Ritrovarsi per ricostruire - Consiglio Italiano per i Rifugiati
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Ritrovarsi per ricostruire - Consiglio Italiano per i Rifugiati
RITROVARSI R ITR OVA RSI PER PE R R RICOSTRUIRE ICOST TRUI R E Ritrovare la vita lasciata indietro, da cui si è stati costretti a fuggire. Ricostruire la propria identità, attraverso legami che si riallacciano. Passare dall’impossibilità di rivedersi, dalle distanze e dalle separazioni forzate, alla vicinanza che riunisce il passato, il presente e il futuro. RITROVARSI PER RICOSTRUIRE R Ideazione grafica del progetto: Artigiani Digitali Editing: Inprinting srl - Roma Stampa: Arti grafiche - Pomezia 2 Indice n INTRODUZIONE Christopher hein Consiglio Italiano per i Rifugiati .............................................................pag. 5 n CAPITOLO I DIETRO IL RICONGIUNGIMENTO FAMILIARE DEI RIFUGIATI Fiorella rathaus e paola Di prima storie di vita......................................................................................pag. spunti e riflessioni............................................................................pag. La prospettiva di coppia ........................................................pag. La prospettiva dei figli ...........................................................pag. Fattori di protezione e facilitatori nel processo di ricongiungimento familiare..............................................pag. Bibliografia sul tema........................................................................pag. 11 19 22 23 26 30 n CAPITOLO II QUADRO NORMATIVO DI RIFERIMENTO maria De Donato, Daniela Di raDo e Clara Fringuello la normativa internazionale e europea........................................pag. il libro Verde sul Diritto al ricongiungimento Famigliare..........pag. il ricongiungimento Famigliare nell’ordinamento italiano........pag. Procedura di Ricongiungimento Famigliare...................................pag. 37 43 47 51 n CAPITOLO III DOVE LA PRASSI OSTACOLA IL DIRITTO maria gioVanna FiDone ....................................................................pag. 57 n CAPITOLO IV IL PUNTO DI VISTA DELL’UNHCR FaBiola Conti ...................................................................................pag. 65 IL PUNTO DI VISTA DELL’ECRE intervista a anne Bathily a Cura Di Valeria Carlini ...................................................................pag. 75 n APPENDICE Carla romito nota metodologica..........................................................................pag. 85 11 interviste a rifugiati ricongiunti ................................................pag. 87 a Cura Di 3 R I T R O VA R S I P E R R I C O S T R U I R E Introduzione Christopher Hein n numero elevato di rifugiati deve affrontare la separazione forzata dai propri familiari. il rifugiato ha spesso dovuto lasciarsi alle spalle non solo il suo paese, il suo lavoro o studio, la sua casa, i suoi amici, ma anche moglie o marito, figli, genitori, fratelli, sorelle, zii, nonni, l’insieme delle persone che costituiscono in tutte le culture la rete di affetti, di relazioni più strette, di sicurezza emotiva e spesso anche materiale. i motivi della separazione forzata sono diversi secondo le circostanze della fuga dal proprio paese e le condizioni individuali. possiamo comunque distinguere tre scenari diversi : primo, i familiari sono rimasti nel paese di origine, a causa di motivi di sicurezza o dell’impossibilità economica a pagare il viaggio, o perché la fuga era stata concepita solo per un breve periodo. secondo, la partenza dal paese di origine includeva anche familiari che successivamente sono stati costretti a rimanere in un paese intermedio, di transito, di primo rifugio. Dopo la fine della guerra nei Balcani, la stragrande maggioranza dei rifugiati in italia non arrivava direttamente dal proprio paese, da un paese vicino, ma da lontano, dall’afghanistan, dal Congo, dalla somalia. hanno dovuto attraversare diversi altri territori prima di arrivare in italia, visto che gli arrivi via aerea hanno avuto un impatto quantitativo molto limitato. anche durante la “crisi nel nord africa” del 2011, quasi tutti i rifugiati sbarcati in sicilia non appartenevano ad uno degli stati in conflitto, eccezione fatta per pochi cittadini libici e per i tunisini, nella quasi totalità comunque migranti economici. Dal 2002, un elevato numero di rifugiati ha tran- u 5 R I T R O VA R S I P E R R I C O S T R U I R E sitato attraverso la libia, e prima ancora attraverso sudan, Ciad e altri paesi dell’africa sub-sahariana. Durante questi “viaggi”, che spesso possono anche durare anni, alcuni componenti della famiglia sono dovuti rimanere indietro, non per ultimo per motivi economici. ho seguito il caso di una famiglia congolese con due figli piccoli. nel porto di tripoli, i trafficanti di persone hanno imbarcato solo la madre con una figlia, perché i soldi non erano ritenuti sufficienti per pagare il trasporto per tutti, e il padre implorò invano di non venir separato. il film “mare chiuso” racconta storie simili – famiglie spezzate, familiari lasciati indietro in una terra sconosciuta ed ostile, totale incertezza sul futuro e su quando potersi rivedere. il terzo scenario, meno frequente, riguarda i rifugiati “sur place” – persone che non possono più tornare nel proprio paese, a causa di avvenimenti avvenuti durante la loro assenza, un golpe, la presa di potere di un regime dittatoriale, una guerra o guerra civile. Quella che era pensata come una permanenza limitata all’estero, per motivi di studio o di lavoro, si converte in una vera separazione a tempo indeterminato. in tutti i casi, la lontananza non voluta dai propri familiari condiziona profondamente la vita in esilio. rafforza la tendenza, comunque inerente alla condizione di rifugiato, di guardare indietro con un senso di perdita, e spesso anche con un senso di colpa. rende ancor più difficile intraprendere una nuova vita nel paese di asilo, pianificare il futuro, investire energie nella ricerca di lavoro e di casa, orientarsi in una cultura diversa. e’ per questo che il ricongiungimento familiare rappresenta una condizione fondamentale per l’integrazione del rifugiato. D’altra parte però è necessario un certo grado di integrazione per poter effettivamente procedere al ricongiungimento . Questa capacità economica di base è richiesta per legge ai beneficiari di protezione sussidiaria, ma è di fatto indispensabile per tutti i rifugiati per poter ricevere i familiari ricongiunti. il diritto al ricongiungimento familiare è limitato al nucleo in senso stretto : coniuge; figli minori non sposati; in casi eccezionali i genitori. il diritto rispecchia un concetto culturale di famiglia che è prevalente nel mondo occidentale – anche se all’interno della stessa europa l’importanza del cerchio più ampio varia tra i vari paesi e perfino tra le diverse regioni dello stesso paese. per definire la famiglia viene imposto il modello della “cultura superiore”. il fatto che in molte culture la figura dello zio, fratello del padre – in alcune culture anche il fratello della madre - può avere un ruolo più determinante che gli stessi genitori, non viene minimamente contemplato, per non parlare di sorelle e fratelli. R I T R O VA R S I P E R R I C O S T R U I R E Introduzione 6 Introduzione 7 la normativa dell’unione europea, come quella italiana, prevede il principio di “unità di famiglia” del rifugiato – ma solo in quanto allo status giuridico dei familiari già presenti nello stato di asilo. il diritto al ricongiungimento familiare invece non è inserito nel catalogo dei diritti derivanti dallo status di protezione internazionale. il tema viene invece trattato nella Direttiva sul ricongiungimento Familiare. la logica è simile a quella della Direttiva sulla procedura : la richiesta d’asilo può essere presentata quando la persona si trova sul territorio di uno degli stati membri. ma come arriva su tale territorio? sullo sfondo c’è sempre la paura dell’“invasione”. e quindi la paura che il ricongiungimento familiare possa essere abusato per far entrare chiunque nella fortezza. il principio dell’unità di famiglia è sacrosanto – ma si applica concretamente solo in favore delle persone già arrivate. se uno non ritiene che la frontiera dovrebbe essere abolita tout court e che la globalizzazione implica la libertà universale di circolazione delle persone – e il sottoscritto non lo ritiene – uno è costretto ad ammettere che ci vogliono regole, definizioni, procedure, requisiti, condizioni, filtri, controlli e quant’altro. e uno si trova di fronte alla necessità di richiedere il test del Dna e il certificato di matrimonio civile con tanto di timbri e firme da parte delle autorità dello stato dal quale il rifugiato richiedente il ricongiungimento è fuggito e dal quale, per definizione consacrata nella Convenzione di ginevra, non può e non vuole avere la protezione. Come coniugare tutti questi aspetti – la necessità emotiva e materiale del rifugiato di superare la solitudine; la necessità dello stato di asilo di mettere delle regole; la necessità di dimostrare, documentare il rapporto di parentela che in un modo o nell’altro richiede delle certificazioni dallo stato di appartenenza del rifugiato; la necessità del rifugiato di disporre delle condizioni economiche per accogliere i propri familiari nel paese di esilio? le proposte e le raccomandazioni in questo volume sono piuttosto modeste di fronte a una sfida umana e umanitaria così esistenziale. si basano sulla normativa europea e nazionale vigente e non chiedono il “rosengarten”. intendono essere “realiste” e attuabili nel breve-medio periodo. e non si vergognano di fare un calcolo finanziario preciso: quanto costa allo stato, nel tempo, la non integrazione di un rifugiato, l’emarginazione sociale e culturale; quanto guadagnerebbe lo stato invece con un rifugiato integrato che lavora, paga le tasse e i contributi sociali? e viceversa, quanto costerebbe allo stato favorire l’integrazione e quindi il ricongiungimento familiare? R I T R O VA R S I P E R R I C O S T R U I R E negli anni è emerso che un rifugiato, dopo un periodo di accoglienza impostata dall’inizio verso l’integrazione, in media, ha bisogno di un “investimento” iniziale di 2.500 euro per trovare lavoro e casa, e altri 1.000 euro per attuare il ricongiungimento familiare. “Peanuts”, in confronto al costo per la permanenza in un centro di accoglienza – o in carcere. e questo, perché non si fa? per miopia, per mancanza di una visione lungimirante o a causa dell’argomentazone di alcuni: come possiamo giustificare tale spesa se tanti dei nostri connazionali non hanno né casa né lavoro? più facile, perché meno evidente agli occhi dell’opinione pubblica, buttare 20.000 euro a persona in costi di accoglienza senza soluzione (46 euro a persona al giorno per 440 giorni – e siamo davvero a questa assurdità! – accoglienza per ben più di un anno!), invece di investire, poniamo anche 5.000 euro a persona, per favorire un’integrazione sostenibile. i rifugiati in italia, ci sono e ci saranno anche nel futuro. sembra ora che si possa superare finalmente l’approccio emergenziale e l’impiego di misure ad hoc – l’approccio prevalente da più di 20 anni a questa parte, nei confronti degli albanesi o dei somali; dei bosniaci o dei kosovari; dei curdi e degli iracheni; degli eritrei e degli afgani; e così via. Bisogna mettersi l’anima in pace: l’italia, volente o nolente, è diventata un paese d’asilo più permanente. e così sarà, se vogliamo restare “in europa”, visto che siamo diventati, volendo o no, un paese di immigrazione. Quindi, meglio intraprendere una strada realista, investire, favorire l’integrazione, prendere sul serio i bisogni vitali dei rifugiati, appoggiare la realizzazione del loro desiderio di ricominciare a vivere in esilio assieme ai propri familiari. siamo lontani dallo slogan del maggio ’68 a parigi – “soyez réalistes – demandez l’impossible”. noi diciamo: “siamo modesti – chiediamo ciò che per il momento appare possibile” e che sarebbe già tanto. per lui, per lei, per la persona-rifugiata. R I T R O VA R S I P E R R I C O S T R U I R E Introduzione 8 CAPITOLO I Dietro il ricongiungimento familiare dei rifugiati Fiorella rathaus e paola Di prima 9 Durante una delle interviste riportate in appendice, mentre il padre rispondeva alle domande, la figlia di 7 anni appena ricongiunta a lui (insieme alla madre e al fratellino di 9 anni), disegna la sua famiglia appena ricostituita. In un primo momento nel foglio riporta solo se stessa, la madre e il fratellino. Alla domanda “perché non c’è il padre?” la bambina risponde “lo vedi…proprio non c’è spazio sul foglio”. Insieme viene trovata la soluzione di disegnare la figura paterna su un altro foglio. Quando le viene proposto di unire i due fogli la bambina inizialmente esprime delle velate resistenze. Alla fine decide di accettare e partecipare al “rito” della riunificazione delle due parti della famiglia attraverso l’utilizzo di graffette. Solo allora sembra quasi sentirsi sollevata e corre ad abbracciare il padre. R I T R O VA R S I P E R R I C O S T R U I R E 10 Storie di vita La storia di Marcel gni sera marcel rientrando a casa dopo il lavoro viene accolto dall’energico abbraccio di sua figlia. stenta a credere che la bambina di pochi anni che ha lasciato nel suo paese possa essere quella donna alta e robusta che lo travolge con gesti affettuosi. sono due persone che gradualmente stanno imparando a ri-conoscersi dovendo fare i conti con più di 10 anni di separazione. o Mia figlia non ha avuto il tempo di giocare con me quando era bambina, e ora è come se dovesse recuperare il tempo perduto. La sera, quando arrivo mi salta al collo, con i suoi 60 chili e quasi mi butta per terra per l’entusiasmo. E’ una strana sensazione, perché l’avevo lasciata che era una bimbetta, e qualche volta anche io quando suono alla porta, mi aspetto che a venirmi incontro debba essere la bimba di allora. marcel è originario della sierra leone; è dovuto scappare dal suo paese senza avere nemmeno il tempo di salutare sua moglie e i suoi 3 figli. giunto in italia ha presentato richiesta d’asilo e nel 2003 è stato riconosciuto rifugiato. ha vissuto per anni in italia mantenendo, con un esiguo guadagno, la famiglia in sierra leone. periodicamente continuava a sentirli telefonicamente; la vita in italia non è facile e spesso racimolare qualche soldo per telefonare diventa un problema molto serio. marcel racconta questo lungo periodo di separazione ripercorrendo le ansie e le preoccupazioni dovute sia alla precaria situazione lavorativa qui in italia che alla difficoltà di avere notizie dei suoi cari. 11 R I T R O VA R S I P E R R I C O S T R U I R E CAPITOLO I - DIETRO IL RICONGIUNGIMENTO FAMILIARE DEI RIFUGIATI in sierra leone era un ingegnere. ha con sé tutti gli attestati che dimostrano la sua competenza ed esperienza. ancora attende il riconoscimento dei suoi titoli da parte dello stato italiano. marcel ha dovuto abbandonare presto l’idea di poter lavorare in italia nel settore di sua competenza e da 7 anni lavora come magazziniere. Storie di vita Quando sono arrivato 10 anni fa ho girato tanto per trovare un lavoro come ingegnere. Poi ho trovato questo posto come magazziniere perché dovevo pur vivere e pensare alla mia famiglia. Il lavoro è molto faticoso, pesante, non ho tempo per fare altro. Mi sveglio alle 5.00 e non riesco mai a tornare a casa prima delle 20. Una volta ho perso anche l’ultimo treno da termini delle 23.32 e ho passato la notte in stazione. A volte la cooperativa è indietro col pagamento degli stipendi, siamo a settembre e devo ancora prendere il mese di Luglio. In realtà lavoro 10/12 ore al giorno con contratto part-time in cui sono segnate solo 4 ore. Il resto mi viene pagato fuori busta. Quando ero giovane ero famoso anche come giocatore di calcio. Ero conteso da tutti, tante donne…tanti amici con cui condividere le serate. le precarie condizioni economiche hanno costretto marcel a rimandare a lungo la concretizzazione del suo sogno di ricongiungimento familiare, e in fondo per tanto tempo ha anche continuato a sperare che un giorno sarebbe potuto tornare nel suo paese per ricostruire la sua vita da dove l’aveva lasciata. la morte improvvisa della moglie ha costretto marcel a confrontarsi con l’idea di un immediato ricongiungimento con i figli rimasti soli nel paese d’origine. i figli sono stati coinvolti fin da subito nel progetto del padre e si sono mostrati immediatamente entusiasti. marcel non ha mai nascosto ai figli le precarie condizioni di vita in cui versava, cercando così di non alimentare grandi aspettative con il rischio di forti delusioni. In Sierra Leone, prima della mia fuga, i ragazzi erano cresciuti nel benessere. Non ho però mai fatto intendere qualcosa di diverso rispetto a quello che sono diventato adesso e come si è trasformata la mia vita qui. Sono sempre stato molto trasparente senza pretendere di essere migliore. Per cui non ho contribuito a costruire aspettative troppo elevate… sono i miei figli sanno che li amo. Una volta mi hanno chiesto quanto ho messo da parte per loro, ma come faccio a risparmiare? Li vorrei rassicurare che andrà meglio… spero che riusciranno a studiare, a trovare un lavoro a fare la loro strada. Mi piacerebbe cambiare casa perché il posto dove stiamo è vecchio, freddo e umido e per i ragazzi non va bene ma dovrei R I T R O VA R S I P E R R I C O S T R U I R E 12 CAPITOLO I - DIETRO IL RICONGIUNGIMENTO FAMILIARE DEI RIFUGIATI Storie di vita di nuovo anticipare i soldi della caparra. Il proprietario di casa già ora viene a chiedermi i soldi dell’affitto, siamo al 3 del mese e lui è già dietro la porta…questa cosa mi angoscia molto. a giugno del 2010 marcel richiede il nulla osta per il ricongiungimento che otterrà formalmente a febbraio 2011. i figli arriverranno in italia a dicembre 2011. Dopo che ho avuto il nulla osta pensavo di rivederli presto, desideravo tanto riabbracciarli, dopo 10 anni, vedere come erano diventati. Non mi aspettavo che l’attesa sarebbe stata così lunga né che sarebbero stati necessari così tanti soldi. Raccogliere i documenti nel mio paese in vari Ministeri, come per esempio i certificati di nascita, e inviare i soldi sia per i documenti che per farli tradurre. Ho dovuto inviare i soldi per le spese del consolato due volte. Ho mandato 800 euro per 3 visti quando ciascuno ne costava solo 100 perché la prima volta i soldi non risultavano arrivati al consolato. Non avevo calcolato questa spesa extra e queste lungaggini. marcel racconta che ha dovuto fare i conti con la corruzione nel suo paese. per ottenere il visto ha dovuto inviare dei soldi ad una signora, che aveva contatti con il consolato, la quale per ben due volte non ha consegnato la somma prevista. marcel dopo aver chiesto aiuto al Cir affinchè intercedesse per sbloccare la situazione con l’ambasciata, è riuscito ad inviare il denaro e ad ottenere i visti. mentre le procedure legali andavano avanti, marcel ha sentito l’esigenza di iniziare a preparare da un punto di vista pratico l’accoglienza per i suoi tre figli. Fino ad allora aveva sempre vissuto in piccole stanze a volte condivise con altre persone. la necessità di offrire ai figli una sistemazione adeguata ha indotto marcel a cercare una casa più adeguata. le difficoltà economiche in cui marcel versava erano tali da indurlo a chiedere aiuto al Cir per essere sostenuto nelle spese d’affitto e nella caparra per la casa. l’appartamento non è troppo grande ma è alla portata delle sue tasche. la vita di marcel con l’arrivo dei figli è cambiata totalmente. racconta che prima aveva molto tempo libero per sé al di là del lavoro. marcel si rende conto che per garantire una vita dignitosa ai suoi figli qui in italia ha necessità di lavorare di più, dall’altra parte però è consapevole che i figli hanno bisogno di passare del tempo con lui affinché si possa ricostruire la continuità familiare interrotta dalla fuga. Sono fuori tutto il giorno e posso stare con loro solo il fine settimana. Allora facciamo la spesa e cuciniamo insieme e li porto in giro. Prendiamo l’autobus o il treno e andiamo a Ostia, Nettuno, una volta 13 R I T R O VA R S I P E R R I C O S T R U I R E CAPITOLO I - DIETRO IL RICONGIUNGIMENTO FAMILIARE DEI RIFUGIATI siamo stati anche a Roma, abbiamo girato tutta la notte. Passiamo un buon tempo insieme. la paura di non farcela con le spese quotidiane di casa ha indotto marcel a responsabilizzare i figli. gli affida compiti quali fare la spesa o pagare le bollette per fargli capire il valore dei soldi. Storie di vita Ogni giorno prendo i soldi e li divido, a ciascuno di loro affido un compito: li mando al supermercato a fare la spesa a pagare le bollette così si rendono conto come i soldi vanno via. Da quando sono con me, cerco di insegnare il sistema qui. Guarda la mia mano non è mai stata così rovinata.(…) Loro lo vedono, lo sanno. Mi dispiace che a volte sentano compassione per me. Sapevano come vivevamo bene quando ero in Sierra Leone e ora vedono la vita che faccio qui, gli sforzi che faccio, però sento che mi capiscono, mi sono vicini e si preoccupano per me. Mi dicono sempre “papà non ti preoccupare dei soldi siamo qui, insieme”. Mi danno molto coraggio. Mi rendono forte, perché devo investire in loro. Nella loro educazione e crescita perché possano raggiungere risultati a cui io non sono arrivato. marcel racconta che nonostante tutte le difficoltà materiali sapere la sua famiglia riunita e al sicuro rappresenta per lui una gioia immensa che gli dà il coraggio di affrontare i sacrifici necessari. la presenza dei figli lo incoraggia moltissimo e gli dà la forza di sperare in un avvenire migliore per loro. Le spese sono tante, la scuola, i libri, l’affitto, i vestiti. Ora devo comprare scarpe nuove perché sono cresciuti, ma grazie a Dio, mi piace così! marcel racconta che per poter mantenere i suoi figli è costretto a lavorare molte ore al giorno e questa prolungata assenza quotidiana pesa molto sull’equilibrio e l’organizzazione familiare. sia per lui che per i figli la perdita della moglie ha inciso molto nella lenta ricostruzione del nucleo familiare sia da un punto di vista affettivo che organizzativo. negli ultimi tempi sta considerando la possibilità di risposarsi. Ma gestire da solo tutto questo, occuparmi del lavoro e dei ragazzi non è facile. Avrei bisogno di una persona che mi aiuti. Sento la mancanza di una figura femminile al mio fianco con cui condividere emozioni e preoccupazioni. marcel, dal momento dell’arrivo dei figli in italia si è attivato per inserirli nel nuovo contesto. R I T R O VA R S I P E R R I C O S T R U I R E 14 CAPITOLO I - DIETRO IL RICONGIUNGIMENTO FAMILIARE DEI RIFUGIATI Storie di vita Quando sono arrivati in Italia, l’inverno scorso, li ho inseriti a scuola: mia figlia in prima media, ma dovrà ripetere l’anno. Il figlio medio al primo anno di un tecnico industriale e il figlio maggiore in una scuola professionale serale. Di giorno va in giro a vendere i biglietti per i bus turistici. E’ solo così per imparare qualcosa, avere contatti con le persone e guadagnare quel tanto per chiamare gli amici in Africa. Sentono la nostalgia per come si viveva lì, per tutte le persone che hanno dovuto lasciare. Spesso parlano dei nonni che si sono presi cura di loro dopo la morte della mamma. sembra anche un padre particolarmente consapevole di tutte le difficoltà legate all’integrazione dei figli in italia. Mia figlia è timida, non parla la lingua, in classe non ha fatto nessuna amicizia e passa tutto il giorno ad aspettare in casa il mio rientro. Le piace giocare a tennis ed è anche molto brava a cantare. Mi sono informato ma i capi di gioco sono costosi e molto lontani da casa nostra e non posso accompagnarla perché lavoro tutto il giorno. Sono molto preoccupato perché non esce mai, ho chiesto a una vicina se durante il giorno mia figlia può andare da lei ad aiutarla con i bambini e a imparare come si pulisce casa. L’ho rassicurata sul fatto che non volevo che fosse pagata, era solo un modo per farle vedere come funziona qui, per farla sentire più inserita e meno sola ma questa signora non si è mai fatta risentire. Il figlio di mezzo gioca a calcio, lo vengono a cercare e lo chiamano tutti Balotelli. E’ del ‘97 ma ha fatto la prova per entrare nella squadra di Aprilia del ‘96 e l’hanno preso come prima punta. La Storia di Omar omar proviene dal Burkina Faso, ha ottenuto lo status di rifugiato nel 2008 e da circa un anno si è ricongiunto con la moglie e i suoi quattro figli. il nucleo familiare abita in una cittadina vicino Viterbo. la casa non è molto grande ma al momento il nucleo familiare non può permettersi di affittare un appartamento più confortevole. omar lavora come mediatore culturale presso una cooperativa ma non lavora tutti i giorni e spesso i pagamenti avvengono con estremo ritardo. Data la sua precaria situazione lavorativa omar ha difficoltà nel pagare l’affitto, nel provvedere alle spese della casa e dell’istruzione per i figli. Io qui in Italia non ho un lavoro fisso, ancora, e ho qualche difficoltà a pagare l’affitto. Da un paio di mesi ci hanno anche tagliato il gas. (…) 15 R I T R O VA R S I P E R R I C O S T R U I R E CAPITOLO I - DIETRO IL RICONGIUNGIMENTO FAMILIARE DEI RIFUGIATI Da solo avrei potuto anche arrangiare qualcosa, ma con loro no, non posso. Inoltre i bambini devono iniziare la scuola ora e, lì in paese, non c’è una scuola pubblica, ma solo una privata che costa parecchio. Storie di vita omar racconta con nostalgia del suo passato lavorativo e della persona che era nel suo paese. ammette che in italia è al sicuro e che qui può “vivere” ma d’altra parte dalle sue parole emerge un forte senso di frustrazione relativo alle sue aspettative disattese. In Burkina Faso ho lavorato per molto tempo presso una struttura che si occupava della difesa dei diritti dei minori, in tutta l’Africa. Sono un ingegnere, lì avevamo tutto, qui niente. Certo qui in Italia ciò che ho trovato davvero è la vita, semplicemente. Io vivo! Lì non so cosa mi sarebbe potuto accadere. (…) Ma qui mi sembra di aver perso la mia intelligenza. Mi sento limitato in tutto, anche se oramai parlo bene l’italiano. (…) Voglio riprendere il mio lavoro. Qui sono costretto a subire anche molte ingiustizie. Lavoro come mediatore culturale e non mi pagano, tanto per fare un esempio. So di avere delle capacità che voglio mettere al servizio della mia gente e della gente come me che è dovuta scappare. Ho appena finito di scrivere il mio libro, sui rifugiati, sull’immigrazione. se da un lato omar ha dovuto rimodellare la sua identità lavorativa, adattandosi alle necessità del mercato del lavoro italiano, dall’altro lato la presenza della famiglia in italia rappresenta per lui la possibilità di recuperare il “passato”, riscoprendo gli affetti di sempre. Immaginavo già che la situazione non sarebbe stata semplice, ma volevo vivere di nuovo con loro, rivederli e stare tutti assieme.(...) Stare qui da solo dopo dieci anni di matrimonio era impossibile. Era come se vivessi senza l’anima, come se qui ci fosse solo una metà del tutto. “l’altra metà del tutto” era stata lasciata da omar improvvisamente una mattina qualunque del 2007. Una mattina in Burkina Faso sono uscito come tutte le mattine per andare a lavoro. Ho salutato mia moglie e i bambini. Sono uscito di casa e non sono più ritornato. Il più piccolo aveva tre mesi. Dopo un po’ non mi ricordavo più neanche il suo viso. Non c’è un momento più difficile nella vita di una persona, credo. la fuga di omar e la situazione di pericolo in cui versava l’intera famiglia ha comportato una disgregazione del nucleo familiare; due R I T R O VA R S I P E R R I C O S T R U I R E 16 CAPITOLO I - DIETRO IL RICONGIUNGIMENTO FAMILIARE DEI RIFUGIATI Storie di vita figli sono stati affidati alla nonna paterna e gli altri due sono rimasti con la madre. la brusca separazione è stata vissuta molto male dalla figlia più grande di omar. È facile immaginare che agli occhi di una ragazzina di undici anni tale fuga improvvisa sia stata interpretata come un vero e proprio abbandono di cui è difficile cogliere il senso. Essere qui in Italia e sapere la mia famiglia lì era un disastro. Inoltre due figli vivevano con mia madre, i due gemelli invece con mia moglie. La mia figlia più grande, quella più legata a me, da quando sono dovuto scappare ha iniziato ad andare male a scuola, aveva perso la fiducia negli altri, e in me, suo padre. Poi abbiamo parlato, le ho spiegato, e ha capito. omar racconta di aver vissuto un periodo in costante apprensione per la vita dei suoi familiari. non appena ha potuto, infatti, ha avviato le pratiche per il ricongiungimento familiare ottenendo il nulla osta nel 2010. (…) il mio obiettivo era riunirmi con mia moglie e i miei bambini. Solo l’idea mi rendeva felice. Quando loro erano lì ero preoccupato per tutto. La salute, la loro stessa vita e la scuola. oltre alle preoccupazioni per la vita della famiglia durante il periodo di attesa per la finalizzazione della procedura, omar ha dovuto far fronte alle ulteriori ansie dovute alle complicazioni burocratiche incontrate. Da un punto di vista pratico abbiamo avuto qualche difficoltà perché nel nostro paese c’è solo il consolato e non l’ambasciata. Quindi per i visti e il resto, la mia famiglia doveva andare in Costa d’Avorio, dove oltretutto c’era la guerra. E non è così vicino. Tramite i legali del CIR, poi però, siamo riusciti a mettere in contatto l’Ambasciata e il consolato e a risolvere tutto anche in poco tempo (...). Inoltre ho dovuto pagare io per i visti, 500 euro per tutti e non sono stato aiutato. L’attesa per i visti è stata di un mese, credo siano i tempi burocratici normali. il tempo della separazione è stato vissuto diversamente dai componenti della famiglia. omar ha dovuto fare i conti da un lato, con le preoccupazioni legate all’impossibilità di occuparsi direttamente dei bisogni materiali e affettivi di sua moglie e dei suoi figli e, dall’altro lato, con le problematicità d’ordine sia economico che culturale relative al lento processo di integrazione nel contesto italiano. la moglie di omar, nonostante fosse stata resa partecipe dal marito delle difficoltà da lui incontrate, non è mai riuscita, durante il periodo di separazione, ad 17 R I T R O VA R S I P E R R I C O S T R U I R E CAPITOLO I - DIETRO IL RICONGIUNGIMENTO FAMILIARE DEI RIFUGIATI immaginare e a comprendere fino in fondo la precarietà esistenziale del marito. la figlia più grande di omar, come già accennato, ha interpretato l’assenza del padre come un abbandono. Storie di vita Mia moglie voleva venire, certo. Ma non mi credeva quando le raccontavo di tutte le difficoltà che ci sono qui in Europa e in Italia. Quando è arrivata ha potuto purtroppo rendersene conto da sola. Per le attese, sapevano che c’era da aspettare. Mia figlia ha preso male la mia fuga. Adesso però ha capito e va meglio. Si è iscritta a scuola con un anno di ritardo, ma è una ragazzina intelligente e credo che presto si rimetterà in regola. adesso che la famiglia è riunita, omar, forte della sua esperienza, riesce ad anticipare le difficoltà che la moglie potrà incontrare; omar sa già che per la moglie non sarà facile adattarsi al nuovo contesto culturale e relazionale; Ambientarsi in un’altra realtà, dover imparare un’altra lingua e relazionarsi con persone diverse, per quanto riguarda mia moglie. I bambini credo che volessero solo ritrovare il padre. la presenza della famiglia in italia, nonostante tutte le difficoltà, permette ad omar di pensare ad un futuro; che questo futuro sia nel suo paese o che sia in italia, sembra non avere più un’ importanza dominante; le parole di omar lasciano pensare che l’essenziale è che le “due metà del tutto” restino unite. R I T R O VA R S I P E R R I C O S T R U I R E 18 CAPITOLO I - DIETRO IL RICONGIUNGIMENTO FAMILIARE DEI RIFUGIATI Spunti e riflessioni e storie di marcel e omar ci portano per mano a toccare in modo inequivocabile la complessità e tortuosità del processo di ricongiungimento familiare per le persone in protezione internazionale e ci permette di estrapolare alcuni nodi fondamentali su cui riflettere. per i rifugiati la separazione forzata dalla famiglia (nucleare o allargata) costituisce una condizione relativamente comune e uno dei maggiori fattori di stress. anche se la separazione può caratterizzare tutti i processi migratori la rottura che caratterizza le famiglie dei migranti è qualitativamente diversa da quella sperimentata dalle famiglie di rifugiati (suarezorozco, todorova e louie, 2002). a differenza dei migranti “volontari”, i rifugiati non hanno né scelto di lasciare il loro paese d’origine né hanno potuto decidere il paese dove rifugiarsi. le sollecitazioni e sfide connesse con la separazione dai propri cari in seguito alla migrazione forzata o “volontaria” sono quindi sostanzialmente differenti. appare evidente come in un contesto di migrazione forzata la separazione non preventivata, brusca e prolungata possa incidere profondamente sul benessere psico-fisico dei rifugiati e dei loro familiari e avere un impatto sui futuri comportamenti e relazioni. i rifugiati tendenzialmente sperimentano una sorta di “perdita ambigua” nei confronti di amici e familiari rimasti nel paese d’origine. il concetto di “perdita ambigua” (Boss, 1991) si riferisce all’impossibilità di elaborare il lutto quando si è di fronte alla perdita di familiari che sono fisicamente assenti ma psicologicamente presenti, amici e parenti che sono vivi ma di cui non sempre si conoscono le sorti e con cui è comunque interdetto un contatto diretto. il concetto di “perdita ambigua” è stato in particolare utilizzato nei confronti delle famiglie separate di rifugiati (lyuster, Qin, Bates, l 19 R I T R O VA R S I P E R R I C O S T R U I R E CAPITOLO I - DIETRO IL RICONGIUNGIMENTO FAMILIARE DEI RIFUGIATI Johnsone rana, 2008; steinglass, 2001) per descrivere quelle sfumature di poca chiarezza che può assumere l’assenza di familiari in un contesto complesso come quello della fuga. spesso, infatti, le motivazioni e le modalità della fuga non riescono ad essere totalmente e preventivamente condivise tra i diversi membri della famiglia e queste circostanze lasciano spazio a frustrazioni, senso di abbandono e concrete incertezze sulle sorti reciproche. una perdita non definita e definitiva del proprio caro non consente alla famiglia di piangerlo e di viverne il lutto. il limbo in cui la famiglia è costretta a vivere può alimentare forti stati d’ansia e depressione costringendola ad investire tutte le energie nel cercare un senso a questa perdita. i lunghi tempi di attesa per il ricongiungimento prolungano questo stato ambiguo di assenza, perdita e lutto. anche dopo il ricongiungimento, nonostante l’eventuale ritrovamento di tutti i componenti familiari, questo ambiguo stato emotivo, mai fin in fondo riconosciuto ed elaborato, può perdurare nel tempo, causando un disorientamento familiare legato ad un vuoto che si è insinuato nella storia familiare (rousseau et al., 2004). i rifugiati che hanno raggiunto un paese sicuro esprimono forti sensi di colpa rispetto all’abbandono del resto della famiglia lasciata spesso in condizioni di insicurezza e precarietà. al senso di colpa si aggiunge la mancanza di controllo e l’impossibilità di intervenire per cambiare la situazione che genera nei rifugiati un forte senso di impotenza e di perdita di speranza (rousseau et al., 2001). alcuni rifugiati hanno riferito come l’esperienza della separazione in una situazione di migrazione forzata rappresenti un’esperienza talmente drammatica da poter essere comparata alla tortura. il senso di impotenza può determinare sensazioni di disperazione e letargia che si traducono nell’incapacità di fare nient’altro che aspettare (rousseau et al., 2001). Questo immobilismo avrà un impatto negativo sul percorso di integrazione nel paese d’accoglienza. il rifugiato, spesso, intravede nel ricongiungimento familiare la panacea che porrà fine al suo viaggio e alla sua sofferenza e di conseguenza tutte le sue energie fisiche e mentali si concentrano su questo evento. il ricongiungimento familiare modifica le priorità esistenziali e il progetto migratorio, determinando uno spostamento degli investimenti simbolici, affettivi ed economici dal paese d’origine a quello d’accoglienza. il rifugiato che decide di attivare il ricongiungimento familiare ha preso atto di una circostanza precisa: questo evento sancisce definitivamente il non rientro. solo a quel punto il paese d’accoglienza assume un ruolo preponderante persino rispetto a quello R I T R O VA R S I P E R R I C O S T R U I R E Spunti e riflessioni 20 CAPITOLO I - DIETRO IL RICONGIUNGIMENTO FAMILIARE DEI RIFUGIATI Spunti e riflessioni 21 d’origine. allo stesso tempo, il ricongiungimento familiare contiene in sé un forte valore propulsivo e svolge una funzione ponte tra un “prima” e un “dopo” rendendo possibile la creazione di un luogo appropriato per contenere memorie e nostalgie che lascia finalmente uno spazio possibile a progetti e costruzioni future. Del resto anche l’alto Commissariato delle nazioni unite per i rifugiati (unhCr) ha rilevato come l’unità familiare costituisca un elemento determinate nel favorire una positiva integrazione nel nuovo paese e in questo senso anche l’ european Council for refugees and exiles (eCre) si è espressa evidenziando come l’unità familiare vada promossa e tutelata nell’interesse reciproco dei singoli rifugiati e della società d’accoglienza (eCre 2000). il percorso di ricongiungimento familiare determina la ricomposizione affettiva e progettuale del nucleo familiare che deve rinegoziare e condividere un nuovo modo di vivere insieme. i diversi componenti del nucleo familiare sono chiamati ad aggiustare, reinterpretare e riequilibrare relazioni e ruoli in un contesto nuovo. lo sradicamento dalla propria terra d’origine e il conseguente radicamento nel nuovo contesto sono processi caratterizzati da rotture, ambivalenze, conflitti, adattamento e innovazione. Da un lato, tale processo richiede la ridefinizione dei rapporti esterni sia con la società di partenza che con quella d’accoglienza; dall’altro, tale ridefinizione investe i ruoli intrafamiliari tra genitori/figli e marito/moglie. la ricostituzione di un clima familiare e la ridefinizione di ruoli e spazi adeguati tra i singoli componenti è fortemente connessa al tempo della separazione. in questo tempo ognuno di loro ha compiuto un percorso di vita diverso in un contesto differente, ha sperimentato nuove autonomie, ha maturato esperienze e elaborato un’“idea” di ricongiungimento legata a aspirazioni, sogni e traiettorie personali diverse, che dovranno confrontarsi con la nuova realtà e compattarsi in un unico progetto familiare (tognetti Bordogna, 2004). per le persone in protezione internazionale la ricomposizione familiare deve anche far i conti con la storia di persecuzione subita che, in alcuni casi, non ha trovato uno spazio di elaborazione e di confronto prima della fuga. spesso il senso di vergogna e/o l’incapacità di parlare di ciò che è accaduto non consente il riavvicinamento e il riconoscimento. anche per chi è rimasto indietro, il periodo di separazione può essere stato costellato da ulteriori esperienze traumatiche e la dilatazione dei tempi di attesa per la riunificazione può rendere ancora più difficili la condivisione di questi vissuti. R I T R O VA R S I P E R R I C O S T R U I R E CAPITOLO I - DIETRO IL RICONGIUNGIMENTO FAMILIARE DEI RIFUGIATI La prospettiva di coppia Spunti e riflessioni nel lungo periodo di separazione può anche trovare spazio la rottura del legame di coppia spesso attivata come modalità per porre fine all’incertezza (rousseou et al., 2001). se da un lato questo meccanismo difensivo può servire ad abbassare i livelli di stess tra i coniugi crea però ulteriori difficoltà ai figli che così rischiano di ritrovarsi non solo divisi tra due paesi ma anche tra due genitori. in alcuni casi, invece, l’aver condiviso un’esperienza traumatica così intesa aumenta il legame tra i coniugi che una volta ricongiunti riusciranno a ritrovare un equilibrio familiare (tognetti Bordogna, 2004). nel momento del ricongiungimento familiare tra coniugi il nucleo sperimenta la duplicità della relazione di coppia: da una parte il rapporto testato nel paese d’origine prima della fuga, e, dall’altra, quello che sperimenteranno nel paese d’accoglienza, dopo un periodo di lontananza in cui ognuno ha elaborato individualmente l’assenza, la separazione, l’attesa e l’idea della riunificazione familiare. spesso i membri della famiglia non sono preparati alle difficoltà che incontreranno in seguito al ricongiungimento. prima della riunificazione la loro energia fisica e mentale, così come le loro finanze, sono completamente finalizzate al ricongiungimento familiare. tutto sembra risolvibile con la riunificazione (Wilmsen, 2011). la vita sembra riacquistare senso e dignità solo nel momento in cui la famiglia sarà nuovamente riunita. la riunificazione, spesso però non è all’altezza delle aspettative e sarà necessario un alto grado di flessibilità, adattamento e capacità di comunicazione e condivisione per poter affrontare la nuova realtà. in caso contrario i diversi membri della famiglia potrebbero vivere momenti di forte ansia e depressione (guerin, elmi, 2006; Wilmsen, 2011) frutto del senso di colpa, di abbandono e rabbia inespressa, che se non adeguatamente affrontato e trattato potrà perdurare nel tempo (glasgow e gouse-sheese, 1995). la presa di coscienza che il ricongiungimento non porterà alla risoluzione di tutti i problemi può animare l’ostilità tra i coniugi e incrinare il loro rapporti. Questo disagio psicologico verrà acuito dai diversi ostacoli che costellano il processo di ricongiungimento familiare tra i quali, oltre all’ambiente familiare e le sue nuove dinamiche, anche le barriere linguistiche, l’assenza di reti sociali e la scarsa conoscenza del nuovo contesto di insediamento (Kinzie, 2006). nonostante queste iniziali difficoltà, il ricongiungimento può essere comunque considerato il più forte attivatore di benessere psicofisico per i rifugiati. se gestito e articolato bene, il processo di ricongiungimento R I T R O VA R S I P E R R I C O S T R U I R E 22 CAPITOLO I - DIETRO IL RICONGIUNGIMENTO FAMILIARE DEI RIFUGIATI Spunti e riflessioni porterà ad instaurare nuove relazioni e una maggiore coesione familiare. trascorso il tempo della paura e della distanza le energie familiari verranno canalizzate per affrontare il percorso di integrazione nel nuovo paese d’accoglienza e superare il trauma delle esperienze pregresse. ogni membro della famiglia ritroverà nel nucleo ricongiunto una continuità con la propria storia di vita individuale e questo gli consentirà di affrontare e guarire le ferite legate alla migrazione forzata e alla conseguente separazione. la famiglia riunita avrà quindi una funzione di supporto psicologico che, di conseguenza, faciliterà anche il processo di integrazione. la famiglia costituisce, infatti, un elemento di mediazione tra l’individuo e la società favorendo, non solo il benessere individuale ma anche quello collettivo. la sua riunificazione riesce a influenzare positivamente la salute, la stabilità finanziaria e progettuale del nucleo e, allo stesso tempo, facilita e incentiva la partecipazione dei suoi membri alla comunità locale promuovendo un attivo processo di integrazione socioculturale. Di fatto tutto questo si ripercuote anche sui costi sociali a vari livelli, spesso incidendo positivamente persino sull’utilizzo eccessivo dei servizi socio sanitari. La prospettiva dei figli una riflessione aggiuntiva certamente merita l’impatto del ricongiungimento familiare sui minori. la destabilizzazione e vulnerabilità emotiva ed identitaria che caratterizza il viaggio di questi minori è legato a molteplici fattori: l’età, le modalità di partenza ed arrivo, i tempi di separazione della famiglia, il coinvolgimento rispetto alla decisione di partire e la consapevolezza rispetto al nuovo progetto di vita, le norme culturali, l’intensità dei legami instaurati prima della separazione, le condizioni di accoglienza e l’apertura/disponibilità dei servizi/enti/istituzioni, le persone lasciate e quelle ritrovate, la capacità genitoriale di contenimento e gestione delle ansie, dei timori, delle transizioni e delle separazioni. la perdita temporanea di un genitore è in grado di influenzare la traiettoria di sviluppo di un bambino (mitrani, santisteban e miur, 2004). la teoria dell’attaccamento suggerisce che la mancanza di un forte attaccamento ad una figura di riferimento che si prenda cura del minore nella fase della prima infanzia avrà un impatto negativo sul benessere psicologico del bambino (Bowlby, 1969). secondo questa teoria la mancanza di un attaccamento sicuro nella prima fase di vita del 23 R I T R O VA R S I P E R R I C O S T R U I R E CAPITOLO I - DIETRO IL RICONGIUNGIMENTO FAMILIARE DEI RIFUGIATI minore può determinare disturbi comportamentali ed emotivi oltre ad una scarsa capacità di regolazione del sé (mitrani et al., 2004). in relazione al ricongiungimento familiare più è lungo il tempo d’attesa per la riunificazione familiare maggiore è la difficoltà del bambino di stabilire un attaccamento sicuro a figure genitoriali. la teoria dell’attaccamento, di matrice prettamente occidentale, perché legata fortemente al concetto di famiglia nucleare, ha subito però alcune critiche rispetto alla sua applicazione tout court al fenomeno dei rifugiati. alcuni studiosi (suarez-orozco, todorova, e louie, 2002) ritengono infatti che, essa non tenga in debita considerazione le differenze culturali legate a concetti di famiglia estesa/allargata e di comunità che in alcuni paesi d’origine dei rifugiati svolgono un ruolo attivo nella cura e crescita dei figli, permettendo la costruzione di riferimenti familiari sostitutivi estremamente forti. il processo di separazione determinato dalla fuga, però va comunque ad erodere, anche se parzialemente, il senso di attaccamento ad una figura di riferimento affettiva, determinando nel minore un senso di abbandono, di insicurezza e di disagio. i tempi lunghi della riunificazione amplificano queste sensazioni. i bambini separati da entrambi i genitori sviluppano maggiori sintomi depressivi, ansia, stress post-traumatico, iper-eccitazione (Derluyn, mels, Broekaert, 2009; suàrez-orozco et al., 2002). al momento del ricongiungimento familiare questi minori esprimono risentimento e rabbia verso i loro genitori. tali sentimenti sono attenuati dal senso di cura, stabilità e supporto emotivo spesso fornito dai caregiver con i quali i minori erano rimasti nel paese d’origine (mitrani et al., 2004). inoltre, lo sforzo dei caregiver di mantenere una forte connessione tra i genitori biologici e i bambini riesce spesso a ridimensionare il loro senso di frustrazione, abbandono e rabbia anche se la separazione avviene per un lungo periodo di tempo. Questo permette ai bambini di strutturare un forte senso del sé e di sicurezza nel mondo esterno che gli consentirà di sviluppare una maggiore capacità di resilienza, diminuendo così l’impatto negativo della separazione e dello stress legato al successivo trasferimento in un nuovo contesto socio-familiare. non sempre, però, i cargivers, che a loro volta vivono la perdita, l’abbandono e l’ansia per il futuro, sono in grado di trasmettere questo senso di stabilità e equilibrio emotivo ed affettivo. inoltre, anche il distacco dai cargivers può costituire un momento estremamente delicato nel processo di ricongiungimento familiare con in genitori biologici. Dopo aver affrontato l’iniziale separazione da uno o entrambi i genitori i minori, infatti, devono confrontarsi con separazioni e distacchi multipli. R I T R O VA R S I P E R R I C O S T R U I R E Spunti e riflessioni 24 CAPITOLO I - DIETRO IL RICONGIUNGIMENTO FAMILIARE DEI RIFUGIATI Spunti e riflessioni 25 la partenza rappresenta sempre una lacerazione traumatica per il minore: perdere degli “oggetti” importanti (in senso psicologico), delle relazioni e riferimenti fondamentali significa perdere inevitabilmente delle parti di sé. non sempre i genitori con cui il minore si ricongiunge riescono a comprendere questa ulteriore sofferenza né il risentimento nei loro confronti e vivono questa difficoltà dei minori come un rifiuto verso di loro che va a aumentare il loro senso di colpa e può creare situazioni conflittuali che minacceranno l’equilibrio del nucleo familiare ricostituito. in alcuni casi questo disagio sarà acuito dalla scarsa esperienza genitoriale (interrotta con la fuga) o dal desiderio dei genitori di riprodurre nel nuovo contesto pratiche di cura, ruoli e comportamenti tradizionali che costringeranno il minore a dover negoziare fra due identità culturali proposte e vissute come contraddittorie. Questi minori che hanno vissuto/subito il viaggio e lo sradicamento si trovano a doversi ri-orientare in un nuovo contesto. Vengono per questo anche definiti “generazione 1,5” (uno e mezzo) (portes, rumbaut, 2001) ad indicare la loro specifica condizione di sospensione tra riferimenti, messaggi e aspettative ambivalenti e diversi, a metà strada tra il luogo d’origine e quello d’arrivo. gindling e poggio (2010) hanno riscontrato come spesso la separazione dai genitori abbia un impatto negativo sul successo scolastico dei figli rispetto a quei minori che hanno affrontato insieme alla famiglia il processo di migrazione nel nuovo contesto. Questi studi evidenziano come l’inserimento scolastico dei minori ricongiunti costituisca un momento particolarmente delicato che spesso è costellato da ritardi e abbandoni scolastici. in particolar modo per gli adolescenti questo è insieme un viaggio di migrazione e abbandono del paese d’origine (reale) e allo stesso tempo un viaggio di ridefinizione identitaria (simbolico) tipica della loro età. le difficoltà relative all’età si vanno, quindi, a sommare a quelle legate all’esperienza migratoria del ricongiungimento familiare. il ricongiungimento li costringe a ridimensionare e a ricollocarsi in un ruolo e uno “spazio” limitato, a bloccare il loro percorso identitario e d’autonomia, a non sentirsi riconosciuti rispetto alla loro storia, ai saperi, competenze e capacità già acquisite. il mancato riconoscimento, il peso della prova, la paura di non riuscire ad inserirsi e ad essere accettati alimenta il timore, che caratterizza una fase così delicata come l’adolescenza, di nuovi fantasmi di esclusione e perdita. Questa sensazione di incapacità e inadeguatezza sarà sostenuta e superata solo attraverso una funzione di “contenimento” da parte del genitore e dell’ambiente circostante che consentirà al minore ricongiunto di sopravvivere e riorganizzarsi. solo allora quest’ultimo riuscirà a riconquistare nuovi R I T R O VA R S I P E R R I C O S T R U I R E CAPITOLO I - DIETRO IL RICONGIUNGIMENTO FAMILIARE DEI RIFUGIATI “spazi di vita e aggregazione”: luoghi comuni, luoghi “etnici”, luoghi “meticci” (tognetti Bordogna, 2004). all’arrivo in italia questi minori si troveranno di fronte una realtà diversa da quella immaginata e raccontata (racconto idealizzato dei genitori) e dovranno ricollocarsi all’interno di una “nuova famiglia” dove dovranno anche riadattare l’immagine del genitore che avevano conservato gelosamente nel ricordo e che non sempre corrisponde necessariamente a quella reale. Spunti e riflessioni Fattori di protezione e facilitatori nel processo di ricongiungimento familiare se le esperienze e il loro significato per le famiglie di rifugiati che hanno attraversato il processo di riunificazione sono ognuna unica e irripetibile per ciascun individuo, esistono però delle minacce comuni a tutte queste esperienze e senz’altro metterle in luce aiuta a capire dove il processo può essere migliorato per minimizzare le ricadute negative in termini di salute/benessere psicologico e integrazione socio-culturale possono essere individuati alcuni fattori che facilitano il successo della riunificazione familiare e agiscono positivamente sulla diminuzione dello stress accumulato nel periodo di separazione e accentuato dall’esigenza di ricreare nuovi legami familiari. parte dei fattori di protezione sono legati alle risorse personali e soggettive che il singolo nucleo familiare riesce a mettere in campo prima e dopo il ricongiungimento, altri sono determinati da fattori oggettivi correlati alle circostanze della separazione e altri ancora sono profondamente connessi alle condizioni e alle politiche d’accoglienza della società ospitante. rispetto alle risorse legate al nucleo familiare uno dei maggiori fattori di protezione è la comunicazione tra i membri della famiglia. la comprensione condivisa della fuga, del trauma, della separazione, della perdita e della riunificazione agevolano il complesso processo di ricongiungimento familiare. Durante la separazione risulta importante cercare di mantenere i rapporti e i legami soprattutto con i bambini. laddove una reale comunicazione riesce a trovare uno spazio, i membri della famiglia lasciati alle spalle si sentiranno comunque amati, anche da lontano, si sentiranno psicologicamente presenti, mantenendo così una connessione reciproca (mitrani et al., 2004). altrettanto importante è la flessibilità di ognuno rispetto ai ruoli familiari che aiuterà a ricreare l’unità familiare. Questa flessibilità permetterà anche di esplicitare e far vivere le trasformazioni che inevitabilmente hanno avuto luogo nel periodo della separazione e in questo R I T R O VA R S I P E R R I C O S T R U I R E 26 CAPITOLO I - DIETRO IL RICONGIUNGIMENTO FAMILIARE DEI RIFUGIATI Spunti e riflessioni 27 modo abbasseranno i rischi di risentimento e rabbia a cui spesso il nucleo familiare ricongiunto è esposto. sarà questa nuova famiglia, frutto di un’elaborazione congiunta, in cui le traiettorie di vita personale si ricompongono e i ruoli vengono costantemente rimessi in discussione, ad essere riproposta all’esterno e a stabilire possibili alleanze, suscitare confronti, interrogativi e superare conflitti. tra i fattori oggettivi legati alle circostanze, l’età dei minori risulta essere determinante per ristabilire positive relazioni affettive. una maggiore età al momento della separazione garantisce al figlio la possibilità di instaurare un legame affettivamente significativo con il genitore prima della fuga e questa circostanza gli permetterà di sviluppare una più alta consapevolezza e capacità di comprensione dell’accaduto e un più alto grado di resilienza. rispetto ai fattori oggettivi connessi con le politiche e il sistema d’accoglienza la definizione di famiglia a cui si fa riferimento nella maggior parte delle normative europee sul ricongiungimento è senz’altro un elemento cruciale: tale concetto si riferisce essenzialmente alla famiglia nucleare come concepita dalla cultura occidentale “una coppia con o senza figli o un genitore con figli purchè minori”. Questa definizione contrasta in modo significativo con il vissuto e il senso attribuito a questo termine dalla maggior parte dei rifugiati. oltre l’80% dei rifugiati intervistati nel corso del progetto “ritrovarsi per ricostruire” percepisce come restrittivo il concetto di famiglia nucleare, dando un maggiore peso e significato ai membri del clan allargato. Di conseguenza la definizione adottata dalla politica attuale continua a risultare in qualche modo discriminatoria e di negazione rispetto all’opportunità per la famiglia rifugiata di essere considerata nella sua interezza. Questo approccio quindi non da spazio alla possibile individuazione di altre forme culturali di definizione di famiglia altrettanto importanti e legittime. inoltre, anche in gran parte dei paesi d’origine dei rifugiati, come del resto in italia, il sistema del Welfare viene in buona parte sostituito ed integrato dalla rete familiare che costituisce quindi un elemento fondamentale di supporto per i singoli individui. infine ci sembra importante sottolineare la necessità di prevedere, anche in italia, servizi che offrano supporto sia al rifugiato in attesa di ricongiungimento familiare aiutandolo a creare le condizioni favorevoli all’imminente arrivo del nucleo familiare che a tutti i membri della famiglia nel momento immediatamente successivo alla riunificazione. per rendere sostenibile un reale processo di riunificazione dobbiamo quindi immaginare di lavorare su tre importanti livelli (tognetti Bordogna, 2004): R I T R O VA R S I P E R R I C O S T R U I R E CAPITOLO I - DIETRO IL RICONGIUNGIMENTO FAMILIARE DEI RIFUGIATI • aspetti psicologico/relazionali: per i quali è necessario prevedere l’attivazione di servizi di supporto psicologico per tutti i membri della famiglia. in particolare nella fase di preparazione all’arrivo e in quella immediatamente successiva. • Aspetti burocratici: le difficoltà di ordine burocratico/amministrativo nascono dall’esigenza da parte del soggetto che richiede il ricongiungimento di comprendere le regole e i meccanismi che regolano questo diritto, i criteri e vincoli richiesti e i documenti necessari da predisporre per attivare la procedura. anche l’attesa dei tempi tecnici, la reinterpretazione della normativa e la discrezionalità nella sua applicazione da parte di alcuni funzionari, la rigidità della burocrazia e della pubblica amministrazione possono incidere sull’iter. i problemi maggiori si riscontrano, comunque, nei paesi d’origine dove persiste una estrema discrezionalità nell’applicazione delle norme e nella valutazione dei documenti. si riscontra anche una estrema dilatazione dei tempi per l’ottenimento delle risposte e una corruzione dilagante. anche l’utilizzo indiscriminato del test di Dna risulta una pratica eccessivamente invasiva e costosa. • Aspetti economici: le problematiche economiche sono inizialmente connesse, almeno per i protetti sussidiari, al rispetto dei criteri normativi (alloggio e reddito) in quanto costituiscono le condizioni imprescindibili per l’attivazione del procedimento di ricongiungimento familiare. nonostante i rifugiati (ex Convenzione di ginevra) non siano soggetti a tali criteri, anche essi necessitano comunque di un alloggio e una fonte di reddito che garantisca un’accoglienza adeguata al nucleo familiare in arrivo. la difficoltà di reperire, però, un lavoro che gli garantisca l’autonomia economica li costringe spesso ad accettare qualsiasi lavoro anche precario e sottopagato. al disagio economico, quindi, si associa spesso la frustrazione lavorativa per il mancato riconoscimento della professionalità pregressa. il reperimento di un alloggio adeguato, che risponda ai criteri di idoneità alloggiativa richiesti dalla normativa, risulta altrettanto difficoltoso. spesso i protetti sussidiari nel momento in cui ottengono il nulla osta disdicono il contratto di locazione e ritornano a soluzioni alloggiative condivise, “informali” e/o fatiscenti in cui verrà successivamente accolta anche la famiglia. la condivisione di spazi o la mancanza di luoghi che salvaguardino la privacy del nucleo e della coppia appena ricongiunti risultano essere elementi estremamente destabilizzanti rispetto ad un processo di ricongiungimento, ri-conoscimento e ricomposizione familiare. la prospettiva di lavoro di chi si impegna su questo tema per favorire un dignitoso percorso di ricongiungimento familiare deve, quindi, focalizzarsi in modo approfondito su più livelli (politici, legali, sociali, psicologici, relazionali, economici). solo così si potrà almeno parzialR I T R O VA R S I P E R R I C O S T R U I R E Spunti e riflessioni 28 CAPITOLO I - DIETRO IL RICONGIUNGIMENTO FAMILIARE DEI RIFUGIATI Spunti e riflessioni 29 mente scongiurare il rischio di fallimento e delusione che costituisce un elemento centrale e ingombrante in qualsiasi processo di riunificazione familiare. tale rischio di delusione è infatti legato da una parte alla difficoltà di affrontare tutta la complessità degli aspetti psicologici e emotivi fin qui descritti e, dall’altra, alla precarietà delle reali circostanze materiali di tipo lavorativo, abitativo, reddituale e quelle legate all’assenza di un tessuto sociale, in cui avviene il ricongiungimento familiare. 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Refugee Survey R I T R O VA R S I P E R R I C O S T R U I R E 34 CAPITOLO II - QUADRO NORMATIVO DI RIFERIMENTO CAPITOLO II Quadro normativo di riferimento maria de Donato, Daniela Di rado e Clara Fringuello 35 CAPITOLO II - QUADRO NORMATIVO DI RIFERIMENTO La normativa internazionale e europea rifugiati e i beneficiari dello status di protezione sussidiaria che si trovano ad abbandonare il loro paese di origine o di abituale residenza, sono spesso costretti a separarsi dai loro familiari. il ricongiungimento familiare rappresenta lo strumento attraverso il quale è possibile ricondurre le vite di queste persone alla normalità, nonché consentire loro di inserirsi più facilmente nel tessuto sociale del paese di accoglienza. l’importanza fondamentale della famiglia per la vita dell’individuo ha trovato affermazione sin dal 1948 nella Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo1, il cui art. 16 (3) dispone che “la famiglia è il nucleo naturale e fondamentale della società e ha diritto ad essere protetta dalla società e dallo stato”. tale diritto è stato successivamente ribadito in vari strumenti universali e regionali a tutela dei diritti dell’uomo e, per quanto riguarda quelli di maggiore rilevanza nel contesto europeo, all’art. 23 (1) del patto internazionale sui diritti civili e politici2, all’art. 8 della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali 3 e, in ultimo, all’art. 7 della Carta dei diritti fondamentali dell’unione europea4. i la Convenzione di ginevra relativa allo status dei rifugiati del 1951, il principale strumento internazionale per la tutela dei rifugiati, non contiene alcuna indicazione circa il diritto all’unità familiare o all’istituto del ricongiungimento. tuttavia, il Comitato esecutivo dell’alto Commissario delle nazioni unite per i rifugiati ha in più occasioni riconosciuto l’importanza fondamentale del diritto all’unità familiare e del ricongiungimento, esortando gli stati ad agevolare l’ingresso nel proprio territorio dei familiari delle persone cui è stata riconosciuta la protezione internazionale5. 37 R I T R O VA R S I P E R R I C O S T R U I R E CAPITOLO II - QUADRO NORMATIVO DI RIFERIMENTO nel contesto dell’unione europea la questione del ricongiungimento familiare dei cittadini provenienti dai paesi terzi è stata regolata mediante l’adozione della direttiva 2003/86/Ce6. la direttiva, che rappresenta il primo strumento adottato dal Consiglio in seguito alle modifiche apportate nel settore dell’asilo e dell’immigrazione dal trattato di amsterdam7, stabilisce le condizioni per l’esercizio “del diritto al ricongiungimento familiare di cui dispongono i cittadini di paesi terzi che risiedono legalmente nel territorio degli stati membri”8. in tale strumento sono stabilite le condizioni alle quali i familiari di tali cittadini possono fare ingresso e risiedere in un paese membro e i diritti al cui godimento essi sono ammessi una volta che il ricongiungimento familiare ha avuto luogo. la direttiva trova applicazione in relazione ai titolari di un permesso di soggiorno rilasciato da uno stato membro, valido per un periodo minimo di un anno, che hanno una “fondata prospettiva di ottenere il diritto a soggiornare in modo stabile” 9. una menzione specifica riguarda i rifugiati: in considerazione delle ragioni che hanno costretto queste persone a fuggire dal loro paese, la direttiva riconosce l’esigenza di prestare un’attenzione particolare, e quindi, condizioni più favorevoli per l’esercizio del diritto al ricongiungimento10. al contrario è espressamente previsto che non sono ammessi a godere dei diritti in essa riconosciuti coloro che hanno fatto richiesta di asilo senza che una decisione finale sulla stessa sia stata ancora adottata11 e coloro che sono autorizzati a soggiornare in uno stato membro in virtù di forme temporanee e sussidiarie di protezione12. per quanto riguarda i richiedenti asilo, sembra importante sottolineare che, pur nell’assenza di un diritto al ricongiungimento familiare, il cosiddetto “regolamento Dublino” 13 prevede l’esistenza di alcuni criteri che, se correttamente applicati, permetterebbero la salvaguardia dell’unità familiare anche durante la procedura di asilo, ben prima che una decisione finale sia adottata. È questo il caso del criterio di cui all’art. 6 del regolamento che stabilisce il diritto del minore non accompagnato a vedere esaminata la propria domanda nello stato in cui risiede legalmente un suo parente o, ancora, degli art. 7 e 8 dove, in caso di richiedente asilo adulto, si prevede che la domanda sia esaminata laddove sia già presente un familiare che abbia anche egli presentato richiesta di asilo o che abbia ricevuto il riconoscimento dello status di rifugiato14. nello stesso regolamento è, inoltre, previsto che si applichino dei criteri a salvaguardia dell’unità familiare, in caso di richieste di asilo presentate simultaneamente nel medesimo stato da diversi membri di una famiglia e nel caso in cui l’applicazione dei criteri enunciati nel regolamento porterebbe a trattarle separatamente15. R I T R O VA R S I P E R R I C O S T R U I R E La normativa Internazionale e Europea 38 CAPITOLO II - QUADRO NORMATIVO DI RIFERIMENTO La normativa Internazionale e Europea 39 l’esclusione dei titolari di forme di protezione sussidiaria dall’ambito di applicazione della direttiva è uno degli aspetti che suscita maggiori critiche da parte delle organizzazioni operanti nel settore dell’asilo che hanno sottolineato l’assenza di distinzione tra rifugiati e titolari di protezione sussidiaria quanto alle loro esigenze umanitarie16. tale vuoto è stato in parte colmato dalla prassi degli stati membri, molti dei quali riconoscono ai titolari di protezione sussidiaria il diritto al ricongiungimento familiare. tuttavia, l’esplicita esclusione dei titolari di protezione sussidiaria dalla direttiva spesso comporta la non applicazione nei loro confronti delle condizioni favorevoli riconosciute invece ai rifugiati17. le condizioni applicabili ai rifugiati che facciano richiesta di ricongiungimento con un familiare cittadino di un paese terzo, sono esplicitamente indicate al capo V della direttiva, intitolato “ricongiungimento familiare dei rifugiati”, e riguardano le tipologie di familiari con i quali è ammissibile il ricongiungimento, i requisiti da soddisfare e la documentazione da presentare per sostanziare la domanda. in relazione al primo aspetto, si prevede per tutti gli stranieri oggetto della direttiva il diritto al ricongiungimento con: il coniuge; i figli minorenni dello straniero e del coniuge; i figli minorenni compresi quelli adottati dello straniero e del coniuge qualora quest’ultimo sia titolare dell’affidamento e responsabile del loro mantenimento. in aggiunta a ciò la direttiva lascia liberi gli stati di ammettere al ricongiungimento anche i genitori dello straniero o del coniuge, qualora siano a carico di questi ultimi e non dispongano di un adeguato sostegno familiare nel paese d’origine; i figli adulti non coniugati dello straniero o del coniuge, qualora obiettivamente non possano far fronte alle proprie necessità a causa di motivi di salute; il partner cha abbia una relazione stabile, nonché i figli minori e maggiori, alle condizioni sopra enunciate, di tale partner18. per quanto riguarda i rifugiati, la direttiva amplia la categoria di familiari ammessi al ricongiungimento lasciando agli stati la facoltà di permettere l’ingresso di qualsiasi altro familiare, purché a carico del rifugiato19 e, nel caso di minori non accompagnati, prevedendo l’obbligo di autorizzare l’ingresso anche dei genitori, o in assenza di quest’ultimi, del tutore legale o di altro familiare20. tuttavia la direttiva specifica che gli stati possono limitare il riconoscimento del diritto al ricongiungimento ai vincoli familiari anteriori all’ingresso del rifugiato21. Condizioni più favorevoli sono previste in relazione alla natura dei documenti ufficiali atti a provare i vincoli familiari: in considerazione della situazione specifica in cui i rifugiati si trovano e dell’impossibilità di rivolgersi alle autorità del paese di origine, è previsto che gli stati tengano conto anche di altri mezzi di prova22. R I T R O VA R S I P E R R I C O S T R U I R E CAPITOLO II - QUADRO NORMATIVO DI RIFERIMENTO in ultimo, i rifugiati sono esentati dal soddisfacimento dei requisiti di cui all’art. 7, relativo all’alloggio, all’assicurazione sanitaria, al reddito e all’integrazione e all’art. 8 che permette di imporre quale condizione aggiuntiva il soggiorno nel territorio dello stato membro per un certo periodo di tempo prima di poter richiedere il ricongiungimento23. tuttavia la direttiva lascia gli stati membri liberi di richiedere il soddisfacimento dei requisiti di cui all’art. 7 nel caso in cui la richiesta di ricongiungimento sia presentata oltre i tre mesi dal riconoscimento dello status di rifugiato e nel caso in cui sia possibile procedere al ricongiungimento in un paese terzo24. La normativa Internazionale e Europea Quanto alla natura dei diritti spettanti al familiare ricongiunto, la direttiva prevede che lo stato membro rilasci un permesso di soggiorno della durata minima di un anno e comunque non superiore a quello del soggiornante e che il familiare abbia accesso all’istruzione, all’attività lavorativa dipendente o autonoma, all’orientamento, alla formazione, al perfezionamento e all’aggiornamento professionale25. per quanto riguarda l’attività lavorativa è prevista la possibilità di limitarne l’accesso ai genitori e ai figli maggiorenni non coniugati26. trascorsi cinque anni di soggiorno il familiare ha diritto ad un permesso di soggiorno autonomo, indipendente da quello del soggiornante27. per quanto riguarda i diritti dei familiari del beneficiario dello status di rifugiato o della protezione sussidiaria, previsioni aggiuntive si possono rinvenire all’art. 23 della cosiddetta “direttiva qualifiche” 28, dove viene stabilito il diritto all’unità familiare dei titolari della protezione internazionale e si prevede che i loro familiari godano degli stessi benefici a loro riconosciuti29. in relazione ai familiari dei titolari di protezione sussidiaria si prevede, tuttavia, la possibilità che gli stati definiscano ulteriori condizioni per fruire di tali diritti. Questa previsione, che rispecchia la disomogeneità che, più in generale, caratterizza la disciplina prevista per lo status di rifugiato e la protezione sussidiaria, è stata superata con l’adozione della direttiva 2011/95/ue 30. l’art. 23 della citata direttiva ripropone, infatti, la medesima formulazione della direttiva del 2004 senza però prevedere alcuna limitazione in relazione ai titolari della protezione sussidiaria. Note 1 assemblea generale delle nazioni unite, Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo, 10 dicembre 1948. 2 assemblea generale delle nazioni unite, patto internazionale sui diritti R I T R O VA R S I P E R R I C O S T R U I R E 40 CAPITOLO II - QUADRO NORMATIVO DI RIFERIMENTO La normativa Internazionale e Europea 41 civili e politici, 16 dicembre 1966. 3 Consiglio d’europa, Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, 4 novembre 1950. 4 Carta dei diritti fondamentali dell’unione europea, 18 dicembre 2000. 5 si vedano le conclusioni del Comitato esecutivo raccolte in un high Commissioner for refugees, A Thematic Compilation of Executive Committee Conclusions, 6th edition, June 2011, giugno 2011, p. 220-226. 6 Direttiva 2003/86/Ce del Consiglio del 22 settembre 2003 relativa al diritto al ricongiungimento familiare. 7 trattato di amsterdam che modifica il trattato sull’unione europea, i trattati che istituiscono le Comunità europee ed alcuni atti connessi, 2 ottobre 1997. 8 art.1. la direttiva trova applicazione in tutti gli stati membri dell’ue con la sola eccezione di gran Bretagna, irlanda e Danimarca. mentre gran Bretagna e irlanda non sono vincolati dall’acquis di schengen, alla Danimarca non si applicano le previsioni del titolo V “spazio di libertà, sicurezza e giustizia. Questi paesi possono tuttavia, in qualsiasi momento, chiedere di partecipare, in tutto o in parte, alle misure adottate in tale contesto. 9 art. 3 (1) della direttiva 2003/86/Ce. 10 Considerando 8 della direttiva 2003/86/Ce. 11 art. 3 (2, a) della direttiva 2003/86/Ce. 12 art. 3 (2, b e c) della direttiva 2003/86/Ce. 13 regolamento (Ce) n. 343/2003 del Consiglio, del 18 febbraio 2003, che stabilisce i criteri e i meccanismi di determinazione dello stato membro competente per l’esame di una domanda d’asilo presentata in uno degli stati membri da un cittadino di un paese terzo. 14 nel contesto del regolamento Dublino il termine “familiari” indica: il coniuge del richiedente asilo o il partner non legato da vincoli di matrimonio che abbia una relazione stabile, qualora la legislazione o la prassi dello stato membro interessato assimili la situazione delle coppie di fatto a quelle sposate nel quadro della legge sugli stranieri; i figli minori del richiedente, a condizione che non siano coniugati e siano a carico, indipendentemente dal fatto che siano figli legittimi, naturali o adottivi secondo le definizioni del diritto nazionale; il padre, la madre o il tutore quando il richiedente o rifugiato è minorenne e non coniugato (art. 2 (1) del regolamento). 15 art. 14 del regolamento Dublino. 16 si veda, ad esempio, european Council on refugees and exiles, Information Note on the Council Directive 2003/86/EC of 22 September 2003 on the right to family reunification, novembre 2003, p. 3 e 5 e un high Commissioner for refugees, UNHCR’s Response to the European Commission Green Paper on the Right to Family Reunification of Third Country Nationals Living in the European Union (Directive 2003/86/EC), febbraio 2012, p. 5 17 si veda sul punto european Council on refugees and exiles, Submission from the European Council on Refugees and Exiles in response to the Commission’s Green Paper on the right to family reunification of third-country nationals living in the European Union (Directive 2003/86/EC), p. 3-4. È questo il caso dell’ italia dove i titolari di protezione sussidiaria godono del diritto al ricongiungimento ma alle stesse condizioni previste per gli stranieri regolarmente soggiornanti. R I T R O VA R S I P E R R I C O S T R U I R E CAPITOLO II - QUADRO NORMATIVO DI RIFERIMENTO 18 art. 4 della direttiva 2003/86/Ce. l’italia ha recepito la direttiva accogliendo alcune di queste possibilità. 19 art. 10 (2) della direttiva 2003/86/Ce. tale “estensione” non è prevista dalla normativa italiana. 20 art. 10 (3) della direttiva 2003/86/Ce. il ricongiungimento del minore con gli ascendenti di primo grado è ammesso in italia dall’art. 29- bis (3) del d.lgs 286/1998. 21 art. 9 (2) della direttiva 2003/86/Ce. 22 art. 11 (2) della direttiva 2003/86/Ce. Di tale previsione si trova riscontro all’art. 29-bis (2) del d.lgs 286/1998. 23 art. 12 della direttiva 2003/86/Ce. l’esenzione dal soddisfacimento dei requisiti di reddito e alloggio per i rifugiati è prevista nella normativa italiana all’art. 29-bis (1) del d.lgs 286/1998. 24 art. 12 1(2, 3) della direttiva 2003/86/Ce . tale previsione non trova riscontro nella normativa italiana. 25 art. 13 e 14 della direttiva 2003/86/Ce. 26 art. 14 (4) della direttiva 2003/86/Ce. 27 art. 15 della direttiva 2003/86/Ce. 28 Direttiva 2004/83/Ce del Consiglio, del 29 aprile 2004, recante norme minime sull’attribuzione, a cittadini di paesi terzi o apolidi, della qualifica di rifugiato o di persona altrimenti bisognosa di protezione internazionale, nonché norme minime sul contenuto della protezione riconosciuta. 29 Con tale termine, nel contesto della direttiva qualifiche, si intendono i seguenti soggetti appartenenti al nucleo familiare, già costituitosi nel paese di origine: il coniuge o partner, se riconosciuto dalla legislazione dello stato membro interessato; i minori non sposati; la madre il padre o altro adulto responsabile in caso di minore accompagnato o, qualora lo stato volesse, qualsiasi altro congiunto che viveva nel nucleo familiare al momento della partenza dal paese di origine che era completamente o principalmente a carico del beneficiario dello status di rifugiato o della protezione sussidiaria (art. 2 (h) e art. 23 (5) della direttiva 2004/83/Ce). 30 Direttiva 2011/95/ue del parlamento europeo e del Consiglio del 13 dicembre 2011 recante norme sull’attribuzione, a cittadini di paesi terzi o apolidi, della qualifica di beneficiario di protezione internazionale, su uno status uniforme per i rifugiati o per le persone aventi titolo a beneficiare della protezione sussidiaria, nonché sul contenuto della protezione riconosciuta. R I T R O VA R S I P E R R I C O S T R U I R E La normativa Internazionale e Europea 42 CAPITOLO II - QUADRO NORMATIVO DI RIFERIMENTO Il Libro Verde sul diritto al ricongiungimento familiare el novembre 2011 la Commissione europea ha lanciato un dibattito, mediante la pubblicazione di un “libro Verde” sul diritto al ricongiungimento familiare31, su alcuni degli aspetti più problematici della direttiva 2003/86/Ce. Diversi fattori hanno condotto a tale scelta. in primo luogo la Commissione ha riconosciuto l’importanza che l’istituto del ricongiungimento familiare riveste nella vita dell’individuo, così come la sua rilevanza per l’integrazione dello straniero nei paesi membri. in secondo luogo ha rilevato l’esistenza di un atteggiamento restrittivo degli stati membri rispetto alla direttiva nonché una serie di problemi legati alla sua applicazione. in particolare un rapporto della Commissione europea del 2008 sull’applicazione della direttiva 2003/86/Ce 32 ha evidenziato l’adozione da parte degli stati membri di norme e prassi che, di fatto, ostacolano piuttosto che facilitare il ricongiungimento familiare, riflettendo un’armonizzazione al ribasso33. alla luce di tali fattori la Commissione ha deciso di porre delle questioni agli stati membri sul modo in cui sia possibile ottenere regole più efficaci in tema di ricongiungimento e fornire informazioni e dati sull’applicazione della direttiva. sulla base dell’esito di tale consultazione la Commissione valuterà l’opportunità di adottare misure in materia che potrebbero andare da una modifica della direttiva, all’emanazione di linee guida interpretative o al mantenimento dello status quo34. la Commissione è interessata a conoscere la posizione degli stati circa aspetti sostanziali e procedurali dell’istituto del ricongiungimento familiare quali l’ambito di applicazione della direttiva, tanto in relazione ai beneficiari della stessa quanto alle categorie di familiari che possono essere ricongiunti; i requisiti da soddisfare per poter beneficiare del ricongiungimento; le condizioni di ingresso e soggiorno dei familia- n 43 R I T R O VA R S I P E R R I C O S T R U I R E CAPITOLO II - QUADRO NORMATIVO DI RIFERIMENTO ri e, in ultimo, varie questioni di carattere procedurale, tra cui il rischio di frode e di abusi, i costi amministrativi e la durata della procedura. una sezione a se stante è dedicata alle questioni connesse all’asilo, rispetto alle quali la Commissione chiede agli stati se ritengano necessario continuare ad applicare le previsioni ad oggi vigenti. tra le materie oggetto delle indagini viene menzionata esplicitamente l’esclusione dei beneficiari della protezione sussidiaria dall’ambito di applicazione della direttiva. alla luce del processo di omogeneizzazione tra questo status e quello di rifugiato intrapreso con la direttiva 2011/95/ue e dell’obiettivo di giungere ad uno status di protezione uniforme fissato dal programma di stoccolma35, la Commissione ha ritenuto utile indagare circa la necessità di riavvicinare la condizione giuridica di rifugiati e titolari di protezione sussidiaria anche in relazione al tema in oggetto. altra questione espressamente menzionata dalla Commissione è quella relativa alla possibilità di limitare i legami familiari a quelli risalenti ad un periodo precedente al loro ingresso o, ancora, alla possibilità di non riconoscere condizioni più favorevoli nel caso di richieste di ricongiungimento presentate oltre i tre mesi dal riconoscimento dello status. secondo il parere della Commissione, tali facoltà non prendono in considerazione in maniera adeguata le peculiarità proprie dei rifugiati che, a differenza di stranieri residenti ad altro titolo, possono incontrare maggiori difficoltà nel rintracciare i propri cari, sia per le modalità con cui sono stati costretti a lasciare il proprio paese, sia a causa dei pericoli a cui i famigliari stessi possono essere soggetti. in aggiunta alle questioni su previsioni della direttiva 2003/86/Ce riguardanti esclusivamente i rifugiati, la Commissione ha posto una serie di interrogativi che, seppur relativi a misure applicabili a qualsiasi straniero legalmente soggiornante in uno stato membro, sono atte ad avere un notevole impatto per i rifugiati, in ragione delle peculiarità di tale gruppo. tra queste questioni rientra il dibattito circa i famigliari ammessi al ricongiungimento, che la direttiva 2003/86/Ce indica nei soli coniugi e parenti in linea ascendente e discendente di primo grado. tale definizione di famiglia è stata fonte di numerose critiche: la condizione particolare in cui si trovano i rifugiati renderebbe opportuno ampliarla fino ad includere anche i fratelli e le sorelle, in particolar modo in caso di minori non accompagnati, e a considerare fattori di natura psicologica e emotiva, oltre a quelli di tipo fisico e finanziario, nel valutare il rapporto di dipendenza, richiesto per il ricongiungimento con i genitori e i figli non coniugati maggiorenni36. altro tema particolarmente sensibile riguarda le “misure di integrazione”, di cui all’art. 7 (2) della direttiva, che devono essere soddisfatte al fine di poter richiedere il ricongiungimento familiare. R I T R O VA R S I P E R R I C O S T R U I R E Il Libro Verde sul Diritto al Ricongiungimento Famigliare 44 CAPITOLO II - QUADRO NORMATIVO DI RIFERIMENTO Il Libro Verde sul Diritto al Ricongiungiment o Famigliare nonostante, nel caso dei rifugiati la direttiva limiti la possibilità di richiedere il soddisfacimento di tali misure solo dopo che sia stato accordato il ricongiungimento, è stato riportato che alcuni stati membri, in senso contrario a quanto prescritto, li considerano dei veri e propri prerequisiti37. tale circostanza risulta preoccupante alla luce del fatto che la direttiva non offre alcuna elencazione di tali “misure di integrazione”, lasciando gli stati membri liberi di decidere al riguardo. altra questione rilevante su cui la Commissione intende raccogliere informazioni, è quella relativa ai documenti necessari al fine di provare i vincoli familiari. nonostante la flessibilità richiesta dalla direttiva per quanto riguarda i rifugiati, sono state riscontrare delle difficoltà su questo punto, in particolare in relazione ai matrimoni conclusi secondo riti tradizionali, così come ai legami duraturi di carattere extra matrimoniale. È stato, infatti, riportato che tali legami non sono spesso riconosciuti dagli stati come conseguenza di una rigida interpretazione della direttiva38. in relazione al medesimo tema, anche la pratica di ricorrere al test del Dna per la verifica dei vincoli famigliari è stata oggetto di un certo numero di critiche ed è stato affermato che il ricorso a tale strumento dovrebbe avvenire solo in quei casi in cui permangano seri dubbi sul rapporto di parentela dopo che altri mezzi di prova sono stati già impiegati, o nel caso in cui vi siano forti indicazioni di intento fraudolento39. la Commissione, nel libro Verde, mira a comprendere l’entità delle frodi riscontrate dagli stati e l’efficacia della test del Dna a tale riguardo. in questo contesto appare importante il richiamo fatto della Commissione circa l’esigenza di tutelare la vita familiare e privata. ultima questione menzionata nel libro Verde, la cui rilevanza è significativa per i rifugiati, è quella relativa alla durata della procedura e alle spese che, se eccessive, possono compromettere la procedura di ricongiungimento. tale circostanza appare particolarmente atta a verificarsi nel caso dei rifugiati che possono trovarsi a lungo senza risorse economiche quale conseguenza del divieto di lavoro, che caratterizza molte procedure di asilo o di difficoltà di varia natura nell’accedere ai sistemi di prestito. Note 31 Commissione europea, Green Paper on the right to family reunification of third-country nationals living in the European Union (Directive 2003/86/EC), Com(2011) 735 final, 15 novembre 2011. 32 Commissione europea, Relazione della Commissione al Consiglio e al Parlamento Europeo sull’applicazione della Direttiva 2003/86/CE relativa al diritto al ricongiungimento familiare (Com/2008/0610), 8 ottobre 2008. 45 R I T R O VA R S I P E R R I C O S T R U I R E CAPITOLO II - QUADRO NORMATIVO DI RIFERIMENTO 33 a tale riguardo giova ricordare che la Corte di giustizia dell’unione europea nel caso “Rhimou Chakroun v. Minister van Buitenlandse Zaken” del 4 marzo 2010 ha chiarito che la promozione del ricongiungimento familiare è un obiettivo fissato dalla direttiva 2003/86/eC e che il margine di manovra degli stati membri non può essere utilizzato per restringerne l’ambito di applicazione e l’efficacia. 34 Considerando che negli ultimi anni alcuni stati membri hanno introdotto norme restrittive, chiedendo altresì la modifica della direttiva, e prendendo atto dell’attuale contesto politico, è auspicabile che qualsiasi modifica non abbia come effetto quello di abbassare gli attuali standard anziché migliorarli. a questo riguardo si segnala che nello stesso libro Verde la Commissione ha assicurato che qualsiasi azione dovrà essere conforme ai diritti riconosciuti nella Carta dei diritti Fondamentali e in particolare al diritto all’unità. 35 Consiglio europeo, Programma di Stoccolma. Un’Europa aperta e sicura al servizio e a tutela dei cittadini, (2010/C 115/01), maggio 2010. 36 un high Commissioner for refugees, UNHCR’s Response to the European Commission Green Paper on the Right to Family Reunification of Third Country Nationals Living in the European Union (Directive 2003/86/EC), febbraio 2012, p. 7-9. 37 european Council on refugees and exiles, Submission from the European Council on Refugees and Exiles in response to the Commission’s Green Paper on the right to family reunification of third-country nationals living in the European Union (Directive 2003/86/EC), p. 8 38 un high Commissioner for refugees, UNHCR’s Response to the European Commission Green Paper on the Right to Family Reunification of Third Country Nationals Living in the European Union (Directive 2003/86/EC), febbraio 2012, p. 8. 39 un high Commissioner for refugees, UNHCR’s Response to the European Commission Green Paper on the Right to Family Reunification of Third Country Nationals Living in the European Union (Directive 2003/86/EC), febbraio 2012, p. 12-13. R I T R O VA R S I P E R R I C O S T R U I R E Il Libro Verde sul Diritto al Ricongiungimento Famigliare 46 CAPITOLO II - QUADRO NORMATIVO DI RIFERIMENTO Il ricongiungimento familiare nell’ordinamento italiano l diritto al ricongiungimento familiare di rifugiati e titolari di protezione sussidiaria in italia trova disciplina da una parte nel decreto legislativo 19 novembre 2007 n. 251, che ha recepito la direttiva 2004/83/Ce, dall’altra nel decreto legislativo 8 gennaio 2007, n. 5, successivamente modificato dal decreto legislativo 3 ottobre 2008 n. 160, con il quale è stata data applicazione in italia alla normativa europea in materia di ricongiungimento. il d.lgs. 5/2007, fissa i presupposti e le modalità con cui lo straniero legalmente soggiornante in italia può far richiesta di ricongiungimento familiare40, incluse le specifiche previsioni che si applicano ai titolari dello status di rifugiato41. l’art. 22 del d.lgs 251/2007, al par. 4, innovando rispetto a quanto previsto nella normativa europea, prevede il diritto del titolare di protezione sussidiaria al ricongiungimento familiare alle stesse condizioni previste per lo straniero regolarmente residente in italia. i in base all’articolo 29 (1) a), b), c), e d) del testo unico sull’immigrazione42, così modificato dal d. lgs. 5/2007 e dal d.lgs. 160/2008, lo straniero può chiedere il ricongiungimento con i seguenti familiari: il coniuge non legalmente separato e di età non inferiore ai 18 anni; i figli minori, anche del coniuge o nati fuori del matrimonio, non coniugati a condizione che l’altro genitore, qualora esistente, abbia dato il suo consenso; i figli maggiorenni a carico, qualora per ragioni obiettive non possano provvedere alle proprie indispensabili esigenze di vita in ragione del loro stato di salute che comporti invalidità totale; i genitori a carico, qualora non abbiano altri figli nel paese di origine o di provenienza, ovvero genitori ultrasessantacinquenni, nel caso altri figli siano impossibilitati al loro sostentamento per gravi e documentati motivi di salute. 47 R I T R O VA R S I P E R R I C O S T R U I R E CAPITOLO II - QUADRO NORMATIVO DI RIFERIMENTO la previsione di cui all’art. 29 (1), b) è stata oggetto di una pronuncia da parte della Corte Costituzionale43. il tribunale di Firenze aveva sollevato una questione di illegittimità adducendo la contrarietà della norma che permette il ricongiungimento con “i figli maggiorenni a carico, qualora per ragioni obiettive non possano provvedere alle proprie indispensabili esigenze di vita in ragione del loro stato di salute che comporti invalidità totale” con gli art. 3, 29 e 30 della Costituzione, relativi all’uguaglianza dinnanzi alla legge, alla tutela dell’unità familiare e all’equiparazione dei figli naturali con quelli nati dal matrimonio. in particolare, veniva sostenuto che fosse illegittima la disparità esistente tra le condizioni richieste per il ricongiungimento con figli maggiori a carico e quelle richieste in caso di figli minori o genitore a carico. a tale riguardo, la Corte Costituzionale, pur riconoscendo l’inviolabilità del diritto all’unità familiare in relazione al ricongiungimento dello straniero con il coniuge e con i figli minori, ha affermato che nei casi di ricongiungimento con figli maggiorenni, il legislatore può procedere a bilanciare “l’interesse all’affetto” con altri interessi meritevoli di tutela. in particolare la Corte ha considerato che non risulta irragionevole consentire il ricongiungimento dei figli maggiorenni nelle sole ipotesi in cui vi sia una situazione di bisogno determinata dall’impossibilità permanente di provvedere alle proprie indispensabili esigenze di vita, a causa del loro stato di salute. secondo la Corte, inoltre, non sarebbe possibile equiparare la situazione del figlio maggiorenne con quella del genitore in quanto nel caso del primo si può ritenere che l’eventuale situazione di dipendenza economica dal proprio genitore sia legata a fattori contingenti e, quindi, destinata a risolversi, salvo appunto il caso di uno stato di malattia che ne pregiudichi irreversibilmente la capacità lavorativa. ai fini del ricongiungimento, si considerano minori i figli d’età inferiore a diciotto anni al momento della presentazione dell’istanza di ricongiungimento. i minori adottati o affidati o sottoposti a tutela sono equiparati ai figli44. in giurisprudenza è stata riconosciuta l’equiparazione di alcuni istituti esistenti in ordinamenti stranieri con l’affidamento italiano e quindi la loro idoneità a costituire presupposto valido per il ricongiungimento. È questo il caso della kafalah, una forma di affidamento disciplinata dal diritto islamico.45 Dalla giurisprudenza sono, inoltre, giunte importanti indicazioni anche in relazione al requisito di cui all’art. 29 (1) b) sulla necessità del consenso del genitore, qualora esistente, al fine di procedere al ricongiungimento. a tale riguardo il tribunale di parma ha riconosciuto la possibilità di procedere al rilascio del visto anche in assenza del consenso dell’altro genitore alla luce di una dichiarazione sostituiva di atto di notorietà presentata dal rifugiato risiedente in italia. in ragione delle condizioni nel paese d’origine e R I T R O VA R S I P E R R I C O S T R U I R E Il Ricongiungimento famigliare nell’ordinamento Italiano 48 CAPITOLO II - QUADRO NORMATIVO DI RIFERIMENTO Il Ricongiungimento famigliare nell’ordinamento Italiano 49 della condizione di rifugiato del richiedente, che non permettevano di raccogliere ulteriore documentazione comprovante la scomparsa del coniuge, nonché della necessità di tutelare il diritto all’unità familiare del minore, tale dichiarazione è stata considerata sufficiente a provare la scomparsa del genitore, da cui l’impossibilità di ottenerne il consenso46. in conformità con quanto previsto dalla direttiva 2003/86/Ce, in caso di rifugiato minore non accompagnato, è consentito l’ingresso ed il soggiorno ai fini del ricongiungimento anche degli ascendenti diretti di primo grado47. Dalla definizione di nucleo familiare contenuta nelle citate previsioni emerge che da una parte il legislatore italiano ha recepito alcune possibilità, concesse dalla direttiva europea, di estendere le categorie di familiari ammesse al ricongiungimento. È questo il caso dei figli maggiorenni e dei genitori a carico o delle previsioni relative all’equiparazione di figli naturali e adottati. Dall’altra parte, in alcuni punti la normativa italiana si presenta più restrittiva rispetto alle possibilità offerte da quella europea: nessuna concessione è stata fatta circa la possibilità di ammettere anche il partner di lunga data al ricongiungimento e ci si è avvalsi della possibilità, pur concessa dalla direttiva, di porre un limite minino all’età del coniuge48. l’esclusione del partner dai familiari ammessi al ricongiungimento deriva dalla circostanza per cui, nell’ordinamento italiano, lo status di coniuge è attribuito in base all’istituto del matrimonio, unico strumento giuridico con cui l’ordinamento riconosce la relazione di una coppia formata da un uomo e una donna, presupposto della filiazione legittima49. tale circostanza è stata ribadita dalla Corte di Cassazione anche nel caso in cui si tratti di un’unione riconosciuta e registrata nel paese in cui si è realizzata, in quanto in italia le unioni registrate non sono equiparabili al matrimonio50. in ultimo si segnala che l’ordinamento italiano vieta la poligamia e dunque non ammette il ricongiungimento della seconda o terza moglie derivanti da matrimoni poligami riconosciuti nel paese d’origine, a meno che non si tratti di genitore di minorenne51; in tal caso il ricongiungimento può essere legittimato in virtù del superiore interesse del minore. lo straniero che richiede il ricongiungimento familiare deve dimostrare, ai sensi dell’art. 29 (3) a), b), b-bis) del testo unico sull’immigrazione, così modificato dal d. lgs. 5/2007 e dal d.lgs. 160/2008, la disponibilità di: un alloggio che rientri nei parametri minimi previsti dalla legge regionale per gli alloggi di edilizia residenziale pubblica, ovvero sia fornito dei requisiti di idoneità igienico-sanitaria accertati dall’unità sanitaria locale competente per territorio; un reddito minimo annuo R I T R O VA R S I P E R R I C O S T R U I R E CAPITOLO II - QUADRO NORMATIVO DI RIFERIMENTO derivante da fonti lecite non inferiore all’importo annuo dell’assegno sociale aumentato della metà dell’importo dell’assegno sociale per ogni familiare da ricongiungere52; un’assicurazione sanitaria o di altro titolo idoneo a garantire la copertura di tutti i rischi nel territorio nazionale a favore dell’ascendente ultrasessantacinquenne ovvero della sua iscrizione al servizio sanitario nazionale, previo pagamento di apposito contributo. in caso di ricongiungimento di due o più figli di età inferiore ai quattordici anni ovvero per il ricongiungimento di due o più familiari dei titolari dello status di protezione sussidiaria, è richiesto, in ogni caso, un reddito non inferiore al doppio dell’importo annuo dell’assegno sociale. ai fini della determinazione del reddito si tiene conto anche di quello complessivo dei familiari conviventi con il richiedente. in conformità con quanto previsto dalla normativa europea, ai sensi dell’art. 29-bis, lo straniero al quale è stato riconosciuto lo status di rifugiato può richiedere il ricongiungimento familiare senza dover dimostrare i requisiti sopra menzionati, condizioni il cui soddisfacimento viene tuttavia richiesto ai beneficiari della protezione sussidiaria. i legami di parentela con figli e genitori, qualora non possano essere documentati in modo certo mediante certificati o attestazioni rilasciati da competenti autorità straniere, per mancanza di un’autorità riconosciuta, o comunque quando sussistano fondati dubbi sull’autenticità di tale documentazione, le rappresentanze diplomatiche o consolari provvedono al rilascio di certificazioni, sulla base dell’esame del Dna effettuato a spese degli interessati53. in conformità con quanto previsto dalla normativa europea che, in caso di rifugiati, impone agli stati una flessibilità nel valutare i mezzi di prova, ai sensi dell’art. 29-bis del testo unico, qualora un rifugiato non possa fornire documenti ufficiali comprovanti i suoi vincoli familiari, in ragione del suo status, ovvero della mancanza di un’autorità riconosciuta o della presunta inaffidabilità dei documenti rilasciati dall’autorità locale, le rappresentanze diplomatiche o consolari provvedono al rilascio di certificazioni sulla base delle verifiche ritenute necessarie, effettuate a spese degli interessati. può, altresì, essere fatto ricorso ad altri mezzi atti a provare l’esistenza del vincolo familiare, tra cui elementi tratti da documenti rilasciati dagli organismi internazionali ritenuti idonei dal ministero degli affari esteri. È inoltre specificato che la richiesta non può essere rigettata unicamente a causa dell’assenza dei documenti probatori. allo straniero che ha fatto ingresso in italia con visto di ingresso per ricongiungimento familiare viene rilasciato un permesso di soggiorno per motivi familiari che ha la stessa durata del permesso di soggiorno del familiare in possesso dei requisiti del ricongiungimento e che consente l’accesso ai servizi assistenziali, l’iscrizione a corsi di studio o di forR I T R O VA R S I P E R R I C O S T R U I R E Il Ricongiungimento famigliare nell’ordinamento Italiano 50 CAPITOLO II - QUADRO NORMATIVO DI RIFERIMENTO Il Ricongiungimento famigliare nell’ordinamento Italiano mazione professionale, l’iscrizione nelle liste di collocamento, lo svolgimento di lavoro subordinato o autonomo54. per quanto riguarda i titolari dello status di rifugiato e di protezione sussidiaria il d. lgs. 251/2007, al già citato art. 22, prevede il diritto all’unità familiare dei titolari di protezione internazionale e stabilisce che i loro familiari che, come tali non hanno diritto allo status, godono dei medesimi diritti riconosciuti al titolare55. un’ultima menzione va all’art. 30 del testo unico sull’immigrazione56 che, oltre a indicare i sopracitati diritti spettanti allo straniero che abbia fatto ingresso in italia con visto per ricongiungimento, disciplina il diritto all’unità familiare dello straniero. tale diritto, in base all’art. 28 del citato testo, è riconosciuto ai cittadini di paesi terzi titolari in italia del permesso di soggiorno Ce per soggiornanti di lungo periodo o di permesso di soggiorno di durata non inferiore ad un anno rilasciato per motivi di lavoro subordinato o autonomo, ovvero per asilo, protezione sussidiaria, studio, ricerca scientifica, motivi religiosi. Come si può notare, l’esercizio del diritto all’unità familiare presuppone la titolarità di determinate tipologie di permesso di soggiorno, di validità predeterminata non inferiore ad un anno, traducendosi, implicitamente, nella richiesta di un livello minimo di stabilità al momento della domanda. l’art. 30 del testo unico prevede il rilascio del permesso di soggiorno per motivi familiare in favore di: stranieri regolarmente soggiornanti da almeno un anno che abbiano contratto matrimonio nel territorio dello stato con cittadini italiani o di uno stato membro dell’unione europea, ovvero con cittadini stranieri regolarmente soggiornanti; genitore straniero, anche naturale, di minore italiano residente in italia (in tal caso il permesso di soggiorno per motivi familiari è rilasciato anche a prescindere dal possesso di un valido titolo di soggiorno, a condizione che il genitore richiedente non sia stato privato della potestà genitoriale secondo la legge italiana); familiare straniero regolarmente soggiornante, in possesso dei requisiti per il ricongiungimento con il cittadino italiano o di uno stato membro dell’unione europea residenti in italia, ovvero con straniero regolarmente soggiornante in italia. Qualora detto cittadino sia un rifugiato si prescinde dal possesso di un valido permesso di soggiorno da parte del familiare. Procedura di ricongiungimento familiare secondo l’art. 29 del testo unico e l’art. 6 del d.p.r. n. 394/1999 e succ. mod., la richiesta di nulla osta al ricongiungimento familiare, corredata della documentazione relativa ai requisiti di reddito, alloggio e assistenza sanitaria di cui al comma 3 dell’art. 29 (tranne nel caso del 51 R I T R O VA R S I P E R R I C O S T R U I R E CAPITOLO II - QUADRO NORMATIVO DI RIFERIMENTO rifugiato), deve essere presentata presso lo sportello unico immigrazione della prefettura competente per il luogo di dimora del richiedente al quale viene rilasciata una copia contrassegnata con timbro datario e sigla del dipendente incaricato del ricevimento della stessa. all’atto della presentazione di tali documenti devono essere altresì consegnate le copie del permesso di soggiorno e del passaporto nazionale o del documento di viaggio. in realtà, dal 10 aprile 2008, tale richiesta è presentata dallo straniero solo per via telematica, o in via autonoma, con il proprio computer, oppure facendosi assistere nella compilazione da associazioni autorizzate o dai patronati. una volta inviato il modello di richiesta lo straniero attende la data di convocazione presso lo sportello unico per l’immigrazione per la consegna della documentazione. lo sportello unico chiede il parere della Questura sull’esistenza di motivi ostativi all’ingresso dello straniero nel territorio nazionale, ovvero qualora lo straniero non soddisfi i requisiti richiesti oppure quando sia considerato una minaccia per l’ordine pubblico o la sicurezza dello stato o di uno dei paesi dell’area schengen. lo sportello unico, acquisito dalla Questura il parere sull’insussistenza dei motivi ostativi all’ingresso e verificata l’esistenza dei requisiti di alloggio, reddito e assicurazione sanitaria, ove richiesti, rilascia il nulla osta ovvero un provvedimento di diniego dello stesso. ottenuto il nulla osta, che potrà essere utilizzato entro centottanta giorni dalla data del rilascio, lo straniero in italia deve inviarlo in originale al familiare da ricongiungere che dovrà presentarsi presso la rappresentanza diplomatica italiana dove questi si trova. in alternativa il nulla osta può essere inviato direttamente alla rappresentanza diplomatica. il rilascio del visto nei confronti del familiare per il quale è rilasciato il nulla osta è subordinato all’effettivo accertamento dell’autenticità, da parte dell’autorità consolare italiana, della documentazione, presentata dal familiare all’estero, comprovante i presupposti di parentela, coniugio, minore età o stato di salute. trascorsi centottanta giorni dalla richiesta del nulla osta, l’interessato può ottenere il visto di ingresso direttamente dalle rappresentanze diplomatiche e consolari italiane, dietro esibizione della copia degli atti contrassegnata dallo sportello unico per l’immigrazione, da cui risulti la data di presentazione della domanda e della relativa documentazione. in relazione ai tempi di rilascio del visto, un’importante sentenza del tribunale di milano ha riconosciuto il diritto dello straniero, che aveva fatto richiesta di ricongiungimento, al risarcimento per il danno subito dovuto all’attesa di due anni per il rilascio del visto di ingresso a causa della impraticabilità, da parte del Consolato italiano a tangeri, di effetR I T R O VA R S I P E R R I C O S T R U I R E Il Ricongiungimento famigliare nell’ordinamento Italiano 52 CAPITOLO II - QUADRO NORMATIVO DI RIFERIMENTO tuare le verifiche in capo ai vincoli familiari57. avverso il diniego del nulla osta al ricongiungimento familiare e del permesso di soggiorno per motivi familiari, e per tutti gli altri provvedimenti amministrativi dell’autorità amministrativa in materia di diritto all’unità familiare, l’interessato, ai sensi dell’art. 30 (6) del testo unico, può presentare ricorso al pretore del luogo in cui risiede, il quale provvede, sentito l’interessato, nei modi di cui agli articoli 737 e seguenti del codice di procedura civile. il decreto che accoglie il ricorso può disporre il rilascio del visto anche in assenza del nulla osta. si consideri, inoltre, che la richiesta di ricongiungimento viene respinta ai sensi dell’articolo 29 (9) del testo unico laddove è accertato che il matrimonio o l’adozione hanno avuto luogo al solo scopo di consentire all’interessato di entrare e soggiornare nel territorio dello stato. Note 40 art. 2 par. e) del d.lgs. n. 5/2007. art. 2.par. f) del d.lgs. n. 5/2007. 42 Decreto legislativo 25 luglio 1998 n. 286 e successive modifiche. D’ora in avanti “testo unico sull’immigrazione”. 43 Corte Costituzionale, ordinanza n.335 del 26 settembre 2007. 44 art. 29 (2) del testo unico sull’immigrazione. 45 Corte di Cassazione, sentenza n.7472 del 20 marzo 2008, sezione prima Civile. mediante tale istituto il minore, per il quale non sia possibile attribuire la custodia ed assistenza nell’ambito della propria famiglia legittima, può essere accolto da due coniugi od anche da un singolo affidatario che si impegnano a mantenerlo, educarlo ed istruirlo, come se fosse un figlio proprio, fino alla maggiore età, senza però che l’affidato entri a far parte, giuridicamente, della famiglia che così lo accoglie. 46 tribunale di parma, sentenza n. 2436 del 16 maggio 2011. 47 art. 29-bis (3) del testo unico sul’immigrazione. 48 tale possibilità è prevista dall’art. 4 par. 5 della direttiva 2003/86/Ce. 49 art. 29 della Costituzione italiana. 50 Corte di Cassazione, sent. 6441/2009, sezione prima Civile. il caso di specie riguardava la richiesta presentata per un cittadino neozelandese, riconosciuto come “partner di fatto” dalla legislazione del proprio paese. 51 una previsione volta a limitare la possibilità di ricongiungimento in caso di matrimonio poligamo si riscontra anche all’art. 4 (4) della direttiva 2003/86/Ce. 52 la Corte di Cassazione ha chiarito che al fine di ottenere il nulla-osta al ricongiungimento familiare non occorre un contratto di lavoro di almeno un anno, essendo sufficiente dimostrare la disponibilità di un reddito derivante da fonti lecite (anche da più rapporti di lavoro) di importo non inferiore all’assegno sociale (Corte di Cassazione, sentenza n. 11803 del 17 gennaio 2009, sezione prima Civile). 53 art. 29 (1-bis) del testo unico sull’immigrazione. 54 art. 30 (1, a), (2) e (3) del testo unico sul’immigrazione. 55 tale previsione non si applica nel caso di familiari che sono o sarebbero 41 53 R I T R O VA R S I P E R R I C O S T R U I R E CAPITOLO II - QUADRO NORMATIVO DI RIFERIMENTO esclusi dallo status di rifugiato o dalla protezione sussidiaria ai sensi degli articoli 10, 12 e 16 del d. lgs 251/2007. 56 Decreto legislativo 25 luglio 1998 n. 286 e successive modifiche. 57 tribunale di milano, sentenza n. 8090 del 6 luglio 2007. R I T R O VA R S I P E R R I C O S T R U I R E Procedura di ricongiungimento familiare 54 CAPITOLO III Dove la prassi ostacola il diritto maria giovanna Fidone 55 CAPITOLO III - DOVE LA PRASSI OSTACOLA IL DIRITTO Ostacoli e problematiche burocratiche, amministrative e legali videnziamo qui alcune delle maggiori problematiche rilevate durante lo svolgimento del progetto “ritrovarsi per ricostruire” nella gestione delle procedure di ricongiungimento familiare nei paesi d’origine o permanenza dei familiari in via di riunificazione. e 1 - Il rispetto del principio della residenza e/o della dimora legale nell’accertamento della competenza dell’ambasciata italiana a rilasciare il visto: il principio della competenza territoriale legato alla residenza ha spesso determinato problematiche significative rispetto alla possibilità di ricongiungimento dei familiari dei titolari di protezione internazionale. il Codice Visti ha in parte smussato tale principio inserendo la possibilità per il consolato coinvolto di considerare il requisito della presenza legale in luogo della residenza laddove il richiedente abbia giustificato la domanda presso il consolato. in alcuni casi si è reso, però, necessario l’intervento del Cir per risolvere tale problematica laddove i familiari si trovavano in un paese terzo e il nostro Consolato era impossibilitato a verificare la veridicità e legittimità dei documenti esibiti. portiamo l’esempio pratico di familiari afgani presenti in iran, o di eritrei in sudan o in uganda, dove si è dovuto ricorrere- anche con il “conforto teorico” del Centro visti mae- alla certificazione dello status di rifugiato da parte dell’unhCr locale, per poter successivamente avviare la procedura presso il nostro Consolato ai fini della dimostrazione della dimora legale nel paese terzo. l’intervento congiunto del Cir e 57 R I T R O VA R S I P E R R I C O S T R U I R E CAPITOLO III - DOVE LA PRASSI OSTACOLA IL DIRITTO dell’unhCr ha garantito, nella maggior parte dei casi seguiti, il successo finale delle procedure avviate. in un caso, in iran, dopo un primo rifiuto del Consolato di accettare la richiesta di visto di una coniuge afgana, la situazione è stata alla fine risolta positivamente, insistendo con l’argomentazione della presenza legale nel paese grazie al visto temporaneo di ingresso in qualità di studente, di cui era titolare la persona coinvolta. Ostacoli e problematiche burocratiche, amministrative e legali 2 - Carenza o insufficienza documentale circa la prova dei legami familiari: si sottolinea come il test del Dna venga spesso utilizzato anche quando non necessario o indispensabile e questa prassi costituisce un problema particolare laddove, in assenza di figli, non è possibile produrre alcuna prova documentale di un legame famigliare. Diversi sono stati i casi di rifugiati e titolari di protezione sussidiaria che hanno subito un rilevante rallentamento nel processo di ricongiungimento familiare perché il matrimonio, in accordo con gli usi e le consuetudini di alcuni paesi di provenienza (per es. eritrea, afganistan, Costa d’avorio, rep. Democratica del Congo, somalia, etc.), era stato contratto solo di fronte alle autorità religiose o a testimoni privati . in tal caso il matrimonio è ritenuto insufficiente come prova del legame familiare. in queste circostanze, il Consolato italiano ha tendenzialmente richiesto la registrazione dell’atto nei registri di stato civile a garanzia di una conformità giuridica comprovabile e non contraria all’ordine e sicurezza pubblica italiana. Questa richiesta ha determinato per molti rifugiati la difficoltà preliminare di dover fare riferimento alle autorità civili del proprio paese o del paese in cui è stato contratto il matrimonio, pena la non valutazione della procedura in Consolato. Frequentemente le difficoltà burocratiche, legate alla registrazione dell’atto, hanno portato diversi rifugiati, soprattutto di nazionalità eritrea, a dover contrarre nuovamente il matrimonio in un paese terzo, non essendo considerato valido il certificato religioso rilasciato nel paese di origine. in molti casi la nostra ambasciata a Kartum (sudan) non ha accettato la richiesta di visto di famigliari in ricongiungimento, perché si richiedeva la preliminare legalizzazione presso l’ambasciata eritrea in sudan del certificato religioso, sebbene il coniuge godesse di riconoscimento dello status di rifugiato da parte delle autorità sudanesi. per diversi mesi questo aspetto ha bloccato , ad es. diverse decine di ricongiungimenti familiari malgrado la mediazione che il Cir insieme a unhCr ha svolto con il Centro Visti del mae e la stessa ambasciata. Questo nodo si è definitiR I T R O VA R S I P E R R I C O S T R U I R E 58 CAPITOLO III - DOVE LA PRASSI OSTACOLA IL DIRITTO Ostacoli e problematiche burocratiche, amministrative e legali vamente sciolto solo dopo diversi interventi in tal senso. ad aggravare la situazione dei rifugiati eritrei in sudan è spesso stata anche la mancanza di un qualsiasi documento di viaggio su cui apporre il visto per ricongiungimento familiare. a seguito infatti dell’impossibilità della delegazione dell’unhCr sudan di rilasciare i CtD (Convention travel Document) ai rifugiati riconosciuti dalle autorità sudanesi ( che sarebbero competenti per tale rilascio), molti eritrei sono stati impossibilitati a esibire un documento di viaggio alternativo al passaporto nazionale, spesso non richiedibile- per ovvie ragioni- all’ambasciata eritrea in sudan. Dopo vari tentativi si è riusciti ad ottenere il rilascio da parte delle autorità diplomatiche italiane di un lasciapassare a validità limitata per l’italia sul quale apporre il visto di ingresso per quei familiari di cui la prova del legame familiare era stata già dimostrata legittima. anche per i somali la presentazione dei documenti necessari ad ottenere il visto è stata estremamente difficoltosa a causa delle note carenze amministrative del paese, che spesso non è in grado di produrre e rilasciare la documentazione necessaria al ricongiungimento familiare. inoltre, la spesa del test del Dna ha costituito spesso un ostacolo importante nella finalizzazione della procedura, limitando notevolmente il diritto alla riunificazione familiare. 3 - Consenso dell’altro coniuge da formalizzare presso la rappresentanza italiana nel caso di uscita di minori dal Paese: la problematica del consenso dell’altro coniuge all’espatrio dei figli ha coinvolto sia i minori il cui genitore era deceduto sia quelli per i quali uno dei genitori era comunque irreperibile. tale problematica ha ancora di più colpito i molti minori affidati informalmente ad amici o parenti in totale assenza di un tutore legale che rappresenti il genitore presso l’ambasciata, sia per fornire l’assenso all’espatrio sia per garantirne l’identità nel caso in cui il minore sia privo di passaporto. anche l’accertamento dell’identità del minore, privo di passaporto, ha pertanto costituito spesso un ostacolo insormontabile. in alcuni casi, come in etiopia o in sudan, il test del Dna ha garantito la certezza del legame familiare con il genitore in italia, e, di conseguenza, si è potuto procedere al rilascio di un lasciapassare specifico. in altri casi la situazione è stata risolta attraverso una procura notarile del genitore in italia, in favore di un familiare o persona di fiducia che a sua volta, in quanto tutore, ha seguito la richiesta di rilascio del documento presso le autorità nazionali. in un caso, sebbene in presenza del passa- 59 R I T R O VA R S I P E R R I C O S T R U I R E CAPITOLO III - DOVE LA PRASSI OSTACOLA IL DIRITTO porto e dopo aver effettuato il test del Dna, la necessità di avere il consenso dell’altro genitore per l’espatrio (impossibile da esibire per mancanza di riferimenti nel paese circa la morte o scomparsa dell’altro genitore) la difficoltà è stata superata attraverso la disponibilità del Consolato a voler valutare un’attenta ricostruzione della storia di asilo del genitore rifugiato in italia, con considerazione specifica della condizione di abbandono del minore da parte dell’altro genitore fin dalla nascita. il successo finale di questa complessa situazione, si è raggiunto anche grazie all’intervento dell’unhCr in merito alle dichiarazioni rese in sede di riconoscimento dello status, dichiarazioni che sono risultate coerenti con la versione attuale della madre rifugiata in italia. Ostacoli e problematiche burocratiche, amministrative e legali 4 - Scadenza documenti di viaggio la titolarità di un documento di viaggio scaduto del familiare ha costituito in taluni casi un ulteriore ostacolo allo sviluppo della procedura. nel caso di un rifugiato iraniano che voleva ricongiungersi con la moglie in possesso di passaporto scaduto da oltre 6 mesi e impossibilitata a rinnovarlo per chiari ostacoli dichiarati dal marito già in sede di intervista per il riconoscimento dello status e che riguardavano la sua impossibilità a depositare il proprio consenso al rinnovo presso la rispettiva rappresentanza in italia. la procedura è tuttora pending dopo diversi mesi dall’avvio. grazie alla collaborazione con il Centro Visti del mae e i costanti contatti con il Consolato italiano in iran la problematica sembra oggi in via di superamento. 5 - Altre difficoltà riscontrate molte delle problematiche esposte, si sono concentrate specificamente in alcuni paesi (sudan, Kenia, repubblica Democratica del Congo, afghanistan, Costa D’avorio), impegnando spesso gli uffici del Cir in collaborazione con l’unhCr e oim nell’individuazione di possibili soluzioni. se per il Kenia decine di istanze di rifugiati somali costituiscono un arretrato lentamente in via di superamento da parte dell’ufficio consolare di nairobi, in virtù, come ormai in molti paesi, di collaborazioni in outsourcing con servizi di società private (con spese maggiori a carico dei richiedenti), come nel caso specifico- il Visa Facility service- VFs che è subentrato in alternativa e ad integrazione alla presentazione diretta di richiesta visto al Consolato, è anche necessario sottolineare che spesso la specificità dei rifugiati viene forzatamente allineata a standard comuni agli altri richiedenti un visto per l’italia, rendendo difficile l’individuazione di soluzioni alternative. R I T R O VA R S I P E R R I C O S T R U I R E 60 CAPITOLO III - DOVE LA PRASSI OSTACOLA IL DIRITTO Ostacoli e problematiche burocratiche, amministrative e legali in alcuni paesi invece, come per la Costa D’avorio e anche durante la crisi umanitaria che l’ha caratterizzata per la guerra civile, la collaborazione con l’ufficio consolare è stata particolarmente efficace e mirata alla specificità della condizione dei rifugiati, anche con attenzione agli altri paesi di competenza diplomatica come la sierra leone e il Burkina Faso, permettendo lo sviluppo di procedure efficienti ed efficaci, che hanno rispettato tempistiche e caratteristiche documentali perfettamente aderenti alla realtà dei rifugiati e beneficiari di protezione sussidiaria. un intervento specifico per 6 familiari di eritrei sfollati dalla libia verso la tunisia (in particolare nel campo di shusha) è stato condotto dal progetto al fine di accelerare le procedure avviate già con la libia prima della crisi umanitaria. Diverse le difficoltà riscontrate con l’ufficio italiano a tunisi a motivo di una debole conoscenza delle problematiche dei rifugiati come stranieri particolarmente meritevoli di attenzione, che ha rallentato, sebbene non compromettendolo, il felice esito delle istanze presentate. 61 R I T R O VA R S I P E R R I C O S T R U I R E CAPITOLO IV Il punto di vista dell’UNHCR Fabiola Conti 63 R I T R O VA R S I P E R R I C O S T R U I R E Il punto di vista dell’UNHCR spesso il rifugiato è costretto a fuggire senza avere la sicurezza che anche la sua famiglia sia al sicuro o che un giorno potrà riunirsi a loro. una volta in salvo molti rifugiati non hanno più modo di mettersi in contatto con le persone a loro care per mancanza di riferimenti o perché hanno perso le loro tracce. la separazione dalla famiglia dovuta alla necessità di fuggire dal paese ha spesso conseguenze devastanti sulla psiche del rifugiato, sulla sua capacità di ricostruire un progetto di vita. la famiglia infatti gioca un ruolo fondamentale nell’aiutare il rifugiato a ridefinire la propria esistenza nel paese di asilo. ricongiungersi con la famiglia può inoltre attenuare il profondo senso di perdita che il rifugiato si porta dietro, essendo stato costretto a lasciare il suo paese, i suoi affetti, il suo lavoro e la sua identità culturale e lingustica, la vita che un tempo conduceva, per ricominciare in un paese dove tutto gli è estraneo e a volte ostile. Vi sono ostacoli purtroppo insormontabili dovuti alla situazione specifica del rifugiato, come ad esempio il fatto che alcuni stati prevedano un visto di uscita anche per i propri cittadini e molti ricongiungimenti familiari falliscono perché le autorità del paese ostacolano la partenza dei familiari del rifugiato. in altri paesi le donne non possono richiedere il passaporto senza il consenso scritto del marito o del padre, con il risultato che se questi è un rifugiato non può recarsi nell’ambasciata del paese di asilo per prestare tale consenso, vanificando in tal modo la possibilità di ricongiungimento. nei paesi dove sono in atto conflitti armati, le ambasciate sono spesso chiuse ed è impossibile ottenere il visto per il ricongiungimento. molto spesso in tali situazioni ai familiari non resta altra scelta che ricorrere ai trafficanti, rischiando la vita per poter scappare e tentare di raggiungere il paese di asilo o un paese confinante e ricominciare da lì la pratica di ricongiungimento. i 65 R I T R O VA R S I P E R R I C O S T R U I R E CAPITOLO IV - IL PUNTO DI VISTA DELL’UNHCR il ruolo dell’unhCr per quanto concerne la tutela dell’unità familiare deriva dal principio presente in molti strumenti internazionali secondo il quale la famiglia rappresentata il “nucleo naturale e fondamentale della società” e deve essere salvaguardata con appropriati interventi da parte dello stato e dalla società stessa. tale principio è solennemente proclamato nella Dichiarazione universale Diritti umani del 1948 (art. 16 comma 3). Detta necessità di salvaguardia trova ulteriore solenne conferma in due successivi strumenti adottati dall’assemblea generale delle nazioni unite nel 1966 – il patto internazionale sui diritti civili e politici (art. 23, comma 1) e il patto internazionale sui diritti economici, sociali e culturali (art. 10 comma 1). la maggior parte degli strumenti internazionali sui diritti umani contiene disposizioni per la protezione dell’unita familiare. per quanto riguarda la Convenzione del 1951 relativa allo status dei rifugiati, il principio dell’unità familiare viene affermato nell’atto Finale della Conferenza che ha adottato la Convenzione, al punto B): “Considerando che l’unità della famiglia, elemento naturale e fondamentale della società, è un diritto fondamentale del rifugiato e che questa unità è costantemente minacciata, e “Constatando con soddisfazione che, secondo il commento ufficiale del Comitato ad hoc sull’apolidia ed i problemi connessi i diritti dei rifugiati si estendono ai membri della sua famiglia, ed in particolare, per: 1) garantire l’unità del nucleo familiare del rifugiato, soprattutto nel caso in cui il capo famiglia possegga i requisiti necessari per l’ammissione in un paese; 2) garantire la protezione dei rifugiati minorenni, in modo particolare dei bambini non accompagnati e delle giovani, con speciale riferimento alla tutela ed alla adozione”. inoltre il Comitato esecutivo del programma dell’alto Commissariato (eXCom) ha adottato alcune conclusioni aventi ad oggetto il principio dell’unità familiare e la necessità di proteggere il rifugiato e la sua famiglia, soprattutto quando la persecuzione o la guerra ha portato ad una loro separazione. in particolare l’eXCom nelle sue conclusioni n. 24 (XXXii) sul ricongiungimento familiare e n. 88 (l) sulla protezione della famiglia del rifugiato, esorta gli stati ad applicare criteri liberali nell’identificazione di coloro che costituiscono la famiglia, la quale dovrebbe essere considerata sulla base della pratica sociale che può determinare il modo in cui le relazioni sono articolate, oltre che attraverso la prolungata dipendenza emotiva e la mutua accettazione delle relazioni. R I T R O VA R S I P E R R I C O S T R U I R E 66 CAPITOLO IV - IL PUNTO DI VISTA DELL’UNHCR l’unhCr promuove, dunque, una liberale e ampia definizione di “famiglia” tale da consentire ai rifugiati il mantenimento dell’unità famigliare secondo gli usi del loro paese d’origine, con particolare riguardo alle norme sociali e culturali di provenienza la conclusione eXCom n.104 pone inoltre l’accento sul ruolo positivo della famiglia nel facilitare una più rapida e agevole integrazione del rifugiato nel paese di asilo. la principale attività dell’unhCr per quanto concerne l’unità familiare si traduce principalmente nell’instaurare una collaborazione con lo stato di asilo e in particolare con le autorità competenti e le altre organizzazioni a tutela dei rifugiati al fine di facilitare e accellerare il ricongiungimento familiare, promuovendo un approccio coerente con i principi di diritto internazionale e con la spefica situazione del rifugiato. per tale ragione l’unhCr ha fattivamente e proficuamente collaborato con il Cir sia nell’ambito del progetto Ritrovarsi per Ricostruire che successivamente, al fine di monitorare le procedure di ricongiungimento familiare in italia di un numero cospicuo di rifugiati e gli eventuali ostacoli che il rifugiato incontra sul suo cammino dovuti spesso al divario tra il dettato normativo e la sua applicazione pratica. Come evidenziato nei capitoli precedenti, la legislazione italiana prevede meccanismi più favorevoli per il rifugiato. a differenza degli altri migranti e persino dei beneficiari di protezione sussidiaria, il rifugiato non è tenuto a dimostrare la disponibilità di un reddito e di un alloggio per effettuare il ricongiungimento familiare e inoltre in considerazione delle difficoltà che il rifugiato e i suoi familiari possono incontrare nell’ottenere documentazione dal proprio paese di origine, la normativa italiana prevede la possibilità di dimostrare tale rapporto di parentela attraverso altri mezzi di prova quando i certificati ufficiali non sono disponibili. tale trattamento più favorevole riguardante la prova del rapporto di parentela è applicata anche al beneficiario di protezione sussidiaria che è però a differenza del rifugiato, obbligato a dimostrare la disponibilità di un reddito e di un alloggio sufficienti. e’ opinione dell’unhCr che anche i beneficiari di protezione sussidiaria dovrebbero essere equiparati ai rifugiati anche relativamente ai presupposti di reddito e alloggio. in italia, si può idealmente suddividere la procedura di ricongiungimento familiare in due parti: la prima consistente nell’ottenimento del nulla osta al ricongiungimento familiare da parte del rifugiato in italia e la seconda attinente al rilascio del visto da parte del familiare nel suo paese di origine o in un paese terzo. 67 R I T R O VA R S I P E R R I C O S T R U I R E CAPITOLO IV - IL PUNTO DI VISTA DELL’UNHCR per quanto concerne la prima parte della procedura, non essendo previsto per il rifugiato la dimostrazione del reddito e dell’alloggio, di norma non vi sono particolari problemi nell’ottenimento di tale nulla osta. Di recente però un rifugiato ha chiesto l’intervento dell’unhCr in quanto lo sportello unico dove aveva presentato domanda condizionava il rilascio del suddetto nulla osta alla presentazione dei passaporti dei familiari del rifugiato nonostante la normativa italiana non preveda in questa fase della procedura il possesso di tale documentazione. inoltre diverse organizzazioni hanno segnalato alcuni disfunzioni riguardanti in particolare un sportello unico immigrazione che impiega mediamente un anno per il rilascio di tale nulla osta anche nei confronti dei rifugiati. una volta ottenuto il nulla osta al ricongiungimento, il rifugiato lo deve inviare al proprio familiare che deve recarsi in ambasciata italiana per iniziare la seconda fase della procedura di ricongiungimento finalizzata al rilascio del visto. Questa fase della procedura è particolarmente delicata e problematica perché è l’ambasciata d’italia che deve verificare i legami parentali e il possesso del documento di viaggio, documentazione che il rifugiato e i suoi familiari hanno spesso problemi ad ottenere. in merito ai legami familiari la legge italiana prevede per i rifugiati un onere della prova attenuato rispetto agli altri migranti, l’articolo 29bis prevede che per dimostrare il legame parentale [...]Puo’ essere fatto ricorso, altresi’, ad altri mezzi atti a provare l’esistenza del vincolo familiare, tra cui elementi tratti da documenti rilasciati dagli organismi internazionali ritenuti idonei dal Ministero degli affari esteri. Il rigetto della domanda non puo’ essere motivato unicamente dall’assenza di documenti probatori. in sede regolamentare non è stato chiarito quali possano essere gli altri elementi di prova e di conseguenza tale questione è lasciata all’interpretazione delle varie ambasciate d’italia competenti per il rilascio del visto. l’esistenza di relazioni familiari è un dato di fatto che dev’essere stabilito attraverso evidenze. esse possono avere la forma di prove documentali o di evidenze orali. riguardo alla situazione dei rifugiati, deve essere tenuto in considerazione che essi sono spesso obbligati a fuggire senza documenti personali. inoltre, in molti casi, i documenti di stato civile considerati rilevanti ai fini della procedura in alcuni paesi non vengono emessi. pertanto potrebbero verificarsi situazioni in cui il rifugiato può dimostrare relazioni solo attraverso un’evidenza orale. l’intervista ai membri della famiglia dovrebbe di norma costituire il mezzo primaR I T R O VA R S I P E R R I C O S T R U I R E 68 CAPITOLO IV - IL PUNTO DI VISTA DELL’UNHCR rio per stabilire relazioni familiari. laddove siano disponibili documenti, essi dovrebbero essere utilizzati come evidenze corroborative. Dovrebbe comunque essere prestata attenzione a evitare che, a causa della pressione per produrre tali documenti, i rifugiati siano indotti a compiere azioni rischiose. Questo potrebbe essere il caso, ad esempio, di azioni disperate per tornare a casa e/o rivolgersi alle autorità del paese d’origine, azione che potrebbe metterli a rischio di arresto, detenzione o di altre conseguenze sproporzionate, o nella disperazione di provare un legame familiare realmente esistente possano arrivare a produrre documentazione falsa. molte ambasciate fanno regolarmente ricorso al test del Dna per ovviare la mancanza di documentazione nel caso di un ricongiungimento che coinvolge un genitore con il figlio o nel caso di ricongiungimento tra congiunti quando dichiarano di avere un figlio in comune. in alcuni casi, è stato effettuato il test del Dna ad entrambi i congiunti con il figlio e in caso di esito positivo è stato presupposto che avendo un figlio in comune gli stessi fossero sposati. il test del Dna può essere invasivo e avere potenzialmente gravi conseguenze negative. D’altro canto esso può costituire la sola alternativa che consente di stabilire il legame familiare, nonostante ciò, al suo utilizzo per stabilire legami familiari nel contesto dei rifugiati si dovrebbe ricorrere con estrema cautela. si dovrebbe di norma fare affidamento su forme alternative di accertamento del legame parentale, interviste con gli individui interessati e altre forme di verifica delle asserite relazioni familiari. Quando l’evidenza è soprattutto corroborativa di relazioni presunte e non vi sono seri dubbi, dovrebbe essere accordato il beneficio del dubbio. Questo in ragione del fatto che il test del Dna può accertare solo i legami genetici ma non quelli affettivi e di relazione che sono alla base del concetto di famiglia. anche se il test del Dna smentisse qualsiasi legame di sangue, ciò non dovrebbe considerarsi dimostrazione definitiva di intento fraudolento, poiché potrebbero esservi altre ragioni per le quali il test ha dato esito negativo. la scoperta della mancanza di legame genetico tra un inconsapevole padre e suo figlio/a potrebbe minare irrimediabilmente il loro rapporto e determinare non solo il fallimento del ricongiungimento familiare ma la distruzione di riferimenti affettivi ed economici in modo irrimediabile. particolarmente problematico fu un caso seguito nell’ambito della colloborazione unhCr e Cir nel progetto Ritrovarsi per Ricostruire. un rifugiato aveva avviato la pratica di ricongiungimento con la figlia ado69 R I T R O VA R S I P E R R I C O S T R U I R E CAPITOLO IV - IL PUNTO DI VISTA DELL’UNHCR lescente che dopo la morte della madre viveva insieme alla famiglia del rifugiato nel paese di origine. essendo il rifugiato privo di documenti comprovanti la paternità, l’ambasciata ha richiesto il test del Dna a cui il rifugiato si è si è sottosposto con la serena convinzione che avrebbe dato esito positivo. purtroppo l’esito del test fu negativo e al dolore di scoprire che quella che considerava sua figlia non lo era dal punto di vista genetico, il rifugiato ha dovuto effettuare delle scelte dolorose al fine di evitare che la figlia ma in particolare la famiglia di lui venissero a conoscena dell’esito del test del Dna e potessero ripudiare la minore. in linea con quanto affermato in precedenza, si dovrebbe ricorrere al test del Dna per verificare relazioni familiari solo laddove rimangano seri dubbi dopo che siano stati esaminati tutti i tipi di prove o laddove vi siano forti indicazioni di intento fraudolento e il test del Dna sia considerato come l’unica risorsa attendibile per dimostrare o smentire la frode. nel contesto dei rifugiati, inoltre la natura delle relazioni familiari attribuite dovrebbe essere intesa sulla base del background sociale e culturale del rifugiato. si ritiene che i rifugiati saranno meno inclini a sostenere legami di sangue inesistenti laddove gli stessi possano essere fiduciosi che le persone che essi hanno sempre trattato e considerato come parte della famiglia e con cui hanno sviluppato forti vincoli personali, potranno essere considerate positivamente ai fini del ricongiungimento familiare. inoltre il test del Dna non dovrebbe ritardare ulteriormente il processo di riunificazione familiare, spesso già di per sé lungo. il costo di un test del Dna dovrebbe essere sostenuto dallo stato che richiede il test. i costi associati con i test del Dna richiesti dai rifugiati potrebbero essere cancellati per ragioni umanitarie o, il governo italiano potrebbe valutare la possibilità di rimborsarli successivamente. un ulteriore elemento da tenere in considerazione è lo stato di precarietà e insicurezza in cui vivono i familiari dei rifugiati sia nel paese di origine sia nel paese terzo in cui hanno cercato rifugio. il fatto che tra la richiesta del nulla osta al ricongiungimento e il rilascio del visto possano occorrere in alcuni casi degli anni può avere gravi conseguenze non solo sul rifugiato ma anche sulla vita dei familiari del rifugiato. nell’ambito della collaborazione Cir unhCr sul progetto Ritrovarsi per Ricostruire, fu particolarmente straziante il caso di un rifugiato che aveva avviato la pratica di ricongiungimento con la moglie che nel frattempo era riuscita a raggiungere il paese terzo, il Kenya. in tale paese era particolarmente difficoltoso riuscire ad ottenere in tempi brevi l’appuntamento con l’ambasciata d’italia per presentare il nulla osta ed avviare la pratica per il rilascio del visto. Durante i lunghi mesi di attesa R I T R O VA R S I P E R R I C O S T R U I R E 70 CAPITOLO IV - IL PUNTO DI VISTA DELL’UNHCR per l’appuntamento, la moglie del rifugiato che si trovava senza riferimenti in Kenya e in una situazione di estrema precarietà, fu violentata e rimase incinta. il rifugiato, appresa la notizia, ripudiò la moglie e per il tramite dell’associazione che lo seguiva inviò la richiesta di sospendere azioni a favore del ricongiungimento familiare a cui lui aveva intenzione di rinunciare. il divario tra la norma e la sua applicazione produce di fatto diverse distorsioni nel sistema italiano che necessitano di profonda riflessione e di un approccio alla questione che tenga in considerazione la specificità intrinseca del ricongiungimento familiare nel caso di rifugiati. 71 R I T R O VA R S I P E R R I C O S T R U I R E CAPITOLO IV Il punto di vista dell’ECRE intervista a anne Bathily a cura di Valeria Carlini 73 R I T R O VA R S I P E R R I C O S T R U I R E CAPITOLO V - IL PUNTO DI VISTA DELL’ECRE Intervista ad Anne Bathily, ECRE Per i rifugiati cosa rappresenta il ricongiungimento familiare? In primo luogo dobbiamo ricordare che nelle migrazioni forzate le famiglie sono spesso obbligate a separarsi. Per i rifugiati il ricongiungimento familiare è, in molti casi, l’unica possibilità per assicurare l’unità familiare e la sicurezza dei familiari lasciati nel paese di origine o durante il viaggio. Se confrontiamo la condizione dei rifugiati con quella dei migranti economici, che continuano ad avere una vita familiare, il ricongiungimento soprattutto in un momento iniziale è per loro una necessità vitale per mantenere unita la famiglia. Secondo, dobbiamo ricordare che la vita familiare è un diritto umano basilare riconosciuto dai trattati internazionali. La Dichiarazione Universale dei Diritti Umani definisce la famiglia come il nucleo naturale e fondamentale della società. Il diritto di rispettare la vita familiare è inoltre garantito da vari trattati regionali e internazionali sui diritti umani, incluso l’Art. 8 della Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo e l’Art. 7 della Carta dei Diritti Fondamentali dell’Unione Europea. Il ricongiungimento familiare può essere un facilitatore per l’integrazione? Se l’integrazione è la capacità di stabilirsi in un altro luogo e ricostruire una nuova vita, la mancanza di vita familiare, causata dall’impossibilità di ottenere il ricongiungimento, può essere un ostacolo enorme per l’integrazione dei rifugiati. Si può facilmente capire che è quasi impossibile partecipare attivamente in una società, fare piani per il futuro, interagire con le persone, se la mente è interamente occupata dalla paura che i tuoi familiari, parenti, figli possano essere in una condizione di bisogno da qualche parte, senza il sostegno necessario. Per noi questa idea è un incubo, per i rifugiati e i richiedenti asilo questa è la realtà. In questa prospettiva il ricongiungimento familiare è un aspetto chiave senza 75 R I T R O VA R S I P E R R I C O S T R U I R E CAPITOLO V - IL PUNTO DI VISTA DELL’ECRE il quale l’integrazione dei rifugiati è estremamente difficile. Questa è la ragione per cui il ricongiungimento familiare per i rifugiati non solo dovrebbe essere salvaguardato dalle leggi, ma dovrebbe anche essere facilitato nella pratica. Il che significa che gli Stati dovrebbero supportare il processo e mitigare gli ostacoli che minano la riunificazione. In questo senso, il processo di ricongiungimento familiare dovrebbe essere pensato al di là della specifica procedura che lo caratterizza. Le procedure d’asilo lunghe, la difficoltà per i richiedenti asilo di essere autonomi nella società di accoglienza, per esempio attraverso la possibilità reale di lavorare, sono fattori che non solo hanno un impatto negativo sulla salute mentale delle persone, ma anche sul loro processo di integrazione. Incidendo quindi sia sulla capacità di presentare e portare avanti la procedura per il ricongiungimento, ma anche sulla capacità di supportare i membri familiari una volta che sono finalmente arrivati nel Paese di accoglienza. Dobbiamo aggiungere che tutti questi ostacoli contribuiscono anche a diffondere una negativa immagine dei richiedenti asilo nelle società di accoglienza nelle quali sono spesso visti come un peso per i nostri sistemi di welfare. La realtà è che l’integrazione richiede un approccio integrativo, la si deve rendere possibile. L’integrazione è collegata con le Direttive Procedure e Qualifiche, e comincia con l’accoglienza dei richiedenti asilo. Il ricongiungimento familiare è parte di un problema più complesso. Intervista a Anne Bathily Quali sono gli ostacoli per un processo di ricongiungimento familiare di successo? Sono numerosi gli ostacoli legislativi e amministrativi che minano il diritto al ricongiungimento familiare: i pochi dati a nostra disposizione mostrano che anche quando gli Stati membri applicano previsioni più favorevoli per i rifugiati, nella pratica il ricongiungimento non è facilitato ed è un processo comunque traumatico. In primo luogo dobbiamo pensare alla durata del processo che può essere tra i 6 mesi, nel migliore dei casi, fino a 2/3 anni, tempo al quale si deve aggiungere la durata della procedura d’asilo. E durante questo periodo, estremamente lungo, sono molti gli ostacoli che i rifugiati devono affrontare. Ostacoli che cambiano da paese a paese. Il test DNA, per esempio. Ci sono paesi dove il test del DNA è obbligatorio e 11 Stati membri dove tale test non è richiesto, come ad esempio Francia, Germania, Islanda, Romania, Malta. Le Procedure applicate in questi paesi mostrano che questo test non è l’unica forma possibile di evidenza nel caso di riunificazione delle famiglie. Primo, dovremmo prendere in considerazione le implicazioni che il test del DNA può potenzialmente avere sul diritto alla privacy. Il test del DNA dovrebbe essere attentamente regolato al fine di prevenire ogni violazione e assicurare che il diritto all’unità familiare sia protetto. Il test del DNA, inoltre, può essere anche molto costoso e il ricongiunR I T R O VA R S I P E R R I C O S T R U I R E 76 CAPITOLO V - IL PUNTO DI VISTA DELL’ECRE Intervista a Anne Bathily gimento familiare non dovrebbe dipendere dalla possibilità economica dei rifugiati di poter sostenere finanziariamente questo test. Gli Stati dovrebbero prevedere un’assistenza economica nel caso questo test sia un requisito necessario per ottenere l’unità familiare. Hai introdotto il tema dei costi, cosa puoi dirci a proposito? La mancanza di un supporto economico per completare il processo spesso porta all’impossibilità di realizzare il ricongiungimento o al suo protrarsi nel tempo. I costi legati al ricongiungimento familiare includono i costi per presentare la domanda, quelli per i visti, per il viaggio e per il DNA, quando richiesto. A questo devono essere aggiunti, in alcuni casi, costi di viaggio e alloggio nei paesi in cui la richiesta per i visti deve essere presentata da parte dei familiari. C’è una crescente preoccupazione tra le organizzazioni che assistono i rifugiati sul costo totale del processo, che è considerato sproporzionato. In Olanda, per esempio, i rifugiati sono esentati dal pagare i costi legati alla domanda solo se la presentano entro 3 mesi dal riconoscimento dello status. In caso non applichino in questo arco temporale devono sostenere l’intero costo, che corrisponde ad almeno 1.250 €. Visto che la situazione economica di molti beneficiari di protezione internazionale è spesso molto precaria, i costi amministrativi e quelli correlati possono essere uno degli ostacoli maggiori per riunificare le famiglie e può anche spingere alcune famiglie nell’indigenza. Anche le differenti tipologie di nucleo familiare dovrebbero essere considerate in questo contesto. Per esempio, un genitore solo con figli piccoli potrebbe non essere in grado di avere accesso al mercato del lavoro e quindi a quei fondi necessari per il ricongiungimento. Ci sono Stati membri, Francia, Norvegia e Svezia, dove un supporto finanziario per il viaggio e il test del DNA è fornito attraverso l’OIM e altri come il Belgio, dove il supporto è dato direttamente dal Governo. Prassi come queste dovrebbero essere realizzate in un numero maggiore di Stati membri. E se invece andiamo a guardare alle questioni strettamente legali, quali sono i limiti della Direttiva? Se andiamo ad analizzare gli aspetti legali, nella Direttiva Europea troviamo due problemi fondamentali. Il primo è quello che riguarda i beneficiari della protezione sussidiaria. E’ infatti lasciata alla discrezionalità degli Stati Membri la possibilità di applicare ai protetti sussidiari le stesse condizioni dei rifugiati, che ricordiamo più favorevoli. Il secondo problema è il limite temporale di 3 mesi per i rifugiati per presentare la richiesta di ricongiungimento familiare con condizioni più favorevoli. I rifugiati hanno infatti diritto ad avere condizioni agevolate per quanto riguarda i requisiti alloggiativi ed economici. Ma queste previsioni, in accordo con l’Art. 12 della Direttiva Europea, sono previste obbligatoriamente 77 R I T R O VA R S I P E R R I C O S T R U I R E CAPITOLO V - IL PUNTO DI VISTA DELL’ECRE solo se il rifugiato applica entro 3 mesi dal riconoscimento dello status di rifugiato, altrimenti possono decadere. Questa clausola si applica ad esempio in Germania, Lituania, Estonia e Grecia. Mentre altri Paesi come Belgio, Polonia, Ungheria, Lussemburgo, hanno reso questo periodo più lungo. Per l’ECRE questa previsione è estremamente problematica perché non prende in considerazione la situazione specifica delle persone bisognose di protezione internazionale e gli ostacoli che possono affrontare. E’ una previsione che può rendere impossibile godere del diritto all’unità familiare a causa di ragioni che vanno al di là della possibilità di controllo e di intervento dei rifugiati. Sono varie le ragioni che possono ostacolare i rifugiati nel presentare la domanda di ricongiungimento nell’arco di questi 3 mesi: mancanza di informazione e assistenza nella procedura (specialmente per quanto riguarda i minori); la necessità di rintracciare membri della famiglia; la difficoltà nel presentare certi documenti (certificati di nascita, documenti di identità etc.); l’impossibilità di avere accesso alla documentazione che provi il legame familiare rilasciata dalle autorità persecutrici. In alcuni paesi membri come la Germania, la Finlandia e il Belgio, la domanda deve essere presentata dalla persona che vive fuori del paese di asilo. In Francia, i membri della famiglia devono richiedere un visto di lungo termine al Consolato Francese locale prima che una domanda di ricongiungimento possa essere depositata, ma bisogna considerare che in certi paesi di origine non ci sono ambasciate che accettino le domande. O ci può essere la mancanza di adeguati strumenti per raccogliere dati biometrici e altre informazioni richieste al fine di ottenere tali documentazioni. Inoltre, questo può implicare che alcuni membri della famiglia debbano viaggiare per lunghe distanze per raggiungere le ambasciate, con la conseguenza di avere costi aggiuntivi e problemi di sicurezza, specialmente per persone vulnerabili che spesso non sono in grado di intraprendere questi lunghi viaggi. Intervista a Anne Bathily Quali altri ostacoli si riscontrano nella Direttiva Europea? Un altro problema è la definizione di famiglia che la Direttiva restringe alla famiglia nucleare, limitata prioritariamente al coniuge e ai figli minori. Questa definizione è problematica, perché non prende in considerazione le differenze culturali e non considera come le strutture familiari siano profondamente diverse nelle aree di conflitto (ad esempio è comune che altri membri della famiglia prendano il ruolo di tutela quando i genitori muoiono o scompaiono). Comunque, la Direttiva consente agli Stati Membri di estendere il diritto al ricongiungimento familiare anche ai partner non sposati, figli adulti, parenti e altri familiari. In alcuni Stati membri, il ricongiungimento familiare è pertanto aperto a membri della famiglia diversi dai coniugi e figli minori (ad esempio parenti dipendenti, partner non sposati e i loro figli etc), ma i requisiti e le evidenze e la rigida interpretazione di dipendenR I T R O VA R S I P E R R I C O S T R U I R E 78 CAPITOLO V - IL PUNTO DI VISTA DELL’ECRE Intervista a Anne Bathily za può far si che il ricongiungimento familiare con alcune tipologie di parenti sia difficile da ottenere nella pratica. L’ECRE crede che la definizione di famiglia nucleare dovrebbe almeno essere ampliata e includere familiari conviventi non legalmente sposati, così come i figli discendenti da essi, partner dello stesso sesso conviventi e bambini che sono di fatto membri di una famiglia attraverso l’adozione, l’affidamento o altre forme di accordi di cura, sempre secondo il superiore interesse del minore. 11 Stati Membri includono nella definizione di famiglia anche partner non spostati. In Spagna, Svezia, Norvegia, Finlandia, Islanda, Olanda, Repubblica Ceca e Germania anche partner dello stesso sesso hanno diritto al ricongiungimento familiare. E per quanto riguarda invece i minori non accompagnati, quali sono gli specifici problemi? Rispetto ai minori non accompagnati, la definizione di parenti e i requisiti previsti dalla Direttiva Europea sono abbastanza limitanti. A causa di tali previsioni, la maggioranza dei Paesi Membri non include i fratelli tra le persone con cui i minori non accompagnati possono fare ricongiungimento e almeno 10 Paesi, inclusi la Norvegia, la Svezia, l’Italia e l’Austria, non prevedono la possibilità di ricongiungimento con i nonni, i tutori legali e altri parenti. Ci sono alcuni Stati, come l’Inghilterra, la Romania, la Repubblica Ceca che includono anche i fratelli minori e, infine, ci sono alcuni stati, come Spagna, Norvegia e Svezia che includono i fratelli minori, ma con specifici requisiti. L’ECRE vuole sottolineare che la limitazione del concetto di famiglia nucleare non riesce a tener conto e a corrispondere alle diverse esperienze che caratterizzano le vite dei rifugiati. Le relazioni che si creano nelle circostanze in cui vivono i rifugiati, nel paese di origine e nella fuga, dovrebbero essere riconosciute in ogni politica equa di ricongiungimento familiare indirizzata a migranti forzati. Inoltre, una definizione restrittiva di famiglia rischia di minare in modo critico l’effettiva integrazione dei rifugiati nel paese di accoglienza. A causa dell’esperienza dei rifugiati una più ampia definizione di dipendenza sarebbe necessaria, e dovrebbe includere non solo la dipendenza economica, ma anche quella emotiva, psicologica e fisica. I requisiti e le evidenze che riguardano la dipendenza dovrebbero non essere troppo stringenti per i beneficiari di protezione internazionale, a causa delle difficoltà ad ottenere tali prove in un contesto di fuga. Deve essere notato che l’Articolo 23(a) della Direttiva Qualifiche consente agli Stati Membri di adottare una interpretazione più ampia di famiglia e dipendenza dato che gli stessi possono decidere di assicurare il diritto all’unità familiare ad “altri congiunti che vivevano nel nucleo familiare al momento della partenza dal paese d’origine e che in quel momento erano completamente o principalmente a carico del beneficiario dello status di rifugiato o della protezione sussidiaria.” 79 R I T R O VA R S I P E R R I C O S T R U I R E CAPITOLO V - IL PUNTO DI VISTA DELL’ECRE Ritornando invece al problema delle persone con protezione sussidiaria, quali sono i limiti normativi e il loro impatto? La direttiva europea stabilisce che i beneficiari di protezione sussidiaria non sono soggetti alle stesse condizioni dei rifugiati. A loro possono essere richiesti, per ottenere il ricongiungimento familiare, dei requisiti aggiuntivi come ad esempio adeguate forme alloggiative, assicurazioni sanitarie e sufficienti risorse economiche per mantenere se stessi e i membri della propria famiglia. Questi requisiti sono ostacoli molto forti al raggiungimento della riunificazione familiare. Dobbiamo tenere presente che in molti Paesi membri la percentuale di riconoscimento della protezione sussidiaria è molto rilevante se comparata con quella di riconoscimento dello status di rifugiato. E i beneficiari di protezione sussidiaria hanno gli stessi bisogni dei rifugiati rispetto all’unità familiare. La protezione sussidiaria non è infatti uno status temporaneo e pertanto la possibilità di ottenere il ricongiungimento familiare dovrebbe essere pienamente garantita. L’ECRE ha lungamente lottato per garantire ai beneficiari di protezione sussidiaria gli stessi diritti sociali ed economici dei rifugiati perché affrontano gli stessi problemi e hanno gli stessi bisogni dei rifugiati, sono anch’essi migranti forzati. Rispetto a questo tema, l’ECRE accoglie positivamente i progressi fatti dalla Direttiva Qualifiche riguardo l’allineamento dei diritti tra le persone in protezione sussidiaria e i rifugiati. Rispetto al ricongiungimento familiare dobbiamo anche sottolineare che molti Paesi membri, in linea con quanto appena detto, applicano condizioni più favorevoli, infatti 14 paesi su 25 applicano le stesse condizioni per le persone in protezione sussidiaria e rifugiati. Ma sfortunatamente ci sono ancora 9 paesi dove i requisiti per le persone in protezione sussidiaria sono più severi. I requisiti aggiuntivi implicano che alle persone in protezione sussidiaria possa essere di fatto impedita la fruizione di questo diritto umano basilare. Intervista a Anne Bathily Quale è lo stato dell’arte del processo di armonizzazione europea sul tema del ricongiungimento familiare? Finora non c’è stato un processo di armonizzazione sul ricongiungimento familiare. La sola armonizzazione che possiamo sfortunatamente constatare è il trend generale di politiche sempre più restrittive. Per esempio, nel 2010 la Svezia ha introdotto requisiti legati alla condizione alloggiativa, un requisito prima non richiesto. E in Finlandia il luogo in cui deve essere ora presentata la domanda è l’Ambasciata del Paese di origine. Nel 2008 un rapporto della Commissione europea sull’implementazione della Direttiva sul ricongiungimento familiare ha fornito evidenze di una enorme disparità di applicazione tra i Paesi membri, riflettendo il basso livello di armonizzazione sul tema. Il Belgio e l’Olanda hanno spinto per riaprire la Direttiva con l’intento non di R I T R O VA R S I P E R R I C O S T R U I R E 80 CAPITOLO V - IL PUNTO DI VISTA DELL’ECRE Intervista a Anne Bathily armonizzarla, ma per abbassarne i criteri. Nel Giugno 2012 si è tenuta una pubblica audizione e la Commissione Europea ha deciso di non riaprirla. Ora è in corso un processo che dovrebbe produrre come risultato delle linee guida europee non vincolanti sul tema. Dopo l’audizione è stato infatti istituito, a seguito della richiesta di alcuni Stati membri, un gruppo di esperti su frode e abuso. Al contrario di quanto era stato inizialmente suggerito dalla Commissaria Cecilia Malmström, la società civile purtroppo finora non ha preso parte a questa discussione. La Commissione Europea è disponibile ad ampliare il dibattito ad altri temi, ma l’interesse degli Stati Membri è ancora focalizzato sul combattere gli abusi piuttosto che su altri temi. Dobbiamo assicurarci che tali linee guida coprano aspetti più ampi e che includano anche la possibilità di una reale fruizione del diritto all’unità familiare per le persone in protezione internazionale. A livello europeo le ONG hanno chiesto alla Commissione di fare un altro rapporto di valutazione e di lanciare procedure di infrazione contro gli Stati che non rispettano la Direttiva. Le procedure di infrazione sono uno strumento che potrebbe contribuite al raggiungimento di un’armonizzazione a livello europeo. Ma durante l’audizione pubblica di cui abbiamo parlato, è stato chiaro che la Commissione europea è riluttante ad aprire procedure di infrazione contro gli Stati membri, nonostante ci siano chiare evidenze di non conformità. Come il rapporto del 2008 prova, ci sarebbe stato spazio per queste procedure. E quali sono i paesi che dovrebbero essere considerati come buoni modelli rispetto al ricongiungimento? E’ difficile rispondere a questa domanda perché ci sono molti Stati Membri che, da una parte, applicano buone pratiche e, dall’altra, non hanno invece un approccio sensibile. Per esempio il Belgio da una parte non richiede il test del DNA, dall’altra ha ristretto la legge sulla riunificazione familiare, innalzando il requisito economico richiesto per le persone in protezione sussidiaria. Quali sono i punti deboli della legislazione europea? Il punto più debole della Direttiva europea è il margine di manovra e la discrezionalità che lascia agli Stati membri. Il problema non è infatti la Direttiva, che in se non è così male, ma la sua implementazione e le pratiche sviluppate a livello nazionale. La Direttiva non definisce criteri chiari, come ad esempio sui documenti di viaggio e i costi, sui requisiti richiesti e la durata della procedura. E tutto questo lascia agli Stati membri molto spazio per definire leggi e pratiche. Il problema è quindi l’implementazione della direttiva: quello che vediamo è che la Commissione europea è riluttante a interferire con le pratiche dei paesi membri, specialmente attraverso le procedure di infrazione. Ma dobbiamo ricordare che il monitoraggio e il controllo sulla conformità alle Direttive europee degli Stati Membri è parte 81 R I T R O VA R S I P E R R I C O S T R U I R E CAPITOLO V - IL PUNTO DI VISTA DELL’ECRE del mandato della Commissione. La Commissione europea dovrebbe fare proprio questo: dovrebbe controllare se gli Stati stanno o non stanno facilitando la vita dei rifugiati in accordo con le direttive comunitarie e le leggi internazionali. Intervista a Anne Bathily Quali possibili azioni possono essere perseguite a livello europeo? Se la Commissione europea non è disponibile a lanciare procedure d’infrazione, l’unico strumento europeo che può esere utilizzato è la Corte di Giustizia dell’Unione Europea. La Corte in un caso pilota sul ricongiungimento familiare ha identificato la “promozione del ricongiungimento familiare” come un obiettivo della direttiva e ha chiaramente indicato che non può essere applicata in modo da minare proprio questo obiettivo fondamentale e, di conseguenza, la sua efficacia. La Corte ha definito importanti principi, come quello che indica che il non riscontro di alcune evidenze non può essere ritenuto un ostacolo per raggiungere il ricongiungimento. Per esempio, la mancanza di documenti che provano il legame familiare in alcuni Stati può portare al rifiuto del ricongiungimento (avviene ad esempio in Spagna, Olanda, Svezia, Austria, Slovacchia, Romania, Malta e Grecia). Questo non è in accordo con la direttiva, come dicevamo la Corte Europea ha quindi chiaramente stabilito che la mancanza di evidenze per i rifugiati non può essere la base per il rifiuto del diritto di unità familiare. R I T R O VA R S I P E R R I C O S T R U I R E 82 APPENDICE 11 interviste a rifugiati ricongiunti a cura di Carla romito 83 R I T R O VA R S I P E R R I C O S T R U I R E APPENDICE - 11 INTERVISTE A RIFUGIATI RICONGIUNTI Premessa metodologica appendice che qui si propone rappresenta un tentativo di restituire il punto di vista di alcune persone, titolari di protezione internazionale, in merito alle problematiche procedurali e psicosociali emerse durante il percorso che ha condotto al ricongiungimento familiare. le operatrici del Cir hanno somministrato un questionario semistrutturato a circa 14 persone, di cui 2 ancora in attesa di vedere conclusa la procedura con l’arrivo dei familiari. risulta opportuno in questa breve premessa metodologica sottolineare che tali interviste sono state realizzate allo scopo di monitorare la condizione psicosociale di alcune delle famiglie coinvolte nel progetto “ritrovarsi per ricostruire”. gli incontri hanno rappresentato un’occasione di follow-up per il progetto. il questionario è stato strutturato nel tentativo di approfondire principalmente tre aspetti relativi al processo di ricongiungimento familiare. innanzitutto si è cercato di comprendere la situazione abitativa e lavorativa del rifugiato e gli eventuali cambiamenti intervenuti nell’organizzazione del suo quotidiano a seguito dell’arrivo dei familiari; in secondo luogo il questionario ha offerto la possibilità di esplicitare le criticità relative alla procedura burocratica di ricongiungimento. infine si è cercato, attraverso domande mirate, di far emergere il vissuto psicologico del rifugiato e dei suoi familiari nelle diverse fasi (prima, durante e dopo) del ricongiungimento familiare. le interviste sono state svolte senza l’ausilio di strumenti di registrazione; tale scelta è stata motivata dalla necessità di instaurare una relazione confidenziale con la persona al fine di evitare imbarazzi e forzature nel racconto. le note appuntate nel corso delle interviste dagli operatori sono state trascritte riportando il più fedelmente possibile la struttura del colloquio. se da un lato questa scelta ha contribuito ad una l’ 85 R I T R O VA R S I P E R R I C O S T R U I R E APPENDICE - 11 INTERVISTE A RIFUGIATI RICONGIUNTI impostazione informale dell’incontro, dall’altro lato è opportuno tener conto dei limiti intrinseci del processo di trascrizione del parlato. si noterà, infatti, che il linguaggio attribuito al rifugiato, nella versione testuale dell’intervista, è caratterizzato da un italiano quasi perfetto. inoltre, è opportuno esplicitare che tale passaggio dallo scritto al parlato è soggetto ad un processo interpretativo ad opera di chi effettua la trascrizione che può talvolta comportare una trasformazione del senso del discorso. nonostante i limiti appena esplicitati si ritiene che il risultato di questi incontri offra molteplici spunti di riflessione in merito alle criticità e alle potenzialità del percorso di ricongiungimento familiare. si ringrazia per la collaborazione nelle trascrizione delle interviste raccolte giancarlo Capozzoli R I T R O VA R S I P E R R I C O S T R U I R E Premessa metodologica 86 APPENDICE - 11 INTERVISTE A RIFUGIATI RICONGIUNTI 11 interviste a rifugiati ricongiunti Intervista 1 M. ha 26 anni è fuggito nel 2008 dalla Costa d’Avorio. Viene accusato di far parte della fazione dei ribelli opposta al governo; un giorno lo prelevano da casa con tutta la sua famiglia; viene incappucciato e rinchiuso in prigione. Lì subisce torture. Viene a sapere che la sua famiglia d’origine è stata sterminata. Un amico di suo padre gli offre aiuto. Riesce a scappare; si ferma in Mali dove riceve cure mediche e successivamente parte per l’Italia. Ottiene lo status di rifugiato nel 2009; dopo qualche mese fa richiesta di ricongiungimento con la moglie rimasta in Costa d’Avorio, unico congiunto sopravvissuto. Nel 2011 quest’ultima arriva in Italia. Al momento dell’intervista era presenta anche sua moglie A.; M. ha tradotto dal francese gli interventi di A. Qual è la tua attuale situazione lavorativa e abitativa? M: Dopo due tirocini effettuati tramite il Cir, sono stato assunto a tempo determinato presso un asilo nido, dove svolgo mansioni di giardiniere e tuttofare. abito con mia moglie in un piccolo appartamento nella periferia di roma. all’inizio pensavamo di andare fuori città, perché si spende meno; ma quest’appartamento è comodo perché con un autobus riesco facilmente a raggiungere l’asilo dove lavoro a pietralata. abbiamo una stanza in più che vorremmo affittare per riuscire a gestire meglio i soldi del mio lavoro. Quando mi arriva lo stipendio, vado a pagare l’affitto di 800 euro e dopo rimane molto poco. Cosa hai fatto per facilitare l’integrazione in Italia di tua moglie? M: mia moglie ha seguito un corso per imparare l’italiano, ma dopo tre mesi ha lasciato, non riusciva a concentrarsi e sentiva che non stava imparando niente. A: “ero troppo preoccupata per la situazione che vivevo a casa per riuscire a seguire il corso…” 87 R I T R O VA R S I P E R R I C O S T R U I R E APPENDICE - 11 INTERVISTE A RIFUGIATI RICONGIUNTI Intervista 1 Avete amici qui in Italia? M: non abbiamo amici, mia moglie non parla italiano, come fa a trovare degli amici? io lavoro tutto il giorno e non ho tempo per parlare con le persone. alcuni operatori del Cir ci hanno consigliato di frequentare dei centri di aggregazione giovanile dove potremmo incontrare altri ragazzi, anche italiani, della nostra età. Svolgi altre attività oltre al lavoro? M: a fine giornata lavorativa torno a casa a studiare, per conseguire la patente di tipo C, quella per poter guidare i camion. A: per non sentirmi troppo sola, esco, faccio una passeggiata, vado al mercato e intanto aspetto che mio marito ritorni. poi il fine settimana stiamo insieme, usciamo a fare un giro. Quali cambiamenti sono intervenuti nella tua vita in vista dell’arrivo di tua moglie? M: Quando mia moglie è arrivata in italia, io vivevo ancora presso il centro enea, quindi non potevamo stare insieme; per lei ho trovato una stanza in affitto presso una ragazza non italiana. A: ero appena arrivata, non conoscevo nessuno a parte mio marito, con lei non potevo parlare perché non ci capivamo, sono sorti dei problemi: diceva che aveva bisogno della stanza libera per un suo familiare; ma che potevo fare? Dove potevo andare? sono rimasta. una volta sono anche arrivati i carabinieri, loro non parlavano francese, io non capivo l’italiano, ho chiamato mio marito che era a lavoro e quando è arrivato alla fine i carabinieri erano già andati via. sono rimasta un anno in quell’appartamento con una persona sconosciuta e in quel periodo pensavo spesso di tornare in Costa d’avorio. sono venuta in italia per stare con mio marito ma vivevo invece con una sconosciuta con cui non riuscivo a comunicare. Credi che il ricongiungimento con tua moglie abbia facilitato o reso più complicata la tua vita e il tuo percorso di integrazione in Italia? M: avere qui con me mia moglie è semplicemente….la vita! adesso siamo in due, siamo di nuovo assieme e questo dopo 4 anni di lontananza mi sembra molto prezioso. inoltre deve immaginare cosa abbiamo vissuto non sapendo niente l’uno dell’altra. io giunto in italia stavo male, pensavo a mia moglie; avevo anche problemi di salute che aumentavano le mie preoccupazioni; dovevo prima di tutto riprendermi. avevo dimenticato il suo numero di telefono e non riuscivo a mettermi in contatto con lei. Quando mi veniva in mente un numero andavo a chiamare ma era sempre sbagliato. e lei credeva che io fossi già morto. poi finalmente me lo sono ricordato e la prima volta che sono riuscito a telefonarle lei non credeva che fossi io. e’ stato difficile, non si può nemmeno dire quanto! R I T R O VA R S I P E R R I C O S T R U I R E 88 APPENDICE - 11 INTERVISTE A RIFUGIATI RICONGIUNTI Intervista 1 Quando sono arrivato in italia, ero solo. non avevo più familiari al mondo, solo mia moglie che non riuscivo a contattare. stavo male, la mia testa stava male, prendevo delle medicine per dormire. Con il Cir ho seguito un corso di teatro che mi è stato molto utile; all’inizio non volevo andare, ma poi, il primo giorno, vedere che c’erano ragazzi africani in questo gruppo mi ha spinto ad aprirmi e mi ha aiutato molto. poi ho seguito il corso di italiano e questo mi ha dato la possibilità di poter cercare un lavoro. Quali sono le tue attuali preoccupazioni e quali le tue aspettative per il futuro? M: al momento va bene così, stiamo insieme e ci aiuta parecchio ad affrontare le difficoltà della vita. mi piacerebbe trovare un lavoro più stabile, anche se lavorare in un asilo nido a contatto con tanti bambini mi piace. Vorrei prendere la patente C per poter guidare i camion. in Costa d’avorio puoi guidare camion o taxi con la stessa patente, ma qui no. Quindi vorrei tentare questa strada. mia moglie ha lavorato per 6 anni come sarta in Costa d’avorio, e 1 anno come parrucchiera; è molto brava ma la difficoltà maggiore della ricerca di lavoro sta nella lingua e nel fatto che qui in italia non puoi semplicemente entrare in un laboratorio e chiedere di lavorare, come si fa in africa. aspettative? magari affittare la stanza o cambiare appartamento anche se prima di tutto penso sia più importante il lavoro. in un futuro, non troppo lontano, ci piacerebbe avere dei figli. e vederli crescere assieme a noi. Rispetto alle procedure per il ricongiungimento familiare, qual è stato il momento più difficile da un punto di vista pratico? M: al di là delle questioni burocratiche che abbiamo dovuto affrontare e che in realtà abbiamo risolto anche piuttosto velocemente, il problema vero è stato per mia moglie raggiungere l’aeroporto da casa sua. si immagini: in Costa d’avorio era scoppiata la guerra e tutte le strade che conducono all’aeroporto erano presidiate da uomini, militari mercenari venuti da fuori, che bloccavano l’accesso. ha dovuto pagare un tassista che parlasse inglese per poter arrivare all’aeroporto. i mercenari parlavano solo inglese e ammazzavano semplicemente per aver sentito qualcuno parlare francese. ero molto preoccupato, la notte prima non sono riuscito a chiudere occhio, poi finalmente è arrivata! Quando immaginava il ricongiungimento si aspettava che sarebbe stato più facile o più difficile di quello che poi realmente è stato? A: sono venuta qui solo per ritrovare mio marito, non avevo aspettative sull’italia, è come quando vai in un paese che non conosci, non sai cosa aspettarti. M: non abbiamo dovuto attendere molto, certo tutto può essere migliorato sotto questo punto di vista, ma l’importante era riuscirci senza 89 R I T R O VA R S I P E R R I C O S T R U I R E APPENDICE - 11 INTERVISTE A RIFUGIATI RICONGIUNTI correre altri rischi. le mie più grandi paure erano legate al fatto che c’era la guerra e le strade non erano sicure. Intervista 1 Ci sono stati problemi in termini pratici durante la procedura? M: non ho avuto particolari problemi con la richiesta del nulla osta e del visto, mia moglie ha lasciato il passaporto all’ambasciata e dopo 3 settimane l’hanno chiamata per dirle che era pronto e io ho seguito la procedura che mi dicevano al Cir. Dal Cir ho ricevuto un aiuto sostanziale, credo che senza non sarei riuscito a sbrigare le pratiche necessarie. gli ostacoli e i problemi che abbiamo affrontato fortunatamente ora sono alle nostre spalle. le pratiche burocratiche abbiamo potuto risolverle solo grazie all’aiuto del Cir. A: Difatti lui aveva sbrigato le pratiche qui in italia a me non restava cha andare in ambasciata con il passaporto, sono stati gentili, in poche settimane avevo tutti i documenti pronti. Su quale aspetto pensi dovrebbero concentrarsi gli sforzi delle organizzazioni come il CIR? M: Credo che il Cir faccia già molto, ma non è mai abbastanza. io sono stato aiutato dal momento in cui sono arrivato in italia. ho potuto studiare la lingua, ho potuto rivedere mia moglie e farla venire qui solo grazie ad organizzazioni come il Cir. l’attesa prima di ricongiungersi con le proprie famiglie, quando si è fuggiti da un posto di guerra e torture, è sempre lacerante. Voglio dire, io mi sentivo in salvo, è vero, ma a lei cosa era accaduto? tutto questo più la sofferenza già vissuta, è stata la causa del mio malessere, i primi tempi che ero qui. Cosa significava per te essere in Italia e sapere tua moglie nel paese d’origine? M: mi dava ansia. paura. terrore. sapevo quali torture psicologiche e fisiche avevo già subito io. ed il terrore che potesse accadere anche a lei, non mi ha lasciato dormire la notte. ancora oggi ogni tanto mi sveglio in preda al terrore. Quali erano le tue aspettative in quel periodo di attesa? M: la possibilità di vivere con la mia famiglia in un paese democratico e non violento era il mio desiderio principale. la possibilità di stare con mia moglie, senza la paura che da un giorno all’altro tutto ciò potesse improvvisamente finire. E tua moglie cosa pensava dall’altra parte? A: io volevo solo raggiungerlo. non avevo mai viaggiato prima, non sapevo niente dell’europa, dell’italia, sapevo solo che volevo rivederlo! M: Volevamo solo poter tornare a vivere insieme finalmente e costruire la nostra famiglia, realizzare i nostri sogni. R I T R O VA R S I P E R R I C O S T R U I R E 90 APPENDICE - 11 INTERVISTE A RIFUGIATI RICONGIUNTI Intervista 1 E adesso come state qui in Italia, avete preoccupazioni? M: Dopo quello che abbiamo subito in Costa d’avorio, le preoccupazioni di oggi sono poca cosa. naturalmente ci piacerebbe avere degli amici, incontrarli. Ci piacerebbe lavorare di più e permetterci una vita più dignitosa. in Costa d’avorio mia moglie ha studiato per diventare sarta. magari dopo aver imparato a parlare un po’ di italiano riuscirà a trovare anche un lavoro. ma per ora va già bene così. la preoccupazione maggiore è vivere comunque in un paese straniero dove non conosciamo nessuno, dove siamo sempre “stranieri”. mia moglie ha i genitori in Costa d’avorio e ogni tanto li chiama. gli racconta che va tutto bene e non gli dice dei problemi di lavoro. È stato così difficile, ma ora mi sembra che sia un nuovo inizio, che da quando è arrivata mia moglie possiamo ripartire. Vogliamo rimanere qui e vedere nascere e crescere qui i nostri figli. Quale aiuto hai ricevuto dal CIR? M: il Cir mi ha sostenuto nella ricerca di lavoro, e prima ancora nella mia formazione linguistica e professionale. ho potuto frequentare un corso di italiano. ho imparato tutto qui a leggere a scrivere. mi hanno aiutato a prendere la patente B. poi ho frequentato due tirocini formativi tramite cui sono riuscito anche a trovare il mio attuale lavoro. ed infine tramite il sostegno concreto del Cir, sono riuscito a trovare una casa dove vivere con mia moglie. il Cir infatti ha pagato la caparra e due mesi di affitto. 91 R I T R O VA R S I P E R R I C O S T R U I R E APPENDICE - 11 INTERVISTE A RIFUGIATI RICONGIUNTI Intervista 2 Intervista 2 P. proviene dalla Costa d’Avorio. È una ex diplomatica, giunta in Italia in missione per conto dell’ex Presidente ivoriano, ora destituito, Laurent Gbagbo. Nel marzo del 2011 mentre P. era in Italia il Presidente è caduto e il suo entourage è stato imprigionato e ucciso. P. ha deciso, per non rischiare la vita, di restare in Italia e chiedere asilo. La sua mansione all’interno del corpo diplomatico era quella di lavorare in uno specifico settore: “Società civile e azione umanitaria”. P. si trovava in Italia per negoziare l’acquisto di medicinali per la popolazione del suo paese. P. ha ottenuto lo status di rifugiato nel settembre del 2011 e a giugno del 2012 ha fatto richiesta di nulla osta per ricongiungere suo marito e i suoi tre figli. A causa dei disordini conseguenti alla caduta del presidente la sua famiglia è stata costretta a disperdersi.. Il padre di P. è stato ucciso, la madre è fuggiata in Ghana con una delle sue sorelle. Un’altra sorella si trova in Svizzera. Il marito e i figli di P. sono rimasti in Costa d’Avorio. P. è in attesa di ottenere i visti, ha già fatto richiesta alla Croce Rossa, tramite il CIR, per un contributo economico per acquistare i biglietti aerei. Come vivono i tuoi familiari l’attesa per il ricongiungimento? P: mio marito e i miei tre figli sono ad abidjan. mio figlio mi dice sempre, ogni volta che ci sentiamo al telefono “Mamma, quando possiamo venire allora! I miei bagagli sono già pronti”. ecco, non vedo l’ora di incontrarli e riabbracciarli di nuovo. mia madre e mia sorella invece sono dovute scappare in ghana. per loro la situazione in Costa d’avorio era insostenibile. Quali cambiamenti credi che ci saranno nella tua vita in vista dell’arrivo dei tuoi familiari? P: il fatto di vivere assieme, di nuovo, mi dà una gioia immensa. Voglio che i miei figli crescano qui. ed io sto facendo di tutto per permettere che loro abbiano una vita dignitosa e serena. anche se ora vivo in una casa con un’altra coppia molto gentile e cordiale con me, ho bisogno della presenza di mio marito e dei miei figli. la mia vita si riempirà con l’arrivo della mia famiglia. sentiamo la mancanza l’uno dell’altro. Quali sono le tue preoccupazioni al momento? P: sono ancora molto preoccupata, per la situazione nel nostro paese. la situazione che si sta vivendo in Costa d’avorio è drammatica. C’è una guerra, ci sono mercenari venuti da fuori che non esitano molto ad uccidere. e la polizia, la gendarmerie, non c’è più, quelli che dovrebbero proteggere sono gli stessi che minacciano. Ci sono troppe armi in circolazione. ecco qual è e sarà la mia preoccupazione finché non avrò riabbracciato mio marito e i miei figli. R I T R O VA R S I P E R R I C O S T R U I R E 92 APPENDICE - 11 INTERVISTE A RIFUGIATI RICONGIUNTI Intervista 2 E le tue aspettative? so che dovrò lavorare ancora di più per permettere ai miei figli di vivere con dignità, ma questo non mi spaventa. lavoravo per la rappresentanza diplomatica della Costa d’avorio. adesso invece voglio intraprendere una piccola impresa di prodotti biologici da vendere qui, in italia. tento di vendere i prodotti africani qui, ad esempio il sapone nero o il burro di karitè… Credi che il ricongiungimento con la sua famiglia faciliterà o renderà più complicato il tuo percorso di integrazione in Italia? P: non credo che la mia famiglia possa essermi di intralcio, tutt’altro. ho già imparato abbastanza bene la lingua, e so che mio marito dovrà fare lo stesso se vuole iniziare a lavorare quanto prima qui in italia. lui è un professore di filosofia, ma credo che dovrà adattarsi anche lui a fare qualcos’altro. Durante questa procedura per il ricongiungimento, qual è stato il momento più difficile da un punto di vista pratico? P: il momento più difficile è stato chiedere il visto per la prima figlia. lei è adottata e questo ha richiesto dei tempi più lunghi, per ottenerlo. infatti stiamo ancora aspettando. ma sono anche normali tempi burocratici, e non mi spaventa troppo, so che dovrò attendere un po’. Certo non è facile, e tanto più per una straniera, correre da un ufficio all’altro per presentare domande, compilare questionari. una particolarità che mi crea molta frustrazione è che sembra che gli impiegati degli uffici non abbiano loro stessi le informazioni, ti mandano da un ufficio all’altro, senza meta. anche in Costa d’avorio i tempi sono molto lunghi per ottenere qualcosa, ma almeno l’iter è chiaro dall’inizio. ma non mi abbatto, anzi, ormai mi sto abituando. C’è stato un momento difficile da un punto di vista emotivo? P: sì, quando mia madre e mia sorella hanno rischiato di essere arrestate senza motivo, ma soltanto perché io lavoravo con il precedente presidente. l’intervento di mio marito ha solo rinviato il peggio. Dopo che i militari erano andati a prelevarle a casa, non potevano più restare lì. e sono fuggite in ghana. inoltre la casa di mia madre era stata distrutta dai bombardamenti. prima di quel momento però ho passato un altro momento terribile: per molti mesi non ho avuto notizie dei miei familiari; non sapevo se erano vivi o morti e non potevo chiamare perché tutte le linee telefoniche erano controllate. poi la situazione si è andata stabilizzando. Hai avuto aiuto dal CIR o da altre organizzazioni? P: sì, l’ufficio legale mi ha sostenuta per quanto riguarda l’ottenimento dell’asilo e poi l’ufficio sociale mi ha aiutata per quanto riguarda il ricongiungimento, le pratiche, l’iter da seguire e soprattutto l’ottenimento di 93 R I T R O VA R S I P E R R I C O S T R U I R E APPENDICE - 11 INTERVISTE A RIFUGIATI RICONGIUNTI una casa in affitto. grazie al Cir ho potuto pagare il deposito cauzionale che era molto oneroso. adesso ho un amico e una sorella che vive in svizzera che mi aiutano per pagare l’affitto di 400 euro. il Cir mi ha aiutato anche da un punto di vista psicologico. posso descrivere l’aiuto del Cir in una parola: accoglienza, mi sono sentita accolta. adesso sto chiedendo aiuto alla Croce rossa per il pagamento dei biglietti aerei perchè il progetto del Cir si è concluso lo scorso giugno; il settore sociale del Cir ha inviato per mio conto una relazione sociale alla Cri: ora devo solo attendere le fotocopie dei visti e poi mi hanno detto che pagheranno almeno una parte dei biglietti. mio marito sta risparmiando il più possibile per arrivare a pagare quel che mancherà. Intervista 2 Cosa significa per te essere in Italia e sapere la tua famiglia lontana? P: ero e sono terrorizzata per quello che poteva accadere ai miei familiari. io qui sono in salvo, al sicuro e non sarò tranquilla finché anche loro non saranno qui. inoltre sono molto arrabbiata, per le cause che hanno portato alla guerra. Quali sono le tue aspettative per il futuro? P: adesso voglio solo dare un futuro ai miei figli, vederli crescere in pace, e sereni. non vedo l’ora di poterli riabbracciare tutti. Credo che il più piccolo che ha tre anni non veda l’ora di poter riabbracciare sua madre. ma anche gli altri, naturalmente. so che non sarà facile; ci saranno molte spese: la casa, la scuola, le medicine, ma non importa, voglio rivederli presto. R I T R O VA R S I P E R R I C O S T R U I R E 94 APPENDICE - 11 INTERVISTE A RIFUGIATI RICONGIUNTI Intervista 3 M. è un ragazzo di 21 anni di nazionalità etiope. La sua famiglia è di origini eritree, ma sono sempre vissuti in Etiopia ad Addis Abeba. Tali origini “straniere” rappresentano in Etiopia motivo di discriminazione e persecuzione. D’altra parte essendo di nazionalità etiope, M. e la sua famiglia non avrebbero mai potuto pensare di far ritorno in Eritrea perché non sarebbero stati accettati. Il padre di M. è stato ucciso nel 2006 e, a seguito dell’accaduto, la madre, temendo anche per le sorti del figlio ha deciso di farlo fuggire lontano. M. inizialmente non riusciva a capire la decisione della madre, ma arrivato in Sudan ha conosciuto molti ragazzi come lui etiopi di origine eritrea che fuggivano per le sue stesse ragioni. Qui ha capito i motivi che hanno spinto sua madre a compiere questa dolorosa scelta. M. è arrivato in Italia come minore e fino al raggiungimento della maggiore età ha abitato presso una casa d’accoglienza per minori. Nel 2008 ha ottenuto lo status di rifugiato. Nel 2010 ha presentato richiesta per ricongiungere sua madre che è arrivata nello stesso anno. Successivamente la madre ha richiesto il ricongiungimento delle figlie rimaste in Etiopia, arrivate in Italia a giugno 2012. Oggi M. lavora come tornitore e vive, con sua madre e le sue due sorelle, in un appartamento in affitto vicino Roma. Qual è la condizione attuale della tua famiglia? M: Viviamo tutti insieme vicino guidonia, in provincia di roma. io mia madre e le mie due sorelle. alla fine sono riuscito a farle venire in italia! io lavoro come tornitore, anche se nell’ultimo periodo l’azienda sta avendo molti problemi economici e non mi pagano da due mesi. mia madre vive a casa e sta cercando di imparare l’italiano e le mie sorelle sono appena arrivate. Quali cambiamenti ci sono stati nella tua vita con l’arrivo della tua famiglia? M: prima potevo vivere più “liberamente”, diciamo. lavoro in una azienda in periferia, e guadagnavo abbastanza bene, da poter uscire spesso con gli amici e avere una stanza tutta per me. mi divertivo come tutti i ragazzi, non so se mi capite (sorride). nonostante questo riuscivo comunque a spedire € 100-200 al mese alla mia famiglia in etiopia e quei soldi erano più che sufficienti per garantirgli di vivere bene. ma lì non potevano rimanere; era troppo pericoloso. ora ho il pensiero di mantenere la mia famiglia qui e i soldi non bastano mai. oggi ho un solo pensiero: pagare l’affitto, pagare l’affitto e pagare l’affitto. Questo è il problema principale che devo affrontare. e poi ora devo dar conto a loro dei miei spostamenti: “a che ora torni stasera?” mi dice mia madre. però sono molto contento, sono felice che siano qui. sono più sereno. Finché loro erano lì, io non potevo vivere serenamente. noi siamo originari 95 R I T R O VA R S I P E R R I C O S T R U I R E APPENDICE - 11 INTERVISTE A RIFUGIATI RICONGIUNTI dell’eritrea, e di conseguenza in etiopia vivevamo come profughi. Ci chiamano con disprezzo “meticci”. potevano cacciarci dalla casa che ci era stata assegnata in ogni momento, non ci sentivamo e non ci facevano sentire nella nostra terra. a roma è diverso. io lavoro da sei anni già, e a roma mi sento un re! ho molti amici e mi piace incontrarli. poi ora quando torno a casa dopo il lavoro, mia madre, che non lavora, mi fa trovare sempre la tavola pronta di cose buonissime! È davvero una bravissima cuoca! Intervista 3 Credi che il ricongiungimento con la tua famiglia faciliti o renda più complicata la tua integrazione in Italia e la qualità dalla tua vita? M: la mia integrazione no, non è più complicata nonostante il problema dell’affitto. Vivo e lavoro in italia da sei anni e mi sento perfettamente integrato. ho molti amici e con alcuni colleghi di lavoro abbiamo stretto dei rapporti molto profondi. Qualche complicazione in più c’è senz’altro. ecco, prima potevo divertirmi di più. adesso invece devo badare alle mie sorelle, loro sono piccole e ancora non parlano l’italiano. sono l’unico a lavorare e, tra affitto e le spese, alla fine restano pochi soldi per divertirmi. ecco se avessi una casa, anche piccola per tutti noi, non avrei altro da chiedere! Quali sono le tue attuali preoccupazioni? M: ho un lavoro che mi piace, sono soddisfatto. Da questo punto di vista non ho da lamentarmi. la mia preoccupazione, forse l’unica, è legata all’affitto. Qualche volta riesco a pagarlo con l’aiuto di un collega italiano che mi dà una mano. e poi ora con la crisi economica in corso, da un paio di mesi non ci danno lo stipendio. spero che la situazione cambi, presto. anche perché devo pensare alle mie sorelle, loro sono arrivate in italia solo da pochi mesi. Quest’anno non si iscriveranno neanche a scuola, ma per il prossimo anno dovrò pensarci. loro sono molto giovani e devono andare a scuola. per mia madre invece non sono preoccupato, lei si prende cura della nostra casa, cucina e ultimamente ha preso contatto con altri eritrei che vivono non lontano da noi e così qualche volta esce. Quali sono le tue aspettative? M: la mia aspettativa maggiore è ottenere la cittadinanza italiana. oramai mi sento romano! Vivo e pago le tasse qui già da sei anni. sono arrivato minorenne a lampedusa, dopo aver attraversato il deserto dall’etiopia. sono stato accolto qui e qui ormai voglio restare. anche se mi piacerebbe andare a visitare il mio paese, ma da cittadino italiano. Quando immaginavi il ricongiungimento ti aspettavi che sarebbe stato più facile o più difficile da un punto di vista delle procedure? M: io non avrei saputo cosa fare per fare venire la mia famiglia qui, e per questo il Cir mi ha aiutato molto. sapevo che non sarebbe stato facile, R I T R O VA R S I P E R R I C O S T R U I R E 96 APPENDICE - 11 INTERVISTE A RIFUGIATI RICONGIUNTI Intervista 3 perché lì eravamo profughi, e di conseguenza senza documenti. il momento più difficile è stato proprio ottenere un documento per la mia famiglia. E da un punto di vista emotivo? Come hai vissuto le attese? M: È stata dura! era una corsa contro il tempo perché il nulla osta stava per scadere. Quali sono stati i maggiori problemi che hai dovuto affrontare in termini pratici? M: per quanto riguarda la procedura di ricongiungimento, è stato difficile riuscire ad ottenere un documento per mia madre e le mie sorelle. loro non avevano “nessuna carta su cui stampare il permesso” per venire in italia. Questo ha richiesto un po’ di tempo e molta preoccupazione. alla fine, se mi ricordo bene, abbiamo telefonato con l’avvocato del Cir che ha sollecitato l’ambasciata italiana a rilasciare i documenti necessari. siamo riusciti ad ottenere i documenti solo qualche settimana prima che scadesse il nulla osta, quando oramai avevo perso le speranze. inoltre, ho dovuto pagare per l’esame del Dna, anche questo ha rappresentato un problema. il Cir comunque mi ha aiutato molto, anche concretamente, pagando ad esempio il biglietto aereo per mia madre. Quello per le mie sorelle invece l’ha pagato un mio zio che vive in sudafrica. lo stesso che mi ha aiutato quando sono scappato dall’etiopia, pagando il mio viaggio attraverso il deserto, per arrivare in libia e imbarcarmi per lampedusa. ecco forse questi sono stati i problemi maggiori in termini pratici che ho dovuto affrontare. inoltre, il Cir mi ha sostenuto concretamente pagando la caparra e due mesi di affitto. ma in sostanza sono stato aiutato per poter ottenere i documenti necessari a ricongiungermi con la mia famiglia. senza questo aiuto non credo che sarei riuscito a rivedere la mia famiglia. La tua famiglia è stata aiutata nel paese d’origine? M: la mia famiglia è stata aiutata principalmente da qualche parente. non hanno affrontato fortunatamente particolari ostacoli prima dell’arrivo. e poi ogni mese riuscivo a mandare loro del denaro. Cosa ha significato per te essere in Italia e sapere la tua famiglia nel paese d’origine? M: io ero in italia, ero salvo dopo un viaggio estenuante. solo per attraversare il deserto ci abbiamo impiegato ventidue giorni, su un bus pieno di ragazzi e uomini che come me scappavano. io non avevo capito cosa rischiavo lì. mia madre un giorno, mi ha affidato a certi uomini e mi ha detto” vai con loro, scappa”, e sono andato senza averci mai pensato prima. Da quel momento sono diventato uomo, avevo solo sedici anni. ho incontrato qualcuno che conoscevo anche solo di vista e mi hanno detto che i loro fratelli o i loro padri erano stati arrestati senza motivo o uccisi. allora ho capito davvero che dovevo fuggire. 97 R I T R O VA R S I P E R R I C O S T R U I R E APPENDICE - 11 INTERVISTE A RIFUGIATI RICONGIUNTI una volta arrivato in italia, sapere mia madre e le mie sorelle ancora lì, mi ha riempito di angoscia. non credo che devo aggiungere altro. Intervista 3 Quali sono le tue principali aspettative adesso? M: Qui la mia vita è completamente cambiata, ho molti amici, mi piace roma e mi sono anche fidanzato con una ragazza italiana, una studentessa di ingegneria. Chissà, poi con la mia famiglia riunita mi aspetto che tutti noi possiamo vivere serenamente: uniti. Cosa pensava la tua famiglia dall’altra parte? Avevano voglia di raggiungerti? M: loro volevano raggiungermi, certo. ma sapevano che non era semplice uscire legalmente dall’etiopia, capivano benissimo il motivo della lunga attesa. abbiamo aspettato insieme, e alla fine ci siamo riusciti. Quali erano le loro aspettative? M: Vivere insieme in una nostra casa, senza il rischio che possa arrivarequalcuno che ci cacci fuori solo perché stranieri. era quello che poteva accadere in etiopia, ogni giorno. E quali erano le loro preoccupazioni? M: la loro preoccupazione era di poter ottenere i documenti necessari per uscire dalla paura. Oggi reputi positivamente la scelta di aver fatto venire qui la tua famiglia? M: sì certo, sono felice di vivere con la mia famiglia e loro con me, qui. so che non è facile, visto che al momento lavoro soltanto io. ma ho molta voglia di lavorare, e guadagnare anche di più, per poter vivere anche un po’ più centrali. al momento non possiamo permetterci neanche una casa in periferia, per questo viviamo in provincia. Va bene così, per ora. Su quale aspetto pensi che dovrebbero concentrarsi gli sforzi delle organizzazioni come il CIR? M: Credo che forse un aiuto maggiore di organizzazioni come il Cir, che già fanno parecchio, dovrebbe concentrarsi anche sul “dopo”. Voglio dire, una volta che siamo qui, e abbiamo ottenuto il ricongiungimento e siamo riconosciuti come rifugiati, inizia una strada che è piena di ostacoli. R I T R O VA R S I P E R R I C O S T R U I R E 98 APPENDICE - 11 INTERVISTE A RIFUGIATI RICONGIUNTI Intervista 4 S. ha 30 anni è originario dell’Afganistan appartenente alla minoranza etnica araba. Suo padre e due dei suoi fratelli facevano parte di un partito islamico sunnita; Nel 2001 a seguito di alcuni scontri tra il partito islamico sunnita e il partito islamico hazara, il padre di S. e i suoi fratelli sono stati uccisi. S., pur non avendo mai svolto attività politica, è stato perseguitato ed è dovuto fuggire. Ha attraversato l’Afganistan, l’Iran, il Pakistan e la Grecia; è arrivato in Italia e ha proseguito il suo viaggio verso l’Olanda dove ha presentato richiesta d’asilo. Ha ricevuto diniego per cui S., nel 2005, è andato in Belgio per chiedere nuovamente asilo; da qui l’hanno rinviato in Olanda dove ha ricevuto un provvedimento di espulsione. Dopo essere stato respinto in Pakistan è ritornato in Afganistan presso la città dove viveva sua madre. È stato vittima di un attentato nella sua casa durante il quale sono stati uccisi quattro dei suoi sei nipoti. S., dopo essere stato gravemente ferito in un altro agguato, è scappato attraverso l’Iran, la Turchia e la Grecia giungendo nel 2007 in Italia. Ha presentato domanda d’asilo e dopo una lunga attesa nel 2009 ha ottenuto un permesso di soggiorno per protezione sussidiaria. Nel 2011 S. ha deciso di sposarsi, in Iran, con una donna che conosceva sin da quando era bambino. Le due famiglie si frequentavano da lungo tempo e una volta ripresi i contatti da adulti sono riusciti a mantenerli e coltivarli principalmente per mail. La moglie ha raggiunto S. in Italia nel novembre 2011 dopo una regolare procedura di riunificazione. Quale è l’attuale condizione della tua famiglia? S: lavoro come aiuto cuoco in un ristorante italiano a roma. mi piace il mio lavoro ed ho un buon rapporto con il mio capo. temo però che qualcosa possa cambiare perché negli scorsi mesi c’era pochissimo movimento nel quartiere; non so forse perché era estate ed essendo un quartiere abitato da persone ricche vanno tutti in vacanza. io e mia moglie abitiamo a settebagni in una casa piccola ma bella. abbiamo il contratto ma registrato con un affitto più basso rispetto a quello che paghiamo effettivamente. ho dovuto prendere questa casa prima di iniziare la pratica per il ricongiungimento perchè avendo un permesso per protezione sussidiaria dovevo dimostrare di avere i requisiti di reddito e alloggio. la casa si trova molto distante da dove lavoro ma ho uno scooter per cui posso muovermi liberamente. mi piace questa casa anche perché ho ottimi rapporti con alcune famiglie di vicini. Quando è arrivata tua moglie hai fatto in modo che potesse inserirsi nel contesto italiano? S: appena è arrivata ho iscritto mia moglie ad un corso di italiano, ma non si trovava bene, per cui l’ho iscritta ad un altro ma non sono riuscito a trovare una soluzione migliore per lei. non si sentiva molto tranquilla e io come marito non ho inisistito. Credo che mia moglie sappia benissimo che 99 R I T R O VA R S I P E R R I C O S T R U I R E APPENDICE - 11 INTERVISTE A RIFUGIATI RICONGIUNTI per essere indipendente deve conoscere la lingua. È mio dovere darle il tempo necessario. mia moglie parla pochissimo italiano però rispetto a qualche tempo fa accetta di guardare la televisione italiana. penso che si tratti di una cosa psicologica e non è perché non è brava, lei ha fatto l’università. Intervista 4 Quali cambiamenti ci sono stati nella tua vita con l’arrivo di tua moglie? S: non è cambiato niente per il lavoro e la casa; tutto era già sistemato. mia moglie è in attesa di un bambino; sono sicuro che l’essere una famiglia è sicuramente un motivo in più per aver a che fare con la società italiana, con i servizi, con la scuola ma, devo anche dire, che sono un po’ preoccupato per l’aumento delle mie responsabilità. nella mia cultura è l’uomo che si occupa di tutto, della casa, del lavoro e adesso che mia moglie è qui sento molto forte il mio dovere. non mi pesa il fatto di dover garantire a mia moglie le sue necessità, ho solo paura di non riuscirci. Quando immaginavi il ricongiungimento ti aspettavi che sarebbe stato più facile o più difficile da un punto di vista delle procedure? S: il ricongiungimento si è svolto senza particolari problemi, dopo nove mesi dal matrimonio mia moglie è arrivata in italia. la procedura è stata più facile rispetto a quello che mi immaginavo, avevo sentito di altri miei connazionali che hanno aspettato tantissimo. io sono riuscito ad insistere, nel senso che in certi uffici le cose non funzionano e bisogna provare tante volte prima di riuscire ad avere qualcosa. ognuno deve saper difendere se stesso. Su quale aspetto pensi che le organizzazioni come il CIR dovrebbero concentrarsi? S: secondo me la cosa più importante è dare informazioni chiare su come funziona, su come sarà la cosa, perché la conoscenza di cosa potrebbe accedere è fondamentale per prendere la decisione giusta. se conosci la strada, conosci il rischio e sei più preparato, più pronto. se invece un problema viene fuori solo dopo, allora soffrirai e penserai che non vuoi più questo. Cosa significava per te essere qui in Italia e pensare alla tua famiglia lontana? S: so che nove mesi di attesa non sono tanto lunghi, ma sono stati mesi pesanti. ogni volta che parlavo con mia moglie al telefono sentivo il dubbio da parte sua, la paura di potersi ritrovare a dover aspettare anche anni. Quando sono andato a sposarmi in iran, ho parlato chiaramente con mia moglie; le ho detto “tu sei pronta”, le ho parlato chiaro perché avevo vissuto l’esperienza negativa di alcuni amici e volevo evitare di non capirci. Chi sta fuori, aspettando di ricongiungersi, pensa che in europa tutto si fa velocemente. R I T R O VA R S I P E R R I C O S T R U I R E 100 APPENDICE - 11 INTERVISTE A RIFUGIATI RICONGIUNTI Intervista 4 Reputi positivamente la scelta di aver fatto venire tua moglie? S: penso che sia stata la scelta giusta. negli anni che ho vissuto in olanda, ho avuto delle ragazze olandesi, ma non pensavo di costruirmi una famiglia. in italia appena liberata la testa da tutti i miei pensieri del passato ho sentito la voglia di costruirmi un futuro come uomo. ho cercato una donna del mio paese perché la cultura orientale è meglio per gli orientali come la cultura europea è meglio per gli europei. un proverbio afgano dice: “uccelli con uccelli, galline con galline”. Quali sono le tue aspettative per il futuro? S: Beh aspettiamo questo bambino! Vorrei che potesse crescere normale, non in un canile, nel senso che vedo qui in italia molti bambini con tanti divieti. in afganistan fino ai 7 anni i bambini possono fare tutto quello che è gioco e conoscenza: giocare, sporcare, toccare, invece qui a sei mesi i bambini vanno al nido e lì ci sono delle regole. ti spiego, nel mio paese l’educazione funziona così: fino ai 7 anni il bambino ha diritto di giocare; dai 7 ai 14 vanno date le regole; dai 14 ai 21 vanno dati solo i consigli; dai 21 ci si deve fidare di noi stessi. 101 R I T R O VA R S I P E R R I C O S T R U I R E APPENDICE - 11 INTERVISTE A RIFUGIATI RICONGIUNTI Intervista 5 Intervista 5 M. proviene dalla Repubblica Democratica del Congo ed è stato riconosciuto rifugiato nel 2006. Nel 2011 ha deciso di ricongiungersi con sua moglie, le sue tre figlie e un nipote e ha seguito la procedura di ricongiungimento autonomamente, senza l’ausilio di alcuna associazione. M. si è rivolto al CIR per chiedere un supporto rispetto all’integrazione dei familiari appena ricongiunti che presentavano alcune problematicità, di cui M. racconterà nel corso dell’intervista. Quale è la tua attuale situazione lavorativa? M: lavoro come informatico free lance. principalmente mi occupo di creare siti web. Questo tipo di lavoro non è stabile e di conseguenza anche il guadagno non è regolare. nell’ultimo anno e mezzo il lavoro è diminuito e la situazione è diventata davvero molto difficile. poi è arrivata anche la mia famiglia e questo ha significato che le mie spese sono aumentate ancora di più. sono sempre fiducioso però; penso che riuscirò ad affrontare le spese facendo un po’ di sacrificio. Certo è che ogni spesa imprevista diventa un grande problema. Rispetto alla tua situazione abitativa, invece, qual è la situazione? M: Con la mia famiglia vivo in una casa a montelibretti. noi siamo in 6 e la casa è molto piccola, ma ci siamo organizzati per viverci perché l’affitto era molto basso. poi sono arrivati i problemi economici, mancavano i soldi e io non riuscivo più a pagare l’affitto a fine mese. Così il proprietario di casa ci ha spedito una lettera per dirci che dovevamo andarcene. a luglio poi è arrivato un ufficiale giudiziario che ci ha consegnato una lettera che diceva che dovevo presentarmi in tribunale perché il proprietario mi voleva mandare via. io non sapevo cosa fare, ma mi hanno detto che ormai non posso più risolvere questo problema perché quando sono andato in tribunale mi sono presentato senza avvocato. ora c’è una seconda udienza, ma penso che lascerò stare, non ci sono possibilità: devo lasciare la casa. sono molto preoccupato perché ho paura che la polizia venga in casa e ci mandi via con la forza. non so come le mie figlie reagirebbero e poi c’è anche mia nipote, che ha solo pochi mesi.. Credo che ora devo per forza cercare una nuova casa. sono stanco, non ho la forza per lottare per i miei diritti. potrei difendermi e dire che il proprietario di casa mi chiedeva di pagare in nero metà dell’affitto, ma non ce la faccio più. l’assistente sociale del Comune non può fare niente per me e allora ho deciso di spostarmi a roma e prendere la residenza in Via degli astalli; spero che l’assistente sociale del i municipio possa fare qualcosa per noi. Quali cambiamenti sono intervenuti nella tua vita in vista dell’arrivo della tua famiglia? M: non ci sono stati particolari cambiamenti prima dell’arrivo. Continuavo a fare lo stesso lavoro e a vivere nella stessa casa, perché, come R I T R O VA R S I P E R R I C O S T R U I R E 102 APPENDICE - 11 INTERVISTE A RIFUGIATI RICONGIUNTI Intervista 5 dicevo, costava poco. i cambiamenti sono arrivati dopo il loro arrivo e io non sapevo nulla dei problemi che ci sarebbero stati. appena mia moglie e le mie figlie sono arrivate le ho iscritte ad un corso di italiano, cercando di far capire loro l’importanza della conoscenza della lingua. poi ho mandato mia figlia più piccola a scuola, fa la i media. le altre due figlie invece hanno problemi e io proprio non me l’aspettavo. non sapevo che m., la più grande, era incinta e non sapevo che t. fosse malata di epilessia, ma loro, in africa, già sapevano tutto. t. aveva avuto delle crisi anche in Congo ma non ero stato informato di nulla. Quali sono stati i maggiori problemi di tipo pratico che hai dovuto affrontare nel procedimento di ricongiungimento familiare? M: non ho incontrato particolari problemi, non ho chiesto aiuto a nessuna associazione né per conoscere la procedura, né per le spese di viaggio. Ci sono stati dei ritardi nel rilascio dei visti alle ragazze perché mi sono state affidate e quindi l’ambasciata italiana doveva avere tutte le carte. le mie figlie sono state affidate a me e a mia moglie alla morte dei loro genitori. il padre naturale era il fratello di mia moglie. le bambine erano molto piccole, avevano una 6 anni, l’altra 5 e l’ultima 6 mesi:le abbiamo cresciute noi. C’è stato un momento difficile da un punto di vista emotivo durante la procedura per il ricongiungimento? M: il ritardo per i visti è stato vissuto molto male dalle mie figlie e da mia moglie che aveva già ottenuto l’autorizzazione a partire. per le ragazze l’iter si era bloccato. È stato pesante nei due mesi di attesa gestire a distanza le loro ansie e le loro paure di non riuscire a partire. Quali sono le tue preoccupazioni? M: l’arrivo di mia moglie e delle mie figlie è stato più difficile di quanto avessi immaginato. m. era incinta e t. era malata. non mi avevano detto nulla di questo e mi sono sentito veramente male. non mi sono arrabbiato e non ho fatto domande per capire chi avesse messo incinta mia figlia. non ho nemmeno litigato con mia moglie. mi sono trovato in questa situazione e l’ho dovuta affrontare. sono sollevato dal fatto che tutti questi problemi sono successi qui in italia, se succedevano in Congo probabilmente non avrei più rivisto le mie figlie. m. ha solo 16 anni e ora ha una figlia da crescere in un paese ancora sconosciuto, credo che io e mia moglie dobbiamo aiutarla perché da sola non ce la può fare. ha partorito prima del tempo ed è rimasta due mesi in ospedale. t. invece ha dovuto subire un intervento alla testa a causa di una forte crisi epilettica. il legame con le mie figlie non va ancora molto bene. loro non riescono a capirmi, credono che io faccia qualcosa di sbagliato quando dico di no; invece io lo faccio per loro. si creano delle incomprensioni perché la gente del mio paese che sta qua dice alle ragazze cose non vere; allora loro si aspettano cose che non esistono e io devo fare chiarezza. 103 R I T R O VA R S I P E R R I C O S T R U I R E APPENDICE - 11 INTERVISTE A RIFUGIATI RICONGIUNTI Quali sono le aspettative tue e della tua famiglia per il futuro? M: t. e m. non vogliono continuare a studiare, ma vogliono cercare il prima possibile un lavoro. un pò mi dispiace per questo, penso sia sbagliato perché non capisco come fanno a trovare lavoro senza studiare. però devo rispettare la loro decisione. mia moglie invece pensa che va bene per le ragazze cercare lavoro. a me piacerebbe che mia moglie finisse gli studi che aveva cominciato in Congo, perché le manca solo l’esame finale. le ho proposto di tornare in Congo a fare quest’ultimo esame, ma purtroppo devo fare i conti col fatto che non sta bene agli occhi della gente che una moglie torni in patria dopo aver raggiunto il marito. potrebbe far pensare male sul nostro matrimonio. R I T R O VA R S I P E R R I C O S T R U I R E Intervista 5 104 APPENDICE - 11 INTERVISTE A RIFUGIATI RICONGIUNTI Intervista 6 B. è un uomo di quarant’anni di nazionalità guineana. Nel 2005 è dovuto fuggire dal suo paese perché arrestato a causa del suo lavoro. Racconta di essere un fotografo di professione. Un giorno stava svolgendo un reportage fotografico nel luogo dove vi era stato un attentato contro il presidente, ma i militari, vedendolo, l’hanno arrestato. In prigione ha subito torture fisiche e psicologiche. Dopo due settimane il suo avvocato riesce a farlo uscire. Dopo un periodo in ospedale, B. prova a tornare a una vita normale; riapre il suo studio e torna a lavorare. I militari si presentano alla sua porta dicendogli che nessuno l’aveva autorizzato a riprendere la sua attività e lo riportano in prigione. B., insieme ad altre persone, riesce ad evadere e con l’aiuto di un amico raggiunge il Senegal. Dopo un breve periodo in Senegal, necessario per potersi riprendere fisicamente, B. parte per l’Italia. Nel 2006 riceve un permesso di soggiorno per protezione sussidiaria e dopo aver presentato istanza di ricorso, viene riconosciuto rifugiato nel 2011. La sua famiglia è dovuta fuggire in Sierra Leone, a seguito delle pressioni e delle minacce perpetrate dai militari. Nel 2012 la famiglia di B., composta dalla moglie e da due figli, si è riunita a seguito di ricongiungimento familiare. Quale è l’attuale condizione della tua famiglia? B: adesso viviamo tutti insieme, in una casa in affitto a pratica di mare, vicino a torvaianica, non lontano dal ristorante dove lavoro. io, mia moglie e i miei due bambini, i. e m.. mia moglie è incinta e a breve, ormai, arriverà anche il terzo figlio. Quali cambiamenti sono intervenuti nella tua vita a seguito dell’arrivo dei tuoi familiari? B: prima ero da solo, e questo è stato per molto tempo anche il motivo del mio malessere. avevo sempre dei fortissimi mal di testa, ma da quando loro sono qui sono passati e ho anche smesso di prendere le medicine che il dott. germani mi aveva prescritto e che prima mi erano indispensabili. Con questo non voglio dire che siano finiti i problemi, per niente! C’erano delle cose che non avevo preso in considerazione e che invece da quando la mia famiglia è qui devo affrontare. ma tutto passa, se dio vuole. Dovrei solo avere un po’ più di tempo per poter cercare un lavoro più pagato; ma per averlo dovrei avere più tempo invece devo sempre correre dappertutto per i miei ragazzi. per esempio li devo accompagnare a scuola perché è lontana da casa nostra. io ho fatto richiesta anche al Comune per poter avere lo scuola-bus, almeno così non dovrei più perdere tanto tempo per accompagnarli e andarli a prendere ogni giorno. Credi che il ricongiungimento con la tua famiglia abbia facilitato o reso più complicato il tuo percorso di integrazione in Italia e la qualità della tua vita? B: la mia vita, la nostra vita è migliorata, almeno qui siamo di nuovo tutti 105 R I T R O VA R S I P E R R I C O S T R U I R E APPENDICE - 11 INTERVISTE A RIFUGIATI RICONGIUNTI assieme. ma come dicevo, c’erano delle difficoltà pratiche che non avevo preso in considerazione. i bambini innanzitutto. accompagnarli e andarli a riprendere. ma non è solo questo: mia moglie è sempre a casa, da sola. in guinea abbiamo una grande famiglia, e stavamo sempre tutti insieme. lei invece ora non esce molto, e stare da sola non aiuta. si sente un po’ isolata. ma tutto passa, credo. io questo l’avevo solo immaginato. i primi mesi che ho trascorso in italia, anche io ero sempre da solo e non parlavo ancora l’italiano. solo dopo qualche mese ho sentito un ragazzo parlare il mio stesso dialetto e abbiamo fatto subito amicizia. Fu una grande emozione. anche lui è rifugiato, adesso ogni tanto ci vediamo, anche con sua moglie. i bambini invece vanno a scuola, e dopo un po’ di difficoltà iniziali, dovute alla lingua, adesso sono molto integrati; merito anche delle maestre che sono state davvero molto brave e hanno avuto molta pazienza con loro. sono stati inseriti a scuola subito dopo il loro arrivo l’anno scorso. Ci è stato consigliato però di far ripetere l’anno alla bambina, che è più piccola, mentre il maschio è passato in terza. io lavoro molto, e quando non lavoro, mi do da fare per cercare qualcosa che sia pagato meglio. in questo periodo lavoro come cuoco in un ristorante a ostia e così non ho molto tempo per incontrare gli amici. lavoro soprattutto nei fine settimana, proprio quando gli altri invece sono un po’ più liberi. ma va bene così; mia moglie mi aspetta sempre sveglia, anche se torno molto tardi, e così sono felice, che sia qui. Intervista 6 Quali sono le tue preoccupazioni e le tue aspettative per il futuro adesso? B: il lavoro che ho imparato qui in italia mi piace molto, ho iniziato come lavapiatti, ed ora sono un buon cuoco, ho imparato la cucina italiana. adesso ho un contratto a tempo determinato, fino a dicembre, ma solo 4 ore al giorno. Vorrei cercare qualcosa di più definitivo. a dire il vero, mi hanno proposto un buon contratto, presso un ottimo ristorante, ma se non sbrigo la pratica per lo scuola-bus dei miei figli, non posso accettare, non ci sarebbe nessuno che li accompagna a scuola e poi li passa a prendere all’uscita. Questa è la mia unica preoccupazione, un lavoro più sicuro e la cura dei miei figli. al momento, come dicevo, sono molto preoccupato per mia moglie, spesso è a casa da sola, non esce, e ancora non ha imparato bene l’italiano. ma quando ci sono io e i bambini, allora cambia tutto. studia l’italiano con loro, e giochiamo tutti insieme. Da un punto di vista pratico qual è stato il momento più difficile durante le procedure per il ricongiungimento familiare? B: non c’è stato un vero e proprio momento “difficile”. il Cir mi ha molto sostenuto nelle fasi di ricongiungimento, e anche prima, quando ho fatto richiesta come rifugiato politico. E da un punto di vista emotivo, c’è stato un momento particolarmente difficile? B: Forse il momento più difficile è stato quando ho incontrato mia R I T R O VA R S I P E R R I C O S T R U I R E 106 APPENDICE - 11 INTERVISTE A RIFUGIATI RICONGIUNTI Intervista 6 moglie e i miei figli in mali, dopo quasi tre anni dalla mia fuga, tre anni passati senza rivederci. Ci siamo incontrati lì, perché in guinea io come rifugiato non potevo far ritorno. la prima notte che eravamo assieme, mia figlia vedendomi improvvisamente in camera, visto che quando sono arrivato lei stava dormendo, ha iniziato a urlare “mamma, c’è un uomo sconosciuto nella stanza!”. ecco questo mi ha reso molto triste. Quando sono dovuto fuggire dalla guinea, da un momento all’altro, mia figlia non era ancora nata, mancavano ancora pochi mesi al parto, e così non mi aveva mai visto prima. adesso però siamo molto felici di essere di nuovo tutti assieme. Quando immaginavi il ricongiungimento ti aspettavi che sarebbe stato più facile o più difficile rispetto alle procedure? B: non avrei saputo neanche cosa immaginare rispetto al ricongiungimento, fortunatamente il Cir mi ha molto seguito nelle procedure necessarie. poi non è stato molto difficile. tutto si è risolto nel giro di poche settimane. E da un punto di vista emotivo? B: sapevo che ci sarebbero state delle difficoltà. non avevo mai parlato con mia moglie di come vivevo in italia, per non farla preoccupare. la vita in europa, in italia, e a roma in particolare, non è semplice come in africa. l’affitto da pagare, la crisi, sono difficoltà che un rifugiato come me avverte anche di più. ma le cose passano, e come dicono nel mio paese: “se dio vuole tutto si sistema”. Quali sono stati i maggiori problemi che hai dovuto affrontare da un punto di vista pratico? B: oggi il problema principale è l’affitto, che fortunatamente non è molto caro, ma sono sempre 600 euro al mese. ho fatto domanda per l’assegnazione delle case popolari, non so quanto ci sarà da aspettare. per il ricongiungimento non ci sono stati grossi problemi, abbiamo avuto il nulla osta e poi i visti nel giro di poco tempo, anche se per la procedura i miei famigliari sono dovuti andare in senegal. in guinea non c’è una ambasciata italiana. per il viaggio, le spese intendo, ho pensato io a tutto. Quale aiuto hai avuto dal CIR? B: il Cir mi ha aiutato concretamente pagando la caparra e due mesi di affitto. ma voglio sottolineare che sono stato assistito anche psicologicamente, soprattutto all’inizio quando soffrivo di forti mal di testa. anche da un punto di vista legale il Cir mi ha aiutato. in effetti, il primo riconoscimento che avevo ottenuto qui dalla Commissione era stato come “protezione sussidiaria”. solo con la caparbietà e la sicurezza dell’avvocato del Cir, che ha insistito per fare ricorso, sono riuscito ad ottenere lo status di rifugiato. 107 R I T R O VA R S I P E R R I C O S T R U I R E APPENDICE - 11 INTERVISTE A RIFUGIATI RICONGIUNTI La tua famiglia è stata aiutata? B: l’unico ostacolo, come ho detto, era rappresentato dal fatto che in guinea non c’è l’ambasciata italiana. Quindi abbiamo dovuto aggirare questa difficoltà, risolvendo tutto tramite l’ambasciata in senegal. ma ripeto, non ha rappresentato un grande problema. Intervista 6 Cosa ha significato per te essere in Italia e sapere la tua famiglia lontana? B: la situazione in guinea non era semplice. io lì ero fotografo e cameraman, e sono dovuto fuggire lasciando tutto alle mie spalle. non ho portato nulla con me. essere qui e sapere mia moglie incinta e mio figlio piccolo lì mi ha causato un forte malessere, e per i primi tempi ho preso medicine anche solo per dormire. Quando si è presentata la possibilità che mi raggiungessero, ero felice, tutto qui. Quali erano le tue principali aspettative? B:tornare a vivere di nuovo tutti insieme e conoscere mia figlia. pensavo: “quando saremo di nuovo assieme tutto passerà”. in effetti è stato così, da quando loro sono qui, non avverto più i dolori alla testa. sono, siamo felici qui, tutti insieme. Cosa pensava la tua famiglia, dall’altra parte? Volevano raggiungerti? B: mia moglie voleva raggiungermi, ma non aveva molta idea di come fosse qui. io non le ho parlato delle difficoltà che c’erano qui, per non spaventarla. mio figlio anche voleva raggiungermi, ma non sapevano cosa e come immaginare l’italia. adesso credo ci stiamo ambientando molto bene. Fortunatamente non hanno dovuto aspettare molto per i visti e le procedure. tutti ci aspettiamo di poter vivere insieme in una nostra casa e in pace. Oggi reputi positivamente questa scelta? B: sì certo, siamo felici di vivere di nuovo insieme! non è facile, ma se dio vuole, le cose si sistemano. io ho voglia di darmi da fare e lavorare per permettere alla mia famiglia una vita più che dignitosa. ho cambiato il mio lavoro, mi sono aperto a nuove possibilità. spero che tutto vada per il meglio. R I T R O VA R S I P E R R I C O S T R U I R E 108 APPENDICE - 11 INTERVISTE A RIFUGIATI RICONGIUNTI Intervista 7 K. è un rifugiato curdo turco arrivato in Italia nel 2008. Nel 2010 si rivolge al CIR poiché in vista dell’arrivo della moglie e dei suoi tre figli di 8, 6 e 4 anni aveva bisogno di un aiuto economico. Era molto preoccupato per la famiglia in Turchia e sperava di farli arrivare il prima possibile. La casa dove viveva non era adatta ad accogliere i familiari e con il suo stipendio da pizzaiolo part-time una spesa comprensiva di caparra e affitto non era sostenibile. Il CIR ha sostenuto economicamente K. erogando un contributo affitto per alcune mensilità. Quale è l’attuale condizione della tua famiglia? K: Vivo con la mia famiglia a orte, non lontano da roma. Con mia moglie e tre bambini di otto, sei e cinque anni. la casa è piccola ma per ora ci accontentiamo. Quali cambiamenti sono intervenuti nella tua vita con l’arrivo della tua famiglia? K: sapevo che non sarebbe stato facile, con i miei figli e con mia moglie qui. ma non potevo immaginare la mia famiglia senza un padre! e come potevo vivere io qui con la preoccupazione di loro lì? io ho un lavoro part-time e a volte abbiamo la difficoltà anche a fare la spesa. Voglio dire, se ci servono due uova ne compriamo uno. a volte desidererei anche solo un pacco di spaghetti. ma la cosa che mi preoccupa di più, ora, sono i bambini: i vestiti, i libri per la scuola. mia moglie si prende cura di loro. Cucina, lava. non ha neanche il tempo di andare ad una scuola di italiano. Come potrebbe? i bambini tornano da scuola a mezzogiorno, chi potrebbe prendersi cura di loro se lei non restasse a casa? Così quel po’ di italiano che ha imparato, lo ha imparato con loro, sui loro libri, e guardando un po’ di tV. Credi che il ricongiungimento con la tua famiglia faciliti o renda più complicata la qualità dalla tua vita? K: senza la mia famiglia qui non potrei neanche immaginarmi. se non fossero venuti in italia sarebbero andati in un altro paese, magari in africa. o chissà dove e forse avrei dovuto raggiungerli. ma adesso sono qui. abbiamo già qualcosa e proviamo ad andare avanti. sapevo che non sarebbe stato facile. Vedo gente per strada che chiede anche solo un pezzo di pane. mi rendo conto che la situazione è molto difficile. Quali sono le tue attuali preoccupazioni e aspettative? K: ho un lavoro part-time, nessuna certezza. non posso neanche chiedere le ferie, perché il padrone mi ha detto che se voglio andare qualche giorno in ferie, mi licenzia. sono stanco e non posso riposarmi. mi è capitato di non avere neppure i soldi per pagare l’affitto. adesso il padrone di casa mi ha abbassato un po’ l’affitto e va meglio. ma fino a quando? 109 R I T R O VA R S I P E R R I C O S T R U I R E APPENDICE - 11 INTERVISTE A RIFUGIATI RICONGIUNTI se mia moglie potesse lavorare, sarebbe meglio. ma non abbiamo nessuno che si prenda cura dei bambini e quindi per ora è difficile. nel nostro paese abbiamo una grande famiglia e sarebbe diverso. ma qui siamo da soli. Bisogna adattarsi. Intervista 7 Quando immaginavi il ricongiungimento ti aspettavi che sarebbe stato più facile o più difficile da un punto di vista delle procedure? K: a dire il vero, non ho avuto problemi per quanto riguarda le procedure per il ricongiungimento. il tempo giusto, credo: sei mesi. Da giugno a gennaio. nessun problema da questa punto di vista. giusto il tempo di organizzarmi un po’. ho avuto il tempo di cercare una casa. Quando ho perso il lavoro, avevo perso la fiducia e stavo pensando di rinunciare al ricongiungimento. se ero da solo, potevo anche arrangiarmi, ma con i bambini no. per fortuna ho trovato subito un altro lavoro. altrimenti sarei andato in un altro paese e avrei provato a lavorare in nero e continuare la vita. Come si fa altrimenti? Quale aiuto hai ricevuto dal CIR o da altre organizzazioni per facilitare il ricongiungimento? K: il Cir ha pagato la caparra e due mesi di affitto. inoltre senza l’aiuto di associazioni come il Cir non avrei saputo far venire la mia famiglia qui, da solo. sono stato aiutato con le procedure e anche con il pagamento dei biglietti aerei. Su quale aspetto pensi che dovrebbero concentrarsi gli sforzi delle organizzazioni come il CIR? K: il Cir fa già molto. però credo che lo sforzo delle associazioni si dovrebbe concentrare sul dopo. Voglio dire, bisogna aiutare quelle persone che, come i rifugiati, vengono qui con le loro cose e poi invece dopo un po’ si trovano a chiedere l’elemosina agli angoli delle strade. Dovrebbe esserci un ufficio in ogni Comune che si occupa solo dei rifugiati. Che si prende cura dei rifugiati. al momento non è così. se cerchi qualcosa negli uffici, ti mandano a destra e a sinistra. allora io me ne resto a casa. Cosa ha significato per te essere in Italia e sapere la tua famiglia nel paese d’origine? K: Come dicevo, in turchia c’è la democrazia ma non si vede. io qui mi arrangiavo. ma come potevo pensare che i miei figli crescevano senza di me, senza il padre? sarebbe andati altrove, ed io li avrei raggiunti. In quel periodo di separazione quali aspettative avevi? K: ritornare insieme. sapevamo che non sarebbe stato semplice. ma che fare? io mi auguro di trovare presto un lavoro un po’ più stabile. e se i miei bambini potranno restare a scuola tutto il giorno, forse mia moglie potrà R I T R O VA R S I P E R R I C O S T R U I R E 110 APPENDICE - 11 INTERVISTE A RIFUGIATI RICONGIUNTI Intervista 7 anche cercarsi un lavoro. al momento non abbiamo neanche i soldi per pagare un biglietto in più per l’autobus. La tua famiglia aveva voglia di raggiungerti? K: mia moglie con i bambini voleva venire certo. era una emozione strana anche per lei. loro lì, ed io qui in italia e sai che non puoi raggiungerli. uno qui, l’altro lì. ma che famiglia è? io le avevo raccontato che la situazione qui era difficile, mille volte le avevo spiegato che qui la gente muore di fame per strada, ma lei naturalmente voleva venire lo stesso. non ci sono cose facili qui. ma abbiamo detto proviamo lo stesso. Quali erano le loro aspettative? K: tornare a vivere tutti insieme nella stessa casa. Certo è piccola e qualche volta ci manca il resto della nostra numerosa famiglia, ma per ora va bene. Quali sono le loro preoccupazioni? K: trovare un lavoro per mia moglie. imparare la lingua il più presto possibile. ambientarsi, e sentirsi accolti in un paese che comunque non è il nostro Oggi reputi positivamente questa scelta? K: sì certo, sono felice di vivere con la mia famiglia. e anche loro sono felici di essere qui. io lavoro tutti i giorni, anche il sabato. però quando sono a casa sono contento di vedere i miei bambini e poter stare un po’ con loro. anche se spesso sono in giro a cercare dei piccoli lavoretti. per arrangiarmi. Va bene così, per ora. 111 R I T R O VA R S I P E R R I C O S T R U I R E APPENDICE - 11 INTERVISTE A RIFUGIATI RICONGIUNTI Intervista 8 Intervista 8 F. è un rifugiato di origini somale, arrivato in Italia nel 2008. Dopo circa 3 anni decide di far arrivare anche la sua famiglia, composta dalla moglie e da quattro figli. La famiglia è arrivata in Italia da poche settimane e al momento il nucleo familiare non vive ancora insieme a causa di alcune difficoltà abitative ed economiche. F. vive vicino Roma presso una fattoria del Comune di Roma dove lavora nel settore agricolo; il suo contratto è in scadenza ed è quasi certo che difficilmente potranno rinnovarglielo; data tale precarietà lavorativa F. ha preferito che i suoi familiari, una volta arrivati, si recassero presso l’abitazione di una parente, con una situazione economica più stabile nella città di Torino. F. sta valutando la possibilità di trasferirsi anche lui a Torino data la presenza di una rete amicale più ampia che potrebbe supportarlo nella ricerca del lavoro. Cosa significava essere per lei in Italia e sapere la sua famiglia nel paese d’origine? Come hai vissuto questo momento d’attesa? F: ho chiesto il nulla osta nell’agosto del 2009, i miei familiari sono arrivati a gennaio del 2012 era un periodo difficile, dove un mese diventa un anno. mi sentivo male, senza speranza. Cosa ti preoccupava? F: mi preoccupava il non trovare soldi. senza euro non puoi fare niente, neanche telefonare per sapere come stanno, se stanno male, le medicine, niente. Dalla somalia la mia famiglia è dovuta andare in Kenya perché nel mio paese non c’è l’ambasciata. Durante il tragitto due dei miei figli sono stati imprigionati, ho dovuto pagare una grossa somma per liberarli. poi ho dovuto mantenere la mia famiglia in Kenya in attesa dei visti, ero molto angosciato perché erano irregolari a nairobi. ero preoccupato perché io sono responsabile, se entrano in prigione, io devo pagare. mi preoccupavo per la loro vita. tante volte ho pensato di farli tornare indietro, in somalia, visto che non riuscivano ad avere i visti e per me era difficile pagare l’affitto per loro in Kenya. Cosa pensava la tua famiglia dall’altra parte? F: raccontavo che c’è crisi, loro pensano che sia tutto facile. non mi credevano; mia moglie diceva: “tu stai bene, tu stai lì in europa”. lei era arrabbiata, mi diceva: “perché non vai in ufficio per fare le cartee più velocemente?” Poi, quando sono arrivati? F: Quando sono arrivati mia moglie ha capito, mi ha visto dimagrito. Finché non lo vedi con i tuoi occhi non puoi crederci. R I T R O VA R S I P E R R I C O S T R U I R E 112 APPENDICE - 11 INTERVISTE A RIFUGIATI RICONGIUNTI Intervista 8 E dell’Italia cosa hanno pensato i tuoi familiari? F: mia moglie mi ha detto: “la cosa più importante è trovarti”. il mondo in africa è molto difficile, è meglio qua. Quali sono stati i maggiori problemi che ha dovuto affrontare in termini pratici? F: prendere appuntamento all’ambasciata. ho dovuto aspettare un anno. per prendere questo appuntamento avevi solo un minuto alla settimana. il giovedì, in un dato orario potevi fare questa prenotazione e solo circa 8 persone avevano diritto a questo appuntamento. poi anche quando sono riuscito ad ottenerlo mia moglie ha avuto altre difficoltà. C’è la corruzione. alcune persone che ti fanno entrare in ambasciata sono corrotte ed è difficilissimo entrare. poi hanno cambiato le procedure e mia moglie è riuscita finalmente ad avere il visto. C’è stato anche un altro problema, ho una figlia non di sangue che non ha ottenuto il visto e ora è ancora in Kenya. Quale aiuto ha ricevuto dal Cir (o da altre organizzazioni) e dove questo aiuto è servito in maniera indispensabile? F: il Cir è riuscito a parlare con l’ambasciata. inoltre mi ha aiutato economicamente pagando i biglietti aerei e il test del Dna. La tua famiglia è stata aiutata nel paese d’origine? Che problemi e ostacoli ha dovuto superare? F: no, non è stata aiutata. sono io che l’aiutavo economicamente. Su quale aspetto pensi che dovrebbero concentrarsi gli sforzi per migliorare l’andamento dei progetti di ricongiungimento? F: l’appuntamento, quella è stata la cosa più difficile dove si potrebbe cambiare molto. e poi una seconda cosa, economicamente; se non hai lavoro l’italia deve aiutare. per avere accesso all’ambasciata le persone soffrono. i soldi che ho guadagnato lavorando per 2 anni li ho persi là, per quella pratica; questa è una cosa molto importante. e poi quando arrivano i familiari, servono molti soldi, almeno per i primi mesi l’italia deve aiutare. Quale è stato il momento più difficile? F: Quando sono rimasti là, dopo il nulla osta. io pensavo che sarebbero arrivati presto, invece ho dovuto attendere tanto, un anno e mezzo. Questa cosa mi ha dato molte preoccupazioni nel cuore; ma anche a livello pratico, è stato difficile mantenere la loro vita in Kenya. Mi racconti il momento in cui vi siete finalmente rivisti? F: non si poteva immaginare, dopo tanti anni. era dal 2007 che non rivedevo la mia famiglia. È stata una forte emozione. Dopo tutto quello che avevo sudato, è stata una grande felicità. 113 R I T R O VA R S I P E R R I C O S T R U I R E APPENDICE - 11 INTERVISTE A RIFUGIATI RICONGIUNTI Credi che con la tua famiglia in Italia sia più facile o più difficile la tua vita? F: Forse sì per il lavoro, ma se stavano ancora là sarebbero stati problemi per me. io voglio vedere mia moglie e i bambini, voglio che viviamo tutti insieme. i miei figli non possono crescere senza padre. È meglio non mangiare un giorno ma stare tutti insieme. R I T R O VA R S I P E R R I C O S T R U I R E Intervista 8 114 APPENDICE - 11 INTERVISTE A RIFUGIATI RICONGIUNTI Intervista 9 V. proviene dal Camerun, è arrivato in Italia nel 2009 ed ha ottenuto lo status di rifugiato nel 2010. Nello stesso anno V. si è recato in Nigeria per sposarsi con la donna con cui era fidanzato in Camerun. V. è laureato in Scienze Politiche e, nel paese d’origine, si era dedicato all’insegnamento presso scuole private. Quando è arrivato in Italia ha cercato di ottenere il riconoscimento del titolo di studio ma la procedura è ancora in corso. Quale è l’attuale condizione della tua famiglia? V: Vivo con mia moglie, che è arrivata a febbraio scorso, a palombara sabina in una casa di tre stanze che condividiamo con un’altra coppia. Così paghiamo 550 euro al mese che sommate con le spese condominiali e le bollette arrivano a una media di 400 euro per nucleo. al momento lavoro solo io, come magazziniere, ma facciamo molta fatica: capita che arrivo a fine mese senza una lira! al lavoro ho tre mesi di stipendio arretrati ed ho anche paura di perdere il lavoro e che la ditta possa chiudere. e’ una piccola ditta a conduzione familiare che fa extension di capelli e con la crisi da giugno scorso il lavoro è proprio diminuito. ora dovrebbe pure arrivargli una grossa multa per della merce importata dalla Cina sulla quale invece c’era la targhetta made in Italy. Qualche mattina fa è venuta anche la finanza. io lavoro al nero, per fortuna era mattina presto e ho potuto dire che ero lì solo per lasciare un curriculum. io non voglio denunciarli, la mia religiosità non me lo permetterebbe. e poi non saprei come fare. Quali cambiamenti ci sono stati nella tua vita con l’arrivo della tua famiglia? V: Quando ero da solo, sentivo la solitudine, naturalmente. adesso che lei è venuta, abbiamo potuto riunire la nostra famiglia di nuovo. sono felice, naturalmente. nel mio paese si dice che “le mani giunte possono costruire meglio”. Due mani fanno meglio di una no? Certo da quando è arrivata mia moglie molte cose sono cambiate e non solo in meglio. la nostra situazione economica al momento è molto difficile, ma io sto facendo di tutto per fare in modo che mia moglie non sia costretta ad andare a vivere alla Caritas. psicologicamente la situazione è migliorata, condividiamo i momenti belli e le difficoltà ma economicamente è difficile, dovendo mantenere anche lei. inoltre anche se guadagno poco, ho sempre cercato di spedire qualcosa al resto della mia famiglia, in Camerun. ai miei fratelli più piccoli, per esempio. Questo mese, purtroppo, ho avuto le mani legate e non ho potuto. e mi spiace non aver potuto aiutarli. inoltre ho sposato mia moglie, e di conseguenza anche la sua famiglia. a volte ho mandato dei soldi anche a loro. mia madre era un po’ spaventata del fatto che l’arrivo di mia moglie qui, mi avrebbe un po’ complicato le cose e che forse non avrei più potuto aiutarla troppo; non aveva torto, non posso più aiutarla come prima. 115 R I T R O VA R S I P E R R I C O S T R U I R E APPENDICE - 11 INTERVISTE A RIFUGIATI RICONGIUNTI Credi che il ricongiungimento con tua moglie faciliti o renda più complicata la qualità dalla tua vita? V: la mia vita si è un po’ complicata come ho appena detto, ma preferisco che lei sia qui con me. anche se è difficile. lei parla poco italiano. aveva iniziato a seguire un corso, ma poi ha dovuto interrompere, ora a fine mese ne inizia un altro, e forse allora sarà diverso. Così forse potrà cercare un lavoro, e darmi una mano per l’affitto e tutto il resto. anche con il lavoro è un periodo così così, non ho un contratto e da tre mesi non mi pagano. la situazione è diventata più difficile da giugno. ho provato a mandare il curriculum un po’ ovunque. mi aveva chiamato una ditta per la vendita porta a porta, ma chi apre la porta ad un africano? Intervista 9 Quali sono le tue preoccupazioni e le tue aspettative? V: la mia preoccupazione è il lavoro. Forse per trovare qualcosa di buono avrei bisogno di una raccomandazione. avevo pensato di andare all’unhCr, per chiedere delle informazioni per cambiare paese, anche. ma ultimamente ho anche pensato ad un’altra opzione: cercare una borsa di studio per andare a studiare all’estero, magari in svizzera. so che non sarebbe semplice ma mi piacerebbe. ho preso delle informazioni anche per un master come mediatore culturale all’università di roma tre e a napoli. sto cercando qualunque cosa, soprattutto borse di studio. per poter vivere. Vorrei continuare a studiare, è la cosa che so fare meglio. ed inoltre in futuro vorrei tornare a vivere in Camerun. io mi immagino come una risorsa per il mio paese: noi della parte anglofona del paese vogliamo avere la nostra indipendenza, e credo che se ciò avverrà ci sarà bisogno di personale preparato. ecco, io vorrei poter tornare. non oggi, perché c’è ancora il dittatore. Voglio tornare con più preparazione e per poter costruire un futuro lì per me e per i figli che verranno. mia moglie invece vuole continuare a studiare e intraprendere un’impresa economica, appena sarà in grado di farlo. Quando immaginavi il ricongiungimento ti aspettavi che sarebbe stato più facile o più difficile da un punto di vista delle procedure? V: abbiamo incontrato molte difficoltà procedurali. ad esempio, l’atto di matrimonio doveva essere verificato, visto che ci siamo sposati in nigeria. le verifiche necessarie hanno richiesto un paio di mesi, e nel frattempo non ci davano nessuna risposta. mia moglie andava in ambasciata ogni due, tre giorni senza avere risposte e dopo aver ottenuto la trascrizione dell’atto, le hanno detto che aveva bisogno anche di un avvocato per ulteriori accertamenti. Questo ha richiesto un altro mese di attesa e con i relativi costi per pagare l’avvocato. ogni volta che lei andava in ambasciata, c’era una scusa per cui doveva ritornare. era tutta una scusa e lei non sapeva se avrebbe avuto il visto. anche io, qui, ero preoccupato ma non le telefonavo perché lei era già molto stressata. Quando è arrivata in italia era diventata magra come il mio mignolo. era andata da una città all’altra per sbrigare queste pratiche, spendendo anche moltissimi soldi anche solo per l’autobus. tutta R I T R O VA R S I P E R R I C O S T R U I R E 116 APPENDICE - 11 INTERVISTE A RIFUGIATI RICONGIUNTI Intervista 9 la procedura è durata sette mesi. eravamo molto stressati, stavamo spendendo molti soldi e non sapevamo quando ci saremmo rivisti. inoltre naturalmente sentivamo entrambi la mancanza. era diventato un inferno. non so, forse alla fine sette mesi forse sono un tempo normale per questo tipo di procedure. Credo ci siano ragazzi che hanno dovuto aspettare molto più tempo di noi. Quale aiuto hai ricevuto (dal CIR – da altre organizzazioni) e dove questo aiuto è servito in maniera indispensabile a superare tali problemi? V: il Cir mi ha aiutato molto per le pratiche svolte qui in italia, quindi soprattutto da un punto di vista legale. e nonostante fossi stato indirizzato alla Croce rossa italiana per avere un aiuto per il biglietto aereo, alla fine invece l’ho pagato io perché continuavano a dirmi che dovevo aspettare. mi avrebbero potuto dare solo una parte del biglietto ma non subito; io non volevo più rimandare. naturalmente questo dei costi necessari per potersi ricongiungere è un il punto negativo che in un progetto va previsto. il Cir inoltre mi ha aiutato ad iscrivermi ad un master universitario. purtroppo però non sono riuscito a portarlo a termine perché dovendo lavorare fino alle cinque o sei del pomeriggio finiva che arrivavo a lezione solo per mettere le firme. e non è questo che mi interessava! io non volevo avere solo le presenze, volevo imparare davvero! Forse non era il momento giusto, era troppo presto per pensare di poter studiare. La tua famiglia in Camerun è stata aiutata? V: no, non nella pratica per il ricongiungimento. le nostre famiglie ogni tanto in Camerun si incontrano e si sostengono a vicenda per quello che possono. si aiutano e sono vicine anche se vivono in villaggi diversi. io per quello che posso provo ad aiutarle entrambe. Su quale aspetto pensi che le organizzazioni come il CIR dovrebbero concentrarsi ? V: il Cir fa già abbastanza, ma ci vorrebbe un aiuto, un progetto sostanziale sull’argomento dell’alloggio, per le case. ecco questo sarebbe fondamentale. per noi che ci siamo alzati un giorno e siamo dovuti andare via all’improvviso, è davvero difficile. C’è bisogno d’aiuto. Cosa significava per te essere qui in Italia e pensare alla tua famiglia lontana? V: io ero qui e sentivo la sua mancanza. non ero troppo preoccupato, volevo solo che ci riunissimo per formare di nuovo la nostra famiglia. insieme possiamo affrontare meglio le difficoltà e guardare con serenità al futuro. Quali erano le tue principali aspettative? V: sapevo che avrei dovuto affrontare più difficoltà con lei qui, da man- 117 R I T R O VA R S I P E R R I C O S T R U I R E APPENDICE - 11 INTERVISTE A RIFUGIATI RICONGIUNTI tenere. almeno per questo primo periodo. io spero di trovare un lavoro migliore, o almeno uno dove mi paghino. per il momento continuo ad andare a lavorare lo stesso, che resto a fare a casa se non ho niente da fare? Intervista 9 Cosa pensava tua moglie? Aveva voglia di raggiungerti? Come interpretava le lunghe attese? V: lei voleva raggiungermi, naturalmente. sua madre voleva che lei venisse in italia, voleva che la figlia studiasse, che lasciasse la vita miserabile che faceva là. inoltre forse sperava che da qui potesse aiutarla anche un po’. Quello che accade è che quando spieghi che le cose qui sono difficili, loro non ci credono. Comunque la mamma vuole solo che il matrimonio funzioni, che la figlia stia bene. e su questo non voglio deluderla. Reputi positivamente la scelta di ricongiungerti con tua moglie? V: sì certo, sono felice di vivere di nuovo con mia moglie. e lei con me. non è facile, ma ci impegniamo per migliorare la nostra condizione. R I T R O VA R S I P E R R I C O S T R U I R E 118 APPENDICE - 11 INTERVISTE A RIFUGIATI RICONGIUNTI Intervista 10 T. è un rifugiato proveniente dal Camerun ed è arrivato in Italia nel 2007. T. si è rivolto al CIR in diversi momenti; nel 2009 ha chiesto aiuto per l’affitto di casa e dopo 2 anni ha chiesto supporto nella pratica del ricongiungimento familiare. T., si era sposato con rito tradizionale solo poco tempo prima di fuggire. Il figlio non aveva neanche un anno. In un primo momento T. ha condiviso l’idea di ricongiungere solo il figlio perché non poteva dimostrare di essere sposato. In un secondo momento ha riflettuto sulle difficoltà che avrebbe avuto da solo con il figlio in Italia e ha pensato che per superare gli ostacoli burocratici avrebbe dovuto sposarsi con matrimonio civile; per questa ragione si è incontrato in Ciad con la moglie per ufficializzare il matrimonio. Nel 2012 è arrivata sua moglie; il figlio, è rimasto in Camerun presso la nonna paterna. Con la moglie sta aspettando la stabilizzazione della situazione lavorativa e abitativa prima di procedere a ricongiungersi anche con il figlio. Quale è l’attuale condizione della tua famiglia? T: Vivo con mia moglie ad acilia, in una casa presa in affitto da una signora, con la quale abbiamo instaurato buoni rapporti. a parte qualche piccolo lavoretto che bisogna fare a casa, va tutto bene. nostro figlio invece è ancora in Camerun dove vive con mia madre, a cui è molto legato. naturalmente ci manca, e appena ci sistemiamo un po’ meglio, faremo venire anche lui, così la nostra famiglia si sarà ricomposta. Quali cambiamenti sono intervenuti nella tua vita in vista dell’arrivo di tua moglie? T: sapevo che ci sarebbero state delle difficoltà, innanzitutto economiche. ma in ogni caso adesso con lei è più facile. ero da solo dal 2009 e ognuno di noi sentiva la mancanza dell’altro. e soprattutto all’inizio, quando io sono fuggito, non sapevamo quando ci saremmo rivisti. Da un punto di vista economico non è semplice, con lei qui che ancora non lavora. Fortunatamente ho un contratto a tempo indeterminato come scaffalista in un supermercato. e quindi non abbiamo grosse difficoltà. inoltre cerco di spedire tutti i mesi dei soldi a mia madre e a mio figlio e questo non è sempre facile. Qualche mese fa è arrivato il conguaglio del gas… così a volte è davvero difficile. Quali sono le tue attuali preoccupazioni e aspettative? T: non ho grossissime preoccupazioni, non ho paura di fallire, perché tutto ciò che intraprendo, è fatto con molta passione e dedizione. mi auguro che lei possa trovare presto un lavoro, e così darmi anche economicamente una mano. 119 R I T R O VA R S I P E R R I C O S T R U I R E APPENDICE - 11 INTERVISTE A RIFUGIATI RICONGIUNTI Quale è stato il momento più difficile da un punto di vista pratico? E da un punto di vista emotivo? T: Da un punto di vista “pratico”…sposarsi in Ciad. noi in Camerun eravamo sposati solo con un matrimonio tradizionale, quindi per ottenere tutti i documenti necessari al ricongiungimento ci siamo incontrati in Ciad. Questo è stato l’unico intoppo burocratico. in ogni caso i tempi di attesa non sono stati molto lunghi. emotivamente mi ha molto colpito rivedere mio figlio in Ciad. lui non mi riconosceva, il primo giorno. si è seduto al mio fianco rimanendo in silenzio senza neppure guardarmi. Quasi non sapeva chi fossi, nonostante ci siamo spediti molte fotografie. poi dopo il primo giorno, mi è saltato addosso e abbiamo iniziato a giocare come padre e figlio. Intervista 10 Quando immaginavi il ricongiungimento ti aspettavi che sarebbe stato più facile o più difficile da un punto di vista delle procedure? T: non sapevo realmente che tipo di difficoltà avremmo dovuto affrontare per il ricongiungimento, ma abbiamo avuto un sostegno importante dal Cir e dal laB. 53. per il resto, volevamo stare di nuovo assieme, e sapevamo che insieme avremmo affrontato ogni difficoltà. mia moglie ha dovuto attendere i normali tempi burocratici per il rilascio del visto, un paio di mesi, credo. per il rilascio del nulla osta, abbiamo dovuto attendere un po’di più, da giugno ad ottobre. per l’esame del Dna, quando verrà nostro figlio, non credo ci siano problemi, abbiamo il certificato di nascita e tutto quello che occorre. Quale aiuto hai ricevuto (dal CIR – da altre organizzazioni) e dove questo aiuto è servito in maniera indispensabile a superare tali problemi? T: sono stato aiutato soprattutto economicamente per l’acquisto dei biglietti aerei per andare in Ciad. Dal laboratorio 53 mi sono allontanato quando ho iniziato a lavorare, ma ho mantenuto i rapporti. La tua famiglia nel paese di origine è stata aiutata? Che problemi e ostacoli ha dovuto superare? T: io ho provato ad aiutare la mia famiglia da qui, spedendo dei soldi ogni mese, appena ho iniziato a lavorare. Su quale aspetto pensi che dovrebbero concentrarsi gli sforzi delle organizzazioni come il CIR? T: Credo che il Cir dovrebbe concentrare i suoi sforzi anche per quanto riguarda le consulenze con le ambasciate. provo a spiegarmi: oltre naturalmente all’aiuto economico per l’affitto e il resto, il Cir dovrebbe aiutare le persone richiedenti asilo nel compilare le domande che sei costretto a scrivere e che non sempre sono semplici da capire. inoltre c’è sempre la paura che qualcosa non possa funzionare quindi il rischio che il progetto non si R I T R O VA R S I P E R R I C O S T R U I R E 120 APPENDICE - 11 INTERVISTE A RIFUGIATI RICONGIUNTI Intervista 10 realizzi. avere una consulenza serve anche a tranquillizzare le persone, che, come i rifugiati, sono anche in uno stato emotivo molto alterato e fragile. Cosa significava per te essere in Italia e sapere la tua famiglia nel paese d’origine? T: io amavo la mia famiglia e per questo ho deciso di scappare dal Camerun. la prima idea è stata quella di allontanarmi, per non mettere in pericolo loro. sapevo che ci saremmo rivisti, ma non sapevo quando. una volta che sono arrivato in italia, ho potuto telefonare e sentire che tutto andava bene e mi sono tranquillizzato. se loro in Camerun non avevano problemi, io ero tranquillo. mi mancavano molto. mia moglie mi diceva che nostro figlio mostrava la mia foto ai suoi amici dicendo con orgoglio: “lui è mio padre ed è dovuto scappare”, anche se non sapeva perché ero scappato. ecco io e mia moglie abbiamo dovuto attendere cinque anni per ritrovarci. Quali, invece, le tue aspettative principali? T: sapevo che la vita in italia e in europa era diversa, ma non mi aspettavo tanta povertà anche qui. ho visto molte persone dormire per strada e chiedere pochi spicci per strada. l’unica aspettativa era quella di poter vivere liberamente e serenamente. Cosa pensava la tua famiglia, dall’altra parte? T: mia moglie non aveva un’idea precisa dell’italia e io non le raccontavo troppo per non spaventarla e poi non mi avrebbe creduto. e’ bastata una settimana perché si rendesse conto di qual è la situazione qui. Dell’italia non aveva un’idea precisa, solo confrontandola forse con il Camerun. …lì è tutto più difficile. ma naturalmente voleva venire per ritornare a vivere insieme. la nostra separazione l’aveva esasperata, e non aveva neanche capito bene perché ero dovuto scappare. solo adesso lo ha compreso. presto faremo venire anche nostro figlio. Ci sentiamo abbastanza spesso al telefono ma è sempre un po’ distratto dalle sue cose quotidiane. Ci manca, ma fra un paio di anni verrà anche lui qui. Quali erano le aspettative e le preoccupazioni di tua moglie?T: tornare a vivere tutti insieme, e trovare un lavoro e avere una casa dignitosa. non si aspettava molto altro. ora spesso è a casa a guardare la televisione anche solo per imparare l’italiano, e poi è una ragazza moto riservata, non le piace uscire o farsi delle amiche. Qualche volta esce per fare la spesa, ma perlopiù, per ora, resta a casa. e’ serena e felice. all’inizio del prossimo mese inizierà un corso di italiano e vorrebbe lavorare come parrucchiera, vedremo. le preoccupazioni sono arrivate con l’ingresso in italia. prima se le avessi raccontato quanto è difficile vivere e lavorare qui in italia, non mi avrebbe creduto. inoltre lei non voleva partire senza nostro figlio, ma al momento credo che questa sia stata la scelta migliore, anche se naturalmente ci manca. 121 R I T R O VA R S I P E R R I C O S T R U I R E APPENDICE - 11 INTERVISTE A RIFUGIATI RICONGIUNTI Oggi reputi positivamente questa scelta? T: sì certo, siamo felici. io lavoro con un contratto a tempo indeterminato in un supermarket e così il nostro tenore di vita è abbastanza buono. non possiamo lamentarci. R I T R O VA R S I P E R R I C O S T R U I R E Intervista 10 122 APPENDICE - 11 INTERVISTE A RIFUGIATI RICONGIUNTI Intervista 11 C. è una donna camerunense a cui è stata riconosciuta la protezione umanitaria, nel 2008. Nel 2011 ha presentato richiesta per il ricongiungimento familiare con le sue due figlie di 13 e 8 anni. C. vive in una appartamento con il suo compagno italiano ed è ancora in attesa del rilascio dei visti per le sue figlie. C. ha vissuto parecchi mesi in alcuni centri di accoglienza di Roma. A seguito di una TBC ossea ha sofferto di gravi problemi alla colonna vertebrale. Nonostante i suoi problemi di salute C. ha frequentato corsi di formazione professionale e corsi di italiano. Ha trovato lavoro come segretaria, ma purtroppo qualche mese fa la società per cui lavorava è fallita. Con l’aiuto economico del CIR ha preso una casa in affitto dove tutt’ora vive con il suo attuale compagno italiano ed ha ottenuto il Nulla Osta per il ricongiungimento familiare. Quale è la tua attuale condizione? C: Vivo in italia dal 2007, e ho due figlie che vivono con mio fratello in Camerun, precisamente a Doula che si trova a circa 5 ore di viaggio dalla capitale. il padre della prima bimba è deceduto nel 2002, mentre di quello della seconda non ho più avuto notizie. adesso qui in italia ho un nuovo compagno, che è preparato e accetta l’idea che le mie figlie mi raggiungano. la cosa più difficile da immaginare, è avere una figlia che non ti conosce! mi spiego meglio: la mia seconda figlia, che ora ha 8 anni, non mi vede da quando ne aveva 2. l’altro giorno quando ho telefonato a mio fratello, la piccola non voleva neanche venire al telefono, non sapeva cosa dirmi, come se fossi un’estranea! alle mie figlie non ho detto nulla del ricongiungimento. non voglio creare false aspettative: se poi non riesco a concludere la pratica? Quali cambiamenti ci sarebbero nella tua vita con l’arrivo dei tuoi familiari? C: so che non sarà semplice, dovrò prendermi cura anche di loro, ma tutto nella mia vita si aggiusterà con il loro arrivo; ne sono certa. so che non sarà facile, ma il pensiero di riabbracciare le mie figlie mi riempie di gioia, e in un certo senso renderà tutto più facile, più vivibile. so che con il loro arrivo dovrò lavorare di più, ma questo non mi spaventa. Quali sono le tue attuali preoccupazioni e aspettative? C: prima, la mia preoccupazione era la casa, ora con il progetto di ricongiungimento ho ottenuto questo piccolo traguardo: una casa che mi ha permesso di uscire dai centri di accoglienza e di ottenere il nulla osta. Questo ha completamente cambiato la mia prospettiva sul mondo, sulla mia vita, adesso posso davvero immaginare di farle venire qui, prima senza neanche una casa, non avrei potuto farlo. ora sono preoccupata di riuscire a completare la procedura. in qualche modo sono riuscita a pagare il test del Dna 123 R I T R O VA R S I P E R R I C O S T R U I R E APPENDICE - 11 INTERVISTE A RIFUGIATI RICONGIUNTI che mi è stato richiesto, ore per i biglietti non so proprio, ma devo riuscirci! Intervista 11 Quale è stato il momento più difficile da un punto di vista pratico? E da un punto di vista emotivo? C: il momento più difficile è stato ottenere i documenti per le mie figlie. i tempi sono stati molto lunghi. a partire dal test del Dna, fino ai visti. sembra che tutto il Camerun debba fare test del Dna. inoltre l’ambasciata, non risponde al telefono, né di persona. È pazzesco, tutto si deve fare via internet! lì poi non è facile connettersi ad internet, come qui in italia. Così sono stata costretta ad occuparmi io di molte faccende che da lì, mio fratello non poteva risolvere. inoltre mio fratello non vive a Yaoundè, quindi l’ambasciata dista 5-6 ore con la macchina, e non è semplice, andare e poi tornare indietro, a volte senza neppure aver risolto nulla. ho dovuto attendere due anni per avere i nulla osta. adesso dopo i test del Dna credo che dovrò aspettare altri sei mesi per ottenere i visti. i servizi on line non mi hanno agevolato affatto e la lista di attesa online è infinita. Quando immaginavi il ricongiungimento ti aspettavi che sarebbe stato più facile o più difficile da un punto di vista delle procedure? C: immaginavo che le procedure fossero lente, ma non così tanto! però, contro ogni aspettativa, sono riuscita ad ottenere il nulla osta. se sono riuscita in questo posso riuscire anche nel resto. Quale aiuto hai ricevuto dal CIR o da altre organizzazioni e dove questo aiuto è servito in maniera indispensabile a superare tali problemi? C: il Cir mi ha sostenuto per la casa pagando la caparra e due mesi di affitto. senza la casa non avrei mai potuto sperare di ottenere il nulla osta. ma non solo, grazie al Cir ho ottenuto cose come un materasso ortopedico, sembra una cosa sciocca, ma prima soffrivo di forti mal di schiena che mi impedivano di muovermi bene, camminavo con il busto ed ora invece sto bene e non lo porto più. grazie a questo progetto ho risolto molti problemi; si può dire che ho ripreso a vivere. nel centro di accoglienza stavo male, soprattutto fisicamente: portavo il busto, ero troppo magra perché non potevo seguire la dieta di cui avevo bisogno. ora invece la casa mi ha aperto alla vita: non porto più il busto e le mie condizioni di salute sono molto migliorate. Su quale aspetto pensi che dovrebbero concentrarsi gli sforzi delle organizzazioni come il CIR? C: Credo che portare avanti progetti come questo del ricongiungimento sia fondamentale per chi come me arriva in italia e ha poche altre aspettative. ricongiungersi con la propria famiglia è il punto di partenza per una vera e propria integrazione. senza di questo, so che mi mancherebbe sem- R I T R O VA R S I P E R R I C O S T R U I R E 124 APPENDICE - 11 INTERVISTE A RIFUGIATI RICONGIUNTI Intervista 11 pre qualcosa. Questi progetti non dovrebbero avere scadenza! Cosa significa per te essere in Italia e sapere la tua famiglia nel paese d’origine? C: tristezza! avere due figlie e non poterle vedere crescere mi tocca profondamente. Quel che mi tocca di più è che la più piccola non mi conosce, non sa più chi sono. la piccola chiama la moglie di mio fratello”mamma”e questo mi dà un’enorme tristezza. loro sono tutto ciò che ho di più caro. Certo ci sentiamo al telefono, ogni tanto ci scambiano delle foto, ma naturalmente non è lo stesso. Quali sono le tue aspettative? C: la cosa che più mi importa ora è che loro vengano qui, da me, dalla loro madre. loro vogliono raggiungermi, certo, ma io non ho detto nulla del ricongiungimento perché se poi non si dovesse realizzare, la delusione sarebbe troppo grande anche per loro. Credo però che la più grande abbia intuito qualcosa, ma io non le voglio dare conferme, non ancora. mi spaventa un po’ il loro arrivo, ma niente mi ferma. 125 R I T R O VA R S I P E R R I C O S T R U I R E APPENDICE - 11 INTERVISTE A RIFUGIATI RICONGIUNTI RITROVARSI R ITR OVA RSI PE PER R RICOSTRUIRE R RICOST TRUI R E Pubblicazione finanziata dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri con il fondo dell'otto per mille dell'IRPEF devoluto ai cittadini alla diretta gestione statale per l'anno 2009 all'interno del progetto "Ritrovarsi per Ricostruire. Intervento di supporto al ricongiungimento familiare attraverso l'assistenza lavorativa e alloggiativa sul territorio nazionale in favore dei rifugiati e delle persone in protezione sussidiaria" Questo Quest to progetto è finanziato dalla Pre Presidenza esidenza del Consiglio Ministri con il fondo dell’otto per mille m dell’irpef devoluto dei Ministri c staatale per l’anno 2009. dai cittadini alla diretta gestione statale