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Perugia non è il bronx

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Perugia non è il bronx
SGRT
NOTIZIE
Quattro
Qcolonne
Poste Italiane S.p.A. - Spedizione in A.P.
cronaca
70% regime libero
– ANNO XXII n° 10 31 mAggIO 2013 –
AUT.DR/CBPA/CENTRO1 – VALIDA DAL 27/04/07
cIclISmo
la questione sicurezza nel capoluogo vista dal questore D’Angelo
«Perugia non è il bronx»
IL
saLvatore PuccIo
(team sky),
festeggIa La
magLIa rosa
più controlli e più collaborazione dei cittadini. «Dai media distorsioni senza una reale verifica dei fatti»
non solo il controllo della città
attraverso l’attività giornaliera
delle volanti, degli agenti in borghese e la sorveglianza delle
telecamere. In questura si forniscono anche alcuni importanti
servizi al cittadino. Le testimonianze di chi, quotidianamente, si
adopera per la sicurezza del territorio.
servIzI aLLe Pagg.
Impegno sociale
d’ItaLIa
«noi, volontari a tempo pieno»
ore e ore a contatto con il prossimo per arricchire se stessi
Un professionista e un
amatore si raccontano:
mondi a confronto
servIzI a Pag.
6
ArrAmpIcAtA
La
storIa
deLLo scaLatore
dalle cartucciere
allo smartphone
davId morresI:
daI camPIonatI
nazIonaLI aLLa
T
sceLta deL rItIro
agonIstIco.
neLLe
sue ParoLe
IL racconto dI
una PassIone
Sport in espansione:
non solo montagna
ma anche palestra
servIzIo a Pag.
7
AzIenDe
comPost LabeL
è IL nuovo boLLIno
comPLetamente
bIodegradabILe
e comPostabILe
Per frutta
ospedali, centri per anziani, caritas, associazioni per disabili ma anche canili e rifugi
animali. sono solo alcune delle strutture
che vivono grazie al lavoro di volontari di
tutte le età che ogni giorno dedicano il loro
tempo al prossimo.
un universo silenzioso fatto di gente semplice che sacrifica la propria vita quotidiana
aiutando chi è meno fortunato.
quattro storie di volontari umbri. chiara ha
trasformato la sua casa in un rifugio per
cani abbandonati, gabriella cucina e assiste i rifugiati politici che hanno lasciato la
loro terra, ottavio ha una associaizone che
tutela i diritti, spesso calpestati, dei non
vedenti. e poi c’è david che con un naso
rosso da clown fa sorridere i bambini ricoverati al centro “daniele chianelli”.
aLessandra boreLLa
el pieno del mese che per antonomasia mette in crisi chi, di pollini, ne
soffre, arriva il monito del medici: «Non curatevi da soli». Chi soffre di allergia, oltre
un italiano su dieci, è sull’attenti già da diverse settimane. Ormai i rimedi si sono moltiplicati a dismisura e ne esistono per ogni
esigenza: dalle cure sintetizzate in laboratorio a quelle omeopatiche, indicate soprattutto per evitare la tipica spossatezza da antistaminico.
Cresce il numero di chi si cura da solo,
tendenza confermata anche dalla presenza
sul web dei più svariati metodi per contrastare le allergie di stagione. L’allergia ai
pollini, aumentata di oltre 10 punti percentuale negli ultimi 50 anni (dal 3% al
15%), è ormai un problema talmente diffu-
gIro
2013
taPPa deL
maturità
N
conquIstata
neLLa seconda
2-3
empi duri per i professori delle commissioni maturità. Controllare i furbetti era
più semplice senza Internet; o quantomeno
l’unico modo sicuro per copiare agli esami era
munirsi di vere e proprie cartucciere con tanto di indice degli
argomenti e dedicarsi alla miniatura amanuense,
tecnica che ha accompagnato generazioni di studenti. Oggi invece,
nell’era degli smartphone, pare che una maturità a prova di “copioni” costi circa un milione di euro: questa la cifra necessaria a dotare le scuole di dispositivi rilevatori di telefoni cellulari. La richiesta al ministro dell’Istruzione viene dall’Associazione nazionale presidi. Ma sarebbe complicato controllare anche
i bagni, dove persino i più restii hanno la tentazione di cercare gli appunti nascosti, magari su touchscreen. Dai foglietti sotto i vestiti alle penne a luce infrarossa, alle microcamere. Per i più svogliati, ingegnarsi non è mai
stato uno scoglio insuperabile come, forse, è lo
studio. Evitare fughe di tracce sul web la mattina stessa dello scritto, però, è la prima vera
preoccupazione generale.
cIcLIsta
umbro d’adozIone
servIzI
aLLe Pagg.
4-5
allergie
L’incubo primaverile dei pollini
Dalle allergie di stagione alle più particolari, aumentano i soggetti sensibili
so da portare siti come ‘3b meteo’, a monitorare la concentrazione dei pollini nelle diverse città italiane. Mentre per quanto riguarda le allergie in generale, la Fimp (Federazione italiana medici pediatri) ha registrato, soltanto negli ultimi dieci anni, un
aumento del 50% nei bambini.
L’associazione italiana di aerobiologia ha
diviso il bel Paese in almeno 10 aree a seconda dei pollini e delle zone geografiche: dalle
graminacee alle betulacee, dal sud Adriatico alle Alpi. Indicativamente – riportano le
istruzioni per l’uso – viene effettuato settimanalmente il riconoscimento di polline appartenente a 43 famiglie e 31 generi. E, ai
tempi del web 2.0, non potrebbe certo mancare l’app gratuita per smartphone, rinominata “Pollinitalia”. Difatti sono proprio le
mappe interattive sulla concentrazione dei
pollini, al pari dei calendari pollinici, i più
grandi alleati dei soggetti allergici.
Dei pollini se ne sono trovate tracce anche in alcune vecchie tombe irachene risalenti all’uomo di Neandertahl, a riprova del
fatto che uomo e pollini convivono da tempi
remoti. Ma si dovrà attendere fino al 1500
per sentire parlare l’anatomista Leonardo
Botallo di “catarro delle rose”. Starnuti,
mal di testa, occhi arrossati: la prima definizione di allergia, al di là della credenza
popolare che la vorrebbe legata ai segni dell’oroscopo, arriverà nel 1906. Un tempo di
si diceva che chi nasceva in primavera avrebbe avuto più possibilità di sviluppare allergie ai pollini. Adesso è stato provato che potrebbe esistere una reale correlazione tra la
e verdura.
L’Idea nasce
a PaLazzo dI
assIsI
Imprese umbre
e innovazione: ecco
la risposta alla crisi
servIzI a Pag.8
data di nascita e la predisposizione all’allergia. Ma nel 2013 c’è ancora tanto da
scoprire e le cause di alcuni tipi di allergie
rimangono sconosciute.
L’aumento delle tipologie di allergie, e dei
soggetti allergici, dipende non solo dai cambiamenti climatici ma anche dai cambiamenti dell’uomo: dall’industrializzazione al
miglioramento delle condizioni igieniche che,
secondo gli esperti, impedirebbero al bambino di formare gli anticorpi (gli IgE) necessari a combattere certi tipi di sostanze. Alcune si curano facilmente e non cambiano
il nostro stile di vita mentre altre, come l’allergia all’acqua, al sole o alle onde elettromagnetiche, possono incidere radicalmente
sulle nostre abitudini.
cecILIa andrea baccI
2
CRONACA
un giorno in questura/1
31 MAggIO 2013
come si svolge il lavoro quotidiano sul territorio degli agenti
Legalità e sicurezza 24 ore su 24
Ufficio immigrazione
crocevia di vite
tra passaporti e permessi
Un grande aiuto può arrivare dalle segnalazioni che dovrebbero essere più frequenti e precise
P
erugia è diventata una città problematica no tutto ciò che può essere rilevante ai fini di
per l’alta frequenza di microcriminalità e un’indagine. A ciò si somma il contributo delle
la crescente presenza di immigrati. Feno- decine di telecamere dislocate in tutta la città, someni nuovi ai quali le forze dell’ordine non era- prattutto in centro e intorno alla stazione.»
Perché spesso non si agisce in flagranza di
no preparate. Ci siamo chiesti come la polizia lavori, giorno per giorno, per controllare il terri- reato?
«Se si vuole che in un processo l’imputato ventorio e garantire la sicurezza dei cittadini. Ne abbiamo parlato con Carlo Marazia, dirigente del- ga condannato bisogna fornire sufficiente materiale probatorio; di conseguenl’Ufficio prevenzione geneza, più testimonianze di illecito
rale e soccorso pubblico.
si riescono a raccogliere più
Ultimamente l’attenpossibilità ci sono. Ma per raczione si è concentrata sul
cogliere questo materiale ci
centro. Ma cosa si sta favuole tempo, le indagini possocendo in un’altra zona
no durare mesi.»
particolarmente probleLa volante della polizia
matica della città, la staferma il sabato sera in Piazzione?
za IV Novembre ha quindi
«La stazione ha sempre
una finalità fuorviante?
rappresentato un punto de- L’Ingresso deLLa questura dI PerugIa
«No, ha la sua funzionalità
licato perché, per sua natura, è un luogo di passaggio. In più ci sono degli perché interviene in caso di liti o risse. Non può
elementi che la rendono ancora più sensibile: è però sostituire un altro tipo di attività, che è quelpiena di vie di fuga e di zone in cui è facile na- la che si svolge di nascosto ed è indirizzata diretscondersi oltre a fungere da “frontiera” tra due tamente su personaggi sospetti e zone più sensizone della città. Perugia è divisa in 4 zone con- bili. È chiaro che la volante
trollate a turno dalla polizia e dai carabinieri; que- della polizia funge da detersto tipo di organizzazione fa sì che ogni riparti- rente, facendo deviare l’attizione sia sempre vigilata da due o tre volanti e vità criminale in punti più
non sia mai scoperta. La stazione si trova però nascosti.»
Allo stesso tempo, però,
al confine tra la zona 1 (il centro) e la zona 2, cosa che ne rende più problematico il controllo. Le non vedere una massiccia
volanti rappresentano però solo un aspetto della presenza di pattuglie o
nostra attività sul territorio, quello visibile. C’è poi notare che, in caso di attività illecite, non si
quello invisibile, che è determinante per moni- interviene subito, può aumentare nei cittaditorare la criminalità. Ci sono poliziotti in borghe- ni il senso di insicurezza e di sfiducia nei rise muniti di telecamere nascoste che documenta- guardi della polizia.
“
«È vero ma non può essere altrimenti. Bisogna
distinguere tra le emergenze, che necessitano di
un intervento immediato, e altri tipi azioni, che
richiedono tempo. Non bisogna poi dimenticare che la polizia interviene su fenomeni già ampiamente radicati nella società e nell’assetto urbano. Il degrado, l’incuria, la scarsa illuminazione,
la mancata integrazione degli immigrati, concorrono da un lato ad acuire la percezione di insicurezza nei cittadini e, dall’altro, a facilitare fenomeni di devianza. I controlli delle forze dell’ordine non possono essere l’unica soluzione.»
Quant’è importante la collaborazione dei
cittadini?
«È fondamentale. L’ideale sarebbe che le chiamate fossero il più possibile precise. Qualche
giorno fa abbiamo ricevuto la chiamata di una
maestra che ci ha segnalato in Via delle Fonti Coperte lo spaccio di droga tra due persone. È stata così brava a descriverci il loro aspetto che siamo arrivati con la volante senza che si accorgessero di niente. Avevano ancora addosso la droga.
Adesso hanno il divieto di dimora in Umbria.
Spesso però le telefonate sono molto vaghe o sono semplicemente di sfogo. Tuttavia, anche queste
sono importanti perché ci
segnalano un problema.
Bisogna sempre chiamare
anche solo per segnalare
una situazione sospetta. E
poi ci sono le chiamate di
persone anziane che vogliono solo un po’ di
compagnia, a volte chiamano addirittura per sapere l’ora».
la collaborazione
della gente è
fondamentale
”
antoneLLa sPIneLLI
se lo stalking diventa emergenza
I
l’ammonimento: uno strumento di prevenzione che a volte può evitare epiloghi drammatici
n Italia una donna su quattro subisce almeno una violenza nel corso della sua vita: è
il quadro tratteggiato dai dati raccolti dall’Istat e dalla Polizia. In questo panorama rientrano anche quelli che la legge del 2009 definisce “atti persecutori” e che nel parlare comune
vengono chiamati stalking. Secondo le ricerche
condotte dall’Osservatorio nazionale sullo stalking, il 55% degli atti persecutori vengono compiuti da ex fidanzati o mariti. E ci sono anche
casi, circa un terzo del totale a livello nazionale, in cui sono gli uomini a subire molestie.
Il dirigente della sezione anticrimine della
questura di Perugia, Luca Sarcoli, nel tratteggiare il profilo dello stalker medio, ha parlato di uomini giovani,
di solito al di
sotto dei quarant’anni. Anche chi è in
prima linea
nell’assistere
le donne che
cercano aiuto
sembrerebbe
confermarlo.
Marcella Bravetti è la presidente del Comitato
internazionale otto marzo e risponde al telefono verde della sua associazione. Marcella racconta che molte delle donne che chiamano sono giovani che si sono lasciate da poco con il
proprio ragazzo che non molla la presa.
Ma in questa condizione si ritrovano spesso
anche donne più mature, come dimostrano i fatti di cronaca che si susseguono in tutta Italia. Tra
i casi più recenti: nei giorni scorsi l’arresto a Venezia di un cinquantaduenne che per mesi ave-
“
le molestie
possono essere
indicatori
di rischi
più gravi
”
va pedinato e minacciato l’ex compagna e in to ha una scadenza: di certo ci sono casi in cui
provincia di Lucca il gesto estremo di un uomo viene revocato dopo alcuni anni.
Le conseguenze dei casi di stalking non vanno
che, dopo essere già stato denunciato dall’ex per
sottovalutate: «A volte le molestie sono indicastalking, l’ha inseguita con un’ascia.
tori del rischio che
Stando alla legge
possa succedere
perché si possa parqualcosa di molto
lare di reato devono
più grave – spiega
sussistere minacce
Sarcoli – e può cao molestie ripetute
pitare addirittura
nel tempo e che coche si passi da una
stringano la vittima
situazione apparena vivere in uno statemente tranquilla
to perenne di ansia
all’omicidio, direto paura o a cambiatamente». Anche
re le proprie abituqui gli esempi, purdini di vita. I confitroppo, sono nuni di questa definimerosi: 621 chiazione sono piuttomate in tre mesi da
sto sfumati e spesso
parte dell’ex fidansi prestano a esageLuca sarcoLI, caPo deLLa dIvIsIone antIcrImIne
zato e pedinamenti
razioni, come sottolinea anche Sarcoli, che da quando ricopre la fino al posto di lavoro non hanno fatto cambiapropria carica in questura si è trovato a respin- re idea a Cristina. Non è voluta tornare insieme
gere delle querele per assenza di elementi suffi- al suo persecutore e per questo è stata aggredita con 19 coltellate.
cienti.
In realtà, però, un aspetto ancora più inquieDopo il boom di denunce arrivato con l’entante del problema è che ancora molte donne, trata in vigore della legge anti-stalking, ora si
soprattutto giovani, non sanno cosa sia lo stal- verificano spesso casi di ritiro delle querele. È
king o non conoscono gli strumenti a loro di- una dinamica comprensibile, se si tiene conto
sposizione per difendersi. Uno strumento di che spesso le molestie arrivano da persone con
prevenzione a disposizione della questura è le quali si ha un legame molto profondo. Ma
l’ammonimento. Si tratta di un avviso verbale spesso la ragione è un’altra, più preoccupante,
del questore, rivolto agli autori di molestie. La chiarisce Sarcoli: «in diversi casi le vittime non
richiesta parte dalle vittime e poi la questura, si sentono tutelate, e per paura ritrattano tutto».
una volta raccolte le informazioni, decide se accettarla o meno. Un problema è che la legislaantoneLLo PacIoLLa
zione non chiarisce del tutto se il provvedimencaterIna vILLa
In
fILa aLLo sPorteLLo Per IL Permesso dI soggIorno
n
el cortile davanti all’ingresso dell’ufficio
immigrazione i bambini giocano mentre
aspettano i loro genitori in fila allo sportello.
ci sono un paio di distributori di bevande e
merendine e qualche panchina. Gli sportelli
chiudono a mezzogiorno e mezzo. Un
tempo, dice il capo di gabinetto Francesco
Barba, la fila arrivava fino ai cancelli della
questura. oggi il sistema è completamente
computerizzato; dal 2007 il permesso di
soggiorno è elettronico e per verificare
l’identità dei richiedenti basta far loro infilare il dito in una macchinetta che riconosce le
loro impronte digitali. le pratiche si sono
alleggerite anche in seguito all’ingresso di
nuovi paesi nell’Unione europea e al fatto
che molti servizi vengono forniti in convenzione con poste italiane. È possibile, infatti,
presentare istanza allo sportello postale e
poi andare in questura semplicemente per
ritirare il documento.
le voci degli impiegati che chiamano i
cognomi di chi ha preso appuntamento e il
ticchettio delle dita sulle tastiere dei computer fanno da colonna sonora all’attesa delle
persone venute per ritirare il permesso di
soggiorno o per rinnovarlo.
tra i servizi forniti dalla questura quello
dell’ufficio immigrazione è uno dei più utilizzati, vista la forte presenza di stranieri in
Umbria. Si parla di circa 55 mila soggiornanti nella provincia di perugia e di circa 20 mila
pratiche trattate nell’ultimo anno, escluse le
richieste da parte di cittadini comunitari.
Secondo il dirigente dell’ufficio, il commissario capo claudio Giugliano, fino a qualche
anno fa la comunità romena era la più numerosa, mentre ora la maggior parte degli immigrati proviene dal marocco e dall’ecuador.
con la cosiddetta “emergenza nord Africa” di
due anni fa, dichiarata conclusa il 31 marzo
2013, c’è stata un’ondata di rifugiati, circa
300 nel solo 2011, che però oggi sembrerebbe defluita dal momento che molte di queste
persone o sono state espulse o si sono spostate in altre città italiane.
Al primo piano della questura passano circa
300 pratiche a settimana, tra richieste di rilascio e rinnovo del permesso di soggiorno e
lavorano in tutto 31 persone, tra poliziotti e
impiegati civili, a cui si aggiungono gli interpreti, che parlano francese, inglese, tedesco
e spagnolo. per lingue come l’arabo la questura si affida a consulenti esterni. ma l’ufficio immigrazione non fa solo questo.
nella stanza della sezione che si occupa di
espulsioni non c’è nessuno, due impiegati
sono dal giudice di pace per formalizzare
l’espulsione di due immigrati. Uno dei due
sarà imbarcato su un aereo che lo riporterà in
Albania, l’altro sarà scortato nel centro di
identificazione ed espulsione di roma, visto
che non possiede un passaporto. nel 2012,
secondo dati forniti dalla questura, sono
state effettuate circa quattrocento espulsioni,
di cui 220 accompagnamenti. Spesso, però,
«succede che ritrovi per le vie di perugia chi
è stato espulso solo una settimana prima»,
come racconta un’impiegata civile.
tante vite che transitano tra le scrivanie di
questi uffici e rimangono impigliate in voluminosi faldoni e fascicoli nominativi, in cui sono
contenenti passato e presente di queste persone venute qui a cercare un futuro.
caterIna vILLa
CRONACA
31 MAggIO 2013
3
un giorno in questura/2 «con l’omicidio di meredith Kercher nel 2007 i media hanno creato paura e insicurezza nella gente»
«questa non è la città della droga»
Il questore di perugia D’Angelo: «Il fenomeno spaccio è una tendenza in calo grazie ai nostri interventi e alla collaborazione dei residenti»
P
rimo incarico alla Questura di Torino, a
Roma gran parte della carriera: dirigente della Sezioni Antirapine, Omicidi,
Criminalità Organizzata; dal 1997 al 2003 Capo della Squadra Mobile romana.
Nicolò Marcello D’Angelo è stato il Questore di Ascoli Piceno fino al 2006, per poi passare a Latina. Dal 30 settembre 2011 ha assunto l’attuale incarico di Questore di Perugia.
Lo abbiamo incontrato al quarto piano di
Via del Tabacchificio 21 insieme al Salvatore
Barba, capo di gabinetto della Questura di Perugia.
Due cellulari, due paia di occhiali. Il Questore D’Angelo definisce la sua una “carriera per
scelta”. «Ho sempre desiderato
fare l’investigatore e posso dire di averlo fatto per quasi vent’anni della mia vita. Ci è voluta fortuna ma soprattutto determinazione. Del resto i sogni
non fanno parte di questo
mondo».
Roma, Latina, Ascoli Piceno, Perugia. Cosa significa lavorare in città così diverse tra loro?
«Si tratta di realtà imparagonabili. Roma ha
più di cinque milioni e mezzo di abitanti: c’è
una manifestazione ogni giorno e un altissimo
indice di criticità dato dalle mille anime della
città. La capitale resterà sempre ricca di dinamiche complesse: nel 1980 fu falcidiata da numerosi fatti di sangue, basti pensare alla Banda
della Magliana. Ancora oggi sono in molti a definirla “la grande lavatrice” della malavita.
Perugia è fatta da poco meno di duecentomi-
“
la anime; Latina ed Ascoli
Piceno sono
più piccole ma
superano il capoluogo umbro in termini
di estensione:
questo ne rende sicuramente
più complesso
il controllo del saLvatore barba, caPo gabInetto
territorio.
Non va dimenticato inoltre, che le radici storiche di Perugia da secoli continuano ad essere il collante per chi vive
nella città, fattore che è
invece assente in centri
più moderni».
Perugia è una città in
emergenza dal punto
di vista della sicurezza?
«Chi potrebbe seriamente parlare di emergenza? Posso affermare
che abbiamo una bassa soglia di criticità, molte tipologie di crimine sono addirittura in calo. La strage negli uffici della Regione, l’omicidio di via Ricci, tutti drammatici episodi che,
concentrati in pochi mesi, hanno dipinto questa città come la capitale di ogni male, il peggior posto in cui scegliere di vivere. Tutto è cominciato con il caso Meredith, una storia terribile che poteva accadere ovunque. Il mistero
che ancora avvolge l’omicidio è stata un’occasione per molti giornalisti di fare del sensazio-
perugia come
il Far West?
Un paragone
assurdo
”
salotto medievale concentrato nel centro storico,
qualsiasi dinamica urbana
risulta più evidente che in
altri posti.
Dopo la crisi del Maghreb nel 2011 sono arrivati moltissimi nordafricani che hanno la possibilità di spacciare ad un prezzo più basso; nonostante
la crisi economica faccia
da padrona, questo è un
business che non conosce
crolli.
Sottolineamo inoltre
che siamo in una città universitaria: molti studenti
nIcoLò marceLLo d’angeLo, questore dI PerugIa
non rinunciano alla canna.
nalismo a dir poco controproducente. L’allar- A chi parla di centro storico degradato, ora in
mismo mediatico crea sfiducia ed incrementa mano agli spacciatori, rispondo che è invece in
una paura infondata nei perugini.
mano all’ordine costituito. Con le nostre attiviPresupponendo che le
tà di contrasto abbiamo recuperato molte aree
notizie debbano essere diffuse, viene fatto un urbane in cui ora si passeggia tranquilli: indicauso improprio del linguaggio: uno schiaffo tra tivo in questo senso è il calo del numero di caubriachi non è “un’ennesima notte di risse”.
si di overdose per oltre il 20%.
Perugia è stata paragonata al Far West, al
Molti abitanti del centro storico si sono spoBronx, senza una reale verifica dei fatti.»
stati in periferia, è vero. Questo però è solo sinSiamo nella capitale della droga o anche tomo di una modernizzazione che avanza. Non
in questo caso si tratta di allarmismi ecces- lasciamo più le chiavi alla porta, mettiamo l’ansivi ?
tifurto in macchina.
«Molti dimenticano che, come in tutti modelI tempi cambiano, le città si trasformano e
li economici, a domanda risponde un certo ti- chi non lo capisce vive fuori dalla realtà.
po di offerta.
Del resto non esistono più neanche le mezEsiste un problema di spaccio, ma non in mi- ze stagioni».
aLessIa marzI
sura maggiore rispetto ad altre città. A Perugia,
ma molti perugini del centro storico hanno paura
parla luca Sarcoli, capo della divisione anticrimine: «In passato la situazione è stata critica ma ora sta migliorando»
L
o spaccio di droga è sicuramente il problema criminale più sentito dai cittadini
di Perugia, e Luca Sarcoli, che dal 2011
dirige la divisione Anticrimine della Questura,
ne è consapevole: «Bisogna prendere atto che
un forte consumo, in effetti, c’è, per poi poter
intervenire». Sarcoli riconosce che la situazione degli ultimi anni è stata critica ma, aggiunge:
« Di recente abbiamo avuto un netto miglioramento».
Nella Questura di Perugia sono tre gli uffici
che si occupano di contrastare il traffico di stupefacenti: il primo è l’unità speciale antidroga
della squadra mobile, coordinata da Marco
Chiacchiera, che si concentra sulla lotta allo
spaccio al dettaglio. Il secondo, anche questo
impegnato nel contrasto della vendita di droga
in scala più ridotta, è la Sezione criminalità diffusa, istituita con decreti recenti. Il terzo è la sezione criminalità organizzata, che contrasta i
traffici internazionali e gestiti da organizzazioni
più strutturate.
Non è semplice districare il groviglio di cause che hanno portato Perugia ad essere afflitta
in maniera piuttosto grave dalle attività legate alla vendita di droga. Una cosa è certa: gli spacciatori si installano soprattutto dove riescono a
vendere molto, e in città negli ultimi dieci anni
è notevolmente aumentata la domanda di stupefacenti, soprattutto per la presenza di molti giovani.
La Polizia interviene, quindi, anche sulla domanda: molte persone, soprattutto in passato,
venivano ad acquistare droga a Perugia da altre
città vicine, e per loro di solito scattava il foglio
di via, che per tre anni gli impediva di entrare nel
capoluogo. Sono state usate anche altre sanzioni amministrative, come gli obblighi di permanenza notturna in casa, o il ritiro della patente.
Molto spesso il traffico è gestito da extracomunitari, e i miglioramenti negli ultimi mesi sono arrivati anche grazie ai circa 400 provvedimenti di espulsione di spacciatori, rimpatriati
nei loro paesi di origine, molti di loro in Tunisia, o trattenuti nei Cie. La situazione però, soprattutto nel centro storico di Perugia, rimane
preoccupante, stando alle continue segnalazioni dei residenti. Qualcosa potrebbe cambiare
quando, tra pochi mesi, aprirà il commissariato
di Polizia in Piazza Danti, a pochi passi da quella via Ulisse Rocchi diventata il simbolo dell’emergenza droga in città.
Il contrasto dello spaccio al dettaglio sta sicuramente portando dei risultati. Ma sarà più
difficile fermare i traffici gestiti dalle grandi organizzazioni criminali, la cui presenza a Perugia è stata dimostrata da diverse indagini in passato. « In realtà- spiega Sarcoli- la situazione è
molto fluida: non ci sono sempre strutture piramidali in pianta stabile sul territorio. Quasi sempre i traffici internazionali sono gestiti da persone che hanno contatti in vari paesi e cercano
di sfruttarli. E anche le mafie si muovono quando trovano momenti propizi, per poi sparire per
un po’, con rotte della droga che cambiano continuamente.
Estirpare completamente il fenomeno sarà
forse impossibile. Ma la comprensione di queste dinamiche sempre nuove potrà restituire ai
cittadini un senso di sicurezza che ultimamente sembra diminuito molto.
antoneLLo PacIoLLa
I numerI deL fenomeno
30-40 euro il costo di una dose
di cocaina in città, molto meno
che nel resto d’Italia
200 kg di eroina
smerciati ogni anno
dall’organizzazione sgominata
dall’operazione aladin, pochi giorni fa
221 le persone arrestate per droga
dalla Polizia, tra il maggio 2011
e l’aprile 2012
5 dosi giornaliere di eroina
ogni 1.000 abitanti a Perugia,
un dato tra i più alti d’europa
500 gli spacciatori attivi in città
secondo la Polizia
IN ST
T OR
ER I
V EE
IS
T
E
viaggio nell’universo del volontariato umbro
clown terapy?
«Non solo questo»
«Q
uando esco dall’ospedale mi sento leggero»: non lo dice un paziente, un infermiere o un medico. È David Moroni, 29 anni,
uno dei volontari di Vip Clown, l’associazione
che, attraverso il gioco, allevia la sofferenza dei
bambini ricoverati nel reparto di pediatria dell’ospedale di Perugia. Lo abbiamo incontrato per
farci raccontare la sua esperienza di «pagliaccio
part-time».
Come e quando ti sei accostato a questa
realtà?
«Da sempre mi occupo di volontariato, ho cominciato con gli scout da ragazzino. Adoro i bambini, da otto anni ne assisto uno a domicilio: ha subìto una lesione cerebrale, oggi ha 13 anni e ormai sono il suo «fratellone». Conoscevo Vip
Clown da prima di farne parte; poi, circa quattro
anni fa, ho deciso di partecipare agli incontri settimanali dei volontari, in cui si prepara il lavoro da
svolgere nelle strutture interessate».
Perché parli di «strutture»? Lavorate altrove?
Come si svolge in concreto la vostra attività?
«Operiamo sia nel reparto di pediatria del Silvestrini sia nella clinica Chianelli, attigua all’ospedale, dove si assistono i bambini malati di tumore.
Il nostro lavoro, come è ovvio, viene affiancato
da uno psicologo e si svolge in due contesti: la sala giochi, dove ci sono quelli che stanno meglio,
e le camere. Qui le restrizioni sono maggiori ma
noi cerchiamo di coinvolgerli il più possibile. Allestiamo degli spettacoli, giochiamo a nascondino, spesso improvvisiamo. Le attività sono varie, dipendono dall’età del paziente, dal sesso e,
soprattutto, dalle sue condizioni. È fondamentale, inoltre, l’alchimia che si crea tra noi volontari, che rende più efficace tutto ciò che facciamo».
La curiosità principale: perché lo fai?
«Bè, mi ritengo fortunato: nella vita non mi è mai
mancato nulla quindi ho sempre sentito il bisogno di impegnarmi per gli altri. Ho capito che il
volontariato è ciò che fa per me, che mi arricchisce di più. Solo quando vedi soffrire un bambi-
no ti rendi conto che ogni giorno ce la prendiamo
per cose inutili, stupide, che rispetto alla salute di
una persona sono niente, a maggior ragione quando quella persona non ha neanche dieci anni».
Come riesci a non farti coinvolgere dal dolore?
«A volte, dopo il lavoro, mi sento un po’ appesantito. È allora che capisco che quella condizione non deve toccarmi più di tanto. Mi ricordo
sempre, mentre gioco con un bambino, che lui
domani potrebbe non esserci più. Ma non è
quello a cui penso, il mio compito è farlo distrarre, farlo divertire. Non gli chiedo mai «Come
stai?», voglio fargli dimenticare dove si trova».
Non è certo facile raggiungere da soli questa consapevolezza e questo distacco...
«No, affatto. Oltre agli psicologi, c’è un’oncologa con cui facciamo degli «allenamenti preparatori». Chi si sente abbastanza sicuro per andare
in oncologia deve sottoporsi a un percorso più
intenso, a un maggior numero di ore di addestramento. Questi ultimi vengono chiamati «angeli»
e sono sempre presenti, accanto ai volontari
semplici, per così dire».
In fondo, lo siete un po’ tutti, angeli. Cosa si
prova ad essere considerati tali dai medici,
dai genitori, da chi conosce il vostro lavoro?
«Sai, non è compiacimento. Non lo faccio per
impegnarmi nel sociale e mettermi la coscienza a
posto, come spesso accade a chi si sente obbligato al volontariato, senza sentirne dentro l’esigenza. Mi fa stare bene, riesco a superare meglio le
difficoltà e ciò che apparentemente può indebolirti (il dolore, la sofferenza) in realtà ti rafforza.
Collaborando con Vip clown ho capito che i
drammi della vita sono altri. In associazione, ci
sono alcuni che hanno avuto casi simili in famiglia; io no, ma penso che l’avrei fatto lo stesso.
Anzi. Lo avrei fatto proprio per questo».
Per quanto prevedi di continuare?
«Per sempre».
E
E E
RI ST
O VI
ST TER
IN
Ospedali, centri per anziani, Caritas, associazioni per disabili e bambini malati ma anche rifugi per animali abbandonati. I mille volti di chi aiuta solo per il piacere di farlo nelle storie di gente comune
chiara, la migliore
amica dei cani
C
Nel 2011,
secoNdo le stime dell’istituto di statistica, soNo più di
gli
5
italiaNi che haNNo svolto uNa qualche attività gratuita.
il voloNtariato è passato dal 6,9% al 10%.
milioNi
le perceNtuali Nei vari settori: saNità 28% - protezioNe civile 9,6%
tutela dei diritti 2,8% - assisteNza sociale 27,8% - istruzioNe 3,2%
sport 2% - ricreazioNe/cultura 14,6% - ambieNte 4,4%.
aNtoNio boNaNata
hiara, studentessa di veterinaria di 27 anni, arriva all’appuntamento in macchina.
Da dietro il sedile spunta il musetto di
Pepita, un incrocio di bassotto tedesco. «I padroni la stavano buttando nel cassonetto della spazzatura perché aveva la rogna. Non sono riuscita
a staccarmene, alla fine l’ho tenuta con me».
Gli ultimi due anni della sua vita Chiara li ha trascorsi quasi tutti accanto ai cani e ai gatti che ha
strappato ad un destino di prigionia nei box dei
canili.
«Non so nemmeno io come ho cominciato.
Un giorno, un amico che va a caccia mi ha raccontato che un conoscente voleva ammazzare il
suo segugio. Mi ha chiesto aiuto per trovargli una
sistemazione. Erano i primi tempi di Facebook,
era più facile mettere gli annunci».
Chiara incontra così una volontaria di Spello
che le fa conoscere un mondo di cui le sapeva
poco o nulla. Si rende conto che c’è tanto da fare: comprare cibo, occuparsi dei recuperi, trovare coperte e girare come una trottola per tutta la regione. Senza quasi rendersi conto si trova catapultata in un mondo che forse, in fondo,
le era sempre appartenuto. Entra così a far parte dell’associazione “Banda a 4 zampe”.
«Lavoriamo principalmente con i privati. Recuperiamo cucciolate o cani abbandonati. Le segnalazioni arrivano da ogni dove. La gente ti
chiama tipo dal Trasimeno: “Ho trovato sti cuccioli, li puoi venire a prendere?”. Quando magari gli chiedo di avvinarsi un po’ a Perugia per
venirmi incontro, spesso mi sento dire: “Ma è già
tanto se l’ho salvato!”. Le chiamate per le segnalazioni arrivano anche alle tre di notte». Sorride
Chiara: «Sì, mi alzo e ci vado. Ma non sono sola, ci sono altre ragazze, una di loro ha un box
di fortuna e se il cane arriva ad orari tardi, gli facciamo trascorrere lì la notte e il giorno dopo lo
segnaliamo all’Asl». Dopo aver recuperato i cuccioli, le ragazze della “Banda a 4 zampe” si preoccupano di farli microchippare, di vaccinarli.
Tutto a spese loro. «Un grandissimo aiuto ce lo
danno le Asl.
Il servizio sanitario in Umbria è eccezionale,
tant’è che sono abbastanza rari gli episodi di randagismo. Questa è un’isola felice rispetto a Roma e al Sud. Noi ci dobbiamo preoccupare delle segnalazioni di chi non vuole più tenere gli
animali con sé. Ad esempio, gli stranieri che ritornano nei loro paesi d’origine o i contadini.
Fino a qualche tempo fa se avevano la gatta
in calore, ammazzavano i cuccioli. Ora almeno
ci chiamano. Tanti sono disponibili alla sterilizzazione, che ovviamente è sempre a carico nostro. Per fortuna abbiamo delle cliniche che ci
fanno dei prezzi di favore. Altrimenti non riusciremmo a farcela».
Chiara è sempre in movimento, la stanchezza
non la sente neanche più.
«In un anno sono riuscita a fare dieci esami,
per una vita così devi esser predisposta. Non mi
riposo mai, studio di notte. Quando sono sotto
esame cerco di concentrare tutte le cose che ho
da fare in un paio di giorni della settimana.
Poi abito da sola e questo mi permette di avere più libertà, anche se mia madre ama i cani. Mi
ha sempre sostenuta. Comunque, alla fine, è inevitabile sacrificare la propria vita privata. È una
scelta, la riesci a portare avanti se davvero ti piace. Adesso a casa ho 5 gattini, insomma piangono, strillano, gli devo dare da mangiare uno per
uno. Poi ho tre cani e tre gatti miei e una colonia di 15 gatti fuori casa».
Non si è mai pentita ed è felice così, Chiara.
Anche se a volte è pericoloso: «Recuperando
cani da privati si viene a contatto con realtà anche umane particolari.
A volte ne va della nostra incolumità, gente
che prima ti chiama per prendere il cane e poi ti
aspetta davanti casa col fucile. Insomma sembra
tutto normale, ma non lo sai mai cosa ti può accadere»
michela maNciNi
«do una mano gli altri perché sto meglio»
«perché la città di perugia non ci vede?»
Gabriella Adanti lavora da anni al centro Caritas di Todi a contatto con chi è davvero in difficoltà
L’Aniu si batte per i diritti dei non vedenti: l’impegno per i taxi “sociali” e gli autobus con voci guida
«O
ggi che cosa ho fatto? Fatto spesa e
cucinato. Poi in giro tutta la mattina
per aiutare i rifugiati del centro Caritas a prendere i documenti. C’è un ragazzo pakistano che
ha la figlia malata nel suo paese e si è fatto spedire i referti medici per farli vedere da un dottore tuderte. Insomma una giornata “tutti frutti”». Gabriella Adanti ha quarantacinque anni e
vive a Cecanibbi, una minuscola frazione di
Todi. Il suo cantante preferito è David Bowie,
i libri che legge abitualmente sono quelli di
Luciana Littizzetto e il film della sua vita è “Il
miglio verde”.
Gabriella è appassionata di animali, ha gestito per tanto tempo un importante allevamento
di pastori maremmani ma senza mai dimenticare il prossimo:«Sin da subito mi sono trovata
ad affrontare tante tipologie di disagi differenti. Ringrazio chi mi ha coinvolto in tutte queste
esperienze, perché credo sia fondamentale per
chiunque imparare ad apprezzare il gusto di
darsi da fare per gli altri avendo in cambio
qualcosa che ha un valore umano. Per certi
versi le richieste che ci vengono fatte sono
molto simili: una casa, un lavoro, un aiuto per
risolvere questioni legate al permesso di soggiorno, un aiuto per orientarsi nel labirinto
della burocrazia...però la cosa che cercano tutti
è essere ascoltati e accolti. Ci sono persone che
hanno bisogno di aiuto, di vero aiuto».
«Si tratta di persone sole- racconta ancora
Gabriella- senza documenti, che sono arrivate
in Italia con mezzi di fortuna e con un futuro
tutto da scrivere. Sono persone buone, persone
che hanno visto con i loro occhi la guerra in
Iraq e in Afghanistan, che hanno lasciato nella
loro terra la propria famiglia di origine i figli e
la moglie...sono senza niente! Ad alcune richieste come cibo e vestiario viene data una risposta quasi sempre immediata. Per altri interventi di tipo sanitario chiediamo ai medici. Se il
problema coinvolge aspetti giuridico-legali
abbiamo una rete di aiuto anche in quella direzione. Se serve accompagnare la persona in
qualche ufficio, si fissa un appuntamento. Se
cercano casa o lavoro, li aiutiamo attraverso i
normali canali che potrebbe utilizzare un italiano. Talvolta gli stranieri sono talmente disorientati e parlano poco la lingua che anche fare
una telefonata al loro posto risulta molto utile».
Gabriella lavora nel centro della Caritas
parecchie ore al giorno: «Mezza giornata
almeno, ma quando torno a casa sono contenta. Vedere che grazie a piccoli gesti si riesce a cambiare e migliorare la vita di chi ha
perso tutto provoca sensazioni difficili da
spiegare con le parole. Certo non è tutto rosa
e fiori. Alle volte si ha a che fare con persone
problematiche, impaurite e intimidite dalla
vita stessa. Vengono aiutati anche a cercare
un lavoro ma prima servono i documenti e
solo chi vive da vicino queste situazioni si
rende davvero conto di quanto sia difficile
riuscire a mettere un passaporto o un permesso di soggiorno nel portafogli. In Italia
poi il lavoro non c’è e molti di loro se ne
vanno all’estero».
Dove? «Germania, ma anche Norvegia e
Svezia e Finalndia lì ci sono ancora delle
opportunità. Per me lavorare qui alla Caritas di
Todi però è anche un modo insolito per arricchire la propria cultura senza leggere necessariamente i libri. Cucino, come oggi, carne
“halal” cioè macellata secondo gli usi dei popoli mussulmani e poi il riso “pilaf ” che nei paesi
L
arabi o indiani è generalmente servito come
contorno o base a cui aggiungere pezzetti di
carne o pesce. Certo, confesso, come la pasta
asciutta non c’è niente ma, questo si sapeva».
Nicola mechelli
Nell’ordiNe dalla prima foto a siNistra: david moroNi
all’opera coN la sua batteria per la”clowN terapy” al
ceNtro per malati “daNiele chiaNelli”; chiara costaNtiNi
al lavoro iN caNile coN uNo dei taNti trovatelli iN cerca
di uN Nuovo padroNe; gabriella adaNti iNsieme ad uNo dei
rifugiati che affollaNo il ceNtro caritas di todi ;
ottavio dorillo seduto su uNa paNchiNa iNsieme alla sua
iNseparabile cagNetta NiNa
o incontriamo in piazza Matteotti,
davanti alla Corte d’appello del
Tribunale di Perugia, dove lavora come
centralinista. Ottavio Dorillo ha fondato a
novembre 2012 l’Aniu, l’Associazione non
vedenti e ipovedenti Umbria, una onlus che si
propone, come da statuto, di «migliorare le
condizioni socio-economiche, culturali e professionali dei privi della vista, facilitandone la
piena integrazione sociale». Dai pochi soci fondatori che erano lo scorso anno, ora puntano
ad arrivare a 50 associati e sono sulla buona
strada.
Ci siamo incontrati per parlare di volontariato, di come i membri dell’Aniu si impegnino
per se stessi e per gli altri in assoluta gratuità, a
volte sopperendo alle mancanze delle istituzioni. Camminiamo con lui per via Baglioni, che come corso Vannucci e gran parte del centro
storico della città - ha il pavimento irregolare.
«Ecco, immagina quanto è difficile per noi
andare su queste strade. Io qui ho preso una
distorsione al piede» ci dice mentre lo accompagniamo sottobraccio verso la Rocca Paolina.
Da qui scenderemo a Fontivegge, dove ha sede
la onlus. Durante il tragitto verifichiamo concretamente le difficoltà di uno spazio urbano
pieno di barriere architettoniche, che ostacolano in tanti modi la vita di ogni tipo di disabile.
Le scale mobili ne sono una piccola parte.
Ottavio è un non vedente assoluto che convive da una vita con il buio perenne. Fino ai 13
anni solo ombre e contorni indistinti, poi più
niente. Giunti nei pressi di casa sua, ci mostra
il sentiero che percorre ogni giorno con la sua
cagnetta Nina: una stradina sterrata sopra via
Settevalli sommersa dall’erba alta, dove per
chiunque è difficile avventurarsi. «Figuriamoci
per un non vedente come me...» si lamenta,
parlandoci delle segnalazioni inviate all’Ufficio
aree verdi del Comune. «La nostra associazione non si rivolge solo ai privi della vista ma a
tutti i disabili. Per questo vorremmo sensibilizzare le istituzioni su disagi comuni e diffusi».
La peculiarità dell’Aniu sta in questo: una onlus
basata sulla spontaneità del volontariato, che si
concretizza nell’impegno di persone direttamente coinvolte. «Vorremmo istituire dei taxi
sociali, che accompagnino quanti ne hanno
bisogno per qualsiasi incombenza, dal fare la
spesa al disbrigo di pratiche amministrative».
E, a proposito di amministrazione, ci segnala
l’interazione tra Aniu e Cesvol, il Centro servizi per il volontariato, cui sono affidate, appunto, tutte le questioni più strettamente amministrative. «Abbiamo fatto della nostra associazione uno strumento che incide soprattutto in
ambito socio-sanitario e lavorativo. Oltre ai
percorsi tattili, i mezzi pubblici - dagli autobus
al Minimetrò - devono essere dotati del sistema
di sintesi vocale».
Al di là delle singole agevolazioni riconosciute ai non vedenti (le principali, gli assegni di
invalidità riconosciuti dall’Inps), il presidente
dell’Aniu segnala con orgoglio i piccoli successi ottenuti dall’associazione: «Una signora
novantenne aveva fatto richiesta per il riconoscimento dell’invalidità e dopo due anni l’aveva
ottenuta, ma senza diritto al trattamento economico. Noi siamo riusciti a farglielo avere».
Ora Ottavio è impegnato a destinare tre caniguida ad altrettanti non vedenti. Il lavoro continua.
aNtoNio boNaNata
6
SPORT
Giro d’Italia, Salvatore puccio:« È stata una gioia immensa»
31 MAggIO 2013
luciano ciancaleoni, il ciclismo visto con gli occhi di un amatore
L’umbria in rosa una vita in sella
S
alvatore Puccio, classe 1989, è da qualche
giorno un vanto per tutti gli umbri. Ha
infatti conquistato la maglia rosa al giro
d’Italia dopo la seconda tappa, la cronometro a
squadre che si è svolta ad Ischia. Puccio è nato
ad Agrigento ma dall’età di 13 anni, per motivi
di lavoro familiari, si è trasferito ad Assisi dove
è riuscito a coronare il suo sogno: diventare
professionista.
Quando hai iniziato a correre in bici?
«A sette anni con la mia prima bici da strada».
Cosa ti ha spinto ad avvicinarti al ciclismo?
«Mio fratello Antonino che ha due anni più di
me andava in bici, così mi è nata la passione e
ho seguito le sue orme. Attualmente è il direttore sportivo dell’unione ciclistica Petrignano».
Quando sei diventato professionista?
«L’anno scorso, dopo essere entrato a far parte
del team Sky».
Quand’è che hai capito che ce “l’avresti
fatta”?
«Forse quando da dilettante alla prima convocazione ho vinto il giro delle Fiandre».
La più grande emozione che ti ha dato la
bici?
«Sicuramente la maglia rosa che ho conquistato
il 5 maggio scorso. È arrivata in modo un po’
casuale ed è stata una gioia immensa, la ricompensa di tutti i sacrifici fatti in questi anni.
Ancora oggi fatico a crederci».
Obiettivi futuri?
«Sono tanti i giovani che vorrebbero essere al
mio posto, corro per uno dei team più forti al
mondo, devo ringraziare la squadra e tutti gli
addetti ai lavori. Un giorno, spero di diventare
capitano di un grande team, per adesso mi
godo questo momento, ma so che dovrò fare
ancora molta strada, molta gavetta».
Secondo te come mai il ciclismo, nonostante gli scandali, ha tutto questo successo?
«Perché è lo sport più popolare, è un mix di
emozione e fatica allo stato puro».
L
saLvatore PuccIo
In magLIa rosa
Cosa pensi della piaga del doping?
«Il doping va debellato. Negli ultimi anni penso
che si stia facendo veramente molto per combatterlo, con ottimi risultati».
uciano Ciancaleoni, 52 anni, è un
cicloamatore folignate di lungo corso:
oltre 25 anni in sella, molti dei quali trascorsi nel “gruppo ciclistico sportivo Luigi
Metelli”, una squadra che conta oltre cento
iscritti ed è anche un gruppo di amici.
Quando è nata la passione per questo
sport?
«Ho iniziato con la mountain-bike, il mio primo
amore, nel 1985, con dei giri di poche ore, in
collina. Poi ho acquistato la bici da strada e
dopo aver conosciuto altri appassionati sono
entrato a far parte del team Metelli».
Così hai abbandonato il “primo amore”?
«Il passaggio è stato una conseguenza naturale.
Ora la mountain bike la uso soprattutto d’inverno, da solo. Ed é un po’ come tornare indietro
nel tempo».
Quanto spende un cicloamatore?
«Sui 1.000-1.500 euro l’anno di media per le
Professionismo e dilettantismo: due anime del ciclismo a confronto
le storie del professionista Salvatore puccio
e dell’amatore luciano ciancaleoni. mondi
lontani per origine, età, risultati ed obiettivi.
Salvatore a soli 24 anni è entrato a far parte
dei fantastici nove del team Sky, la squadra
inglese che l’anno scorso si è aggiudicata il
tour de France. e ha conquistato la maglia
rosa. luciano da oltre 25 anni corre sulle
strade nazionali ed internazionali con i com-
pagni del gruppo luigi metelli, arrivando in
Spagna ed in Sicilia, firmando ogni giorno
piccole imprese. le loro strade si sfiorano
idealmente sulle salite delle Dolomiti, dove
Salvatore combatte a maggio nel Giro
d’Italia e luciano suda e pedala a luglio. In
realtà si si incontrano ogni volta che salgono in sella: è la passione ad unire tutte le
anime del ciclismo.
Chi è il tuo idolo?
«Oscar Freire (ex velocista spagnolo che si è
ritirato l’anno scorso, dopo aver vinto tre campionati del mondo)».
Perché proprio lui?
«Perché è un passista scalatore, ovvero per chi
non si intende di ciclismo, vuol dire che va bene
sia in pianura che in salita eccezion fatta per
quelle con le pendenze più dure. Proprio come
me».
attrezzature, ma la cifra sale se si fanno uscite
fuori regione».
Voi le organizzate?
«Un paio ogni anno: l’ultima in Sicilia. Per raggiungerla siamo scesi in macchina fino a
Napoli, poi il traghetto per Catania. E da lì
finalmente ci siamo mossi su due ruote».
Tornando in Umbria, quali sono le gare, a
tappe e non, alle quali partecipate?
«Le principali sono la Strasubasio, la San
Valentino, il gran Fondo della Pace e la Ponte
f.f e m.g.
LucIano cIancaLeonI,
durante un’uscIta In bIcIcLetta
San giovanni. Per queste il percorso varia dai
100 ai 130 km. Ce ne sono altre con itinerari più
brevi, stabiliti di volta in volta. Le gare a tappe
sono per professionisti».
E come si diventa tali?
(Sorride)«Ne conosco alcuni: sono ragazzi nati
in bicicletta e hanno un talento fuori dalla
norma. Il cicloamatore è animato da passione e
dalla voglia di divertirsi».
La bici ti ha dato più gioie o dolori?
«gioie. Da diversi anni vinciamo il Campionato
regionale a squadre per amatori... ci siamo
anche stufati, ormai.. Anche andare e tornare a
San Marino in un giorno è una soddisfazione.»
Al Giro d’Italia, si continuano a vedere strade invase da appassionati. Come spieghi,
nonostante i continui scandali legati al
doping, questo successo?
«È lo sport più popolare per diverse ragioni: è
quello che è cambiato meno nel tempo, poi
condensa l’essenza della fatica e c’è il contatto
diretto con i propri beniamini, una cosa impensabile nel calcio o nei motori».
Quando appenderà al chiodo la bicicletta?
«Mai!».
federico frigeri e manlio grossi
da spoleto ad assisi in bicicletta
ll progetto del consorzio della bonificazione unisce lo sport, il turismo e la riqualificazione del territorio
T
utta L’Umbria in bicicletta. È questo lo
scopo del progetto chiamato “Ciclismo
promozione del territorio e garanzia per la salute” che consiste nella realizzazione di una pista
ciclabile di circa 60 chilometri che collegherà
Spoleto ad Assisi. Il progetto, in parte già realizzato ma che verrà completato entro la fine
del prossimo anno, vede impegnato in prima
linea il Consorzio della bonificazione umbra,
con sede a Spoleto, città di partenza della pista
ciclabile. L’idea, come sottolinea il direttore del
Consorzio Candia Marcucci, «nasce già negli
anni ‘90, quando il Consorzio e la Comunità
Montana dei Monti Martani pensarono assieme
di provare a fare una via di mobilità dolce che
usasse le strutture arginali dei nostri fiumi e che
permettesse agli amanti della pedalata di andare
da Spoleto a Assisi».
La pista rappresenta la “spina dorsale” di
tutta la valle tra le due città umbre «permetten-
do così di visitare tutti i nostri borghi e di godere dei meravigliosi paesaggi che Regione ci ha
regalato» sottolinea Marcucci. Punto di partenza della pista è il terminal ‘Le Mattonelle’, ancora non completato. In passato l’edificio era la
sede di una fabbrica, ma dopo l’acquisto e la
ristrutturazione da parte del Consorzio della
bonificazione umbra, ospiterà un’ attività di
ristoro, un’officina e un punto di noleggio per
le biciclette.
Il progetto non ha solo uno scopo sportivo, ma
mira anche a «far scoprire i nostri luoghi e allo
stesso tempo riqualificare alcune aree del territorio, come è avvenuto per la vecchia fabbrica, ora
terminal della pista». Nelle zone già percorribili
della pista ciclabile, sono molte le persone che si
incontrano lungo il percorso. L’iniziativa, infatti,
ha avuto il parere favorevole degli spoletini e non
solo. Non resta quindi che munirsi di una bicicletta e pedalare per scoprire tutta L’Umbria. m. g.
7
SPORT
31 MAggIO 2013
David morresi ci racconta la sua grande passione per l’arrampicata in falesia e per il boulder
La mia droga: adrenalina e vertigine
Dalle vittorie in campo nazionale ed internazionale al ritiro agonistico: «ma non ho mai pensato di smettere»
H
con vari gradi di difficoltà standard, l’8b+
a le mani ancora bianche di magneLe discipline principali
è uno dei più impegnativi.
site (la polvere bianca che serve a
Questa tua passione si limita all’ardare grip maggiore per arrampica- con il termine arrampicata sportiva si indicano l’insierampicata sportiva o sei anche un alpire), il fiatone e gli occhi che gli brillano, men- me delle discipline sportive che discendono dall’alpinista?
tre ci racconta della sua grande passione. Si nismo e che nascono a partire dagli anni Settanta (in
Amo molto la montagna, ma la vivo più
sta allenando in palestra, al boulder.
Umbria metà degli anni ottanta). l’arrampicata sporda “pensionato” che da atleta.
David Morresi ha 30 anni e da quattro tiva, può essere libera o artificiale (su roccia, ghiacNegli ultimi anni abbiamo assistito
non partecipa più alle competizioni agoni- cio o indoor): si differenzia per l’utilizzo o meno di
ad un boom delle iscrizioni a questo tistiche «Ma non ho mai pensato di smettere, strumenti che aiutino nella salita (corde o imbraghi
po di attività sportive, cosa ne pensi?
è una droga, dà dipendenza ed è un modo non sono considerati aiuti, in quanto sono necessari
Si, credo sia un po’ la moda del momenper sfogarmi e stare bene con me stesso do- per questioni di sicurezza).
le varie attività per le quali esistono anche le rispetto, soprattutto tra i 15 e i 22 anni. Certo, dipo una giornata di lavoro».
spiace che i giovani non escano su roccia e
Come nasce questo tuo amore profon- tive competizioni agonistiche sono:
Lead (difficoltà): si effettua su vie che aumentano
si dedichino all’arrampicata solo come se
do per la disciplina?
fosse una palestra di corpo libero. Sono poVentidue anni fa, avevo 8 anni, e mio zio di difficoltà fino al limite delle possibilità umane;
chi quelli che organizzano il sabato o la domi portava con lui ad arrampicare. Ho segui- boulder: nasce negli anni ‘40-’50 negli Usa e consimenica per andare all’aria aperta, in falesia
to le sue orme. All’epoca non c’erano pale- ste nell’arrampicare su vie basse (3-4 metri) di diversa difficoltà, senza l’uso dell’imbrago. la sicurezza è
o sui massi da boulder per passare del temstre.
garantita da morbidi materassoni;
po con gli amici e condividere questo loro
Quando e perché hai iniziato a fare le
velocità: vie semplici da percorrere nel minor tempo
interesse.
gare?
In aLto: davId morresIo ImPegnato In varIe dIscIPLIne.
possibile.
L’ultima domanda è proprio sulHo iniziato quando avevo 22 anni, perché
f
L
)
soPra: arramPIcata sPortIva In faLesIa (
l’aspetto umano di questo sport. Seconun mio amico partecipava e sosteneva che io
do la tua esperienza, rispetto ad altre atsarei stato sprecato ad allenarmi senza avere qualQuali sono le tue paure e i tuoi punti di sponsorizzati, anche se non fai più gare. Cotività, favorisce di più la socializzazione?
che soddisfazione agonistica o riconoscimento. forza?
me mai?
Certamente si. Io ho stretto amicizie molto
In realtà io non ho molto spirito di competizioLa paura è legata all’altezza, al fatto che lassù
Ho due sponsor che mi sostengono. Non sone, sono molto emotivo e la soffro. Ecco perché sei solo e gli strumenti potrebbero in qualche no eccezionale in competizione ma sono molto forti anche con ragazzi stranieri che ho conoho smesso. Sono stato campione e vice campio- modo incepparsi e farti rischiare la vita. Questo bravo ad affrontare vie complesse in falesia e nel- sciuto viaggiando. Legami autentici, incontri con
ne regionale, ho ottenuto ottimi piazzamenti a li- in falesia. Invece il boulder, l’altra disciplina che la disciplina boulder. In tutta Italia siamo in po- altre culture. Il rivale non è mai un nemico, ma
vello nazionale (miglior risultato un bronzo nel io amo molto, è diversa, non ci sono vertigini, chi ad avere all’attivo i gradi 8b+ in falesia e boul- un compagno. Il boulder in particolare è molto
campionato assoluto di arrampicata sportiva nel posso fare affidamento solo su me stesso.
der appunto. In pratica quando si affrontano dei conviviale.
soPhIe tavernese e federIco frIgerI
2005) e anche a livello internazionale.
Nel centro Italia sei uno dei pochi atleti percorsi di arrampicata, questi sono segnalati
foto dI
ederIco
ILLaccI
arrampicare & scalare, non solo le montagne
Dagli anni ottanta fino ad oggi, uno sport in continua ascesa. palestra, ma anche alberi ed edifici
B
oom di iscrizioni ed
esplosione di curiose
alternative alle classiche attività di boulder o
arrampicata sportiva in palestra e falesia.
«Siamo passati dai dodici
iscritti alla palestra negli anni
Novanta, quando abbiamo
aperto, agli oltre 300 attuali.
All’inizio è stata dura convin- soPra: bouLder neLLa PaLestra tacche e svasI
f
L
)
cere le mamme a far parteci- dI madonna aLta a PerugIa (
a destra: street cLImbIng aLL’acquedotto
pare i loro bambini. Questo romano (
r
P
)
sport era visto come pericoloso. In realtà fatto in maniera coscienziosa e nire qui e non rocon tutte le precauzioni del caso non è diverso vinarsi le unghie».
In Umbria la
dalle altre attività» dice Carlo Baccarelli, presidente della storica palestra Tacche e Svasi di Ma- storia dell’arramdonna Alta a Perugia (la prima ad aprire in città picata sportiva
nel 1992 e una delle più grandi nel centro Italia). inizia in Altolina, sul sasso di Pale (Foligno) nel
«La nostra struttura è decuplicata negli ultimi 1985. Da allora la disciplina si è evoluta e diveranni, la metratura è passata da 70 a 700. Inoltre sificata. Tra le attività più curiose che hanno rila frequenza giornaliera è in crescita, almeno 50 scosso successo negli ultimi tempi, lo street climpersone ogni sera» spiega Carlo Baccarelli. Inte- bing. «Si tratta di un’arrampicata libera, non chioresse in crescita non solo tra i ragazzi o gli uo- data, sulle mura di palazzi ed edifici», spiega Ricmini, ma anche tra le donne; «nonostante gli im- cardo Panella, 29 anni, appassionato e tra i priprevisti e le difficoltà molte si dedicano all’ar- mi ad interessarsi alla specialità, «In Umbria
rampicata, certamente non si può pensare di ve- sfruttiamo la cornice dei nostri borghi arroccafoto dI
foto dI
Iccardo
aneLLa
ederIco
ILLaccI
ti». È così che nel luglio 2012 ha organizzato Kukkoblock, un evento
speciale nel cuore del Parco del
Monte Cucco: «In quell’occasione
nel paese di Costacciaro sono venute 400 persone, anche da fuori regione», continua Riccardo, «per partecipare ad una manifestazione che
univa lo sport al turismo e alla riscoperta dei nostri parchi». Ma il culmine è stato raggiunto nel centro storico di Perugia; il fotografo statunitense Steve McCurry li ha immortalati in un paio di passaggi per la sua
mostra Sensational Umbria.
E poi c’è chi sceglie gli alberi. Il
tree climbing nasce come tecnica per
operazioni di lavoro (potatura, ancoraggio ecc...) sulla chioma degli alberi poi diventa arrampicata sportiva con campionati nazionali (a Roma, si sono appena svolti nel week end del 18-19 maggio). «Per ora è
un’attività per pochi appassionati, perché ci vuole attenzione in quanto si scala un essere vivente che non bisogna danneggiare» spiega Marco
Rinaldi, presidente dell’Associazione Alberi
Maestri di Assisi.
s.t.
e
f.f.
I 150 anni del cai
di Perugia
la montagna come metafora per eccellenza di ogni
sfida della vita. I valori fondanti del cai (club alpino italiano)
sono la competenza, la curiosità, la passione.
Quest’anno la sezione perugina ha raggiunto
quota 800 iscritti. Un grande successo che
rende ancora più significativo il 150° anniversario dalla fondazione. «nel 1875 Giuseppe
Bellucci, uomo di scienza oltre che di montagna fonda il cai nel capoluogo umbro. la
nostra peculiarità è questa unione tra passione per la ricerca e passione per la montagna.
Quando è nata la sezione era costituita infatti da uomini di lettere, da scienziati, biologi e
ricercatori» ha spiegato nicola Biancucci,
segretario del cai di perugia. numerose le
iniziative per ripercorrere un secolo e mezzo
di storia. Incontri, letture, concerti e una
mostra all’interno della rocca paolina.In Italia
le sezioni del cai sono numerosissime, superano quota 490. Quella perugina è la 4° del
centro-sud.
Il cai non è solo passione per la montagna,
ma anche hobby e tempo libero.
Un modo anche per fare amicizia e socializzare. “la montagna unisce” è il motto del club
e di questo 150°. Dieci giorni che fondono
storie e persone che condividono la passione
per la natura, per le vette e per gli abissi, per
quell’adrenalina che porta gli altri a chiedersi
“perché andate?”.
soPhIe tavernese
InnovazIonI
8
31 MAggIO 2013
Innovazione, ricerca e ecosostenibilità: nasce “compost label”, etichetta adesiva biodegradabile prodotta da polycart
Il bio-bollino è tutto umbro
I
a partecipare alla Fiera InternaIl futuro, in Umbria,
zionale sulla sostenibilità amè sempre più green.
bientale e sulla carbon footprint
Ed è proprio nel
di Udine dal 17 al 19 maggio
cuore verde d’Italia che è
2013. Un’occasione in più per
nato, qualche mese fa, il
mostrare le diverse applicazioprimo bollino ecologico
ni dell’adesivo bio: dalla frutta
per frutta e verdura. Si
alle etichette per le bottiglie di
chiama Compost Label
olio e vino o gli scontrini emesed è l’adesivo interamensi dalle bilance elettroniche nei
te biodegradabile e comsupermercati, non appena i sacpostabile ideato e sperichetti di plastica attualmente in
mentato da un’azienda di
uso saranno sostituiti con quelPalazzo d’Assisi, la Polyli compostabili e riutilizzabili
cart Spa, che da anni è
per la raccolta differenziata.
specializzata nella produ«Oltre a dare una mano all’amzione di imballaggi flessibiente, utilizzare adesivi e imbili in materiali plastici e
ballaggi in Mater-bi comporta
biodegradabili.
anche un certo recupero di
L’idea è stata realizzata in
competitività, dato che quasi il
collaborazione con gpt
IL bIo-boLLIno comPost LabeL, Prodotto daLLa PoLycart dI PaLazzo d’assIsI
90% di tutti gli imballaggi flessisrl, gruppo Poligrafico
Tiberino, una rete di 21 imprese del settore che ai fondi europei che la Regione Umbria ha mes- bili utilizzati per frutta e verdura sono prodotti
hanno deciso di condividere i propri knowhow so a disposizione. «Questo bollino – prosegue fuori dall’Unione Europea». Resta, dunque, solo
per realizzare progetti innovativi e all’avanguar- Bianconi – è un’etichetta dal cuore verde, perché l’incognita del prezzo, facilmente superabile se il
dia. «Il bollino ecologico è figlio di questa men- tutte le fasi produttive si svolgono nel tratto di consumatore fa propria una valutazione ambientalità, di tante competenze e idee progettuali che, E45 che percorre la nostra regione. Il granulo tale semplice: zero impatto ambientale grazie al
messe insieme, trasformano anche una piccola di Mater-bi, cioè la materia prima, viene prodot- compostaggio.
idea in un grande progetto», spiega Luca Bian- ta nello stabilimento ternano della Novamont, Per vedere questa etichetta su frutta e verdura
arriva alla Polycart dove diventa bollino e viene nei supermercati della grande distribuzione, peconi, amministratore della Polycart.
Così nel 2009, dopo una chiacchierata con Lu- quindi stampato e adesivizzato alla Cartotecni- rò, dovremo aspettare ancora un po’, almeno
tutta l’estate 2013. «Stiamo finendo il percorso
ca granata, amministratore delegato di Melinda, ca di Città di Castello».
consorzio che raccoglie più di cinquemila pro- Compost Label è nato solo qualche mese fa ma di certificazione del bio-bollino – spiega ancora
duttori di mele in Val di Non, nasce l’idea di ha già fatto il giro d’Italia ed è stato presentato al Bianconi – e stiamo continuando a studiare la diun’etichetta attenta all’ambiente ed ecososteni- Salon International Emballage di Parigi. Intan- stribuzione del prodotto a livello industriale»
LucIna PaternesI meLonI
bile. Idea poi sviluppata e realizzata anche grazie to dal ministero dell’Ambiente è arrivato l’invito
La storia di un capo di moda in un chip
L
La materia prima
un
sacchetto In
mater-bI
Il mater-Bi è una bioplastica formata da
componenti vegetali, come l’amido di mais, e
polimeri biodegradabili. Brevettato e commercializzato a partire dal 1990 dalla novamont,
azienda chimica leader nel settore, si presenta sotto forma di granuli ed è lavorabile come
qualsiasi altra materia plastica. È interamente biodegradabile e compostabile, cioè si trasforma in sostanza organica, tipo terriccio, che
può essere utilizzata come fertilizzante. oltre
ad essere utilizzato per la produzione di piatti, posate e bicchieri, dal 2011per fare la spesa è obbligatorio utilizzareshopper e sacche
esclusivamente in mater-Bi, carta o stoffa.
l’Italia è stato il primo paese a recepire la
normativa comunitaria sui rifiuti da imballaggio e, in particolare, sui sacchetti in plastica
per il trasporto delle merci, ma non era prevista nessuna sanzione per chi non rispettava l’obbligo. con l’entrata in vigore del decreto ministeriale del gennaio 2012, a partire dal
prossimo agosto saranno, però, messe al bando tutte le sacche e gli shopper non biodegradabili e compostabili secondo la norma europea en 13432, con pesanti sanzioni per chi
non rispetta tale obbligo.
L. P. m.
Gianluca mirabassi: «Garantiamo la qualità dei nostri capi puntando sul made in Italy»
a crisi del tessile, la voglia di andare avan- ogni capo, una squadra capitanata dai figli di Miti puntando sulla qualità e, parallelamen- rabassi, Nicola e Andrea.
te, la convinzione di dover puntare sui
Un’Italia, quella del tessile, messa sempre più
giovani per poter
in ginocchio
diventare
un
dalla crisi: ne
azienda leader del
sono un esemsettore: ecco la
pio i casi di Praformula del sucto e Biella, stocesso della Sterne
rie in declino di
International Spa,
un settore agli
un’azienda nata
sgoccioli, verso
nel 1993 sotto la
una delocalizzaguida della stilista
zione sempre
Lorena Antoniazzi
più feroce. Ma
e di suo marito
gianluca Miragianluca Mirabasbassi ha deciso
si. «I nostri prodi dire no alla
IL chIP aPPLIcato su aLcunI caPI
dotti sono di quadelocalizzaziolità e noi ci teniamo a dimostrarvelo» spiega sor- ne per valorizzare non solo l’Italia, ma sopratridendo Mirabassi. E dimostrare la propria af- tutto la sua regione di provenienza e di lavoro:
fidabilità, nonché la qualità dei propri prodotti, l’Umbria.
ripaga con la fedeltà dei clienti, soprattutto di
I risultati ottenuti dalla Sterne e dal marchio
quelli stranieri che rappresentano ormai il target Antoniazzi hanno ripagato le scelte azzardate di
principale della Sterne.
Mirabassi, che adesso vanta una crescita annuaAl centro della rivoluzione della Sterne Inter- le del 30%. «Siamo una delle poche aziende ad
national c’è la tutela del consumatore contro la andare bene. Abbiamo ideato brevettato un procontraffazione. Il chip non è certo una novità: cesso di tracciabilità dei prodotti sfruttando la
innovativo è il suo utilizzo per la tracciabilità dei tecnologia R-fid studiata appositamente per
filati e quindi come garanzia del made in Italy. mettere in rete tutta la storia del capo, dalla priAlle spalle del chip, inserito dietro l’etichetta di ma all’ultima fase di lavorazione». E in Umbria
Quattro Colonne
Anno XXII
numero 10 – 31 maggio 2013
Periodico del Centro Italiano di Studi Superiori
per la Formazione e l’Agg.to di Giornalismo Radiotelevisivo
Direttore responsabile:
Antonio Socci
Presidente:
Innocenzo Cruciani
Coordinatori didattici:
Nunzio Bassi
Dario Biocca
Redazione degli allievi della Scuola
a cura di Sandro Petrollini
SGRT Notizie
Registrazione al Tribunale di Perugia
N. 7/93 del aprile 1993
i Mirabassi non sono certo i soli. L’eccellenza teria prima, per esempio sul filato utilizzato di
della Sterne International fa parte di una rete di capo in capo.
I prodotti della Sterne si rivolgono principalaziende tessili che ha il capofila in Brunello Cucinelli, re del cashmere.
mente a chi sceglie il prodotto italiano in cerca
Tutto nasce dal concetto, fin troppo aggira- della qualità, dell’artigianalità. All’interno del
bile, di “made in Italy”. «In Italia – spiega Mi- chip sono contenute tutte le informazioni che
rabassi – la legge è facilmente aggirabile perché il cliente vorrebbe sapere a proposito del capo
bastano due fasi di produzione, come il lavaggio che sta acquistando. E la verifica non potrebbe
o l’imbustamento, per garantire l’italianità del essere più facile. Oltre a introdurre il codice del
capo». Una scelta, quella della subfornitura a prodotto sull’apposito sito web (www.lorenaantoniazzi.net), si può
piccoli artigiani
locali specializzarisalire alla storia del
capo anche attraverti, che ha perso il codice QR
messo alla Sterne
(quick read), scandi fare il salto di
qualità. «Il chip
sionabile con un
qualsiasi smartphoporterà in rete, e
ne.
quindi alla portata di un click, la
Così la storia di
un capo d’abbigliadimostrazione
che tutte le fasi
mento si digitalizza
per diventare un codi lavorazione
dei nostri capi
dice a barre o un
circuito elettrico.
avvengono realIL codIce qr (quIck read) Per smartPhone
mente in UmEppure, a proposito
bria» sottolinea Mirabassi. Registrare ogni pas- della commercializzazione del suo chip, Mirasaggio per dimostrare la provenienza e la desti- bassi non ha dubbi: «Venderlo? Non ci ho nemnazione del capo, la data e l’ora degli interventi meno pensato. Alle grandi aziende delocalizzaa seconda della fase di lavorazione. Oltre ai pas- te non interessa questo tipo di qualità».
saggi di produzione anche tutti i dati sulla macecILIa andrea baccI
In redazione
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Antonio Maria Bonanata – Alessandra Borella – Edoardo
Cozza – Nicole Di giulio – giuseppe Di Matteo –
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Spedizione in a.p. art.2 comma 20/c
legge 662/96 Filiale di Perugia
Stampa: graphic Masters - Perugia
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