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Canarie a Capodanno. Passeggiate da un Vulcani e Mare Trek

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Canarie a Capodanno. Passeggiate da un Vulcani e Mare Trek
TACCUINO DI VIAGGIO | Canarie Trek
CANARIE A CAPODANNO
Passeggiate da un Vulcani & Mare Trek
a
08
Testo e foto del coordinatore Lorenzo Serafini
“
No no no, mi state
mandando nell’isola
sbagliata!
Noi
andiamo a La Palma. Santa Cruz de
La Palma”. L’impiegato del check-in
di Iberia sbuca da dietro un monitor
“Ma... Santa Cruz si trova a Tenerife...
” protesta con limitata convinzione.
Scopriamo così che le Canarie non
sono soltanto un paradiso di spiagge
idilliache, foreste verdeggianti e
rocce vulcaniche; sono anche un
arcipelago in cui ogni cittadina,
montagna e insenatura ha almeno
una “Cruz” o una “Palma” nel nome.
O entrambe.
Dopo una serie di voli cancellati e
pernottamenti sparpagliati un po’
in tutta la penisola iberica siamo
finalmente in arrivo alla Palma giusta.
E’ il tramonto. La cima del Teide
sbuca sotto le ali dell’aereo, un’isola
nera in un mare di nubi. Scendiamo
verso le piccole luci della città nel
buio della notte.
Un paio d’ore più tardi sono seduto
con Silvia davanti a un tavolo di
legno del Cuarto de Tula, un piccolo
locale sul lungomare di Santa Cruz.
Fra chiacchiere sparse, musica a
tutto volume e bicchieri di birra
studiamo il nostro primo trek: un
giro semicircolare della cresta del
Taburiente, il cratere gigante che
domina l’isola. Domani ci alzeremo di
buon mattino.
In contraddizione plateale con la fama
di perenne bel tempo di cui gode
l’isola, ci avviciniamo al Taburiente
immersi in una gelida nebbiolina;
il muschio cresce rigoglioso su
entrambi i lati della stradina umida
e tortuosa. Grida di gioia esplodono
dalle nostre automobili quando,
inaspettatamente,
sbuchiamo
sopra le nuvole. Parcheggiamo
vicino all’osservatorio sulle pendici
settentrionali della montagna, zaini
in spalla, si parte. Giorgio e Gianna
svaniscono immediatamente in testa
al gruppo, stabilendo il nuovo giro
veloce del cratere: li vediamo per un
istante comparire sul Pico de La Cruz
(Maiuscolo) e svanire di nuovo oltre
il pico de la cruz (minuscolo, tanto
per corroborare la mia teoria sulla
toponomastica delle isole).
La cresta è brulla, sgretolata
dall’erosione e attraversata da
intrusioni e strati alterni di terra
rossa, grigia e nera. Dietro di noi
cielo e mare si fondono in un azzurro
luminoso, davanti le nuvole formano
un soffice tappeto sotto il sentiero.
La cima del Teide compare in
lontananza. A destra, pareti di roccia
verticale si tuffano nelle nubi e in
basso, in fondo al cratere, torrenti
scintillano in mezzo ai pini.
Ci ritroviamo tutti sul Pico de La
Nieve, il termine del nostro sentiero.
Le nuvole del pomeriggio salgono
lentamente verso di noi: presto
siamo di nuovo inviluppati nel grigio,
e un vento freddo ci scaccia dalla
montagna.
“No se preocupe” dice l’autista, “qui
è molto più sicuro che in autostrada”.
Mina, seduta accanto a lui, sembra
più terrorizzata che convinta mentre
il taxi sfreccia sulla tortuosa stradina
che porta a Los Brecitos. L’autista
non fa in tempo a terminare la frase
che ne compare un altro, come per
magia, diretto contro di noi a folle
velocità. “No se preocupe”, ripete il
tassista danzando con disinvoltura
fra lo scontro frontale e un salto nel
vuoto, “tutto sotto controllo”.
Los Brecitos è il punto di ingresso
più frequentato per la caldera del
Taburiente: avendo camminato sulla
cresta, è chiaramente nostro dovere
esplorarne anche l’interno.
Salutiamo con un misto di calore e
sollievo il nostro tassista e iniziamo
a camminare all’ombra dei pini. Fra
gli alberi si intravedono le pareti del
cratere, i molteplici Pico de la Cruz, le
nuvole che tracimano nel cratere dal
Pico de la Nieve.
Sembra di essere in un romanzo
di Jules Verne: siamo in un mondo
nascosto, una foresta segreta
completamente isolata dall’esterno
e protetta da uno stretto orizzonte di
pietra.
cratere Deseada, per scambiarci le
chiavi delle macchine.
Il mio gruppetto sceglie la più
comoda direzione sud: partiamo
di buon mattino dal rifugio El Pilar.
Come tradizione dell’isola, dense
nuvole si trovano comodamente
appoggiate sul nostro crinale.
Iniziamo a camminare su un tappeto
di aghi di pino bagnati, in una nebbia
fredda e umida; i miei compagni sono
ombre indistinte che compaiono e
scompaiono fra sagome di alberi
spettrali.
Passiamo sotto Pico Birigoyo, poi
Pico Nambroque. Il terreno cambia, la
foresta di conifere lascia spazio a una
vuota distesa di roccia vulcanica. Il
vento aumenta d’intensità sollevando
la polvere sul sentiero e spazzando
le nuvole dal crinale: quando
raggiungiamo i pendii settentrionali
della cima Deseada compaiono i
primi frammenti di azzurro. Poi, quasi
d’improvviso, l’isola intera compare
sotto di noi nella luce accecante del
mezzogiorno.
Raggiungiamo un bivio nel sentiero:
da quale parte arriverà l’altro gruppo?
Canarie
Il mattino successivo sono seduto al
PC della reception del nostro hostal
a confermare prenotazioni e biglietti
per il resto del viaggio: Susana mi
ha gentilmente concesso di usarlo
mentre è impegnata nelle camere
–col risultato che prendo anche un
paio di telefonate di suo marito e
faccio il checkout a una famiglia di
turisti tedeschi.
Poi ripartiamo, ancora una volta verso
il Taburiente: la Ruta de Los Volcanes
inizia all’estremitá meridionale
del cratere e segue tutta la cresta
dell’isola fino al faro di Fuencaliente.
In un momento di estro creativo
abbiamo deciso di dividerci in due
gruppetti per risolvere il problema
logistico di una camminata aperta:
procedendo in direzioni opposte ci
incontreremo a metà percorso, al
...............................................................................
Avventure nel mondo 2 | 2013 - 107
TACCUINO DI VIAGGIO | Canarie Trek
Per aggiungere un elemento di brivido
alla passeggiata imbocchiamo
risolutamente il cammino di sinistra,
osservando il sentiero basso che
scompare lentamente fra gli alberi.
Un puntino bianco si materializza,
lontano, davanti a noi. E’ Giorgio che
cammina implacabile davanti a tutti.
Gianna, staccata di poco, mi confida
privatamente che non si sente molto
bene –“ma lui cammina anche
quando è guasto”, aggiunge in un
tono di approvazione.
Quel che più importa, ha le chiavi.
Ci scambiamo cerimoniosamente i
preziosi oggetti, salutiamo gli altri e
auguriamo loro buona fortuna fra le
nuvole che li aspettano.
Ci lasciamo Deseada alle spalle e
scendiamo di nuovo verso i pini; la
lava sotto i nostri piedi si scalda di
minuto in minuto mentre le ombre
diventano sempre più corte e nette.
La nostra cavalcata fra le cime di La
Palma continua con Volcan Martin,
l’ultimo prima di Fuencaliente. Il faro
è ancora lontanissimo.
Sbuchiamo nel villaggio e, senza
neanche scambarci una parola, ce
ne andiamo dritti al primo bar sulla
strada principale. A rigore dovremmo
continuare fino al faro prima di
celebrare, ma soccombiamo senza
resistere al desiderio di una birra
gelata e una tapa. E poi possiamo
sempre festeggiare di nuovo una
volta raggiunto il faro...
I pochi locali seduti al bar parlano fra
di loro, fumano sigari e ci guardano
di nascosto. Un taxi aspetta fuori
speranzoso, ma la nostra Ruta non
è finita: visitiamo ancora Volcan San
Antonio appena fuori Fuencaliente, ci
facciamo spazzare via da un vento
folle su Volcan Teneguia e finalmente,
soddisfatti dei nostri sforzi, ci
sdraiamo sulla spiaggia del faro,
non c’è più terra su cui camminare.
Rimaniamo a lungo distesi sulla
sabbia nera guardando il mare.
Bisogna risalire fino a Fuencaliente...
e trovare la macchina.
senza almeno una “Cruz” (o una
“Palma”) nel nome.
E il prossimo obiettivo è il Teide, la
cima più alta di Spagna. La vetta si
raggiunge facilmente con un tratto
in funivia, ma noi abbiamo deciso
di fare una traversata di due giorni
con pernottamento nel piccolo rifugio
Altavista.
Saliamo in auto le pendici della
montagna, sorpresi dal numero
mostruoso
di
automobili
in
competizione selvaggia per i
pochissimi parcheggi disponibili. Ci
vuole un po’ di tempo, e una buona
dose di fantasia, prima di riuscire
finalmente a incastrare le nostre auto
in un posto di dubbia legittimità.
Un largo sentiero attraversa la
distesa di roccia bruna e ocra alla
base del Teide: è il malpais, un antico,
immenso cratere che occupa la
maggior parte dell’isola e all’interno
del quale è emersa in tempi
(geologicamente) recenti la nuova
vetta. E’ un paesaggio arido e ostile
–se ci dimentichiamo per un istante
la funivia e la folla ammassata dietro
la curva.
La salita si fa sempre più ripida,
qualcuno inizia a sussurrare che il
rifugio è stato rimosso nottetempo...
invece no, è soltanto nascosto
dietro un risalto roccioso. Il vento
delle Canarie soffia con rinnovata
passione, la temperatura precitipa
–e andrà sotto zero durante la notte:
il Teide ci ricorda che siamo su una
montagna vera.
Condividiamo il tavolo per la cena
con un piccolo gruppo di tedeschi
in un’atmosfera molto alpina e
silenziosa, finché una mandria di
rumorosi russi arriva –saranno le
dieci- con bottiglie di vodka, jeans,
scarpe da ginnastica e tacchi alti.
Ma anche una simile intrusione di
vita cittadina, e il fatto che la cima
si trova solo a un’ora di distanza,
non possono impedirci la tradizionale
sveglia alpina a un’ora impossibile.
Uno ad uno finiamo la nostra
colazione in un silenzio intorpidito,
lasciamo il rifugio e superata la
stazione della funivia saliamo l’ultimo
tratto fino alla vetta.
Ci accompagna l’odore acre dello
zolfo; un vento malvagio spazza
la cima del Teide. Le piccole luci
solitarie di Santa Cruz (di Tenerife)
brillano lontane, assediate dalla
notte: sembra quasi di spiare dal buio
un avamposto della civiltà.
Aspettiamo l’alba nell’oscurità gelida,
e mi viene da pensare che assiderare
lentamente per vedere il sorgere del
sole, forse, è un’idea un po’ malsana.
Poi la notte recede dissolvendosi
lentamente in un cielo rosa e oro. Il
sole sale dietro Gran Canaria. La luce
del nuovo giorno proietta l’ombra del
Teide, un cono perfetto, sulle nubi
sotto di noi; l’isola di La Palma è
una pennellata scura nel mare, e mi
viene da pensare che in fondo valeva
la pena assiderare quassù.
Scendiamo dalla cima su antiche
colate di lava, attraverso pendii
sassosi e polvere grigia. Passiamo
accanto al cratere estinto del Pico
Viejo, giù fino agli arbusti accanto
alla strada. Il cielo ha ingoiato il mare
in un blu ininterrotto, l’isola di La
Palma sembra fluttuare a mezz’aria.
Canarie
La vivace cittadina di Puerto de La
Cruz è la nostra base a Tenerife –non
avremmo mai accettato un posto
108 - Avventure nel mondo 2 | 2013
“No te preocupes” dice Mina mentre
guida la nostra auto a noleggio lungo
le stradine delle scogliere di Anaga.
Irresistibilmente richiamata dalla
formula magica, un’altra macchina
si materializza nella nostra corsia,
mirando chiaramente allo scontro
frontale.
Mina ripete la danza tradizionale
dell’isola fra collisione e precipizio.
La guardo storto: “Nessuno pronunci
più quella frase. Mai più.”
E’ il nostro ultimo giorno, e abbiamo
deciso di passare qualche ora di relax
sulla costa nordorientale di Tenerife
prima di dirigerci verso l’aeroporto
-manco a dirlo- di Santa Cruz.
Inspiegabilmente questo “relax”
prevede che alcuni di noi arranchino
disperati dietro Giorgio, adesso in
piena forma, per un sentiero verticale
sotto il sole di mezzogiorno, attratti
dalla prospettiva del panorama
dall’alto della scogliera.
Quattrocento metri più in basso,
sul lungomare, il resto del gruppo
contempla le onde che si infrangono
sulle rocce dalla veranda di un
ristorante, davanti a un gigantesco
piatto di pesce e vino bianco
freschissimo. Ci sono modi peggiori
per concludere un viaggio e iniziare
l’anno nuovo.
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