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le forme dell`angoscia - Scuola di Psicanalisi Freudiana

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le forme dell`angoscia - Scuola di Psicanalisi Freudiana
LE FORME DELL'ANGOSCIA
Elisabetta Artusi
Vorrei qui riprendere alcuni aspetti relativi alla teoria
dell'angoscia, che ritengo essere un argomento assai
complesso all'interno della teoria psicanalitica.
Freud ne parla fin dai primi anni degli studi sull'isteria,
quando si trova ad analizzare i primi casi di isteria, e nel
tempo andrà via via elaborando una teoria che trova il suo
maggiore sviluppo nel saggio Inibizione, sintomo e angoscia
del 1925.
L'angoscia è la risposta a una situazione traumatica causata
da un accumulo di eccitazione che non trova il modo di
scaricarsi.
Essa può essere di origine interna o esterna.
Con il manifestarsi dell'angoscia il soggetto si trova in uno
stato d'impotenza psichica e di grave impedimento.
Essa non ha un oggetto.
La manifestazione dell'angoscia si distingue sulla base delle
diverse cause che la sprigionano.
Freud in “Inibizione, sintomo e angoscia”, testo del 1925, in
cui egli apporta una sostanziale revisione della sua teoria, fa
una distinzione dell'angoscia quando introduce i termini di
angoscia automatica e di angoscia reale.
Freud ci dice a proposito dell'angoscia automatica:
“... l'angoscia appare il prodotto dello stato di impotenza
psichica del poppante, stato che corrisponde perfettamente
alla sua impotenza biologica. [X/286]
L'angoscia automatica è la reazione che il soggetto mette in
atto in modo spontaneo quando si trova davanti a una
situazione traumatica, ovvero quando prova delle forti
eccitazioni che non riesce a dominare, di origine sia interna,
pulsionale, che esterna.
La troviamo per la prima volta nell'esperienza traumatica
della nascita, nella separazione del bambino dalla madre. Il
neonato viene messo di fronte all'attacco di una quantità
enorme di stimoli, interni ed esterni, assenti fino quel
momento, ai quali reagisce automaticamente.
Freud distingue l'angoscia traumatica dall'angoscia reale
poiché quest'ultima riguarda un pericolo esterno.
Infatti, Freud ne dà questa definizione:
“Il pericolo reale è un pericolo che conosciamo, l'angoscia
reale è angoscia
di fronte a questo pericolo.”(X/311
“Inibizione, sintomo ed angoscia “, 1925).
Essa è caratterizzata da una mancanza d'oggetto poiché nel
momento in cui l'oggetto si delinea l'angoscia si tramuta in
paura di qualcosa che permette di essere riconosciuta come
pericolo.
La minaccia di questa angoscia deriva dall'esterno ed è un
pericolo imprevisto, reale e comprensibile.
Freud la mette in opposizione con l'angoscia nevrotica e
scrive:
“[...] L'angoscia nevrotica è angoscia di fronte ad un pericolo
che non conosciamo. Il pericolo nevrotico è dunque un
pericolo ancora da scoprire; l'analisi ci ha insegnato che
esso è un pericolo pulsionale.” [X/311]
Il pericolo nevrotico non è esterno ma interno, ha un'origine
inconscia, e riguarda l'azione del moto pulsionale rimosso
che preme per giungere alla coscienza. La manifestazione
dell'angoscia è la risposta dell'Io la cui conseguenza sarà il
manifestarsi della nevrosi.
La nevrosi si pone in contrasto con l'angoscia, essa scoppia
a causa dell'angoscia e ha la funzione di proteggere l'Io.
Il lavoro analitico ha il compito di riportare il soggetto alla
causa dello stato angoscioso, quindi di ripristinare l'angoscia
per fare in maniera di potersene liberare.
Altro termine introdotto da Freud nella revisione della teoria
dell'angoscia è il segnale d'angoscia.
“...il prodursi dell'angoscia non esige una spiegazione
economica, l'angoscia non viene prodotta ex novo nel
processo di rimozione, bensì viene riprodotta quale stato
affettivo in base a un'immagine mnestica già esistente. […]
Gli stati affettivi sono incorporati nella vita psichica come
sedimenti di antichissime esperienze traumatiche, e
vengono ridestati quali simboli mnestici in situazioni simili.”
[X/243]
Freud ci dice che il segnale d'angoscia viene messo in atto
dall'Io nel momento in cui si presenta un pericolo interno, in
modo da evitare l'afflusso delle forti eccitazioni che
altrimenti lo coglierebbero impreparato alla difesa.
Il segnale d'angoscia è un dispositivo indispensabile per
l'autoconservazione del soggetto. Attraverso questo
segnale, l'Io può prepararsi alla situazione di pericolo ad
esempio con la fuga.
Se l'angoscia rimane a livello di segnale l'Io può difendersi.
Il segnale riproduce in una forma attenuata una reazione
all'angoscia già vissuta in precedenza, quando si è
presentata per la prima volta la situazione traumatica.
In questo modo il soggetto trova la maniera di difendersi
dagli attacchi inconsci.
Se il segnale non riesce il soggetto si troverà davanti
all'aumento di tensione che sprigiona energia libera che
svilupperà l'angoscia.
Il segnale d'angoscia è un dispositivo che si manifesta
soltanto nell'angoscia nevrotica.
Lo sviluppo dell'angoscia indica lo svolgimento temporale
dell'angoscia che caratterizza il passaggio alla situazione
traumatica.
Esso si manifesta nel momento in cui il segnale d'angoscia
non è risultato efficace e ha pevalso un forte eccitamento
che supera le capacità di affrontarlo.
Vediamo come l'angoscia si presenta nelle nevrosi.
Nell'isteria e nella nevrosi ossessiva, l'angoscia non è un
elemento caratterizzante; questo non significa che in queste
due patologie manchi l'angoscia, essa è meno evidente in
quanto non si sprigiona l'angoscia diretta.
Al posto dell'angoscia abbiamo la rimozione che impedisce
la scarica dell'ammontare affettivo.
L'affetto si converte nell'isteria, isteria di conversione, e
prende la via dell'innervazione somatica sottoforma di
sintomi somatici.
Scrive Freud:
“ L'investimento libidico del moto pulsionale rimosso
esperimenta – come si vede nel modo più chiaro nell'isteria
di conversione – una utilizzazione diversa della
trasformazione in angoscia e della scarica come tale”.
(p.308, vol. X,“Inibizione, sintomo e angoscia”, 1925).
Nella nevrosi ossessiva, invece, l'affetto viene spostato
verso rappresentazioni irrilevanti ma che comunque
mantengono un nesso con la rappresentazione rimossa.
Le nuove rappresentazioni vengono investite libidicamente
e diventano rappresentazioni ossessive sottoforma di
rituali, dubbi, divieti, restrizioni ecc...
Scrive Freud:
“Sappiamo che nell'isteria è possibile che un'impressione
traumatica sia lasciata cadere nell'oblio, nella nevrosi
ossessiva sovente questo non riesce, l'esperienza non
viene dimenticata, ma viene invece spogliata del suo affetto,
mentre le sue relazioni associative sono represse o
interrotte, cosicchè essa sta come isolata e non viene
neppure riprodotta nel corso dell'attività di pensiero”. (p.269,
vol. X,“Inibizione, sintomo e angoscia”, 1925)
Nella fobia, l'angoscia è un elemento caratterizzante che
avendo trovato un oggetto si è trasformata in paura.
Ad esempio, nel caso clinico del “piccolo Hans” riportato da
Freud, l'angoscia è causata dalla minaccia di castrazione e
si è potuta trasformare in paura perché ha trovato un
oggetto, il cavallo, che è diventato l'oggetto fobico.
Freud scriverà in Analisi della fobia di un bambino di cinque
anni”, del 1908 :
“Nell'isteria d'angoscia la libido sprigionata dal materiale
patogeno in virtù della rimozione non viene convertita,
somaticamente nell'innervazione come nel caso dell'isteria,
ossia non viene sottratta alla sfera psichica per riapparire in
una innervazione somatica, ma viene liberata sotto forma di
angoscia.” (p. 565, Vol. V, “).
E ancora in Inibizione, sintomo e angoscia:
“Il piccolo Hans abbandona l'aggressività verso il padre per
paura dell'evirazione; la sua paura che il cavallo lo morda
può benissimo capirsi senza sforzo: è paura che il cavallo
gli morda via il genitale, che lo eviri.” [X/ 257]
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