancanza; la ripetizione, sanzionabile come tale, è realizzata dal succedersi di più
mancanze analoghe.
Di fronte a qualsiasi mancanza, l'azienda è sempre libera di adottare, se le circostanze particolari del caso lo consigliano, un provvedimento meno severo rispetto a quello contemplato, per la mancanza contestata, nelle precedenti norme.
Nessun provvedimento disciplinare più grave del rimprovero verbale può essere adottato senza la preventiva contestazione degli addebiti al lavoratore, tale contestazione deve essere notificata tempestivamente, di norma entro
20 giorni, una volta che l'azienda abbia acquisito conoscenza dell'infrazione, delle relative circostanze e delle responsabilità personali.
Il lavoratore può presentare le proprie giustificazioni entro il termine di cinque giorni dalla ricezione della suddetta
comunicazione aziendale, e può farsi assistere da un rappresentante dell'associazione sindacale cui aderisce o
conferisce mandato ovvero da un dirigente della rappresentanza sindacale aziendale.
L'eventuale comminazione del provvedimento disciplinare deve essere notificata per iscritto al lavoratore nel termine ordinatorio di dieci giorni dalla scadenza del termine assegnato al lavoratore stesso per presentare le sue
giustificazioni. In tale comunicazione devono essere specificati i motivi del provvedimento.
Il lavoratore al quale sia stata applicata una sanzione disciplinare, ferma restando la facoltà di adire l'autorità giudiziaria, può promuovere, nei 20 giorni successivi, anche per mezzo dell'associazione sindacale alla quale sia
iscritto ovvero conferisca mandato, la costituzione, tramite l'ufficio provinciale del lavoro e della massima occupazione, di un collegio di conciliazione ed arbitrato, composto da un rappresentante di ciascuna delle parti e da un
terzo membro scelto di comune accordo e, in difetto di accordo, nominato dal direttore dell'ufficio del lavoro. La
sanzione disciplinare resta sospesa fino alla pronuncia da parte del collegio.
Qualora il datore di lavoro non provveda. entro dieci giorni dalla ricezione dell'invito rivoltogli dall'uffìcio del lavoro,
a nominare il proprio rappresentante in seno al collegio di cui al comma precedente, la sanzione disciplinare non
ha effetto. Se il datore di lavoro adisce l'autorità giudiziaria la sanzione disciplinare resta sospesa fmo alla definizione del giudizio.
Non può tenersi conto ad alcun effetto delle sanzioni disciplinari decorsi due anni dalla loro applicazione.
L'azienda che intenda chiedere il risarcimento dei danni al lavoratore deve preventivamente adottare almeno il
provvedimento disciplinare del rimprovero scritto, specificando l'entità del danno.
Dal D.P.R. 11.07.1980 n. 753:
(in corsivo le disposizioni di maggior rilevanza ai fini di cui sopra)
Il personale delle ferrovie ha l'obbligo di svolgere con la necessaria diligenza il proprio servizio, osservando le
prescrizioni delle leggi, dei regolamenti e delle istruzioni in vigore.
Esso deve adoperarsi con diligenza anche nei casi non previsti dalle norme ai fini della sicurezza e della regolarità dell'esercizio.
Nei rapporti con il pubblico il personale stesso è tenuto ad usare la massima correttezza.
Le aziende esercenti sono tenute a vigilare su tali adempimenti, applicando in caso di inosservanza le sanzioni
disciplinari stabilite dalle leggi e dai regolamenti vigenti in materia.
Fatte salve le eventuali sanzioni disciplinari previste dalle norme in vigore, il personale delle ferrovie in concessione riconosciuto responsabile di incidenti od inconvenienti che abbiano arrecato pregiudizio alla sicurezza
dell'esercizio non può comunque essere impiegato nelle mansioni in precedenza espletate se non a seguito di
nuovo accertamento della idoneità allo svolgimento delle mansioni stesse, secondo quanto stabilito dal precedente art. 9. Per i conducenti degli autobus in servizio pubblico resta fermo quanto stabilito dal vigente codice della
strada.
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Cap. II
RASSEGNA DI CASI GIURISPRUDENZIALI
Di seguito si riportano alcune massime di sentenze della Corte di Cassazione e delle
Corti di merito concernenti fattispecie di responsabilità civili e penali in materia di impianti a
fune in genere e di risalita in particolare. Di talune si è ritenuto opportuno trascrivere anche la
motivazione.
1. Responsabilità civile contrattuale.
1.1. Art. 1681 c.c.
1.1.1. In generale
Nell'orbita del contratto di trasporto sono compresi tanto i servizi accessori, quali sono quelli dell'ingresso alle stazioni e dell'uscita da esse, quanto il trasbordo dei passeggeri da un treno all'altro, allorché sia necessario per il
compimento del viaggio intrapreso.
Cass., 14 gennaio 1944 n. 15
Gli impianti di risalita, oltre che improntati a finalità di incremento turistico e di sviluppo economico, sono altresì
diretti a consentire il raggiungimento di località del territorio comunale altrimenti inaccessibili alla generalità dei
residenti e degli ospiti, così che il servizio di trasporto esercitato attraverso di essi va considerato urbano e pubblico.
Cass., 10 marzo 1988 n. 2387
Cass., 6 luglio 1992 n. 8224
Cass., 6 luglio 1992 n. 8223
Se durante un viaggio organizzato da un'agenzia, ai sensi degli artt. 1 e 2 della legge 27 dicembre 1977 n. 1084,
di ratifica ed esecuzione della Convenzione internazionale relativa al contratto di viaggio (C.C.V.) firmata a Bruxelles il 23 aprile 1970, il viaggiatore subisce un incidente, l'agenzia stessa ne risponde come vettore, ai sensi
dell'art. 1681 cod. civ.; sicché incombe su questa l'onere di provare che colui al quale ha affidato l'esecuzione del
trasporto ha adottato tutte le misure idonee ad evitare il danno.
Cass., 6 novembre 1996 n. 9643
L'organizzatore di viaggi turistici, in base ai principi contenuti nella Convenzione di Bruxelles del 23 aprile 1970
concernente il contratto di viaggio - deve adottare tutte le misure idonee ad evitare danni (art. 1681 c.c.) a coloro
che vi partecipano, sia quando effettua personalmente i servizi di trasporto, alloggio e altri, connessi al soggiorno,
sia quando affida l'esecuzione di tali servizi ai suoi ausiliari o connessi (art. 1228 c.c.); ma se per l'esecuzione
delle prestazioni - nella specie, di trasporto - si rivolge ad un terzo, e il mezzo scelto è idoneo (taxi, per un'escursione turistica), non è responsabile dell'eventuale comportamento imprudente del conducente di esso.
Cass., 24 maggio 1997 n. 4636
1.1.2 Seggiovia
Mentre l'esecuzione del contratto di trasporto effettuato con veicolo dal quale si scende a fermo termina nel momento in cui il passeggero ne discende, nel trasporto eseguito con mezzo in continuo movimento (seggiovia) il
contratto ha invece termine in un momento successivo e, cioè, dopo il compimento dei pochi passi indispensabili
per neutralizzare la spinta della corsa.
Cass., 16 ottobre 1956 n. 3658
Al contratto di trasporto a mezzo di seggiovia si applica l’art. 1681 c.c.. Il relativo obbligo contrattuale sorge fin dal
momento dell’acquisto del biglietto di viaggio.
Trib. Sondrio, 18 aprile 1963
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(Omissis). - Si osserva anzitutto che non è esatto quanto afferma la difesa della convenuta: non essere cioè applicabile l'art.
1681 c.c. perché la prestazione del vettore inizia allorquando il viaggiatore ha preso posto sul mezzo di trasporto, precedendo il
trasporto, è attività del passeggero e non attività del vettore. Osserva ancora la convenuta che tale interpretazione è autorizzata
dalla dizione del predetto articolo che fa riferimento ai sinistri che accadono “ durante il viaggio ” e non può dirsi che sia iniziato
il viaggio se non dopo che il viaggiatore ha preso posto sul mezzo.
E’ invece pacifico in dottrina e in giurisprudenza che la responsabilità del vettore, quale presunta dall'art. 1681 c.c., ha inizio con
il perfezionamento del contratto di trasporto e termina quando tale contratto si sia del tutto esaurito e cioè anche dopo che il trasportato non si trova più sul mezzo di trasporto. Al fine di stabilire il momento iniziale si è conseguentemente fatto distinzione fra
l'ipotesi che il trasportato salga sul mezzo prima di munirsi del biglietto - ed in tal caso il contratto si considera perfezionato non
appena il viaggiatore sia salito sul mezzo in questione, ancorché non si sia ancora munito del biglietto rappresentante il pagamento del corrispettivo - e l'ipotesi, come nella fattispecie, che il passeggero si munisca del biglietto rappresentante il prezzo del
viaggio prima di salire sul mezzo di trasporto; in questo secondo caso il contratto è perfezionato con l'acquisto del biglietto di
viaggio. Alla luce di tale principio è stato così risolto il problema dell'obbligazione del vettore in ordine ai servizi accessori del
trasporto, affermandosi che nell'orbita del contratto di trasporto sono compresi tanto i detti servizi accessori, quali sono quelli
dell'ingresso alle stazioni e 'dell'uscita da esse, quanto il trasbordo dei passeggeri da un treno all'altro, allorché sia necessario
per il compimento del viaggio intrapreso (Cass., 14 gennaio 1944, n. 15, in Foro amm., 1944, 11, 22). Ne consegue che i danni
subiti dal viaggiatore nella sua persona, in conseguenza di anormalità verificatasi nell'esercizio ferroviario per colpa dell'amministrazione delle ferrovie o dei suoi dipendenti, cioè i danni cagionati durante il servizio di trasporto a chi legittimamente si trovi in
una stazione o nei relativi uffici in forza di un rapporto negoziale di trasporto, sono imputabili all'amministrazione a titolo di colpa
contrattuale (Cass., Il ottobre 1956, n. 3505, in Giust. civ. Mass., 1956, 1184). Nel caso di specie, pertanto, l'obbligo contrattuale
della SITA è nato con l'acquisto dei biglietto da parte dell'attrice; era obbligo del vettore quindi non solo di trasportare incolume
a destinazione la medesima ma altresì quello di coadiuvare la medesima nella salita, particolarmente adottando quelle misure
che sono imposte dal regolamento di esercizio non solo nell'interesse del servizio stesso, ma a tutela della integrità fisica dei
viaggiatori.
In riferimento al particolare mezzo di trasporto in esame - seggiovia - la Suprema Corte di Cassazione (sentenza 16 ottobre
1956, n. 3658, in Giust. pen., 1957, 1, 215) rilevava che, essendo la seggiovia un mezzo di trasporto a movimento continuo
(onde i viaggiatori, sia alla stazione di partenza, sia alla stazione a monte, debbono sedersi e, rispettivamente, scendere dal
seggiolino in piena corsa), si rende necessario, per il viaggiatore dopo la discesa, il percorrere tre o quattro passi rapidi prima di
potersi fermare al fine di neutralizzare la spinta del seggiolino in moto. Ne deduceva che in conseguenza, il contratto di trasporto non ha termine nel momento in cui il passeggero discende dal mezzo di trasporto, ma in un momento successivo dopo il
compimento cioè di quei pochi passi di cui sopra si è detto. E quindi, in caso di sinistro al viaggiatore, dovendosi lo stesso considerarsi verificato nell'iter del trasporto, sussisteva ancora, a carico della società vettrice, la presunzione di responsabilità prevista dall'art. 1681 c.c. Lo stesso ragionamento può e deve essere fatto per il momento della salita perché - data la particolarità
del mezzo di trasporto - la stessa deve avvenire con particolari modalità. Lo stesso regolamento di esercizio prescrive, infatti,
che venga opportunamente delimitato sul piazzale di partenza il luogo ove deve porsi il viaggiatore per salire sul seggiolino e
vengono dettate particolari norme per il personale di servizio in relazione al momento di partenza del seggiolino (Omissis).
Al contratto di trasporto a mezzo di seggiovia si applica l’art. 1681 c.c.. E’ l'inizio della manovra di salita sul mezzo
in moto che determina anche l'inizio dell'iter di trasporto; con la prima presa di contatto materiale del passeggero
col veicolo in moto si inizia infatti il movimento sincrono del seggiolino e del passeggero che con questo è venuto
in contatto per salirvi ed ha scarsa rilevanza che l'utente si sia subito insediato sul mezzo o abbia avuto bisogno
di fare qualche passo o altra manovra, attaccato al seggiolino, prima di issarvici stabilmente.
Cass., 7 ottobre 1968 n. 3136
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO. - Con citazione 29 novembre 1968, Giuseppe Dabaz convenne davanti al Tribunale di Aosta la s.p.a. Funivie del Monte Rosa per sentirla condannare al pagamento di lire 6.000.000 a titolo di risarcimento del danno
patito per la frattura dell'omero sinistro riportata il 24 luglio di quello stesso anno mentre usava un impianto di trasporto della
convenuta. Il Dabaz espose che, accingendosi a salire su di un seggiolino in moto alla seggiovia di Punta Iolanda, alla stazione
alta, per intraprendere il viaggio di discesa, era stato scaraventato a terra con una improvvisa e violenta spinta da un dipendente della società. Questa si costituì e sostenne
che l'incidente era accaduto per colpa esclusiva del Dabaz, il quale, maldestro ed in minorate condizioni fisiche, aveva voluto
salire sul seggiolino in moto benché l'inserviente gli avesse consigliato di salire a congegno fermo e, appena salito, era scivolato
e caduto qualche metro più avanti. Il tribunale, assunte le prove dedotte dalle partì e disposta una consulenza tecnica, con sentenza 29 maggio 1963, dichiarò che il sinistro era derivato dalle colpe ugualmente concorrenti delle parti stesse e compensò le
spese. Sull'appello principale del Dabaz e su quello incidentale della società, la Corte d'Appello di Torino, con la sentenza 8
luglio 1965 ora denunziata, confermò la decisione di primo grado salva una diversa ripartizione delle spese. La Corte osservò
che il Dabaz, a causa delle sue minorate condizioni fisiche (aveva il braccio destro più corto e meno efficiente del normale per
postumi di una malattia ìnfantile), non era stato in grado di sedersi completamente sul seggiolino e che la manovra da lui eseguita per salirvi era stata imprudente: donde il suo concorso di colpa. Che, peraltro, fu in colpa anche l'inserviente il quale, per
regolamento, aveva l’obbligo di rendere agevole e sicura la salita dei viaggiatori e che, invece di adottare altre cautele meno
pericolose per il viaggiatore, aveva spinto il Dabaz fuori del seggiolino, sul quale questo si trovava in posizione irregolare, facendolo cadere sul fianco sinistro. Il giudice di appello ritenne anche che il sinistro era occorso durante il trasporto perché la
caduta del Dabaz si era verificata quando lui era già salito, sia pure imperfettamente, sul seggiolino ed escluse lo stato di necessità, invocato dalla società per giustificare la spinta con cui il dipendente aveva fatto cadere il passeggero, perché la situazione che indusse a quella spinta era sorta per effetto della negligenza dell'inserviente. (Omissis).
MOTIVI DELLA DECISIONE. - Deve essere esaminato preliminarmente il primo mezzo del ricorso incidentale, con il quale la
società si duole perché la Corte d'Appello ha ritenuto che l'incidente si era verificato durante il trasporto accollandole la presunzione di responsabilità sancita nell'art. 1681 c.c. del quale denunzia la violazione insieme alle disposizioni sulle presunzioni (artt.
2727, 2728, 2729 c.c.) ed all'art. 360, nn. 3 e 5 c.p.c. Sorge così la necessità di determinare quale sia il momento in cui comincia a decorrere quella presunzione di colpa posta dall'art. 1681 c.c. per i sinistri che si verifichino alla persona del viaggiatore
“durante il viaggio”, effettuato con veicolo sul quale si salga mentre è in movimento e non da fermo.
Il problema è stato risolto adeguatamente dalla Corte torinese in linea di fatto ed in linea di diritto e, pertanto, senza ragione la
società si duole che quel giudice abbia “preferito non affrontare la questione” omettendo sul punto ogni motivazione. In fatto la
Corte del merito accertò che quando si verificò la caduta del Dabaz per la spinta ricevuta dall'inserviente, il passeggero era già
31
salito, sia pure imperfettamente, sul seggiolino.
D’altra parte, aggiunse in diritto la Corte, la prestazione dei vettore, nell'ipotesi in esame, comincia nel momento in cui egli, accingendosi il viaggiatore a salire, pone a sua disposizione non solo un seggiolino ma anche l'opera degli inservienti che debbono sorvegliare ed eventualmente agevolare il passeggero nel prendere il posto. Questo Supremo Collegio ha già avuto occasione di precisare che, mentre l'esecuzione del contratto di trasporto effettuato con veicolo dal quale si scende a fermo termina
nel momento in cui il passeggero ne discende, nel trasporto eseguito con mezzo in continuo movimento (seggiovia) il contratto
ha invece termine in un momento successivo e, cioè, dopo il compimento dei pochi passi indispensabili per neutralizzare la
spinta della corsa (sent. n. 3658 del 1956, Foro it., Rep. 1956, voce “Trasporto”, nn. 17, 18). E’ un'esigenza razionale che si traduce in un'esigenza giuridica: il sistema di movimento continuo, “ a fluenza ”, del mezzo di trasporto fa sì che si deve considerare finito l'iter dei trasporto (e cessata la relativa responsabilità del vettore) non quando il viaggiatore si è staccato materialmente
dal veicolo ma quando vengono meno gli effetti residui del moto ed il passeggero, ormai fermo a terra, non può più risentire dei
medesimi.
Conseguenza diretta di questo stato di cose è la presenza degli inservienti del vettore, i quali aiutano i passeggeri che si trovino
in difficoltà nella discesa dal seggiolino: presenza dovuta non alla buona grazia del vettore ma a preciso obbligo di legge in
quanto, per liberarsi dalla presunzione di colpa nei riguardi del passeggero, il vettore ha l'onere di dimostrare che l'evento dannoso è dovuto a fortuito o a colpa esclusiva del danneggiato o di un terzo e, in ogni caso, che avendo adottato tutte le misure
protettive non può addebitarglisi una qualsiasi inadempienza che possa essere considerata come causa mediata del sinistro
(sent. 5 giugno 1956, n. 1913, Foro it., Rep. 1956, voce “ Trasporto ”, nn. 20, 21). D'altra parte, la stessa Corte di merito ha rilevato che l'art. 13 decreto min. contenente il regolamento di esercizio della seggiovia impone che il vettore adibisca del personale che presti ogni cura per rendere agevole e sicura la salita e la discesa dei viaggiatori. La stessa ratio, che sorregge il principio
sopra enunziato a proposito del momento in cui viene a cessare la responsabilità del vettore al termine del viaggio attuato su di
un veicolo in movimento (seggiovia) spiega la sua influenza anche nella determinazione del momento in cui la detta responsabilità ha inizio.
La particolare modalità del trasporto in moto continuo fa sì che razionalmente (e, quindi, giuridicamente) il viaggio si debba considerare iniziato e sia sorta la particolare responsabilità dei vettore qualche momento prima che il passeggero si sia insediato
stabilmente sul veicolo e, cioè, quando egli accingendosi a salire sul seggiolino in moto, il vettore gli pone a disposizione non
soltanto il seggiolino stesso ma anche l'opera degli inservienti che devono sorvegliare ed eventualmente agevolare il viaggiatore
nel prendere posto.
E’ l'inizio della manovra di salita sul mezzo in moto che determina pertanto anche l'inizio dell'iter di trasporto; con la prima presa
di contatto materiale del passeggero col veicolo in moto si inizia infatti il movimento sincrono del seggiolino e del passeggero
che con questo è venuto in contatto per salirvi ed ha scarsa rilevanza che l'utente si sia subito insediato sul mezzo o abbia avuto bisogno di fare qualche passo o altra manovra, attaccato al seggiolino, prima di issarvici stabilmente.
Non v'è dubbio, pertanto, che la doglianza debba essere respinta.
Accertato definitivamente che la soluzione della lite deve ricercarsi nell'ambito della norma portata dall'art. 1681 c.c. ed alla
stregua della presunzione di responsabilità che grava sul vettore, si può passare all'esame del ricorso principale e dei residui
motivi del contrapposto ricorso incidentale con i quali viene impugnata la sentenza della Corte torinese, la quale ha ritenuto vinta solo in parte dalla società Funivie del Monte Rosa la presunzione di colpa che la onerava.
Il Dabaz assume che la presunzione non poteva ritenersi vinta neppure parzialmente; la società, al contrario, che la presunzione era stata superata completamente dovendosi addebitare il sinistro unicamente alla colpa esclusiva del danneggiato.
E’ opportuno dare la precedenza al ricorso incidentale.
Col secondo mezzo la società denunzia violazione dell'art. 1176 in relazione agli artt. 1678 e 1671 c.c., in relazione con l'art.
360, nn. 3 e 5, c.p.c. e sostiene che essa aveva esplicato tutta la diligenza richiesta, diligenza del buon padre di famiglia, per
eliminare la situazione di pericolo a cui il Dabaz si era esposto.
Inoltre nessuna anomalia si era verificata in relazione né al trasporto, né al mezzo, né agli appresta-menti.
Si tratta, ad evidenza, di una censura di fatto, inammissibile in questa sede di legittimità.
La Corte d'appello, infatti, con una minuziosa ed esatta disamina del materiale probatorio, ha ritenuto che la società non avesse
vinto del tutto la presunzione di responsabilità che la onerava.
La Corte considerò che, ai sensi dell'art. 13 del regolamento di esercizio della seggiovia, debitamente approvato dalla pubblica
amministrazione, la società esercente la seggiovia aveva l'obbligo, a mezzo del suo personale, di prestare ogni cura per rendere agevole e sicura la salita dei viaggiatori e in particolare era rimesso al prudente arbitrio del personale stesso di arrestare per
qualche istante il movimento dell’impianto qualora avesse giudicato che le condizioni di un viaggiatore rendessero difficoltosa
l'operazione di salita sul seggiolino in moto.
D'altra parte, tale obbligo incombeva alla società anche per il preciso disposto dell'art. 1681 c.c.
Ma, precisa la Corte del merito, tale obbligo non fu osservato perché, se l'inserviente avesse usato la dovuta attenzione e diligenza, egli si sarebbe accorto che le condizioni fisiche, del Dabaz non avrebbero consentito una sicura e tranquilla manovra di
insediamento sul seggiolino per cui sarebbe stato suo dovere fermare per qualche istante il moto della seggiovia.
Aggiunse quella Corte, rafforzando il concetto insito in quest'ultima considerazione, che la società aveva dedotto in prime cure
che il Dabaz non aveva accettato il suggerimento dell'inserviente di salire a impianto fermo, che tale prova era stata ammessa
ma che la circostanza dedotta non era stata accertata.
Invece, soggiunse la Corte, risultò che un altro dipendente della società, addetto alla stazione bassa, dalla quale il Dabaz era
partito circa due ore prima, dopo essere salito a impianto fermo, aveva avvertito telefonicamente gli addetti alla stazione alta
della necessità di aiutare il Dabaz a scendere, posto che questo gli era parso non troppo sicuro delle proprie capacità.
La motivazione sulla negligenza dell'inserviente della stazione alta, che non si era curato di fermare l'impianto per far salire il
Dabaz nonostante fosse stato messo in guardia circa la sua inettitudine a salire sulla seggiovia in moto, è, pertanto, esauriente
ed adeguata a resistere a tutte le critiche che il ricorrente incidentale le rivolge.
Quest'ultimo aggiunge, ancora una volta negando l'evidenza, che la Corte di merito avrebbe trascurato l'indagine
sull'“anormalità” del trasporto, anormalità che, giusta il costante insegnamento di questo Supremo Collegio, è il presupposto per
l'affermazione delle responsabilità del vettore per il danno alla persona del passeggero.
Infatti la responsabilità del vettore non è oggettiva, fondata cioè sulla pura causalità, ma postula una anormalità del servizio che
può aver riferimento indifferente agli impianti, al materiale o all'attività del personale.
L'appunto fatto, così, alla sentenza impugnata non ha, però, come si è accennato, consistenza perché essa considerò esattamente che “il sinistro fu causato da una anomalia del trasporto medesimo”, tale dovendo essere considerata l'eccezionale manovra dell'inserviente che spinse il Dabaz fuori dal seggiolino per evitargli il maggior pericolo in cui però lo aveva cacciato la
negligenza di esso inserviente che non aveva fermato la Seggiovia per far salire il minorato Dabaz. Col terzo motivo la società
denunzia la violazione dell'art. 2043 ss. in relazione all'art. 1218 c.c., in relazione all'art. 360, nn. 3 e 5, c.p.c. e sostiene che
erroneamente la sentenza non ha fatto distinzione tra l'azione volontaria e consapevole dell'addetto alla seggiovia (e, cioè, la
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spinta data al Dabaz per toglierlo dalla pericolosa posizione di instabilità sul seggiolino) e l'effetto non voluto di tale azione, e
cioè la caduta rovinosa del passeggero e la frattura da questo riportata nell'occasione.
Quest'ultimo effetto non voluto era da imputarsi a caso fortuito o a forza maggiore e non costituirebbe illecito civile.
La critica in esame tende a spostare la soluzione della lite dal piano dell'art. 1681 al piano dell'art. 2043 c.c. mentre è la norma
prima indicata quella che disciplina il caso concreto.
Comunque la Corte d'Appello ha esattamente motivato circa la sussistenza del nesso causale tra l'anormalità verificatasi nel
trasporto (spinta) ed il danno lamentato dal Dabaz.
Col quarto ed ultimo motivo la società, denunziando la violazione dell'art. 2045 c.c., in relazione all'art. 360, nn. 3 e 5, c.p.c.,
ripresenta la sua tesi dell'atto necessitato e sostiene che il proprio agente non aveva altra alternativa che spingere il Dabaz fuori
del seggiolino per salvarlo dal pericolo ben maggiore di una caduta certa in un punto del tragitto in cui il veicolo corre altissimo
da terra.
Anche su questo punto la sentenza ha motivato adeguatamente la decisione adottata chiarendo, per un verso, che quella scelta
dell’inserviente (spinta) non era la sola manovra adatta alla quale si fosse potuto ricorrere e, in diritto, autonomamente rispetto
allora accennata argomentazione in fatto, che lo stato di necessità non può essere invocato dall'inserviente (e, quindi, dalla società proponente) perché fu proprio l'inserviente, con la sua attività colposa, a determinare quella situazione gravida di pericolo
(sent. 16 ottobre 1954, n. 3766, Foro it., Rep. 1954, voce “Responsabilità civ.”, nn. 108-110).
Il ricorso incidentale deve essere pertanto interamente rigettato.
Resta da esaminare il ricorso principale.
Il Dabaz, col primo motivo, denunzia violazione degli artt. 1681 c.c., art. 12 d.m. 31 luglio 1950, n. 2277, art. 360, nn. 3 e 5,
c.p.c., e sostiene che la sentenza impugnata, dopo aver ammesso la negligenza dell'inserviente, è incorsa in contraddizione
nell’ammettere anche la corresponsabilità del danneggiato che era abbisognevole di aiuto a causa delle sue minorate condizioni
fisiche. L'inserviente, invece, non aveva fatto nulla per agevolare, come sarebbe stato suo obbligo, il Dabaz ed aveva fatto anzi
tutto l'opposto di quel che avrebbe dovuto fare attuando la manovra anormale e pericolosa quale quella di spingere il Dabaz
fuori dal seggiolino. Pertanto non si sarebbe potuto ritenere un concorso colposo del Dabaz nella determinazione dell’evento
dannoso il quale si era verificato per il fatto esclusivo dell'inserviente che avrebbe dovuto fermare l'impianto quando si era accorto delle difficoltà in cui si sarebbe venuto a trovare il passeggero. La doglianza è fondata. La motivazione della colpa del Dabaz è contenuta tutta in sette righe nelle quali si afferma che il passeggero fu imprudente perché “volle tentare di salire sul seggiolino in moto, benché all'uopo occorresse sia impugnare saldamente l'asta con la mano destra, mentre egli aveva il braccio
destro anormalmente corto e mal funzionante, sia, per la sua modesta statura, fare un saltino che, a causa della sua massiccia
corporatura e dell'età, non gli era agevole”.
Tali affermazioni sono in contraddizione con le altre, già ricordate, che riguardano l'obbligo per gli inservienti di agevolare la salita e la discesa degli utenti delle seggiovie e di disporre eventualmente anche la fermata degli impianti quando si accorgano (e,
nel caso concreto, la Corte d'Appello ricordò che il personale della stazione alta di Punta Jolanda era stato persino preavvisato
dell'arrivo di un viaggiatore particolarmente abbisognevole di aiuto, il Dabaz) che un passeggero può trovarsi in gravi difficoltà.
Le seggiovie, infatti, se è prevista in tali casi persino la fermata dell’impianto, non sono usufruibili soltanto dalle persone valide e
prestanti, ma anche da quelle meno valide e minorate.
Per evitare la contraddizione sarebbe stato necessario dimostrare che non all'inserviente sarebbe spettato valutare se il Dabaz
poteva agevolmente salire sul seggiolino, ma al Dabaz stesso. La volontà di costui infatti sarebbe potuta essere determinante
solo nel caso che egli avesse chiesto di fermare l'impianto perché potesse issarsi con sicurezza sul seggiolino. Ma non potrebbe affermarsi il contrario e cioè che egli avrebbe potuto impedire all'inserviente, che si era accorto e comunque era stato avvisato della sua menomazione, di fermare la seggiovia per consentirgli una salita priva di pericolo. E sotto questo profilo alla contraddizione della motivazione si aggiunge anche l'incompletezza di essa avendo il giudice di merito omesso l'indagine circa la
sussistenza del nesso causale tra l'azione del Dabaz e l'evento dannoso nel senso che nulla si legge nella sentenza circa l'eventualità che il nesso tra il comportamento asseritamente colposo del Dabaz e l'evento possa essere stato interrotto dalla colpa dell'inserviente. La sentenza su questo punto - corresponsabilità eventuale del Dabaz - deve essere, pertanto, cassata e la
causa rinviata per nuovo e più adeguato esame ad altra sezione della stessa Corte di Torino.
Col secondo motivo il Dabaz denunzia la violazione sotto altro profilo dell'art. 1681 c.c., dell'art. 2728 c.c., dell'art. 116 c.p.c. in
relazione all'art. 360, nn. 3 e 5, dello stesso codice di rito, e sostiene che la Corte d'Appello ha trascurato di prendere in esame
la domanda di revoca dell'ordinanza ammissiva della consulenza tecnica Bertoglio che, nella formulazione dei quesiti da rivolgere al consulente, aveva preso l'iniziativa di dare la prova liberatoria che soltanto le interessate funivie avrebbero potuto offrire.
La doglianza è fondata posto che infatti la sentenza impugnata accenna alla doglianza formulata dal Dabaz ma poi non la esamina e non la giudica: spetterà al giudice di rinvio accertare, pertanto, la fondatezza del capo d'appello in questione (omissis).
In caso di danno alla persona subito da passeggero di seggiovia, il vettore al fine di superare la presunzione di
responsabilità che su di lui grava, ha l'onere di dimostrare di aver adottato tutte le misure idonee ad evitare il danno, sia ex. art. 1681 c.c. sia ex art. 2050 c.c...
Trib. Massa, 22 febbraio 1984 n. 95
Il contratto stipulato da uno sciatore con il gestore di un impianto di risalita riguarda esclusivamente il servizio di
trasporto a monte e non estende i suoi effetti anche alla successiva discesa eseguita dall'utente con autonomia di
condotta. Pertanto non sussiste una responsabilità contrattuale del gestore per l'infortunio subito dallo sciatore
dopo lo sganciamento dal seggiolino e dopo aver percorso alcuni metri della pista in discesa. Infine deve escludersi anche una responsabilità extracontrattuale dello stesso gestore ex art. 2050 c.c., qualora si accerti che la
situazione dei luoghi, nei pressi dell'arrivo della seggiovia non presentava alcuna insidia e l'infortunio era stato,
pertanto, causato dall'imperizia dello sciatore.
Trib. Torino, 23 aprile 1987
Riv. giur. circol. trasp. 1989, 762
Il trasporto di persone a mezzo di seggiovia rientra nella fattispecie del contratto di trasporto a titolo oneroso; si
applica pertanto l'art. 1681 c.c. nella parte in cui afferma la responsabilità del vettore se non prova di aver adottato tutte le misure idonee ad evitare il danno.
Trib. Bolzano, 22 maggio 1987
Resp. civ. e prev. 1988, 487 (nota).
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Riv. dir. sport 1988, 404.
Nel trasporto eseguito con mezzo in continuo movimento, la particolare responsabilità del vettore, di cui all'art.
1681 c.c., si protrae anche dopo che il viaggiatore si é staccato materialmente dal veicolo, fino a quando vengono
meno gli effetti residui del moto impressogli dal mezzo e questi, ormai fermo a terra, non può più risentire dei medesimi, come, per il trasporto per mezzo di seggiovia, risulta anche dalle specifiche disposizioni degli art. 5 e 21
del d.m. 31 luglio 1950, che espressamente prevedono l'obbligo degli agenti addetti agli impianti di curare la sicurezza degli utenti anche nelle stazioni di arrivo.
Cass., 13 gennaio 1993 n. 356
Giust. civ. Mass. 1993, 51 (s.m.), Foro it. 1993,I,1107, Giur. it. 1993,I,1, 934, Arch. giur. circol. e sinistri 1993, 415
Giust. civ. 1993,I,2133 nota CHINÉ, Giur. it. 1995,I,1, 154 nota PUTTI
FATTO.(omissis) La sentenza impugnata, confermando quella di prime cure (Tribunale di Cuneo, 31 dicembre 1985), rigetta la
domanda di risarcimento, avanzata da Raffaella Zamperini (con citazione del 12 aprile 1985) contro la s.p.a. Sciovie del Puriac),
dei danni (da lesioni personali) subiti il 20 aprile 1984, cadendo nello scendere dal seggiolino della sciovia gestito dalla società
convenuta sul monte Argentera. La Zamperini, instando perché sia cassata, le indirizza un solo motivo di censura, illustrato anche con memoria. La controparte non spiega difesa innanzi a questa Corte.
DIRITTO. La sentenza impugnata, dopo aver premesso che "sulla causa di tanta rovinosa caduta l'attrice non ha fornito spiegazione alcuna" e che non e' stata allegata alcuna anormalità nel funzionamento della seggiovia, alla luca di una testimonianza
reputa "verosimile" ricostruire l'incidente nel senso che la trasportata mise i piedi a terra prima che il seggiolino avesse ultimato
il percorso di salita. In relazione a specifiche contestazioni della danneggiata, concernenti la responsabilità contrattuale del vettore per non avere adottato tutte le misure idonee e necessarie ad evitare il pregiudizio degli utenti dell'impianto - quali l'apposizione di cartelli indicanti il punto di distacco dal seggiolino e la costante ed efficiente assistenza all'arrivo da parte di addetti - la
sentenza osserva: a) che l'obbligo della società di apporre quei cartelli "non risulta sanzionato da alcuna norma di legge e non
puo' ritenersi in ogni caso imposto per doverosa prudenza"; b) che non si e' avuta prova sicura della mancanza del segnale in
questione; c) che anche per quanto riguarda l'assistenza del personale di servizio all'arrivo non si rinviene norma sanzionatoria
applicabile nel caso: l'art. 12 del D.M. 31 luglio 1950 lo prevede solo per la stazione di partenza (comma 2 ) e la previsione
(comma 3 ) per cui quando si presentasse un viaggiatore per il quale gli addetti giudicassero difficile il salire e discendere in
moto, essi potranno arrestare per qualche istante l'impianto non puo' essere invocata per addebitare alla convenuta la violazione della doverosa diligenza; d) che in relazione alla fase conclusiva della discesa dal seggiovia, nella quale di necessità il viaggiatore svolta una sua propria attività, "il vettore raggiunge la prova liberatoria, richiesta dalla fattispecie contrattuale, allorché
risulta accertato che l'evento lesivo non dipende da cattivo funzionamento o anomalia del mezzo di trasporto (ma va ascritto al
fortuito o a fatto dello stesso trasportato)". Nella seconda sua parte, la motivazione della sentenza, escludendo altresì la contestata responsabilità aquiliana della vettrice, avverte che non si e' acquisita prova di colpa di quella società per difetto della doverosa prudenza e diligenza: a) la Zamperini, viaggiando con gli sci al piede, mostrava di possedere esperienza e capacità adeguata ad eseguire una normale manovra di discesa e distacco dal seggiolino: "in tale situazione, pretendere che gli addetti
all'impianto dovessero prestare particolare attenzione all'attrice, tanto in partenza che all'arrivo, e' del tutto fuori luogo, anche
richiamando la disposizione di cui si e' parlato; b) l'incuria dell'addetto alla stazione di arrivo, il quale - chiamato ad alta voce non sarebbe intervenuto tempestivamente in modo da evitare la caduta, non gioverebbe all'assunto dell'attrice: "non si comprende la ragione della richiesta di aiuto, dal momento che la stessa teste ha riferito che la pista era battuta e lo stato del luogo
non presentava difficoltà di altro genere: ma soprattutto non si sa se il richiamo sia stato tempestivo, cioè fatto in modo da consentire l'immediato arresto del seggiolino. Per ogni considerazione si ritorna dunque ad una sola spiegazione e causa dell'incidente, il prematuro distacco dal seggiolino".... La sentenza conclude con l'affermazione che il riesame delle acquisizioni processuali impone di far risalire l'evento al fortuito od al fatto della stessa attrice. Nell'unico suo motivo - violazione e falsa applicazione dell'art. 1681 cod. civ. - il ricorso per cassazione ascrive, sostanzialmente, alla sentenza impugnata di dare al ragionamento
decisorio una impostazione "illogica e distorta", "disattendendo l'insegnamento di questa Suprema Corte che esige una valutazione degli obblighi del vettore commisurata al sistema di trasporto - ciò che e' invece prescritto da disposizioni regolamentari".
"Sulla base di questi due clamorosi errori di diritto" - conclude - "la Corte perviene quindi alla conclusione della totale irrilevanza
sia dei cartelli segnalatori che indichino ai passeggeri il punto in cui discendere dal mezzo, sia della presenza degli agenti di
servizio, ed afferma cosi' che nella fattispecie in questione il vettore raggiunge la prova liberatoria allorché risulta accertato che
l'evento lesivo non dipende da cattivo funzionamento o anomalia del mezzo di trasporto". La censura e' fondata nei termini seguenti. A norma dell'art. 1681 cod. civ., il vettore risponde dei sinistri che colpiscono la persona del viaggiatore durante il viaggio, se non prova di avere adottato tutte le misure idonee a evitare il danno. Ha chiarito questa Corte (sentenza n. 3136 del 7
ottobre 1968) che nel sistema di movimento continuo a fluenza del mezzo, l'iter del trasporto si deve considerare concluso, con
cessazione della correlativa responsabilità del vettore, "non quando il viaggiatore si e' staccato materialmente dal veicolo ma
quando vengono meno gli effetti residui del moto" impressogli dal mezzo ed egli, ormai fermo a terra, non puo' più risentire dei
medesimi. Altro, più recente, arresto della Corte stessa (sentenza n. 1803 del 29 marzo 1979) avverte che la responsabilità
suddescritta sussiste non soltanto allorché il sinistro sia avvenuto "a causa" ma anche quando esso si sia verificato semplicemente "in occasione" del trasporto. Orbene, dall'accertamento compiuto dalla pronuncia di appello consta, al lume delle tratteggiate premesse, che il sinistro di cui si tratta avvenne "durante il viaggio". Questo fatto, sussunto nell'ipotesi normativa prima
chiarita, offriva al giudice del merito, per prima, la regola del giudizio fondata sulla presunzione relativa di responsabilità della
gerente la sciovia. Ne conseguiva che la disamina del merito avrebbe dovuto orientarsi a verificare se, prima nelle difese di
quella convenuta e poi nel concreto riscontro delle prove da esse offerte, constasse che la medesima avesse "adottato tutte le
misure idonee a evitare il danno". Distorta, rispetto al criterio giuridico da osservare, e affrettata, nelle conclusioni decisorie trattene, e' stata, invece, la disamina del giudice di appello, tesa a verificare se fossero, o meno, ravvisabili le circostanze di colpa
del vettore segnalate dalla viaggiatrice, perfino ignorando specifiche norme regolamentari (gli articoli 5 e 21 del d.m. 31 luglio
1950) che imponevano l'assistenza ai viaggiatori, pur ammettendo che il vettore avesse "l'obbligo generico di curare la sicurezza degli utenti anche nella stazione di arrivo". In tale quadro, l'epilogo di quell'indagine - ("Di conseguenza in tale ipotesi il vettore raggiunge la prova liberatoria, richiesta dalla fattispecie contrattuale, allorché risulta accertato che l'evento lesivo non dipende
da cattivo funzionamento o anomalia del mezzo di trasporto (ma va ascritto al fortuito o a fatto dello stesso trasportato)" - non
soltanto e' sibillino - insinuando il sospetto che la fortuità "o" il fatto dello stesso trasportato siano, con vistoso disorientamento in
diritto, desunti meramente dall'assenza di eziologia tra "cattivo funzionamento o anomalia del mezzo di trasporto" e sinistro -,
non soltanto e' inficiato dall'errore di intendere riduttivamente "il viaggio" ma, soprattutto, capovolgendo nel concreto la regola
del giudizio, oblitera, nell'imposizione decisoria, la presunzione di responsabilità stabilita nell'art. 1681 cod. civ.. Per le esposte
ragioni la sentenza di appello merita cassazione. La causa deve essere rinviata a giudice par ordinato a quello che ha pronun-
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ciato in grado di appello, - giudice designato in sezione diversa dalla terza civile della Corte di Torino - che la riesaminerà completamente, tenendo conto delle segnalate esigenze di architettura logico-giuridica del ragionamento decisorio nella specie. E'
opportuno demandare al giudice di rinvio il regolamento delle spese del giudizio di cassazione (omissis).
La carenza di una prova idonea a vincere la presunzione di responsabilità posta a carico del vettore dall'art. 1681
cod. civ. per i sinistri che colpiscono il viaggiatore durante il trasporto non preclude l'accertamento del concorso di
colpa del danneggiato, che è tenuto, durante il trasporto, all'osservanza delle comuni norme di prudenza e di diligenza, atteso che la prova liberatoria incombente sul vettore in ordine all'approntamento di mezzi idonei a salvaguardare l'incolumità del passeggero con normale diligenza, non può escludere un ragionevole affidamento anche su un minimo di prudenza e di senso di responsabilità da parte di quest'ultimo.
Cass., 1° marzo 1994 n. 2020
DIRITTO. (…) la decisione di appello (…) non si pone in contrasto con la disciplina dettata dall'art. 1681 cod. civ. bensì in osservanza di questa ha motivatamente riscontrato la concorrente sussistenza di una condotta colposa della detta passeggera
rimasta danneggiata, di cui la stessa si duole nel ricorso, senza che le censure da questa formulate abbiano investito - se non in
un modo del tutto generico e quindi inammissibile - il relativo giudizio dell'addebito di una condotta colposa, ne' la correlativa
valenza causale nella determinazione dell'evento per essa dannoso. Invero va ricordato come costituisca jus receptum che in
base alla riferita norma, vertendosi in tema di responsabilità contrattuale con presunzione di colpa a carico del vettore, mentre il
trasportato ha l'onere di provare soltanto il danno patito ed il nesso causale tra questo ed il trasporto ma non anche la colpa del
vettore, a quest'ultimo incombe la prova di avere adottato tutte le misure idonee ad evitare il danno del passeggero con riguardo
al servizio apprestato ed al concreto svolgimento di questo, con la conseguenza che la sua responsabilità - che si estende a
tutti i sinistri che colpiscono la persona del viaggiatore anche durante le operazioni preparatorie ed accessorie, in genere, del
trasporto o durante le soste o fermate, come nel caso che ne occupa (v. cass. 19.6.1973 n. 1802) - deve essere affermata ogni
qual volta non sia raggiunta la prova dell'adozione delle suddette misure ed "a fortiori" quando risulti in concreto attuata una
condotta in contrasto od inosservante di quelle misure. In tale debita prospettiva, difatti, va conseguentemente considerato che i
giudici di appello, ancorché dopo aver impropriamente ritenuto superata la presunzione di colpa ex art. 1681 cod. civ. per il vettore (ed il suo dipendente), hanno motivatamente individuato la responsabilità di quest'ultimo non in ragione della mancata dimostrazione dell'adozione di mezzi idonei alla salvaguardia dell'incolumità dei passeggeri del mezzo di trasporto pubblico bensì
proprio in forza del concreto accertamento di una condotta inosservante di quelle misure che si appalesavano idonee nel concreto svolgimento del relativo servizio. (…).
Orbene, poiché la presunzione di responsabilità del vettore ex art. 1681 non opera in contrasto con il principio generale della
causalità - la cui incidenza nella fattispecie resta addebitata, come si e' indicato, all'onere probatorio del danneggiato - e cosi'
con la disciplina dell'art. 1227 cod. civ. attinente al concorso di colpa del danneggiato che ne costituisce un'applicazione concreta, la circostanza che il vettore non avesse fornito la prova idonea a vincere la suddetta presunzione, non precludeva ai giudici
del merito l'indagine circa l'eventuale concorso di colpa della passeggera danneggiata, con la conseguenza che si appalesa
incensurabile in questa sede, anche alla luce delle solo generiche censure per esso formulate, il cennato apprezzamento da
parte dei detti giudici in ordine alla sussistenza di una tale sua colpa concorrente in ragione della appropriata considerazione
dell'inosservanza da parte della Virzi' di un principio di normale prudenza (cfr. Cass. 29.4.1964 n. 1034).
(…) la prova liberatoria incombente sul vettore in ordine all'approntamento di mezzi idonei a salvaguardare l'incolumità del passeggero con normale diligenza, non puo' escludere un ragionevole affidamento anche su un minimo di prudenza e di senso di
responsabilità da parte di quest'ultimo (v. per riferimenti: Cass. 29.3.1979 n. 1803) (omissis).
L'inquadramento del contratto di risalita in seggiovia nel contratto tipico di trasporto di persone (non escluso dalla
necessaria collaborazione dell'utente) comporta che il trasportato il quale abbia subito danni in conseguenza di
una caduta successiva al suo distacco possa invocare in proprio favore la norma di cui all'art. 1681 c.c., sulla particolare responsabilità del vettore, sempreché peraltro egli fornisca la prova che la caduta sia avvenuta prima della cessazione degli effetti residui del moto impresso dal mezzo, che costituisce il momento oltre il quale la prestazione contrattuale del vettore deve considerarsi esaurita.
Cass., 23 maggio 1997 n. 4607
Resp. civ. e prev. 1998, 91 nota FERRI
FATTO. (omissis) Mario Mutti esponeva che il 22 gennaio 1983, nello scendere dalla seggiovia biposto Bormio 2000-Cimino,
era caduto malamente, procurandosi lo strappo dei legamenti del ginocchio destro, con gravi postumi, il che era avvenuto, in
relazione alle note difficoltà della discesa su terreno innevato, a cagione sia della strettezza dello spazio a sua disposizione, sia
del comportamento dell'addetto che, lungi dall'agevolare la manovra, era intento a spalare la neve, cosi' ingombrando la piattaforma di discesa. Conveniva pertanto in giudizio, davanti al tribunale di Sondrio, la FUSEB s.p.a., proprietaria dell'impianto di
seggiovia, per sentirla condannare ai danni. Costituitesi le parti ed istruita la causa, l'adito Tribunale con sentenza 5 giugno
1990 respingeva la domanda. Su appello del soccombente, con sentenza 13 maggio 1994 la corte d'appello di Milano confermava la sentenza gravata, cosi' motivando. Era inapplicabile alla fattispecie il principio della colpa presunta ex art. 1681 c.c.,
giacché il contratto intervenuto tra le parti, in quanto caratterizzato dalla necessità di un'attiva collaborazione dell'utente, non
poteva essere propriamente qualificato come di trasporto di persone. Indipendentemente da ciò, era già esaurita, al momento
dell'incidente, la prestazione posta a carica della FUSEB (società incorporata nel frattempo nella SIB), essendo emerso dal testimoniale escusso e dalle difese dello stesso appellante, che questi era caduto, dopo aver abbandonato il sedile dell'impianto,
quando si trovava a metà del raccordo di collegamento, lungo una decina di metri, fra il punto di arrivo della seggiovia e la pista
di discesa, allorché stava procedendo sugli sci autonomamente e con i propri mezzi. Comunque sia, egli non aveva provato il
nesso eziologico fra trasporto e danno, ossia che il raccordo fosse da ritenere parte integrante della stazione di arrivo dell'impianto e che la caduta fosse avvenuta per effetto della spinta ricevuta dal sedile. Ne' infine sussistevano - continuava la corte
territoriale - le condizioni della dedotta responsabilità aquiliana, non essendo stato provato il rapporto di causalità fra il preteso
comportamento colposo della FUSEB e l'evento dannoso, dato che i testi avevano smentito l'assunto difensivo secondo cui
l'addetto della seggiovia, intento a spalare la neve sulla piattaforma di discesa, sarebbe stato di ostacolo alla discesa e causa
della caduta. Per la cassazione della sentenza ha proposto ricorso il Mutti sulla base di tre motivi, resistiti con controricorso dalla SIB, che ha presentato memoria illustrativa.
DIRITTO. Con il primo motivo, denunziando "violazione dell'art. 1681 c.c. (art. 360 n. 3 c.p.c.)", il ricorrente censura la sentenza
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gravata nella parte in cui aveva escluso che il contratto inter partes fosse di trasporto di persone, osservando a tale fine che la
necessità di collaborazione da parte dell'utente e' elemento naturale di un qualsiasi contratto di trasporto di persone. Con il secondo motivo, denunziando "violazione dell'art. 1681 c.c. ed omessa o quanto meno insufficiente motivazione sul rapporto di
causalità o quanto meno di occasionalità tra il trasporto e l'incidente (artt. 360 n. 3 e n. 5 c.p.c.)", il ricorrente, dopo aver posto in
evidenza la sufficienza, ai fini della responsabilità del vettore, d'un mero rapporto di occasionalità fra trasporto ed evento, critica
le decisioni in questione la' dove aveva rilevato che l'incidente era accaduto dopo che il Mutti aveva abbandonato il sedile della
seggiovia, omettendo in tale modo di considerare, da un lato, che il raccordo de quo era pertinenza della stazione di arrivo, e,
dall'altro, che la durata del trasporto -e la conseguente responsabilità del vettore- permane sino a quando non siano venuti meno gli effetti residui del moto impresso dal mezzo al trasportato. Con l'ultimo motivo, denunziando "violazione degli artt. 1681 e
2043 c.c., omessa o quanto meno insufficiente motivazione sul rapporto causale tra la colpa accertata o quanto meno presunta
del vettore e l'infortunio", il ricorrente censura la sentenza per avere stabilito l'impossibilità di accertare la causa della caduta, e
la sua riferibilità, quindi, ad un comportamento colposo del gestore dell'impianto. In realtà, il fatto che il detto raccordo fosse delimitato da cumuli di neve, con conseguente impossibilità degli sciatori di uscirne fuori, che fosse ingombro di "grumi di neve", e
che poi su di esso un dipendente fosse intento a spalare neve, erano tutte circostanze idonee a sorreggere il convincimento che
l'incidente fosse avvenuto per colpa, ne' solo presunta, ma accertata positivamente, della SIB. In relazione ai primi due motivi,
che sono da esaminare congiuntamente, attenendo a questioni strettamente connesse sotto il profilo logico, non e' certamente
condivisibile la tesi formulata dalla corte d'appello di Milano, secondo cui il contratto posto in essere fra il Mutti e la FUSEB esulerebbe dallo schema tipico del trasporto per il fatto di richiedere un'attiva collaborazione dell'utente. In realtà, ogniqualvolta
questa corte si e' occupata dei contratti di risalita in seggiovia, ha dato pressoché per scontato il loro inquadramento nel contratto di trasporto di persone (cass. 13 gennaio 1993 n. 356, cass. 7 ottobre 1968 n. 3136, cass. 16 ottobre 1956 n. 3658), e in effetti la necessità di un attiva collaborazione da parte dell'utente costituisce, quanto più, quanto meno, un dato costante del rapporto de quo. Peraltro l'errore in cui incorse il giudice del merito non incise in alcun modo sulla decisione adottata, perché questa, avendo risolto negativamente la questione relativa al nesso eziologico, non giunse ad affrontare il tema (costituente un posterius logico) della colpa presunta ex art. 1681 c.c. Ciò premesso, il vizio di omessa o insufficiente motivazione della sentenza
e' denunciabile in sede di legittimità ex art. 360 n. 5 c.p.c. solo se nel ragionamento del giudice del merito, quale risulta dalla
decisione impugnata, sia riscontrabile il mancato o il deficiente esame di punti decisivi della controversia, e non puo' invece
consistere in un apprezzamento dei fatti e delle prove in senso difforme da quello preteso dalla parte, perché la citata norma
non conferisce alla corte di cassazione il potere di riesaminare e valutare il merito della causa, ma solo quello di controllare,
sotto il profilo logico formale e della correttezza giuridica, l'esame e la valutazione fatta dal giudice del merito, al quale soltanto
spetta di individuare le fonti del proprio convincimento e, all'uopo, valutare le prove, controllarne l'attendibilità e la concludenza,
e scegliere, tra le risultanze probatorie, quelle ritenute idonee a dimostrare i fatti di cui e' controversia. Ed allora, mentre va trascurata la questione della dedotta sufficienza, ai fini della responsabilità del vettore, d'un rapporto di occasionalità fra danno ed
evento, per l'assorbente considerazione che il ricorrente non si e' affatto preoccupato di indicarne la specifica rilevanza nella
fattispecie, rispetto alla quale, anzi, seguita ad insistere sull'esistenza di un nesso eziologico fra caduta e trasporto (non senza
comunque osservare che essa questione parrebbe introdurre un tema d'indagine nuovo, implicante un accertamento di fatto
non prima d'ora compiuto), e' agevole rilevare che la' dove il Mutti sottolinea la brevità del raccordo fra la piattaforma di arrivo
della seggiovia e le piste di discesa, per inferirne -sulla base del fatto che la sua caduta era avvenuta a metà circa di esso- che
egli era ancora sotto la spinta della seggiovia, pretende, in sostanza, un riesame (inammissibile in questa sede di legittimità) dei
fatti già insindacabilmente apprezzati, a suo tempo, dal giudice del merito. La corte milanese, invero, in riferimento ad essi, rilevo' che la caduta del Mutti si era verificata quando lui si trovava, appunto, a circa metà del raccordo de quo (la cui lunghezza e'
precisata in dieci metri, segno evidente della particolare considerazione che intese annettere al dato), cosi' esprimendo il convincimento -che appare adeguato sotto il profilo logico e giuridico- secondo cui, come la prestazione contrattuale a carico della
SIB doveva considerarsi, a quel momento, esaurita, cosi', corrispondentemente, il Mutti stava procedendo, nello stesso momento, autonomamente e con i propri mezzi verso le piste. Per quanto infine riguarda l'asserita inerenza del raccordo alla stazione
di arrivo, il giudice d'appello, nell'ambito dell'incensurabile potere discrezionale di valutazione delle prove, escluse che ciò fosse
stato provato. Peraltro, inerenza o no, ciò che decisivamente rileva e' che la corte territoriale, con giudizio da considerare (come
detto) immune da vizi motivazionali, abbia ritenuto esservi stato adempimento della SIB ai propri obblighi contrattuali allorché il
Mutti cadde a terra, essendo quindi riconducibile a suo fatto esclusivo la caduta stessa e il danno conseguitone. I due connessi
motivi vanno perciò respinti. Pure infondata e' la terza doglianza, relativa alla responsabilità extracontrattuale della SIB (giacché
di colpa presunta non e' più possibile parlare, una volta respinti i motivi relativi al nesso di causalità attinente alla responsabilità
contrattuale). Il ricorrente deduce, a tale proposito, che la Corte d'appello aveva omesso di considerare che, secondo quanto
era emerso dalle prove acquisite, il raccordo era delimitato da neve accumulata, ciò che rendeva impossibile uscirne fuori, che
esso era ingombro di "grumi di neve" e che v'era intento a spalare neve un dipendente della SIB, toltosi dal corridoio al sopravvenire del Mutti. Senonché il giudice del merito, come si e' già rilevato, non e' obbligato a discutere di tutti i singoli elementi probatori, potendo scegliere quelli da lui ritenuti, anche implicitamente, più attendibili al fine di conseguire la giusta decisione, onde
il mancato esame di uno o di alcuni di essi, contrastanti con quelli posti a fondamento della pronuncia, non costituisce vizio di
omesso esame di un punto decisivo, salvo che la risultanza processuale non esaminata sia tale da invalidare, con giudizio di
certezza e non di mera probabilità, l'efficacia probatoria delle altre risultanze sulle quali il convincimento del giudice e' fondato,
sicché la ratio decidendi venga a trovarsi priva di base. La corte d'appello di Milano considero' le deposizioni dei testi Olcelli
(amica del ricorrente, con cui lei si trovava a sciare) e Somaini (dipendente della SIB ed intento a spalare la neve prima del
passaggio dei due sciatori), e -preso atto che la prima aveva riferito d'avere visto il Mutti a terra allorché, giunta in fondo al raccordo, s'era voltata verso di lui, e che il secondo aveva dichiarato di avere visto i suddetti scendere dalla seggiovia e procedere
appaiati, e di avere poi visto il Mutti cadere- giunse alla conclusione che non era rimasta identificata la causa della caduta. Ebbene, tale conclusione non sembra contraddicibile con giudizio di certezza dagli elementi probatori dedotti nel mezzo, non essendo di tale rilevanza da annullare il significato delle risultanze espressamente considerate dalla corte d'appello. Per la precisione, l'impossibilita di uscire dal raccordo, in quanto delimitato da cumuli di neve, e la presenza di "grumi di neve" sul raccordo
stesso non conducono necessariamente ad affermare che la caduta del Mutti avvenne per causa di tali circostanze, laddove
poi, se il dipendente della SIB si tolse dal raccordo al sopraggiungere di quest'ultimo, non poté essere di ostacolo per lui. Respinto integralmente il ricorso, il ricorrente va condannato al rimborso delle spese di questo giudizio, liquidate come in dispositivo.
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1.1.3. Sciovia
Il negozio giuridico in forza del quale il vettore si impegna a trascinare l'utente da un punto all'altro della montagna deve essere qualificato contratto di trasporto oneroso. Il Vettore è perciò tenuta a risarcire tutti i danni materiali subiti dal trasportato, in forza dell'art. 1681 c.c., se non prova di avere adottato tutte le misure idonee ad evitare il sinistro.
Trib. Sondrio, 11 dicembre 1978
FATTO - Con atto di citazione notificato il 15 maggio 1975, a ministero aiut. uff. giud. Persechino, Frauenberger Karl Heinz conveniva davanti a questo tribunale, per l'udienza del 25 giugno dello stesso anno, la s.p.a. Livitur, in persona del legale rappresentante pro tempore, per sentire accogliere nei suoi confronti le richieste in epigrafe indicate come presentate in via principale.
A sostegno della sua domanda, l'attore esponeva che verso le ore 11 del 24 dicembre 1973, dopo avere pagato il regolare biglietto, egli stava salendo per la sciovia di proprietà della Livitur, sita in località Pemonte di Livigno, quando si era visto venire
incontro, appeso al cavo in fase di discesa, un gancio, la cui fune di traino non si era riavvolta; che tale gancio, bloccatosi sulla
superficie nevosa, una volta giunta al massimo di tensione la fune, era stato scaraventato contro di lui, avvolgendolo con la detta fune; che egli era riuscito a liberarsi, subendo però l’amputazione traumatica di parte del pollice destro; che era stato portato
a Samaden per le prime cure e quindi a Francoforte; che l'invalidità totale temporanea si era protratta fino al 24 aprile 1974; che
egli era impiegato presso la Deutsche Schlafwagen und Speisewagengesellsschaft con uno stipendio mensile di DM 1.896; che
i danni da lui subiti ammontavano: a) frs. 50,80 spesi per il ricovero nell'ospedale elvetico di Samaden; b) lire 28.815 spese per
medicinali, pronto soccorso e trasporto a Samaden; c) DM 300 spesi dalla moglie per trasporti, cure e soggiorni; d) DM 7.584
per quattro mesi di invalidità totale temporanea; e) DM 1.896 per 60 gg. di invalidità temporanea al 50%; j) DM 68.201,39 per
invalidità parziale permanente sulla base di una incapacità pari al 20%; g) lire 1.000.000 per danni morali.
La società convenuta si costituiva ritualmente, contestando in fatto e in diritto la pretesa avversaria ed eccependo l'avvenuta
prescrizione dell'azione contrattuale.
Tale eccezione veniva abbandonata dopo che la difesa attrice aveva prodotto copie di lettere raccomandate contenenti richieste
di risarcimento inviate alla convenuta il 24 settembre e il 25 ottobre 1974.
La causa veniva quindi istruita con una consulenza medico-legale affidata al dr. Spilotros di Sondrio e con l'assunzione di prove
testimoniali, anche per rogatoria estera (il teste Lambrecht Eckerharf non veniva sentito perché, come comunicato dalla pretura
di Amburgo, non risultava abitare né all'indirizzo indicato, né in altro luogo di quella città).
Espletati i vari incombenti istruttori, il 29 maggio 1978 le parti precisavano le rispettive conclusioni definitive come in epigrafe e
quindi, all'udienza collegiale del 30 novembre dello stesso anno, la causa veniva riservata per la decisione.
DIRITTO - Il teste Lambrecht, stando al tenore di una dichiarazione prodotta dalla difesa attrice, doveva essere quello meglio in
grado di riferire sulle modalità del sinistro, ma, come si è detto, non è stato possibile sentirlo, né si può ora rimettere gli atti in
istruttoria e disporre una nuova rogatoria internazionale in quanto la parte interessata non è stata in grado di fornire ulteriori
elementi per il rintraccio di tale teste.
Nonostante tale carenza istruttoria, si deve però ritenere che il fatto si è realmente svolto come indicato in citazione, giacché la
deposizione resa dalla moglie della vittima, che collima perfettamente con quanto esposto nell'atto introduttivo, trova piena conferma nella testimonianza di Kruske Renata e nelle risultanze della consulenza medico-legale.
La Kruske ha infatti narrato che il sinistro si è verificato lungo la “traccia di risalita” dell'impianto e che l'attore è stato riportato a
valle su una “bara” (rectius: barella) e il dr. Spilotros, a pagina 11 della sua relazione, ha precisato che la lesione lamentata dal
Frauenberger è la conseguenza diretta del sinistro avvenuto nel modo descritto nella citazione e dallo stesso sanitario più dettagliatamente e meglio riportata nelle premesse di fatto del suo elaborato.
A nulla rileva che l'impianto sia stato arrestato solo in un secondo momento poiché è evidente che la tensione provocata dalla
circostanza che il gancio, meglio il piattello, era rimasto impigliato nel terreno, deve avere provocato, in seguito al successivo
strappo, il riavvolgimento completo della fune che assicurava quel piattello al cavo in movimento dell'impianto.
Rebus sic stantibus, dimostrato il rapporto di causalità tra il contratto di trasporto oneroso (così deve essere qualificato il negozio giuridico intercorso tra le parti in forza del quale il vettore si è impegnato a trascinare l'utente da un punto all'altro della montagna) e l'evento, la società Livitur è già solo per questo tenuta a risarcire tutti i danni materiali subiti dal trasportato, e cioè in
forza dell'art. 1681 c.c., non avendo essa provato di avere adottato tutte le misure idonee ad evitare il sinistro.
Il mancato riavvolgimento di una delle funi collegate alla parte di cavo che stava scendendo nel momento della risalita dell'infortunato non può essere stato dovuto che ad un difetto di manutenzione dell'impianto (per cui anche l'improvviso non riavvolgimento è imputabile al personale della società), così come il non immediato arresto del cavo trainante appena manifestatosi l'inconveniente in questione deve essere attribuito all'assenza di personale alla stazione di arrivo, assenza della quale hanno parlato tutti i testi tedeschi.
Questi rilievi portano a ritenere che sussiste la colpa concreta di personale dipendente dalla società convenuta la quale, perciò,
deve essere ritenuta responsabile pure ex art. 2043 c.c. ed obbligata a risarcire anche i danni non patrimoniali.
Invero quella colpa avrebbe avuto rilevanza anche in sede penale.
L'inesistenza di una pronuncia del magistrato penale non è di ostacolo alla liquidazione del danno morale, perché il collegio si è
fatto carico di accertare gli elementi costitutivi di quel reato, commesso da persona che ora non e certamente più possibile identificare e che è estinto, in forza dei recente provvedimento di clemenza, o che, in caso di espressa rinuncia al beneficio da parte
dell'eventuale responsabile, ove sia dato di identificarlo prima del 24 dicembre 1978, si estinguerà per decorso della prescrizione.
Né l'obbligo del rapporto al giudice penale si è manifestato prima, in quanto solo l'esame del materiale probatorio raccolto nel
corso dell'istruttoria ha portato il collegio a ritenere la sussistenza di un reato.
Possiamo così passare all'esame delle varie voci di danno esposte dall'attore.
La spesa di frs. 50,80 per cure ricevute in Svizzera è comprovata dai documenti prodotti e dai testi sentiti in quella nazione e
non è contestata ex adverso.
Parimenti debbono essere riconosciute le lire 28.815 spese a Livigno (il teste Galli ha deposto di avere ricevuto lire 18.000 per il
viaggio fino a Samaden, mentre il procuratore della convenuta ha lealmente dato per ammesso l'esborso di lire 7.815 per le
prime cure prestate dal dr. Ruggeri).
Non possono invece essere liquidati i DM 300 di cui alla voce c) perché non si tratta di spesa fatta dall'attore per assicurarsi
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l'assistenza della moglie, ma di esborsi operati direttamente ed in proprio dalla signora, secondo il tenore della domanda, e la
moglie è soggetto giuridico diverso dal marito che agisce nella presente causa.
Quanto alle voci sub d) ed e), poiché non si può certamente ritenere per buone le pattuizioni intervenute al riguardo tra i consulenti tecnici, abbiamo che dalla pagina 10 della relazione medico-legale risultano i seguenti periodi di malattia e incapacità ad
attendere alle ordinarie occupazioni: mesi tre di invalidità assoluta, gg. 11 (che considereremo pari ad un terzo di mese) di invalidità all'80%; gg. 22 (pari a 2/3 di invalidità al 60%; altri gg. 22 sempre pari a 2/3 di mese) di invalidità al 50% e infine gg. 28
(che considereremo pari ad un mese, per compensare i conteggi in difetto dei giorni di cui sopra) di invalidità al 25%.
Sulla base del dimostrato guadagno lordo mensile di DM 1.896, spettano all'attore DM 5.680 per i primi tre mesi, DM 506 per il
terzo mese di invalidità all'80%, DM 758 per i due terzi di mese di invalidità al 60%, DM 632 per i due terzi di mese di invalidità
al 50% e, infine, DM 474 per il mese di invalidità al 25%, per totali DM 8.050.
La circostanza, eccepita dalla convenuta, secondo la quale nel periodo di malattia il ferito avrebbe continuato a percepire lo stipendio dalla sua amministrazione non è minimamente provato e, in ogni caso, essa sarebbe irrilevante in quanto la compensatio lucri cum damno non potrebbe operare, giacché il suddetto pagamento non deriva, con nesso di causalità efficiente, dal fatto
illecito, il quale ha rappresentato solo l'occasione per il verificarsi dell'atto di liberalità del datore di lavoro.
Quanto all'invalidità permanente, premesso che si è trattato dell'amputazione parziale della parte distale del pollice destro, il
C.T. di ufficio ha ritenuto sussistere una perdita della capacità di guadagno del soggetto, nato nel novembre del 1928 e impiegato presso la direzione della Compagnia vetture letti in Francoforte, del 10%.
Tale valutazione appare eccessiva, perché l'amputazione non appare di entità tale da concretamente influire sulle capacità di
guadagno del soggetto.
In sostanza, pur tenendo conto di tutti gli altri dati richiamati nella comparsa conclusionale della difesa attrice e attinenti principalmente alla vita di relazione, trattasi pur sempre di una piccola invalidità, da liquidarsi necessariamente in via equitativa. Se
applicando le note tabelle la percentuale del 10% corrisponde ad un danno di DM 29.080 (DM 1.896 per 12 danno un guadagno
annuo di DM 22.752 al quale corrisponde una perdita annua di DM 2.272,5; tale cifra, moltiplicata per il coefficiente 15,037 che
corrisponde all'età di 45 anni e mezzo che l'infortunato aveva al termine dell'invalidità temporanea, porta a DM 34.212 da cui
per scarto tra vita naturale e vita lavorativa, si debbono detrarre DM 5.132, pari al 15%, cosicché si ottiene il risultato definitivo
di DM 29.080), il collegio non può liquidare, seguendo la tesi della difesa della convenuta, più della metà di detta cifra, cioè DM
14.540.
Per danni morali, tenuto conto più che altro della durata della malattia e del fatto che la parte lesa ha dovuto vivere, per necessità terapeutiche, per un certo periodo con il pollice infilato entro il braccio sinistro, si possono riconoscere, con valutazione attuale e quindi non soggetta a rivalutazione, lire un milione.
La rivalutazione non è possibile neppure in ordine alle già riconosciute lire 28.815, perché trattasi di spese, cioè di debito di valuta, per il quale vige il principio stabilito dall'art. 1224 c.c.
Riassumendo, all'attore spettano lire 1.028.815, con gli interessi legali dal fatto su lire 1.000.000 e dalle date dei singoli esborsi
sul rimanente, frs. 50,80 con gli interessi legali dal giorno dell'esborso, DM 22.250, con gli interessi legali dal termine dell'invalidità temporanea su DM 14.540 e media
mente dalla metà dei vari periodi di invalidità temporanea sopra indicati per le varie somme che concorrono a formare il totale di
DM 8.050 dovuti a tale titolo.
E’ ovvio che sarà facoltà dei debitore di pagare in valuta italiana al cambio del giorno dell'effettivo pagamento.
Per le somme in moneta estera nessuna rivalutazione è stata chiesta, come è giusto dato il diverso andamento
Dato il notevole divario tra il chiesto e il liquidato, appare equo dichiarare compensate per metà le spese di causa. L'altra metà,
che per legge segue la soccombenza, si liquida in complessive lire 778.305, come specificato in dispositivo. (Omissis).
Il contratto di sciovia non può essere qualificato come contratto di trasporto di persone in quanto manca del carattere essenziale della prestazione di quest'ultimo, vale a dire l'affidamento al trasportatore - perché provvede lui, e
solo lui, al trasferimento, da luogo a luogo - delle persone. Dovendosi quindi classificare il contratto di sciovia come contratto innominato e solo in certi limiti avvicinabile al trasporto di persone, ne discende che é da escludere
la possibilità di applicare la presunzione di legge di responsabilità del vettore di cui all'art. 1681 c.c.
Trib. Bolzano, 11 agosto 1980
Resp. civ. e prev. 1981, 93
Arch. giur. circol. e sinistri 1981, 358
FATTO. - Lohmeier Franzisca nata Kagerer ha convenuto in giudizio l'azienda di Cura e soggiorno e turismo di Colle Isarco, con
atto notificato il 17 settembre 1976, esponendo che il 6 gennaio 1976 essa saliva con la sciovia di Ladurns di proprietà della
convenuta, procedendo in modo del tutto normale, prudente e con rispetto delle prescrizioni del d.m. 30 novembre 1970; che
mentre stava salendo l'ultimo ripido tratto dello skilift prima di arrivare alla stazione a monte si imbatteva sulla vista di salita in
una stuoia di plastica che copriva una gobbetta del terreno scarsamente innevata, questa stuoia non era ben fissata e si era
sollevata da terra; che quindi le punte degli sci le entravano sotto la stuoia ed essa si vedeva strappare il gancio e cadeva all'indietro contro lo sciatore che seguiva e poi contro un pilastro di cemento di un pilone non protetto. L'attrice aggiungeva di aver
riportato gravi fratture nasali, vertebrali, toraciche e alla fibula, oltre a ferite al viso e all'occhio, cosicché doveva sottoporsi a cure e interventi chirurgici a scopo funzionale ed estetico, e le restavano danni permanenti al naso, alle vertebre e al torace, e doveva portare gli occhiali, con complessiva invalidità del 30% salvo migliore verifica peritale. Essa lamentava che nel periodo di
invalidità temporanea essa aveva avuto bensì dei pagamenti dalla sua cassa mutua ma le rimaneva perdita di premi e ore
straordinarie. Essa sosteneva che dell'incidente era responsabile la convenuta a titolo contrattuale ed extra-contrattuale; osserva anche che l'addetto alla stazione a monte non aveva potuto intervenire perché aveva la mano ingessata; chiedeva risarcimento dei danni in lire 10.000.000 - oltre a rivalutazione, interessi e rifusione delle spese del giudizio.
Si è costituita la convenuta Azienda contestando i fatti come esposti dalla attrice e pure la congruità delle pretese risarcitorie di
lei, aggiungendo che la responsabilità dell'incidente era solamente dell'attrice, che aveva omesso di collaborare e non osservato le prescrizioni del d.m. 30 novembre 1970.
I procuratori delle parti producevano documenti, deducevano ampie prove testimoniali anche in ordine alla regolarità o meno
dell'impianto di skilift e del suo funzionamento, oltre che in ordine alle caratteristiche della pista di salita lungo la sciovia.
Ammessa ed espletata prova testimoniale in via diretta e per rogatoria estera ed espletata consulenza tecnica per l'accertamento relativo alle caratteristiche dell'impianto e alle colpe che si potessero ravvisare nei comportamenti delle parti in ordine all'incidente secondo l'esperienza e le prescrizioni tecniche vigenti, i procuratori delle parti hanno precisato le loro conclusioni e la
causa è stata trattenuta per la decisione ai fini della decisione in punto responsabilità.
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DIRITTO. - L'attrice si richiama, al fini del riconoscimento della responsabilità della convenuta, ad obblighi non solamente extracontrattuali, ma pure contrattuali, identificando questi in quelli propri del contratto di trasporto di persone, con la conseguenza
dell'applicabilità della presunzione di colpa di cui all'art. 1681 c.c. Si richiama, nell'invocare questa presunzione, alle sentenze
11 dicembre 1978 del Tribunale di Sondrio e 16 ottobre 1956, n. 3658 della Cassazione civile. Va in proposito osservato che è
indiscutibile la presenza di obblighi contrattuali del gestore di una sciovia nei confronti dell'utente, essendo più che evidente la
contrattualità del rapporto di utenza del mezzo di risalita. Non altrettanto chiaro è invece l'inquadramento di questo rapporto
come vero e proprio contratto di trasporto di persone. La Cassazione, nella sua invocata decisione non parrebbe essere stata
investita, se non di scorcio, del problema, quanto, piuttosto, dato per scontato che di trasporto si trattasse, dell'altro quesito di
quali fossero i limiti temporali del rapporto contrattuale; e comunque si può ritenere trattarsi di vecchia decisione relativamente
al campo delle sciovie, in cui l'esperienza è di assai recente maturazione.
Il tribunale non ritiene affatto che il contratto di sciovia sia un contratto di, trasporto di persone, ma invece che esso vada classificato quale contratto innominato solo in certi limiti ravvicinabile al trasporto. La differenza essenziale sta nella natura diversa
della prestazione, che nel trasporto è quella del trasferimento ad opera del trasportatore di persone da un luogo all'altro, con
affidamento dei clienti al vettore, mentre nel contratto di sciovia l'impresa si limita a fornire la pista di salita, l'energia di trazione
e accessoriamente l'aiuto per l'aggancio, mentre a tutto il resto deve provvedere lo stesso cliente, tenendosi in equilibrio, su se
stesso e sui propri sci, e non solamente su un mezzo di trasporto, e correggendo la rotta di salita per i minimi spostamenti necessari in ragione delle inevitabili piccole irregolarità del percorso.
Nella salita con sciovia, cioè, l'obbligo di collaborazione dell'utente che nel trasporto vero e proprio sussiste ma ha carattere accessorio, assume ben altro significato, di vera e propria attività di auto-trasporto dell'utente.
Manca dunque il carattere essenziale della prestazione del trasporto di persone, quale è regolato dagli artt. 1678, 1681 e 1682
c.c., dell'affidamento al trasportatore perché provveda lui e solo lui al trasferimento da luogo a luogo della persona.
Queste considerazioni portano ad escludere che si possa applicare la presunzione di legge di responsabilità del vettore di cui
all'art. 1681 c.c., perché questa presunzione e essenzialmente basata sull'ordinaria figura del vettore avente pieno affidamento
della persona, che perciò risponde dei danni da essa subiti e che, avendo il controllo di tutto quanto attiene all'esecuzione del
trasporto ha la possibilità, o deve averla, di dare l'eventuale prova di avere adottato tutte le misure necessarie ad impedire il
danno.
Tutto ciò premesso appare dunque necessario ai fini dell'accertamento positivo della responsabilità ricorrere a quanto concretamente accertato nell'istruttoria svolta.
Prima però di entrare nel concreto esame degli esiti testimoniali e peritali deve risolversi il problema sollevato dalla difesa della
convenuta della validità della prova espletata in rogatoria internazionale senza dare avviso ai procuratori delle parti. La soluzione per vero è facile, perché il problema può innanzitutto ritenersi superato per la non riproposizione dell'eccezione nelle definitive conclusioni; inoltre, l'eccezione non sarebbe comunque fondata perché per gli accordi internazionali vigenti la parte convenuta avrebbe dovuto sollecitare mediante il Giudice Istruttore il Giudice Estero rogato onde avere, se ne aveva interesse, avviso della data fissata per l'espletamento delle prove testimoniali all'estero, e in mancanza le prove debbono ritenersi validamente espletate anche in difetto dell'avviso al procuratore della convenuta. Venendo a valutazione delle prove testimoniali, poco
o nulla, se non in termini generali riferiti all'impianto e alla sua ordinaria manutenzione, hanno potuto dire i testi locali, dipendenti
dall'azienda di cura convenuta. Chi invece ha potuto dare una descrizione del sinistro sono i testi Muller, Gerold e Scharf, compagni di vacanze alpine dell'attrice, e con lei a sciare nel giorno in cui è avvenuto l'incidente. Stando alle dichiarazioni di questi
testi, dopo una salita con la seggiovia essi giungevano alla sovrastante sciovia sempre di Ladurns, dove prendeva posto per
prima la stessa attrice, dietro di lei il Muller e dietro ancora, dopo due persone estranee alla comitiva, la Gerold e per ultimo lo
Scharf. Quello dunque che aveva maggiori possibilità di vedere quanto accadeva all'attrice era il Muller, che riferisce che l'attrice ha proceduto del tutto regolarmente per quanto riguarda il suo comportamento nella salita con la sciovia; che nell'ultimo tratto di forte salita in prossimità dell'arrivo, su un tratto in pendenza accentuata poco innevato, il sottofondo di salita della sciovia
era stato formato con un tappetino a stuoia, ricoperto dal fondo di neve; che questo tappetino non era peraltro interamente coperto dalla neve e al lato e a valle si presentava un po' sollevato dal terreno così che entravano sotto lo stuoino le punte degli
sci dell'attrice, che restava bloccata, che si vedeva strappare tra le gambe il gancio costituito da un piatto di plastica e rovinava
all'indietro andando a finire contro un palo di cemento posto più sotto, non adeguatamente protetto dalle balle di paglia, che non
lo coprivano interamente. Lo stesso teste ha detto he egli rìusciva appena ad evitare analogo incidente e poco dopo nello stesso punto avveniva un simile incidente ad un ragazzo di 12 o 13 anni; che solo in questo momento a richiesta dello stesso teste
e di altri l'impianto veniva fermato.
Assai simile è la deposizione dei testi Gerold e Scharf.
Il consulente tecnico ing. Gerardo Rossi, sottoponendo a revisione critica le testimonianze dei compagni dell'attrice con esperimento fatto sul posto, ha osservato che è impossibile per quasi tutto il percorso della sciovia che sciatori che seguono possano
seguire adeguatamente il comportamento di uno sciatore che precede, salvi i tratti in cui questo si trovi in tratto di pendenza
molto maggiore; ma anche in questi casi non è possibile vedere cosa accada alla punta degli sci del primo sciatore, per distanza e copertura degli sci, quanto alle punte, dal corpo dello sciatore stesso. Secondo il consulente, il solo Muller poteva controllare il comportamento dell'attrice durante la salita, ma non vedere la punta dei suoi sci.
Il consulente per il resto ha ritenuto regolare l'impianto di sciovia della convenuta, tranne per la mancanza di segnalazione della
difficoltà della pista con cartello alla stazione a valle come prescritto dal d.m. 27 agosto 1969 recepito dalla Regione con l'art.
34, I.r. 4 agosto 1971, n. 25; con dubbio se fosse rispettato l'obbligo ai sensi delle stesse norme di non esercitare l'attività scioviaria ove il fondo della pista di risalita fosse ghiacciato.
Il consulente ritiene probabile che il sostegno 10 contro il quale sarebbe andata ad urtare l'attrice fosse protetto da rivestimento,
perché la mancanza di rivestimento sarebbe stata altrimenti rilevata nel corso del sopralluogo di collaudo.
Lo stesso consulente esclude che il tappeto di fibre di cocco si possa essere sollevato al passaggio dell'attrice perché il tappeto
stesso doveva essere ghiacciato, rigido e fare corpo unico con il terreno e con la neve, così dovendosi escludere ogni sollevamento; ciò in ragione di una temperatura necessariamente rigida nella zona nel gennaio. Il consulente ritiene possibile un sollevamento del tappeto solamente ad opera di un piattello di gancio di traino strisciato sulla pista, ma osserva che l'attrice non parla di fatti del genere e che un sollevamento del tappeto avrebbe provocato la caduta anche degli sciatori che seguivano, che
invece non si verificava. Il consulente ritiene probabile che l'incidente sia avvenuto perché l'attrice abbia perso il controllo degli
sci su pista ghiacciata avente pendenza anche trasversale.
Il tribunale osserva che il teste Muller che seguiva a 15 metri di distanza e cioè alla distanza tra un traino e l'altro, poteva, come
osservato dal consulente tecnico, osservare la regolarità del comportamento dell'attrice, non poteva vedere le punte degli sci,
ma naturalmente poteva vedere invece le code degli sci stessi rendendosi conto di un loro inceppamento; poi al passare nella
medesima posizione di questo inceppamento e vedendo il tappetino sollevato nella parte a valle, ricostruiva l'incidente nel senso che gli sci dell'attrice andavano ad imprigionarsi sotto il margine sollevato del tappetino stesso. Perché sia vera la deposizione del Muller non occorre dunque che egli abbia potuto materialmente vedere la punta degli sci dell'attrice, vedendo invece il
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blocco di lei e poi la causa del blocco.
Non è certo ragione sufficiente per escludere l'attendibilità dei testi germanici un'indagine, troppo minuziosamente esigente delle singole particolarità dell'incidente che alle volte i testi ritengono di aver veduto in un ricordo globale del fatto. I testi che seguivano più oltre la marcia in salita del traino dell'attrice e del Muller certo non potevano vedere le particolarità del fatto, ma hanno
visto l'attrice caduta e il tappetino in posizione irregolare e nei limiti di questo pure le loro deposizioni non sono affatto inattendibili.
Né dei testi si deve giudicare sfavorevolmente per il solo fatto che il tappetino da loro descritto fosse blu mentre quello mostrato
al consulente dagli incaricati della convenuta aveva colore diverso; anzi ciò fa piuttosto dubitare che il tappetino mostrato al
consulente non avesse nulla a che vedere con quello esistente al momento dell'incidente. Tra l'altro i testi hanno riferito di un
tappetino di plastica e non di cocco come quello mostrato al consulente. In queste condizioni va indubbiamente data la preferenza alle deposizioni testimoniali, che non vi è ragione di disattendere, rispetto a quanto mostrato dagli interessati al consulente senza alcuna garanzia, e ne deriva che essendo il tappetino di plastica di tutt'altre caratteristiche da quelle descritte dal consulente per quello di cocco, tutti i motivi addotti dal consulente per escludere che il tappetino potesse sollevarsi perché si impregnava di acqua o di ghiaccio vengono completamente a cadere, e resta invece l'osservazione dei testi circa la presenza del sollevamento di parte del tappeto, da loro personalmente constatato.
E’ chiaro che con un tappetino di plastica non assorbente e leggero era possibile uno spostamento temporaneo, che per gli
sciatori che seguivano mantenesse pure delle difficoltà, ma non insormontabili, per la ripresa di una migliore posizione del tappetino. Si osserva comunque che il Muller, primo passato dopo l'attrice ha riferito di una certa difficoltà del suo passaggio e che
successivamente proprio in quel punto cadeva ancora un ragazzo austriaco; comunque non passavano molti sciatori, perché
poco dopo l'impianto veniva fermato a richiesta degli stessi turisti germanici, e la situazione veniva naturalmente sistemata.
Il fatto che, come riferito dai testi locali, la pista venisse sistemata giornalmente, non va a discarico della convenuta, ma piuttosto a dimostrare che non veniva tenuto regolare controllo durante la giornata delle condizioni di un punto in cui la stessa presenza del tappetino evidenziava la precarietà dell’innevamento, che poteva venir meno anche durante la giornata, per frequente
passaggio di sciatori.
Oltre che per l'irregolarità del tappetino la convenuta appare responsabile per la mancata protezione del sostegno contro il quale l'attrice andava ad urtare pesantemente come riferito dai testi presenti.
Che l'urto non fosse contro il calcestruzzo del basamento, ma contro il ferro ha poca importanza per la durezza dell'impatto e le
conseguenti lesioni.
Si può dar atto che al momento del collaudo il palo fosse protetto, ma si ha la prova concreta che al momento del sinistro le balle di paglia non coprivano la parte del montante contro la quale è andata ad urtare l'attrice. Che la caduta portasse l'attrice contro il montante sinistro del cavalletto n. 10 risulta verificato dal consulente tecnico ufficiale e veramente appare inutile la dimostrazione del consulente di parte che non fosse possibile l'urto contro il cavalletto n. 9 per la pendenza laterale esistente fuori
della pista di salita.
La convenuta è ancora responsabile per non aver messo il cartello di avviso della difficoltà della pista e della presenza di quella
data pendenza del 65% che esisteva nel tratto finale, che doveva essere espressamente segnalata come ben osservato dal
C.T.U. Né può dirsi certo irrilevante la forte pendenza, date le modalità concrete dell'incidente per caduta all'indietro e dato che
proprio questa caduta portava ai danni in concreto verificatisi. Né può valere la presenza solamente alla base dalla difesa della
convenuta con foto dimesse in atti che assai genericamente indicava la difficoltà non degli impianti ma delle sole piste di discesa, senza alcuna indicazione della pendenza della pista di risalita. Si osserva comunque che dallo stesso cartello risulta segnalata per il solo impianto di sciovia indicato nel cartello una pista di discesa di media difficoltà e una pista di passeggiata sciistica
che non poteva far presumere senz'altro la pericolosità, per pendenza maggiore di quella normalmente consentita, della pista di
salita della sciovia. Si noti che la grande pendenza della pista, oltre cha a determinare le conseguenze della caduta, incideva
sicuramente a rendere difficili le manovre del sciatore trainato per evitare di incappare in irregolarità del mondo percorso, quali
quelle dipendenti dal sollevamento parziale dello stuoino non sufficientemente coperto.
Va pertanto ritenuta la piena responsabilità della convenuta. Per il quantum la causa va rimessa in istruttoria, senza quindi pronuncia sulle spese perché la presente sentenza non è definitiva. (Omissis).
Il contratto di sciovia, caratterizzato dalla necessità che l'utente sia in possesso di una adeguata preparazione
sportiva e presti un'attiva ed attenta collaborazione al fine di realizzare un trasporto senza incidenti, non riveste gli
estremi di un normale contratto di trasporto di persone disciplinato dall'art. 1681 c.c. Ne deriva che, nel caso di
danni riportati dal trasportato, non possono applicarsi la presunzione di responsabilità del vettore e l'inversione
dell'onere della prova previsti dalla disposizione predetta.
Corte App. Roma, 2 dicembre 1981
Riv. dir. sport 1982, 69.
La risalita a mezzo di sciovia non puo' inquadrarsi nello schema del contratto di trasporto di persone in quanto
manca l'affidamento del passeggero ad un vettore che abbia il controllo completo sull'esecuzione del trasporto
che, in tal caso, al contrario, e' caratterizzato dalla decisiva collaborazione dell'utente.
Trib. Aosta, 2 giugno 1988
Arch. giur. circol. e sinistri 1990, 321
Il contratto di utenza di una sciovia e' un contratto atipico, col quale il gestore mette a disposizione dell'utente, che
paga un prezzo, il mezzo di traino e la pista di risalita. E' obbligo del gestore di eseguire frequenti controlli e risistemazione della pista qualora questa presenti avvallamenti e buche, me l'utente che sia a conoscenza di tali
anomalie deve attenersi dal servirsi di un impianto difficile per la risalita.
Corte appello Torino, 28 aprile 1993
Giur. merito 1994, 279 nota DEL CORSO
40
2. Responsabilità civile extracontrattuale.
2.1. Artt. 2043 e ss. c.c. in generale
Il danno prodotto dal distacco, e dalla conseguente caduta al suolo, della cabina di una funivia non e' assimilabile
a quello prodotto dalla circolazione di veicoli e, pertanto, il relativo diritto al risarcimento si prescrive non già in
due anni, ex art. 2947 comma 2 c.c., bensì in cinque anni, a norma del comma 1 dello stesso articolo.
Cass., 15 gennaio 1979 n. 299
Arch. civ. 1979, 327
Nella caduta e nelle conseguenti lesioni occorse ad un utente di una sciovia non e' ravvisabile alcuna responsabilità del vettore quando risulti provato che gli impianti avevano un funzionamento regolare e rispondente alle normali condizioni di esercizio.
Trib. Aosta, 5 dicembre 1980
Riv. dir. sport 1982, 339.
E' ravvisabile una responsabilità extracontrattuale ex art. 2049 c.c. nel caso in cui i dipendenti addetti agli impianti
di risalita non tengano un comportamento conforme alle loro mansioni. (Nella fattispecie l'addetto alla stazione di
risalita dell'impianto leggeva il giornale anziché aiutare i passeggeri a salire sulla seggiovia).
Trib. Bolzano, 22 maggio 1987
La caduta di uno sciatore, anche se dovuta ad imperizia o imprudenza di quest'ultimo, non e' evento imprevedibile od eccezionale. Ne consegue che il gestore di un impianto sciistico risponde, a titolo di concorso col danneggiato, dei danni alla persona subiti da uno sciatore caduto e finito fuori pista, qualora la caduta stessa sia stata
concausata dalle condizioni della pista (nella specie, la Corte ha ritenuto responsabile nella misura del 50% il gestore della pista che aveva omesso di apporre una recinzione ai lati della pista, cosi' non impedendo che uno
sciatore, caduto per propria imperizia, scivolasse fuori della pista cadendo in un dirupo).
Corte App. Torino, 5 luglio 1997
Riv. giur. circol. trasp. 1998, 500
Nel trasporto eseguito a mezzo di seggiovia, qualora non si possa imputare al vettore l'omesso controllo della regolare salita degli utenti sul mezzo e non sussistano le condizioni che, in base alle norme del regolamento ministeriale disciplinanti il servizio, determinano l'obbligo di intervento da parte degli addetti all'impianto (fra le quali
rientra l'esplicita richiesta di aiuto da parte del passeggero,- che, peraltro, deve, di regola, agire autonomamente,
o l'evidente difficoltà in cui egli si trovi, condizioni nella specie secondo l'incensurato accertamento del giudice di
merito, non ricorrenti) va esclusa la responsabilità, anche extracontrattuale, del vettore, per il danno subito dal
passeggero in conseguenza dell'urto con il sedile del mezzo, all'inizio della risalita, non sussistendo, al di là delle
menzionate ipotesi un obbligo giuridico del vettore di attivarsi per evitare eventi pregiudizievoli all'utente e in particolare non configurandosi in base alle predette norme regolamentari un dovere di intervenire per rallentare la corsa del mezzo nel momento in cui i passeggeri si apprestano a salirvi.
Cass., 23 febbraio 1998 n. 1936
Giust. civ. Mass. 1998, 409 Contratti (I) 1998, 484 nota MASALA
FATTO. 1) In data 7.12.1985, la sig.ra Edda Grassetto Dal Lago, deducendo che: - mentre si apprestava a salire su una seggiovia, era stata colpita nella parte posteriore della gamba destra da un seggiolino in movimento; - nonostante l'urto era riuscita
a prendere posto nella seggiovia, ma quando era discesa nella stazione a monte aveva accusato un rilevante malessere, con
conseguente invalidità temporanea e postumi invalidanti permanenti nella misura del 16%; - la responsabilità del sinistro si doveva addebitare al sorvegliante sig. Graziano Forlin, che si era concluso per remissione di querela; - nonostante le promesse,
da parte del Forlin e della Funivie Tofana, di definire la vertenza di danno, ogni richiesta della danneggiata era rimasta senza
esito; - tutto ciò premesso: ha citato davanti al Tribunale di Belluno Forlin e la Funivie Tofana, chiedendo al loro condanna in
solido al risarcimento dei danni Il Tribunale, decidendo nel contraddittorio tra le parti, ha rigettato la richiesta con sentenza (resa
in data 28.2.1989) che la Corte d'Appello di Venezia, rigettando il gravame della Grassetto, ha confermato, con sentenza resa a
sua volta in data 13.4.1994. Avverso tale sentenza, la Grassetto ha presentato ricorso in Cassazione affidato a due motivi al
quale la Funivia Tofana resiste con controricorso. Entrambe le parti hanno presentato memoria.
DIRITTO. 1) L'impugnata sentenza ha motivato nel modo seguente: a) lo svolgimento dei fatti risultava pacifico e non contestato; b) il punto fondamentale della controversia consisteva nello stabilire se il sorvegliante della funivia si fosse reso colpevole di
disattenzione o negligenza nel non guidare il seggiolino, oppure se tale operazione fosse richiesta soltanto in caso di necessità
(p. 6); c) posto che si era stipulato tra le parti un contratto di trasporto, era stato accertato che il regolamento di esercizio prescriveva che gli sciatori dovevano agire autonomamente e avvertire il personale in caso di necessità, mentre altro provvedimento ministeriale disponeva che agenti (della funivia) dovevano agevolare la salita e la discesa dei seggiolini dei viaggiatori; d) da
tale normativa si doveva dedurre "che il compito del Forlini era quello di sorvegliare la salita dei viaggiatori, che per regolamento
avveniva autonomamente, e (di intervenire su richiesta ed in ogni caso di difficoltà, per agevolare appunto la salita" (pp. 6-7). e)
la danneggiata non aveva chiesto aiuto, ne' manifestato difficoltà (ne' questa si poteva desumere dalla sua età trattandosi di
persona perfettamente efficiente); f) per le precedenti considerazioni si doveva concludere che il Forlin si era attenuto corretta-
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mente ai compiti e non "fu ne' distratto, ne' negligente" (p. 7); g) "l'urto alla gamba della sig.ra Grassetto era avvenuto perché il
seggiolino le sfuggi' di mano "a causa dei guanti" (p.8); h) non si poteva imputare alcuna responsabilità alla Funivie Tofana,
perché l'impianto di risalita era in perfetta regola; il regolamento e le prescrizioni agli utenti erano esposti e il servizio si stava
svolgendo normalmente" (p.8). 2) Con il primo motivo del ricorso formulato per erronea e falsa applicazione degli artt. 2043 c.c.
in relazione agli artt. 40 e 43 c 1, aliena 3 c.p. si formulano due censure fra loro collegate: a) i giudici di merito non avevano valutato che il reato (rectius, illecito) imputabile al Forlin fosse un fatto commissivo mediante omissione, consistente (sembra) nella omissione dell’obbligo giuridico di impedire che il seggiolino che sopraggiungeva colpisse l'utente; b) la normativa che imponeva tale obbligo giuridico era stata erroneamente interpretata, perché prescrivendo che "alla partenza i viaggiatori (dovevano)
mettersi nelle posizioni .... indicate dagli agenti" e costoro dovevano curare "che i viaggiatori in partenza si tenessero pronti a
salire nei seggiolini nel posto sta bilito", imponeva un obbligo di presenza e di controllo non valutato dai giudici di merito. Il secondo motivo - formulando per vizio di motivazione - sviluppa le precedenti critiche, lamentando che l'impugnata sentenza
avesse erroneamente ritenuto il comportamento richiesto al, Forlin consistesse nell'aiutare l'utente a salire sul seggiolino, e non
invece - come specificamente indicato dalla danneggiata ricorrente e come risultava dalla normativa regolamentare - nel rallentare la dinamica del seggiolino nella fase di discesa in modo che lo stesso non colpisse gli utenti che si apprestavano a salire.
3)I due motivi, pur essendo stati acutamente formulati, risultano infondati. In base alle disposizioni regolamentari citate nel ricorso risulta che gli agenti dovevano curare e controllare la regolare salita degli utenti nel posto stabilito, senza aggiungere altro
obbligo (di aiuto) se non quando - come ha ritenuto l'impugnata sentenza e come non e' contestato nel ricorso - si determinasse
una situazione che nel caso in esame certamente non si e' riscontrata. In conformità a tale direttiva interpretativa, questo S.C.
ha ritenuto sussistente la responsabilità del vettore quando: non erano state osservate alcune specifiche disposizioni disciplinari
relative alla effettuazione del servizio - Sent. 354-1993 -; un inserviente non aveva provveduto a fermare l'impianto per fare salire un utente minorato - Sent. 3136-1968). Da tale premessa deriva la infondatezza del secondo motivo, perché mancando una
normativa che specificamente prescrivesse, come sostiene il ricorrente, l'obbligo di trattenere i carrelli, gli accertamenti dei giudici di merito non presentano alcun vizio di motivazione sulla individuazione della causa petendi. Più analiticamente, dal contratto di trasporto deriva che il vettore e i suoi ausiliari debbono, per prevenire, ogni prevedibile danno, mettere in atto ogni cautela,
sia normativamente prescritta, sia consigliata dalla specifica situazione in cui il trasporto stesso e' effettuato (cfr. cass.
27.10.1993, n. 10680). L'impugnata sentenza si e' correttamente attenuta all'indicato indirizzo interpretativo, analizzando - con
un giudizio di merito svolto senza errori logici e giuridici rilevabili in questa sede e senza fraintendimenti della normativa regolamentare - tutte componenti, regolamentari e di comune prudenza, che determinavano il contenuto degli obblighi di gestione, per
desumere, dall'accertata mancanza di ogni loro violazione, il rigetto della domanda Per le ragioni esposte, il ricorso deve essere
rigettato con conseguente condanna del ricorrente al pagamento, a favore della costituita Funivie Tofana S.p.A., delle spese del
giudizio di Cassazione, da liquidare come in dispositivo (omissis).
Lo sciatore che abbia riportato danni alla persona a causa di una imperfetta manutenzione della pista non puo'
invocare, nei confronti della società che gestisce l'impianto, ne' la presunzione di cui all'art. 1681 c.c.; ne' quella di
cui all'art. 2050 c.c.; ne' quella di cui all'art. 2051 c.c..
La società di gestione di un impianto sciistico deve ritenersi corresponsabile, ex art. 2043 c.c. dell'infortunio mortale occorso ad uno sciatore il quale, caduto per imperizia propria, sia finito in un crepaccio a causa dell'assenza
di recinzione a bordo della pista (nella specie, il tribunale ha ritenuto la società di gestione responsabile nella misura del 50 per cento).
Trib. Bolzano, 27 luglio 1998
Riv. giur. circol. trasp. 1999, 347
2.2. Art. 2050 c.c.
Viene costantemente insegnato dalla Suprema Corte che le attività pericolose a cui si riferisce l'art. 2050 c.c., non
sono soltanto quelle previste dalla legge di p.s. e dal relativo regolamento, ovvero quelle previste dalle varie leggi
speciali a prevenzione dei sinistri ed a tutela della pubblica incolumità, ma anche quelle altre che, pur non essendo specificate, abbiano una pericolosità intrinseca o in relazione ai mezzi di lavoro impiegati.
Cass., 26 gennaio 1960 n. 63
L'attività sciistica, salvo l'ipotesi di attività agonistica, non costìtuisce esercizio di attività pericolosa (art. 2050
c.c.), non presentando un sufficiente grado di pericolosità né in sè per sè, né per la natura dei mezzi adoperati e
pertanto, in presenza di una condotta colposa del responsabile, può trovare applicazione esclusivamente l'art.
2043 c.c.
Corte App. Bologna, 26 febbraio 1972
Il contratto stipulato da uno sciatore con il gestore di un impianto di risalita riguarda esclusivamente il servizio di
trasporto a monte e non estende i suoi effetti anche alla successiva discesa eseguita dall'utente con autonomia di
condotta. Pertanto non sussiste una responsabilità contrattuale del gestore per l'infortunio subito dallo sciatore
dopo lo sganciamento dal seggiolino e dopo aver percorso alcuni metri della pista in discesa. Infine deve escludersi anche una responsabilità extracontrattuale dello stesso gestore ex art. 2050 c.c., qualora si accerti che la
situazione dei luoghi, nei pressi dell'arrivo della seggiovia, non presentava alcuna insidia e l'infortunio era stato,
pertanto, causato dall'imperizia dello sciatore.
Trib. Torino, 23 aprile 1987
Lo sciatore che abbia riportato danni alla persona a causa di una imperfetta manutenzione della pista non può
invocare, nei confronti della società che gestisce l'impianto, né la presunzione di cui all'art. 1681 c.c. né quella di
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cui all'art. 2050 c.c. né quella di cui all'art. 2051 c.c.
Trib. Bolzano, 27 luglio 1998
Riv. giur. circol. trasp. 1999, 347
2.3. Art. 2051 c.c.
Il gestore di impianti di risalita non è custode anche della pista di discesa, ai fini di cui all’art. 2051 c.c., e risponde
degli incidenti se provocati da insidie presenti sulla pista e non segnalate, soltanto in base all'art. 2043 c.c..
Trib. Bolzano, 8 novembre 1975
L'affidamento del vettore sulla prudenza del passeggero non esclude l'esigenza di una sua piena diligenza.
Cass., 29 marzo 1979 n. 1803
Il gestore non è responsabile qualora i danni occorsi allo sciatore siano conseguenti al comportamento imprudente di altro utente, ovvero dello stesso utente infortunato.
Trib. Aosta, 16 febbraio 1981
Il gestore non risponderà in presenza di colpa del danneggiato che si inserisca in modo autonomo nella serie
causale produttrice del danno.
Pret. L'Aquila, 14 giugno 1984
I gestori debbono ritenersi responsabili per i danni prodotti dagli impianti da essi gestiti, in quanto affidati alla loro
sorveglianza e manutenzione (fattispecie in tema di gestione di dighe, ritenuta da taluna dottrina applicabile estensivamente anche agli impianti di risalita).
Cass., 1° luglio 1991 n. 7236
(omissis) Ne e' la riprova la circostanza che durante il periodo di attesa del collaudo e nel corso delle operazioni di questo il
concessionario e' obbligato alla custodia ed alla manutenzione dell'opera ed egli quindi e' l'unico responsabile dei danni che
derivano ai terzi dall'impianto da lui realizzato, secondo lo schema normativo proposto dall'art. 2051 del codice civile. Il che vale
a dire, come e' stato esattamente ritenuto dalla sentenza impugnata, che le operazioni di collaudo, anche se eseguite da organi
tecnici della pubblica amministrazione, sono svolte nell'interesse principale del concessionario, il quale e' l'unico responsabile
dell'impianto fino a quando non si sia completato positivamente il collaudo (…).
A questo riguardo occorre precisare innanzitutto che la sentenza impugnata esattamente ha collegato l'attività di costruzione
della diga del Taloro a quella forma particolare di responsabilità civile, indicata dall'art. 2050 cod. civ., nella quale incorrono tutti
quelli che svolgono un'attività pericolosa per sua natura o per la natura dei mezzi adoperati. Un sicuro indice rivelatore di una
attività pericolosa, infatti, si ha quando dal suo esercizio derivi una grave probabilità ed una notevole potenzialità dannosa considerata in relazione al criterio della normalità media e rilevata attraverso dati statistici ed elementi tecnici di comune esperienza. Ove, poi, si tratti di attività nuove che manchino di rilievi statistici, il giudizio di pericolosità potra' essere desunto dalla normale prevedibilità, basata sulle regole offerte dalla tecnica e su ogni altro utile elemento. Inoltre, come e' stato ripetutamente
affermato da questa Corte, ai fini della responsabilità sancita dall'art. 2050 cod. civ., attività pericolose non sono soltanto quelle
"tipiche", qualificate tali da specifiche norme dettate per prevenire infortuni o disastri (come nel caso degli artt. 46 ss. del t.u.
delle leggi di pubblica sicurezza del 1931), ma lo sono anche quelle "atipiche" che abbiano una pericolosità intrinseca o dipendente dalle modalità del suo esercizio, da accertarsi caso per caso: sent. nn. 8304 e 6241 del 1987; 3445 del 1985 e 3415 del
1971, tra le tante. La norma dell'art. 2050 citato, invero, ha una struttura "aperta", la quale rimette al prudente apprezzamento
del giudice del merito, secondo le nozioni che rientrano nella comune esperienza, la valutazione della pericolosità di una determinata attività anche quando questa sia stata esercitata dalla pubblica amministrazione (sent. n. 1394 del 1981) (omissis).
Il gestore di un impianto sciistico ha l'obbligo di predisporre una segnaletica adeguata della pista al fine di rimuovere eventuali situazioni di pericolo da parte degli utenti. Deve pertanto riconoscersi il nesso di causalità fra la
condotta omissiva del gestore stesso e la morte di uno sciatore fuoriuscito di pista a causa di tali mancate indicazioni.
Pret. Aosta, 24 dicembre 1993
Giur. merito 1994, 315 nota MATTEINI CHIARI
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3. Responsabilità penale.
Artt. 589 e 590 c.p.
Le persone che sostituiscono il capo-servizio o il macchinista negli impianti funiviari della regione Trentino Alto
Adige devono essere munite di certificato di idoneità soltanto se estranee al normale esercizio dell'impianto. Detto
certificato non è richiesto quando la sostituzione sia effettuata da persone non estranee presumendosi che queste, per essere conosciute dai tecnici responsabili, siano scelte tra agenti capaci e rispetto ai quali non sia necessario un ulteriore accertamento di idoneità.
L'evento colposo determinato in via immediata dall'azione di un soggetto non può essere ricollegato alla condotta
violatrice di norme di altro soggetto se i due comportamenti non siano reciprocamente legati da un rapporto eziologico, ma soltanto da una mera successione cronologica.
Cass. Pen., 18 giugno 1979 (sinistro 9.3.1976, Funivie Cermis)
Nell'incidente mortale occorso ad uno sciatore per la caduta in un crepaccio improvvisamente apertosi sulla pista
non e' ravvisabile una responsabilità del gestore degli impianti allorché' risulti che il sinistro e' avvenuto al di fuori
del tracciato controllato dal gestore medesimo.
Trib. Aosta, 16 febbraio 1981
Riv. dir. sport 1982, 342
Il gestore di impianti di risalita è tenuto ad assicurarsi che tutte le zone interessate alla discesa siano sgombre da
ostacoli di qualsiasi genere e, comunque, a far sì che eventuali ostacoli siano adeguatamente protetti.
Cass. Pen., 8 maggio 1985
In caso di accertata insufficiente tenuta delle morse di agganciamento sulla fune, dipendente da diverse cause e
tale da consentire la regressione delle cabine sui tratti di massima pendenza, sussiste una responsabilità da parte
del manovratore di tenere sotto controllo le condizioni di sicurezza dell'impianto.
Sussiste un'omissione colposa da parte del manovratore, che ha ordinato la rimessa in moto dell'impianto senza
accertare se nella situazione di fatto sussistessero ancora sufficienti condizioni di sicurezza nell'agganciamento
delle cabine che erano regredite sulla fune.
Trib. Aosta, 19 dicembre 1985
Riv. dir. sport 1985, 601.
Nel caso di lesioni subite da sciatore che scendendo lungo una pista di sci, a seguito di caduta, era andato ad urtare contro un pilone di sostegno di impianto di risalita, in mancanza di più specifiche norme, trova applicazione la
valutazione generalmente dettata dall'art. 43 c.p. in relazione ai reati colposi. A carico del responsabile di una pista di sci, stante la particolarità del settore e le peculiarità tecniche e' orientativamente ipotizzabile la colpa per
imperizia, configurabile nell'inosservanza del dovere giuridico di osservare le regole di condotta che tendono a
scongiurare eventi dannosi prevedibili secondo la miglior scienza ed esperienza del momento storico e dello specifico settore. In capo al responsabile sussiste il dovere di preparare e mantenere una pista predisponendo adeguati sistemi di sicurezza secondo il grado di difficoltà commisurata all'abilità degli utenti cui e' consigliata. Il grado di difficoltà della pista va individuato secondo la scala cromatica consigliata dal "Decalogo dello sciatore"
(F.I.S. Beyrouth 1967) normalmente utilizzata nelle stazioni di sport invernali. Nessuna cautela e' necessaria in
relazione ai pericoli evidenti che lo sciatore con la sua capacità e' in grado di fronteggiare. Va adottata la formula
assolutoria "il fatto non sussiste" quando manchi il nesso eziologico tra l'evento e la condotta dell'imputato.
Pret. Aosta, 26 febbraio 1990
Riv. dir. sport 1990, 200.
Il decreto del Ministro dei trasporti 15 marzo 1982, con allegato il regolamento di esercizio delle sciovie, prescrive
che "il servizio deve essere sospeso qualora ... lo stato della pista, ghiacciata, costituisca un pericolo per lo sciatore". Il giudizio sulla pericolosità della pista ghiacciata va collegato alla comune esperienza e prudenza del responsabile; tuttavia "lo stato ghiacciato" costituisce condizione obiettiva della sospensione del servizio ed essendo un presupposto del relativo obbligo non è suscettibile d'interpretazione estensiva. Lo stato "ghiacciato" è quello in cui la neve assume la colorazione, trasparenza e durezza del ghiaccio, tanto da non consentire il passaggio
né con gli sci, né con gli scarponi (salvo quelli chiodati), né con i veicoli cingolati da neve; lo stato "gelato", invece, è quello solo superficialmente duro, che può essere solcato dalle lame degli appositi sci ed è ricercato dagli
sciatori più esperti per la velocità che consente, ed è attraversabile con gli scarponi e con il "gatto delle nevi".
(Nella specie, la Cassazione ha annullato per difetto di motivazione in ordine all'effettivo stato della pista la sentenza di merito che aveva ritenuto il legale rappresentante e capo servizio di una società che gestiva una sciovia
responsabile della morte di uno sciatore che, staccatosi dal traino dell'impianto di risalita e precipitato in un ripido
avvallamento adiacente, era finito dopo 40-50 metri contro un masso, riportando così un trauma cranico che ne
aveva determinato il decesso)
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Cass. Pen., 2 marzo 1990 n. 2764
PRO-MEMORIA IN CASO DI SINISTRO
Si consiglia all’operatore di
prendere subito nota o almeno cercare di memorizzare:
- data, ora, luogo esatto del sinistro?
- condizioni meterologiche?
- condizioni di luce?
- condizioni di flusso degli utenti (intenso, scarso, ecc.)?
- passeggeri e/o addetti infortunati?
- addetti presenti?
- altri passeggeri presenti?
- oggetti presenti?
- anomalie segnalate o riscontrate (dell’impianto, della pista, dei passeggeri)?
- altri particolari rilevanti?
Data la sua utilità soprattutto pratica, si consiglia di portare sempre con sé un foglietto con questo pro-memoria
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CENNI BIBLIOGRAFICI
Di seguito si riportano alcune segnalazioni bibliografiche nella materia trattata, senza naturalmente pretese di esaustività.
1) ALPA, La responsabilità civile in generale e nell’attività sportiva, in Riv. dir. sport., 1984,
pg. 471
2) ALPA - BESSONE, La responsabilità civile, Milano 1976
3) ALVINO, Obblighi del custode ai sensi dell’art. 2051 c.c. e questioni relative, in Giust. civ.,
1976, I, pg. 551 ss.
4) BEVILACQUA, Responsabilità per infortuni derivanti da difetto di apprestamento o manutenzione delle piste da sci, in Riv. dir. sport., 1976, pg. 527 ss.
5) BIANCA, La responsabilità, Diritto Civile, Milano 2001 (rist.)
6) BUONOCORE, Il contratto di trasporto, in Contratti d’impresa, Milano 1993 (specie pg.
564 e 574 sul trasporto in seggiovia e in sciovia)
7) CATAUDELLA, I contratti, Torino 1990
8) CAVANI, Contratto di trasporto a fune e gestione di piste da sci: profili di responsabilità
contrattuale e aquiliana per danno da incidente sciatorio, in Dir. trasp., II/1992, pg. 579 ss.
9) CHINE’, Trasporto di persone e responsabilità del gestore di impianti di risalita, in Giust.
civ., 1993, I, pg. 2136 ss.
10) DE BASSA, In tema di responsabilità del gestore di impianti di risalita e di tutela
dell’utente, in Riv. giur. circ. trasp., 1989, pg. 764 ss.
11) DE MARCO, Responsabilità civile nel trasporto di persone e cose, Milano 1985
12) DI ORESTE, Responsabilità civile degli sciatori, in Riv. dir. sport., 1975, pg. 238 ss.
13) FERRI, Diritto commerciale, Torino 1993
14) FRATTAROLO, La responsabilità civile per le attività sportive, Milano 1984
15) GERACI, Responsabilità civile da attività sciatoria, in Riv. dir. sport., 1975, pg. 352 ss.
16) GIUDICEANDREA, La responsabilità civile e penale del gestore degli impianti di risalita,
in Riv. dir. sport., 1982, pg. 301 ss.
17) LIZZA, Sulla nozione di custodia ex art. 2051 cod. civ., in Giur. merito, 1977, pg. 81 ss.
18) MASTRANDREA, L’obbligo di protezione nel trasporto aereo di persone, Padova 1994
19) MIRABELLI, Dei singoli contratti, Il contratto di trasporto, Torino 1991, pg. 478 ss.
20) MONATERI, Cumulo di responsabilità contrattuale ed extracontrattuale (analisi comparata di un problema), Padova 1989
21) RINALDI BACCELLI, La responsabilità extracontrattuale del costruttore di aeromobile,
Padova 1987
22) ROMANELLI, Riflessioni sulla disciplina del contratto di trasporto e sul diritto dei trasporti, in Dir. trasp., 1993, pg. 295 ss.
23) ROVELLI, Il trasporto di persone, Torino 1970
24) SCOGNAMIGLIO, Responsabilità civile, Milano 1976
25) SILINGARDI – RIGUZZI, La responsabilità degli operatori turistici, in Riv. giur. circ.
trasp., 1988, 24, pg. 76 ss.
26) STELLA RICHTER, Contributo allo studio dei rapporti contrattuali di fatto nel diritto privato, in Riv. trim. dir. proc. civ., 1977, pg. 152
27) TALICE, Istituzioni di diritto pubblico dei trasporti, Milano 1968
28) TALICE, I trasporti comunali, Roma 1988
29) TRANQUILLINI-REALI, Il contratto di trasporto a fune, in AA.VV., Dai tipi legali ai modelli
sociali nella contrattualistica della navigazione, dei trasporti e del turismo, Milano 1996
30) VIDERI, La responsabilità civile nell’esercizio delle attività sportive, in Giust. civ., 1994, II,
pg. 208 ss.
31) ZUNARELLI, La nozione di vettore, Milano 1987
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Per ulteriori informazioni è possibile contattare l’autore ([email protected]).
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