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Perugia non è il bronx
SGRT NOTIZIE Quattro Qcolonne Poste Italiane S.p.A. - Spedizione in A.P. cronaca 70% regime libero – ANNO XXII n° 10 31 mAggIO 2013 – AUT.DR/CBPA/CENTRO1 – VALIDA DAL 27/04/07 cIclISmo la questione sicurezza nel capoluogo vista dal questore D’Angelo «Perugia non è il bronx» IL saLvatore PuccIo (team sky), festeggIa La magLIa rosa più controlli e più collaborazione dei cittadini. «Dai media distorsioni senza una reale verifica dei fatti» non solo il controllo della città attraverso l’attività giornaliera delle volanti, degli agenti in borghese e la sorveglianza delle telecamere. In questura si forniscono anche alcuni importanti servizi al cittadino. Le testimonianze di chi, quotidianamente, si adopera per la sicurezza del territorio. servIzI aLLe Pagg. Impegno sociale d’ItaLIa «noi, volontari a tempo pieno» ore e ore a contatto con il prossimo per arricchire se stessi Un professionista e un amatore si raccontano: mondi a confronto servIzI a Pag. 6 ArrAmpIcAtA La storIa deLLo scaLatore dalle cartucciere allo smartphone davId morresI: daI camPIonatI nazIonaLI aLLa T sceLta deL rItIro agonIstIco. neLLe sue ParoLe IL racconto dI una PassIone Sport in espansione: non solo montagna ma anche palestra servIzIo a Pag. 7 AzIenDe comPost LabeL è IL nuovo boLLIno comPLetamente bIodegradabILe e comPostabILe Per frutta ospedali, centri per anziani, caritas, associazioni per disabili ma anche canili e rifugi animali. sono solo alcune delle strutture che vivono grazie al lavoro di volontari di tutte le età che ogni giorno dedicano il loro tempo al prossimo. un universo silenzioso fatto di gente semplice che sacrifica la propria vita quotidiana aiutando chi è meno fortunato. quattro storie di volontari umbri. chiara ha trasformato la sua casa in un rifugio per cani abbandonati, gabriella cucina e assiste i rifugiati politici che hanno lasciato la loro terra, ottavio ha una associaizone che tutela i diritti, spesso calpestati, dei non vedenti. e poi c’è david che con un naso rosso da clown fa sorridere i bambini ricoverati al centro “daniele chianelli”. aLessandra boreLLa el pieno del mese che per antonomasia mette in crisi chi, di pollini, ne soffre, arriva il monito del medici: «Non curatevi da soli». Chi soffre di allergia, oltre un italiano su dieci, è sull’attenti già da diverse settimane. Ormai i rimedi si sono moltiplicati a dismisura e ne esistono per ogni esigenza: dalle cure sintetizzate in laboratorio a quelle omeopatiche, indicate soprattutto per evitare la tipica spossatezza da antistaminico. Cresce il numero di chi si cura da solo, tendenza confermata anche dalla presenza sul web dei più svariati metodi per contrastare le allergie di stagione. L’allergia ai pollini, aumentata di oltre 10 punti percentuale negli ultimi 50 anni (dal 3% al 15%), è ormai un problema talmente diffu- gIro 2013 taPPa deL maturità N conquIstata neLLa seconda 2-3 empi duri per i professori delle commissioni maturità. Controllare i furbetti era più semplice senza Internet; o quantomeno l’unico modo sicuro per copiare agli esami era munirsi di vere e proprie cartucciere con tanto di indice degli argomenti e dedicarsi alla miniatura amanuense, tecnica che ha accompagnato generazioni di studenti. Oggi invece, nell’era degli smartphone, pare che una maturità a prova di “copioni” costi circa un milione di euro: questa la cifra necessaria a dotare le scuole di dispositivi rilevatori di telefoni cellulari. La richiesta al ministro dell’Istruzione viene dall’Associazione nazionale presidi. Ma sarebbe complicato controllare anche i bagni, dove persino i più restii hanno la tentazione di cercare gli appunti nascosti, magari su touchscreen. Dai foglietti sotto i vestiti alle penne a luce infrarossa, alle microcamere. Per i più svogliati, ingegnarsi non è mai stato uno scoglio insuperabile come, forse, è lo studio. Evitare fughe di tracce sul web la mattina stessa dello scritto, però, è la prima vera preoccupazione generale. cIcLIsta umbro d’adozIone servIzI aLLe Pagg. 4-5 allergie L’incubo primaverile dei pollini Dalle allergie di stagione alle più particolari, aumentano i soggetti sensibili so da portare siti come ‘3b meteo’, a monitorare la concentrazione dei pollini nelle diverse città italiane. Mentre per quanto riguarda le allergie in generale, la Fimp (Federazione italiana medici pediatri) ha registrato, soltanto negli ultimi dieci anni, un aumento del 50% nei bambini. L’associazione italiana di aerobiologia ha diviso il bel Paese in almeno 10 aree a seconda dei pollini e delle zone geografiche: dalle graminacee alle betulacee, dal sud Adriatico alle Alpi. Indicativamente – riportano le istruzioni per l’uso – viene effettuato settimanalmente il riconoscimento di polline appartenente a 43 famiglie e 31 generi. E, ai tempi del web 2.0, non potrebbe certo mancare l’app gratuita per smartphone, rinominata “Pollinitalia”. Difatti sono proprio le mappe interattive sulla concentrazione dei pollini, al pari dei calendari pollinici, i più grandi alleati dei soggetti allergici. Dei pollini se ne sono trovate tracce anche in alcune vecchie tombe irachene risalenti all’uomo di Neandertahl, a riprova del fatto che uomo e pollini convivono da tempi remoti. Ma si dovrà attendere fino al 1500 per sentire parlare l’anatomista Leonardo Botallo di “catarro delle rose”. Starnuti, mal di testa, occhi arrossati: la prima definizione di allergia, al di là della credenza popolare che la vorrebbe legata ai segni dell’oroscopo, arriverà nel 1906. Un tempo di si diceva che chi nasceva in primavera avrebbe avuto più possibilità di sviluppare allergie ai pollini. Adesso è stato provato che potrebbe esistere una reale correlazione tra la e verdura. L’Idea nasce a PaLazzo dI assIsI Imprese umbre e innovazione: ecco la risposta alla crisi servIzI a Pag.8 data di nascita e la predisposizione all’allergia. Ma nel 2013 c’è ancora tanto da scoprire e le cause di alcuni tipi di allergie rimangono sconosciute. L’aumento delle tipologie di allergie, e dei soggetti allergici, dipende non solo dai cambiamenti climatici ma anche dai cambiamenti dell’uomo: dall’industrializzazione al miglioramento delle condizioni igieniche che, secondo gli esperti, impedirebbero al bambino di formare gli anticorpi (gli IgE) necessari a combattere certi tipi di sostanze. Alcune si curano facilmente e non cambiano il nostro stile di vita mentre altre, come l’allergia all’acqua, al sole o alle onde elettromagnetiche, possono incidere radicalmente sulle nostre abitudini. cecILIa andrea baccI 2 CRONACA un giorno in questura/1 31 MAggIO 2013 come si svolge il lavoro quotidiano sul territorio degli agenti Legalità e sicurezza 24 ore su 24 Ufficio immigrazione crocevia di vite tra passaporti e permessi Un grande aiuto può arrivare dalle segnalazioni che dovrebbero essere più frequenti e precise P erugia è diventata una città problematica no tutto ciò che può essere rilevante ai fini di per l’alta frequenza di microcriminalità e un’indagine. A ciò si somma il contributo delle la crescente presenza di immigrati. Feno- decine di telecamere dislocate in tutta la città, someni nuovi ai quali le forze dell’ordine non era- prattutto in centro e intorno alla stazione.» Perché spesso non si agisce in flagranza di no preparate. Ci siamo chiesti come la polizia lavori, giorno per giorno, per controllare il terri- reato? «Se si vuole che in un processo l’imputato ventorio e garantire la sicurezza dei cittadini. Ne abbiamo parlato con Carlo Marazia, dirigente del- ga condannato bisogna fornire sufficiente materiale probatorio; di conseguenl’Ufficio prevenzione geneza, più testimonianze di illecito rale e soccorso pubblico. si riescono a raccogliere più Ultimamente l’attenpossibilità ci sono. Ma per raczione si è concentrata sul cogliere questo materiale ci centro. Ma cosa si sta favuole tempo, le indagini possocendo in un’altra zona no durare mesi.» particolarmente probleLa volante della polizia matica della città, la staferma il sabato sera in Piazzione? za IV Novembre ha quindi «La stazione ha sempre una finalità fuorviante? rappresentato un punto de- L’Ingresso deLLa questura dI PerugIa «No, ha la sua funzionalità licato perché, per sua natura, è un luogo di passaggio. In più ci sono degli perché interviene in caso di liti o risse. Non può elementi che la rendono ancora più sensibile: è però sostituire un altro tipo di attività, che è quelpiena di vie di fuga e di zone in cui è facile na- la che si svolge di nascosto ed è indirizzata diretscondersi oltre a fungere da “frontiera” tra due tamente su personaggi sospetti e zone più sensizone della città. Perugia è divisa in 4 zone con- bili. È chiaro che la volante trollate a turno dalla polizia e dai carabinieri; que- della polizia funge da detersto tipo di organizzazione fa sì che ogni riparti- rente, facendo deviare l’attizione sia sempre vigilata da due o tre volanti e vità criminale in punti più non sia mai scoperta. La stazione si trova però nascosti.» Allo stesso tempo, però, al confine tra la zona 1 (il centro) e la zona 2, cosa che ne rende più problematico il controllo. Le non vedere una massiccia volanti rappresentano però solo un aspetto della presenza di pattuglie o nostra attività sul territorio, quello visibile. C’è poi notare che, in caso di attività illecite, non si quello invisibile, che è determinante per moni- interviene subito, può aumentare nei cittaditorare la criminalità. Ci sono poliziotti in borghe- ni il senso di insicurezza e di sfiducia nei rise muniti di telecamere nascoste che documenta- guardi della polizia. “ «È vero ma non può essere altrimenti. Bisogna distinguere tra le emergenze, che necessitano di un intervento immediato, e altri tipi azioni, che richiedono tempo. Non bisogna poi dimenticare che la polizia interviene su fenomeni già ampiamente radicati nella società e nell’assetto urbano. Il degrado, l’incuria, la scarsa illuminazione, la mancata integrazione degli immigrati, concorrono da un lato ad acuire la percezione di insicurezza nei cittadini e, dall’altro, a facilitare fenomeni di devianza. I controlli delle forze dell’ordine non possono essere l’unica soluzione.» Quant’è importante la collaborazione dei cittadini? «È fondamentale. L’ideale sarebbe che le chiamate fossero il più possibile precise. Qualche giorno fa abbiamo ricevuto la chiamata di una maestra che ci ha segnalato in Via delle Fonti Coperte lo spaccio di droga tra due persone. È stata così brava a descriverci il loro aspetto che siamo arrivati con la volante senza che si accorgessero di niente. Avevano ancora addosso la droga. Adesso hanno il divieto di dimora in Umbria. Spesso però le telefonate sono molto vaghe o sono semplicemente di sfogo. Tuttavia, anche queste sono importanti perché ci segnalano un problema. Bisogna sempre chiamare anche solo per segnalare una situazione sospetta. E poi ci sono le chiamate di persone anziane che vogliono solo un po’ di compagnia, a volte chiamano addirittura per sapere l’ora». la collaborazione della gente è fondamentale ” antoneLLa sPIneLLI se lo stalking diventa emergenza I l’ammonimento: uno strumento di prevenzione che a volte può evitare epiloghi drammatici n Italia una donna su quattro subisce almeno una violenza nel corso della sua vita: è il quadro tratteggiato dai dati raccolti dall’Istat e dalla Polizia. In questo panorama rientrano anche quelli che la legge del 2009 definisce “atti persecutori” e che nel parlare comune vengono chiamati stalking. Secondo le ricerche condotte dall’Osservatorio nazionale sullo stalking, il 55% degli atti persecutori vengono compiuti da ex fidanzati o mariti. E ci sono anche casi, circa un terzo del totale a livello nazionale, in cui sono gli uomini a subire molestie. Il dirigente della sezione anticrimine della questura di Perugia, Luca Sarcoli, nel tratteggiare il profilo dello stalker medio, ha parlato di uomini giovani, di solito al di sotto dei quarant’anni. Anche chi è in prima linea nell’assistere le donne che cercano aiuto sembrerebbe confermarlo. Marcella Bravetti è la presidente del Comitato internazionale otto marzo e risponde al telefono verde della sua associazione. Marcella racconta che molte delle donne che chiamano sono giovani che si sono lasciate da poco con il proprio ragazzo che non molla la presa. Ma in questa condizione si ritrovano spesso anche donne più mature, come dimostrano i fatti di cronaca che si susseguono in tutta Italia. Tra i casi più recenti: nei giorni scorsi l’arresto a Venezia di un cinquantaduenne che per mesi ave- “ le molestie possono essere indicatori di rischi più gravi ” va pedinato e minacciato l’ex compagna e in to ha una scadenza: di certo ci sono casi in cui provincia di Lucca il gesto estremo di un uomo viene revocato dopo alcuni anni. Le conseguenze dei casi di stalking non vanno che, dopo essere già stato denunciato dall’ex per sottovalutate: «A volte le molestie sono indicastalking, l’ha inseguita con un’ascia. tori del rischio che Stando alla legge possa succedere perché si possa parqualcosa di molto lare di reato devono più grave – spiega sussistere minacce Sarcoli – e può cao molestie ripetute pitare addirittura nel tempo e che coche si passi da una stringano la vittima situazione apparena vivere in uno statemente tranquilla to perenne di ansia all’omicidio, direto paura o a cambiatamente». Anche re le proprie abituqui gli esempi, purdini di vita. I confitroppo, sono nuni di questa definimerosi: 621 chiazione sono piuttomate in tre mesi da sto sfumati e spesso parte dell’ex fidansi prestano a esageLuca sarcoLI, caPo deLLa dIvIsIone antIcrImIne zato e pedinamenti razioni, come sottolinea anche Sarcoli, che da quando ricopre la fino al posto di lavoro non hanno fatto cambiapropria carica in questura si è trovato a respin- re idea a Cristina. Non è voluta tornare insieme gere delle querele per assenza di elementi suffi- al suo persecutore e per questo è stata aggredita con 19 coltellate. cienti. In realtà, però, un aspetto ancora più inquieDopo il boom di denunce arrivato con l’entante del problema è che ancora molte donne, trata in vigore della legge anti-stalking, ora si soprattutto giovani, non sanno cosa sia lo stal- verificano spesso casi di ritiro delle querele. È king o non conoscono gli strumenti a loro di- una dinamica comprensibile, se si tiene conto sposizione per difendersi. Uno strumento di che spesso le molestie arrivano da persone con prevenzione a disposizione della questura è le quali si ha un legame molto profondo. Ma l’ammonimento. Si tratta di un avviso verbale spesso la ragione è un’altra, più preoccupante, del questore, rivolto agli autori di molestie. La chiarisce Sarcoli: «in diversi casi le vittime non richiesta parte dalle vittime e poi la questura, si sentono tutelate, e per paura ritrattano tutto». una volta raccolte le informazioni, decide se accettarla o meno. Un problema è che la legislaantoneLLo PacIoLLa zione non chiarisce del tutto se il provvedimencaterIna vILLa In fILa aLLo sPorteLLo Per IL Permesso dI soggIorno n el cortile davanti all’ingresso dell’ufficio immigrazione i bambini giocano mentre aspettano i loro genitori in fila allo sportello. ci sono un paio di distributori di bevande e merendine e qualche panchina. Gli sportelli chiudono a mezzogiorno e mezzo. Un tempo, dice il capo di gabinetto Francesco Barba, la fila arrivava fino ai cancelli della questura. oggi il sistema è completamente computerizzato; dal 2007 il permesso di soggiorno è elettronico e per verificare l’identità dei richiedenti basta far loro infilare il dito in una macchinetta che riconosce le loro impronte digitali. le pratiche si sono alleggerite anche in seguito all’ingresso di nuovi paesi nell’Unione europea e al fatto che molti servizi vengono forniti in convenzione con poste italiane. È possibile, infatti, presentare istanza allo sportello postale e poi andare in questura semplicemente per ritirare il documento. le voci degli impiegati che chiamano i cognomi di chi ha preso appuntamento e il ticchettio delle dita sulle tastiere dei computer fanno da colonna sonora all’attesa delle persone venute per ritirare il permesso di soggiorno o per rinnovarlo. tra i servizi forniti dalla questura quello dell’ufficio immigrazione è uno dei più utilizzati, vista la forte presenza di stranieri in Umbria. Si parla di circa 55 mila soggiornanti nella provincia di perugia e di circa 20 mila pratiche trattate nell’ultimo anno, escluse le richieste da parte di cittadini comunitari. Secondo il dirigente dell’ufficio, il commissario capo claudio Giugliano, fino a qualche anno fa la comunità romena era la più numerosa, mentre ora la maggior parte degli immigrati proviene dal marocco e dall’ecuador. con la cosiddetta “emergenza nord Africa” di due anni fa, dichiarata conclusa il 31 marzo 2013, c’è stata un’ondata di rifugiati, circa 300 nel solo 2011, che però oggi sembrerebbe defluita dal momento che molte di queste persone o sono state espulse o si sono spostate in altre città italiane. Al primo piano della questura passano circa 300 pratiche a settimana, tra richieste di rilascio e rinnovo del permesso di soggiorno e lavorano in tutto 31 persone, tra poliziotti e impiegati civili, a cui si aggiungono gli interpreti, che parlano francese, inglese, tedesco e spagnolo. per lingue come l’arabo la questura si affida a consulenti esterni. ma l’ufficio immigrazione non fa solo questo. nella stanza della sezione che si occupa di espulsioni non c’è nessuno, due impiegati sono dal giudice di pace per formalizzare l’espulsione di due immigrati. Uno dei due sarà imbarcato su un aereo che lo riporterà in Albania, l’altro sarà scortato nel centro di identificazione ed espulsione di roma, visto che non possiede un passaporto. nel 2012, secondo dati forniti dalla questura, sono state effettuate circa quattrocento espulsioni, di cui 220 accompagnamenti. Spesso, però, «succede che ritrovi per le vie di perugia chi è stato espulso solo una settimana prima», come racconta un’impiegata civile. tante vite che transitano tra le scrivanie di questi uffici e rimangono impigliate in voluminosi faldoni e fascicoli nominativi, in cui sono contenenti passato e presente di queste persone venute qui a cercare un futuro. caterIna vILLa CRONACA 31 MAggIO 2013 3 un giorno in questura/2 «con l’omicidio di meredith Kercher nel 2007 i media hanno creato paura e insicurezza nella gente» «questa non è la città della droga» Il questore di perugia D’Angelo: «Il fenomeno spaccio è una tendenza in calo grazie ai nostri interventi e alla collaborazione dei residenti» P rimo incarico alla Questura di Torino, a Roma gran parte della carriera: dirigente della Sezioni Antirapine, Omicidi, Criminalità Organizzata; dal 1997 al 2003 Capo della Squadra Mobile romana. Nicolò Marcello D’Angelo è stato il Questore di Ascoli Piceno fino al 2006, per poi passare a Latina. Dal 30 settembre 2011 ha assunto l’attuale incarico di Questore di Perugia. Lo abbiamo incontrato al quarto piano di Via del Tabacchificio 21 insieme al Salvatore Barba, capo di gabinetto della Questura di Perugia. Due cellulari, due paia di occhiali. Il Questore D’Angelo definisce la sua una “carriera per scelta”. «Ho sempre desiderato fare l’investigatore e posso dire di averlo fatto per quasi vent’anni della mia vita. Ci è voluta fortuna ma soprattutto determinazione. Del resto i sogni non fanno parte di questo mondo». Roma, Latina, Ascoli Piceno, Perugia. Cosa significa lavorare in città così diverse tra loro? «Si tratta di realtà imparagonabili. Roma ha più di cinque milioni e mezzo di abitanti: c’è una manifestazione ogni giorno e un altissimo indice di criticità dato dalle mille anime della città. La capitale resterà sempre ricca di dinamiche complesse: nel 1980 fu falcidiata da numerosi fatti di sangue, basti pensare alla Banda della Magliana. Ancora oggi sono in molti a definirla “la grande lavatrice” della malavita. Perugia è fatta da poco meno di duecentomi- “ la anime; Latina ed Ascoli Piceno sono più piccole ma superano il capoluogo umbro in termini di estensione: questo ne rende sicuramente più complesso il controllo del saLvatore barba, caPo gabInetto territorio. Non va dimenticato inoltre, che le radici storiche di Perugia da secoli continuano ad essere il collante per chi vive nella città, fattore che è invece assente in centri più moderni». Perugia è una città in emergenza dal punto di vista della sicurezza? «Chi potrebbe seriamente parlare di emergenza? Posso affermare che abbiamo una bassa soglia di criticità, molte tipologie di crimine sono addirittura in calo. La strage negli uffici della Regione, l’omicidio di via Ricci, tutti drammatici episodi che, concentrati in pochi mesi, hanno dipinto questa città come la capitale di ogni male, il peggior posto in cui scegliere di vivere. Tutto è cominciato con il caso Meredith, una storia terribile che poteva accadere ovunque. Il mistero che ancora avvolge l’omicidio è stata un’occasione per molti giornalisti di fare del sensazio- perugia come il Far West? Un paragone assurdo ” salotto medievale concentrato nel centro storico, qualsiasi dinamica urbana risulta più evidente che in altri posti. Dopo la crisi del Maghreb nel 2011 sono arrivati moltissimi nordafricani che hanno la possibilità di spacciare ad un prezzo più basso; nonostante la crisi economica faccia da padrona, questo è un business che non conosce crolli. Sottolineamo inoltre che siamo in una città universitaria: molti studenti nIcoLò marceLLo d’angeLo, questore dI PerugIa non rinunciano alla canna. nalismo a dir poco controproducente. L’allar- A chi parla di centro storico degradato, ora in mismo mediatico crea sfiducia ed incrementa mano agli spacciatori, rispondo che è invece in una paura infondata nei perugini. mano all’ordine costituito. Con le nostre attiviPresupponendo che le tà di contrasto abbiamo recuperato molte aree notizie debbano essere diffuse, viene fatto un urbane in cui ora si passeggia tranquilli: indicauso improprio del linguaggio: uno schiaffo tra tivo in questo senso è il calo del numero di caubriachi non è “un’ennesima notte di risse”. si di overdose per oltre il 20%. Perugia è stata paragonata al Far West, al Molti abitanti del centro storico si sono spoBronx, senza una reale verifica dei fatti.» stati in periferia, è vero. Questo però è solo sinSiamo nella capitale della droga o anche tomo di una modernizzazione che avanza. Non in questo caso si tratta di allarmismi ecces- lasciamo più le chiavi alla porta, mettiamo l’ansivi ? tifurto in macchina. «Molti dimenticano che, come in tutti modelI tempi cambiano, le città si trasformano e li economici, a domanda risponde un certo ti- chi non lo capisce vive fuori dalla realtà. po di offerta. Del resto non esistono più neanche le mezEsiste un problema di spaccio, ma non in mi- ze stagioni». aLessIa marzI sura maggiore rispetto ad altre città. A Perugia, ma molti perugini del centro storico hanno paura parla luca Sarcoli, capo della divisione anticrimine: «In passato la situazione è stata critica ma ora sta migliorando» L o spaccio di droga è sicuramente il problema criminale più sentito dai cittadini di Perugia, e Luca Sarcoli, che dal 2011 dirige la divisione Anticrimine della Questura, ne è consapevole: «Bisogna prendere atto che un forte consumo, in effetti, c’è, per poi poter intervenire». Sarcoli riconosce che la situazione degli ultimi anni è stata critica ma, aggiunge: « Di recente abbiamo avuto un netto miglioramento». Nella Questura di Perugia sono tre gli uffici che si occupano di contrastare il traffico di stupefacenti: il primo è l’unità speciale antidroga della squadra mobile, coordinata da Marco Chiacchiera, che si concentra sulla lotta allo spaccio al dettaglio. Il secondo, anche questo impegnato nel contrasto della vendita di droga in scala più ridotta, è la Sezione criminalità diffusa, istituita con decreti recenti. Il terzo è la sezione criminalità organizzata, che contrasta i traffici internazionali e gestiti da organizzazioni più strutturate. Non è semplice districare il groviglio di cause che hanno portato Perugia ad essere afflitta in maniera piuttosto grave dalle attività legate alla vendita di droga. Una cosa è certa: gli spacciatori si installano soprattutto dove riescono a vendere molto, e in città negli ultimi dieci anni è notevolmente aumentata la domanda di stupefacenti, soprattutto per la presenza di molti giovani. La Polizia interviene, quindi, anche sulla domanda: molte persone, soprattutto in passato, venivano ad acquistare droga a Perugia da altre città vicine, e per loro di solito scattava il foglio di via, che per tre anni gli impediva di entrare nel capoluogo. Sono state usate anche altre sanzioni amministrative, come gli obblighi di permanenza notturna in casa, o il ritiro della patente. Molto spesso il traffico è gestito da extracomunitari, e i miglioramenti negli ultimi mesi sono arrivati anche grazie ai circa 400 provvedimenti di espulsione di spacciatori, rimpatriati nei loro paesi di origine, molti di loro in Tunisia, o trattenuti nei Cie. La situazione però, soprattutto nel centro storico di Perugia, rimane preoccupante, stando alle continue segnalazioni dei residenti. Qualcosa potrebbe cambiare quando, tra pochi mesi, aprirà il commissariato di Polizia in Piazza Danti, a pochi passi da quella via Ulisse Rocchi diventata il simbolo dell’emergenza droga in città. Il contrasto dello spaccio al dettaglio sta sicuramente portando dei risultati. Ma sarà più difficile fermare i traffici gestiti dalle grandi organizzazioni criminali, la cui presenza a Perugia è stata dimostrata da diverse indagini in passato. « In realtà- spiega Sarcoli- la situazione è molto fluida: non ci sono sempre strutture piramidali in pianta stabile sul territorio. Quasi sempre i traffici internazionali sono gestiti da persone che hanno contatti in vari paesi e cercano di sfruttarli. E anche le mafie si muovono quando trovano momenti propizi, per poi sparire per un po’, con rotte della droga che cambiano continuamente. Estirpare completamente il fenomeno sarà forse impossibile. Ma la comprensione di queste dinamiche sempre nuove potrà restituire ai cittadini un senso di sicurezza che ultimamente sembra diminuito molto. antoneLLo PacIoLLa I numerI deL fenomeno 30-40 euro il costo di una dose di cocaina in città, molto meno che nel resto d’Italia 200 kg di eroina smerciati ogni anno dall’organizzazione sgominata dall’operazione aladin, pochi giorni fa 221 le persone arrestate per droga dalla Polizia, tra il maggio 2011 e l’aprile 2012 5 dosi giornaliere di eroina ogni 1.000 abitanti a Perugia, un dato tra i più alti d’europa 500 gli spacciatori attivi in città secondo la Polizia IN ST T OR ER I V EE IS T E viaggio nell’universo del volontariato umbro clown terapy? «Non solo questo» «Q uando esco dall’ospedale mi sento leggero»: non lo dice un paziente, un infermiere o un medico. È David Moroni, 29 anni, uno dei volontari di Vip Clown, l’associazione che, attraverso il gioco, allevia la sofferenza dei bambini ricoverati nel reparto di pediatria dell’ospedale di Perugia. Lo abbiamo incontrato per farci raccontare la sua esperienza di «pagliaccio part-time». Come e quando ti sei accostato a questa realtà? «Da sempre mi occupo di volontariato, ho cominciato con gli scout da ragazzino. Adoro i bambini, da otto anni ne assisto uno a domicilio: ha subìto una lesione cerebrale, oggi ha 13 anni e ormai sono il suo «fratellone». Conoscevo Vip Clown da prima di farne parte; poi, circa quattro anni fa, ho deciso di partecipare agli incontri settimanali dei volontari, in cui si prepara il lavoro da svolgere nelle strutture interessate». Perché parli di «strutture»? Lavorate altrove? Come si svolge in concreto la vostra attività? «Operiamo sia nel reparto di pediatria del Silvestrini sia nella clinica Chianelli, attigua all’ospedale, dove si assistono i bambini malati di tumore. Il nostro lavoro, come è ovvio, viene affiancato da uno psicologo e si svolge in due contesti: la sala giochi, dove ci sono quelli che stanno meglio, e le camere. Qui le restrizioni sono maggiori ma noi cerchiamo di coinvolgerli il più possibile. Allestiamo degli spettacoli, giochiamo a nascondino, spesso improvvisiamo. Le attività sono varie, dipendono dall’età del paziente, dal sesso e, soprattutto, dalle sue condizioni. È fondamentale, inoltre, l’alchimia che si crea tra noi volontari, che rende più efficace tutto ciò che facciamo». La curiosità principale: perché lo fai? «Bè, mi ritengo fortunato: nella vita non mi è mai mancato nulla quindi ho sempre sentito il bisogno di impegnarmi per gli altri. Ho capito che il volontariato è ciò che fa per me, che mi arricchisce di più. Solo quando vedi soffrire un bambi- no ti rendi conto che ogni giorno ce la prendiamo per cose inutili, stupide, che rispetto alla salute di una persona sono niente, a maggior ragione quando quella persona non ha neanche dieci anni». Come riesci a non farti coinvolgere dal dolore? «A volte, dopo il lavoro, mi sento un po’ appesantito. È allora che capisco che quella condizione non deve toccarmi più di tanto. Mi ricordo sempre, mentre gioco con un bambino, che lui domani potrebbe non esserci più. Ma non è quello a cui penso, il mio compito è farlo distrarre, farlo divertire. Non gli chiedo mai «Come stai?», voglio fargli dimenticare dove si trova». Non è certo facile raggiungere da soli questa consapevolezza e questo distacco... «No, affatto. Oltre agli psicologi, c’è un’oncologa con cui facciamo degli «allenamenti preparatori». Chi si sente abbastanza sicuro per andare in oncologia deve sottoporsi a un percorso più intenso, a un maggior numero di ore di addestramento. Questi ultimi vengono chiamati «angeli» e sono sempre presenti, accanto ai volontari semplici, per così dire». In fondo, lo siete un po’ tutti, angeli. Cosa si prova ad essere considerati tali dai medici, dai genitori, da chi conosce il vostro lavoro? «Sai, non è compiacimento. Non lo faccio per impegnarmi nel sociale e mettermi la coscienza a posto, come spesso accade a chi si sente obbligato al volontariato, senza sentirne dentro l’esigenza. Mi fa stare bene, riesco a superare meglio le difficoltà e ciò che apparentemente può indebolirti (il dolore, la sofferenza) in realtà ti rafforza. Collaborando con Vip clown ho capito che i drammi della vita sono altri. In associazione, ci sono alcuni che hanno avuto casi simili in famiglia; io no, ma penso che l’avrei fatto lo stesso. Anzi. Lo avrei fatto proprio per questo». Per quanto prevedi di continuare? «Per sempre». E E E RI ST O VI ST TER IN Ospedali, centri per anziani, Caritas, associazioni per disabili e bambini malati ma anche rifugi per animali abbandonati. I mille volti di chi aiuta solo per il piacere di farlo nelle storie di gente comune chiara, la migliore amica dei cani C Nel 2011, secoNdo le stime dell’istituto di statistica, soNo più di gli 5 italiaNi che haNNo svolto uNa qualche attività gratuita. il voloNtariato è passato dal 6,9% al 10%. milioNi le perceNtuali Nei vari settori: saNità 28% - protezioNe civile 9,6% tutela dei diritti 2,8% - assisteNza sociale 27,8% - istruzioNe 3,2% sport 2% - ricreazioNe/cultura 14,6% - ambieNte 4,4%. aNtoNio boNaNata hiara, studentessa di veterinaria di 27 anni, arriva all’appuntamento in macchina. Da dietro il sedile spunta il musetto di Pepita, un incrocio di bassotto tedesco. «I padroni la stavano buttando nel cassonetto della spazzatura perché aveva la rogna. Non sono riuscita a staccarmene, alla fine l’ho tenuta con me». Gli ultimi due anni della sua vita Chiara li ha trascorsi quasi tutti accanto ai cani e ai gatti che ha strappato ad un destino di prigionia nei box dei canili. «Non so nemmeno io come ho cominciato. Un giorno, un amico che va a caccia mi ha raccontato che un conoscente voleva ammazzare il suo segugio. Mi ha chiesto aiuto per trovargli una sistemazione. Erano i primi tempi di Facebook, era più facile mettere gli annunci». Chiara incontra così una volontaria di Spello che le fa conoscere un mondo di cui le sapeva poco o nulla. Si rende conto che c’è tanto da fare: comprare cibo, occuparsi dei recuperi, trovare coperte e girare come una trottola per tutta la regione. Senza quasi rendersi conto si trova catapultata in un mondo che forse, in fondo, le era sempre appartenuto. Entra così a far parte dell’associazione “Banda a 4 zampe”. «Lavoriamo principalmente con i privati. Recuperiamo cucciolate o cani abbandonati. Le segnalazioni arrivano da ogni dove. La gente ti chiama tipo dal Trasimeno: “Ho trovato sti cuccioli, li puoi venire a prendere?”. Quando magari gli chiedo di avvinarsi un po’ a Perugia per venirmi incontro, spesso mi sento dire: “Ma è già tanto se l’ho salvato!”. Le chiamate per le segnalazioni arrivano anche alle tre di notte». Sorride Chiara: «Sì, mi alzo e ci vado. Ma non sono sola, ci sono altre ragazze, una di loro ha un box di fortuna e se il cane arriva ad orari tardi, gli facciamo trascorrere lì la notte e il giorno dopo lo segnaliamo all’Asl». Dopo aver recuperato i cuccioli, le ragazze della “Banda a 4 zampe” si preoccupano di farli microchippare, di vaccinarli. Tutto a spese loro. «Un grandissimo aiuto ce lo danno le Asl. Il servizio sanitario in Umbria è eccezionale, tant’è che sono abbastanza rari gli episodi di randagismo. Questa è un’isola felice rispetto a Roma e al Sud. Noi ci dobbiamo preoccupare delle segnalazioni di chi non vuole più tenere gli animali con sé. Ad esempio, gli stranieri che ritornano nei loro paesi d’origine o i contadini. Fino a qualche tempo fa se avevano la gatta in calore, ammazzavano i cuccioli. Ora almeno ci chiamano. Tanti sono disponibili alla sterilizzazione, che ovviamente è sempre a carico nostro. Per fortuna abbiamo delle cliniche che ci fanno dei prezzi di favore. Altrimenti non riusciremmo a farcela». Chiara è sempre in movimento, la stanchezza non la sente neanche più. «In un anno sono riuscita a fare dieci esami, per una vita così devi esser predisposta. Non mi riposo mai, studio di notte. Quando sono sotto esame cerco di concentrare tutte le cose che ho da fare in un paio di giorni della settimana. Poi abito da sola e questo mi permette di avere più libertà, anche se mia madre ama i cani. Mi ha sempre sostenuta. Comunque, alla fine, è inevitabile sacrificare la propria vita privata. È una scelta, la riesci a portare avanti se davvero ti piace. Adesso a casa ho 5 gattini, insomma piangono, strillano, gli devo dare da mangiare uno per uno. Poi ho tre cani e tre gatti miei e una colonia di 15 gatti fuori casa». Non si è mai pentita ed è felice così, Chiara. Anche se a volte è pericoloso: «Recuperando cani da privati si viene a contatto con realtà anche umane particolari. A volte ne va della nostra incolumità, gente che prima ti chiama per prendere il cane e poi ti aspetta davanti casa col fucile. Insomma sembra tutto normale, ma non lo sai mai cosa ti può accadere» michela maNciNi «do una mano gli altri perché sto meglio» «perché la città di perugia non ci vede?» Gabriella Adanti lavora da anni al centro Caritas di Todi a contatto con chi è davvero in difficoltà L’Aniu si batte per i diritti dei non vedenti: l’impegno per i taxi “sociali” e gli autobus con voci guida «O ggi che cosa ho fatto? Fatto spesa e cucinato. Poi in giro tutta la mattina per aiutare i rifugiati del centro Caritas a prendere i documenti. C’è un ragazzo pakistano che ha la figlia malata nel suo paese e si è fatto spedire i referti medici per farli vedere da un dottore tuderte. Insomma una giornata “tutti frutti”». Gabriella Adanti ha quarantacinque anni e vive a Cecanibbi, una minuscola frazione di Todi. Il suo cantante preferito è David Bowie, i libri che legge abitualmente sono quelli di Luciana Littizzetto e il film della sua vita è “Il miglio verde”. Gabriella è appassionata di animali, ha gestito per tanto tempo un importante allevamento di pastori maremmani ma senza mai dimenticare il prossimo:«Sin da subito mi sono trovata ad affrontare tante tipologie di disagi differenti. Ringrazio chi mi ha coinvolto in tutte queste esperienze, perché credo sia fondamentale per chiunque imparare ad apprezzare il gusto di darsi da fare per gli altri avendo in cambio qualcosa che ha un valore umano. Per certi versi le richieste che ci vengono fatte sono molto simili: una casa, un lavoro, un aiuto per risolvere questioni legate al permesso di soggiorno, un aiuto per orientarsi nel labirinto della burocrazia...però la cosa che cercano tutti è essere ascoltati e accolti. Ci sono persone che hanno bisogno di aiuto, di vero aiuto». «Si tratta di persone sole- racconta ancora Gabriella- senza documenti, che sono arrivate in Italia con mezzi di fortuna e con un futuro tutto da scrivere. Sono persone buone, persone che hanno visto con i loro occhi la guerra in Iraq e in Afghanistan, che hanno lasciato nella loro terra la propria famiglia di origine i figli e la moglie...sono senza niente! Ad alcune richieste come cibo e vestiario viene data una risposta quasi sempre immediata. Per altri interventi di tipo sanitario chiediamo ai medici. Se il problema coinvolge aspetti giuridico-legali abbiamo una rete di aiuto anche in quella direzione. Se serve accompagnare la persona in qualche ufficio, si fissa un appuntamento. Se cercano casa o lavoro, li aiutiamo attraverso i normali canali che potrebbe utilizzare un italiano. Talvolta gli stranieri sono talmente disorientati e parlano poco la lingua che anche fare una telefonata al loro posto risulta molto utile». Gabriella lavora nel centro della Caritas parecchie ore al giorno: «Mezza giornata almeno, ma quando torno a casa sono contenta. Vedere che grazie a piccoli gesti si riesce a cambiare e migliorare la vita di chi ha perso tutto provoca sensazioni difficili da spiegare con le parole. Certo non è tutto rosa e fiori. Alle volte si ha a che fare con persone problematiche, impaurite e intimidite dalla vita stessa. Vengono aiutati anche a cercare un lavoro ma prima servono i documenti e solo chi vive da vicino queste situazioni si rende davvero conto di quanto sia difficile riuscire a mettere un passaporto o un permesso di soggiorno nel portafogli. In Italia poi il lavoro non c’è e molti di loro se ne vanno all’estero». Dove? «Germania, ma anche Norvegia e Svezia e Finalndia lì ci sono ancora delle opportunità. Per me lavorare qui alla Caritas di Todi però è anche un modo insolito per arricchire la propria cultura senza leggere necessariamente i libri. Cucino, come oggi, carne “halal” cioè macellata secondo gli usi dei popoli mussulmani e poi il riso “pilaf ” che nei paesi L arabi o indiani è generalmente servito come contorno o base a cui aggiungere pezzetti di carne o pesce. Certo, confesso, come la pasta asciutta non c’è niente ma, questo si sapeva». Nicola mechelli Nell’ordiNe dalla prima foto a siNistra: david moroNi all’opera coN la sua batteria per la”clowN terapy” al ceNtro per malati “daNiele chiaNelli”; chiara costaNtiNi al lavoro iN caNile coN uNo dei taNti trovatelli iN cerca di uN Nuovo padroNe; gabriella adaNti iNsieme ad uNo dei rifugiati che affollaNo il ceNtro caritas di todi ; ottavio dorillo seduto su uNa paNchiNa iNsieme alla sua iNseparabile cagNetta NiNa o incontriamo in piazza Matteotti, davanti alla Corte d’appello del Tribunale di Perugia, dove lavora come centralinista. Ottavio Dorillo ha fondato a novembre 2012 l’Aniu, l’Associazione non vedenti e ipovedenti Umbria, una onlus che si propone, come da statuto, di «migliorare le condizioni socio-economiche, culturali e professionali dei privi della vista, facilitandone la piena integrazione sociale». Dai pochi soci fondatori che erano lo scorso anno, ora puntano ad arrivare a 50 associati e sono sulla buona strada. Ci siamo incontrati per parlare di volontariato, di come i membri dell’Aniu si impegnino per se stessi e per gli altri in assoluta gratuità, a volte sopperendo alle mancanze delle istituzioni. Camminiamo con lui per via Baglioni, che come corso Vannucci e gran parte del centro storico della città - ha il pavimento irregolare. «Ecco, immagina quanto è difficile per noi andare su queste strade. Io qui ho preso una distorsione al piede» ci dice mentre lo accompagniamo sottobraccio verso la Rocca Paolina. Da qui scenderemo a Fontivegge, dove ha sede la onlus. Durante il tragitto verifichiamo concretamente le difficoltà di uno spazio urbano pieno di barriere architettoniche, che ostacolano in tanti modi la vita di ogni tipo di disabile. Le scale mobili ne sono una piccola parte. Ottavio è un non vedente assoluto che convive da una vita con il buio perenne. Fino ai 13 anni solo ombre e contorni indistinti, poi più niente. Giunti nei pressi di casa sua, ci mostra il sentiero che percorre ogni giorno con la sua cagnetta Nina: una stradina sterrata sopra via Settevalli sommersa dall’erba alta, dove per chiunque è difficile avventurarsi. «Figuriamoci per un non vedente come me...» si lamenta, parlandoci delle segnalazioni inviate all’Ufficio aree verdi del Comune. «La nostra associazione non si rivolge solo ai privi della vista ma a tutti i disabili. Per questo vorremmo sensibilizzare le istituzioni su disagi comuni e diffusi». La peculiarità dell’Aniu sta in questo: una onlus basata sulla spontaneità del volontariato, che si concretizza nell’impegno di persone direttamente coinvolte. «Vorremmo istituire dei taxi sociali, che accompagnino quanti ne hanno bisogno per qualsiasi incombenza, dal fare la spesa al disbrigo di pratiche amministrative». E, a proposito di amministrazione, ci segnala l’interazione tra Aniu e Cesvol, il Centro servizi per il volontariato, cui sono affidate, appunto, tutte le questioni più strettamente amministrative. «Abbiamo fatto della nostra associazione uno strumento che incide soprattutto in ambito socio-sanitario e lavorativo. Oltre ai percorsi tattili, i mezzi pubblici - dagli autobus al Minimetrò - devono essere dotati del sistema di sintesi vocale». Al di là delle singole agevolazioni riconosciute ai non vedenti (le principali, gli assegni di invalidità riconosciuti dall’Inps), il presidente dell’Aniu segnala con orgoglio i piccoli successi ottenuti dall’associazione: «Una signora novantenne aveva fatto richiesta per il riconoscimento dell’invalidità e dopo due anni l’aveva ottenuta, ma senza diritto al trattamento economico. Noi siamo riusciti a farglielo avere». Ora Ottavio è impegnato a destinare tre caniguida ad altrettanti non vedenti. Il lavoro continua. aNtoNio boNaNata 6 SPORT Giro d’Italia, Salvatore puccio:« È stata una gioia immensa» 31 MAggIO 2013 luciano ciancaleoni, il ciclismo visto con gli occhi di un amatore L’umbria in rosa una vita in sella S alvatore Puccio, classe 1989, è da qualche giorno un vanto per tutti gli umbri. Ha infatti conquistato la maglia rosa al giro d’Italia dopo la seconda tappa, la cronometro a squadre che si è svolta ad Ischia. Puccio è nato ad Agrigento ma dall’età di 13 anni, per motivi di lavoro familiari, si è trasferito ad Assisi dove è riuscito a coronare il suo sogno: diventare professionista. Quando hai iniziato a correre in bici? «A sette anni con la mia prima bici da strada». Cosa ti ha spinto ad avvicinarti al ciclismo? «Mio fratello Antonino che ha due anni più di me andava in bici, così mi è nata la passione e ho seguito le sue orme. Attualmente è il direttore sportivo dell’unione ciclistica Petrignano». Quando sei diventato professionista? «L’anno scorso, dopo essere entrato a far parte del team Sky». Quand’è che hai capito che ce “l’avresti fatta”? «Forse quando da dilettante alla prima convocazione ho vinto il giro delle Fiandre». La più grande emozione che ti ha dato la bici? «Sicuramente la maglia rosa che ho conquistato il 5 maggio scorso. È arrivata in modo un po’ casuale ed è stata una gioia immensa, la ricompensa di tutti i sacrifici fatti in questi anni. Ancora oggi fatico a crederci». Obiettivi futuri? «Sono tanti i giovani che vorrebbero essere al mio posto, corro per uno dei team più forti al mondo, devo ringraziare la squadra e tutti gli addetti ai lavori. Un giorno, spero di diventare capitano di un grande team, per adesso mi godo questo momento, ma so che dovrò fare ancora molta strada, molta gavetta». Secondo te come mai il ciclismo, nonostante gli scandali, ha tutto questo successo? «Perché è lo sport più popolare, è un mix di emozione e fatica allo stato puro». L saLvatore PuccIo In magLIa rosa Cosa pensi della piaga del doping? «Il doping va debellato. Negli ultimi anni penso che si stia facendo veramente molto per combatterlo, con ottimi risultati». uciano Ciancaleoni, 52 anni, è un cicloamatore folignate di lungo corso: oltre 25 anni in sella, molti dei quali trascorsi nel “gruppo ciclistico sportivo Luigi Metelli”, una squadra che conta oltre cento iscritti ed è anche un gruppo di amici. Quando è nata la passione per questo sport? «Ho iniziato con la mountain-bike, il mio primo amore, nel 1985, con dei giri di poche ore, in collina. Poi ho acquistato la bici da strada e dopo aver conosciuto altri appassionati sono entrato a far parte del team Metelli». Così hai abbandonato il “primo amore”? «Il passaggio è stato una conseguenza naturale. Ora la mountain bike la uso soprattutto d’inverno, da solo. Ed é un po’ come tornare indietro nel tempo». Quanto spende un cicloamatore? «Sui 1.000-1.500 euro l’anno di media per le Professionismo e dilettantismo: due anime del ciclismo a confronto le storie del professionista Salvatore puccio e dell’amatore luciano ciancaleoni. mondi lontani per origine, età, risultati ed obiettivi. Salvatore a soli 24 anni è entrato a far parte dei fantastici nove del team Sky, la squadra inglese che l’anno scorso si è aggiudicata il tour de France. e ha conquistato la maglia rosa. luciano da oltre 25 anni corre sulle strade nazionali ed internazionali con i com- pagni del gruppo luigi metelli, arrivando in Spagna ed in Sicilia, firmando ogni giorno piccole imprese. le loro strade si sfiorano idealmente sulle salite delle Dolomiti, dove Salvatore combatte a maggio nel Giro d’Italia e luciano suda e pedala a luglio. In realtà si si incontrano ogni volta che salgono in sella: è la passione ad unire tutte le anime del ciclismo. Chi è il tuo idolo? «Oscar Freire (ex velocista spagnolo che si è ritirato l’anno scorso, dopo aver vinto tre campionati del mondo)». Perché proprio lui? «Perché è un passista scalatore, ovvero per chi non si intende di ciclismo, vuol dire che va bene sia in pianura che in salita eccezion fatta per quelle con le pendenze più dure. Proprio come me». attrezzature, ma la cifra sale se si fanno uscite fuori regione». Voi le organizzate? «Un paio ogni anno: l’ultima in Sicilia. Per raggiungerla siamo scesi in macchina fino a Napoli, poi il traghetto per Catania. E da lì finalmente ci siamo mossi su due ruote». Tornando in Umbria, quali sono le gare, a tappe e non, alle quali partecipate? «Le principali sono la Strasubasio, la San Valentino, il gran Fondo della Pace e la Ponte f.f e m.g. LucIano cIancaLeonI, durante un’uscIta In bIcIcLetta San giovanni. Per queste il percorso varia dai 100 ai 130 km. Ce ne sono altre con itinerari più brevi, stabiliti di volta in volta. Le gare a tappe sono per professionisti». E come si diventa tali? (Sorride)«Ne conosco alcuni: sono ragazzi nati in bicicletta e hanno un talento fuori dalla norma. Il cicloamatore è animato da passione e dalla voglia di divertirsi». La bici ti ha dato più gioie o dolori? «gioie. Da diversi anni vinciamo il Campionato regionale a squadre per amatori... ci siamo anche stufati, ormai.. Anche andare e tornare a San Marino in un giorno è una soddisfazione.» Al Giro d’Italia, si continuano a vedere strade invase da appassionati. Come spieghi, nonostante i continui scandali legati al doping, questo successo? «È lo sport più popolare per diverse ragioni: è quello che è cambiato meno nel tempo, poi condensa l’essenza della fatica e c’è il contatto diretto con i propri beniamini, una cosa impensabile nel calcio o nei motori». Quando appenderà al chiodo la bicicletta? «Mai!». federico frigeri e manlio grossi da spoleto ad assisi in bicicletta ll progetto del consorzio della bonificazione unisce lo sport, il turismo e la riqualificazione del territorio T utta L’Umbria in bicicletta. È questo lo scopo del progetto chiamato “Ciclismo promozione del territorio e garanzia per la salute” che consiste nella realizzazione di una pista ciclabile di circa 60 chilometri che collegherà Spoleto ad Assisi. Il progetto, in parte già realizzato ma che verrà completato entro la fine del prossimo anno, vede impegnato in prima linea il Consorzio della bonificazione umbra, con sede a Spoleto, città di partenza della pista ciclabile. L’idea, come sottolinea il direttore del Consorzio Candia Marcucci, «nasce già negli anni ‘90, quando il Consorzio e la Comunità Montana dei Monti Martani pensarono assieme di provare a fare una via di mobilità dolce che usasse le strutture arginali dei nostri fiumi e che permettesse agli amanti della pedalata di andare da Spoleto a Assisi». La pista rappresenta la “spina dorsale” di tutta la valle tra le due città umbre «permetten- do così di visitare tutti i nostri borghi e di godere dei meravigliosi paesaggi che Regione ci ha regalato» sottolinea Marcucci. Punto di partenza della pista è il terminal ‘Le Mattonelle’, ancora non completato. In passato l’edificio era la sede di una fabbrica, ma dopo l’acquisto e la ristrutturazione da parte del Consorzio della bonificazione umbra, ospiterà un’ attività di ristoro, un’officina e un punto di noleggio per le biciclette. Il progetto non ha solo uno scopo sportivo, ma mira anche a «far scoprire i nostri luoghi e allo stesso tempo riqualificare alcune aree del territorio, come è avvenuto per la vecchia fabbrica, ora terminal della pista». Nelle zone già percorribili della pista ciclabile, sono molte le persone che si incontrano lungo il percorso. L’iniziativa, infatti, ha avuto il parere favorevole degli spoletini e non solo. Non resta quindi che munirsi di una bicicletta e pedalare per scoprire tutta L’Umbria. m. g. 7 SPORT 31 MAggIO 2013 David morresi ci racconta la sua grande passione per l’arrampicata in falesia e per il boulder La mia droga: adrenalina e vertigine Dalle vittorie in campo nazionale ed internazionale al ritiro agonistico: «ma non ho mai pensato di smettere» H con vari gradi di difficoltà standard, l’8b+ a le mani ancora bianche di magneLe discipline principali è uno dei più impegnativi. site (la polvere bianca che serve a Questa tua passione si limita all’ardare grip maggiore per arrampica- con il termine arrampicata sportiva si indicano l’insierampicata sportiva o sei anche un alpire), il fiatone e gli occhi che gli brillano, men- me delle discipline sportive che discendono dall’alpinista? tre ci racconta della sua grande passione. Si nismo e che nascono a partire dagli anni Settanta (in Amo molto la montagna, ma la vivo più sta allenando in palestra, al boulder. Umbria metà degli anni ottanta). l’arrampicata sporda “pensionato” che da atleta. David Morresi ha 30 anni e da quattro tiva, può essere libera o artificiale (su roccia, ghiacNegli ultimi anni abbiamo assistito non partecipa più alle competizioni agoni- cio o indoor): si differenzia per l’utilizzo o meno di ad un boom delle iscrizioni a questo tistiche «Ma non ho mai pensato di smettere, strumenti che aiutino nella salita (corde o imbraghi po di attività sportive, cosa ne pensi? è una droga, dà dipendenza ed è un modo non sono considerati aiuti, in quanto sono necessari Si, credo sia un po’ la moda del momenper sfogarmi e stare bene con me stesso do- per questioni di sicurezza). le varie attività per le quali esistono anche le rispetto, soprattutto tra i 15 e i 22 anni. Certo, dipo una giornata di lavoro». spiace che i giovani non escano su roccia e Come nasce questo tuo amore profon- tive competizioni agonistiche sono: Lead (difficoltà): si effettua su vie che aumentano si dedichino all’arrampicata solo come se do per la disciplina? fosse una palestra di corpo libero. Sono poVentidue anni fa, avevo 8 anni, e mio zio di difficoltà fino al limite delle possibilità umane; chi quelli che organizzano il sabato o la domi portava con lui ad arrampicare. Ho segui- boulder: nasce negli anni ‘40-’50 negli Usa e consimenica per andare all’aria aperta, in falesia to le sue orme. All’epoca non c’erano pale- ste nell’arrampicare su vie basse (3-4 metri) di diversa difficoltà, senza l’uso dell’imbrago. la sicurezza è o sui massi da boulder per passare del temstre. garantita da morbidi materassoni; po con gli amici e condividere questo loro Quando e perché hai iniziato a fare le velocità: vie semplici da percorrere nel minor tempo interesse. gare? In aLto: davId morresIo ImPegnato In varIe dIscIPLIne. possibile. L’ultima domanda è proprio sulHo iniziato quando avevo 22 anni, perché f L ) soPra: arramPIcata sPortIva In faLesIa ( l’aspetto umano di questo sport. Seconun mio amico partecipava e sosteneva che io do la tua esperienza, rispetto ad altre atsarei stato sprecato ad allenarmi senza avere qualQuali sono le tue paure e i tuoi punti di sponsorizzati, anche se non fai più gare. Cotività, favorisce di più la socializzazione? che soddisfazione agonistica o riconoscimento. forza? me mai? Certamente si. Io ho stretto amicizie molto In realtà io non ho molto spirito di competizioLa paura è legata all’altezza, al fatto che lassù Ho due sponsor che mi sostengono. Non sone, sono molto emotivo e la soffro. Ecco perché sei solo e gli strumenti potrebbero in qualche no eccezionale in competizione ma sono molto forti anche con ragazzi stranieri che ho conoho smesso. Sono stato campione e vice campio- modo incepparsi e farti rischiare la vita. Questo bravo ad affrontare vie complesse in falesia e nel- sciuto viaggiando. Legami autentici, incontri con ne regionale, ho ottenuto ottimi piazzamenti a li- in falesia. Invece il boulder, l’altra disciplina che la disciplina boulder. In tutta Italia siamo in po- altre culture. Il rivale non è mai un nemico, ma vello nazionale (miglior risultato un bronzo nel io amo molto, è diversa, non ci sono vertigini, chi ad avere all’attivo i gradi 8b+ in falesia e boul- un compagno. Il boulder in particolare è molto campionato assoluto di arrampicata sportiva nel posso fare affidamento solo su me stesso. der appunto. In pratica quando si affrontano dei conviviale. soPhIe tavernese e federIco frIgerI 2005) e anche a livello internazionale. Nel centro Italia sei uno dei pochi atleti percorsi di arrampicata, questi sono segnalati foto dI ederIco ILLaccI arrampicare & scalare, non solo le montagne Dagli anni ottanta fino ad oggi, uno sport in continua ascesa. palestra, ma anche alberi ed edifici B oom di iscrizioni ed esplosione di curiose alternative alle classiche attività di boulder o arrampicata sportiva in palestra e falesia. «Siamo passati dai dodici iscritti alla palestra negli anni Novanta, quando abbiamo aperto, agli oltre 300 attuali. All’inizio è stata dura convin- soPra: bouLder neLLa PaLestra tacche e svasI f L ) cere le mamme a far parteci- dI madonna aLta a PerugIa ( a destra: street cLImbIng aLL’acquedotto pare i loro bambini. Questo romano ( r P ) sport era visto come pericoloso. In realtà fatto in maniera coscienziosa e nire qui e non rocon tutte le precauzioni del caso non è diverso vinarsi le unghie». In Umbria la dalle altre attività» dice Carlo Baccarelli, presidente della storica palestra Tacche e Svasi di Ma- storia dell’arramdonna Alta a Perugia (la prima ad aprire in città picata sportiva nel 1992 e una delle più grandi nel centro Italia). inizia in Altolina, sul sasso di Pale (Foligno) nel «La nostra struttura è decuplicata negli ultimi 1985. Da allora la disciplina si è evoluta e diveranni, la metratura è passata da 70 a 700. Inoltre sificata. Tra le attività più curiose che hanno rila frequenza giornaliera è in crescita, almeno 50 scosso successo negli ultimi tempi, lo street climpersone ogni sera» spiega Carlo Baccarelli. Inte- bing. «Si tratta di un’arrampicata libera, non chioresse in crescita non solo tra i ragazzi o gli uo- data, sulle mura di palazzi ed edifici», spiega Ricmini, ma anche tra le donne; «nonostante gli im- cardo Panella, 29 anni, appassionato e tra i priprevisti e le difficoltà molte si dedicano all’ar- mi ad interessarsi alla specialità, «In Umbria rampicata, certamente non si può pensare di ve- sfruttiamo la cornice dei nostri borghi arroccafoto dI foto dI Iccardo aneLLa ederIco ILLaccI ti». È così che nel luglio 2012 ha organizzato Kukkoblock, un evento speciale nel cuore del Parco del Monte Cucco: «In quell’occasione nel paese di Costacciaro sono venute 400 persone, anche da fuori regione», continua Riccardo, «per partecipare ad una manifestazione che univa lo sport al turismo e alla riscoperta dei nostri parchi». Ma il culmine è stato raggiunto nel centro storico di Perugia; il fotografo statunitense Steve McCurry li ha immortalati in un paio di passaggi per la sua mostra Sensational Umbria. E poi c’è chi sceglie gli alberi. Il tree climbing nasce come tecnica per operazioni di lavoro (potatura, ancoraggio ecc...) sulla chioma degli alberi poi diventa arrampicata sportiva con campionati nazionali (a Roma, si sono appena svolti nel week end del 18-19 maggio). «Per ora è un’attività per pochi appassionati, perché ci vuole attenzione in quanto si scala un essere vivente che non bisogna danneggiare» spiega Marco Rinaldi, presidente dell’Associazione Alberi Maestri di Assisi. s.t. e f.f. I 150 anni del cai di Perugia la montagna come metafora per eccellenza di ogni sfida della vita. I valori fondanti del cai (club alpino italiano) sono la competenza, la curiosità, la passione. Quest’anno la sezione perugina ha raggiunto quota 800 iscritti. Un grande successo che rende ancora più significativo il 150° anniversario dalla fondazione. «nel 1875 Giuseppe Bellucci, uomo di scienza oltre che di montagna fonda il cai nel capoluogo umbro. la nostra peculiarità è questa unione tra passione per la ricerca e passione per la montagna. Quando è nata la sezione era costituita infatti da uomini di lettere, da scienziati, biologi e ricercatori» ha spiegato nicola Biancucci, segretario del cai di perugia. numerose le iniziative per ripercorrere un secolo e mezzo di storia. Incontri, letture, concerti e una mostra all’interno della rocca paolina.In Italia le sezioni del cai sono numerosissime, superano quota 490. Quella perugina è la 4° del centro-sud. Il cai non è solo passione per la montagna, ma anche hobby e tempo libero. Un modo anche per fare amicizia e socializzare. “la montagna unisce” è il motto del club e di questo 150°. Dieci giorni che fondono storie e persone che condividono la passione per la natura, per le vette e per gli abissi, per quell’adrenalina che porta gli altri a chiedersi “perché andate?”. soPhIe tavernese InnovazIonI 8 31 MAggIO 2013 Innovazione, ricerca e ecosostenibilità: nasce “compost label”, etichetta adesiva biodegradabile prodotta da polycart Il bio-bollino è tutto umbro I a partecipare alla Fiera InternaIl futuro, in Umbria, zionale sulla sostenibilità amè sempre più green. bientale e sulla carbon footprint Ed è proprio nel di Udine dal 17 al 19 maggio cuore verde d’Italia che è 2013. Un’occasione in più per nato, qualche mese fa, il mostrare le diverse applicazioprimo bollino ecologico ni dell’adesivo bio: dalla frutta per frutta e verdura. Si alle etichette per le bottiglie di chiama Compost Label olio e vino o gli scontrini emesed è l’adesivo interamensi dalle bilance elettroniche nei te biodegradabile e comsupermercati, non appena i sacpostabile ideato e sperichetti di plastica attualmente in mentato da un’azienda di uso saranno sostituiti con quelPalazzo d’Assisi, la Polyli compostabili e riutilizzabili cart Spa, che da anni è per la raccolta differenziata. specializzata nella produ«Oltre a dare una mano all’amzione di imballaggi flessibiente, utilizzare adesivi e imbili in materiali plastici e ballaggi in Mater-bi comporta biodegradabili. anche un certo recupero di L’idea è stata realizzata in competitività, dato che quasi il collaborazione con gpt IL bIo-boLLIno comPost LabeL, Prodotto daLLa PoLycart dI PaLazzo d’assIsI 90% di tutti gli imballaggi flessisrl, gruppo Poligrafico Tiberino, una rete di 21 imprese del settore che ai fondi europei che la Regione Umbria ha mes- bili utilizzati per frutta e verdura sono prodotti hanno deciso di condividere i propri knowhow so a disposizione. «Questo bollino – prosegue fuori dall’Unione Europea». Resta, dunque, solo per realizzare progetti innovativi e all’avanguar- Bianconi – è un’etichetta dal cuore verde, perché l’incognita del prezzo, facilmente superabile se il dia. «Il bollino ecologico è figlio di questa men- tutte le fasi produttive si svolgono nel tratto di consumatore fa propria una valutazione ambientalità, di tante competenze e idee progettuali che, E45 che percorre la nostra regione. Il granulo tale semplice: zero impatto ambientale grazie al messe insieme, trasformano anche una piccola di Mater-bi, cioè la materia prima, viene prodot- compostaggio. idea in un grande progetto», spiega Luca Bian- ta nello stabilimento ternano della Novamont, Per vedere questa etichetta su frutta e verdura arriva alla Polycart dove diventa bollino e viene nei supermercati della grande distribuzione, peconi, amministratore della Polycart. Così nel 2009, dopo una chiacchierata con Lu- quindi stampato e adesivizzato alla Cartotecni- rò, dovremo aspettare ancora un po’, almeno tutta l’estate 2013. «Stiamo finendo il percorso ca granata, amministratore delegato di Melinda, ca di Città di Castello». consorzio che raccoglie più di cinquemila pro- Compost Label è nato solo qualche mese fa ma di certificazione del bio-bollino – spiega ancora duttori di mele in Val di Non, nasce l’idea di ha già fatto il giro d’Italia ed è stato presentato al Bianconi – e stiamo continuando a studiare la diun’etichetta attenta all’ambiente ed ecososteni- Salon International Emballage di Parigi. Intan- stribuzione del prodotto a livello industriale» LucIna PaternesI meLonI bile. Idea poi sviluppata e realizzata anche grazie to dal ministero dell’Ambiente è arrivato l’invito La storia di un capo di moda in un chip L La materia prima un sacchetto In mater-bI Il mater-Bi è una bioplastica formata da componenti vegetali, come l’amido di mais, e polimeri biodegradabili. Brevettato e commercializzato a partire dal 1990 dalla novamont, azienda chimica leader nel settore, si presenta sotto forma di granuli ed è lavorabile come qualsiasi altra materia plastica. È interamente biodegradabile e compostabile, cioè si trasforma in sostanza organica, tipo terriccio, che può essere utilizzata come fertilizzante. oltre ad essere utilizzato per la produzione di piatti, posate e bicchieri, dal 2011per fare la spesa è obbligatorio utilizzareshopper e sacche esclusivamente in mater-Bi, carta o stoffa. l’Italia è stato il primo paese a recepire la normativa comunitaria sui rifiuti da imballaggio e, in particolare, sui sacchetti in plastica per il trasporto delle merci, ma non era prevista nessuna sanzione per chi non rispettava l’obbligo. con l’entrata in vigore del decreto ministeriale del gennaio 2012, a partire dal prossimo agosto saranno, però, messe al bando tutte le sacche e gli shopper non biodegradabili e compostabili secondo la norma europea en 13432, con pesanti sanzioni per chi non rispetta tale obbligo. L. P. m. Gianluca mirabassi: «Garantiamo la qualità dei nostri capi puntando sul made in Italy» a crisi del tessile, la voglia di andare avan- ogni capo, una squadra capitanata dai figli di Miti puntando sulla qualità e, parallelamen- rabassi, Nicola e Andrea. te, la convinzione di dover puntare sui Un’Italia, quella del tessile, messa sempre più giovani per poter in ginocchio diventare un dalla crisi: ne azienda leader del sono un esemsettore: ecco la pio i casi di Praformula del sucto e Biella, stocesso della Sterne rie in declino di International Spa, un settore agli un’azienda nata sgoccioli, verso nel 1993 sotto la una delocalizzaguida della stilista zione sempre Lorena Antoniazzi più feroce. Ma e di suo marito gianluca Miragianluca Mirabasbassi ha deciso si. «I nostri prodi dire no alla IL chIP aPPLIcato su aLcunI caPI dotti sono di quadelocalizzaziolità e noi ci teniamo a dimostrarvelo» spiega sor- ne per valorizzare non solo l’Italia, ma sopratridendo Mirabassi. E dimostrare la propria af- tutto la sua regione di provenienza e di lavoro: fidabilità, nonché la qualità dei propri prodotti, l’Umbria. ripaga con la fedeltà dei clienti, soprattutto di I risultati ottenuti dalla Sterne e dal marchio quelli stranieri che rappresentano ormai il target Antoniazzi hanno ripagato le scelte azzardate di principale della Sterne. Mirabassi, che adesso vanta una crescita annuaAl centro della rivoluzione della Sterne Inter- le del 30%. «Siamo una delle poche aziende ad national c’è la tutela del consumatore contro la andare bene. Abbiamo ideato brevettato un procontraffazione. Il chip non è certo una novità: cesso di tracciabilità dei prodotti sfruttando la innovativo è il suo utilizzo per la tracciabilità dei tecnologia R-fid studiata appositamente per filati e quindi come garanzia del made in Italy. mettere in rete tutta la storia del capo, dalla priAlle spalle del chip, inserito dietro l’etichetta di ma all’ultima fase di lavorazione». E in Umbria Quattro Colonne Anno XXII numero 10 – 31 maggio 2013 Periodico del Centro Italiano di Studi Superiori per la Formazione e l’Agg.to di Giornalismo Radiotelevisivo Direttore responsabile: Antonio Socci Presidente: Innocenzo Cruciani Coordinatori didattici: Nunzio Bassi Dario Biocca Redazione degli allievi della Scuola a cura di Sandro Petrollini SGRT Notizie Registrazione al Tribunale di Perugia N. 7/93 del aprile 1993 i Mirabassi non sono certo i soli. L’eccellenza teria prima, per esempio sul filato utilizzato di della Sterne International fa parte di una rete di capo in capo. I prodotti della Sterne si rivolgono principalaziende tessili che ha il capofila in Brunello Cucinelli, re del cashmere. mente a chi sceglie il prodotto italiano in cerca Tutto nasce dal concetto, fin troppo aggira- della qualità, dell’artigianalità. All’interno del bile, di “made in Italy”. «In Italia – spiega Mi- chip sono contenute tutte le informazioni che rabassi – la legge è facilmente aggirabile perché il cliente vorrebbe sapere a proposito del capo bastano due fasi di produzione, come il lavaggio che sta acquistando. E la verifica non potrebbe o l’imbustamento, per garantire l’italianità del essere più facile. Oltre a introdurre il codice del capo». Una scelta, quella della subfornitura a prodotto sull’apposito sito web (www.lorenaantoniazzi.net), si può piccoli artigiani locali specializzarisalire alla storia del capo anche attraverti, che ha perso il codice QR messo alla Sterne (quick read), scandi fare il salto di qualità. «Il chip sionabile con un qualsiasi smartphoporterà in rete, e ne. quindi alla portata di un click, la Così la storia di un capo d’abbigliadimostrazione che tutte le fasi mento si digitalizza per diventare un codi lavorazione dei nostri capi dice a barre o un circuito elettrico. avvengono realIL codIce qr (quIck read) Per smartPhone mente in UmEppure, a proposito bria» sottolinea Mirabassi. Registrare ogni pas- della commercializzazione del suo chip, Mirasaggio per dimostrare la provenienza e la desti- bassi non ha dubbi: «Venderlo? Non ci ho nemnazione del capo, la data e l’ora degli interventi meno pensato. Alle grandi aziende delocalizzaa seconda della fase di lavorazione. Oltre ai pas- te non interessa questo tipo di qualità». saggi di produzione anche tutti i dati sulla macecILIa andrea baccI In redazione Laura Aguzzi – Cecilia Andrea Bacci – Carlotta Balena – Antonio Maria Bonanata – Alessandra Borella – Edoardo Cozza – Nicole Di giulio – giuseppe Di Matteo – Federico Frigeri – Lorenzo Maria grighi – Manlio grossi – Michela Mancini – Alessia Marzi – Nicola Mechelli – Alessandro Orfei – Antonello Paciolla – Meloni Lucina Paternesi – Michele Raviart – Valentina Rossini – giulia Sabella – Luca Serafini – Antonella Spinelli – Sophie Tavernese – Caterina Villa Segreteria: Villa Bonucci 06077 Ponte Felcino (Pg) Tel. 075/5911211 Fax. 075/5911232 e-mail: [email protected] http://www.sgrtv.it Spedizione in a.p. art.2 comma 20/c legge 662/96 Filiale di Perugia Stampa: graphic Masters - Perugia