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Il Sauvignon blanc I nuovi portinnesti Gestire le vendemmie “calde

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Il Sauvignon blanc I nuovi portinnesti Gestire le vendemmie “calde
millevigne - bimestrale - sped. in a.p. dl 353/2003 conv. in L.27/02/2004 n. 46 art. 1, comma 1, cns/to - una copia euro 4 - in caso di mancato recapito, inviare al cmp Torino per la restituzione al mittente previo pagamento resi
n.
6 2012
Il Sauvignon blanc
I nuovi portinnesti
Gestire le vendemmie “calde”
Bollicine in autoclave,
due secoli di storia
Piemonte, Anteprima Vendemmia
Marketing:
le categorie di consumatori
MILLEVIGNE e il “Web 2.0”
In contatto con i lettori anche via Youtube, Facebook e Twitter
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Millevigne blog
È il blog del direttore responsabile della testata Maurizio Gily. Vi si possono leggere e commentare tutti i
post. Navigabile anche da smartphone. Si accede facilmente dal sito del periodico, o digitando millevigneblog su google o altri motori di ricerca.
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Sul canale youtube Millevigne sono disponibili alcuni
video su viticoltura ed enologia, interviste ed eventi.
È possibile trovarli digitando semplicemente ‘millevigne’ nella finestra di ricerca di youtube; iscrivendosi
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l’Editoriale
Far appassire le uve
ma non le idee
di
maurizio gily
L
’appassimento a volte conduce a risultati
eccellenti, come il Vino Santo trentino di
Gino Pedrotti, ottenuto dalle uve Nosiola,
della foto di copertina. Uno dei tanti gioielli, grandi e piccoli, che rendono originale e inimitabile l’Italia del vino.
Quello che bisogna evitare è l’appassimento delle idee e
delle imprese. Il periodo che stiamo vivendo ne offre purtroppo molti esempi. Il nostro settore, pur con tutti i suoi problemi, è ancora
uno di quelli che portano il segno più, sia per la bilancia
nazionale dei pagamenti (siamo i primi esportatori di vino
al mondo) che per l’immagine del “made in Italy”. Un’immagine importante non solo sul piano internazionale, ma
anche per stimolare quell’orgoglio nazionale che a noi Italiani spesso fa difetto: un po’ per il nostro inguaribile individualismo, un po’ per colpa di una classe dirigente che
non sempre rappresenta il meglio del paese, come dovrebbe. E forse le due cose sono collegate.
Il meglio dell’Italia sono gli uomini, le donne e le imprese
che anche nei momenti difficili non si sono arresi, hanno
combattuto, hanno investito, si sono rinnovate, sempre
nel rispetto delle regole del gioco. È nei momenti di crisi
che l’economia cambia pelle e il nuovo, faticosamente,
emerge. I nuovi “player”, come dicono gli esperti di marketing, cioè i nuovi giocatori, scendono in campo.
Con Millevigne abbiamo sempre cercato di accompagnare
il cambiamento, cambiando anche noi lungo la strada. E
lungo quella strada abbiamo trovato nuovi partner e tanti
nuovi abbonati, in tutta Italia ed anche all’estero, che vorrei qui ringraziare uno per uno.
Con questo numero, largamente dedicato al Piemonte,
Millevigne conclude un ciclo. Nel 2013 la rivista sarà rinnovata nella grafica, nel formato (più piccolo e con più
pagine) e nella periodicità, che diventa trimestrale, seguendo così il ritmo delle quattro stagioni. La crescente
integrazione con il sito web consente ormai di trasferire
sul mezzo digitale tutte le notizie più legate all’attualità,
attraverso la newsletter quindicinale di Millevigne (gratuita) e i social network, mentre la rivista rimane un mezzo
insostituibile, anche secondo la maggioranza dei lettori,
per tutto ciò che è approfondimento e formazione continua.
Tutti gli articoli della rivista saranno comunque disponibili anche sul web ma, come già avviene, solo alcuni saranno “in chiaro”, gli altri riservati agli abbonati. Libero accesso invece ai contenuti di Millevigne disponibili su
facebook, twitter, youtube e sul blog millevigneblog. La
natura “interattiva” di questi mezzi è per noi una grande
opportunità, perché nel dialogo con i lettori possiamo
capire meglio le loro aspettative e i nostri limiti. Perciò
rinnoviamo l’invito: interagite!
La “carta” però non l’abbandoniamo. La carta stampata,
che sia una rivista o un libro, è, come il vino, materia e
spirito: rassicura, si può leggere quando e dove si vuole,
anche se mancano la corrente o la connessione a internet,
non c’è una batteria che si scarica, e decidiamo noi i tempi . Nel mondo dei nostri lettori, abituati alla concretezza
e all’autosufficienza, anche questi sono valori.
A proposito di nuovi giocatori, anche la proprietà della
testata cambia: l’attuale proprietario, Vignaioli Piemontesi, ha costituito una nuova società con alcuni imprenditori privati (Winepass), che si occuperà specificamente di
editoria nel settore del vino, anche con nuovi prodotti rivolti ai consumatori e ai turisti. L’ingresso di nuovi investitori rappresenta un segnale di fiducia nel presente e nel
futuro di Millevigne, che mi rallegra e mi onora, e che
avrò la responsabilità di non deludere, visto che mi è stato
confermato l’incarico di direttore responsabile. Con i nostri bravi collaboratori, ai quali se ne aggiungeranno di
nuovi. C’è una miniera di talenti chiamata giovani e donne, e, purtroppo per loro, è in gran parte inesplorata. Sono
ormai molti anni che mi occupo della rivista e spero di
lasciare il mio posto a uno (o una) di loro, più bravo di
me, in un giorno non troppo lontano. Ma ancora per un
po’ dovrete accontentarvi.
3
Legislazione
Tappo a vite (con riserva)
anche su DOCG
di
giulio castagno
C
i sono nuove norme su etichettatura e confezionamento. Il D.M. 13 agosto 2012 contiene diverse
novità e precisazioni. Ne ricordiamo qui soltanto
alcune.
––
NOVELLO
–– Il periodo minimo di vinificazione resta confermato in 10
giorni.
–– la percentuale del 30% a macerazione carbonica viene elevata
al 40%
–– Resta l’obbligo del millesimo.
–– Invariati titolo alcolometrico totale minimo al consumo a
11%vol e zuccheri residui, che non devono superare i 10 g/l.
–– L’imbottigliamento continua ad essere consentito fino al 31
dicembre con la possibilità di riclassificare a vini analoghi privi
della qualificazione Novello dopo tale data (es. da Monferrato
Novello 2012 a Monferrato Rosso 2012).
–– La data di immissione al consumo è stata anticipata e coincide
con le ore 0,01 del 30 ottobre
Indicazioni in etichetta
Il Decreto ricodifica, in una sorta di testo unico, le specificità nazionali sull’etichettatura e la presentazione che, il
regolamento CE 607/2009, ha lasciato all’autonomia degli
stati membri. Alcuni punti:
–– i termini riferiti all’imbottigliatore che fanno riferimento alla
sua attività agricola (imbottigliato dal viticoltore etc.) sono
ammessi anche per i vini senza DOP o IGP
–– Il codice ICQRF (completato con la sigla IT) continua
ad essere utilizzabile per indicare il nome e la sede legale
dell’imbottigliatore ma viene semplificata l’indicazione
dell’imbottigliatore che fa imbottigliare per proprio conto
prevedendo il rilascio di codici ICQRF per luoghi in cui
si trova la sola sede legale; nel caso dell’imbottigliatore in
proprio, sempre che si usino i codici, si utilizzerà il codice
ICQRF che identifica lo stabilimento (anche se non è la sede
legale) perché viene considerato sufficiente ad individuare
esattamente l’azienda. Naturalmente resta valido il principio
comunitario che consente di utilizzare i codici ma pretende
che almeno un partecipante al circuito commerciale venga
indicato per esteso.
Confezionamento e sistemi di chiusura
–– Fino a 6 litri, i DOC e DOCG, continuano a dover usare il
vetro ma senza vincoli colorimetrici.
–– da 2 a 6 litri, con l’esclusione di tutti i DOCG e dei DOC
con nome di sottozona, menzione geografica aggiuntiva,
vigna o menzione tradizionale ( superiore, riserva ecc) ma
con l’inclusione del novello, viene ammesso ogni materiale
adatto agli usi alimentari se il disciplinare lo prevede in modo
esplicito.
–– da 6 a 60 litri (solo DOC) viene ammesso ogni materiale adatto
4
––
––
––
agli usi alimentari se il disciplinare non contiene misure più
restrittive.
Il tappo per i vini DOCG con nome di sottozona, menzione
geografica aggiuntiva, vigna o menzione tradizionale (
superiore, riserva ecc) deve essere in sughero o altre sostanze
tradizionali (vetro legno ceramica) raso bocca o a T (la parte
esterna della T può essere di qualsiasi materiale; fino a 0,375
l è ammesso il tappo a vite)
Il tappo per i DOCG non descritti sopra e per tutti i DOC,
può essere di qualunque genere ammesso per gli alimenti.
I disciplinari possono stabilire norme più restrittive (trattandosi
di elementi che competono al comitato nazionale e non devono
essere approvati dalla CE, il ministero promette un iter celere
per le modifiche restrittive che i consorzi vorranno proporre
secondo il consueto sistema della raccolta di firme ecc).
Per i vini IGP non spumanti è utilizzabile qualsiasi contenitore
e qualsiasi chiusura ammessa per gli alimenti se i disciplinari
non contengono norme più restrittive.
Indicazioni su vasche e botti
L’etichettatura dei serbatoi di cantina e delle partite costituite
da contenitori inferiori ai 10 Hl (si tratta delle barrique ma
anche dei bancali di bottiglie in fase di affinamento o confezionamento) è costituita da “un cartello fissato in modo che
non sia possibile la rimozione accidentale e che risulti ben
visibile e leggibile” che riporta i seguenti elementi:
–– La categoria ( vino, VS, VSQ, VSQ arom., VF, Mosto di uve,
MPF, MC, MCR ecc);
–– Se è il caso, le sigle DOC, DOCG o IGT e il nome della
denominazione o l’indicazione geografica, i termini che si
riferiscono a sottozona, menzione geografica aggiuntiva e
vigna;
–– La provenienza (prodotto in Italia) questo è un termine
obbligatorio;
–– In generale tutta una serie di indicazioni che si desiderano
riportare in etichetta: colore, metodi di produzione, annata,
varietà, menzioni tradizionali;
–– Se si tratta di DOC, DOCG o IGT, il riferimento alla
certificazione rilasciata nell’ambito del piano dei Controlli;
–– Il cartello può essere sostituito da un sistema di terminali
video;
–– Il cartello può essere omesso se i serbatoi e le partite
sono numerati e se si indica, nei registri, il numero che
contraddistingue i contenitori o le partite (in questo caso resta
fermo l’obbligo di stampare i registri informatizzati ogni 30
giorni ma diventa necessario tenerli costantemente aggiornati
per poter effettuare la stampa a richiesta delle autorità o degli
organismi di controllo).
–– È consentito usare dei codici sia sui cartelli sia sui registri
a condizione che la legenda con la corrispondenza codiceprodotto sia indicata nei registri.
il
Viticoltura
Sommario
6 Il Sauvignon blanc
26 Un libro sotto l’albero
8
27
L’Oltrepò pavese investe su
strutture di eccellenza
28
Il consumatore medio
non esiste
29
EWBC 2012:
vino e web nei cieli di Izmir
R. Castaldi
Nuovi portinnesti per le nuove
sfide della viticoltura
G. Bigot
Enologia
10
Condizionamento della temperatura
nelle operazioni pre-fermentative
12
E-CO2: un progetto pilota
nel Veneto occidentale
14
S. Lavezzaro, S. Gozzelino
K. Walter
M. Pisciella
E. Tosi
Consorzio di tutela del Soave
e Recioto di Soave
30 Anticipazione eventi 2013
Bollicine in autoclave,
due secoli di storia
31 Recensioni
L. Tablino
La Redazione
Millevigne, il periodico dei Viticoltori Italiani
Economia
18
Piemonte Anteprima
Vendemmia
22
Vignaioli al telefono:
Maurizio Vellano
La Redazione
N. Regazzoni
Cultura e Società
24
La Redazione
Il Consorzio Piemonte
Land of Perfection
F. Mussio
DIRETTORE RESPONSABILE:
Maurizio Gily - [email protected]
EDITORE:
VIGNAIOLI PIEMONTESI Sca
Direttore: Gianluigi Biestro
AMMINISTRAZIONE, REDAZIONE e ABBONAMENTI:
Via Alba 15 Castagnito, tel 0173 210311 fax 0173212223
http://www.millevigne.it/periodico/periodico
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REGISTRAZIONE TRIBUNALE DI ALBA N. 2/2006 DEL 28/06/2006
Per la pubblicità sulla rivista: 392 4246661 - [email protected]
Per la pubblicità sul sito web: www.vinoclic.it
Stampa: Novembre 2012 - L’Artistica Savigliano, Savigliano (CN)
Foto di copertina: Maurizio Gily
Hanno collaborato a questo numero:
Andrea Cappelli, Giovanni Bigot, Giulio Castagno, Riccardo Castaldi, Consorzio di Tutela del Soave e Recioto di Soave, Daniele
Dellavalle, Stefano Gozzelino, Simone Lavezzaro, Maurizio Gily,
Monica Massa, Fiammetta Mussio, Nicolo’ Regazzoni, Lorenzo
Tablino, Monica Pisciella, Elisabetta Tosi, Katrin Walter
© è vietata la riproduzione anche parziale di testi e immagini senza l’autorizzazione
dell’editore e degli autori.
Seguite MILLEVIGNE su:
Programma di Sviluppo Rurale
2007-2013 - Mis.133
Fondo europeo agricolo per lo sviluppo rurale:
L’Europa investe nelle zone rurali
5
Viticoltura
Il Sauvignon blanc
di
RICCARDO CASTALDI
(Gruppo Cevico)
I
l Sauvignon è un vitigno a bacca bianca originario della Francia - Bordeaux e Valle della Loira ne rivendicano la paternità – presente nella quasi totalità dei Paesi
vitivinicoli del Vecchio e del Nuovo Mondo, tanto da venire annoverato nella stretta cerchia dei cosiddetti vitigni
internazionali. In Francia, dove ne esistono oltre 25000
ettari, il vitigno è concentrato in alcune aree principali,
ovvero nella Valle della Loira, nella zona di Yonne in Borgogna e in Provenza, dove lo si utilizza per l’ottenimento
di vini secchi e fermi, nonché nella Gironda, dove viene
in prevalenza utilizzato, assieme al Sémillon, per l’ottenimento del Sauternes e del Barsac. In Italia il vitigno trova le
condizioni pedoclimatiche ottimali in Friuli Venezia Giulia, dove se contano circa 1300 ha, e in Alto Adige, dove
raggiunge i 320 ha; lo si ritrova anche in Slovenia, Croazia
e Serbia, nonché in altre Paesi dell’est europeo quali Repubblica Ceca, Romania, Moldavia e Ucraina. Nell’elenco
delle nazioni extra europee che coltivano questo vitigno,
che include tra le altre gli Stati Uniti (California e Oregon), il Cile, il Sudafrica e l’Australia, spicca sicuramente
la Nuova Zelanda, che ha fatto del Sauvignon la propria
bandiera, proponendo uno stile che, in contrapposizione
con quelli del passato, francese in primis, ha saputo imporsi come modello a livello mondiale.
Negli ultimi anni la diffusione del Sauvignon è ulteriormente aumentata e la chiave del suo successo è da ricercare principalmente nei livelli qualitativi che riesce a raggiungere negli ambienti vocati, nell’intensa espressione
olfattiva, associata comunque a un’elevata bevibilità, oltre
che in un profilo aromatico caratteristico che lo rende, alla
pari degli aromatici, facilmente riconoscibile; l’importanza
di questa caratteristica non è assolutamente trascurabile,
dal momento che è in grado di gratificare, e nel contempo
fidelizzare, il consumatore di vini di fascia alta, sempre
più attento anche all’identificazione del prodotto. A ciò si
deve aggiungere che, trattandosi di un vitigno pressoché
ubiquitario, è ovviamente conosciuto, per lo meno come
nome, e associato a prodotti di qualità dalla maggioranza
dei consumatori.
La base molecolare dell’articolata espressione aromatica
del Sauvignon è da ricercare soprattutto nei gruppi delle
metossipirazine e dei tioli.
Metossipirazine
Le metossipirazine sono responsabili dei sentori erbacei,
vegetali, di peperone e pepe verde, di foglia di pomodoro
e di asparago; nell’ambito di questo gruppo i composti
più importanti sono rappresentati isobutil-metossipirazina (ibMP) e isopropil-metossipirazina (ipMP), che hanno
una soglia di percezione olfattiva pari a 3-4 ng/l, nonché
da etil-metossipirazina, percepibile invece a concentrazioni di 300-400 ng/l. Le metossipirazine sono presenti
nell’uva, localizzate principalmente a livello del fiocine,
e tendono a raggiungere la massima concentrazione in
concomitanza della fase fenologica dell’invaiatura, per poi
diminuire col progredire del processo di maturazione per
cui, con buona approssimazione, una loro concentrazione elevata in vendemmia testimonia una maturazione non
completa. Le metossipirazine vengono estratte nel corso
delle prime fasi della macerazione e hanno la capacità di
rimanere a lungo stabili nel vino.
Sul contenuto di metossipirazine nell’uva, che dipende
dall’ambiente pedoclimatico – il loro contenuto viene
esaltato dai climi particolarmente freddi - dal sistema di
allevamento, dalla densità di impianto e dal grado di vigoria, oltre che con la scelta del momento più opportuno
per la vendemmia, è possibile influire anche con la tecnica agronomica. In particolare la ricerca ha evidenziato
come l’esposizione dei grappoli alla luce, a partire dall’allegagione, sia in grado di diminuire la concentrazione di
6
Viticoltura
questo gruppo di molecole. Assume quindi importanza
per l’espressione aromatica del Sauvignon la gestione della chioma con le operazioni di palizzatura (in Guyot e
Cordone speronato), defogliazione e cimatura. La defogliazione, in genere praticata in pre fioritura, diminuendo
l’ombreggiamento persegue anche lo scopo di creare un
ambiente microclimatico in corrispondenza dei grappoli
in grado di contrastare l’insorgere della botrite, a cui il
vitigno risulta essere piuttosto sensibile.
Tioli
I tioli volatili, e i loro precursori, sono un gruppo di molecole di identificazione più recente rispetto alle metossipirazine, portati alla luce dagli studi di Denis Debordieu
della facoltà di Enologia di Bordeaux, i quali rivestono
una notevole importanza nell’espressione organolettica del Sauvignon, dal momento che sono alla base degli
aromi caratteristici di questo vitigno. I tioli volatili sono
praticamente assenti nell’uva e nel mosto, dove sono invece presenti i precursori inodori, che altro non sono
che le molecole aromatiche legate tramite un ponte zolfo
all’amminoacido cisteina (S-cisteina) la cui concentrazione aumenta col progredire del processo di maturazione.
Solamente durante la fermentazione alcolica i tioli volatili
vengono liberati, grazie all’azione degli enzimi che intervengono nel metabolismo dei lieviti portando alla degradazione dei relativi precursori.
Nell’ambito dei tioli volatili rientrano il 4MMP (4-mercapto-4-metilpentan-2-one), prima molecola individuata,
che ha una soglia di percezione olfattiva estremamente
bassa, pari a 0,8 ng/l e un odore marcato che ricorda il
bosso, la ginestra e l’urina di gatto, il 3MHA (3-mercaptoesil acetato), con soglia di percezione pari a 4 ng/l, responsabile dei sentori tropicali riconducibili alla buccia
di ananas e al frutto della passione nonché dei sentori di
bosso. Le note di pompelmo sono dovute alla presenza
del 3MH (3-mercaptoesano-1-olo), la cui soglia di percezione è di 60 ng/l, così come anche quelle di ananas e di
frutto della passione, mentre i sentori di scorza di limone
e di uva spina hanno come base molecolare il 4MMPOH
(4-mercapto-metilpentan-2-olo), avente una soglia di
percezione di 55 ng/l.
Il livello di precursori nell’uva, oltre che dalle condizioni
dell’ambiente di coltivazione e dal clone, dipende anche
dallo stato nutrizionale delle piante in relazione all’azoto,
dal momento che la ricerca ha evidenziato come una bassa disponibilità di questo elemento si traduca in una scarsa espressione aromatica; a ciò si deve aggiungere come
recenti sperimentazioni abbiano messo in luce l’importanza dell’apporto combinato di azoto e di zolfo al fine di
aumentare il contenuto di alcuni precursori degli aromi
varietali. Una concimazione azotata adeguata è importante anche perché tende ad aumentare la concentrazione di
composti riducenti, in grado di proteggere i tioli volatili, e di limitare nel contempo il contenuto di fenoli, che
ossidandosi possono bloccare la componente aromatica.
Un’adeguata concimazione azotata si traduce anche in un
maggior contenuto dell’elemento a livello delle bacche e
nel mosto, dove svolge un ruolo fondamentale per la nutrizione dei lieviti.
Affinché si verifichi il passaggio di un’elevata quantità di
precursori aromatici nel mosto è necessario garantire un
adeguata macerazione pre fermentativa, la quale per poter essere gestita al meglio presuppone un’acidità sostenuta e un basso tenore di polifenoli quindi, in definitiva,
uve non eccessivamente mature. A tal proposito si ricorda
che recenti studi compiuti in Nuova Zelanda da Thomas
Allen hanno evidenziato come la raccolta meccanica, per
via della macerazione pellicolare che inizia già all’interno
dei serbatoi della vendemmiatrice, porti all’ottenimento
di vini con una maggiore concentrazione di 3MH e 3MHA
rispetto a quelli ottenuti da uve vendemmiate a mano e
giunte perfettamente integre in cantina; non a caso in
Nuova Zelanda la totalità del Sauvignon viene vendemmiato meccanicamente.
Sull’espressione aromatica del vino influisce notevolmente il ceppo di lievito utilizzato, dal momento che varia
in maniera significativa la capacità di liberare le differenti
molecole appartenenti ai tioli volatili, così come anche la
temperatura di fermentazione; a questo proposito è stato evidenziato dalla ricerca come la tipicità aromatica del
Sauvignon sia favorita da una temperatura di fermentazione pari a 20°C mentre temperature più basse tendono ad
esaltare gli aromi fermentativi.
Aspetti agronomici
Il Sauvignon è un vitigno caratterizzato da un livello di
vigoria elevato che lo porta ad essere adatto per i terreni
non particolarmente fertili. Il vitigno si caratterizza inoltre
per una medio/buona fertilità delle gemme basali, per il
portamento assurgente della vegetazione e per il fatto di
avere grappoli tronco conici di piccole dimensioni. Tra i
sistemi di allevamento maggiormente adottati per il vitigno vi sono il Guyot, sia semplice che doppio, e il Cordone speronato; il Sauvignon si presta bene anche per la
Doppia cortina e soprattutto per il Cordone libero, nel
quale rende piuttosto semplice l’ottenimento e il mantenimento di una chioma assurgente ed espansa. Nelle ultime
due annate, caratterizzate da intense radiazioni luminose
e temperature molto elevate, gli impianti a Cordone libero adeguatamente gestiti, che garantiscono condizioni di luce – ombra a livello dei grappoli, hanno evitato
scottature e permesso comunque un decorso del processo
di maturazione compatibile con l’ottenimento di uva di
livello qualitativo elevato.
Il Sauvignon si delinea come un vino controverso, per
l’ottenimento del quale vengono applicate tecniche differenti sia in vigneto che in cantina. Fermo restando il
ruolo chiave dell’escursione termica dell’ambiente di coltivazione sull’espressione aromatica, l’ottenimento di uve
di elevato profilo qualitativo è in genere correlato anche
con una buona espressione vegetativa. Al fine di ottenere
Sauvignon in grado di distinguersi qualitativamente, molto importante risulta essere la capacità dell’agronomo di
individuare il momento più opportuno per la vendemmia, considerata la veloce evoluzione del profilo aromatico durante la maturazione. La tendenza attuale è quella
di cercare di ottenere di vini con aromi intensi senza però
estremizzarli, puntando piuttosto su profili olfattivi ampi
ed eleganti, e non eccessivamente strutturati e corposi.
7
Viticoltura
Nuovi portinnesti
per le nuove sfide
della viticoltura
I
l convegno “Il ruolo del portinnesto per una nuova
viticoltura” organizzato da Vivai Cooperativi Rauscedo
il 13 ottobre scorso a Gorizia ha visto la partecipazione
di oltre trecento persone tra ricercatori, viticoltori, agronomi, vivaisti e addetti al settore vitivinicolo regionale.
I relatori altamente qualificati hanno presentato gli studi
svolti nel corso degli ultimi anni per caratterizzare i nuovi
portinnesti della serie M.
Nell’introduzione, il direttore dei Vivai cooperativi Rauscedo dott. Eugenio Sartori ha presentato il percorso storico
dell’introduzione dei “selvatici americani” e quindi la necessità di produrre materiale innestato a partire dal 1905,
anno di inizio della produzione di barbatelle in Friuli e
Trentino, dopo l’arrivo in Italia della Fillossera nel 1879 e la
successiva rapida diffusione in tutto il territorio nazionale.
Dei numerosi portinnesti prodotti da incrocio semplice tra
i principali selvatici selezionati (V. Berlandieri, V. Riparia,
V. Rupestris) molti sono rimasti confinati a pochi ettari, altre si sono diffusi in tutto il mondo. In sintesi, in Italia: dei
37 portinnesti ammessi alla coltivazione, i primi 5 (1103P,
Kober 5BB, SO4, 110R, 420A) rappresentano il 78,2% del
totale della superficie a PMP (Piante Madre Portinnesto).
In quanto ad utilizzo da parte dei viticoltori italiani si evidenzia crescita per il Kober 5BB e in minor misura per 41B
e 140Ru, domanda costante per il 420A e decremento per
tutti gli altri: quindi in sostanza una certa semplificazione
del panorama.
Negli ultimi 20 anni in Friuli Venezia Giulia si è evidenziato un forte incremento della richiesta del Kober 5BB,
particolarmente utilizzato su varietà deboli (Pinot g. n.,
Traminer ecc.), costante il 420A, riduzione di SO4 ed in
particolare di 3309, 101-14 e Schwarzmann , peraltro già
poco utilizzati. Nelle conclusioni si pone l’attenzione sul
significativo cambiamento della viticoltura in senso profondamente qualitativo, in funzione delle mutate esigenze
del mercato soprattutto negli ultimi 20 anni.
La caratterizzazione dei portinnesti, per un periodo, si è
ritenuta conclusa negli anni ’80, ma l’evoluzione dei modelli viticoli ha fatto emergere nuove problematiche che in
alcuni casi incidono sulla redditività dei vigneti
La gamma dei portinnesti utilizzati si è così ulteriormente
ristretta ed è oggi concentrata su quei pochi che hanno dimostrato un alto grado di adattamento ai diversi ambienti
e una sufficiente rusticità. Importante quindi riprendere
8
di
GIOVANNI BIGOT
la sperimentazione sui portinnesti oggi utilizzati per una
nuova e più precisa caratterizzazione agronomica in funzione delle mutate condizioni ed esigenze della viticoltura
moderna.
Partendo dalle nuove “emergenze” il prof. Scienza dell’Università di Milano ha tracciato le linee guida per la creazione
di nuovi portinnesti, spiegando anche il progetto di studio
applicato ai nuovi portinnesti: M1, M2, M3, M4.
In breve le necessità a cui si deve dare risposta sono: la tutela del consumatore, il cambiamento climatico, la riduzione
dei costi di produzione, il deperimento di alcuni portinnesti, la diffusione dei nematodi, le esigenze pedologiche.
Per la creazione di un nuovo portinnesto sono necessari almeno 20 anni: infatti la costituzione di questi nuovi
portinnesti è iniziata nel 1986 ad opera dell’Università di
Milano e dell’Istituto Agrario di San Michele all’Adige (ora
Fondazione Edmund Mach), utilizzando la tecnica dell’incrocio ricorrente e per convergenza (al fine di aumentare
la quota di V.Berlandieri).
Dopo le prime valutazioni fisiologiche (assorbimento di
ferro, selettività potassio, tolleranza ai cloruri, resistenza
alla carenza idrica) sono stati creati alcuni campi di confronto in Italia e Spagna con i 4 portinnesti della seria M e
altri di confronto tra i più utilizzati.
La strategia utilizzata per la creazione dei nuovi portinnesti è stata quella del INCROCIO RICORRENTE
(BACKCROSS) O PER RICOMBINAZIONE, in futuro
si prevede di ricorrere all’incrocio per piramidizzazione (in
cui le caratteristiche positive dei diversi genitori verranno
fatte confluire in un unico “superindividuo”).
I gruppi di ricerca cha hanno preso parte allo studio sono:
Università di Milano (coordinamento) con Fondazione
Edmund Mach(sub-unità), Università di Torino, Università di Padova, Università Cattolica di Piacenza, Cra – Unità
di Viticoltura di Conegliano, Fondazione ENIT “Enrico
Mattei”.
Nel progetto AGER- SERRES (2011 – 2013) sono racchiusi i contenuti e lo sviluppo dei nuovi portinnesti,
in particolare si propone di mettere a punto strategie di
diagnosi precoce sia fenotipiche che con marcatori molecolari per la valutazione di nuovi portinnesti ottenuti da
incrocio (mas), oltre a omologare e mettere a disposizione
della viticoltura e del vivaismo italiano nuovi portinnesti
con migliori doti di adattamento agli stress abiotici (stress
Viticoltura
I nuovi portinnesti serie M
Portinnesto
Genotipo materno
M1
M2
M3
M4
106/8 [V.rip. x (V. cord. X
V. rup.)]
Teleki 8B (V.berl. x V.rip.)
R 27 (V.berl. x V.rip.)
41 B (V.vin. x V.berl.)
Genotipo paterno
Caratteristiche
Resseguier n°1
(V. berl.)
••
••
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••
Resa all’innesto elevata
ridotto vigore
elevata resistenza alla clorosi ferrica
mediamente resistente alla salinità
333 E.M. (V.vin. x V.berl.)
••
••
••
••
Resa all’innesto elevata
ridotto vigore
buona resistenza alla clorosi ferrica
mediamente resistente alla salinità,
Teleki 5C (V.berl. x V.rip.)
••
••
••
••
Resa all’innesto elevata
vigoria medio elevata
elevata efficienza nell’assorbim. K+
bassa resistenza alla salinità
Resseguier n°1 (V.berl.)
••
••
••
••
Resa all’innesto elevata
vigoria medio-alta
ottima resistenza alla siccità
elevata resistenza alla salinità.
idrico, salino, nutrizionale, etc). Per testare le attitudini
dei 10 P.I. (quattro della serie M e sei di confronto)sono
stati creati 4 vigneti sperimentali.
In particolare i vigneti risultano così distribuiti: un vigneto
è stato realizzato nella zona del Valpolicella, uno nell’area
del Chianti classico, uno vicino ad Andria ed il quarto in
provincia di Palermo.
In tutte le località i portinnesti sono stati innesti con una
varietà internazionale, il Cabernet sauvignon, ed una varietà locale diversa per ogni regione di origine.
I primi risultati sono stati presentati da diversi ricercatori
Partner del progetto; alcuni hanno riguardato l’influenza
di questi portinnesti nell’accumulo zuccherino delle varietà innestate.
Dai primi dati è stato evidenziato che le uve ottenute con
i nuovi portinnesti della seria M, a parità di produzione
per ceppo, hanno una maggiore concentrazione zuccherina, in particolare con le varietà locali.
Il dott. Andrea Pitacco (Università di Padova) ha verificato
la resistenza alla siccità del portinnesto M4 in confronto
con 101-14.
Negli stessi ambienti è stata inoltre valutata la risposta
vegeto-produttiva dei portinnesti della serie M. Sono stati
eseguiti rilievi relativi ai profili radicali per ogni portinnesto in ogni ambiente di studio (2 profili a 1m dal filare,
2 profili a 40 cm dal filare), è stata inoltre determinata
la densità radicale, la distribuzione radicale e successiva
suddivisione in classi di diametro.
Alcuni dei parametri rilevati sulle piante madri dei quattro portinnesti M (media 2011/2012) hanno dimostrato
che mediamente il portinnesto M4 ha più radici (sia come
numero sia come peso delle stesse).
Il numero radici totali per ciascun profilo (40 e 100 cm)
cambia a seconda della zona in cui è stato fatto lo studio
(Calabria, Trentino, Toscana).
È stato inoltre analizzata la disposizione spaziale della radici delle barbatelle.
occasioni ma soprattutto molto lavoro c’è ancora da fare
per definire il comportamento agronomico di questi nuovi portinnesti che riaprono la prospettiva di impiego nei
prossimi anni.
La scelta del portinnesto è un elemento fondamentale per
la futura riuscita del vigneto, nuove esigenze enologiche,
in uno scenario di cambiamento climatico, riportano l’attenzione sulla parte più nascosta della viticoltura, quella
sotterranea, dove l’equilibrio tra il sistema terreno e l’apparato radicale della vite, crea le basi per i grandi vini di
territorio.
Nell’occasione del convegno sono stati presentati solo
una parte dei dati ottenuti, altri verranno divulgati in altre
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Enologia
Condizionamento della temperatura
nelle operazioni
pre-fermentative
di
SIMONE LAVEZZARO
STEFANO GOZZELINO
© Vitenda 2013, per concessione Edizioni Vit.En.
Negli ultimi anni si sta assistendo ad un innalzamento della temperatura media nel periodo vendemmiale (Grafico 1), che comporta l’arrivo in cantina di uve sempre più calde, con non poche difficoltà di lavorazione e ripercussioni importanti nel processo di vinificazione.
Tale effetto risulta fondamentale, specie per i vini bianchi, sia perché spesso risultano i primi ad essere vendemmiati, in un momento della stagione in cui le temperature sono ancora tipicamente estive (specie le massime),
sia perché essi necessitano di un repentino raffreddamento fin dalle prime fasi della lavorazione, ai fini di preservarle da alterazioni microbiche ed enzimatiche deleterie nei confronti della qualità del mosto e del futuro vino.
Biochimica post-raccolta
Dopo il distacco del grappolo, l’uva mantiene un’intensa attività respiratoria, che volge in fermentativa solo
terminato il consumo totale dell’ossigeno a carico della
degradazione dei substrati ossidabili. Tale processo, relativamente rapido, ma esclusivo degli acini interi (sfruttato
per esempio nella tecnica della macerazione carbonica),
di rado si verifica nel breve lasso di tempo tra raccolta
e ammostamento. Ben più rapide risultano invece le reazioni enzimatiche (box) che avvengono in seguito alla
rottura della bacca. Alcune possono risultare favorevoli,
come l’attività degli enzimi idrolitici, altre del tutto deleterie (enzimi ossidativi) specie se incontrollate come spesso
avviene nella fase di trasporto dal vigneto alla cantina. Le
reazioni enzimatiche di ossidazione, responsabili di una
serie di difetti organolettici quale il sentore di erbaceo e
l’imbrunimento del mosto, sono fortemente correlate alla
sanità dell’uva, al grado di ammostamento e al suo stato
termico, dal momento che tali processi presentano un ottimo di temperatura intorno ai 25-30 °C, mentre risultano
molto rallentate al di sotto dei 15 °C, o oltre i 40 °C (completamente inattivate al di sopra dei 50 °C). Non essendo
possibile, durante il trasporto riscaldare il vendemmiato,
per ovvie implicazioni tecnologiche, lo si può invece raf25
temperatura °C
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freddare con profitto, limitando pertanto sia i processi enzimatici sia i microbiologici.
…in vigneto
Le basse temperature, se da una parte inibiscono le reazioni enzimatiche dall’altra assecondano la dissoluzione
nel mosto dell’ossigeno, che dev’essere quindi catalizzato
prima che possa reagire con i fenoli, oppure ridotto al
minimo con l’utilizzo di gas inerte.
La prima soluzione, senz’altro più semplice ed economica, consiste nell’utilizzo di acido ascorbico da distribuire direttamente sull’uva. Esso possiede un forte potere
riducente fungendo da substrato per le PPO, le sottrae
dalla reazione con con acidi fenolici, catechine e sostanze aromatiche. Dovendo utilizzare tale additivo sempre in
abbinamento a biossido di zolfo, al fine di non scatenare
indesiderate reazioni redox, sorge la problematica legata alle proprietà estraenti della SO2, che in presenza di
bucce e raspi rischia di divenire deleteria per la qualità
del mosto.Soluzioni più moderne, efficaci e delicate nei
confronti dell’uva, consistono nel condizionamento termico della stessa con la contemporanea saturazione in
atmosfera controllata sfruttando, a diversi livelli l’azione
della CO2. Questa passando dallo stato liquido (se contenuta in bomboloni) o solido (nel caso dei pellets) allo
stato gassoso, assorbe calore (la capacità
refrigerante stimata è di circa 150 Kcal/
kg) sottraendolo alla massa con cui viene a contatto, la quale subisce perciò un
brusco raffreddamento. Nel contempo si
libera un’ingente quantità di gas che protegge il raccolto dall’ossigeno, offrendo
perciò il doppio vantaggio di regimazione termica in atmosfera controllata. Sino
a pochi anni or sono, la miglior soluzione a livello pratico era rappresentata dal
cosiddetto ghiaccio secco, ovvero “pellets” di CO2 in fase solida che subliman-
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2010
2011
Enologia
TRASFORMAZIONI ENZIMATICHE POST-RACCOLTA
Proteasi: enzimi idrolitici per lo più presenti nella buccia perché legati alle strutture cellulari, vengono liberate al momento
della rottura dell’acino. Per tale motivo la loro attività viene incrementata con la macerazione e, contrariamente a quanto si
possa pensare, lievi aggiunte di diossido di zolfo (non superiori
a 25 mg/L) possono favorirne l’azione. Esse demoliscono le
strutture proteiche liberando azoto nella massa, assolutamente necessario per la nutrizione dei lieviti. Essendo termostabili
permettono tale dissoluzione anche con i processi di termovinificazione.
Enzimi pectolitici: nonostante l’uva sia povera di pectine,
l’azione di questi enzimi, in particolare pectinmetilesterasi e
soprattutto poligalatturonasi, rompe i legami tra pectina e zucchero, rendendo la buccia più molle e favorendo i processi di
estrazione.
Glicosidasi: sono in grado di scindere il legame che unisce
i composti aromatici allo zucchero favorendo la dissoluzione
degli aromi nella massa. Tale attività, per quanto limitata dal
pH del mosto (le glicosidasi hanno un ottimo di pH tra 5 e 6)
consente per esempio la diffusione del sentore terpenico nelle
varietà aromatiche.
Esistono poi una serie di enzimi detti “ossidativi” che risultano
invece totalmente deleteri per la qualità del mosto.
Ossigenasi: partendo dagli acidi grassi presenti nell’uva liberano alcoli superiori (esanolo o 2-esen-1-olo)responsabili delle
note erbacee e di “foglia verde” difficili da eliminare.
Ossidoriduttasi: si tratta di un gruppo di isoenzimi in grado
di ossidare, in presenza di ossigeno, i composti fenolici e pertanto definite anche polifenolossidasi (PPO). Fra i principali citiamo la Tirosinasi, enzima proprio dell’uva capace di ossidare
i derivati tartarici degli acidi idrossicinnamici a chinoni, i quali
possono generare condensazioni con i flavonoidi dando origine
a composti giallo-bruni, deleteri soprattutto per i mosti di uve
bianche. Ben più pericoloso risulta un altro enzima chiamato
“laccasi” prodotto da uve botritizzate. Esso risulta più stabile al
pH del mosto, resistente all’azione della SO2 e in grado di consumare l’ossigeno con maggior velocità rispetto alla Tirosinasi.
L’unico trattamento possibile, in tal caso, è il riscaldamento del
mosto, venendo essa denaturata oltre i 50 °C.
do raffreddano il substrato a contatto con gli stessi (per
abbassare la temperatura di 100 kg di uva occorrono circa
0.8-1 kg di CO2). Tale soluzione, certamente valida come
principio, non ha mai trovato grandi riscontri pratici, perché molto onerosa, ma soprattutto non esistevano attrezzature in vigneto o in cantina in grado di imprigionare il
gas liberato e mantenere bassa la temperatura, con fortissimi sprechi ed esigui vantaggi. Ciò è oggi invece possibile
grazie a moderni impianti di creazione e distribuzione del
gas, abbinati a carri di trasporto attrezzati, per sfruttare
appieno le potenzialità di tale tecnologia. Per quanto costose queste operazioni esercitano un’enorme influenza
sulla qualità dell’uva, tanto più importante quanto maggiore è il livello di ammostamento del prodotto. Esse diventano quindi praticamente indispensabili per prodotti
di alta qualità qualora l’azienda adotti la vendemmia meccanizzata, che certamente rappresenta un’ottima opportunità, non solo per l’abbattimento dei costi, ma anche per
ottimizzare il momento di raccolta. Bisogna però essere
organizzati per il trasporto, la ricezione ed il trattamento
delle uve; certamente la refrigerazione controllata rappresenta la risposta più adatta a questa soluzione.
…e in cantina
Il raffreddamento dell’uva può avvenire anche in cantina al
momento dello scarico o durante le operazioni di pigiatura
Foto1- Carro refrigerante per il trasporto dell’uva in cantina (foto Fabio Pezzi).
Foto2 - Per piccole produzioni di pregio dove la movimentazione del vendemmiato avvenga in cassetta o bins, è possibile l’abbattimento termico utilizzando celle frigorifere mobili. In questo modo è possibile sfruttare i benefici di un
raccolto termicamente controllato, senza essere costretti a soste del cantiere
di raccolta in un periodo critico come quello vendemmiale (specie nelle ore
pomeridiane), anche in quelle annate in cui le condizioni meteo propongono
temperature elevate. Le ormai numerose ditte in grado di offrire tali attrezzature propongono oltre la vendita anche l’affitto delle celle. Ciò consente di non
impegnare ingenti somme di denaro per attrezzature che si utilizzerebbero
solo per pochi giorni l’anno.
e pressatura. Ciò è decisamente più semplice rispetto alla
medesima operazione eseguita in vigneto, sia per motivi
logistici, sia perché ci si avvale da tempo di attrezzature
efficienti in grado di abbattere i costi.
Tradizionalmente per il raffreddamento del pigiato veniva
utilizzato il classico scambiatore tubolare munito impianto
frigorifero “chiuso” ed un liquido incongelabile (glicole etilenico) che scambia calore con il mosto.
Oggi si stanno sperimentando soluzioni più innovative,
sfruttando anche in questo caso le potenzialità della CO2,
che consentono oltre il raffreddamento della massa, anche
la protezione di quest’ultima dall’ossigeno. Si tratta di insufflare (già nella pigiatrice, ma più facilmente nel mosto
in uscita, oppure all’interno della pressa nel caso di uve
bianche), CO2 liquida che, grazie al processo di espansione
raffredderebbe in maniera efficiente e repentina il prodotto. Si parla perciò di ciclo frigorifero “aperto” dove il refrigerante (in tal caso proprio la CO2) non viene recuperato
per subire una nuova compressione come negli impianti
tradizionali, ma si libera nell’ambiente saturando lo stesso
a discapito dell’O2. L’efficienza di tale sistema dipende ovviamente dalla temperatura della massa, ma mediamente
si calcola da 0,5 a 0,6 kg di CO2 solida per raffreddare di
un grado centigrado 1 hL di pigiato (quindi una resa quasi doppia rispetto al trattamento delle uve in vigneto con
ghiaccio secco). Sorge perciò il difficile nodo dell’analisi costi-benefici, che pone sul piatto della bilancia, un indubbio
miglioramento qualitativo, non solo per uve bianche ma
anche per i rossi, purtroppo accompagnato da costi relativamente elevati. A grandi linee, calcolando esclusivamente
le spese dirette e trascurando i vantaggi forniti da tale tecnologia si raggiunge il punto di pareggio tra scambiatore
tubolare e impianto di produzione della CO2 intorno ai
2.500 q di mosto lavorati in una vendemmia, oltre i quali
converrebbe l’acquisto dello scambiatore.
Tali considerazioni vanno ben ponderate al momento di
una decisione che, indubbiamente condiziona le operazioni di trattamento delle uve e dei mosti, nonché le scelte e
le tecnologie di vinificazione. Di certo l’utilizzo della CO2
apporta un indubbio vantaggio tecnologico, ma bisogna
sempre scontrarsi con i costi di produzione.
11
Enologia
E-CO2: un progetto pilota
nel Veneto occidentale
consorzio di tutela
dei vini soave
e recioto di soave
L’obbiettivo è recuperare l’anidride carbonica prodotta nella fermentazione, comprimerla e purificarla per poi
riutilizzarla in altri processi agroindustriali.
L
a sostenibilità in campo enologico in tempi recenti
è diventata argomento sempre più trattato ed approfondito: l’essere eco oltre che il riuscire a scoprire ed utilizzare nuove risorse rinnovabili e disponibili
rivela ogni giorno la necessità di cambiamento radicale
e profondo, anche di un settore che per sue caratteristiche genetiche mantiene tradizioni salde con il territorio,
con le metodiche e con le tecnologie. L’enologia guarda al
suo futuro e soprattutto in un paese come l’Italia, sa che
l’innovazione passa per strade che prevedono un utilizzo pianificato delle ingenti risorse necessarie che possono
tornare disponibili.
Ma dove concentrare la propria attenzione in un mondo
così complesso? Secondo Sandra Torriani, ordinario di
microbiologia alimentare ed enologica del dipartimento di
biotecnologie dell’Università di Verona “la fermentazione,
come è noto, è un processo naturale che consente di trasformare il mosto in vino, attraverso la conversione degli
zuccheri presenti in alcool etilico ed anidride carbonica.
Ogni anno la produzione di vino porta alla liberazione di
una grande quantità di anidride carbonica nell’atmosfera
e questa liberazione contribuisce all’ammontare dell’emissione di gas serra: è necessario quindi tentare di ridurre
questa emissione”.
Come fare? Al fine di riuscire nella sfida nel giugno 2011
si è dato il via ad un progetto denominato E-CO2 nell’ambito del piano per lo sviluppo rurale di Regione Veneto
su fondi dell’Unione Europea che, diversamente da altri
studi effettuati che mirano al calcolo in carbon footprint
a livello dell’intera filiera enologica, auspica nel sensibile
abbattimento delle emissioni concentrandosi nel solo step
delle fermentazioni: “La CO2 – afferma il dott. Nazareno
Vicenzi responsabile del progetto – viene captata, purificata e compressa restituendole il valore importante di
risorsa (peraltro gratuita perché finora risultato di scarti di
processo e lasciata disperdere in atmosfera) valutandone il
riutilizzo in settore enologico ma anche in altri settori che
ne fanno ampio consumo per i riutilizzi più svariati”.
L’anidride carbonica ha un mercato estremamente importante e in continua espansione in quanto impiegata per
operazioni come la gasatura di bevande, la creazione delle atmosfere modificate/protette per gli alimenti al fine di
controllare la profilerazione microbica ed aumentarne la
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shelf-life, come risorsa di
carbonio per industrie chimiche, per l’acidificazione
di acque reflue urbane basiche, per il suo potenziale
criogenico nelle sabbiature
per sverniciatura e pulizia
di precisione o ghiaccio
secco/neve carbonica ma
anche per il recupero assistito del petrolio o come
fonte di carbonio nelle serre o nei bioreattori di alAldo Lorenzoni, direttore Consorzio Tutela Vini Soave e Recioto di Soave.
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ghe. Anche nel campo enologico l’impiego come gas criogenico in operazioni come la saturazione di ambienti, per
la protezione in continuo del pigiato, agente antiossidante
nella pressatura di uve bianche, ne costituisce una risorsa
per operazioni giornaliere facendo delle cantine alcuni tra
i principali utilizzatori.
Il progetto vede la partecipazione di cinque entità, ciascuna leader nel proprio campo, con caratteristiche tali
da comporre un pool di conoscenze e capacità applicative
utili a garantire ogni esperienza nonché l’identificazione
di nuove possibilità per la messa a frutto dei risultati: capofila ed ente proponente è il Consorzio di Tutela dei Vini
Soave e Recioto di Soave e la Collis Veneto Wine Group
(che già da sole denotano due realtà focali nel panorama
vitivinicolo Veronese) insieme a tre importanti enti di ricerca con portata nazionale, il dipartimento di biotecnologie dell’Università degli Studi di Verona, il laboratorio
di biosintesi vegetali IBBA CNR di Pisa e il dipartimento
di Scienze degli Alimenti dell’Università di Napoli. I risultati ottenuti verranno presentati in ambito OIV al fine di
ottenere una rapida diffusione internazionale che veda il
Veneto come germe di innovazione e tutela ambientale.
Notizie interessanti anche sul fronte della commercializzazione. “Il mercato della CO2 in Italia – dice Stefano
Faccioli, National Developer Food & Pharma di AIR LIQUIDE, leader mondiale nel settore dei gas tecnici - è in
espansione ed i suoi utilizzi in campo industriale sono i
più svariati. Per quanto riguarda il settore alimentare trova applicazione in tutti i campi dall’agricolo, nel settore
delle bevande e ovviamente in ambito enologico. È evidente però che una risorsa generosa come quella delle fermentazioni vinarie non è mai stata finora presa seriamente
in considerazione per motivi legati alle periodicità, grandi produzioni in un breve lasso di tempo comporterebbero la realizzazione di grossi impianti di produzione con
pesanti incidenze economiche a livello di ammortamenti.
Attraverso la partecipazione a E-CO2 stiamo valutando
se sia possibile in futuro realizzare una partnership con
importanti stabilimenti enologici (come Collis Group) tali
da realizzare, dislocate sul territorio, diverse fonti per un
approvvigionamento differente da quelli utilizzati finora: è noto infatti che l’anidride carbonica viene prodotta
principalmente mediante l’estrazione mineraria da sacche
sotterranee, cosiddette fonti naturali, oppure da sintesi
chimica mediante la combustione d’ idrocarburi”.
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Enologia
Bollicine in autoclave
due secoli di storia
di
LORENZO TABLINO
O
ggi, nel mondo, la maggior parte degli spumanti
sono prodotti con il metodo della rifermentazione
in autoclave, o metodo Martinotti, definizione che
per patriottismo preferiamo a metodo Charmat, sebbene
questa sia la definizione più diffusa. Da alcuni anni si parla anche di “metodo italiano”.
Lo spumante nacque nel sec XVII, grazie al processo della
rifermentazione in bottiglia. In Italia era chiamato “Méthode Champenoise”, oggi “Metodo Classico”. Per oltre 2
secoli fu utilizzato unicamente questo sistema. Ma le
difficoltà erano enormi: bottiglie che scoppiavano e alti
costi, soprattutto di manodopera. Ricordo i cantinieri di
Fontanafredda dire che ogni bottiglia di spumante “Methode Champenoise” si doveva prendere in mano almeno
otto-dieci volte.
Logico che la ricerca enologica individuasse altri metodi di
lavorazione spumanti, più semplici e meno costosi. Precisamente due: il metodo in autoclave e il metodo misto.
In autoclave
I primi esperimenti furono condotti, in Francia, nel 1851,
da Rousseau e da Brillè che fecero rifermentare dei vini in
grandi botti di legno rinforzate con grandi cerchi di ferro.
Il nuovo recipiente si chiamò enoforo. Difficile immaginare come una botte di legno, fatta ovviamente di doghe,
potesse resistere a pressioni anche medie. Nel 1858 un
professore di Reims, Edme Jules Maumené, introdusse l’uso
di recipienti metallici cilindrici della capacità di 32 Hl.
Chiamati “Afrofori” (dal greco aphros, schiuma e phoreys,
portatore) erano costruiti in rame argentato. La rifermentazione non avveniva più in bottiglia bensì nel recipiente
sopraccitato. Invero l’afroforo era l’antesignano dei recipienti chiamati in seguito autoclavi. Occorre precisare
che i caratteri varietali dei vini spumantizzati erano maggiormente rispettati, non utilizzando il legno. Maumené si
avvalse della collaborazione di Jaunay, tecnico della casa
spumantistica Mumm e Co di Reims. Inoltre utilizzò, per
la prima volta, un afrometro per il controllo della pressione durante il processo.
Ma il sistema fu criticato. In Francia, il prof. Robert di
Reims definì il sistema “alquanto malizioso”, evidentemente preoccupato dalla prospettiva di uno “Champagne a basso costo”, come precisa in seguito: “Destinato a far cadere
nell’oblio le grandi iniziative degli enologi dello Champagne”.
Ancora in Francia, altri perfezionamenti furono effettuati
da Chaussepied ad inizio ’900 (foto a lato).
Ma occorre precisare che i costi di produzione di questi
impianti erano molto alti, non dimenticando le difficoltà
14
di costruzione dei recipienti. Di fatto non trovarono nessuna applicazione pratica. Ma ormai la strada all’innovazione era aperta. Interessanti gli esperimenti del prof.
Francesco Koenig, che elaborò un nuovo afroforo, adatto
per i vini aromatici, quindi anche per il Moscato. Purtroppo morì quando gli studi erano in corso. In Italia
Federico Martinotti, direttore dal 1895 della “Regia Stazione di Enologia” di Asti (oggi sezione del Centro per
la Ricerca Agraria), elaborò un sistema completo per la
lavorazione degli spumanti in autoclave, chiamato “Apparecchio a lavorazione continua”. Grazie alla cortesia della
dott.ssa Antonella Bosso che dirige attualmente il centro e
dell’archivista sig.ra Anna Maria di Franco abbiamo consultato il testo originale del Martinotti. È del 1921 e porta
in copertina il titolo “La fermentazione dei vini spumanti”.
Fu pubblicato sul periodico “ Il Giornale Viticolo Italiano”
di Casale Monferrato (AL). Il Martinotti nell’introduzione
fa riferimento agli Champagne, accennando ai costi elevatissimi, ne consegue che il suo apparecchio era rivolto
soprattutto all’elaborazione di spumanti secchi. Ma non
mancano accenni al Moscato. Giustamente evidenzia che
una lavorazione rapida permetteva una migliore conservazione del profumo. Il suo sistema fu brevettato, nel 1895,
in Italia, Francia e Svizzera. Nella prima elaborazione era
costituito da tre recipienti di ferro, con protezione interna
in legno. Per la refrigerazione si utilizzava una serpentina
interna. Le autoclavi erano collaudate per una pressione
di esercizio di 8 atm.
Enologia
Nel 1912 un ricercatore francese, il Manceau lo criticò definendolo “Spaventosamente complicato”. Martinotti, invero, studiò molte modifiche al suo metodo, anche per adattarlo alla produzione del “Moscato Champagne”. Nel 1921
in un articolo propose una camicia esterna per la refrigerazione, eliminò anche il legno nel rivestimento interno
(non facile da igienizzare). In quegli anni l’industria forniva i primi metalli smaltati. Un agitatore ad elica nell’ultimo
recipiente teneva i lieviti in sospensione. L’ultima versione
(figura in alto) consisteva in una prima autoclave in cui
avveniva la rifermentazione del vino base spumante, nella
seconda lo spumante veniva stabilizzato mediante chiarifica e filtrazione, mentre nella terza si aggiungeva il liquore
di spedizione. Ma restavano vari problemi pratici.
La smaltatura, per grandi recipienti, andava fatta in Germania, con costi di trasporto notevoli. Allora il Martinotti
propose il rivestimento interno delle autoclavi mediante
utilizzo del cemento. Soluzione che invero, pur comprendendo le difficoltà tecniche e produttive dell’epoca, lascia
perplessi. Anche le proposte fatte per adattare l’intero sistema alla produzione del Moscato-Champagne suscitano
alcuni dubbi. Scrive testualmente il Martinotti: “…prima
di collocarlo nell’apparecchio attendere ancora 3-4 mesi e
sottoporlo (il moscato ndr) a nuove areazioni e filtrazioni”
...“in seguito anche a pastorizzazione”. Tutto questo prima
dell’immissione in autoclave. Ma gli aromi originali del
Moscato c’erano ancora?
Nonostante i cambiamenti proposti nel corso di alcuni
decenni il sistema Martinotti non trovò la giusta strada
per essere “ingegnerizzato” e adattato alla produzione industriale.
Nel 1907, Eugène Charmat mise a punto e brevettò un
sistema concettualmente simile, che ancora oggi è universalmente utilizzato per produrre spumanti e che porta
anche il suo nome. Fu subito chiesto il brevetto e messo a
punto un progetto di fabbricazione industriale dell’intero
sistema a costi accessibili.
Per vari motivi il metodo sopraccitato trovò subito diffusione in Francia e in seguito nelle cantine di tutta Europa
e Nord Africa. A dire il vero, come già detto, nella versione originale non differiva molto dal sistema Martinotti,
brevettato anni prima. Erano sempre tre autoclavi per la
produzione dello spumante. In Italia il primo impianto
originale Charmat giunse alla ditta Cora di Costigliole
d’Asti nel 1922. Eccolo descritto secondo la testimonianza, raccolta da chi scrive, dell’enol. Lorenzo Benzi a Visone
(Al) nel 1989. Fu tecnico alla Cora dal 1930 al 1945. “Ci
sono due tipi di autoclavi: le più grandi da 44 ettolitri servono
per la fermentazione, le più piccole da 22 ettolitri si usano per
refrigerare lo spumante. Sono in ghisa smaltata a fuoco, dentro
sono color bianco, sono collaudate a 12 atmosfere, ma resistono molto di più. Ci sono tre rubinetti di bronzo enologico con
attacco a vite. La soluzione refrigerante è formata da acqua e
alcool metilico denaturato, si arriva anche a venti gradi sotto
zero. Intorno alle autoclavi c’è una parete, con delle liste di
sughero che isola il tutto”.
Interessante la soluzione refrigerante composta da alcol
metilico, sostituita poche anni dopo dal cloruro di calcio
e in seguito dal glicole etilenico.
Pochi anni dopo l’impianto Charmat fu acquistato anche
dalla Martini & Rossi a Pessione (To) e dalla MirafioreFontanafredda a Serralunga d’Alba (Cn). Chi scrive l’ha
potuto non solo vedere, ma lo ha anche utilizzato parzialmente, a Fontanafredda, tra il 1969 e il 1973.
Era composto di cinque autoclavi per la fermentazione,
cinque per la refrigerazione e una per la pastorizzazione,
in tutto undici autoclavi da ventidue hl caduna. Ghisa,
smaltata internamente con vernice arancione da una ditta
di Verona. Ogni autoclave aveva tre rubinetti da 25 mm
di bronzo con volantino e attacco a vite a passo enologico, l’intercapedine interessava tutta l’autoclave, anche se
in cima non era riunita alla parete, dentro circolava una
salamoia di cloruro di calcio.
Il freddo era dato da un compressore Orion enorme, anche
la torre di raffreddamento posta all’esterno era grande.
Le autoclavi erano rivestite, all’esterno, con del sughero
catramato ed erano alzate da terra in modo che un operaio
potesse lavorarvi sotto; il boccaporto era circolare a passo
d’uomo, lo spessore della lamiera di mm 10 per la parete
e 5 mm per l’intercapedine.
La pressione nelle autoclavi vuote si otteneva con uso di
azoto in bombole.
Ben evidente la targhetta su ogni autoclave: Societè Francaise pour la Fabbrication Industrielle des Vins Naturels. Secondo le testimonianze di anziani cantinieri di Fontanafredda per i primi mesi di esercizio ci fu la consulenza di
un tecnico francese.
Perché il metodo della presa di spuma in grandi recipienti
trovò applicazione in molte cantine, a partire dal brevetto
francese dell’ing. Charmat del 1907?
Svariati i motivi: pratico, accettabile nell’investimento
iniziale, con indubbi vantaggi economici per la cantina
rispetto al metodo classico della rifermentazione in bottiglia. Aggiungo subito il grande sostegno imprenditorialecommerciale che ha avuto durante il sec. XX. Un autore, il
Carpentieri, scrive letteralmente nel 1948: “Di simpatie che
ha saputo conquistarsi”. Aggiungo che il metodo trovava
altri usi in cantina.
Vecchi cantinieri di Bonardi, Calissano e Fontanafredda
mi hanno raccontato che, alla fine degli anni trenta e inizio anni ’40 secolo scorso l’invecchiamento artificiale dei
vini rossi superiori nelle autoclavi era una pratica talora
usata. Si giocava sul freddo-caldo, imitando grossolanamente le stagioni. Talora si concentrava a bassa temperatura per arricchire il vino in alcol. Pratica enologica non
proprio ortodossa, ma, preciso, del tutto legale in quegli
15
Enologia
anni. Infatti, il citato Carpentieri tratta di questo metodo.
Un enologo, Alfredo Mazzei, che lavorò anche alla Fontanafredda Mirafiore negli anni 20 del secolo scorso sintetizza bene il metodo Charmat. Lo scritto è del 1923. “Chi
oggi dovesse impiantare ex novo uno stabilimento per produrre
spumanti …avrebbe senza dubbio la convenienza ad adottare
il processo Charmat”.
Il dopoguerra
A Canelli, alle cantine Luigi Bosca, nell’estate del 1946,
arriva finalmente la prima autoclave di ferro smaltato
made in Italy. È costruita dalla ditta Gianazza di Legnano.
Nel 1943 la stessa azienda ne aveva installate da De Negri (Mondavi -Cn) e da Bonardi (Alba-Cn). La smaltatura
interna di queste nuove autoclavi italiane era in brautite,
una nuova vernice vetrificante. Il trattamento era a caldo.
Proteggeva, in modo ottimale, il vino da inquinamenti dovuti al ferro, ma aveva un difetto: era molto fragile. Bastava che un cantiniere lasciasse cadere un qualsiasi oggetto,
durante le operazioni di pulizia interna dell’autoclave, che
la brautite si scheggiava come il vetro.
Anche Siro Aliberti a Canelli costruisce autoclavi e in seguito il primo originale pastorizzatore a immersione. Nato
nel 1908, a diciotto anni emigra in Francia, dopo la prigionia ritorna a Canelli. “Avevo solo i vestiti che portavo”
ricorderà molte volte; dapprima aiuta i fratelli in un’officina e nel 1953 si mette in proprio. Per costruire la prima
calandra per girare i fogli di lamiera utilizza tre cannoni,
residuati di guerra, acquistati, a poco prezzo, da un colonnello americano. Nel 1949 costruisce la prima autoclave
che viene installata nelle cantine Ariano a Santo Stefano
16
Belbo. In seguito presso la medesima ditta ne installerà
altre quattro da 20 hl cadauna .
Grazie alla cortesia del Ing. Ettore Ariano, contitolare della ditta Ariano e Ariano associati di Santo Stefano Belbo,
ho potuto vedere l’autoclave sopraccitata. Si trova in un
vecchio deposito alla periferia del paese. E’un recipiente
circolare di ferro, della capacità di lt 1000. Alto 3.14 mt
e dal diametro di 70 cm. La lamiera è spessa 5 mm. Le
portelle 16 mm. Numerose le saldature elettriche nella lamiera, ripassate anche all’interno. Occorre precisare che,
all’epoca, il costruttore con i limitati mezzi che disponeva
poteva piegare solo pezzi piccoli di metallo.
In alto c’è una portella - a passo d’uomo - che è imbullonata, in basso un piccolo scarico totale. Attacchi per rubinetti a vite da 30. Pressione di esercizio 7 atm. Abbiamo
rintracciato, negli archivi della ditta citata, i libretti Ancc
delle autoclavi installate negli anni successivi, sino al 1952.
Pubblichiamo un disegno (figura in basso a sin.). L’inserimento della nuova autoclave creò parecchi problemi alla
ditta sopraccitata. “Abbiamo tribolato e non poco” disse più
volte Dante Ariano, il fondatore, al giovane figlio che abbiamo intervistato. Era del tutto normale. Con l’autoclave
cambiava completamente il tradizionale modo di lavorare.
In gergo i cantinieri dicevano “Lavoriamo sotto pressione”.
Inteso che ogni operazione di cantina, anche la più semplice, vedi aggiunta di polvere di metabisolfito di potassio
allo spumante, andava fatta tenendo conto che c’erano almeno 5 atm da contrastare. Andava acquisita la necessaria
esperienza.
Le autoclavi Gianazza vennero installate, a partire dalla
fine degli anni ’40 del secolo scorso nelle maggiori aziende
spumantistiche italiane. All’inizio erano sistemate in posi-
Enologia
2009: Produzione di Vini Spumanti per Regione per Metodo di produzione
Regione
METODO CLASSICO
METODO ITALIANO
Produzione/spedizione
(mil./bott.)
(mil./bott.)
bottiglie
VENETO
0,260
132,000
PIEMONTE
0,450
121,000
LOMBARDIA
15,500
29,000
TRENTINO
9,000
4,500
EMILIA ROMAGNA
0,110
15,000
MARCHE
0,170
12,000
TOSCANA
0,100
4,000
ALTOADIGE
0,200
0,050
FRIULI VENEZIA GIULIA
0,045
2,500
ALTRE REGIONI
0,100
15,700
TOTALE GENERALE
25,935
335,750
Fonte: Enti regionali sviluppo e ricerca agricola; Denunce produzione albi CCIAA; Organizzazioni professionali
zione verticale, in seguito per motivi di spazio saranno
poste orizzontali. Crescono anche i volumi: dagli iniziali
10-50 hl della fine anni 40, si arriva ai 600 hl dell’inizio
anni ’60 del sec. scorso (foto p. 16 a destra).
Altre ditte produssero autoclavi per spumanti. Citiamo la
società Nebiolo di Asti, tra il 1955 e il 1965 e la ditta
Padovan di Vittorio Veneto (Tv). Quest’ultima le fornì a
Fontanafredda. Giunsero in batteria da 12 nel nuovo stabilimento inaugurato nel 1964. Della capacità di 80 hl,
poste in posizione verticale, con portella a passo uomo e
valvole a vite, con guarnizione di gomma, da 30. La refrigerazione era garantita da una salamoia in glicole etilenico, circolante in un’intercapedine. Il riscaldamento dello
spumante era possibile con candele a resistenza elettrica.
La coibentazione era in lana di roccia rivestita di tela bianca. Ma presto sarebbe arrivato il poliuretano espanso. Anche il rivestimento protettivo interno era cambiato: resine
epossidiche, spalmate a freddo.
In alcuni casi, negli anni ’60, si usava per il rivestimento
interno delle autoclavi il Flintkote. Derivato dagli idrocarburi, trovava moltissime applicazioni industriali. Di facile
e pratico utilizzo, fu in seguito vietato per possibili inquinamenti al vino.
Il sistema misto
o “Metodo Marone-Cinzano”
Un’ importante innovazione nel sistema di lavorazione degli spumanti venne ideato, negli stabilimenti Cinzano di
Santa Vittoria d’Alba -Cn- negli anni trenta del sec. scorso.
Si è parlato molto di questo sistema nel dopoguerra. Forse
perché, nella fase iniziale, i meccanici interni che avevano
costruito le macchine su disegni del conte Alfredo Marone
Cinzano, erano vincolati al segreto aziendale. Oltretutto i
complessi macchinari, nel 1944-45, furono nascosti dietro
ad un grande muro appositamente costruito, onde evitare
la razzia dell’esercito tedesco. Da qui la leggenda narrata
nel famoso libro “Il segreto di Santa Vittoria”, da cui venne
anche tratto, nel 1958, un film con Anna Magnani e Anthony Quinn. Ma oltre la creatività artistica, il metodo era
semplice ed ingegnoso: la fermentazione del vino avveniva
in bottiglia, lo stesso valeva per la conservazione. Un travaso isobarico in autoclave sostituiva le operazioni finali del
remuage e dégorgement. Seguivano filtrazione brillantante e
imbottigliamento, come nel sistema Charmat. Infatti, alcuni enologi lo chiamavano “Sistema misto”.
Vantaggi: riduzione dei costi e mantenimento, almeno sul
piano teorico, delle caratteristiche del metodo classico, in
quanto la presa di spuma avveniva, comunque, in bottiglia. Chi scrive lo ha applicato, in rari casi, a Fontanafredda nel 1970-91.
Ma alla fine venne abbandonato: la protezione dello spumante in autoclave e durante le operazioni di filtrazione
brillantante e imbottigliamento isobarico non erano semplici. Occorreva molta attenzione e utilizzo in dosi adeguate di antiossidanti. Con caduta parziale, in certi casi,
dei livelli qualitativi.
Si ringraziano per le testimonianze: Lorenzo Benzi, Ico
Turra, Ettore Ariano, Eraldo Gay, Lorenzo Bonifacio, Bruno Marengo, Giuseppe Gallese.
Una bibliografia è pubblicata sulla versione online
(www.millevigne.it)
FEDERICO MARTINOTTI
Nato a Villanova Monferrato-Al- nel
1900 vinse il concorso per la direzione della Regia Stazione di
Enologia di Asti. I suoi studi si
focalizzarono in particolare sulla preparazione degli spumanti.
Ancora oggi il metodo porta il
suo nome. Ma ideò anche interessanti macchine per automatizzare il complesso lavoro nel
metodo di preparazione dei Moscato-Champagne. In particolare
sostituì le costose e difficili operazioni
di remuage e degorgement con travasi
e filtrazioni isobarici. Inoltre compì studi e ricerche sulla
produzione di vini privi di alcol e sulle cosiddette “malattie
del vino”, causate in molti casi dalle cattive condizioni igieniche delle cantine dell’epoca. Dal 1902, organizzò corsi
per istruire i viticoltori astigiani sull’utilizzo delle viti americane per prevenire i danni della fillossera. Morì nel 1924.
17
Economia
Piemonte,
anteprima vendemmia 2012
A
“
nteprima vendemmia 2012”, l’annuale incontro
promosso da Regione Piemonte e Vignaioli Piemontesi per presentare dati e valutazioni sulla vendemmia e tracciare una previsione sull’andamento dell’annata,
si è svolto quest’anno al Castello di Roppolo, in provincia
di Biella, sede dell’Enoteca regionale della Serra. Il tema
scelto quest’anno è “Il coraggio delle scelte”. E non solo
perché questa è la vendemmia più povera d’uva dal dopoguerra a oggi. Negli ultimi anni, la crisi internazionale ha costretto anche i viticoltori a cambiare prospettiva:
dalla vigna alla cantina, fino al modo di approcciarsi al
mercato e ai consumatori. Quali nuove sfide attendono il
vino piemontese, e quali strategie mettere in campo per
vincerle? Se ne è parlato a Roppolo con il presidente di
Vignaioli Piemontesi Giulio Porzio (“Dopo la vendemmia:
il coraggio delle scelte”) e l’assessore regionale all’Agricol-
tura Claudio Sacchetto (“Dati e prospettive del Piemonte
vitivinicolo”). Daniele Dellavalle, responsabile tecnico della Vignaioli, ha presentato l’andamento della maturazione
delle uve e la previsione sulla qualità. Il tradizionale dibattito sulla congiuntura del settore è stato orchestrato dal
giornalista Giancarlo Montaldo con i dirigenti dei Consorzi di Tutela.
Si è brindato, poi, agli 80 anni dell’Enoteca Italiana di Siena con il suo presidente Claudio Galletti. A far gli onori
di casa il sindaco di Roppolo Giorgio Boltri e il presidente dell’Enoteca della Serra Guido Dellarovere. Due i premi consegnati durante la giornata: uno in memoria dello
scrittore Davide Lajolo, il comandante partigiano “Ulisse”
nato a Vinchio (Asti), nel centenario della nascita; l’altro a
una giovane promessa della scrittura, Ilaria Bertini, autrice
di libri e romanzi di cui uno sul passito di Strevi.
Un’annata calda, ma senza i picchi eccezionali di temperatura registrati in altre regioni, salvo alcuni giorni ad
agosto. La siccità ha limitato la produzione e la resa in mosto, soprattutto delle uve precoci, ma non è stata tale
da compromettere la qualità, grazie alle buone riserve invernali, alle piogge primaverili e a quelle di fine estate.
Sanità eccellente, grado zuccherino elevato ma in genere non “fuori scala”; il rischio di bassa acidità sui bianchi
precoci ha suggerito in alcuni casi una raccolta anticipata. Nel complesso un’ottima annata; eccellente, in alcuni
casi memorabile, per le uve rosse tardive.
L’annata in Piemonte
a cura di Daniele Dellavalle
Nota: questo paragrafo rappresenta un estratto del quaderno “Piemonte Anteprima Vendemmia 2012”, ricco di dati sul clima e le diverse aree della regione, frutto del lavoro collettivo di molti tecnici
e istituzioni piemontesi, che è possibile ritirare presso la Vignaioli
Piemontesi o scaricare online da www.vignaioli.it
A
ncora una volta ci
troviamo a poche
settimane dalla fine
delle operazioni di raccolta a commentare una vendemmia molto positiva,
paragonabile, tra le più
recenti, a quelle del 2007,
del 2009 e del 2011; se il
risultato finale in termini qualitativi sarà, come
vedremo, simile a quello
raggiunto in tali annate,
differenti sono le condi18
zioni climatiche ed ambientali che hanno concorso al
raggiungimento del risultato finale.
Dopo dicembre 2011 e gennaio 2012 quasi “miti”, alla
fine dei quali la vite sembrava prossima alla fase del
“pianto” (rigonfiamento delle gemme ed inizio dell’attività vegetativa), le minime bassissime di febbraio, spesso
inferiori ai -15°C e con picchi estremi vicini ai -20° C,
hanno bloccato sul nascere qualsiasi attività. Anche se la
vite è considerata una specie resistente al freddo, temperature così basse possono provocare danni, devitalizzando alcune gemme o nei casi più gravi l’intera pianta. I
danni sono stati in effetti osservati in primavera in alcuni
vigneti di fondo valle e di bassa collina, ove il fenomeno
dell’inversione termica nell’aria è stato particolarmente
intenso. Ed i danni avrebbero potuto anche essere più
diffusi, soprattutto a carico delle giovani viti (di 1 o 2
anni), se la coltre di neve, presente in quel periodo, non
avesse fatto da filtro protettivo nei confronti dell’aria gelida.
Le temperature di marzo, decisamente sopra la media
degli ultimi anni, hanno permesso un recupero delle fasi
fenologiche ed un germogliamento non troppo tardivo,
in genere iniziato tra la terza decade del mese ed inizio
80,0
100,0
80,0
60,0
60,0
80,0
60,0
40,0
40,0
60,0
40,0
20,0
20,0
40,0
20,0
0,0
0,0
20,0
0,0
GEN
FEB
MAR
APR
MAG
GIU
LUG
AGO
SET
GEN
FEB
MAR
APR
MAG
GIU
LUG
AGO
SET
Economia
GEN
GEN
0,0
FEB
FEB
MAR
MAR
APR
APR
MAG
MAG
GIU
GIU
LUG
LUG
AGO
AGO
SET
SET
Accumulo precipitazioni (mm) di Nizza - Periodo 01/01- 30/09
Accumulo
Accumulo precipitazioni
precipitazioni (mm)
(mm) di
di Nizza
Nizza - Periodo
Periodo 01/0101/01- 30/09
30/09
tutto al 2007. Le piogge di questi mesi hanno
1000
1200
puntualmente provocato
691,0
1000
1000
691,0
984,0
691,0
preoccupazioni ai viti800
1000
800
691,0
coltori,
impegnandoli
800
600
800
nel
contenimento
delle
600
600
malattie
di
tipo
fungino,
400
600
400
in particolare la perono400
200
400
spora.
200
200
Da giugno si è avuta una
0
200
0
nuova inversione di ten0 1997 1998 1999 2000 2001 2002 2003 2004 2005 2006 2007 2008 2009 2010 2011 2012
1997 1998 1999 2000 2001 2002 2003 2004 2005 2006 2007 2008 2009 2010 2011 2012
0 1997 1998 1999 2000 2001 2002 2003 2004 2005 2006 2007 2008 2009 2010 2011 2012
denza, con temperature
1997 1998 1999 2000 2001 2002 2003 2004 2005 2006 2007 2008 2009 2010 2011 2012
elevate e bassa piovosità,
se si eccettuano un paio
precipitazioni accumulate a Moleto (AL), 01/01/12 - 30/09/12
precipitazioni
di fenomeni temporaleprecipitazioni accumulate
accumulate a
a Moleto
Moleto (AL),
(AL), 01/01/12
01/01/12 - 30/09/12
30/09/12
precipitazioni accumulate
a
Moleto
(AL),
01/01/12
30/09/12
schi molto violenti, ac812,4
800
812,4
812,4
compagnati da vento e
800
800
700
812,4
grandine, che hanno pro700
800
700
600
vocato danni anche in600
700
480,0
600
500
genti in alcune aree viti480,0
480,0
500
600
500
cole. In questo periodo la
400
480,0
400
500
400
vite ha raggiunto rapida300
300
400
183,4
300
mente le fasi di ingrossa200
183,4
183,4
200
300
mento acini e di chiusura
200
100
183,4
100
200
del grappolo. Verso fine
100
del mese, oltre alla pero100
nospora anche l’oidio ha
fatto sentire tutta la sua
virulenza e pericolosità;
grafico 3. La Morra (CN) Confronto Somma Termica con soglia 10°
grafico
3.
La
Morra
(CN)
Confronto
Somma
Termica
con
soglia
10°
grafico
3.
La
Morra
(CN)
Confronto
Somma
Termica
con
soglia
10°
non sono poi mancate le
600
600
grafico 3. La Morra (CN) Confronto Somma Termica con soglia 10°
600
segnalazioni di black rot,
500
2003
600
malattia secondaria della
500
2003
500
2003
400
2007
vite, ma in crescente dif500
2003
400
2007
400
2007
fusione negli ultimi anni.
300
2010
400
2007
300
Le temperature di luglio
300
2010
2010
200
300
Media
sono risultate nella media
200
2010
200
1996-2011
Media
100
Media
degli ultimi anni ed infe1996-2011
200
1996-2011
2012
100
Media
100
riori a quelle delle anna2012
0
1996-2011
2012
100
GEN
FEB
MAR
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MAG
GIU
LUG
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0
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0
2012
GEN
FEB
MAR
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LUG
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GEN
FEB
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GIU
LUG
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SET
0
quanto riguarda la piogGEN
FEB
MAR
APR
MAG
GIU
LUG
AGO
SET
gia la situazione è piuttosto differenziata tanto che
Radiazione solare Castel Boglione (AT) - Periodo 01/01 - 30/09
risulta opportuno suddiRadiazione
Radiazione solare
solare Castel
Castel Boglione
Boglione (AT)
(AT) - Periodo
Periodo 01/01
01/01 - 30/09
30/09
3900
videre il Piemonte vitiBoglione (AT) - Periodo 01/01 - 30/09
3789,7Radiazione solare Castel3814,4
3900
3900
colo in due macro zone:
3814,4
3800
3789,7
3814,4
3789,7
3741,4
3699,3
3900
3800
le aree più a Nord (com3800
3741,4
3814,4
3789,7
3700
3699,3
3741,4
3699,3
3800
3700
presa tutta la dorsale col3700
3741,4
3551,1
3699,3
3600
linare che va dalla collina
3700
3551,1
3600
3551,1
3600
3468,9
3500
di Torino verso Casale,
3468,9
3551,1
3600
3500
3468,9
3500
3400
immediatamente a Sud
3468,9
3500
3400
3400
3300
del corso del Po), quelle
3400
3300
3300
a ridosso delle montagne,
3200
3300
3200
2007
2008
2009
2010
2011
2012
e parte delle Langhe e del
3200
2007
2008
2009
2010
2011
2012
2007
2008
2009
2010
2011
2012
3200
Roero, hanno beneficia2007
2008
2009
2010
2011
2012
to delle piogge portate
aprile. Aprile e maggio nuovamente più freschi e piovosi da alcuni fenomeni temporaleschi, (sia pure con apporto
della norma hanno rallentato lo sviluppo della vite, che è idrico abbastanza limitato); al contrario nelle aree più a
arrivata alla fase di fioritura tra fine maggio ed inizio giu- Sud-Est della provincia di Cuneo, nel Sud Astigiano e nelgno, perfettamente in linea con un’annata media, ma in la maggior parte della provincia di Alessandria (ad escluritardo di oltre due settimane rispetto al 2011 e soprat- sione del casalese), in tutto il mese non si sono registrate
1200
1200
1200
Accumulo precipitazioni (mm) di Nizza - Periodo 01/01- 30/09
20 2200 20
12 1122 12
20 2200 20
11 1111 11
20 2200 20
10 1100 10
20 2200 20
09 0099 09
20 2200 20
08 0088 08
20 2200 20
07 0077 07
20 2200 20
06 0066 06
20 2200 20
05 0055 05
20 2200 20
04 0044 04
20 2200 20
03 0033 03
20 2200 20
02 0022 02
20 2200 20
01 0011 01
20 2200 20
00 0000 00
19 1199 19
99 9999 99
19 1199 19
98 9988 98
MJ/mq
MJ/mq
MJ/mq
MJ/mq
19 1199 19
97 9977 97
mmmm
mm
mm
984,0
984,0
984,0
19
ac.tartarico)
10
8
6
pH
4
2
Economia
0
2003 2004 2005 2006 2007 2008 2009 2010 2011 2012
Anno
Moscato
Dolcetto
Barbera
Confronto
i dati
delle
ultime
vendemmie
Confronto
tratra
i dati
delle
ultime
vendemmie
Confronto tra i dati delle ultime vendemmie
(valori
medi)
(valori
medi)
(valori medi)
22
22 22
20
20 20
18
Babo°
16
14
14
12
Ac.totale (g/l
ac.tartarico)
10
8
6
pH
4
0
12
10
14
Ac.totale (g/l
Ac.totale
(g/l
ac.tartarico)
ac.tartarico)
12
10
8
8
pH
pH
6
6
4
4
2
Babo°
Babo°
18 18
16 16
2
2
0
2003 2004 2005 2006 2007 2008 2009 2010 2011 2012
2003 2004 2005 2006 2007 Anno
2008 2009 2010 2011 2012
2003 2004 2005 2006 2007 2008 2009 2010 2011 2012
Anno
Anno
Brachetto
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del
Roero
Confronto
i dati
delle ultime vendemmie
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Confrontotra
trai idati
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ultimevendemmie
vendemmie
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(g/l
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Anno
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del Roero
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(valori
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tra i dati delle ultime vendemmie
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ultime
vendemmie
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(valori
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Anno
Anno
Nebbiolo da Barbaresco
(valori medi)
Confronto tra i dati delle ultime vendemmie
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Babo°
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Ac.totale
Ac.totale
(g/l (g/l
ac.tartarico)
ac.tartarico)
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Ac.totale (g/l
ac.tartarico)
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2003 2004 2005 2006 2007 2008 2009 2010 2011 2012
Anno
Anno
2003 2004
Nebbiolo da Barbaresco
Confronto tra i dati delle ultime vendemmie
(valori medi)
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(valori
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Colline Novaresi
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da Barolo
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i dati
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tra
i dati
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vendemmie
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2003 2004 2005 2006 2007
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Anno
Confronto
(valori
medi) tra
(valori medi)
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2005 2006
2007 2008
Anno
2009
2010
2011
2012
Economia
precipitazioni di rilievo. Con il mese di agosto l’assenza
di precipitazioni è stata quasi totale praticamente in tutte le aree viticole piemontesi: questo fenomeno, accompagnato da temperature nettamente superiori alla media
(agosto 2012 è risultato il più caldo in assoluto dopo
quello del 2003), ha determinato nelle aree sud orientali
del Piemonte una situazione di vera e propria carenza
idrica (particolarmente evidente per le colture erbacee,
ma in alcuni casi anche per i vigneti), mentre nelle altre
aree la situazione è stata meno difficile, grazie ai citati
apporti idrici dei mesi precedenti.
L’inizio invaiatura è stato registrato a seconda delle varietà e delle aree viticole, tra fine luglio ed inizio agosto,
con un ritardo anche di 8-12 giorni, rispetto a quanto
osservato nelle annate più precoci (2003, 2007, 2011) e
quindi in epoca media.
Il caldo torrido di agosto (favorito dal rapido susseguirsi
di anticicloni africani che spingevano aria molto calda da
Sud) ha accorciato il ciclo vegetativo della vite, che ha
rapidamente concluso la fase di invaiatura, iniziando ad
accumulare zuccheri ed a “demolire” gli acidi con grande
rapidità. La maturazione delle uve è stata rapida ed intensa soprattutto per le varietà precoci e nelle aree meno
colpite dalla siccità estiva.
Solo tra fine agosto ed inizio settembre (quando ormai
erano state raccolte le uve a maturazione più precoce,
Pinot, Chardonnay e buona parte di Moscato e BrachetPORZIO: il coraggio delle scelte
Nella sua relazione il presidente di Vignaioli Piemontesi Giulio Porzio ha affrontato soprattutto il tema dell’aggregazione
dell’offerta. “La qualità dei vini è eccellente ma da sola non
basta. Il mondo agricolo non può più presentarsi in modo
frammentato, deve avere più coraggio nel fare squadra e nel
parlare come Piemonte. Per le cooperative, in particolare,
siamo di fronte a una svolta epocale.
Molti produttori si sono fermati
alla vigna e alla cantina: ma oggi è
prioritario arrivare al consumatore
in tutto il mondo, e farlo nel modo
più diretto possibile. La cooperazione piemontese deve completare il salto di qualità che ha cominciato, organizzandosi in modo
aggregato, perché le dimensioni
aziendali sono troppo piccole per
“fare da soli”; deve diventare sempre più un partner dell’industria
forte e senza sudditanza, con la
consapevolezza che siamo noi agricoltori i detentori del patrimonio viticolo: abbiamo le uve, le cantine, le nostre facce.
Questa è la nostra forza ed è così che affronteremo le nuove sfide in Italia e all’estero. Questa è la strada scelta dalla
Vignaioli Piemontesi che è riuscita in pochi anni a riportare
la Barbera nella grande distribuzione tedesca e, da tre anni,
porta avanti un’attività commerciale che è in costante crescita: il fatturato del 2012 supera già i 5 milioni di euro solo per
il comparto dello sfuso, e le prospettive sono di ulteriore crescita, con l’apertura di nuovi mercati dopo quelli nordeuropei
dove già siamo ben presenti. Il mondo della cooperazione si
sta sempre più rendendo conto che non si vince andando
ognuno per conto proprio, ma ragionando come territorio”.
L’assessore all’Agricoltura Claudio Sacchetto (al centro) con Gianluigi Biestro
e Giulio Porzio.
to) si sono verificati alcuni giorni di pioggia, che hanno
interrotto il lungo periodo di siccità e riportato le temperature a livelli più nella norma.
Il prosieguo del mese di settembre è stato molto favorevole alla maturazione delle uve, con un decorso mite
e regolare, accompagnato da limitati fenomeni piovosi;
le varietà a maturazione media e tardiva hanno potuto
completare i processi di maturazione in modo ottimale, raggiungendo mediamente elevate concentrazioni di
zucchero nelle uve, ed un buon equilibrio tra i componenti acidi delle stesse.
Le precipitazioni limitate e la bassa umidità relativa nel
periodo che ha preceduto la raccolta hanno impedito lo
sviluppo della muffa grigia e garantito una sanità delle
uve ottima.
La nota più negativa dell’annata è senz’altro data dalle
rese basse, inferiori rispetto lo scorso anno dal 5 al 30%
a seconda delle varietà e della zona (le riduzioni maggiori si sono ovviamente registrate nelle aree più colpite
dalla siccità).
Il quadro di figura 1 riporta i giudizi di sintesi sulla qualità delle uve, basata sui principali parametri: grado zuccherino, equilibrio acido, sanità.
ARNEIS
*****
ERBALUCE
BARBERA
*****
FAVORITA
BRACHETTO
*****
FREISA
CHARDONNAY ****
GRIGNOLINO
CORTESE
****
MOSCATO
DOLCETTO
****
NEBBIOLO
Figura 1: valutazione delle uve.
pessimo
*
mediocre
**
sufficiente
***
buono
****
ottimo
***** eccellente
****
****
*****
****
****
****
21
Economia
VINO, TURISMO e
i-pad
di
NICOLò REGAZZONI
Maurizio Vellano è il vulcanico proprietario di un’impresa agrituristica a Camino Monferrato, Ca’ San Sebastiano wine resort (http://www.casansebastiano.it) e Presidente del Movimento Turismo del Vino Piemonte.
Nella sua attività attuale ha messo a profitto la sua formazione ed esperienza pregressa in campo elettronico e
informatico.
Cosa sta succedendo nel mercato del turismo del vino in Italia?
I
n questi ultimi anni molte aziende vitivinicole hanno
affiancato l’attività turistica alla produzione di vino,
ma tante altre restano focalizzate solo su quest’ultimo. Non tutte le cantine si possono infatti permettere
un addetto marketing piuttosto che un responsabile alle
visite, che sono figure professionali costose da formare e
da mantenere. Molte aziende vinicole si trovano dunque
in una situazione che ricorda quella del serpente che si
morde la coda: non aprono al pubblico le porte delle loro
cantine perché non hanno abbastanza flussi di clienti, ma
questi ultimi non arrivano perché non ne hanno la possibilità. Le Strade del vino, o qualsiasi altro tipo di unione,
potevano essere la nostra grande occasione a questo proposito, in quanto strumento in grado di organizzare in
maniera sinergica diverse risorse. Mi spiego meglio con
un esempio: se una cantina non disponeva di una “figura
teatrante”, che porta i turisti a spasso tra i vigneti, una
Strada del vino poteva aiutarla a darle vita, condividendola con altre cantine della zona. Questa “figura teatrante” poteva diventare una figura in outsourcing, una sorta
di personaggio itinerante da mandare in giro di cantina
in cantina a “cantare le storie”. Le Strade del vino potevano facilitare l’unione delle forze, ma nel nostro Paese
la realtà è ben diversa: io mi sono dotato di un ristorante
all’interno della mia struttura proprio perché ero stufo
di mandare i miei clienti da altri ristoranti della zona i
quali non solo non mi riconoscevano un euro, ma non
compravano il mio vino e infine si lamentavano sempre
se i clienti erano in ritardo. In Italia le Strade del vino
si sono rivelate un disastro perché sono state sempre viste soprattutto come un sistema per arraffare soldi e per
dare qualche poltrona politica. Risultato? Fine, non si è
fatto nulla.
Si può fare qualcosa per migliorare questa situazione?
Bisogna partire dall’analisi dell’offerta, ovvero da ciò che
una determinata azienda vitivinicola è in grado di offrire
22
sul mercato turistico. Innanzitutto bisogna chiedersi chi
sono i potenziali clienti e come si comportano in rete. E
inevitabilmente si finisce sempre per scoprire che una
serie di luoghi comuni, condivisi in maniera “autoreferenziale” dagli addetti di settore, sono lontani anni luce
da ciò che davvero pensano i turisti. Il termine “enoturismo”, per esempio, non viene quasi mai utilizzato
nelle ricerche di Google. Una struttura turistica dovrebbe dunque concentrarsi nel creare un’offerta in grado
di soddisfare le esigenze di una particolare domanda,
studiando le proprie potenzialità e finendo per costruire una nicchia di mercato, all’interno della quale proporre esperienze molto originali. Insomma, per avviare
un’attività turistica non si può fare a meno del marketing
strategico. L’obbiettivo è diventare “portatori di pioggia”,
catturando l’attenzione dei turisti con proposte molto
mirate, ma poi bisogna anche essere capaci di utilizzare
la pioggia, ovvero rispondere alle mail, stabilire prezzi
appropriati, e così via. A questo proposito, per esempio,
è fondamentale riuscire a conoscere con un certo margine di sicurezza il “costo industriale” di ogni camera,
oltre monitorare costantemente il comportamento della
concorrenza in zona. Per aiutare le aziende vitivinicole a
Economia
intraprendere un’attività turistica credo ci sia bisogno di
diffondere e comunicare una cultura specifica. Avverto
la mancanza soprattutto di marketing strategico perché
ogni cantina tende ad andare un po’ dove tira il vento,
e avverto una diffusa carenza di sensibilità di analisi di
mercato che prendano a riferimento le risorse di cui dispone ogni azienda. In fondo il problema è riuscire a
sfruttare appieno l’analisi della clientela: mentre una volta si facevano le cose sperando che andassero bene, oggi
Internet offre diversi strumenti che misurano la domanda, e la possibilità d’insuccesso si è ridotta in buona misura. Il problema è che manca formazione: pochi sanno
infatti analizzare correttamente l’offerta e la domanda.
Ed è un peccato che ci sia questa carenza di competenze,
perché abbiamo prodotti mediamente molto buoni, che
aspettano solo di essere valorizzati nei circuiti turistici
internazionali.
Che conseguenze ha apportato l’avvento della tecnologia sul
mercato del turismo del vino?
Comincio a rispondere a questa citando il concetto della
“coda lunga”, secondo il quale su Internet una struttura
turistica non può più limitarsi a promuovere per esempio “vacanze in Toscana”, ma piuttosto “vacanze in Toscana con caccia al tartufo e piscina”. Ovviamente bisogna prestare attenzione al fatto che più si fa “coda lunga”
e più si riduce il numero di potenziali clienti ai quali ci
si rivolge. Bisogna trovare un equilibrio tra prodotto e
massa che sia sufficiente a generare reddito: teoricamente in rete si potrebbe infatti dar vita a offerte di pacchetti
turistici così originali che alla fine non vengono cercati
da nessuno. Insomma, su Internet bisogna imparare a
a rimodulare in continuazione la propria offerta, senza
mai dimenticare che i turisti chiedono sempre più di vivere esperienze autentiche e originali.
Un capitolo a parte rappresenta poi il fenomeno di Tripadvisor (www.tripadvisor.com), un sito sul quale al termine del soggiorno il cliente può esprimere il proprio
giudizio, rendendolo pubblico. Innanzitutto è importante riuscire a comunicare ai propri dipendenti, da chi fa
i letti a chi prepara il pranzo, che cosa è Tripadvisor.
Tutti coloro che lavorano all’interno di una struttura turistica dovrebbero essere consapevoli che le recensioni
on-line esistono, e siccome a nessuno piace leggere critiche negative bisognerebbe imparare ad agire in maniera
proattiva. I dipendenti tendono ad arrabbiarsi di fronte
alle critiche ricevute da Tripadvisor, ma poi cominciano
a capire che l’unico modo per trarre vantaggio da questo sistema di valutazione è non subirlo passivamente. A
questo proposito i clienti più difficili sono quelli “enigmatici”, che non lasciano trapelare nessuna particolare
soddisfazione o insoddisfazione durante il loro soggiorno. Con i clienti che dimostrano chiaramente qualche
insoddisfazione possiamo invece intervenire direttamente sul posto, cercando di capire che cosa non sta andando per il verso giusto, mentre ai clienti che vediamo
soddisfatti possiamo chiedere esplicitamente di scrivere
una recensione su Tripadvisor. Bisognerebbe incentivare
la scrittura di così tante recensioni positive che alla fine
possano compensare anche alcune inevitabili recensioni
negative. Su Tripadvisor, infine, bisognerebbe cercare di
rispondere a tutte le recensioni, soprattutto a quelle negative, a volte anche riconoscendo la fondatezza delle rimostranze e spiegando come in futuro si intenda evitare
il ripetersi di quei problemi. L’importante è che chi legge
le recensioni alla fine abbia nel complesso un’immagine
positiva della struttura turistica alla quale sta dimostrando interesse.
Infine due parole sui social media, come per esempio
Facebook, all’interno dei quali si formano gruppi di persone appassionate di temi ben definiti, che involontariamente esprimono una serie di bisogni latenti ai quali una
struttura turistica può rispondere on-line, offrendo pacchetti e soluzioni vacanze tagliati su misura. E’ il concetto di affiliazione, che consiste nell’andare alla caccia di
tutti coloro che sono interessati a un determinato argomento, per poi “agganciarli” alla propria pagina Facebook. Sta poi all’operatore turistico continuare a suscitare
l’interesse nei confronti di quel determinato argomento,
pubblicando post e foto che non necessariamente devono avere un riferimento preciso all’attività svolta dalla
struttura turistica.
La crisi economica che stiamo vivendo sta avendo ripercussioni anche nel mercato del Turismo del vino?
La gente continua a sognare e se può, proprio perché
sta vivendo in mezzo a mille ristrettezze, i suoi sogni se
li vuole tenere ancora stretti. C’è un taglio dei consumi essenziali, ma tutto ciò che viene considerato piacere
di solito è l’ultima voce di spesa a venire tagliata. Bisogna dunque continuare a fare sognare la gente, creando
aspettative per poi soddisfarle. Abbiamo la fortuna di
poter disporre di un patrimonio inesauribile ed è davvero un peccato che non siamo capaci di sfruttarlo appieno. In un contesto di crisi come quello attuale, infine, il
contatto umano rappresenta ancor più una variabile di
successo di ogni progetto turistico, anche su Internet, e
i social network da questo punto di vista non sono altro
che la trasposizione della vita off-line in on-line. Oggi
più che mai la tecnologia deve essere al nostro servizio, e
non il contrario: rappresenta una cassa di risonanza, ma
fa suonare ciò che tu fai nel reale. E se una struttura turistica non fa niente, allora è davvero inutile che decida
di aprire una pagina su Facebook.
23
Cultura e Società
Il Consorzio Piemonte
Land of Perfection
Un’alleanza strategica per il territorio
N
el 2012 l’export del vino italiano cresce non in
ettolitri, ma in valore. Lo dicono i dati Ismea
che fotografano la situazione del primo semestre
dell’anno. Il primo mercato del vino made in Italy resta la
Germania, dove arrivano quasi tre milioni di ettolitri con
un fatturato di 450 milioni di euro. Extra Ue, in cima alla
classifica ci sono gli Stati Uniti, dove l’Italia importa vino
per quasi un milione e mezzo di ettolitri, pari a un giro
d’affari di 480 milioni di euro. Ma sono soprattutto i nuovi mercati asiatici a offrire nuove opportunità di vendita e
crescita alle aziende vinicole italiane.
È a questi nuovi sbocchi per l’export che guarda con interesse il Consorzio Piemonte Land of Perfection. Ha poco
più di un anno di vita, ma ha obiettivi ambiziosi: riunire
le forze della viticoltura piemontese per fare fronte comune contro l’agguerrita presenza delle grandi enologie del
mondo sui mercati internazionali. Lo hanno ribattezzato il
“Consorzio dei Consorzi”, perché raggruppa e armonizza
le strategie promozionali dei principali Consorzi di tutela
(Asti, Barolo Barbaresco Alba Langhe e Roero, Brachetto
d’Acqui, Barbera Vini d’Asti e del Monferrato, Gavi) e delle
associazioni di produttori più rappresentative: la Produttori Moscato, la Vignaioli Piemontesi e la Cantina Sociale
di Canelli. Un super Consorzio che nasce dalla necessità
di presentare il Piemonte come punto di forza del vino
italiano, con le sue eccezionali specificità: dai grandi vini
rossi, alle piccole varietà autoctone, alla sfida dei brindisi
tutta la conquistare. Ogni vino una storia e dietro a ogni
etichetta un racconto da sviluppare che apporta valore e
aggiunge fascino alle bottiglie.
Costituito nell’estate del 2011, con il supporto della Regione Piemonte, ha debuttato in squadra durante l’ultimo
Vinitaly. Suo obiettivo è quello di far conoscere i vini e le
eccellenze del Piemonte soprattutto all’estero e nei mercati emergenti come quello asiatico. Così al Vinexpo Asia
Pacific di Hong Kong, a fine maggio, Piemonte Land of
Perfection ha fatto il suo debutto fuori dall’Europa, portando a casa un patrimonio di contatti diretti e di idee
preziose da far fruttare.
La missione cinese è proseguita con la degustazione riservata agli operatori di Canton e l’arrivo a Shanghai dove
i piemontesi hanno partecipato e dato vita ad un evento
eccezionale: il battesimo enologico del nuovo “It’s Italy”, il
punto di incontro del made in Italy in Cina.
È nato riutilizzando la suggestiva struttura architettonica
24
di
FIAMMETTA MUSSIO
Ufficio Stampa
Piemonte Land of Perfection
del Padiglione Italia, costruito lungo le sponde del Fiume
Giallo per l’Expo di Shanghai del 2010. Un’esperienza che
avrà una continuità nel 2013 con la partecipazione al Top
Wine China di Pechino, dal 4 al 6 giugno. “L’opera di promozione all’estero continuerà anche l’anno prossimo, con
la partecipazione a fiere ed eventi in Cina e Stati Uniti, ma
non dimentichiamo l’importanza dei consumatori italiani” dice Andrea Ferrero, presidente di Piemonte Land of
Perfection.
Altre attività sono state organizzate negli e dagli Stati Uniti, mercato importante per l’export del vino piemontese
ma tutto da consolidare nel dopo crisi.
Da segnalare, a luglio, una degustazione a New York che
ha richiamato oltre 300 tra giornalisti, ristoratori e buyers
da Florida, Texas, Massachusetts e California. Non solo
missioni all’estero. A settembre, Piemonte Land of Per-
Il Presidente di Piemonte Land of Perfection Andrea Ferrero con l’attrice Maria
Grazia Cucinotta.
Cultura e Società
fection ha organizzato il primo incoming portando trenta
giornalisti e importatori da Usa e Cina “a conoscere direttamente il territorio e le cantine dove si produce il vino”
ricorda il presidente Ferrero. Nella politica di promozione, dovrebbe diventare un incontro annuale con la stampa e i buyers internazionali. Tra le attività fatte in Italia,
c’è anche “Piemonte Grandi Vini”, la prima edizione di
un salone enologico che lo scorso ottobre ha richiamato
oltre mille visitatori a Villa Miani a Roma. Qui, cinquanta
aziende hanno dato vita a una due giorni di degustazioni,
incontri, workshop.
Testimonial dei vignaioli piemontesi in trasferta è stata
l’attrice Maria Grazia Cucinotta. In primavera, la squadra Piemonte tornerà al Vinitaly (7-10 aprile 2013) nello
spazio comune gestito da Consorzio e Regione. Ancora
insieme, l’anno prossimo, si parteciperà a due importanti
fiere enologiche d’Europa: il Prowein di Dusseldorf (2729 marzo 2013) e il Vinexpo di Bordeaux (16-20 giugno
2013). Tornando alle attività già fatte, a inizio autunno, i
vini piemontesi sono anche sbarcati nelle aule delle università americane con sei educationals rivolti agli studenti
delle più prestigiose Università e Accademie del vino degli
States: da New York a Miami, da San Francisco a Las Vegas fino a Chicago. “Abbiamo iniziato un’attività formativa – dice Gianluigi Biestro, vice presidente del Consorzio
- per i giovani che vogliono intraprendere una carriera nel
mondo del vino e della ristorazione. Scommettiamo sulla
crescita dei futuri ambasciatori dei nostri vini negli Stati
Uniti”.
Altre info:
0173-210311, www.piemonte-landofperfection.org.
Brunello di Montalcino:
tutte le cantine su iPhone e iPad
di
ANDREA CAPPELLI
I
l Consorzio del Vino Brunello di Montalcino presenta la App “iBrunello HD” per iPhone e iPad. Attraverso l’applicazione, scaricabile
gratuitamente dall’Apple Store, è possibile localizzare tutte le cantine,
prenotare visite e degustazioni, ricevere informazioni utili sui produttori e
il territorio e scorrere la photogallery. “La necessità di creare questo strumento – commenta il Presidente Fabrizio Bindocci - è dovuta al sempre
maggior utilizzo di tecnologie “smart” da parte di viaggiatori ed “enonauti”, interessati a scoprire il territorio in modo facile e veloce. Si tratta di
uno strumento completo e all’avanguardia, per rispondere alle richieste
di informazioni e alle necessità di fruizione del territorio e delle aziende”.
Dal punto di vista della struttura, la App è divisa in 6 sezioni: quella che
interessa maggiormente gli appassionati di vino e che va incontro alle necessità dei viaggiatori più “esigenti” è denominata “cantine”, in cui è possibile raccogliere per ciascun produttore le principali informazioni sulla
produzione, le opportunità di visita e la posizione sul territorio. Attraverso l’applicazione è anche possibile costruire il percorso per raggiungere
l’azienda.
La sezione “vini” consente di reperire le principali informazioni riguardanti i disciplinari di produzione delle quattro denominazioni di Montalcino. È possibile conoscerne la valutazione delle diverse annate, anche
attraverso le piastrelle celebrative, che formano la serie storica presso il
Palazzo Comunale.
La sezione “news” raccoglie le ultime novità su eventi e manifestazioni organizzate in Italia e all’estero, mentre la sezione “gallery”, dedicata a coloro che vogliano godere dei panorami, è ricca di immagini. Non mancano
poi informazioni sul territorio nell’apposita sezione omonima, ricca anche
di cenni storici, mentre la pagina “info” è pensata per fornire informazioni
sul Consorzio e localizzarne la sede sulla mappa.
25
Cultura e Società
Un libro sotto l’albero
Le pubblicazioni Vit.En.
Novità – Vitenda 2013
Giunge al diciottesimo anno di edizione l’Agenda del Vitivinicultore. Articoli
tecnici, news, recensioni, bibliografia,
consigli utili. Uno strumento funzionale
da usare tutti i giorni dell’anno.
Novità – Contorni del vino
Terzo volume della collana BACCO DIDATTICO, Una carrellata completa e dettagliata dei contenitori del vino, e di tutto quello che ruota intorno a questo argomento. Dalla storia ai moderni materiali, schemi,
foto e informazioni utili per scegliere con competenza.
Peronospora
Secondo volume della collana BACCO DIDATTICO. Uno
sguardo approfondito alla malattia più pericolosa in Italia,
ai moderni principi attivi e alle strategia di difesa per prevenirla e combatterla.
Vendemmia
Primo volume della collana BACCO DIDATTICO. Una
monografia su questo momento di passaggio tra la viticoltura e l’enologia di importanza strategica. Con la collaborazione dei massimi esperti del settore si pone particolare
attenzione alle moderne tecnologie per la meccanizzazione più o meno elevata di questa operazione
Vigna in tasca
Seconda edizione, aggiornata e ampliata del fortunato
compendio tascabile. Dalla guida al riconoscimento delle
malattie, degli insetti e delle essenze erbose, all’elenco dei
principi attivi ammessi in viticoltura e quello dei portinnesti autorizzati. Un libro da consultare frequentemente e
tenere sempre a portata di mano
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vigneto e della cantina, con ampio supporto fotografico,
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Enogea è la rivista online creata da Alessandro Masnaghetti, uno dei più stimati esperti e degustatori italiani.
L’autore conosce come le sue tasche i territori del Barolo
e del Barbaresco, che ha “camminato” (come direbbe il
suo maestro Veronelli) e fotografato in lungo e in largo.
Quest’ultima pubblicazione, disponibile in formato digitale, propone un resoconto delle degustazioni di 8 annate
di Barolo (dal 2001 al 2008), due preziose testimonianze
storiche di Beppe Colla e di Armando Cordero e una proposta di classificazione dei “cru” con le relative mappe,divise
per comune. Le “menzioni geografiche” ufficiali del Barolo indicano solo la localizzazione del vigneto, e, secondo
Masnaghetti, alcune di esse, come “Bussia” a Serralunga,
sono troppo estese rispetto alla denominazione tradizionale, includendo vigneti a vocazione diversa. In ogni caso
le “menzioni” ufficiali non sono ordinate secondo una gerarchia qualitativa, come accade nelle più prestigiose re26
di
Foto: Vittorio Ubertone
MAURIZIO GILY
gioni francesi (grand cru, premiére cru, appellation village
etc.). A livello istituzionale si è preso atto dell’impossibilità, almeno per ora, di stabilire una simile gerarchia in
modo oggettivo, e soprattutto condiviso tra i produttori,
per i grandi vini delle Langhe. Ciò non toglie la libertà di
chiunque di esprimere una valutazione in questo senso in
base alla sua esperienza: e Masnaghetti non è sicuramente
“chiunque”. Perciò questa classificazione, che non sarà la
Bibbia, ma è frutto di un percorso di valutazione preciso e
di lunga durata, avrà sicuramente un riflesso sul mercato,
e non mancherà di sollevare discussioni.
Per memoria, esiste un’altra autorevole proposta di “gerarchia dei cru”, quella di Vittorio Manganelli, pubblicata
su www.Intravino.it (la nuova frontiera del Barolo)
“Barolo 2001-2008. Assaggi e classificazione dei Cru” si
trova online su www.book.republic.it al prezzo di 9,99
euro
Cultura e Società
L’Otrepò Pavese
investe su strutture di eccellenza
di
KATRIN WALTER
Sotto il titolo di “Giornata Europea dell’Enoturismo” si è svolto domenica 11 novembre un convegno a Broni (PV).
S
embra che qui ai piedi delle colline dell’Oltrepò si
stia terminando un vero gioiello: un centro di valorizzazione dell’agroalimentare lombardo d’eccellenza che dovrà portare il nome dell’Oltrepò nel mondo. In
parte questo succede già, tramite gli studenti della Università di Milano di Viticoltura ed Enologia al loro terzo anno a Riccagioia, con le visite nelle vicine aziende e
in altre parti d’Italia. Dopo Riccagioia, dove si è creato il
polo regionale vitivinicolo soprattutto per la formazione,
ricerca e sperimentazione, oggi si parla di Cassino Po, una
frazione di Broni dove aprirà in primavera 2013 la Cascina Cassino Po, una struttura ricettiva idonea ad accogliere
la Cittadella dell’Enoturismo con l’Enoteca Regionale
Lombarda e l’Ecomuseo del Vino.
I concetti progettuali si ispirano ad una dialettica fra permanenza e trasformazione, conservazione e innovazione,
con una rivisitazione completa della struttura, al fine di
rendere l’edificio adatto ad ospitare una gamma ampia e
diversificata di iniziative e attività, tutte di alto profilo:
enoteca, laboratorio gastronomico, ristorante, foresteria,
aule per la formazione, winebar, boutique agro-alimentare, salone e albergo.
Una cosiddetta “serra didattica” contiene gli impianti fotovoltaici a panelli solari e le pompe di calore per regolare
le temperature all’interno dell’edificio, producendo abbastanza energia per il fabbisogno (studiato in anteprima) di
tutto il complesso e lo rende in questo modo autonomo
e indipendente. La stessa sensibilità è stata investita per
la ricostruzione e il restauro vero e proprio, abbinando
la solidità strutturale e le caratteristiche antisismiche ad
un aspetto esteticamente piacevole. Secondo la tradizione
locale richiama i colori della terra, tipici della cultura rurale lombarda, conservando al massimo e riutilizzando i
vecchi mattoni, travi, soffitti e le mura.
Il valore complessivo dell’opera sarà rafforzato da un’offerta differenziata di insediamenti turistico-ricettivi che
troveranno spazio nelle aree prospicienti Cassino Po: una
zona immediatamente collegata alle vie d’accesso e insieme vicina alle colline e ai boschi dell’Oltrepò, al centro di
un ricco sistema di sentieri, impianti, centri di produzione
eno-gastronomica di altissimo rilievo. Una zona quindi in
grado di accogliere una clientela di rilievo, in un clima di
stimolante relax – rivolto anche allo straniero soprattutto
europeo (a questo desiderio si doveva anche il titolo del
Convegno, anche se di presenza europea oltre la sottoscritta – ma in veste di MilleVigne – non c’era nessuno).
E se guardiamo altre località, come Pollenzo in Piemonte
oppure Bernkastel-Kues in Mosella, troviamo un filo conduttore su quali possono essere i giusti strumenti per valorizzare un territorio: concetti che spaziano tra il museale, l’attenzione all’ambiente, la tradizione, l’innovazione e
la formazione, il tutto collocato in un complesso ricettivo
invitante, capace di offrire eccellenza nei prodotti e nei
servizi, insieme ad una comunicazione puntuale. Dai circa 22.000 turisti attuali in Oltrepò si
vorrebbe arrivare in un primo passo a minimo
60.000 per anno. All’Oltrepò spetta ora pensare come migliorare l’accessibilità a questi valori,
perché già oggi si intasano le strade e il Ponte di
Becca con il solo traffico normale della gente che
va al lavoro.
Katrin Walter è di Berlino e vive e lavora dal
2002 in Lombardia. Esperta di comunicazione
in generale, di marketing, di creazione di contenuti per diversi media; madrelingua tedesca,
specializzata nel settore vitivinicolo. Rappresenta, inoltre, il network del vino Wein-Plus in Italia. Per info: [email protected]
Sala gremita in Villa Nuova Italia a Broni (foto Katrin Walter)
27
Cultura e Società
Il “consumatore medio”
non esiste
di
monica pisciella
G
li esiti aggiornati di una ricerca sui consumatori
realizzata da Constellation Brands, il colosso multinazionale con un portafoglio prodotti comprendente più di 100 referenze tra vini, birra e alcolici venduti
in 125 paesi, sembrerebbe proprio non lasciare spazio a
dubbi: il “consumatore medio” di vino non esiste. Certamente non oggi, nel 2012, in cui è stato pubblicato un
aggiornamento, ma neppure nel 2005, quando il Progetto
Genoma ebbe inizio.
L’indagine, realizzata negli USA, ha esaminato gli acquisti
di circa 10.000 consumatori di Premium Wines (vini il
cui prezzo è compreso tra $12-50) per un periodo di 18
mesi, riuscendo così a fornire una panoramica approfondita sulle abitudini di acquisto e lo stile di vita del campione considerato.
La prima fase di questo studio era stata realizzata nel 2005,
su 3.500 soggetti.
Perché non possiamo più parlare
di consumatore medio
L’intervista di 100 domande ha messo in luce l’impossibilità di individuare un singolo tipo di consumatore di vino.
Gli analisti l’hanno classificato in sei tipologie principali:
Enthusiasts, Image Seeker, Savvy Shopper, Traditionalist, Satisfied Sipper, Overwhelmed. Vediamo i tratti
distintivi:
Il gruppo più ampio è quello degli Overwhelmed, coloro
che si sentono sopraffatti da un’offerta troppo vasta. Rammarica rilevare che rappresentano ben il 23% degli intervistati, che acquistano soltanto il 13% del vino totale in
termini quantitativi.
Appartengono a questo gruppo persone che consumano
vino volentieri, disorientate da un eccesso di offerta, talvolta affascinati dall’etichetta, senza che questa sia significativa
per aiutarli a capire se il vino sarà di loro gradimento. In
assenza di conoscenza talvolta si affidano al prezzo. Gradirebbero potersi rivolgere ad un sommelier al momento
dell’acquisto.
Gli Image Seekers rappresentano il 20% degli intervistati e
il 24% degli acquisti. Per loro il vino è una scoperta recente,
ne hanno una conoscenza minima di base e lo considerano uno status symbol. Cercano informazioni sul vino, e in
particolare recensioni in cui trovano una guida alle proprie
28
scelte, soprattutto su internet. Nel dubbio comprano il prodotto più costoso, sono influenzati dalla pubblicità e dalle
riviste di lifestyle. Molti Millenials, giovani nati tra gli anni
Novanta e Duemila, si riconoscono in questa categoria.
I Traditionalist sono il 16% degli intervistati e acquistano il 15% del vino. Scelgono le cantine di fiducia, a cui
riconoscono la qualità del prodotto, il “saper fare” e la
tradizione. Amano poter scegliere tra marche conosciute,
non vogliono sperimentare. Sono convinti che il vino rivesta un ruolo importante per creare atmosfera conviviale
e preferiscono accogliere amici e famiglia a casa piuttosto
che invitarli fuori.
I Savvy Shoppers sono il 15% degli intervistati e acquistano il 15% del vino. Vanno alla scoperta di nuove marche, vitigni e tipologie. Comprano quasi ogni settimana
e in negozi differenti, per trovare le migliori offerte e desiderano ricevere sconti e promozioni per scoprire nuovi
vini. Disponibili ad acquisti di 6-12 bottiglie, per ricevere
ulteriori sconti. Al ristorante scelgono volentieri il vino
della casa per contenere i costi
I Satisfied Sipper sono il 14% degli intervistati e acquistano l’8% del vino. La loro conoscenza è limitata, ma sanno
identificare con chiarezza cosa amano bere e considerano
il vino bevanda quotidiana. Abitualmente acquistano la
stessa marca, anche in formati più grandi del classico 75
cl.
Non mostrano grande sensibilità ai consigli degli addetti
vendita o ai cartelli promozionali. Non cenano fuori spesso, ma di solito ordinano vino della casa e non prestano
troppa attenzione agli abbinamenti con il cibo.
Gli Enthusiast sono solo il 12% degli intervistati, ma
acquistano ben il 25% del vino. Sono appassionati e si
considerano bene informati sul prodotto e l’esperienza di
consumo.
Ricevono spesso amici e parenti a casa, sorseggiano vino
in compagnia. Sono alla continua ricerca di approfondimenti, recensioni e informazioni su riviste, guide, siti e
pubblicazioni anche complesse. Quando acquistano in
GDO leggono le etichette con attenzione e trascorrono
tempo curiosando in enoteca.
Mostrano curiosità e interesse di fronte alla proposta di
assaggio di marche famose ma anche alla sperimentazione
di prodotti non ancora conosciuti.
Cultura e Società
EWBC 2012: vino e web
nei cieli di Izmir
N
on è solo comunicazione del vino,
e nemmeno aggiornamento tecnico sulle ultime novità in fatto di
software, strumenti, strategie di marketing
o social media management; non è solo degustazioni guidate e assaggi liberi, visite a
cantine e seminari sulla cultura enogastronomica del paese ospitante, workshop su
vini e vitigni e sessioni sull’uso del video
nel vigneto. Non è solo la più importante
manifestazione in Europa sul vino e Internet: l’European Wine Blogger Conference
è innanzitutto un’occasione di festa, dove ci si diverte e
s’impara, si rivedono gli amici e si conosce nuova gente, si
rafforzano relazioni di lavoro o d’affari e si gettano le basi
per nuove collaborazioni internazionali. I partecipanti che
quest’anno si sono ritrovati a Izmir erano quasi 300, da 40
paesi diversi (solo 7 gli italiani madrelingua): se si pensa che alla prima edizione, nel 2008 in Spagna, eravamo
appena trenta, da 20 paesi, si capisce quanto sia azzeccata questa formula di congresso, all’incrocio tra viaggiostudio, aggiornamento tecnologico-professionale e festa
tra amici. Questa della Turchia è stata la prima edizione
dell’EWBC che non si è svolta in una nazione europea (lo
sponsor principale era infatti l’associazione di produttori
Wines of Turkey): le precedenti si erano tenute in Portogallo, Austria e Italia. La sede della conference 2013 non è
stata ancora annunciata, ma la presenza tra i partecipanti
di Su Birch, CEO di Wines of South Africa, ha dato da
pensare a più d’uno che non fosse lì per caso... Il mondo dei comunicatori digitali - come ormai si chiamano
chi, per passione o professione, parla di vino sul web, a
di
ELISABETTA TOSI
prescindere dallo strumento che adopera
- è in continua evoluzione ed ebollizione,
e riuscire a sintonizzarsi sulla lunghezza
d’onda di questi nuovi opinion leader catturandone l’interesse è diventata un’esigenza primaria per tutte quelle aziende
che sono focalizzate soprattutto sui nuovi
mercati e i nuovi consumatori. Anche il
tema centrale della manifestazione, come
sempre organizzata dai suoi fondatori, il
trio di consulenti di Vrazon, ovvero i wine
blogger Gabriella e Ryan Opaz (nella foto
n.d.r.) e Robert McIntosh, è andato modificandosi nel
corso del tempo: nata come semplice momento d’incontro tra persone che condividono due passioni trasversali,
il vino e le nuove tecnologie, ha poi finito per concentrarsi
sui temi di maggiore attualità. Quest’anno il focus era “le
sorgenti”, con il duplice riferimento all’origine del vino e
al ruolo dei comunicatori digitali, chiamati ad essere le
sorgenti della nuova comunicazione del vino. Molti e di
livello mondiale gli speakers che si sono avvicendati davanti al microfono: ricercatori, scrittori, registi, produttori. Molti anche i Master of Wine presenti, al tavolo dei
relatori e in mezzo al pubblico. E tutti - professionisti di
fama mondiale e sconosciuti winelovers fianco a fianco
- abbiamo condiviso gli stessi vini turchi, georgiani, armeni, libanesi e la stessa atmosfera amichevole, rilassata,
curiosa, scambiandoci pareri, battute di spirito e biglietti
da visita. Perchè, come direbbe qualcuno dei partecipanti,
l’Ewbc “is all about networking, wine and fun”: è solo una
faccenda di reti di relazioni, vino e divertimento. Tanto
divertimento.
Legno Vino e Cucina
Il progetto Esprit de Dryades al Salone del Gusto di Torino
È stato un laboratorio estremamente tecnico ma per certi versi anche divertente quello che JeanCharles Vicard, titolare dell’omonima azienda, ha tenuto al Salone del Gusto il 26 ottobre scorso.
Esordendo con “Sono nato in una barrique” Jean-Charles Vicard è riuscito subito ad ipnotizzare la
platea composta da giornalisti e in gran parte da enologi, agronomi e viticoltori. Vicard ha spiegato nei
minimi dettagli quello che è la tecnica di produzione delle barrique Esprit de Dryades, evidenziando
come, nonostante le conoscenze pregresse della sua famiglia di maestri bottai, il suo know how nella
produzione delle barrique ad un certo punto gli è parso non sufficiente.
Al di là degli aspetti tecnici del brevetto Esprit de Dryades (una spiegazione dettagliata si trova nel
video del canale Millevigne) la parte più interessante del laboratorio è stata la degustazione di quattro
vini a coppie identiche, ad esclusione della barrique di affinamento: la prima con potenziale tannico alto e la seconda con potenziale
tannico basso. La differenza riscontrata da tutti è stata la maggiore freschezza del vino in presenza di potenziale tannico basso, mentre
con potenziale tannico alto prevalgono gli aromi terziari, la vaniglia, il caramello.
Un contributo importante è stato dato dall’amico chef stellato di M. Vicard, Thierry Verrat del ristorante La Ribaudiere di Bourg
Charente, che ha validato le differenze di colore e aroma dei tannini dei legni a differente potenziale, preparando due panne cotte con
trucioli di legno rispettivamente ad alto e basso potenziale. Un’ esperienza interessante e complessa, che contribuisce a valorizzare
le risorse della natura (il legno) e le competenze dell’uomo (mastro bottaio e viticultore) in una sede, il Salone del Gusto, deputata a
rappresentare al meglio entrambi. M.M.
29
Cultura e Società
Prossimi eventi
Prowein, Düsseldorf
24-26 Marzo 2013
Più di 4.000 espositori provenienti da 50 Nazioni nella
più importante fiera del vino in Germania. L’area espositiva è giunta ad occupare nove padiglioni. Oltre alla
straordinaria varietà internazionale dell’offerta i visitatori dell’edizione 2013 troveranno una nuova area “Foro”
cntrale, dove avranno luogo numerosi seminari. L’Area
Centrale di Degustazione presenta come focus i principali
assortimenti di uve internazionali.
Prowein è una fiera business to business, cioè l’ingresso è
riservato ai soli operatori.
In effetti questo ha generato qualche lamentela da parte
della popolazione residente, tanto che nel 2013 viene lanciato un programma chiamato “ProWein goes city“, oltre
60 manifestazioni organizzate in città da ristoranti locali,
club di scena, bar ed enoteche.
Un’immagine dell’ultima edizione di Intervitis Interfructa.
le risposte al cambiamento climatico. L’offerta espositiva
della INTERVITIS INTERFRUCTA si suddivide in quattro settori: tecnologie di coltivazione e raccolta; lavorazione e controllo del processo; tecnologie di riempimento
e confezionamento; marketing e organizzazione. Oltre
all’esposizione statica altri importanti aspetti di INTERVITIS INTERFRUCTA 2013 saranno le dimostrazioni delle
macchine in movimento, in un’area appositamente predisposta, e il conferimento dei premi internazionali per
l’innovazione
www.intervitis-interfructa.de
Vinitaly, Verona
7-10 Aprile 2013
La fiera annuale italiana per eccellenza si tiene la settimana dopo Pasqua, nella seconda settimana di aprile. Il
concorso enologico internazionale di Vinitaly, giunto alla
ventesima edizione, non si svolge più nei giorni che precedono la fiera ma si è tenuto nel mese di Novembre, per
consentire alle aziende una più lunga “finestra promozionale” in preparazione dell’evento espositivo.
L’elenco dei vincitori è scaricabile dal sito www. vinitaly.it
Enoforum, Arezzo
7-9 Maggio 2013
Intervitis Interfructa, Stoccarda
24-27 Aprile 2013
Fiera tra le più importanti al mondo delle tecnologie per
i settori vino, frutta, succhi di frutta e alcolici, si svolge
con cadenza triennale. Su un’area di circa 60.000 metri
quadrati, l’Associazione viticoltori tedeschi, in veste di organizzatore, e la Messe Stuttgart si aspettano al centro fieristico, situato nelle immediate vicinanze dell’aeroporto,
oltre 600 espositori e circa 40.000 operatori provenienti
da tutto il mondo.
Temi del 2013 sono tutela delle risorse, efficienza energetica, uso intelligente dell’acqua per uso industriale e
dell’acqua di scarico, metodi di coltivazione biologica e
30
La VIII edizione di Enoforum si svolgerà presso Arezzo
Fiere e Congressi dal 7 al 9 maggio 2013. La manifestazione, che ha raggiunto i 1000 partecipanti nella scorsa
edizione, rappresenta la rassegna più completa a livello
europeo sulle novità della ricerca scentifica e dell’innovazione aziendale nel settore vitivinicolo. Il congresso di
Enoforum 2013 è abbinato alla IV edizione Premio SIVE
per la Ricerca G.Versini, che avrà dal prossimo anno una
sezione per l’Italia e una per la ricerca internazionale. Relatori di fama illustreranno le principali novità, frutto degli
ultimi anni di ricerche in viticoltura ed enologia. La principale novità del 2013 sarà la presenza di una delegazione
di lingua spagnola anche tra il pubblico, con traduzione
simultanea dalle quattro lingue di Enoforum (Italiano,
inglese, francese e spagnolo)non solo verso l’italiano ma
anche verso lo spagnolo.
Come già nel 2011, Millevigne sarà media partner di Enoforum e ne seguirà tutti i lavori.
Cultura e Società
Recensioni
Pasquale Di Lena
AGRICOLTURA E TERRITORIO
AGR Editrice
La presentazione in anteprima
all’Istituto Agrario “San Pardo” di Larino ha avuto il significato di una
dedica di Pasquale Di Lena, l’autore
del libro “Agricoltura e Territorio”,
all’Istituto che l’ha avuto tra i primi
diplomati tanti anni fa. “Domani” e
“futuro” le due parole ricorrenti che
sono diventate filo conduttore di
quella nuova centralità, agricoltura e
ambiente, a significare lo stretto rapporto tra sicurezza alimentare e sostenibilità dello sviluppo, essenziale
anche, e soprattutto, per salvaguardare e tutelare il territorio che resta la
nostra risorsa primaria, oltre che la
nostra identità e l’origine della qualità
delle nostre eccellenze alimentari.
L’agricoltura ha l’ormai sottovalutato
e purtroppo scontato merito di produrre cibo e, come tale, è un settore
vitale e primario, che ha bisogno di
essere recuperato prima di tutto culturalmente per ridare spazio a sogni
e progetti in grado di attirare
l’attenzione dei giovani. Si tratta di
produrre cibo in sintonia con la
natura, cioè di ottenere più cibo con
minor uso di energia e risorse, eliminando ogni spreco indotto da una
società consumistica. Basti pensare
che si perdono ogni anno 1,3 miliardi
di tonnellate di alimenti, pari a 1/3
della produzione mondiale di cibo
per consumo umano, mentre oltre 1
miliardo di persone soffre la fame e
muore ogni giorno per fame. Un
mondo che ha superato velocemente i 6 miliardi di persone e che si
avvicina ai 9 miliardi previsti nel 2050,
cioè domani. Il mondo ha bisogno
dell’agricoltura, cioè dell’attività che
da oltre 10mila anni mette a disposizione dell’umanità il cibo, la principale fonte della sua alimentazione e,
nel contempo, l’agricoltura ha bisogno di giovani appassionati e professionalmente capaci per rilanciare
questo suo ruolo primario per la sicurezza alimentare nel momento in
cui si afferma la sovranità alimentare.
Enzo Massa
IL TEMPO DEL VIGNETO
Formato 29,5x28 cm
Anno 2012
Pagg. 224, ill. a colori
Euro 45,00
Il volume di Enzo Massa è – parole
dell’autore – “Dedicato a tutti coloro
che con passione, sapienza e dedizione coltivano nella terra i loro sogni
e le loro speranze per un futuro sostenibile”.
Il libro, i cui testi sono sia in italiano
che in inglese e sono stati scritti da
Valter Boggione – critico letterario,
Albino Morando – agronomo-, Pier
Carlo Grimaldi – antropologo culturale- Edoardo Borra – giornalista-,
contiene gli scatti fatti da Massa nei
territori vocati di Langhe, Monferrato
e Roero e testimoniano ed esprimono al meglio non soltanto la bellezza dei luoghi, ma anche quella
della gente che su queste terre lavora e fatica; un tempo piemontesi
doc, ora soprattutto slavi e romeni.
Accanto alle foto di paesaggi
nell’arco delle stagioni, ci sono molte
foto didascaliche che mostrano le
varie fasi fisiologiche della vite (il
pianto, il germogliamento, l’allegagione). L’incontro dell’autore – da
molti anni appassionato fotoamatore
– con un vignaiolo assorto nella contemplazione di una vecchia vigna, è
stato l’incipit per questo affascinane
racconto per immagini.
a cura di Monica Massa
Gian Arturo Rota - Nichi Stefi
LA VITA È TROPPO BREVE PER
BERE VINI CATTIVI
Prefazione: Carlo Petrini
Giunti Editore - Slow Food Edit.
Pagg. 320 (con immagini: fotografie
e documenti)
Euro 16,50
A otto anni dalla scomparsa di Luigi
Veronelli, novembre 2004, il primo
libro sul padre (un riconoscimento
all’unanimità) della cultura materiale
italiana in declinazione enogastronomica. Non una biografia, piuttosto
un’indagine su chi sia stato l’uomo
Veronelli. Un giornalista? Sì, ma è riduttivo. Uno scrittore? Meglio. Uno
che si è occupato di vini e di cibi?
Certo, ma dentro ci ha visto di tutto,
dall’amore all’amicizia, all’eros, alla libertà, alla bellezza. Un rivoluzionario?
Si direbbe di no, ma ha cambiato il
mondo dell’enogastronomia. Un politico? Aborriva i politici, lui anarchico,
questo sì, ma a modo suo. Un filosofo? Anche, ma non un maestro, né
un professore, né un cattedratico,
“solo” un notaro. Aneddoti e citazioni
(appunti, disegni, parole, molti gustosamente inediti) si intrecciano a riflessioni e cronache, seguendo il filo
conduttore di una vita spesa ad assumere le istanze dell’universo contadino e a godere di ogni attimo con
pienezza e senso di responsabilità.
Un libro-puzzle, a frammenti rigorosamente in ordine alfabetico (l’unica
regola mai infranta da Veronelli: esiste
l’alfabeto, è così semplice, così
chiaro, così condiviso] e ricomponibili
attraverso il suo rapporto speciale
con il vino, la lettura, la scrittura, la
donna, le arti e la filosofia. Libri e trasmissioni televisive, interventi a convegni, improperi, poesie, anagrammi.
Tutto convive in questo volume sulla
persona di Veronelli che i due autori,
a lui tanto contigui, hanno organizzato in modo da far uscire un ritratto
esauriente del Veronelli reale, egocentrico e generoso, puntiglioso e
permissivo, istintivo e razionale, in
una parola complesso.
Practical Winery
and Vineyard
Gli Stati Uniti sono il quarto produttore di vino del mondo, dopo Italia,
Francia e Spagna, e, secondo gli
analisti di marketing, sono destinati a
divenire presto il primo mercato di
consumo (al momento sono al terzo
posto secondo OIV). Sono inoltre la
prima potenza del mondo in termini
di sviluppo scientifico e tecnologico,
e l’inglese è ormai la lingua universale
della scienza, come lo fu, in passato,
il latino. Per questo le riviste americane sono sicuramente, anche per il
nostro settore, una buona finestra
per seguire il progresso tecnico, e
non soltanto in quella parte del
mondo. Tra quelle che trattano i temi
di viticoltura ed enologia due sono
quelle che più si distinguono: una di
taglio strettamente scientifico, American Journal of Enology and Viticulture, dove si trovano non di rado
anche pubblicazioni di ricercatori e
istituti italiani (le pubblicazioni in inglese e su riviste internazionali fanno
più “punteggio” per le carriere universitarie, anche se questo non facilita il
rapido trasferimento delle acquisizioni
scientifiche nei paesi in cui sono prodotte, quando non sono anglofoni).
La seconda rivista ha un taglio più
divulgativo e pratico, senza rinunciare
ad un buon rigore scientifico e alla
collaborazione di ricercatori di fama.
E’ stampata a San Rafael, in California, dove si produce il 90% del vino
americano, e si chiama Practical Winery and Vineyard (La cantina e il vigneto in pratica, si potrebbe tradurre),
in sigla PWV. Vi si trovano i temi più
attuali non solo di viticoltura ed enologia, ma anche di marketing, gestione e commercializzazione. Tra
PWV e Millevigne esiste un rapporto
di collaborazione, con scambi di articoli (come “In difesa della viticoltura
convenzionale” di Richard Smart
pubblicato su Millevigne 5/2011).
L’abbonamento per l’Italia costa 55
dollari all’anno (circa 48 euro)
www.practicalwinery.com
Millevigne
Il periodico dei viticoltori italiani
www.millevigne.it
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