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Hellville, il cuore dell`inferno

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Hellville, il cuore dell`inferno
Hellville, il cuore dell’inferno
Ogni riferimento a fatti realmente accaduti e/o a persone realmente esistenti è
da ritenersi puramente casuale.
Vincenzo Raco
HELLVILLE, IL CUORE DELL’INFERNO
Romanzo
www.booksprintedizioni.it
Copyright © 2016
Vincenzo Raco
Tutti i diritti riservati
Dedicato a tutti coloro che non hanno creduto in me,
A tutti coloro che mi dicevano scrivere è inutile.
Dedicato ai miei genitori che con tanti sacrifici mi hanno cresciuto,
A mio fratello e mia sorella che mi hanno sostenuto e continuano a farlo.
Dedicato a tutti gli amici vicini e lontani...
Parte Prima
Un ragazzo di nome Billie Green...
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Riflessione, il principio...
Rare volte riusciamo a trovare il modo di percorrere i sentieri della nostra mente e del nostro spirito. Rare volte riusciamo a trovare la forza per affrontare la quotidianità e armarci della lucidità e
della saggezza necessarie a distoglierci dalla morbosità di una vita
che spinge a essere ipocriti, schiavi del perbenismo e delle apparenze...
Non è semplice. Non lo è soprattutto dopo aver toccato il fondo
senza aver ben compreso come, continuando a restare immersi
nel mare dell’insoddisfazione e del malessere.
A quel punto tutto diventa maledettamente complicato. Diventa
maledettamente complicato pensare di riuscire a venirne fuori
trovando ancora la forza per guardare con fiducia dentro se stessi
in modo da fare il punto della propria vita in maniera obiettiva...
Pensando alla propria vita spesso ci si chiede se è misera, vuota, appagante, se effettivamente si tratti di una vita vissuta al
massimo delle proprie possibilità, se abbiamo ricevuto da essa il
massimo delle soddisfazioni. Ma ancora più spesso ci si chiede se,
avendo la possibilità di cambiarne qualcosa, troveremmo effettivamente il coraggio per farlo, senza rischiare di cadere nuovamente nell’errore di ancorarci al passato ripetendo noi stessi
all’infinito, persi nell’eterno ritorno...
Quel giorno Billie stava facendo il punto della situazione, qualcosa che per un ragazzo poco più che adolescente poteva apparire
come subdolo, insensato, veramente triste; ma del resto chiunque
venga a questo mondo non può sottrarsi dal confronto con la tristezza, un confronto che spinge chiunque a fare cazzate a stufo.
Tutto ciò valeva anche per Billie, che nonostante la giovane età,
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ben presto si sarebbe mostrato, come tutti, un vero e proprio
amante delle stronzate...
Spesso si dice che non bisogna fermarsi alle apparenze, e probabilmente anche nel caso di Billie bisognava guardare oltre, bisognava cercare un di più. Forse quel suo fermarsi a riflettere su
se stesso e sulla sua vita, nonostante fosse solo un ragazzo, era il
frutto colto da chi sfortunatamente possedeva un’anima più profonda di altre, o forse si trattava soltanto di paranoia, chi può dirlo; ma intanto Billie rifletteva, e viaggiando con la sua mente cercava di rifugiarsi in realtà parallele per sfuggire a quella che viveva ogni giorno, una realtà terribile, insopportabile. Sì, forse isolarsi era la soluzione, del resto si sa che la vita è piena di persone
che incasinano tutto, persone che con la puzza della loro merda
infettano e uccidono, e a quel punto, prendendo coscienza di tutto ciò, scatta quell’istinto di sopravvivenza che impone la necessità d’imparare a difendersi rinchiudendosi dentro se stessi, qualcosa che forse può rendere la vita un po’ più facile da affrontare e
che in qualche modo avrebbe aiutato Billie a sfuggirle momentaneamente, dandogli modo di poter tirare il fiato. Ma non è facile
sfuggire alla vita, poiché proprio come un creditore incazzato è
sempre pronta a starci alle calcagna, a metterci pressione, come
se nel farlo il denaro che ognuno di noi le deve improvvisamente
si materializzasse, dandoci così la possibilità di saldare il nostro
eterno debito.
Era proprio quella la sensazione che Billie provava vivendo a
Hellville, una perenne sensazione di apnea suscitata dal confronto
con l’ipocrisia e la malignità della gente del posto, una sensazione
che Billie imparò a conoscere crescendo nella casa di via Hopeless 666 dopo essersi trasferito in quella cittadina con i suoi genitori quando era ancora molto piccolo...
Lì presto imparò cosa significasse sentirsi soli, e questo grazie
ai trattamenti ricevuti dagli abitanti di quella cittadina che lo facevano sentire come se fosse “diverso” soltanto perché non condivideva i loro stessi interessi, perché non si comportava come loro...
Spinto da quelle motivazioni, dunque, il ragazzo nel tempo
aveva imparato a isolarsi, e lo faceva staccandosi dalla realtà in
cui viveva, cercando di muoversi all’indietro tra i suoi ricordi, alla
disperata ricerca di quel sollievo che poteva donargli rivivere
momenti passati che la sua mente conservava gelosamente come
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dei preziosi diamanti in cassaforte. Di certo non era da biasimare
per quello, non era possibile poiché si trovava a “HELLVILLE”,
meglio conosciuta come “IL CUORE DELL’INFERNO” proprio
per la malvagità dei suoi abitanti.
Sì, purtroppo non era un segreto per nessuno il fatto che vivere
in quel luogo senza “essere uno di loro” significasse passare la
maggior parte del proprio tempo a riflettere su quanto penosa potesse essere l’esistenza umana, poiché gli abitanti della cittadina
erano delle vere e proprie carogne.
Ma la ragione che aveva portato il piccolo Billie e la sua famiglia a trasferirsi in quel luogo, non era recente, ma aveva avuto
inizio nel lontano passato...
Era finita da poco la Seconda Guerra Mondiale, e con
un’Europa completamente distrutta dalla guerra, Stuart aveva deciso di migrare verso l’America in cerca di fortuna. Riuscì a trovarla, e quando ebbe abbastanza denaro comprò un pezzo di terra
proprio a Hellville, dove volle costruire la propria abitazione. Con
la costruzione dei vari ambienti fu anche la volta del garage. Era
molto largo, spazioso, con gli scatoloni e le varie cianfrusaglie
messe ben in ordine, così in ordine da ricordare la domenica mattina, quando Stuart metteva su la camicia pulita, ben stirata, la
giacca nuova e la cravatta scura, poi scendeva al piano di sotto,
baciava sua moglie, e si metteva seduto a leggere il giornale e sorseggiare il suo caffè prima di andare a messa, dove puntualmente
avrebbe ascoltato ogni genere di infamia ora su questo ora su
quello, poiché anche la messa della domenica faceva parte di una
logica marcia a Hellville, faceva parte di un fottuto equilibrio costruito sulla degenerazione e sul vizio. Ma il garage no. Quel luogo sapeva di felicità, e quel sapore era così insistente che avrebbe
potuto convincere chiunque fosse entrato lì dentro anche per un
solo minuto che il mondo non sarebbe mai finito e che tutto sarebbe rimasto in quel modo, eternamente perfetto. E poi c’era
l’odore dell’intonaco fresco che sapeva di pulito, ed era così forte
da ricordare il profumo di una puttana intenta a svolgere il suo
antico mestiere, qualcosa che Stuart conosceva molto bene evidentemente, e che poteva spiegare perché proprio in quel garage,
dietro a una mattonella, nascondesse una lettera dal sapore di
“addio” con tanto di foto allegata ritraente una donna nuda. Si
trattava di una certa Nancy, una puttana che Stuart aveva conosciuto dopo essere giunto in America. In breve tempo iniziò con
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lei una relazione, che terminò quando Stuart decise di mettere su
famiglia sposandosi con Jody, e comprando quel fottuto terreno
situato in via Hopeless 666. Ma nonostante Stuart riuscì a trovare
fortuna, non si poteva certo dire che per lui le cose siano state facili...
Appena giunto nel nuovo continente, grazie all’aiuto di qualche
amico, riuscì a trovare un impiego presso un’azienda agricola. Ma
lì c’era da fare l’America. Non ci si poteva fermare. Già, fare fortuna da quelle parti era un obbligo, e così Stuart, oltre a lavorare
nei campi, faceva anche qualche turno di straordinario in miniera. Quel dannato carbone serviva a molte cose, e come se non bastasse la paga era molto buona. Sì, quello era il lavoro più ambito
e merdoso sulla faccia della terra. Si moriva in miniera e Stuart lo
sapeva bene. Nel corso degli anni aveva perso diversi compagni, e
li aveva persi senza salutarli, li aveva visti sparire nel buio senza
preavviso, un boato dato da uno scoppio e poi la fine...
Nonostante tutto però, il desiderio di farsi strada e crearsi una
vita lontana dalla povertà, spesso era più forte di tutto il resto, e
allora Stuart andava avanti. Poi conobbe Nancy, una magnifica
puttana tutta sesso che con il suo magico sorriso e il suo profumo
inebriante riuscì a dare la forza di cui Stuart aveva bisogno. Si
dimostrò essere una donna incredibile, accogliendo Stuart appena giunto in America, e contagiandolo con la sua positività, con il
suo essere donna vera e sempre sicura per sé e per gli altri. La loro relazione durò per anni, ma un giorno Stuart conobbe Jody.
Anche lei si spezzava la schiena nei campi, e anche lei lavorava
presso la stessa azienda agricola dove lavorava Stuart. Le donne
lavoravano in un settore riservato solo a esse, ma nonostante tutto, non era molto difficile incontrarsi oltre la recinzione, con lo
sguardo. L’attrazione fu fatale per lui, che di certo non era un
uomo poco attraente. Era alto, molto magro, con dei capelli scuri
e ben curati che portava molto corti secondo la moda dei suoi
tempi. Fumava delle sigarette bianche, senza filtro, con quei ciuffi
di tabacco che erano di colore marrone scuro, un marrone dannatamente marrone, come la terra di quei campi baciati dal sole
d’America dove Stuart passava le sue giornate e spendeva le sue
fatiche. Anche la sua pelle era di quel colore, e ormai tutto quello
gli apparteneva così come apparteneva a Jody, la quale da lì a poco sarebbe rimasta incinta dando alla luce Karen...
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