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Ritrovarsi per ricostruire - Consiglio Italiano per i Rifugiati

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Ritrovarsi per ricostruire - Consiglio Italiano per i Rifugiati
RITROVARSI
R
ITR OVA RSI PER
PE R R
RICOSTRUIRE
ICOST
TRUI R E
Ritrovare la vita lasciata indietro, da cui si è stati costretti a fuggire.
Ricostruire la propria identità, attraverso legami che si riallacciano.
Passare dall’impossibilità di rivedersi, dalle distanze e dalle separazioni forzate,
alla vicinanza che riunisce il passato, il presente e il futuro.
RITROVARSI PER RICOSTRUIRE
R
Ideazione grafica del progetto:
Artigiani Digitali
Editing:
Inprinting srl - Roma
Stampa:
Arti grafiche - Pomezia
2
Indice
n INTRODUZIONE
Christopher hein
Consiglio Italiano per i Rifugiati .............................................................pag.
5
n CAPITOLO I
DIETRO IL RICONGIUNGIMENTO FAMILIARE DEI RIFUGIATI
Fiorella rathaus e paola Di prima
storie di vita......................................................................................pag.
spunti e riflessioni............................................................................pag.
La prospettiva di coppia ........................................................pag.
La prospettiva dei figli ...........................................................pag.
Fattori di protezione e facilitatori nel processo
di ricongiungimento familiare..............................................pag.
Bibliografia sul tema........................................................................pag.
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n CAPITOLO II
QUADRO NORMATIVO DI RIFERIMENTO
maria De Donato, Daniela Di raDo e Clara Fringuello
la normativa internazionale e europea........................................pag.
il libro Verde sul Diritto al ricongiungimento Famigliare..........pag.
il ricongiungimento Famigliare nell’ordinamento italiano........pag.
Procedura di Ricongiungimento Famigliare...................................pag.
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n CAPITOLO III
DOVE LA PRASSI OSTACOLA IL DIRITTO
maria gioVanna FiDone ....................................................................pag. 57
n CAPITOLO IV
IL PUNTO DI VISTA DELL’UNHCR
FaBiola Conti ...................................................................................pag. 65
IL PUNTO DI VISTA DELL’ECRE
intervista a anne Bathily
a Cura Di Valeria Carlini ...................................................................pag. 75
n APPENDICE
Carla romito
nota metodologica..........................................................................pag. 85
11 interviste a rifugiati ricongiunti ................................................pag. 87
a Cura Di
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R I T R O VA R S I P E R R I C O S T R U I R E
Introduzione
Christopher Hein
n numero elevato di rifugiati deve affrontare la separazione forzata dai propri familiari. il rifugiato ha spesso dovuto lasciarsi alle spalle non solo il suo paese, il suo lavoro o
studio, la sua casa, i suoi amici, ma anche moglie o marito, figli, genitori, fratelli, sorelle, zii, nonni, l’insieme delle persone che costituiscono in tutte le culture la rete di affetti, di relazioni più strette, di sicurezza emotiva e spesso anche materiale.
i motivi della separazione forzata sono diversi secondo le circostanze della fuga dal proprio paese e le condizioni individuali.
possiamo comunque distinguere tre scenari diversi : primo, i familiari
sono rimasti nel paese di origine, a causa di motivi di sicurezza o dell’impossibilità economica a pagare il viaggio, o perché la fuga era
stata concepita solo per un breve periodo. secondo, la partenza dal
paese di origine includeva anche familiari che successivamente sono
stati costretti a rimanere in un paese intermedio, di transito, di primo
rifugio. Dopo la fine della guerra nei Balcani, la stragrande maggioranza dei rifugiati in italia non arrivava direttamente dal proprio
paese, da un paese vicino, ma da lontano, dall’afghanistan, dal
Congo, dalla somalia. hanno dovuto attraversare diversi altri territori prima di arrivare in italia, visto che gli arrivi via aerea hanno avuto
un impatto quantitativo molto limitato. anche durante la “crisi nel
nord africa” del 2011, quasi tutti i rifugiati sbarcati in sicilia non
appartenevano ad uno degli stati in conflitto, eccezione fatta per
pochi cittadini libici e per i tunisini, nella quasi totalità comunque
migranti economici. Dal 2002, un elevato numero di rifugiati ha tran-
u
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R I T R O VA R S I P E R R I C O S T R U I R E
sitato attraverso la libia, e prima ancora attraverso sudan, Ciad e
altri paesi dell’africa sub-sahariana. Durante questi “viaggi”, che
spesso possono anche durare anni, alcuni componenti della famiglia
sono dovuti rimanere indietro, non per ultimo per motivi economici.
ho seguito il caso di una famiglia congolese con due figli piccoli. nel
porto di tripoli, i trafficanti di persone hanno imbarcato solo la
madre con una figlia, perché i soldi non erano ritenuti sufficienti per
pagare il trasporto per tutti, e il padre implorò invano di non venir
separato. il film “mare chiuso” racconta storie simili – famiglie spezzate, familiari lasciati indietro in una terra sconosciuta ed ostile, totale incertezza sul futuro e su quando potersi rivedere.
il terzo scenario, meno frequente, riguarda i rifugiati “sur place”
– persone che non possono più tornare nel proprio paese, a causa di
avvenimenti avvenuti durante la loro assenza, un golpe, la presa di
potere di un regime dittatoriale, una guerra o guerra civile. Quella
che era pensata come una permanenza limitata all’estero, per motivi
di studio o di lavoro, si converte in una vera separazione a tempo
indeterminato.
in tutti i casi, la lontananza non voluta dai propri familiari condiziona profondamente la vita in esilio. rafforza la tendenza, comunque inerente alla condizione di rifugiato, di guardare indietro con un
senso di perdita, e spesso anche con un senso di colpa. rende ancor
più difficile intraprendere una nuova vita nel paese di asilo, pianificare il futuro, investire energie nella ricerca di lavoro e di casa, orientarsi in una cultura diversa.
e’ per questo che il ricongiungimento familiare rappresenta una
condizione fondamentale per l’integrazione del rifugiato. D’altra
parte però è necessario un certo grado di integrazione per poter
effettivamente procedere al ricongiungimento . Questa capacità economica di base è richiesta per legge ai beneficiari di protezione sussidiaria, ma è di fatto indispensabile per tutti i rifugiati per poter
ricevere i familiari ricongiunti.
il diritto al ricongiungimento familiare è limitato al nucleo in
senso stretto : coniuge; figli minori non sposati; in casi eccezionali i
genitori. il diritto rispecchia un concetto culturale di famiglia che è
prevalente nel mondo occidentale – anche se all’interno della stessa
europa l’importanza del cerchio più ampio varia tra i vari paesi e perfino tra le diverse regioni dello stesso paese. per definire la famiglia
viene imposto il modello della “cultura superiore”. il fatto che in
molte culture la figura dello zio, fratello del padre – in alcune culture anche il fratello della madre - può avere un ruolo più determinante che gli stessi genitori, non viene minimamente contemplato, per
non parlare di sorelle e fratelli.
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Introduzione
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Introduzione
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la normativa dell’unione europea, come quella italiana, prevede
il principio di “unità di famiglia” del rifugiato – ma solo in quanto
allo status giuridico dei familiari già presenti nello stato di asilo. il
diritto al ricongiungimento familiare invece non è inserito nel catalogo dei diritti derivanti dallo status di protezione internazionale. il
tema viene invece trattato nella Direttiva sul ricongiungimento
Familiare. la logica è simile a quella della Direttiva sulla procedura :
la richiesta d’asilo può essere presentata quando la persona si trova
sul territorio di uno degli stati membri. ma come arriva su tale territorio?
sullo sfondo c’è sempre la paura dell’“invasione”. e quindi la
paura che il ricongiungimento familiare possa essere abusato per far
entrare chiunque nella fortezza. il principio dell’unità di famiglia è
sacrosanto – ma si applica concretamente solo in favore delle persone già arrivate.
se uno non ritiene che la frontiera dovrebbe essere abolita tout
court e che la globalizzazione implica la libertà universale di circolazione delle persone – e il sottoscritto non lo ritiene – uno è costretto
ad ammettere che ci vogliono regole, definizioni, procedure, requisiti, condizioni, filtri, controlli e quant’altro. e uno si trova di fronte alla
necessità di richiedere il test del Dna e il certificato di matrimonio
civile con tanto di timbri e firme da parte delle autorità dello stato
dal quale il rifugiato richiedente il ricongiungimento è fuggito e dal
quale, per definizione consacrata nella Convenzione di ginevra, non
può e non vuole avere la protezione.
Come coniugare tutti questi aspetti – la necessità emotiva e materiale del rifugiato di superare la solitudine; la necessità dello stato di
asilo di mettere delle regole; la necessità di dimostrare, documentare
il rapporto di parentela che in un modo o nell’altro richiede delle certificazioni dallo stato di appartenenza del rifugiato; la necessità del
rifugiato di disporre delle condizioni economiche per accogliere i propri familiari nel paese di esilio?
le proposte e le raccomandazioni in questo volume sono piuttosto modeste di fronte a una sfida umana e umanitaria così esistenziale. si basano sulla normativa europea e nazionale vigente e non chiedono il “rosengarten”. intendono essere “realiste” e attuabili nel
breve-medio periodo. e non si vergognano di fare un calcolo finanziario preciso: quanto costa allo stato, nel tempo, la non integrazione di un rifugiato, l’emarginazione sociale e culturale; quanto guadagnerebbe lo stato invece con un rifugiato integrato che lavora, paga
le tasse e i contributi sociali? e viceversa, quanto costerebbe allo stato
favorire l’integrazione e quindi il ricongiungimento familiare?
R I T R O VA R S I P E R R I C O S T R U I R E
negli anni è emerso che un rifugiato, dopo un periodo di accoglienza impostata dall’inizio verso l’integrazione, in media, ha bisogno di un “investimento” iniziale di 2.500 euro per trovare lavoro e
casa, e altri 1.000 euro per attuare il ricongiungimento familiare.
“Peanuts”, in confronto al costo per la permanenza in un centro di
accoglienza – o in carcere.
e questo, perché non si fa? per miopia, per mancanza di una visione lungimirante o a causa dell’argomentazone di alcuni: come possiamo giustificare tale spesa se tanti dei nostri connazionali non hanno
né casa né lavoro? più facile, perché meno evidente agli occhi dell’opinione pubblica, buttare 20.000 euro a persona in costi di accoglienza senza soluzione (46 euro a persona al giorno per 440 giorni – e
siamo davvero a questa assurdità! – accoglienza per ben più di un
anno!), invece di investire, poniamo anche 5.000 euro a persona, per
favorire un’integrazione sostenibile.
i rifugiati in italia, ci sono e ci saranno anche nel futuro.
sembra ora che si possa superare finalmente l’approccio emergenziale e l’impiego di misure ad hoc – l’approccio prevalente da più di
20 anni a questa parte, nei confronti degli albanesi o dei somali; dei
bosniaci o dei kosovari; dei curdi e degli iracheni; degli eritrei e degli
afgani; e così via.
Bisogna mettersi l’anima in pace: l’italia, volente o nolente, è
diventata un paese d’asilo più permanente. e così sarà, se vogliamo
restare “in europa”, visto che siamo diventati, volendo o no, un paese
di immigrazione.
Quindi, meglio intraprendere una strada realista, investire, favorire l’integrazione, prendere sul serio i bisogni vitali dei rifugiati,
appoggiare la realizzazione del loro desiderio di ricominciare a vivere in esilio assieme ai propri familiari.
siamo lontani dallo slogan del maggio ’68 a parigi – “soyez réalistes – demandez l’impossible”.
noi diciamo: “siamo modesti – chiediamo ciò che per il momento
appare possibile” e che sarebbe già tanto. per lui, per lei, per la persona-rifugiata.
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Introduzione
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CAPITOLO I
Dietro
il ricongiungimento
familiare dei rifugiati
Fiorella rathaus
e paola Di prima
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Durante una delle interviste riportate in appendice, mentre il padre rispondeva alle domande, la figlia di 7 anni appena ricongiunta a lui (insieme alla madre e al fratellino di 9 anni), disegna la sua famiglia appena ricostituita. In un primo momento nel
foglio riporta solo se stessa, la madre e il fratellino. Alla domanda “perché non c’è il padre?” la bambina risponde “lo vedi…proprio non c’è spazio sul foglio”. Insieme viene trovata la soluzione di disegnare la figura paterna su un altro foglio. Quando le
viene proposto di unire i due fogli la bambina inizialmente esprime delle velate resistenze. Alla fine decide di accettare e partecipare al “rito” della riunificazione delle due parti della famiglia attraverso l’utilizzo di graffette. Solo allora sembra quasi
sentirsi sollevata e corre ad abbracciare il padre.
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Storie di vita
La storia di Marcel
gni sera marcel rientrando a casa dopo il lavoro viene
accolto dall’energico abbraccio di sua figlia. stenta a credere che la bambina di pochi anni che ha lasciato nel suo
paese possa essere quella donna alta e robusta che lo travolge con
gesti affettuosi. sono due persone che gradualmente stanno imparando a ri-conoscersi dovendo fare i conti con più di 10 anni di separazione.
o
Mia figlia non ha avuto il tempo di giocare con me quando era
bambina, e ora è come se dovesse recuperare il tempo perduto. La
sera, quando arrivo mi salta al collo, con i suoi 60 chili e quasi mi
butta per terra per l’entusiasmo. E’ una strana sensazione, perché l’avevo lasciata che era una bimbetta, e qualche volta anche io quando
suono alla porta, mi aspetto che a venirmi incontro debba essere la
bimba di allora.
marcel è originario della sierra leone; è dovuto scappare dal suo
paese senza avere nemmeno il tempo di salutare sua moglie e i suoi
3 figli. giunto in italia ha presentato richiesta d’asilo e nel 2003 è
stato riconosciuto rifugiato. ha vissuto per anni in italia mantenendo,
con un esiguo guadagno, la famiglia in sierra leone. periodicamente
continuava a sentirli telefonicamente; la vita in italia non è facile e
spesso racimolare qualche soldo per telefonare diventa un problema
molto serio. marcel racconta questo lungo periodo di separazione
ripercorrendo le ansie e le preoccupazioni dovute sia alla precaria
situazione lavorativa qui in italia che alla difficoltà di avere notizie
dei suoi cari.
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R I T R O VA R S I P E R R I C O S T R U I R E
CAPITOLO I - DIETRO IL RICONGIUNGIMENTO FAMILIARE DEI RIFUGIATI
in sierra leone era un ingegnere. ha con sé tutti gli attestati che
dimostrano la sua competenza ed esperienza. ancora attende il riconoscimento dei suoi titoli da parte dello stato italiano. marcel ha dovuto
abbandonare presto l’idea di poter lavorare in italia nel settore di sua
competenza e da 7 anni lavora come magazziniere.
Storie
di vita
Quando sono arrivato 10 anni fa ho girato tanto per trovare un
lavoro come ingegnere. Poi ho trovato questo posto come magazziniere perché dovevo pur vivere e pensare alla mia famiglia. Il lavoro
è molto faticoso, pesante, non ho tempo per fare altro. Mi sveglio
alle 5.00 e non riesco mai a tornare a casa prima delle 20. Una volta
ho perso anche l’ultimo treno da termini delle 23.32 e ho passato la
notte in stazione.
A volte la cooperativa è indietro col pagamento degli stipendi,
siamo a settembre e devo ancora prendere il mese di Luglio. In realtà
lavoro 10/12 ore al giorno con contratto part-time in cui sono segnate solo 4 ore. Il resto mi viene pagato fuori busta.
Quando ero giovane ero famoso anche come giocatore di calcio. Ero
conteso da tutti, tante donne…tanti amici con cui condividere le serate.
le precarie condizioni economiche hanno costretto marcel a
rimandare a lungo la concretizzazione del suo sogno di ricongiungimento familiare, e in fondo per tanto tempo ha anche continuato a
sperare che un giorno sarebbe potuto tornare nel suo paese per ricostruire la sua vita da dove l’aveva lasciata. la morte improvvisa della
moglie ha costretto marcel a confrontarsi con l’idea di un immediato
ricongiungimento con i figli rimasti soli nel paese d’origine. i figli
sono stati coinvolti fin da subito nel progetto del padre e si sono
mostrati immediatamente entusiasti. marcel non ha mai nascosto ai
figli le precarie condizioni di vita in cui versava, cercando così di non
alimentare grandi aspettative con il rischio di forti delusioni.
In Sierra Leone, prima della mia fuga, i ragazzi erano cresciuti nel
benessere. Non ho però mai fatto intendere qualcosa di diverso
rispetto a quello che sono diventato adesso e come si è trasformata
la mia vita qui. Sono sempre stato molto trasparente senza pretendere di essere migliore. Per cui non ho contribuito a costruire aspettative troppo elevate… sono i miei figli sanno che li amo.
Una volta mi hanno chiesto quanto ho messo da parte per loro,
ma come faccio a risparmiare? Li vorrei rassicurare che andrà
meglio… spero che riusciranno a studiare, a trovare un lavoro a fare
la loro strada. Mi piacerebbe cambiare casa perché il posto dove stiamo è vecchio, freddo e umido e per i ragazzi non va bene ma dovrei
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CAPITOLO I - DIETRO IL RICONGIUNGIMENTO FAMILIARE DEI RIFUGIATI
Storie
di vita
di nuovo anticipare i soldi della caparra. Il proprietario di casa già ora
viene a chiedermi i soldi dell’affitto, siamo al 3 del mese e lui è già
dietro la porta…questa cosa mi angoscia molto.
a giugno del 2010 marcel richiede il nulla osta per il ricongiungimento che otterrà formalmente a febbraio 2011. i figli arriverranno
in italia a dicembre 2011.
Dopo che ho avuto il nulla osta pensavo di rivederli presto, desideravo tanto riabbracciarli, dopo 10 anni, vedere come erano diventati. Non mi aspettavo che l’attesa sarebbe stata così lunga né che
sarebbero stati necessari così tanti soldi. Raccogliere i documenti nel
mio paese in vari Ministeri, come per esempio i certificati di nascita, e
inviare i soldi sia per i documenti che per farli tradurre.
Ho dovuto inviare i soldi per le spese del consolato due volte. Ho
mandato 800 euro per 3 visti quando ciascuno ne costava solo 100
perché la prima volta i soldi non risultavano arrivati al consolato. Non
avevo calcolato questa spesa extra e queste lungaggini.
marcel racconta che ha dovuto fare i conti con la corruzione nel
suo paese. per ottenere il visto ha dovuto inviare dei soldi ad una
signora, che aveva contatti con il consolato, la quale per ben due
volte non ha consegnato la somma prevista. marcel dopo aver chiesto aiuto al Cir affinchè intercedesse per sbloccare la situazione con
l’ambasciata, è riuscito ad inviare il denaro e ad ottenere i visti.
mentre le procedure legali andavano avanti, marcel ha sentito l’esigenza di iniziare a preparare da un punto di vista pratico l’accoglienza per i suoi tre figli. Fino ad allora aveva sempre vissuto in piccole stanze a volte condivise con altre persone. la necessità di offrire
ai figli una sistemazione adeguata ha indotto marcel a cercare una
casa più adeguata. le difficoltà economiche in cui marcel versava
erano tali da indurlo a chiedere aiuto al Cir per essere sostenuto nelle
spese d’affitto e nella caparra per la casa. l’appartamento non è troppo grande ma è alla portata delle sue tasche.
la vita di marcel con l’arrivo dei figli è cambiata totalmente.
racconta che prima aveva molto tempo libero per sé al di là del lavoro. marcel si rende conto che per garantire una vita dignitosa ai suoi
figli qui in italia ha necessità di lavorare di più, dall’altra parte però è
consapevole che i figli hanno bisogno di passare del tempo con lui
affinché si possa ricostruire la continuità familiare interrotta dalla fuga.
Sono fuori tutto il giorno e posso stare con loro solo il fine settimana. Allora facciamo la spesa e cuciniamo insieme e li porto in giro.
Prendiamo l’autobus o il treno e andiamo a Ostia, Nettuno, una volta
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R I T R O VA R S I P E R R I C O S T R U I R E
CAPITOLO I - DIETRO IL RICONGIUNGIMENTO FAMILIARE DEI RIFUGIATI
siamo stati anche a Roma, abbiamo girato tutta la notte. Passiamo un
buon tempo insieme.
la paura di non farcela con le spese quotidiane di casa ha indotto
marcel a responsabilizzare i figli.
gli affida compiti quali fare la spesa o pagare le bollette per fargli
capire il valore dei soldi.
Storie
di vita
Ogni giorno prendo i soldi e li divido, a ciascuno di loro affido un
compito: li mando al supermercato a fare la spesa a pagare le bollette
così si rendono conto come i soldi vanno via. Da quando sono con me,
cerco di insegnare il sistema qui.
Guarda la mia mano non è mai stata così rovinata.(…) Loro lo vedono,
lo sanno. Mi dispiace che a volte sentano compassione per me. Sapevano
come vivevamo bene quando ero in Sierra Leone e ora vedono la vita che
faccio qui, gli sforzi che faccio, però sento che mi capiscono, mi sono vicini e si preoccupano per me. Mi dicono sempre “papà non ti preoccupare
dei soldi siamo qui, insieme”. Mi danno molto coraggio. Mi rendono
forte, perché devo investire in loro. Nella loro educazione e crescita perché possano raggiungere risultati a cui io non sono arrivato.
marcel racconta che nonostante tutte le difficoltà materiali sapere la
sua famiglia riunita e al sicuro rappresenta per lui una gioia immensa
che gli dà il coraggio di affrontare i sacrifici necessari. la presenza dei
figli lo incoraggia moltissimo e gli dà la forza di sperare in un avvenire
migliore per loro.
Le spese sono tante, la scuola, i libri, l’affitto, i vestiti. Ora devo comprare scarpe nuove perché sono cresciuti, ma grazie a Dio, mi piace così!
marcel racconta che per poter mantenere i suoi figli è costretto a
lavorare molte ore al giorno e questa prolungata assenza quotidiana
pesa molto sull’equilibrio e l’organizzazione familiare. sia per lui che
per i figli la perdita della moglie ha inciso molto nella lenta ricostruzione del nucleo familiare sia da un punto di vista affettivo che organizzativo. negli ultimi tempi sta considerando la possibilità di risposarsi.
Ma gestire da solo tutto questo, occuparmi del lavoro e dei ragazzi
non è facile. Avrei bisogno di una persona che mi aiuti. Sento la mancanza di una figura femminile al mio fianco con cui condividere emozioni e preoccupazioni.
marcel, dal momento dell’arrivo dei figli in italia si è attivato per
inserirli nel nuovo contesto.
R I T R O VA R S I P E R R I C O S T R U I R E
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CAPITOLO I - DIETRO IL RICONGIUNGIMENTO FAMILIARE DEI RIFUGIATI
Storie
di vita
Quando sono arrivati in Italia, l’inverno scorso, li ho inseriti a scuola:
mia figlia in prima media, ma dovrà ripetere l’anno. Il figlio medio al
primo anno di un tecnico industriale e il figlio maggiore in una scuola
professionale serale. Di giorno va in giro a vendere i biglietti per i bus
turistici. E’ solo così per imparare qualcosa, avere contatti con le persone e guadagnare quel tanto per chiamare gli amici in Africa. Sentono la
nostalgia per come si viveva lì, per tutte le persone che hanno dovuto
lasciare. Spesso parlano dei nonni che si sono presi cura di loro dopo la
morte della mamma.
sembra anche un padre particolarmente consapevole di tutte le difficoltà legate all’integrazione dei figli in italia.
Mia figlia è timida, non parla la lingua, in classe non ha fatto nessuna amicizia e passa tutto il giorno ad aspettare in casa il mio rientro. Le
piace giocare a tennis ed è anche molto brava a cantare. Mi sono informato ma i capi di gioco sono costosi e molto lontani da casa nostra e
non posso accompagnarla perché lavoro tutto il giorno. Sono molto
preoccupato perché non esce mai, ho chiesto a una vicina se durante il
giorno mia figlia può andare da lei ad aiutarla con i bambini e a imparare come si pulisce casa. L’ho rassicurata sul fatto che non volevo che
fosse pagata, era solo un modo per farle vedere come funziona qui, per
farla sentire più inserita e meno sola ma questa signora non si è mai
fatta risentire.
Il figlio di mezzo gioca a calcio, lo vengono a cercare e lo chiamano
tutti Balotelli. E’ del ‘97 ma ha fatto la prova per entrare nella squadra
di Aprilia del ‘96 e l’hanno preso come prima punta.
La Storia di Omar
omar proviene dal Burkina Faso, ha ottenuto lo status di rifugiato
nel 2008 e da circa un anno si è ricongiunto con la moglie e i suoi quattro figli. il nucleo familiare abita in una cittadina vicino Viterbo. la casa
non è molto grande ma al momento il nucleo familiare non può permettersi di affittare un appartamento più confortevole. omar lavora
come mediatore culturale presso una cooperativa ma non lavora tutti i
giorni e spesso i pagamenti avvengono con estremo ritardo. Data la sua
precaria situazione lavorativa omar ha difficoltà nel pagare l’affitto, nel
provvedere alle spese della casa e dell’istruzione per i figli.
Io qui in Italia non ho un lavoro fisso, ancora, e ho qualche difficoltà
a pagare l’affitto. Da un paio di mesi ci hanno anche tagliato il gas. (…)
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R I T R O VA R S I P E R R I C O S T R U I R E
CAPITOLO I - DIETRO IL RICONGIUNGIMENTO FAMILIARE DEI RIFUGIATI
Da solo avrei potuto anche arrangiare qualcosa, ma con loro no, non
posso. Inoltre i bambini devono iniziare la scuola ora e, lì in paese, non
c’è una scuola pubblica, ma solo una privata che costa parecchio.
Storie
di vita
omar racconta con nostalgia del suo passato lavorativo e della persona che era nel suo paese. ammette che in italia è al sicuro e che qui
può “vivere” ma d’altra parte dalle sue parole emerge un forte senso di
frustrazione relativo alle sue aspettative disattese.
In Burkina Faso ho lavorato per molto tempo presso una struttura
che si occupava della difesa dei diritti dei minori, in tutta l’Africa. Sono
un ingegnere, lì avevamo tutto, qui niente. Certo qui in Italia ciò che ho
trovato davvero è la vita, semplicemente. Io vivo! Lì non so cosa mi
sarebbe potuto accadere. (…) Ma qui mi sembra di aver perso la mia
intelligenza. Mi sento limitato in tutto, anche se oramai parlo bene l’italiano. (…) Voglio riprendere il mio lavoro. Qui sono costretto a subire anche molte ingiustizie. Lavoro come mediatore culturale e non mi
pagano, tanto per fare un esempio. So di avere delle capacità che voglio
mettere al servizio della mia gente e della gente come me che è dovuta scappare. Ho appena finito di scrivere il mio libro, sui rifugiati, sull’immigrazione.
se da un lato omar ha dovuto rimodellare la sua identità lavorativa,
adattandosi alle necessità del mercato del lavoro italiano, dall’altro lato
la presenza della famiglia in italia rappresenta per lui la possibilità di
recuperare il “passato”, riscoprendo gli affetti di sempre.
Immaginavo già che la situazione non sarebbe stata semplice, ma
volevo vivere di nuovo con loro, rivederli e stare tutti assieme.(...) Stare
qui da solo dopo dieci anni di matrimonio era impossibile. Era come se
vivessi senza l’anima, come se qui ci fosse solo una metà del tutto.
“l’altra metà del tutto” era stata lasciata da omar improvvisamente
una mattina qualunque del 2007.
Una mattina in Burkina Faso sono uscito come tutte le mattine per
andare a lavoro. Ho salutato mia moglie e i bambini. Sono uscito di casa
e non sono più ritornato. Il più piccolo aveva tre mesi. Dopo un po’ non
mi ricordavo più neanche il suo viso. Non c’è un momento più difficile
nella vita di una persona, credo.
la fuga di omar e la situazione di pericolo in cui versava l’intera
famiglia ha comportato una disgregazione del nucleo familiare; due
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CAPITOLO I - DIETRO IL RICONGIUNGIMENTO FAMILIARE DEI RIFUGIATI
Storie
di vita
figli sono stati affidati alla nonna paterna e gli altri due sono rimasti con
la madre. la brusca separazione è stata vissuta molto male dalla figlia
più grande di omar. È facile immaginare che agli occhi di una ragazzina di undici anni tale fuga improvvisa sia stata interpretata come un
vero e proprio abbandono di cui è difficile cogliere il senso.
Essere qui in Italia e sapere la mia famiglia lì era un disastro. Inoltre
due figli vivevano con mia madre, i due gemelli invece con mia moglie. La
mia figlia più grande, quella più legata a me, da quando sono dovuto
scappare ha iniziato ad andare male a scuola, aveva perso la fiducia negli
altri, e in me, suo padre. Poi abbiamo parlato, le ho spiegato, e ha capito.
omar racconta di aver vissuto un periodo in costante apprensione
per la vita dei suoi familiari.
non appena ha potuto, infatti, ha avviato le pratiche per il ricongiungimento familiare ottenendo il nulla osta nel 2010.
(…) il mio obiettivo era riunirmi con mia moglie e i miei bambini.
Solo l’idea mi rendeva felice. Quando loro erano lì ero preoccupato per
tutto. La salute, la loro stessa vita e la scuola.
oltre alle preoccupazioni per la vita della famiglia durante il periodo di attesa per la finalizzazione della procedura, omar ha dovuto far
fronte alle ulteriori ansie dovute alle complicazioni burocratiche incontrate.
Da un punto di vista pratico abbiamo avuto qualche difficoltà perché nel nostro paese c’è solo il consolato e non l’ambasciata. Quindi per
i visti e il resto, la mia famiglia doveva andare in Costa d’Avorio, dove
oltretutto c’era la guerra. E non è così vicino. Tramite i legali del CIR, poi
però, siamo riusciti a mettere in contatto l’Ambasciata e il consolato e a
risolvere tutto anche in poco tempo (...). Inoltre ho dovuto pagare io per
i visti, 500 euro per tutti e non sono stato aiutato. L’attesa per i visti è
stata di un mese, credo siano i tempi burocratici normali.
il tempo della separazione è stato vissuto diversamente dai componenti della famiglia. omar ha dovuto fare i conti da un lato, con le
preoccupazioni legate all’impossibilità di occuparsi direttamente dei
bisogni materiali e affettivi di sua moglie e dei suoi figli e, dall’altro lato,
con le problematicità d’ordine sia economico che culturale relative al
lento processo di integrazione nel contesto italiano. la moglie di omar,
nonostante fosse stata resa partecipe dal marito delle difficoltà da lui
incontrate, non è mai riuscita, durante il periodo di separazione, ad
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CAPITOLO I - DIETRO IL RICONGIUNGIMENTO FAMILIARE DEI RIFUGIATI
immaginare e a comprendere fino in fondo la precarietà esistenziale del
marito. la figlia più grande di omar, come già accennato, ha interpretato l’assenza del padre come un abbandono.
Storie
di vita
Mia moglie voleva venire, certo. Ma non mi credeva quando le raccontavo di tutte le difficoltà che ci sono qui in Europa e in Italia. Quando
è arrivata ha potuto purtroppo rendersene conto da sola. Per le attese,
sapevano che c’era da aspettare. Mia figlia ha preso male la mia fuga.
Adesso però ha capito e va meglio. Si è iscritta a scuola con un anno di
ritardo, ma è una ragazzina intelligente e credo che presto si rimetterà
in regola.
adesso che la famiglia è riunita, omar, forte della sua esperienza,
riesce ad anticipare le difficoltà che la moglie potrà incontrare; omar sa
già che per la moglie non sarà facile adattarsi al nuovo contesto culturale e relazionale;
Ambientarsi in un’altra realtà, dover imparare un’altra lingua e relazionarsi con persone diverse, per quanto riguarda mia moglie. I bambini credo che volessero solo ritrovare il padre.
la presenza della famiglia in italia, nonostante tutte le difficoltà,
permette ad omar di pensare ad un futuro; che questo futuro sia nel
suo paese o che sia in italia, sembra non avere più un’ importanza dominante; le parole di omar lasciano pensare che l’essenziale è che le “due
metà del tutto” restino unite.
R I T R O VA R S I P E R R I C O S T R U I R E
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CAPITOLO I - DIETRO IL RICONGIUNGIMENTO FAMILIARE DEI RIFUGIATI
Spunti e riflessioni
e storie di marcel e omar ci portano per mano a toccare in
modo inequivocabile la complessità e tortuosità del processo di
ricongiungimento familiare per le persone in protezione internazionale e ci permette di estrapolare alcuni nodi fondamentali su cui
riflettere.
per i rifugiati la separazione forzata dalla famiglia (nucleare o allargata) costituisce una condizione relativamente comune e uno dei maggiori fattori di stress.
anche se la separazione può caratterizzare tutti i processi migratori
la rottura che caratterizza le famiglie dei migranti è qualitativamente
diversa da quella sperimentata dalle famiglie di rifugiati (suarezorozco, todorova e louie, 2002). a differenza dei migranti “volontari”,
i rifugiati non hanno né scelto di lasciare il loro paese d’origine né
hanno potuto decidere il paese dove rifugiarsi. le sollecitazioni e sfide
connesse con la separazione dai propri cari in seguito alla migrazione
forzata o “volontaria” sono quindi sostanzialmente differenti.
appare evidente come in un contesto di migrazione forzata la separazione non preventivata, brusca e prolungata possa incidere profondamente sul benessere psico-fisico dei rifugiati e dei loro familiari e avere
un impatto sui futuri comportamenti e relazioni.
i rifugiati tendenzialmente sperimentano una sorta di “perdita
ambigua” nei confronti di amici e familiari rimasti nel paese d’origine.
il concetto di “perdita ambigua” (Boss, 1991) si riferisce all’impossibilità
di elaborare il lutto quando si è di fronte alla perdita di familiari che
sono fisicamente assenti ma psicologicamente presenti, amici e parenti
che sono vivi ma di cui non sempre si conoscono le sorti e con cui è
comunque interdetto un contatto diretto.
il concetto di “perdita ambigua” è stato in particolare utilizzato nei
confronti delle famiglie separate di rifugiati (lyuster, Qin, Bates,
l
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CAPITOLO I - DIETRO IL RICONGIUNGIMENTO FAMILIARE DEI RIFUGIATI
Johnsone rana, 2008; steinglass, 2001) per descrivere quelle sfumature
di poca chiarezza che può assumere l’assenza di familiari in un contesto complesso come quello della fuga. spesso, infatti, le motivazioni
e le modalità della fuga non riescono ad essere totalmente e preventivamente condivise tra i diversi membri della famiglia e queste circostanze lasciano spazio a frustrazioni, senso di abbandono e concrete
incertezze sulle sorti reciproche.
una perdita non definita e definitiva del proprio caro non consente alla famiglia di piangerlo e di viverne il lutto.
il limbo in cui la famiglia è costretta a vivere può alimentare forti
stati d’ansia e depressione costringendola ad investire tutte le energie nel cercare un senso a questa perdita. i lunghi tempi di attesa per
il ricongiungimento prolungano questo stato ambiguo di assenza,
perdita e lutto.
anche dopo il ricongiungimento, nonostante l’eventuale ritrovamento di tutti i componenti familiari, questo ambiguo stato emotivo,
mai fin in fondo riconosciuto ed elaborato, può perdurare nel tempo,
causando un disorientamento familiare legato ad un vuoto che si è
insinuato nella storia familiare (rousseau et al., 2004).
i rifugiati che hanno raggiunto un paese sicuro esprimono forti
sensi di colpa rispetto all’abbandono del resto della famiglia lasciata
spesso in condizioni di insicurezza e precarietà. al senso di colpa si
aggiunge la mancanza di controllo e l’impossibilità di intervenire per
cambiare la situazione che genera nei rifugiati un forte senso di
impotenza e di perdita di speranza (rousseau et al., 2001). alcuni
rifugiati hanno riferito come l’esperienza della separazione in una
situazione di migrazione forzata rappresenti un’esperienza talmente
drammatica da poter essere comparata alla tortura.
il senso di impotenza può determinare sensazioni di disperazione
e letargia che si traducono nell’incapacità di fare nient’altro che
aspettare (rousseau et al., 2001). Questo immobilismo avrà un impatto negativo sul percorso di integrazione nel paese d’accoglienza. il
rifugiato, spesso, intravede nel ricongiungimento familiare la panacea che porrà fine al suo viaggio e alla sua sofferenza e di conseguenza tutte le sue energie fisiche e mentali si concentrano su questo
evento.
il ricongiungimento familiare modifica le priorità esistenziali e il
progetto migratorio, determinando uno spostamento degli investimenti simbolici, affettivi ed economici dal paese d’origine a quello
d’accoglienza. il rifugiato che decide di attivare il ricongiungimento
familiare ha preso atto di una circostanza precisa: questo evento sancisce definitivamente il non rientro. solo a quel punto il paese d’accoglienza assume un ruolo preponderante persino rispetto a quello
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Spunti
e riflessioni
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CAPITOLO I - DIETRO IL RICONGIUNGIMENTO FAMILIARE DEI RIFUGIATI
Spunti
e riflessioni
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d’origine. allo stesso tempo, il ricongiungimento familiare contiene
in sé un forte valore propulsivo e svolge una funzione ponte tra un
“prima” e un “dopo” rendendo possibile la creazione di un luogo
appropriato per contenere memorie e nostalgie che lascia finalmente uno spazio possibile a progetti e costruzioni future.
Del resto anche l’alto Commissariato delle nazioni unite per i
rifugiati (unhCr) ha rilevato come l’unità familiare costituisca un
elemento determinate nel favorire una positiva integrazione nel
nuovo paese e in questo senso anche l’ european Council for
refugees and exiles (eCre) si è espressa evidenziando come l’unità
familiare vada promossa e tutelata nell’interesse reciproco dei singoli rifugiati e della società d’accoglienza (eCre 2000).
il percorso di ricongiungimento familiare determina la ricomposizione affettiva e progettuale del nucleo familiare che deve rinegoziare e condividere un nuovo modo di vivere insieme. i diversi componenti del nucleo familiare sono chiamati ad aggiustare, reinterpretare e riequilibrare relazioni e ruoli in un contesto nuovo.
lo sradicamento dalla propria terra d’origine e il conseguente
radicamento nel nuovo contesto sono processi caratterizzati da rotture, ambivalenze, conflitti, adattamento e innovazione. Da un lato,
tale processo richiede la ridefinizione dei rapporti esterni sia con la
società di partenza che con quella d’accoglienza; dall’altro, tale ridefinizione investe i ruoli intrafamiliari tra genitori/figli e
marito/moglie.
la ricostituzione di un clima familiare e la ridefinizione di ruoli e
spazi adeguati tra i singoli componenti è fortemente connessa al
tempo della separazione. in questo tempo ognuno di loro ha compiuto un percorso di vita diverso in un contesto differente, ha sperimentato nuove autonomie, ha maturato esperienze e elaborato
un’“idea” di ricongiungimento legata a aspirazioni, sogni e traiettorie personali diverse, che dovranno confrontarsi con la nuova realtà e
compattarsi in un unico progetto familiare (tognetti Bordogna,
2004).
per le persone in protezione internazionale la ricomposizione
familiare deve anche far i conti con la storia di persecuzione subita
che, in alcuni casi, non ha trovato uno spazio di elaborazione e di
confronto prima della fuga. spesso il senso di vergogna e/o l’incapacità di parlare di ciò che è accaduto non consente il riavvicinamento
e il riconoscimento. anche per chi è rimasto indietro, il periodo di
separazione può essere stato costellato da ulteriori esperienze traumatiche e la dilatazione dei tempi di attesa per la riunificazione può
rendere ancora più difficili la condivisione di questi vissuti.
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CAPITOLO I - DIETRO IL RICONGIUNGIMENTO FAMILIARE DEI RIFUGIATI
La prospettiva di coppia
Spunti
e riflessioni
nel lungo periodo di separazione può anche trovare spazio la rottura del legame di coppia spesso attivata come modalità per porre fine
all’incertezza (rousseou et al., 2001). se da un lato questo meccanismo
difensivo può servire ad abbassare i livelli di stess tra i coniugi crea però
ulteriori difficoltà ai figli che così rischiano di ritrovarsi non solo divisi tra
due paesi ma anche tra due genitori.
in alcuni casi, invece, l’aver condiviso un’esperienza traumatica così
intesa aumenta il legame tra i coniugi che una volta ricongiunti riusciranno a ritrovare un equilibrio familiare (tognetti Bordogna, 2004).
nel momento del ricongiungimento familiare tra coniugi il nucleo
sperimenta la duplicità della relazione di coppia: da una parte il rapporto testato nel paese d’origine prima della fuga, e, dall’altra, quello che
sperimenteranno nel paese d’accoglienza, dopo un periodo di lontananza in cui ognuno ha elaborato individualmente l’assenza, la separazione, l’attesa e l’idea della riunificazione familiare.
spesso i membri della famiglia non sono preparati alle difficoltà che
incontreranno in seguito al ricongiungimento. prima della riunificazione la loro energia fisica e mentale, così come le loro finanze, sono completamente finalizzate al ricongiungimento familiare. tutto sembra
risolvibile con la riunificazione (Wilmsen, 2011). la vita sembra riacquistare senso e dignità solo nel momento in cui la famiglia sarà nuovamente riunita.
la riunificazione, spesso però non è all’altezza delle aspettative e
sarà necessario un alto grado di flessibilità, adattamento e capacità di
comunicazione e condivisione per poter affrontare la nuova realtà. in
caso contrario i diversi membri della famiglia potrebbero vivere
momenti di forte ansia e depressione (guerin, elmi, 2006; Wilmsen,
2011) frutto del senso di colpa, di abbandono e rabbia inespressa, che
se non adeguatamente affrontato e trattato potrà perdurare nel tempo
(glasgow e gouse-sheese, 1995).
la presa di coscienza che il ricongiungimento non porterà alla risoluzione di tutti i problemi può animare l’ostilità tra i coniugi e incrinare
il loro rapporti.
Questo disagio psicologico verrà acuito dai diversi ostacoli che
costellano il processo di ricongiungimento familiare tra i quali, oltre
all’ambiente familiare e le sue nuove dinamiche, anche le barriere linguistiche, l’assenza di reti sociali e la scarsa conoscenza del nuovo contesto di insediamento (Kinzie, 2006).
nonostante queste iniziali difficoltà, il ricongiungimento può essere
comunque considerato il più forte attivatore di benessere psicofisico per
i rifugiati. se gestito e articolato bene, il processo di ricongiungimento
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CAPITOLO I - DIETRO IL RICONGIUNGIMENTO FAMILIARE DEI RIFUGIATI
Spunti
e riflessioni
porterà ad instaurare nuove relazioni e una maggiore coesione familiare. trascorso il tempo della paura e della distanza le energie familiari
verranno canalizzate per affrontare il percorso di integrazione nel
nuovo paese d’accoglienza e superare il trauma delle esperienze pregresse.
ogni membro della famiglia ritroverà nel nucleo ricongiunto una
continuità con la propria storia di vita individuale e questo gli consentirà di affrontare e guarire le ferite legate alla migrazione forzata e alla
conseguente separazione. la famiglia riunita avrà quindi una funzione
di supporto psicologico che, di conseguenza, faciliterà anche il processo
di integrazione.
la famiglia costituisce, infatti, un elemento di mediazione tra l’individuo e la società favorendo, non solo il benessere individuale ma anche
quello collettivo. la sua riunificazione riesce a influenzare positivamente la salute, la stabilità finanziaria e progettuale del nucleo e, allo stesso tempo, facilita e incentiva la partecipazione dei suoi membri alla
comunità locale promuovendo un attivo processo di integrazione socioculturale.
Di fatto tutto questo si ripercuote anche sui costi sociali a vari livelli,
spesso incidendo positivamente persino sull’utilizzo eccessivo dei servizi
socio sanitari.
La prospettiva dei figli
una riflessione aggiuntiva certamente merita l’impatto del ricongiungimento familiare sui minori. la destabilizzazione e vulnerabilità
emotiva ed identitaria che caratterizza il viaggio di questi minori è legato a molteplici fattori: l’età, le modalità di partenza ed arrivo, i tempi di
separazione della famiglia, il coinvolgimento rispetto alla decisione di
partire e la consapevolezza rispetto al nuovo progetto di vita, le norme
culturali, l’intensità dei legami instaurati prima della separazione, le
condizioni di accoglienza e l’apertura/disponibilità dei servizi/enti/istituzioni, le persone lasciate e quelle ritrovate, la capacità genitoriale di
contenimento e gestione delle ansie, dei timori, delle transizioni e delle
separazioni.
la perdita temporanea di un genitore è in grado di influenzare la
traiettoria di sviluppo di un bambino (mitrani, santisteban e miur,
2004). la teoria dell’attaccamento suggerisce che la mancanza di un
forte attaccamento ad una figura di riferimento che si prenda cura del
minore nella fase della prima infanzia avrà un impatto negativo sul
benessere psicologico del bambino (Bowlby, 1969). secondo questa teoria la mancanza di un attaccamento sicuro nella prima fase di vita del
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CAPITOLO I - DIETRO IL RICONGIUNGIMENTO FAMILIARE DEI RIFUGIATI
minore può determinare disturbi comportamentali ed emotivi oltre ad
una scarsa capacità di regolazione del sé (mitrani et al., 2004). in relazione al ricongiungimento familiare più è lungo il tempo d’attesa per la
riunificazione familiare maggiore è la difficoltà del bambino di stabilire
un attaccamento sicuro a figure genitoriali.
la teoria dell’attaccamento, di matrice prettamente occidentale,
perché legata fortemente al concetto di famiglia nucleare, ha subito
però alcune critiche rispetto alla sua applicazione tout court al fenomeno dei rifugiati. alcuni studiosi (suarez-orozco, todorova, e louie, 2002)
ritengono infatti che, essa non tenga in debita considerazione le differenze culturali legate a concetti di famiglia estesa/allargata e di comunità che in alcuni paesi d’origine dei rifugiati svolgono un ruolo attivo
nella cura e crescita dei figli, permettendo la costruzione di riferimenti
familiari sostitutivi estremamente forti.
il processo di separazione determinato dalla fuga, però va comunque ad erodere, anche se parzialemente, il senso di attaccamento ad
una figura di riferimento affettiva, determinando nel minore un senso
di abbandono, di insicurezza e di disagio. i tempi lunghi della riunificazione amplificano queste sensazioni.
i bambini separati da entrambi i genitori sviluppano maggiori sintomi depressivi, ansia, stress post-traumatico, iper-eccitazione (Derluyn,
mels, Broekaert, 2009; suàrez-orozco et al., 2002).
al momento del ricongiungimento familiare questi minori esprimono risentimento e rabbia verso i loro genitori. tali sentimenti sono attenuati dal senso di cura, stabilità e supporto emotivo spesso fornito dai
caregiver con i quali i minori erano rimasti nel paese d’origine (mitrani
et al., 2004).
inoltre, lo sforzo dei caregiver di mantenere una forte connessione
tra i genitori biologici e i bambini riesce spesso a ridimensionare il loro
senso di frustrazione, abbandono e rabbia anche se la separazione
avviene per un lungo periodo di tempo. Questo permette ai bambini di
strutturare un forte senso del sé e di sicurezza nel mondo esterno che
gli consentirà di sviluppare una maggiore capacità di resilienza, diminuendo così l’impatto negativo della separazione e dello stress legato al
successivo trasferimento in un nuovo contesto socio-familiare.
non sempre, però, i cargivers, che a loro volta vivono la perdita, l’abbandono e l’ansia per il futuro, sono in grado di trasmettere questo
senso di stabilità e equilibrio emotivo ed affettivo.
inoltre, anche il distacco dai cargivers può costituire un momento
estremamente delicato nel processo di ricongiungimento familiare con
in genitori biologici. Dopo aver affrontato l’iniziale separazione da uno
o entrambi i genitori i minori, infatti, devono confrontarsi con separazioni e distacchi multipli.
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Spunti
e riflessioni
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CAPITOLO I - DIETRO IL RICONGIUNGIMENTO FAMILIARE DEI RIFUGIATI
Spunti
e riflessioni
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la partenza rappresenta sempre una lacerazione traumatica per il
minore: perdere degli “oggetti” importanti (in senso psicologico), delle
relazioni e riferimenti fondamentali significa perdere inevitabilmente
delle parti di sé.
non sempre i genitori con cui il minore si ricongiunge riescono a comprendere questa ulteriore sofferenza né il risentimento nei loro confronti e vivono questa difficoltà dei minori come un rifiuto verso di loro che
va a aumentare il loro senso di colpa e può creare situazioni conflittuali
che minacceranno l’equilibrio del nucleo familiare ricostituito.
in alcuni casi questo disagio sarà acuito dalla scarsa esperienza genitoriale (interrotta con la fuga) o dal desiderio dei genitori di riprodurre
nel nuovo contesto pratiche di cura, ruoli e comportamenti tradizionali
che costringeranno il minore a dover negoziare fra due identità culturali proposte e vissute come contraddittorie.
Questi minori che hanno vissuto/subito il viaggio e lo sradicamento
si trovano a doversi ri-orientare in un nuovo contesto. Vengono per
questo anche definiti “generazione 1,5” (uno e mezzo) (portes,
rumbaut, 2001) ad indicare la loro specifica condizione di sospensione
tra riferimenti, messaggi e aspettative ambivalenti e diversi, a metà strada tra il luogo d’origine e quello d’arrivo.
gindling e poggio (2010) hanno riscontrato come spesso la separazione dai genitori abbia un impatto negativo sul successo scolastico dei
figli rispetto a quei minori che hanno affrontato insieme alla famiglia il
processo di migrazione nel nuovo contesto. Questi studi evidenziano
come l’inserimento scolastico dei minori ricongiunti costituisca un
momento particolarmente delicato che spesso è costellato da ritardi e
abbandoni scolastici.
in particolar modo per gli adolescenti questo è insieme un viaggio di
migrazione e abbandono del paese d’origine (reale) e allo stesso tempo
un viaggio di ridefinizione identitaria (simbolico) tipica della loro età. le
difficoltà relative all’età si vanno, quindi, a sommare a quelle legate
all’esperienza migratoria del ricongiungimento familiare.
il ricongiungimento li costringe a ridimensionare e a ricollocarsi in
un ruolo e uno “spazio” limitato, a bloccare il loro percorso identitario
e d’autonomia, a non sentirsi riconosciuti rispetto alla loro storia, ai
saperi, competenze e capacità già acquisite. il mancato riconoscimento,
il peso della prova, la paura di non riuscire ad inserirsi e ad essere accettati alimenta il timore, che caratterizza una fase così delicata come l’adolescenza, di nuovi fantasmi di esclusione e perdita. Questa sensazione di incapacità e inadeguatezza sarà sostenuta e superata solo attraverso una funzione di “contenimento” da parte del genitore e dell’ambiente circostante che consentirà al minore ricongiunto di sopravvivere
e riorganizzarsi. solo allora quest’ultimo riuscirà a riconquistare nuovi
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CAPITOLO I - DIETRO IL RICONGIUNGIMENTO FAMILIARE DEI RIFUGIATI
“spazi di vita e aggregazione”: luoghi comuni, luoghi “etnici”, luoghi
“meticci” (tognetti Bordogna, 2004).
all’arrivo in italia questi minori si troveranno di fronte una realtà
diversa da quella immaginata e raccontata (racconto idealizzato dei
genitori) e dovranno ricollocarsi all’interno di una “nuova famiglia”
dove dovranno anche riadattare l’immagine del genitore che avevano
conservato gelosamente nel ricordo e che non sempre corrisponde
necessariamente a quella reale.
Spunti
e riflessioni
Fattori di protezione e facilitatori nel processo
di ricongiungimento familiare
se le esperienze e il loro significato per le famiglie di rifugiati che
hanno attraversato il processo di riunificazione sono ognuna unica e irripetibile per ciascun individuo, esistono però delle minacce comuni a
tutte queste esperienze e senz’altro metterle in luce aiuta a capire dove
il processo può essere migliorato per minimizzare le ricadute negative
in termini di salute/benessere psicologico e integrazione socio-culturale
possono essere individuati alcuni fattori che facilitano il successo
della riunificazione familiare e agiscono positivamente sulla diminuzione dello stress accumulato nel periodo di separazione e accentuato dall’esigenza di ricreare nuovi legami familiari.
parte dei fattori di protezione sono legati alle risorse personali e soggettive che il singolo nucleo familiare riesce a mettere in campo prima
e dopo il ricongiungimento, altri sono determinati da fattori oggettivi
correlati alle circostanze della separazione e altri ancora sono profondamente connessi alle condizioni e alle politiche d’accoglienza della
società ospitante.
rispetto alle risorse legate al nucleo familiare uno dei maggiori fattori di protezione è la comunicazione tra i membri della famiglia. la
comprensione condivisa della fuga, del trauma, della separazione, della
perdita e della riunificazione agevolano il complesso processo di ricongiungimento familiare. Durante la separazione risulta importante cercare di mantenere i rapporti e i legami soprattutto con i bambini. laddove
una reale comunicazione riesce a trovare uno spazio, i membri della
famiglia lasciati alle spalle si sentiranno comunque amati, anche da lontano, si sentiranno psicologicamente presenti, mantenendo così una
connessione reciproca (mitrani et al., 2004).
altrettanto importante è la flessibilità di ognuno rispetto ai ruoli
familiari che aiuterà a ricreare l’unità familiare. Questa flessibilità permetterà anche di esplicitare e far vivere le trasformazioni che inevitabilmente hanno avuto luogo nel periodo della separazione e in questo
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CAPITOLO I - DIETRO IL RICONGIUNGIMENTO FAMILIARE DEI RIFUGIATI
Spunti
e riflessioni
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modo abbasseranno i rischi di risentimento e rabbia a cui spesso il
nucleo familiare ricongiunto è esposto.
sarà questa nuova famiglia, frutto di un’elaborazione congiunta, in
cui le traiettorie di vita personale si ricompongono e i ruoli vengono
costantemente rimessi in discussione, ad essere riproposta all’esterno e
a stabilire possibili alleanze, suscitare confronti, interrogativi e superare
conflitti.
tra i fattori oggettivi legati alle circostanze, l’età dei minori risulta
essere determinante per ristabilire positive relazioni affettive. una maggiore età al momento della separazione garantisce al figlio la possibilità
di instaurare un legame affettivamente significativo con il genitore
prima della fuga e questa circostanza gli permetterà di sviluppare una
più alta consapevolezza e capacità di comprensione dell’accaduto e un
più alto grado di resilienza.
rispetto ai fattori oggettivi connessi con le politiche e il sistema d’accoglienza la definizione di famiglia a cui si fa riferimento nella maggior
parte delle normative europee sul ricongiungimento è senz’altro un elemento cruciale: tale concetto si riferisce essenzialmente alla famiglia
nucleare come concepita dalla cultura occidentale “una coppia con o
senza figli o un genitore con figli purchè minori”. Questa definizione
contrasta in modo significativo con il vissuto e il senso attribuito a questo termine dalla maggior parte dei rifugiati.
oltre l’80% dei rifugiati intervistati nel corso del progetto
“ritrovarsi per ricostruire” percepisce come restrittivo il concetto di
famiglia nucleare, dando un maggiore peso e significato ai membri del
clan allargato. Di conseguenza la definizione adottata dalla politica
attuale continua a risultare in qualche modo discriminatoria e di negazione rispetto all’opportunità per la famiglia rifugiata di essere considerata nella sua interezza. Questo approccio quindi non da spazio alla possibile individuazione di altre forme culturali di definizione di famiglia
altrettanto importanti e legittime.
inoltre, anche in gran parte dei paesi d’origine dei rifugiati, come del
resto in italia, il sistema del Welfare viene in buona parte sostituito ed
integrato dalla rete familiare che costituisce quindi un elemento fondamentale di supporto per i singoli individui.
infine ci sembra importante sottolineare la necessità di prevedere,
anche in italia, servizi che offrano supporto sia al rifugiato in attesa di
ricongiungimento familiare aiutandolo a creare le condizioni favorevoli all’imminente arrivo del nucleo familiare che a tutti i membri della
famiglia nel momento immediatamente successivo alla riunificazione.
per rendere sostenibile un reale processo di riunificazione dobbiamo
quindi immaginare di lavorare su tre importanti livelli (tognetti
Bordogna, 2004):
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CAPITOLO I - DIETRO IL RICONGIUNGIMENTO FAMILIARE DEI RIFUGIATI
• aspetti psicologico/relazionali: per i quali è necessario prevedere l’attivazione di servizi di supporto psicologico per tutti i membri della
famiglia. in particolare nella fase di preparazione all’arrivo e in quella
immediatamente successiva.
• Aspetti burocratici: le difficoltà di ordine burocratico/amministrativo nascono dall’esigenza da parte del soggetto che richiede il
ricongiungimento di comprendere le regole e i meccanismi che regolano questo diritto, i criteri e vincoli richiesti e i documenti necessari da
predisporre per attivare la procedura. anche l’attesa dei tempi tecnici,
la reinterpretazione della normativa e la discrezionalità nella sua applicazione da parte di alcuni funzionari, la rigidità della burocrazia e della
pubblica amministrazione possono incidere sull’iter. i problemi maggiori si riscontrano, comunque, nei paesi d’origine dove persiste una estrema discrezionalità nell’applicazione delle norme e nella valutazione dei
documenti. si riscontra anche una estrema dilatazione dei tempi per
l’ottenimento delle risposte e una corruzione dilagante. anche l’utilizzo
indiscriminato del test di Dna risulta una pratica eccessivamente invasiva e costosa.
• Aspetti economici: le problematiche economiche sono inizialmente connesse, almeno per i protetti sussidiari, al rispetto dei criteri
normativi (alloggio e reddito) in quanto costituiscono le condizioni
imprescindibili per l’attivazione del procedimento di ricongiungimento
familiare. nonostante i rifugiati (ex Convenzione di ginevra) non siano
soggetti a tali criteri, anche essi necessitano comunque di un alloggio e
una fonte di reddito che garantisca un’accoglienza adeguata al nucleo
familiare in arrivo. la difficoltà di reperire, però, un lavoro che gli garantisca l’autonomia economica li costringe spesso ad accettare qualsiasi
lavoro anche precario e sottopagato. al disagio economico, quindi, si
associa spesso la frustrazione lavorativa per il mancato riconoscimento
della professionalità pregressa. il reperimento di un alloggio adeguato,
che risponda ai criteri di idoneità alloggiativa richiesti dalla normativa,
risulta altrettanto difficoltoso. spesso i protetti sussidiari nel momento
in cui ottengono il nulla osta disdicono il contratto di locazione e ritornano a soluzioni alloggiative condivise, “informali” e/o fatiscenti in cui
verrà successivamente accolta anche la famiglia. la condivisione di spazi
o la mancanza di luoghi che salvaguardino la privacy del nucleo e della
coppia appena ricongiunti risultano essere elementi estremamente
destabilizzanti rispetto ad un processo di ricongiungimento, ri-conoscimento e ricomposizione familiare.
la prospettiva di lavoro di chi si impegna su questo tema per favorire un dignitoso percorso di ricongiungimento familiare deve, quindi,
focalizzarsi in modo approfondito su più livelli (politici, legali, sociali,
psicologici, relazionali, economici). solo così si potrà almeno parzialR I T R O VA R S I P E R R I C O S T R U I R E
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CAPITOLO I - DIETRO IL RICONGIUNGIMENTO FAMILIARE DEI RIFUGIATI
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e riflessioni
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mente scongiurare il rischio di fallimento e delusione che costituisce un
elemento centrale e ingombrante in qualsiasi processo di riunificazione
familiare. tale rischio di delusione è infatti legato da una parte alla difficoltà di affrontare tutta la complessità degli aspetti psicologici e emotivi fin qui descritti e, dall’altra, alla precarietà delle reali circostanze
materiali di tipo lavorativo, abitativo, reddituale e quelle legate all’assenza di un tessuto sociale, in cui avviene il ricongiungimento familiare.
R I T R O VA R S I P E R R I C O S T R U I R E
CAPITOLO I - DIETRO IL RICONGIUNGIMENTO FAMILIARE DEI RIFUGIATI
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CAPITOLO II - QUADRO NORMATIVO DI RIFERIMENTO
CAPITOLO II
Quadro normativo
di riferimento
maria de Donato, Daniela Di rado
e Clara Fringuello
35
CAPITOLO II - QUADRO NORMATIVO DI RIFERIMENTO
La normativa internazionale
e europea
rifugiati e i beneficiari dello status di protezione sussidiaria che si
trovano ad abbandonare il loro paese di origine o di abituale residenza, sono spesso costretti a separarsi dai loro familiari. il ricongiungimento familiare rappresenta lo strumento attraverso il quale è
possibile ricondurre le vite di queste persone alla normalità, nonché
consentire loro di inserirsi più facilmente nel tessuto sociale del paese di
accoglienza.
l’importanza fondamentale della famiglia per la vita dell’individuo
ha trovato affermazione sin dal 1948 nella Dichiarazione universale dei
diritti dell’uomo1, il cui art. 16 (3) dispone che “la famiglia è il nucleo
naturale e fondamentale della società e ha diritto ad essere protetta
dalla società e dallo stato”. tale diritto è stato successivamente ribadito
in vari strumenti universali e regionali a tutela dei diritti dell’uomo e,
per quanto riguarda quelli di maggiore rilevanza nel contesto europeo,
all’art. 23 (1) del patto internazionale sui diritti civili e politici2, all’art. 8
della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e
delle libertà fondamentali 3 e, in ultimo, all’art. 7 della Carta dei diritti
fondamentali dell’unione europea4.
i
la Convenzione di ginevra relativa allo status dei rifugiati del 1951,
il principale strumento internazionale per la tutela dei rifugiati, non
contiene alcuna indicazione circa il diritto all’unità familiare o all’istituto del ricongiungimento. tuttavia, il Comitato esecutivo dell’alto
Commissario delle nazioni unite per i rifugiati ha in più occasioni riconosciuto l’importanza fondamentale del diritto all’unità familiare e del
ricongiungimento, esortando gli stati ad agevolare l’ingresso nel proprio territorio dei familiari delle persone cui è stata riconosciuta la protezione internazionale5.
37
R I T R O VA R S I P E R R I C O S T R U I R E
CAPITOLO II - QUADRO NORMATIVO DI RIFERIMENTO
nel contesto dell’unione europea la questione del ricongiungimento familiare dei cittadini provenienti dai paesi terzi è stata regolata
mediante l’adozione della direttiva 2003/86/Ce6. la direttiva, che rappresenta il primo strumento adottato dal Consiglio in seguito alle modifiche apportate nel settore dell’asilo e dell’immigrazione dal trattato di
amsterdam7, stabilisce le condizioni per l’esercizio “del diritto al ricongiungimento familiare di cui dispongono i cittadini di paesi terzi che
risiedono legalmente nel territorio degli stati membri”8. in tale strumento sono stabilite le condizioni alle quali i familiari di tali cittadini
possono fare ingresso e risiedere in un paese membro e i diritti al cui
godimento essi sono ammessi una volta che il ricongiungimento familiare ha avuto luogo.
la direttiva trova applicazione in relazione ai titolari di un permesso
di soggiorno rilasciato da uno stato membro, valido per un periodo
minimo di un anno, che hanno una “fondata prospettiva di ottenere il
diritto a soggiornare in modo stabile” 9. una menzione specifica riguarda i rifugiati: in considerazione delle ragioni che hanno costretto queste persone a fuggire dal loro paese, la direttiva riconosce l’esigenza di
prestare un’attenzione particolare, e quindi, condizioni più favorevoli
per l’esercizio del diritto al ricongiungimento10. al contrario è espressamente previsto che non sono ammessi a godere dei diritti in essa riconosciuti coloro che hanno fatto richiesta di asilo senza che una decisione finale sulla stessa sia stata ancora adottata11 e coloro che sono autorizzati a soggiornare in uno stato membro in virtù di forme temporanee
e sussidiarie di protezione12.
per quanto riguarda i richiedenti asilo, sembra importante sottolineare che, pur nell’assenza di un diritto al ricongiungimento familiare, il cosiddetto “regolamento Dublino” 13 prevede l’esistenza di
alcuni criteri che, se correttamente applicati, permetterebbero la salvaguardia dell’unità familiare anche durante la procedura di asilo,
ben prima che una decisione finale sia adottata. È questo il caso del
criterio di cui all’art. 6 del regolamento che stabilisce il diritto del
minore non accompagnato a vedere esaminata la propria domanda
nello stato in cui risiede legalmente un suo parente o, ancora, degli
art. 7 e 8 dove, in caso di richiedente asilo adulto, si prevede che la
domanda sia esaminata laddove sia già presente un familiare che
abbia anche egli presentato richiesta di asilo o che abbia ricevuto il
riconoscimento dello status di rifugiato14. nello stesso regolamento è,
inoltre, previsto che si applichino dei criteri a salvaguardia dell’unità
familiare, in caso di richieste di asilo presentate simultaneamente nel
medesimo stato da diversi membri di una famiglia e nel caso in cui
l’applicazione dei criteri enunciati nel regolamento porterebbe a
trattarle separatamente15.
R I T R O VA R S I P E R R I C O S T R U I R E
La normativa
Internazionale
e Europea
38
CAPITOLO II - QUADRO NORMATIVO DI RIFERIMENTO
La normativa
Internazionale
e Europea
39
l’esclusione dei titolari di forme di protezione sussidiaria dall’ambito di applicazione della direttiva è uno degli aspetti che suscita maggiori critiche da parte delle organizzazioni operanti nel settore dell’asilo
che hanno sottolineato l’assenza di distinzione tra rifugiati e titolari
di protezione sussidiaria quanto alle loro esigenze umanitarie16. tale
vuoto è stato in parte colmato dalla prassi degli stati membri, molti
dei quali riconoscono ai titolari di protezione sussidiaria il diritto al
ricongiungimento familiare. tuttavia, l’esplicita esclusione dei titolari
di protezione sussidiaria dalla direttiva spesso comporta la non applicazione nei loro confronti delle condizioni favorevoli riconosciute
invece ai rifugiati17.
le condizioni applicabili ai rifugiati che facciano richiesta di ricongiungimento con un familiare cittadino di un paese terzo, sono esplicitamente indicate al capo V della direttiva, intitolato “ricongiungimento
familiare dei rifugiati”, e riguardano le tipologie di familiari con i quali
è ammissibile il ricongiungimento, i requisiti da soddisfare e la documentazione da presentare per sostanziare la domanda.
in relazione al primo aspetto, si prevede per tutti gli stranieri oggetto della direttiva il diritto al ricongiungimento con: il coniuge; i figli
minorenni dello straniero e del coniuge; i figli minorenni compresi quelli adottati dello straniero e del coniuge qualora quest’ultimo sia titolare dell’affidamento e responsabile del loro mantenimento. in aggiunta
a ciò la direttiva lascia liberi gli stati di ammettere al ricongiungimento
anche i genitori dello straniero o del coniuge, qualora siano a carico di
questi ultimi e non dispongano di un adeguato sostegno familiare nel
paese d’origine; i figli adulti non coniugati dello straniero o del coniuge, qualora obiettivamente non possano far fronte alle proprie necessità a causa di motivi di salute; il partner cha abbia una relazione stabile, nonché i figli minori e maggiori, alle condizioni sopra enunciate, di
tale partner18.
per quanto riguarda i rifugiati, la direttiva amplia la categoria di
familiari ammessi al ricongiungimento lasciando agli stati la facoltà di
permettere l’ingresso di qualsiasi altro familiare, purché a carico del rifugiato19 e, nel caso di minori non accompagnati, prevedendo l’obbligo di
autorizzare l’ingresso anche dei genitori, o in assenza di quest’ultimi,
del tutore legale o di altro familiare20. tuttavia la direttiva specifica che
gli stati possono limitare il riconoscimento del diritto al ricongiungimento ai vincoli familiari anteriori all’ingresso del rifugiato21.
Condizioni più favorevoli sono previste in relazione alla natura dei
documenti ufficiali atti a provare i vincoli familiari: in considerazione
della situazione specifica in cui i rifugiati si trovano e dell’impossibilità
di rivolgersi alle autorità del paese di origine, è previsto che gli stati tengano conto anche di altri mezzi di prova22.
R I T R O VA R S I P E R R I C O S T R U I R E
CAPITOLO II - QUADRO NORMATIVO DI RIFERIMENTO
in ultimo, i rifugiati sono esentati dal soddisfacimento dei requisiti di
cui all’art. 7, relativo all’alloggio, all’assicurazione sanitaria, al reddito e
all’integrazione e all’art. 8 che permette di imporre quale condizione
aggiuntiva il soggiorno nel territorio dello stato membro per un certo
periodo di tempo prima di poter richiedere il ricongiungimento23.
tuttavia la direttiva lascia gli stati membri liberi di richiedere il soddisfacimento dei requisiti di cui all’art. 7 nel caso in cui la richiesta di ricongiungimento sia presentata oltre i tre mesi dal riconoscimento dello status di rifugiato e nel caso in cui sia possibile procedere al ricongiungimento in un paese terzo24.
La normativa
Internazionale
e Europea
Quanto alla natura dei diritti spettanti al familiare ricongiunto, la
direttiva prevede che lo stato membro rilasci un permesso di soggiorno
della durata minima di un anno e comunque non superiore a quello del
soggiornante e che il familiare abbia accesso all’istruzione, all’attività
lavorativa dipendente o autonoma, all’orientamento, alla formazione,
al perfezionamento e all’aggiornamento professionale25. per quanto
riguarda l’attività lavorativa è prevista la possibilità di limitarne l’accesso ai genitori e ai figli maggiorenni non coniugati26.
trascorsi cinque anni di soggiorno il familiare ha diritto ad un permesso di soggiorno autonomo, indipendente da quello del soggiornante27.
per quanto riguarda i diritti dei familiari del beneficiario dello status
di rifugiato o della protezione sussidiaria, previsioni aggiuntive si possono rinvenire all’art. 23 della cosiddetta “direttiva qualifiche” 28, dove
viene stabilito il diritto all’unità familiare dei titolari della protezione
internazionale e si prevede che i loro familiari godano degli stessi benefici a loro riconosciuti29. in relazione ai familiari dei titolari di protezione
sussidiaria si prevede, tuttavia, la possibilità che gli stati definiscano
ulteriori condizioni per fruire di tali diritti. Questa previsione, che rispecchia la disomogeneità che, più in generale, caratterizza la disciplina prevista per lo status di rifugiato e la protezione sussidiaria, è stata superata con l’adozione della direttiva 2011/95/ue 30. l’art. 23 della citata direttiva ripropone, infatti, la medesima formulazione della direttiva del
2004 senza però prevedere alcuna limitazione in relazione ai titolari
della protezione sussidiaria.
Note
1
assemblea generale delle nazioni unite, Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo, 10 dicembre 1948.
2
assemblea generale delle nazioni unite, patto internazionale sui diritti
R I T R O VA R S I P E R R I C O S T R U I R E
40
CAPITOLO II - QUADRO NORMATIVO DI RIFERIMENTO
La normativa
Internazionale
e Europea
41
civili e politici, 16 dicembre 1966.
3
Consiglio d’europa, Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti
dell’uomo e delle libertà fondamentali, 4 novembre 1950.
4
Carta dei diritti fondamentali dell’unione europea, 18 dicembre 2000.
5
si vedano le conclusioni del Comitato esecutivo raccolte in un high
Commissioner for refugees, A Thematic Compilation of Executive Committee
Conclusions, 6th edition, June 2011, giugno 2011, p. 220-226.
6
Direttiva 2003/86/Ce del Consiglio del 22 settembre 2003 relativa al diritto
al ricongiungimento familiare.
7
trattato di amsterdam che modifica il trattato sull’unione europea, i trattati che istituiscono le Comunità europee ed alcuni atti connessi, 2 ottobre 1997.
8
art.1. la direttiva trova applicazione in tutti gli stati membri dell’ue con la
sola eccezione di gran Bretagna, irlanda e Danimarca. mentre gran Bretagna e
irlanda non sono vincolati dall’acquis di schengen, alla Danimarca non si applicano le previsioni del titolo V “spazio di libertà, sicurezza e giustizia. Questi
paesi possono tuttavia, in qualsiasi momento, chiedere di partecipare, in tutto o
in parte, alle misure adottate in tale contesto.
9
art. 3 (1) della direttiva 2003/86/Ce.
10
Considerando 8 della direttiva 2003/86/Ce.
11
art. 3 (2, a) della direttiva 2003/86/Ce.
12
art. 3 (2, b e c) della direttiva 2003/86/Ce.
13
regolamento (Ce) n. 343/2003 del Consiglio, del 18 febbraio 2003, che stabilisce i criteri e i meccanismi di determinazione dello stato membro competente per l’esame di una domanda d’asilo presentata in uno degli stati membri da
un cittadino di un paese terzo.
14
nel contesto del regolamento Dublino il termine “familiari” indica: il
coniuge del richiedente asilo o il partner non legato da vincoli di matrimonio
che abbia una relazione stabile, qualora la legislazione o la prassi dello stato
membro interessato assimili la situazione delle coppie di fatto a quelle sposate
nel quadro della legge sugli stranieri; i figli minori del richiedente, a condizione
che non siano coniugati e siano a carico, indipendentemente dal fatto che siano
figli legittimi, naturali o adottivi secondo le definizioni del diritto nazionale; il
padre, la madre o il tutore quando il richiedente o rifugiato è minorenne e non
coniugato (art. 2 (1) del regolamento).
15
art. 14 del regolamento Dublino.
16
si veda, ad esempio, european Council on refugees and exiles,
Information Note on the Council Directive 2003/86/EC of 22 September 2003 on
the right to family reunification, novembre 2003, p. 3 e 5 e un high
Commissioner for refugees, UNHCR’s Response to the European Commission
Green Paper on the Right to Family Reunification of Third Country Nationals
Living in the European Union (Directive 2003/86/EC), febbraio 2012, p. 5
17
si veda sul punto european Council on refugees and exiles, Submission
from the European Council on Refugees and Exiles in response to the
Commission’s Green Paper on the right to family reunification of third-country
nationals living in the European Union (Directive 2003/86/EC), p. 3-4. È questo il
caso dell’ italia dove i titolari di protezione sussidiaria godono del diritto al
ricongiungimento ma alle stesse condizioni previste per gli stranieri regolarmente soggiornanti.
R I T R O VA R S I P E R R I C O S T R U I R E
CAPITOLO II - QUADRO NORMATIVO DI RIFERIMENTO
18
art. 4 della direttiva 2003/86/Ce. l’italia ha recepito la direttiva accogliendo alcune di queste possibilità.
19
art. 10 (2) della direttiva 2003/86/Ce. tale “estensione” non è prevista dalla
normativa italiana.
20
art. 10 (3) della direttiva 2003/86/Ce. il ricongiungimento del minore con
gli ascendenti di primo grado è ammesso in italia dall’art. 29- bis (3) del d.lgs
286/1998.
21
art. 9 (2) della direttiva 2003/86/Ce.
22
art. 11 (2) della direttiva 2003/86/Ce. Di tale previsione si trova riscontro
all’art. 29-bis (2) del d.lgs 286/1998.
23
art. 12 della direttiva 2003/86/Ce. l’esenzione dal soddisfacimento dei
requisiti di reddito e alloggio per i rifugiati è prevista nella normativa italiana
all’art. 29-bis (1) del d.lgs 286/1998.
24
art. 12 1(2, 3) della direttiva 2003/86/Ce . tale previsione non trova riscontro nella normativa italiana.
25
art. 13 e 14 della direttiva 2003/86/Ce.
26
art. 14 (4) della direttiva 2003/86/Ce.
27
art. 15 della direttiva 2003/86/Ce.
28
Direttiva 2004/83/Ce del Consiglio, del 29 aprile 2004, recante norme minime sull’attribuzione, a cittadini di paesi terzi o apolidi, della qualifica di rifugiato o di persona altrimenti bisognosa di protezione internazionale, nonché
norme minime sul contenuto della protezione riconosciuta.
29
Con tale termine, nel contesto della direttiva qualifiche, si intendono i
seguenti soggetti appartenenti al nucleo familiare, già costituitosi nel paese di
origine: il coniuge o partner, se riconosciuto dalla legislazione dello stato membro interessato; i minori non sposati; la madre il padre o altro adulto responsabile in caso di minore accompagnato o, qualora lo stato volesse, qualsiasi altro
congiunto che viveva nel nucleo familiare al momento della partenza dal paese
di origine che era completamente o principalmente a carico del beneficiario
dello status di rifugiato o della protezione sussidiaria (art. 2 (h) e art. 23 (5) della
direttiva 2004/83/Ce).
30
Direttiva 2011/95/ue del parlamento europeo e del Consiglio del 13 dicembre 2011 recante norme sull’attribuzione, a cittadini di paesi terzi o apolidi,
della qualifica di beneficiario di protezione internazionale, su uno status uniforme per i rifugiati o per le persone aventi titolo a beneficiare della protezione
sussidiaria, nonché sul contenuto della protezione riconosciuta.
R I T R O VA R S I P E R R I C O S T R U I R E
La normativa
Internazionale e
Europea
42
CAPITOLO II - QUADRO NORMATIVO DI RIFERIMENTO
Il Libro Verde sul diritto
al ricongiungimento familiare
el novembre 2011 la Commissione europea ha lanciato un
dibattito, mediante la pubblicazione di un “libro Verde” sul
diritto al ricongiungimento familiare31, su alcuni degli aspetti
più problematici della direttiva 2003/86/Ce. Diversi fattori hanno condotto a tale scelta.
in primo luogo la Commissione ha riconosciuto l’importanza che l’istituto del ricongiungimento familiare riveste nella vita dell’individuo,
così come la sua rilevanza per l’integrazione dello straniero nei paesi
membri. in secondo luogo ha rilevato l’esistenza di un atteggiamento
restrittivo degli stati membri rispetto alla direttiva nonché una serie di
problemi legati alla sua applicazione. in particolare un rapporto della
Commissione europea del 2008 sull’applicazione della direttiva
2003/86/Ce 32 ha evidenziato l’adozione da parte degli stati membri di
norme e prassi che, di fatto, ostacolano piuttosto che facilitare il ricongiungimento familiare, riflettendo un’armonizzazione al ribasso33.
alla luce di tali fattori la Commissione ha deciso di porre delle questioni agli stati membri sul modo in cui sia possibile ottenere regole più
efficaci in tema di ricongiungimento e fornire informazioni e dati sull’applicazione della direttiva. sulla base dell’esito di tale consultazione
la Commissione valuterà l’opportunità di adottare misure in materia che
potrebbero andare da una modifica della direttiva, all’emanazione di
linee guida interpretative o al mantenimento dello status quo34.
la Commissione è interessata a conoscere la posizione degli stati
circa aspetti sostanziali e procedurali dell’istituto del ricongiungimento
familiare quali l’ambito di applicazione della direttiva, tanto in relazione ai beneficiari della stessa quanto alle categorie di familiari che possono essere ricongiunti; i requisiti da soddisfare per poter beneficiare
del ricongiungimento; le condizioni di ingresso e soggiorno dei familia-
n
43
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CAPITOLO II - QUADRO NORMATIVO DI RIFERIMENTO
ri e, in ultimo, varie questioni di carattere procedurale, tra cui il rischio
di frode e di abusi, i costi amministrativi e la durata della procedura.
una sezione a se stante è dedicata alle questioni connesse all’asilo,
rispetto alle quali la Commissione chiede agli stati se ritengano necessario continuare ad applicare le previsioni ad oggi vigenti.
tra le materie oggetto delle indagini viene menzionata esplicitamente l’esclusione dei beneficiari della protezione sussidiaria dall’ambito di applicazione della direttiva. alla luce del processo di omogeneizzazione tra questo status e quello di rifugiato intrapreso con la direttiva 2011/95/ue e dell’obiettivo di giungere ad uno status di protezione
uniforme fissato dal programma di stoccolma35, la Commissione ha ritenuto utile indagare circa la necessità di riavvicinare la condizione giuridica di rifugiati e titolari di protezione sussidiaria anche in relazione al
tema in oggetto.
altra questione espressamente menzionata dalla Commissione è
quella relativa alla possibilità di limitare i legami familiari a quelli risalenti ad un periodo precedente al loro ingresso o, ancora, alla possibilità di non riconoscere condizioni più favorevoli nel caso di richieste di
ricongiungimento presentate oltre i tre mesi dal riconoscimento dello
status. secondo il parere della Commissione, tali facoltà non prendono
in considerazione in maniera adeguata le peculiarità proprie dei rifugiati che, a differenza di stranieri residenti ad altro titolo, possono incontrare maggiori difficoltà nel rintracciare i propri cari, sia per le modalità
con cui sono stati costretti a lasciare il proprio paese, sia a causa dei pericoli a cui i famigliari stessi possono essere soggetti.
in aggiunta alle questioni su previsioni della direttiva 2003/86/Ce
riguardanti esclusivamente i rifugiati, la Commissione ha posto una serie di
interrogativi che, seppur relativi a misure applicabili a qualsiasi straniero
legalmente soggiornante in uno stato membro, sono atte ad avere un
notevole impatto per i rifugiati, in ragione delle peculiarità di tale gruppo.
tra queste questioni rientra il dibattito circa i famigliari ammessi al
ricongiungimento, che la direttiva 2003/86/Ce indica nei soli coniugi e
parenti in linea ascendente e discendente di primo grado. tale definizione di famiglia è stata fonte di numerose critiche: la condizione particolare in cui si trovano i rifugiati renderebbe opportuno ampliarla fino
ad includere anche i fratelli e le sorelle, in particolar modo in caso di
minori non accompagnati, e a considerare fattori di natura psicologica
e emotiva, oltre a quelli di tipo fisico e finanziario, nel valutare il rapporto di dipendenza, richiesto per il ricongiungimento con i genitori e i
figli non coniugati maggiorenni36.
altro tema particolarmente sensibile riguarda le “misure di integrazione”, di cui all’art. 7 (2) della direttiva, che devono essere soddisfatte
al fine di poter richiedere il ricongiungimento familiare.
R I T R O VA R S I P E R R I C O S T R U I R E
Il Libro Verde
sul Diritto al
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Famigliare
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CAPITOLO II - QUADRO NORMATIVO DI RIFERIMENTO
Il Libro Verde
sul Diritto al
Ricongiungiment
o Famigliare
nonostante, nel caso dei rifugiati la direttiva limiti la possibilità di
richiedere il soddisfacimento di tali misure solo dopo che sia stato accordato il ricongiungimento, è stato riportato che alcuni stati membri, in
senso contrario a quanto prescritto, li considerano dei veri e propri prerequisiti37. tale circostanza risulta preoccupante alla luce del fatto che la
direttiva non offre alcuna elencazione di tali “misure di integrazione”,
lasciando gli stati membri liberi di decidere al riguardo.
altra questione rilevante su cui la Commissione intende raccogliere
informazioni, è quella relativa ai documenti necessari al fine di provare
i vincoli familiari. nonostante la flessibilità richiesta dalla direttiva per
quanto riguarda i rifugiati, sono state riscontrare delle difficoltà su questo punto, in particolare in relazione ai matrimoni conclusi secondo riti
tradizionali, così come ai legami duraturi di carattere extra matrimoniale. È stato, infatti, riportato che tali legami non sono spesso riconosciuti dagli stati come conseguenza di una rigida interpretazione della
direttiva38.
in relazione al medesimo tema, anche la pratica di ricorrere al test
del Dna per la verifica dei vincoli famigliari è stata oggetto di un certo
numero di critiche ed è stato affermato che il ricorso a tale strumento
dovrebbe avvenire solo in quei casi in cui permangano seri dubbi sul
rapporto di parentela dopo che altri mezzi di prova sono stati già impiegati, o nel caso in cui vi siano forti indicazioni di intento fraudolento39.
la Commissione, nel libro Verde, mira a comprendere l’entità delle
frodi riscontrate dagli stati e l’efficacia della test del Dna a tale riguardo. in questo contesto appare importante il richiamo fatto della
Commissione circa l’esigenza di tutelare la vita familiare e privata.
ultima questione menzionata nel libro Verde, la cui rilevanza è
significativa per i rifugiati, è quella relativa alla durata della procedura
e alle spese che, se eccessive, possono compromettere la procedura di
ricongiungimento. tale circostanza appare particolarmente atta a verificarsi nel caso dei rifugiati che possono trovarsi a lungo senza risorse
economiche quale conseguenza del divieto di lavoro, che caratterizza
molte procedure di asilo o di difficoltà di varia natura nell’accedere ai
sistemi di prestito.
Note
31
Commissione europea, Green Paper on the right to family reunification of
third-country nationals living in the European Union (Directive 2003/86/EC),
Com(2011) 735 final, 15 novembre 2011.
32
Commissione europea, Relazione della Commissione al Consiglio e al
Parlamento Europeo sull’applicazione della Direttiva 2003/86/CE relativa al diritto al ricongiungimento familiare (Com/2008/0610), 8 ottobre 2008.
45
R I T R O VA R S I P E R R I C O S T R U I R E
CAPITOLO II - QUADRO NORMATIVO DI RIFERIMENTO
33
a tale riguardo giova ricordare che la Corte di giustizia dell’unione
europea nel caso “Rhimou Chakroun v. Minister van Buitenlandse Zaken” del 4
marzo 2010 ha chiarito che la promozione del ricongiungimento familiare è un
obiettivo fissato dalla direttiva 2003/86/eC e che il margine di manovra degli
stati membri non può essere utilizzato per restringerne l’ambito di applicazione e l’efficacia.
34
Considerando che negli ultimi anni alcuni stati membri hanno introdotto
norme restrittive, chiedendo altresì la modifica della direttiva, e prendendo atto
dell’attuale contesto politico, è auspicabile che qualsiasi modifica non abbia
come effetto quello di abbassare gli attuali standard anziché migliorarli. a questo riguardo si segnala che nello stesso libro Verde la Commissione ha assicurato che qualsiasi azione dovrà essere conforme ai diritti riconosciuti nella Carta
dei diritti Fondamentali e in particolare al diritto all’unità.
35
Consiglio europeo, Programma di Stoccolma. Un’Europa aperta e sicura al
servizio e a tutela dei cittadini, (2010/C 115/01), maggio 2010.
36
un high Commissioner for refugees, UNHCR’s Response to the European
Commission Green Paper on the Right to Family Reunification of Third Country
Nationals Living in the European Union (Directive 2003/86/EC), febbraio 2012, p.
7-9.
37
european Council on refugees and exiles, Submission from the European
Council on Refugees and Exiles in response to the Commission’s Green Paper on
the right to family reunification of third-country nationals living in the
European Union (Directive 2003/86/EC), p. 8
38
un high Commissioner for refugees, UNHCR’s Response to the
European Commission Green Paper on the Right to Family Reunification of
Third Country Nationals Living in the European Union (Directive 2003/86/EC),
febbraio 2012, p. 8.
39
un high Commissioner for refugees, UNHCR’s Response to the European
Commission Green Paper on the Right to Family Reunification of Third Country
Nationals Living in the European Union (Directive 2003/86/EC), febbraio 2012, p.
12-13.
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Il Libro Verde
sul Diritto al
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Famigliare
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CAPITOLO II - QUADRO NORMATIVO DI RIFERIMENTO
Il ricongiungimento familiare
nell’ordinamento italiano
l diritto al ricongiungimento familiare di rifugiati e titolari di protezione sussidiaria in italia trova disciplina da una parte nel decreto legislativo 19 novembre 2007 n. 251, che ha recepito la direttiva 2004/83/Ce, dall’altra nel decreto legislativo 8 gennaio 2007, n. 5, successivamente modificato dal decreto legislativo 3 ottobre 2008 n. 160,
con il quale è stata data applicazione in italia alla normativa europea in
materia di ricongiungimento.
il d.lgs. 5/2007, fissa i presupposti e le modalità con cui lo straniero
legalmente soggiornante in italia può far richiesta di ricongiungimento
familiare40, incluse le specifiche previsioni che si applicano ai titolari
dello status di rifugiato41.
l’art. 22 del d.lgs 251/2007, al par. 4, innovando rispetto a quanto
previsto nella normativa europea, prevede il diritto del titolare di protezione sussidiaria al ricongiungimento familiare alle stesse condizioni
previste per lo straniero regolarmente residente in italia.
i
in base all’articolo 29 (1) a), b), c), e d) del testo unico sull’immigrazione42, così modificato dal d. lgs. 5/2007 e dal d.lgs. 160/2008, lo straniero può chiedere il ricongiungimento con i seguenti familiari: il coniuge
non legalmente separato e di età non inferiore ai 18 anni; i figli minori,
anche del coniuge o nati fuori del matrimonio, non coniugati a condizione che l’altro genitore, qualora esistente, abbia dato il suo consenso;
i figli maggiorenni a carico, qualora per ragioni obiettive non possano
provvedere alle proprie indispensabili esigenze di vita in ragione del
loro stato di salute che comporti invalidità totale; i genitori a carico,
qualora non abbiano altri figli nel paese di origine o di provenienza,
ovvero genitori ultrasessantacinquenni, nel caso altri figli siano impossibilitati al loro sostentamento per gravi e documentati motivi di salute.
47
R I T R O VA R S I P E R R I C O S T R U I R E
CAPITOLO II - QUADRO NORMATIVO DI RIFERIMENTO
la previsione di cui all’art. 29 (1), b) è stata oggetto di una pronuncia da parte della Corte Costituzionale43. il tribunale di Firenze aveva sollevato una questione di illegittimità adducendo la contrarietà della
norma che permette il ricongiungimento con “i figli maggiorenni a carico, qualora per ragioni obiettive non possano provvedere alle proprie
indispensabili esigenze di vita in ragione del loro stato di salute che
comporti invalidità totale” con gli art. 3, 29 e 30 della Costituzione, relativi all’uguaglianza dinnanzi alla legge, alla tutela dell’unità familiare e
all’equiparazione dei figli naturali con quelli nati dal matrimonio. in
particolare, veniva sostenuto che fosse illegittima la disparità esistente
tra le condizioni richieste per il ricongiungimento con figli maggiori a
carico e quelle richieste in caso di figli minori o genitore a carico. a tale
riguardo, la Corte Costituzionale, pur riconoscendo l’inviolabilità del
diritto all’unità familiare in relazione al ricongiungimento dello straniero con il coniuge e con i figli minori, ha affermato che nei casi di ricongiungimento con figli maggiorenni, il legislatore può procedere a bilanciare “l’interesse all’affetto” con altri interessi meritevoli di tutela. in
particolare la Corte ha considerato che non risulta irragionevole consentire il ricongiungimento dei figli maggiorenni nelle sole ipotesi in cui vi
sia una situazione di bisogno determinata dall’impossibilità permanente di provvedere alle proprie indispensabili esigenze di vita, a causa del
loro stato di salute. secondo la Corte, inoltre, non sarebbe possibile
equiparare la situazione del figlio maggiorenne con quella del genitore
in quanto nel caso del primo si può ritenere che l’eventuale situazione
di dipendenza economica dal proprio genitore sia legata a fattori contingenti e, quindi, destinata a risolversi, salvo appunto il caso di uno
stato di malattia che ne pregiudichi irreversibilmente la capacità lavorativa.
ai fini del ricongiungimento, si considerano minori i figli d’età inferiore a diciotto anni al momento della presentazione dell’istanza di
ricongiungimento. i minori adottati o affidati o sottoposti a tutela sono
equiparati ai figli44. in giurisprudenza è stata riconosciuta l’equiparazione di alcuni istituti esistenti in ordinamenti stranieri con l’affidamento
italiano e quindi la loro idoneità a costituire presupposto valido per il
ricongiungimento. È questo il caso della kafalah, una forma di affidamento disciplinata dal diritto islamico.45 Dalla giurisprudenza sono, inoltre, giunte importanti indicazioni anche in relazione al requisito di cui
all’art. 29 (1) b) sulla necessità del consenso del genitore, qualora esistente, al fine di procedere al ricongiungimento. a tale riguardo il
tribunale di parma ha riconosciuto la possibilità di procedere al rilascio
del visto anche in assenza del consenso dell’altro genitore alla luce di
una dichiarazione sostituiva di atto di notorietà presentata dal rifugiato risiedente in italia. in ragione delle condizioni nel paese d’origine e
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Ricongiungimento
famigliare
nell’ordinamento
Italiano
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CAPITOLO II - QUADRO NORMATIVO DI RIFERIMENTO
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Italiano
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della condizione di rifugiato del richiedente, che non permettevano di
raccogliere ulteriore documentazione comprovante la scomparsa del
coniuge, nonché della necessità di tutelare il diritto all’unità familiare del minore, tale dichiarazione è stata considerata sufficiente a provare la scomparsa del genitore, da cui l’impossibilità di ottenerne il
consenso46.
in conformità con quanto previsto dalla direttiva 2003/86/Ce, in caso
di rifugiato minore non accompagnato, è consentito l’ingresso ed il soggiorno ai fini del ricongiungimento anche degli ascendenti diretti di
primo grado47.
Dalla definizione di nucleo familiare contenuta nelle citate previsioni emerge che da una parte il legislatore italiano ha recepito alcune possibilità, concesse dalla direttiva europea, di estendere le categorie di
familiari ammesse al ricongiungimento. È questo il caso dei figli maggiorenni e dei genitori a carico o delle previsioni relative all’equiparazione
di figli naturali e adottati. Dall’altra parte, in alcuni punti la normativa
italiana si presenta più restrittiva rispetto alle possibilità offerte da quella europea: nessuna concessione è stata fatta circa la possibilità di
ammettere anche il partner di lunga data al ricongiungimento e ci si è
avvalsi della possibilità, pur concessa dalla direttiva, di porre un limite
minino all’età del coniuge48.
l’esclusione del partner dai familiari ammessi al ricongiungimento
deriva dalla circostanza per cui, nell’ordinamento italiano, lo status di
coniuge è attribuito in base all’istituto del matrimonio, unico strumento giuridico con cui l’ordinamento riconosce la relazione di una coppia
formata da un uomo e una donna, presupposto della filiazione legittima49. tale circostanza è stata ribadita dalla Corte di Cassazione anche nel
caso in cui si tratti di un’unione riconosciuta e registrata nel paese in cui
si è realizzata, in quanto in italia le unioni registrate non sono equiparabili al matrimonio50.
in ultimo si segnala che l’ordinamento italiano vieta la poligamia
e dunque non ammette il ricongiungimento della seconda o terza
moglie derivanti da matrimoni poligami riconosciuti nel paese d’origine, a meno che non si tratti di genitore di minorenne51; in tal caso
il ricongiungimento può essere legittimato in virtù del superiore interesse del minore.
lo straniero che richiede il ricongiungimento familiare deve dimostrare, ai sensi dell’art. 29 (3) a), b), b-bis) del testo unico sull’immigrazione, così modificato dal d. lgs. 5/2007 e dal d.lgs. 160/2008, la disponibilità di: un alloggio che rientri nei parametri minimi previsti dalla legge
regionale per gli alloggi di edilizia residenziale pubblica, ovvero sia fornito dei requisiti di idoneità igienico-sanitaria accertati dall’unità
sanitaria locale competente per territorio; un reddito minimo annuo
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CAPITOLO II - QUADRO NORMATIVO DI RIFERIMENTO
derivante da fonti lecite non inferiore all’importo annuo dell’assegno
sociale aumentato della metà dell’importo dell’assegno sociale per ogni
familiare da ricongiungere52; un’assicurazione sanitaria o di altro titolo
idoneo a garantire la copertura di tutti i rischi nel territorio nazionale a
favore dell’ascendente ultrasessantacinquenne ovvero della sua iscrizione al servizio sanitario nazionale, previo pagamento di apposito contributo. in caso di ricongiungimento di due o più figli di età inferiore ai
quattordici anni ovvero per il ricongiungimento di due o più familiari
dei titolari dello status di protezione sussidiaria, è richiesto, in ogni caso,
un reddito non inferiore al doppio dell’importo annuo dell’assegno
sociale. ai fini della determinazione del reddito si tiene conto anche di
quello complessivo dei familiari conviventi con il richiedente.
in conformità con quanto previsto dalla normativa europea, ai sensi
dell’art. 29-bis, lo straniero al quale è stato riconosciuto lo status di rifugiato può richiedere il ricongiungimento familiare senza dover dimostrare i requisiti sopra menzionati, condizioni il cui soddisfacimento
viene tuttavia richiesto ai beneficiari della protezione sussidiaria.
i legami di parentela con figli e genitori, qualora non possano essere documentati in modo certo mediante certificati o attestazioni rilasciati da competenti autorità straniere, per mancanza di un’autorità
riconosciuta, o comunque quando sussistano fondati dubbi sull’autenticità di tale documentazione, le rappresentanze diplomatiche o consolari provvedono al rilascio di certificazioni, sulla base dell’esame del Dna
effettuato a spese degli interessati53.
in conformità con quanto previsto dalla normativa europea che, in
caso di rifugiati, impone agli stati una flessibilità nel valutare i mezzi di
prova, ai sensi dell’art. 29-bis del testo unico, qualora un rifugiato non
possa fornire documenti ufficiali comprovanti i suoi vincoli familiari, in
ragione del suo status, ovvero della mancanza di un’autorità riconosciuta o della presunta inaffidabilità dei documenti rilasciati dall’autorità
locale, le rappresentanze diplomatiche o consolari provvedono al rilascio di certificazioni sulla base delle verifiche ritenute necessarie, effettuate a spese degli interessati. può, altresì, essere fatto ricorso ad altri
mezzi atti a provare l’esistenza del vincolo familiare, tra cui elementi
tratti da documenti rilasciati dagli organismi internazionali ritenuti idonei dal ministero degli affari esteri. È inoltre specificato che la richiesta
non può essere rigettata unicamente a causa dell’assenza dei documenti probatori.
allo straniero che ha fatto ingresso in italia con visto di ingresso per
ricongiungimento familiare viene rilasciato un permesso di soggiorno
per motivi familiari che ha la stessa durata del permesso di soggiorno
del familiare in possesso dei requisiti del ricongiungimento e che consente l’accesso ai servizi assistenziali, l’iscrizione a corsi di studio o di forR I T R O VA R S I P E R R I C O S T R U I R E
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CAPITOLO II - QUADRO NORMATIVO DI RIFERIMENTO
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mazione professionale, l’iscrizione nelle liste di collocamento, lo svolgimento di lavoro subordinato o autonomo54.
per quanto riguarda i titolari dello status di rifugiato e di protezione sussidiaria il d. lgs. 251/2007, al già citato art. 22, prevede il diritto
all’unità familiare dei titolari di protezione internazionale e stabilisce
che i loro familiari che, come tali non hanno diritto allo status, godono
dei medesimi diritti riconosciuti al titolare55.
un’ultima menzione va all’art. 30 del testo unico sull’immigrazione56
che, oltre a indicare i sopracitati diritti spettanti allo straniero che abbia
fatto ingresso in italia con visto per ricongiungimento, disciplina il diritto all’unità familiare dello straniero. tale diritto, in base all’art. 28 del
citato testo, è riconosciuto ai cittadini di paesi terzi titolari in italia del
permesso di soggiorno Ce per soggiornanti di lungo periodo o di permesso di soggiorno di durata non inferiore ad un anno rilasciato per
motivi di lavoro subordinato o autonomo, ovvero per asilo, protezione
sussidiaria, studio, ricerca scientifica, motivi religiosi.
Come si può notare, l’esercizio del diritto all’unità familiare presuppone la titolarità di determinate tipologie di permesso di soggiorno, di
validità predeterminata non inferiore ad un anno, traducendosi, implicitamente, nella richiesta di un livello minimo di stabilità al momento
della domanda.
l’art. 30 del testo unico prevede il rilascio del permesso di soggiorno
per motivi familiare in favore di: stranieri regolarmente soggiornanti da
almeno un anno che abbiano contratto matrimonio nel territorio dello
stato con cittadini italiani o di uno stato membro dell’unione europea,
ovvero con cittadini stranieri regolarmente soggiornanti; genitore straniero, anche naturale, di minore italiano residente in italia (in tal caso il
permesso di soggiorno per motivi familiari è rilasciato anche a prescindere dal possesso di un valido titolo di soggiorno, a condizione che il
genitore richiedente non sia stato privato della potestà genitoriale
secondo la legge italiana); familiare straniero regolarmente soggiornante, in possesso dei requisiti per il ricongiungimento con il cittadino italiano o di uno stato membro dell’unione europea residenti in italia,
ovvero con straniero regolarmente soggiornante in italia. Qualora detto
cittadino sia un rifugiato si prescinde dal possesso di un valido permesso di soggiorno da parte del familiare.
Procedura di ricongiungimento familiare
secondo l’art. 29 del testo unico e l’art. 6 del d.p.r. n. 394/1999 e
succ. mod., la richiesta di nulla osta al ricongiungimento familiare, corredata della documentazione relativa ai requisiti di reddito, alloggio e
assistenza sanitaria di cui al comma 3 dell’art. 29 (tranne nel caso del
51
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CAPITOLO II - QUADRO NORMATIVO DI RIFERIMENTO
rifugiato), deve essere presentata presso lo sportello unico immigrazione della prefettura competente per il luogo di dimora del richiedente al
quale viene rilasciata una copia contrassegnata con timbro datario e
sigla del dipendente incaricato del ricevimento della stessa. all’atto
della presentazione di tali documenti devono essere altresì consegnate
le copie del permesso di soggiorno e del passaporto nazionale o del
documento di viaggio.
in realtà, dal 10 aprile 2008, tale richiesta è presentata dallo straniero solo per via telematica, o in via autonoma, con il proprio computer,
oppure facendosi assistere nella compilazione da associazioni autorizzate o dai patronati. una volta inviato il modello di richiesta lo straniero
attende la data di convocazione presso lo sportello unico per l’immigrazione per la consegna della documentazione.
lo sportello unico chiede il parere della Questura sull’esistenza di
motivi ostativi all’ingresso dello straniero nel territorio nazionale, ovvero qualora lo straniero non soddisfi i requisiti richiesti oppure quando
sia considerato una minaccia per l’ordine pubblico o la sicurezza dello
stato o di uno dei paesi dell’area schengen. lo sportello unico, acquisito dalla Questura il parere sull’insussistenza dei motivi ostativi all’ingresso e verificata l’esistenza dei requisiti di alloggio, reddito e assicurazione sanitaria, ove richiesti, rilascia il nulla osta ovvero un provvedimento
di diniego dello stesso.
ottenuto il nulla osta, che potrà essere utilizzato entro centottanta
giorni dalla data del rilascio, lo straniero in italia deve inviarlo in originale al familiare da ricongiungere che dovrà presentarsi presso la rappresentanza diplomatica italiana dove questi si trova. in alternativa il
nulla osta può essere inviato direttamente alla rappresentanza diplomatica.
il rilascio del visto nei confronti del familiare per il quale è rilasciato
il nulla osta è subordinato all’effettivo accertamento dell’autenticità, da
parte dell’autorità consolare italiana, della documentazione, presentata dal familiare all’estero, comprovante i presupposti di parentela,
coniugio, minore età o stato di salute.
trascorsi centottanta giorni dalla richiesta del nulla osta, l’interessato può ottenere il visto di ingresso direttamente dalle rappresentanze
diplomatiche e consolari italiane, dietro esibizione della copia degli atti
contrassegnata dallo sportello unico per l’immigrazione, da cui risulti la
data di presentazione della domanda e della relativa documentazione.
in relazione ai tempi di rilascio del visto, un’importante sentenza del
tribunale di milano ha riconosciuto il diritto dello straniero, che aveva
fatto richiesta di ricongiungimento, al risarcimento per il danno subito
dovuto all’attesa di due anni per il rilascio del visto di ingresso a causa
della impraticabilità, da parte del Consolato italiano a tangeri, di effetR I T R O VA R S I P E R R I C O S T R U I R E
Il
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CAPITOLO II - QUADRO NORMATIVO DI RIFERIMENTO
tuare le verifiche in capo ai vincoli familiari57.
avverso il diniego del nulla osta al ricongiungimento familiare e del
permesso di soggiorno per motivi familiari, e per tutti gli altri provvedimenti amministrativi dell’autorità amministrativa in materia di diritto
all’unità familiare, l’interessato, ai sensi dell’art. 30 (6) del testo unico,
può presentare ricorso al pretore del luogo in cui risiede, il quale provvede, sentito l’interessato, nei modi di cui agli articoli 737 e seguenti del
codice di procedura civile. il decreto che accoglie il ricorso può disporre
il rilascio del visto anche in assenza del nulla osta.
si consideri, inoltre, che la richiesta di ricongiungimento viene
respinta ai sensi dell’articolo 29 (9) del testo unico laddove è accertato
che il matrimonio o l’adozione hanno avuto luogo al solo scopo di consentire all’interessato di entrare e soggiornare nel territorio dello stato.
Note
40
art. 2 par. e) del d.lgs. n. 5/2007.
art. 2.par. f) del d.lgs. n. 5/2007.
42
Decreto legislativo 25 luglio 1998 n. 286 e successive modifiche. D’ora in
avanti “testo unico sull’immigrazione”.
43
Corte Costituzionale, ordinanza n.335 del 26 settembre 2007.
44
art. 29 (2) del testo unico sull’immigrazione.
45
Corte di Cassazione, sentenza n.7472 del 20 marzo 2008, sezione prima
Civile. mediante tale istituto il minore, per il quale non sia possibile attribuire la
custodia ed assistenza nell’ambito della propria famiglia legittima, può essere
accolto da due coniugi od anche da un singolo affidatario che si impegnano a
mantenerlo, educarlo ed istruirlo, come se fosse un figlio proprio, fino alla maggiore età, senza però che l’affidato entri a far parte, giuridicamente, della famiglia che così lo accoglie.
46
tribunale di parma, sentenza n. 2436 del 16 maggio 2011.
47
art. 29-bis (3) del testo unico sul’immigrazione.
48
tale possibilità è prevista dall’art. 4 par. 5 della direttiva 2003/86/Ce.
49
art. 29 della Costituzione italiana.
50
Corte di Cassazione, sent. 6441/2009, sezione prima Civile. il caso di specie
riguardava la richiesta presentata per un cittadino neozelandese, riconosciuto
come “partner di fatto” dalla legislazione del proprio paese.
51
una previsione volta a limitare la possibilità di ricongiungimento in caso di
matrimonio poligamo si riscontra anche all’art. 4 (4) della direttiva 2003/86/Ce.
52
la Corte di Cassazione ha chiarito che al fine di ottenere il nulla-osta al
ricongiungimento familiare non occorre un contratto di lavoro di almeno un
anno, essendo sufficiente dimostrare la disponibilità di un reddito derivante da
fonti lecite (anche da più rapporti di lavoro) di importo non inferiore all’assegno
sociale (Corte di Cassazione, sentenza n. 11803 del 17 gennaio 2009, sezione
prima Civile).
53
art. 29 (1-bis) del testo unico sull’immigrazione.
54
art. 30 (1, a), (2) e (3) del testo unico sul’immigrazione.
55
tale previsione non si applica nel caso di familiari che sono o sarebbero
41
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R I T R O VA R S I P E R R I C O S T R U I R E
CAPITOLO II - QUADRO NORMATIVO DI RIFERIMENTO
esclusi dallo status di rifugiato o dalla protezione sussidiaria ai sensi degli articoli 10, 12 e 16 del d. lgs 251/2007.
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Decreto legislativo 25 luglio 1998 n. 286 e successive modifiche.
57
tribunale di milano, sentenza n. 8090 del 6 luglio 2007.
R I T R O VA R S I P E R R I C O S T R U I R E
Procedura di
ricongiungimento
familiare
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CAPITOLO III
Dove la prassi ostacola
il diritto
maria giovanna Fidone
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CAPITOLO III - DOVE LA PRASSI OSTACOLA IL DIRITTO
Ostacoli e problematiche
burocratiche, amministrative
e legali
videnziamo qui alcune delle maggiori problematiche rilevate
durante lo svolgimento del progetto “ritrovarsi per
ricostruire” nella gestione delle procedure di ricongiungimento familiare nei paesi d’origine o permanenza dei familiari in via di riunificazione.
e
1 - Il rispetto del principio della residenza e/o della dimora
legale nell’accertamento della competenza dell’ambasciata italiana a rilasciare il visto:
il principio della competenza territoriale legato alla residenza ha
spesso determinato problematiche significative rispetto alla possibilità
di ricongiungimento dei familiari dei titolari di protezione internazionale. il Codice Visti ha in parte smussato tale principio inserendo la possibilità per il consolato coinvolto di considerare il requisito della presenza
legale in luogo della residenza laddove il richiedente abbia giustificato
la domanda presso il consolato. in alcuni casi si è reso, però, necessario
l’intervento del Cir per risolvere tale problematica laddove i familiari si
trovavano in un paese terzo e il nostro Consolato era impossibilitato a
verificare la veridicità e legittimità dei documenti esibiti.
portiamo l’esempio pratico di familiari afgani presenti in iran, o di
eritrei in sudan o in uganda, dove si è dovuto ricorrere- anche con il
“conforto teorico” del Centro visti mae- alla certificazione dello status
di rifugiato da parte dell’unhCr locale, per poter successivamente
avviare la procedura presso il nostro Consolato ai fini della dimostrazione della dimora legale nel paese terzo. l’intervento congiunto del Cir e
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R I T R O VA R S I P E R R I C O S T R U I R E
CAPITOLO III - DOVE LA PRASSI OSTACOLA IL DIRITTO
dell’unhCr ha garantito, nella maggior parte dei casi seguiti, il successo finale delle procedure avviate. in un caso, in iran, dopo un primo
rifiuto del Consolato di accettare la richiesta di visto di una coniuge
afgana, la situazione è stata alla fine risolta positivamente, insistendo
con l’argomentazione della presenza legale nel paese grazie al visto
temporaneo di ingresso in qualità di studente, di cui era titolare la persona coinvolta.
Ostacoli
e problematiche
burocratiche,
amministrative
e legali
2 - Carenza o insufficienza documentale circa la prova dei
legami familiari:
si sottolinea come il test del Dna venga spesso utilizzato anche
quando non necessario o indispensabile e questa prassi costituisce un
problema particolare laddove, in assenza di figli, non è possibile produrre alcuna prova documentale di un legame famigliare.
Diversi sono stati i casi di rifugiati e titolari di protezione sussidiaria
che hanno subito un rilevante rallentamento nel processo di ricongiungimento familiare perché il matrimonio, in accordo con gli usi e le consuetudini di alcuni paesi di provenienza (per es. eritrea, afganistan,
Costa d’avorio, rep. Democratica del Congo, somalia, etc.), era stato
contratto solo di fronte alle autorità religiose o a testimoni privati . in
tal caso il matrimonio è ritenuto insufficiente come prova del legame
familiare.
in queste circostanze, il Consolato italiano ha tendenzialmente
richiesto la registrazione dell’atto nei registri di stato civile a garanzia di
una conformità giuridica comprovabile e non contraria all’ordine e sicurezza pubblica italiana. Questa richiesta ha determinato per molti rifugiati la difficoltà preliminare di dover fare riferimento alle autorità civili del proprio paese o del paese in cui è stato contratto il matrimonio,
pena la non valutazione della procedura in Consolato. Frequentemente
le difficoltà burocratiche, legate alla registrazione dell’atto, hanno portato diversi rifugiati, soprattutto di nazionalità eritrea, a dover contrarre nuovamente il matrimonio in un paese terzo, non essendo considerato valido il certificato religioso rilasciato nel paese di origine. in molti
casi la nostra ambasciata a Kartum (sudan) non ha accettato la richiesta
di visto di famigliari in ricongiungimento, perché si richiedeva la preliminare legalizzazione presso l’ambasciata eritrea in sudan del certificato religioso, sebbene il coniuge godesse di riconoscimento dello status
di rifugiato da parte delle autorità sudanesi. per diversi mesi questo
aspetto ha bloccato , ad es. diverse decine di ricongiungimenti familiari
malgrado la mediazione che il Cir insieme a unhCr ha svolto con il
Centro Visti del mae e la stessa ambasciata. Questo nodo si è definitiR I T R O VA R S I P E R R I C O S T R U I R E
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CAPITOLO III - DOVE LA PRASSI OSTACOLA IL DIRITTO
Ostacoli
e problematiche
burocratiche,
amministrative
e legali
vamente sciolto solo dopo diversi interventi in tal senso. ad aggravare
la situazione dei rifugiati eritrei in sudan è spesso stata anche la mancanza di un qualsiasi documento di viaggio su cui apporre il visto per
ricongiungimento familiare. a seguito infatti dell’impossibilità della
delegazione dell’unhCr sudan di rilasciare i CtD (Convention travel
Document) ai rifugiati riconosciuti dalle autorità sudanesi ( che sarebbero competenti per tale rilascio), molti eritrei sono stati impossibilitati a
esibire un documento di viaggio alternativo al passaporto nazionale,
spesso non richiedibile- per ovvie ragioni- all’ambasciata eritrea in
sudan. Dopo vari tentativi si è riusciti ad ottenere il rilascio da parte
delle autorità diplomatiche italiane di un lasciapassare a validità limitata per l’italia sul quale apporre il visto di ingresso per quei familiari di
cui la prova del legame familiare era stata già dimostrata legittima.
anche per i somali la presentazione dei documenti necessari ad ottenere il visto è stata estremamente difficoltosa a causa delle note carenze amministrative del paese, che spesso non è in grado di produrre e
rilasciare la documentazione necessaria al ricongiungimento familiare.
inoltre, la spesa del test del Dna ha costituito spesso un ostacolo
importante nella finalizzazione della procedura, limitando notevolmente il diritto alla riunificazione familiare.
3 - Consenso dell’altro coniuge da formalizzare presso la rappresentanza italiana nel caso di uscita di minori dal Paese:
la problematica del consenso dell’altro coniuge all’espatrio dei figli
ha coinvolto sia i minori il cui genitore era deceduto sia quelli per i quali
uno dei genitori era comunque irreperibile. tale problematica ha ancora di più colpito i molti minori affidati informalmente ad amici o parenti in totale assenza di un tutore legale che rappresenti il genitore presso l’ambasciata, sia per fornire l’assenso all’espatrio sia per garantirne
l’identità nel caso in cui il minore sia privo di passaporto.
anche l’accertamento dell’identità del minore, privo di passaporto,
ha pertanto costituito spesso un ostacolo insormontabile.
in alcuni casi, come in etiopia o in sudan, il test del Dna ha garantito la certezza del legame familiare con il genitore in italia, e, di conseguenza, si è potuto procedere al rilascio di un lasciapassare specifico. in
altri casi la situazione è stata risolta attraverso una procura notarile del
genitore in italia, in favore di un familiare o persona di fiducia che a sua
volta, in quanto tutore, ha seguito la richiesta di rilascio del documento
presso le autorità nazionali. in un caso, sebbene in presenza del passa-
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R I T R O VA R S I P E R R I C O S T R U I R E
CAPITOLO III - DOVE LA PRASSI OSTACOLA IL DIRITTO
porto e dopo aver effettuato il test del Dna, la necessità di avere il consenso dell’altro genitore per l’espatrio (impossibile da esibire per mancanza di riferimenti nel paese circa la morte o scomparsa dell’altro genitore) la difficoltà è stata superata attraverso la disponibilità del
Consolato a voler valutare un’attenta ricostruzione della storia di asilo
del genitore rifugiato in italia, con considerazione specifica della condizione di abbandono del minore da parte dell’altro genitore fin dalla
nascita. il successo finale di questa complessa situazione, si è raggiunto
anche grazie all’intervento dell’unhCr in merito alle dichiarazioni rese
in sede di riconoscimento dello status, dichiarazioni che sono risultate
coerenti con la versione attuale della madre rifugiata in italia.
Ostacoli
e problematiche
burocratiche,
amministrative
e legali
4 - Scadenza documenti di viaggio
la titolarità di un documento di viaggio scaduto del familiare ha
costituito in taluni casi un ulteriore ostacolo allo sviluppo della procedura. nel caso di un rifugiato iraniano che voleva ricongiungersi con la
moglie in possesso di passaporto scaduto da oltre 6 mesi e impossibilitata a rinnovarlo per chiari ostacoli dichiarati dal marito già in sede di
intervista per il riconoscimento dello status e che riguardavano la sua
impossibilità a depositare il proprio consenso al rinnovo presso la rispettiva rappresentanza in italia. la procedura è tuttora pending dopo
diversi mesi dall’avvio. grazie alla collaborazione con il Centro Visti del
mae e i costanti contatti con il Consolato italiano in iran la problematica sembra oggi in via di superamento.
5 - Altre difficoltà riscontrate
molte delle problematiche esposte, si sono concentrate specificamente in alcuni paesi (sudan, Kenia, repubblica Democratica del
Congo, afghanistan, Costa D’avorio), impegnando spesso gli uffici del
Cir in collaborazione con l’unhCr e oim nell’individuazione di possibili soluzioni.
se per il Kenia decine di istanze di rifugiati somali costituiscono un
arretrato lentamente in via di superamento da parte dell’ufficio consolare di nairobi, in virtù, come ormai in molti paesi, di collaborazioni in
outsourcing con servizi di società private (con spese maggiori a carico
dei richiedenti), come nel caso specifico- il Visa Facility service- VFs che
è subentrato in alternativa e ad integrazione alla presentazione diretta
di richiesta visto al Consolato, è anche necessario sottolineare che spesso la specificità dei rifugiati viene forzatamente allineata a standard
comuni agli altri richiedenti un visto per l’italia, rendendo difficile l’individuazione di soluzioni alternative.
R I T R O VA R S I P E R R I C O S T R U I R E
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CAPITOLO III - DOVE LA PRASSI OSTACOLA IL DIRITTO
Ostacoli
e problematiche
burocratiche,
amministrative
e legali
in alcuni paesi invece, come per la Costa D’avorio e anche durante la
crisi umanitaria che l’ha caratterizzata per la guerra civile, la collaborazione con l’ufficio consolare è stata particolarmente efficace e mirata
alla specificità della condizione dei rifugiati, anche con attenzione agli
altri paesi di competenza diplomatica come la sierra leone e il Burkina
Faso, permettendo lo sviluppo di procedure efficienti ed efficaci, che
hanno rispettato tempistiche e caratteristiche documentali perfettamente aderenti alla realtà dei rifugiati e beneficiari di protezione sussidiaria.
un intervento specifico per 6 familiari di eritrei sfollati dalla libia
verso la tunisia (in particolare nel campo di shusha) è stato condotto dal
progetto al fine di accelerare le procedure avviate già con la libia prima
della crisi umanitaria. Diverse le difficoltà riscontrate con l’ufficio italiano a tunisi a motivo di una debole conoscenza delle problematiche dei
rifugiati come stranieri particolarmente meritevoli di attenzione, che ha
rallentato, sebbene non compromettendolo, il felice esito delle istanze
presentate.
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R I T R O VA R S I P E R R I C O S T R U I R E
CAPITOLO IV
Il punto di vista
dell’UNHCR
Fabiola Conti
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R I T R O VA R S I P E R R I C O S T R U I R E
Il punto di vista dell’UNHCR
spesso il rifugiato è costretto a fuggire senza avere la sicurezza
che anche la sua famiglia sia al sicuro o che un giorno potrà riunirsi a loro. una volta in salvo molti rifugiati non hanno più modo
di mettersi in contatto con le persone a loro care per mancanza di riferimenti o perché hanno perso le loro tracce. la separazione dalla famiglia dovuta alla necessità di fuggire dal paese ha spesso conseguenze
devastanti sulla psiche del rifugiato, sulla sua capacità di ricostruire un
progetto di vita. la famiglia infatti gioca un ruolo fondamentale nell’aiutare il rifugiato a ridefinire la propria esistenza nel paese di asilo.
ricongiungersi con la famiglia può inoltre attenuare il profondo senso
di perdita che il rifugiato si porta dietro, essendo stato costretto a lasciare il suo paese, i suoi affetti, il suo lavoro e la sua identità culturale e lingustica, la vita che un tempo conduceva, per ricominciare in un paese
dove tutto gli è estraneo e a volte ostile.
Vi sono ostacoli purtroppo insormontabili dovuti alla situazione specifica del rifugiato, come ad esempio il fatto che alcuni stati prevedano
un visto di uscita anche per i propri cittadini e molti ricongiungimenti
familiari falliscono perché le autorità del paese ostacolano la partenza
dei familiari del rifugiato. in altri paesi le donne non possono richiedere il passaporto senza il consenso scritto del marito o del padre, con il
risultato che se questi è un rifugiato non può recarsi nell’ambasciata
del paese di asilo per prestare tale consenso, vanificando in tal modo la
possibilità di ricongiungimento. nei paesi dove sono in atto conflitti
armati, le ambasciate sono spesso chiuse ed è impossibile ottenere il
visto per il ricongiungimento. molto spesso in tali situazioni ai familiari
non resta altra scelta che ricorrere ai trafficanti, rischiando la vita per
poter scappare e tentare di raggiungere il paese di asilo o un paese confinante e ricominciare da lì la pratica di ricongiungimento.
i
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R I T R O VA R S I P E R R I C O S T R U I R E
CAPITOLO IV - IL PUNTO DI VISTA DELL’UNHCR
il ruolo dell’unhCr per quanto concerne la tutela dell’unità familiare deriva dal principio presente in molti strumenti internazionali secondo il quale la famiglia rappresentata il “nucleo naturale e fondamentale della società” e deve essere salvaguardata con appropriati interventi
da parte dello stato e dalla società stessa. tale principio è solennemente proclamato nella Dichiarazione universale Diritti umani del 1948 (art.
16 comma 3). Detta necessità di salvaguardia trova ulteriore solenne
conferma in due successivi strumenti adottati dall’assemblea generale
delle nazioni unite nel 1966 – il patto internazionale sui diritti civili e
politici (art. 23, comma 1) e il patto internazionale sui diritti economici,
sociali e culturali (art. 10 comma 1). la maggior parte degli strumenti
internazionali sui diritti umani contiene disposizioni per la protezione
dell’unita familiare.
per quanto riguarda la Convenzione del 1951 relativa allo status dei
rifugiati, il principio dell’unità familiare viene affermato nell’atto
Finale della Conferenza che ha adottato la Convenzione, al punto B):
“Considerando che l’unità della famiglia, elemento naturale e fondamentale della società, è un diritto fondamentale del rifugiato e che
questa unità è costantemente minacciata, e
“Constatando con soddisfazione che, secondo il commento ufficiale
del Comitato ad hoc sull’apolidia ed i problemi connessi i diritti dei
rifugiati si estendono ai membri della sua famiglia, ed in particolare, per:
1) garantire l’unità del nucleo familiare del rifugiato, soprattutto nel
caso in cui il capo famiglia possegga i requisiti necessari per l’ammissione in un paese;
2) garantire la protezione dei rifugiati minorenni, in modo particolare
dei bambini non accompagnati e delle giovani, con speciale riferimento alla tutela ed alla adozione”.
inoltre il Comitato esecutivo del programma dell’alto Commissariato
(eXCom) ha adottato alcune conclusioni aventi ad oggetto il principio
dell’unità familiare e la necessità di proteggere il rifugiato e la sua famiglia, soprattutto quando la persecuzione o la guerra ha portato ad una
loro separazione.
in particolare l’eXCom nelle sue conclusioni n. 24 (XXXii) sul ricongiungimento familiare e n. 88 (l) sulla protezione della famiglia del rifugiato, esorta gli stati ad applicare criteri liberali nell’identificazione di
coloro che costituiscono la famiglia, la quale dovrebbe essere considerata sulla base della pratica sociale che può determinare il modo in cui le
relazioni sono articolate, oltre che attraverso la prolungata dipendenza
emotiva e la mutua accettazione delle relazioni.
R I T R O VA R S I P E R R I C O S T R U I R E
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CAPITOLO IV - IL PUNTO DI VISTA DELL’UNHCR
l’unhCr promuove, dunque, una liberale e ampia definizione di
“famiglia” tale da consentire ai rifugiati il mantenimento dell’unità
famigliare secondo gli usi del loro paese d’origine, con particolare
riguardo alle norme sociali e culturali di provenienza
la conclusione eXCom n.104 pone inoltre l’accento sul ruolo positivo della famiglia nel facilitare una più rapida e agevole integrazione del
rifugiato nel paese di asilo.
la principale attività dell’unhCr per quanto concerne l’unità familiare si traduce principalmente nell’instaurare una collaborazione con lo
stato di asilo e in particolare con le autorità competenti e le altre organizzazioni a tutela dei rifugiati al fine di facilitare e accellerare il ricongiungimento familiare, promuovendo un approccio coerente con i principi di diritto internazionale e con la spefica situazione del rifugiato. per
tale ragione l’unhCr ha fattivamente e proficuamente collaborato con
il Cir sia nell’ambito del progetto Ritrovarsi per Ricostruire che successivamente, al fine di monitorare le procedure di ricongiungimento familiare in italia di un numero cospicuo di rifugiati e gli eventuali ostacoli
che il rifugiato incontra sul suo cammino dovuti spesso al divario tra il
dettato normativo e la sua applicazione pratica.
Come evidenziato nei capitoli precedenti, la legislazione italiana
prevede meccanismi più favorevoli per il rifugiato. a differenza degli
altri migranti e persino dei beneficiari di protezione sussidiaria, il rifugiato non è tenuto a dimostrare la disponibilità di un reddito e di un
alloggio per effettuare il ricongiungimento familiare e inoltre in considerazione delle difficoltà che il rifugiato e i suoi familiari possono incontrare nell’ottenere documentazione dal proprio paese di origine, la normativa italiana prevede la possibilità di dimostrare tale rapporto di
parentela attraverso altri mezzi di prova quando i certificati ufficiali non
sono disponibili. tale trattamento più favorevole riguardante la prova
del rapporto di parentela è applicata anche al beneficiario di protezione sussidiaria che è però a differenza del rifugiato, obbligato a dimostrare la disponibilità di un reddito e di un alloggio sufficienti.
e’ opinione dell’unhCr che anche i beneficiari di protezione sussidiaria dovrebbero essere equiparati ai rifugiati anche relativamente ai
presupposti di reddito e alloggio.
in italia, si può idealmente suddividere la procedura di ricongiungimento familiare in due parti: la prima consistente nell’ottenimento del
nulla osta al ricongiungimento familiare da parte del rifugiato in italia
e la seconda attinente al rilascio del visto da parte del familiare nel suo
paese di origine o in un paese terzo.
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R I T R O VA R S I P E R R I C O S T R U I R E
CAPITOLO IV - IL PUNTO DI VISTA DELL’UNHCR
per quanto concerne la prima parte della procedura, non essendo
previsto per il rifugiato la dimostrazione del reddito e dell’alloggio, di
norma non vi sono particolari problemi nell’ottenimento di tale nulla
osta. Di recente però un rifugiato ha chiesto l’intervento dell’unhCr in
quanto lo sportello unico dove aveva presentato domanda condizionava il rilascio del suddetto nulla osta alla presentazione dei passaporti dei
familiari del rifugiato nonostante la normativa italiana non preveda in
questa fase della procedura il possesso di tale documentazione.
inoltre diverse organizzazioni hanno segnalato alcuni disfunzioni
riguardanti in particolare un sportello unico immigrazione che impiega
mediamente un anno per il rilascio di tale nulla osta anche nei confronti dei rifugiati.
una volta ottenuto il nulla osta al ricongiungimento, il rifugiato lo
deve inviare al proprio familiare che deve recarsi in ambasciata italiana
per iniziare la seconda fase della procedura di ricongiungimento finalizzata al rilascio del visto.
Questa fase della procedura è particolarmente delicata e problematica perché è l’ambasciata d’italia che deve verificare i legami parentali
e il possesso del documento di viaggio, documentazione che il rifugiato
e i suoi familiari hanno spesso problemi ad ottenere.
in merito ai legami familiari la legge italiana prevede per i rifugiati
un onere della prova attenuato rispetto agli altri migranti, l’articolo
29bis prevede che per dimostrare il legame parentale [...]Puo’ essere
fatto ricorso, altresi’, ad altri mezzi atti a provare l’esistenza del vincolo
familiare, tra cui elementi tratti da documenti rilasciati dagli organismi
internazionali ritenuti idonei dal Ministero degli affari esteri. Il rigetto
della domanda non puo’ essere motivato unicamente dall’assenza di
documenti probatori.
in sede regolamentare non è stato chiarito quali possano essere gli
altri elementi di prova e di conseguenza tale questione è lasciata all’interpretazione delle varie ambasciate d’italia competenti per il rilascio
del visto.
l’esistenza di relazioni familiari è un dato di fatto che dev’essere stabilito attraverso evidenze. esse possono avere la forma di prove documentali o di evidenze orali. riguardo alla situazione dei rifugiati, deve
essere tenuto in considerazione che essi sono spesso obbligati a fuggire
senza documenti personali. inoltre, in molti casi, i documenti di stato
civile considerati rilevanti ai fini della procedura in alcuni paesi non vengono emessi. pertanto potrebbero verificarsi situazioni in cui il rifugiato
può dimostrare relazioni solo attraverso un’evidenza orale. l’intervista
ai membri della famiglia dovrebbe di norma costituire il mezzo primaR I T R O VA R S I P E R R I C O S T R U I R E
68
CAPITOLO IV - IL PUNTO DI VISTA DELL’UNHCR
rio per stabilire relazioni familiari. laddove siano disponibili documenti,
essi dovrebbero essere utilizzati come evidenze corroborative.
Dovrebbe comunque essere prestata attenzione a evitare che, a causa
della pressione per produrre tali documenti, i rifugiati siano indotti a
compiere azioni rischiose. Questo potrebbe essere il caso, ad esempio, di
azioni disperate per tornare a casa e/o rivolgersi alle autorità del paese
d’origine, azione che potrebbe metterli a rischio di arresto, detenzione
o di altre conseguenze sproporzionate, o nella disperazione di provare
un legame familiare realmente esistente possano arrivare a produrre
documentazione falsa.
molte ambasciate fanno regolarmente ricorso al test del Dna per
ovviare la mancanza di documentazione nel caso di un ricongiungimento che coinvolge un genitore con il figlio o nel caso di ricongiungimento tra congiunti quando dichiarano di avere un figlio in comune. in alcuni casi, è stato effettuato il test del Dna ad entrambi i congiunti con il
figlio e in caso di esito positivo è stato presupposto che avendo un figlio
in comune gli stessi fossero sposati.
il test del Dna può essere invasivo e avere potenzialmente gravi conseguenze negative. D’altro canto esso può costituire la sola alternativa
che consente di stabilire il legame familiare, nonostante ciò, al suo utilizzo per stabilire legami familiari nel contesto dei rifugiati si dovrebbe
ricorrere con estrema cautela. si dovrebbe di norma fare affidamento su
forme alternative di accertamento del legame parentale, interviste con
gli individui interessati e altre forme di verifica delle asserite relazioni
familiari. Quando l’evidenza è soprattutto corroborativa di relazioni
presunte e non vi sono seri dubbi, dovrebbe essere accordato il beneficio del dubbio. Questo in ragione del fatto che il test del Dna può accertare solo i legami genetici ma non quelli affettivi e di relazione che sono
alla base del concetto di famiglia.
anche se il test del Dna smentisse qualsiasi legame di sangue, ciò
non dovrebbe considerarsi dimostrazione definitiva di intento fraudolento, poiché potrebbero esservi altre ragioni per le quali il test ha dato
esito negativo.
la scoperta della mancanza di legame genetico tra un inconsapevole padre e suo figlio/a potrebbe minare irrimediabilmente il loro rapporto e determinare non solo il fallimento del ricongiungimento familiare
ma la distruzione di riferimenti affettivi ed economici in modo irrimediabile.
particolarmente problematico fu un caso seguito nell’ambito della
colloborazione unhCr e Cir nel progetto Ritrovarsi per Ricostruire. un
rifugiato aveva avviato la pratica di ricongiungimento con la figlia ado69
R I T R O VA R S I P E R R I C O S T R U I R E
CAPITOLO IV - IL PUNTO DI VISTA DELL’UNHCR
lescente che dopo la morte della madre viveva insieme alla famiglia del
rifugiato nel paese di origine. essendo il rifugiato privo di documenti
comprovanti la paternità, l’ambasciata ha richiesto il test del Dna a cui
il rifugiato si è si è sottosposto con la serena convinzione che avrebbe
dato esito positivo. purtroppo l’esito del test fu negativo e al dolore di
scoprire che quella che considerava sua figlia non lo era dal punto di
vista genetico, il rifugiato ha dovuto effettuare delle scelte dolorose al
fine di evitare che la figlia ma in particolare la famiglia di lui venissero
a conoscena dell’esito del test del Dna e potessero ripudiare la minore.
in linea con quanto affermato in precedenza, si dovrebbe ricorrere
al test del Dna per verificare relazioni familiari solo laddove rimangano
seri dubbi dopo che siano stati esaminati tutti i tipi di prove o laddove
vi siano forti indicazioni di intento fraudolento e il test del Dna sia considerato come l’unica risorsa attendibile per dimostrare o smentire la
frode.
nel contesto dei rifugiati, inoltre la natura delle relazioni familiari
attribuite dovrebbe essere intesa sulla base del background sociale e
culturale del rifugiato. si ritiene che i rifugiati saranno meno inclini a
sostenere legami di sangue inesistenti laddove gli stessi possano essere
fiduciosi che le persone che essi hanno sempre trattato e considerato
come parte della famiglia e con cui hanno sviluppato forti vincoli personali, potranno essere considerate positivamente ai fini del ricongiungimento familiare.
inoltre il test del Dna non dovrebbe ritardare ulteriormente il processo di riunificazione familiare, spesso già di per sé lungo. il costo di un
test del Dna dovrebbe essere sostenuto dallo stato che richiede il test.
i costi associati con i test del Dna richiesti dai rifugiati potrebbero essere cancellati per ragioni umanitarie o, il governo italiano potrebbe valutare la possibilità di rimborsarli successivamente.
un ulteriore elemento da tenere in considerazione è lo stato di precarietà e insicurezza in cui vivono i familiari dei rifugiati sia nel paese di
origine sia nel paese terzo in cui hanno cercato rifugio. il fatto che tra
la richiesta del nulla osta al ricongiungimento e il rilascio del visto possano occorrere in alcuni casi degli anni può avere gravi conseguenze
non solo sul rifugiato ma anche sulla vita dei familiari del rifugiato.
nell’ambito della collaborazione Cir unhCr sul progetto Ritrovarsi per
Ricostruire, fu particolarmente straziante il caso di un rifugiato che
aveva avviato la pratica di ricongiungimento con la moglie che nel frattempo era riuscita a raggiungere il paese terzo, il Kenya. in tale paese
era particolarmente difficoltoso riuscire ad ottenere in tempi brevi l’appuntamento con l’ambasciata d’italia per presentare il nulla osta ed
avviare la pratica per il rilascio del visto. Durante i lunghi mesi di attesa
R I T R O VA R S I P E R R I C O S T R U I R E
70
CAPITOLO IV - IL PUNTO DI VISTA DELL’UNHCR
per l’appuntamento, la moglie del rifugiato che si trovava senza riferimenti in Kenya e in una situazione di estrema precarietà, fu violentata
e rimase incinta. il rifugiato, appresa la notizia, ripudiò la moglie e per
il tramite dell’associazione che lo seguiva inviò la richiesta di sospendere azioni a favore del ricongiungimento familiare a cui lui aveva intenzione di rinunciare.
il divario tra la norma e la sua applicazione produce di fatto diverse
distorsioni nel sistema italiano che necessitano di profonda riflessione e
di un approccio alla questione che tenga in considerazione la specificità
intrinseca del ricongiungimento familiare nel caso di rifugiati.
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R I T R O VA R S I P E R R I C O S T R U I R E
CAPITOLO IV
Il punto di vista
dell’ECRE
intervista a anne Bathily
a cura di Valeria Carlini
73
R I T R O VA R S I P E R R I C O S T R U I R E
CAPITOLO V - IL PUNTO DI VISTA DELL’ECRE
Intervista ad Anne Bathily, ECRE
Per i rifugiati cosa rappresenta il ricongiungimento familiare?
In primo luogo dobbiamo ricordare che nelle migrazioni forzate le famiglie
sono spesso obbligate a separarsi. Per i rifugiati il ricongiungimento familiare è, in molti casi, l’unica possibilità per assicurare l’unità familiare e la sicurezza dei familiari lasciati nel paese di origine o durante il viaggio. Se confrontiamo la condizione dei rifugiati con quella dei migranti economici, che
continuano ad avere una vita familiare, il ricongiungimento soprattutto in un
momento iniziale è per loro una necessità vitale per mantenere unita la famiglia.
Secondo, dobbiamo ricordare che la vita familiare è un diritto umano basilare riconosciuto dai trattati internazionali. La Dichiarazione Universale dei
Diritti Umani definisce la famiglia come il nucleo naturale e fondamentale
della società. Il diritto di rispettare la vita familiare è inoltre garantito da vari
trattati regionali e internazionali sui diritti umani, incluso l’Art. 8 della
Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo e l’Art. 7 della Carta dei Diritti
Fondamentali dell’Unione Europea.
Il ricongiungimento familiare può essere un facilitatore per l’integrazione?
Se l’integrazione è la capacità di stabilirsi in un altro luogo e ricostruire una
nuova vita, la mancanza di vita familiare, causata dall’impossibilità di ottenere il ricongiungimento, può essere un ostacolo enorme per l’integrazione dei
rifugiati. Si può facilmente capire che è quasi impossibile partecipare attivamente in una società, fare piani per il futuro, interagire con le persone, se la
mente è interamente occupata dalla paura che i tuoi familiari, parenti, figli
possano essere in una condizione di bisogno da qualche parte, senza il sostegno necessario. Per noi questa idea è un incubo, per i rifugiati e i richiedenti asilo questa è la realtà.
In questa prospettiva il ricongiungimento familiare è un aspetto chiave senza
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R I T R O VA R S I P E R R I C O S T R U I R E
CAPITOLO V - IL PUNTO DI VISTA DELL’ECRE
il quale l’integrazione dei rifugiati è estremamente difficile. Questa è la ragione per cui il ricongiungimento familiare per i rifugiati non solo dovrebbe
essere salvaguardato dalle leggi, ma dovrebbe anche essere facilitato nella
pratica. Il che significa che gli Stati dovrebbero supportare il processo e mitigare gli ostacoli che minano la riunificazione.
In questo senso, il processo di ricongiungimento familiare dovrebbe essere
pensato al di là della specifica procedura che lo caratterizza. Le procedure
d’asilo lunghe, la difficoltà per i richiedenti asilo di essere autonomi nella
società di accoglienza, per esempio attraverso la possibilità reale di lavorare,
sono fattori che non solo hanno un impatto negativo sulla salute mentale
delle persone, ma anche sul loro processo di integrazione. Incidendo quindi
sia sulla capacità di presentare e portare avanti la procedura per il ricongiungimento, ma anche sulla capacità di supportare i membri familiari una volta
che sono finalmente arrivati nel Paese di accoglienza. Dobbiamo aggiungere che tutti questi ostacoli contribuiscono anche a diffondere una negativa
immagine dei richiedenti asilo nelle società di accoglienza nelle quali sono
spesso visti come un peso per i nostri sistemi di welfare.
La realtà è che l’integrazione richiede un approccio integrativo, la si deve
rendere possibile. L’integrazione è collegata con le Direttive Procedure e
Qualifiche, e comincia con l’accoglienza dei richiedenti asilo. Il ricongiungimento familiare è parte di un problema più complesso.
Intervista a
Anne Bathily
Quali sono gli ostacoli per un processo di ricongiungimento familiare di
successo?
Sono numerosi gli ostacoli legislativi e amministrativi che minano il diritto al
ricongiungimento familiare: i pochi dati a nostra disposizione mostrano che
anche quando gli Stati membri applicano previsioni più favorevoli per i rifugiati, nella pratica il ricongiungimento non è facilitato ed è un processo
comunque traumatico.
In primo luogo dobbiamo pensare alla durata del processo che può essere
tra i 6 mesi, nel migliore dei casi, fino a 2/3 anni, tempo al quale si deve
aggiungere la durata della procedura d’asilo. E durante questo periodo,
estremamente lungo, sono molti gli ostacoli che i rifugiati devono affrontare. Ostacoli che cambiano da paese a paese.
Il test DNA, per esempio. Ci sono paesi dove il test del DNA è obbligatorio
e 11 Stati membri dove tale test non è richiesto, come ad esempio Francia,
Germania, Islanda, Romania, Malta. Le Procedure applicate in questi paesi
mostrano che questo test non è l’unica forma possibile di evidenza nel caso
di riunificazione delle famiglie. Primo, dovremmo prendere in considerazione le implicazioni che il test del DNA può potenzialmente avere sul diritto
alla privacy. Il test del DNA dovrebbe essere attentamente regolato al fine di
prevenire ogni violazione e assicurare che il diritto all’unità familiare sia protetto. Il test del DNA, inoltre, può essere anche molto costoso e il ricongiunR I T R O VA R S I P E R R I C O S T R U I R E
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CAPITOLO V - IL PUNTO DI VISTA DELL’ECRE
Intervista a
Anne Bathily
gimento familiare non dovrebbe dipendere dalla possibilità economica dei
rifugiati di poter sostenere finanziariamente questo test. Gli Stati dovrebbero prevedere un’assistenza economica nel caso questo test sia un requisito
necessario per ottenere l’unità familiare.
Hai introdotto il tema dei costi, cosa puoi dirci a proposito?
La mancanza di un supporto economico per completare il processo spesso
porta all’impossibilità di realizzare il ricongiungimento o al suo protrarsi nel
tempo. I costi legati al ricongiungimento familiare includono i costi per presentare la domanda, quelli per i visti, per il viaggio e per il DNA, quando
richiesto. A questo devono essere aggiunti, in alcuni casi, costi di viaggio e
alloggio nei paesi in cui la richiesta per i visti deve essere presentata da parte
dei familiari. C’è una crescente preoccupazione tra le organizzazioni che assistono i rifugiati sul costo totale del processo, che è considerato sproporzionato. In Olanda, per esempio, i rifugiati sono esentati dal pagare i costi legati alla domanda solo se la presentano entro 3 mesi dal riconoscimento dello
status. In caso non applichino in questo arco temporale devono sostenere
l’intero costo, che corrisponde ad almeno 1.250 €. Visto che la situazione
economica di molti beneficiari di protezione internazionale è spesso molto
precaria, i costi amministrativi e quelli correlati possono essere uno degli
ostacoli maggiori per riunificare le famiglie e può anche spingere alcune
famiglie nell’indigenza.
Anche le differenti tipologie di nucleo familiare dovrebbero essere considerate in questo contesto. Per esempio, un genitore solo con figli piccoli
potrebbe non essere in grado di avere accesso al mercato del lavoro e quindi a quei fondi necessari per il ricongiungimento. Ci sono Stati membri,
Francia, Norvegia e Svezia, dove un supporto finanziario per il viaggio e il
test del DNA è fornito attraverso l’OIM e altri come il Belgio, dove il supporto è dato direttamente dal Governo. Prassi come queste dovrebbero essere
realizzate in un numero maggiore di Stati membri.
E se invece andiamo a guardare alle questioni strettamente legali, quali
sono i limiti della Direttiva?
Se andiamo ad analizzare gli aspetti legali, nella Direttiva Europea troviamo
due problemi fondamentali. Il primo è quello che riguarda i beneficiari della
protezione sussidiaria. E’ infatti lasciata alla discrezionalità degli Stati Membri
la possibilità di applicare ai protetti sussidiari le stesse condizioni dei rifugiati, che ricordiamo più favorevoli.
Il secondo problema è il limite temporale di 3 mesi per i rifugiati per presentare la richiesta di ricongiungimento familiare con condizioni più favorevoli.
I rifugiati hanno infatti diritto ad avere condizioni agevolate per quanto
riguarda i requisiti alloggiativi ed economici. Ma queste previsioni, in accordo con l’Art. 12 della Direttiva Europea, sono previste obbligatoriamente
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R I T R O VA R S I P E R R I C O S T R U I R E
CAPITOLO V - IL PUNTO DI VISTA DELL’ECRE
solo se il rifugiato applica entro 3 mesi dal riconoscimento dello status di rifugiato, altrimenti possono decadere. Questa clausola si applica ad esempio in
Germania, Lituania, Estonia e Grecia. Mentre altri Paesi come Belgio,
Polonia, Ungheria, Lussemburgo, hanno reso questo periodo più lungo.
Per l’ECRE questa previsione è estremamente problematica perché non
prende in considerazione la situazione specifica delle persone bisognose di
protezione internazionale e gli ostacoli che possono affrontare. E’ una previsione che può rendere impossibile godere del diritto all’unità familiare a
causa di ragioni che vanno al di là della possibilità di controllo e di intervento dei rifugiati. Sono varie le ragioni che possono ostacolare i rifugiati
nel presentare la domanda di ricongiungimento nell’arco di questi 3 mesi:
mancanza di informazione e assistenza nella procedura (specialmente per
quanto riguarda i minori); la necessità di rintracciare membri della famiglia; la difficoltà nel presentare certi documenti (certificati di nascita, documenti di identità etc.); l’impossibilità di avere accesso alla documentazione che provi il legame familiare rilasciata dalle autorità persecutrici. In alcuni paesi membri come la Germania, la Finlandia e il Belgio, la domanda
deve essere presentata dalla persona che vive fuori del paese di asilo. In
Francia, i membri della famiglia devono richiedere un visto di lungo termine al Consolato Francese locale prima che una domanda di ricongiungimento possa essere depositata, ma bisogna considerare che in certi paesi
di origine non ci sono ambasciate che accettino le domande. O ci può
essere la mancanza di adeguati strumenti per raccogliere dati biometrici e
altre informazioni richieste al fine di ottenere tali documentazioni. Inoltre,
questo può implicare che alcuni membri della famiglia debbano viaggiare
per lunghe distanze per raggiungere le ambasciate, con la conseguenza di
avere costi aggiuntivi e problemi di sicurezza, specialmente per persone
vulnerabili che spesso non sono in grado di intraprendere questi lunghi
viaggi.
Intervista a
Anne Bathily
Quali altri ostacoli si riscontrano nella Direttiva Europea?
Un altro problema è la definizione di famiglia che la Direttiva restringe alla
famiglia nucleare, limitata prioritariamente al coniuge e ai figli minori.
Questa definizione è problematica, perché non prende in considerazione le
differenze culturali e non considera come le strutture familiari siano profondamente diverse nelle aree di conflitto (ad esempio è comune che altri
membri della famiglia prendano il ruolo di tutela quando i genitori muoiono o scompaiono). Comunque, la Direttiva consente agli Stati Membri di
estendere il diritto al ricongiungimento familiare anche ai partner non sposati, figli adulti, parenti e altri familiari. In alcuni Stati membri, il ricongiungimento familiare è pertanto aperto a membri della famiglia diversi dai coniugi e figli minori (ad esempio parenti dipendenti, partner non sposati e i loro
figli etc), ma i requisiti e le evidenze e la rigida interpretazione di dipendenR I T R O VA R S I P E R R I C O S T R U I R E
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CAPITOLO V - IL PUNTO DI VISTA DELL’ECRE
Intervista a
Anne Bathily
za può far si che il ricongiungimento familiare con alcune tipologie di parenti sia difficile da ottenere nella pratica.
L’ECRE crede che la definizione di famiglia nucleare dovrebbe almeno essere ampliata e includere familiari conviventi non legalmente sposati, così
come i figli discendenti da essi, partner dello stesso sesso conviventi e bambini che sono di fatto membri di una famiglia attraverso l’adozione, l’affidamento o altre forme di accordi di cura, sempre secondo il superiore interesse del minore. 11 Stati Membri includono nella definizione di famiglia anche
partner non spostati. In Spagna, Svezia, Norvegia, Finlandia, Islanda,
Olanda, Repubblica Ceca e Germania anche partner dello stesso sesso
hanno diritto al ricongiungimento familiare.
E per quanto riguarda invece i minori non accompagnati, quali sono gli
specifici problemi?
Rispetto ai minori non accompagnati, la definizione di parenti e i requisiti previsti dalla Direttiva Europea sono abbastanza limitanti. A causa di tali previsioni, la maggioranza dei Paesi Membri non include i fratelli tra le persone con
cui i minori non accompagnati possono fare ricongiungimento e almeno 10
Paesi, inclusi la Norvegia, la Svezia, l’Italia e l’Austria, non prevedono la possibilità di ricongiungimento con i nonni, i tutori legali e altri parenti. Ci sono
alcuni Stati, come l’Inghilterra, la Romania, la Repubblica Ceca che includono anche i fratelli minori e, infine, ci sono alcuni stati, come Spagna, Norvegia
e Svezia che includono i fratelli minori, ma con specifici requisiti.
L’ECRE vuole sottolineare che la limitazione del concetto di famiglia nucleare
non riesce a tener conto e a corrispondere alle diverse esperienze che caratterizzano le vite dei rifugiati. Le relazioni che si creano nelle circostanze in cui
vivono i rifugiati, nel paese di origine e nella fuga, dovrebbero essere riconosciute in ogni politica equa di ricongiungimento familiare indirizzata a migranti forzati. Inoltre, una definizione restrittiva di famiglia rischia di minare in
modo critico l’effettiva integrazione dei rifugiati nel paese di accoglienza.
A causa dell’esperienza dei rifugiati una più ampia definizione di dipendenza sarebbe necessaria, e dovrebbe includere non solo la dipendenza economica, ma anche quella emotiva, psicologica e fisica. I requisiti e le evidenze
che riguardano la dipendenza dovrebbero non essere troppo stringenti per
i beneficiari di protezione internazionale, a causa delle difficoltà ad ottenere
tali prove in un contesto di fuga. Deve essere notato che l’Articolo 23(a)
della Direttiva Qualifiche consente agli Stati Membri di adottare una interpretazione più ampia di famiglia e dipendenza dato che gli stessi possono
decidere di assicurare il diritto all’unità familiare ad “altri congiunti che vivevano nel nucleo familiare al momento della partenza dal paese d’origine e
che in quel momento erano completamente o principalmente a carico del
beneficiario dello status di rifugiato o della protezione sussidiaria.”
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R I T R O VA R S I P E R R I C O S T R U I R E
CAPITOLO V - IL PUNTO DI VISTA DELL’ECRE
Ritornando invece al problema delle persone con protezione sussidiaria, quali sono i limiti normativi e il loro impatto?
La direttiva europea stabilisce che i beneficiari di protezione sussidiaria non
sono soggetti alle stesse condizioni dei rifugiati. A loro possono essere richiesti, per ottenere il ricongiungimento familiare, dei requisiti aggiuntivi come
ad esempio adeguate forme alloggiative, assicurazioni sanitarie e sufficienti
risorse economiche per mantenere se stessi e i membri della propria famiglia. Questi requisiti sono ostacoli molto forti al raggiungimento della riunificazione familiare. Dobbiamo tenere presente che in molti Paesi membri la
percentuale di riconoscimento della protezione sussidiaria è molto rilevante
se comparata con quella di riconoscimento dello status di rifugiato. E i beneficiari di protezione sussidiaria hanno gli stessi bisogni dei rifugiati rispetto
all’unità familiare. La protezione sussidiaria non è infatti uno status temporaneo e pertanto la possibilità di ottenere il ricongiungimento familiare
dovrebbe essere pienamente garantita.
L’ECRE ha lungamente lottato per garantire ai beneficiari di protezione sussidiaria gli stessi diritti sociali ed economici dei rifugiati perché affrontano gli
stessi problemi e hanno gli stessi bisogni dei rifugiati, sono anch’essi migranti forzati. Rispetto a questo tema, l’ECRE accoglie positivamente i progressi
fatti dalla Direttiva Qualifiche riguardo l’allineamento dei diritti tra le persone in protezione sussidiaria e i rifugiati.
Rispetto al ricongiungimento familiare dobbiamo anche sottolineare che
molti Paesi membri, in linea con quanto appena detto, applicano condizioni più favorevoli, infatti 14 paesi su 25 applicano le stesse condizioni per le
persone in protezione sussidiaria e rifugiati. Ma sfortunatamente ci sono
ancora 9 paesi dove i requisiti per le persone in protezione sussidiaria sono
più severi. I requisiti aggiuntivi implicano che alle persone in protezione sussidiaria possa essere di fatto impedita la fruizione di questo diritto umano
basilare.
Intervista a
Anne Bathily
Quale è lo stato dell’arte del processo di armonizzazione europea sul
tema del ricongiungimento familiare?
Finora non c’è stato un processo di armonizzazione sul ricongiungimento
familiare. La sola armonizzazione che possiamo sfortunatamente constatare
è il trend generale di politiche sempre più restrittive. Per esempio, nel 2010
la Svezia ha introdotto requisiti legati alla condizione alloggiativa, un requisito prima non richiesto. E in Finlandia il luogo in cui deve essere ora presentata la domanda è l’Ambasciata del Paese di origine. Nel 2008 un rapporto
della Commissione europea sull’implementazione della Direttiva sul ricongiungimento familiare ha fornito evidenze di una enorme disparità di applicazione tra i Paesi membri, riflettendo il basso livello di armonizzazione sul
tema.
Il Belgio e l’Olanda hanno spinto per riaprire la Direttiva con l’intento non di
R I T R O VA R S I P E R R I C O S T R U I R E
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CAPITOLO V - IL PUNTO DI VISTA DELL’ECRE
Intervista a
Anne Bathily
armonizzarla, ma per abbassarne i criteri. Nel Giugno 2012 si è tenuta una
pubblica audizione e la Commissione Europea ha deciso di non riaprirla. Ora
è in corso un processo che dovrebbe produrre come risultato delle linee
guida europee non vincolanti sul tema. Dopo l’audizione è stato infatti istituito, a seguito della richiesta di alcuni Stati membri, un gruppo di esperti su
frode e abuso. Al contrario di quanto era stato inizialmente suggerito dalla
Commissaria Cecilia Malmström, la società civile purtroppo finora non ha
preso parte a questa discussione. La Commissione Europea è disponibile ad
ampliare il dibattito ad altri temi, ma l’interesse degli Stati Membri è ancora
focalizzato sul combattere gli abusi piuttosto che su altri temi. Dobbiamo
assicurarci che tali linee guida coprano aspetti più ampi e che includano
anche la possibilità di una reale fruizione del diritto all’unità familiare per le
persone in protezione internazionale.
A livello europeo le ONG hanno chiesto alla Commissione di fare un altro
rapporto di valutazione e di lanciare procedure di infrazione contro gli Stati
che non rispettano la Direttiva. Le procedure di infrazione sono uno strumento che potrebbe contribuite al raggiungimento di un’armonizzazione a
livello europeo. Ma durante l’audizione pubblica di cui abbiamo parlato, è
stato chiaro che la Commissione europea è riluttante ad aprire procedure di
infrazione contro gli Stati membri, nonostante ci siano chiare evidenze di
non conformità. Come il rapporto del 2008 prova, ci sarebbe stato spazio
per queste procedure.
E quali sono i paesi che dovrebbero essere considerati come buoni
modelli rispetto al ricongiungimento?
E’ difficile rispondere a questa domanda perché ci sono molti Stati Membri
che, da una parte, applicano buone pratiche e, dall’altra, non hanno invece
un approccio sensibile. Per esempio il Belgio da una parte non richiede il test
del DNA, dall’altra ha ristretto la legge sulla riunificazione familiare, innalzando il requisito economico richiesto per le persone in protezione sussidiaria.
Quali sono i punti deboli della legislazione europea?
Il punto più debole della Direttiva europea è il margine di manovra e la
discrezionalità che lascia agli Stati membri. Il problema non è infatti la
Direttiva, che in se non è così male, ma la sua implementazione e le pratiche sviluppate a livello nazionale. La Direttiva non definisce criteri chiari,
come ad esempio sui documenti di viaggio e i costi, sui requisiti richiesti e
la durata della procedura. E tutto questo lascia agli Stati membri molto spazio per definire leggi e pratiche. Il problema è quindi l’implementazione
della direttiva: quello che vediamo è che la Commissione europea è riluttante a interferire con le pratiche dei paesi membri, specialmente attraverso le
procedure di infrazione. Ma dobbiamo ricordare che il monitoraggio e il
controllo sulla conformità alle Direttive europee degli Stati Membri è parte
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R I T R O VA R S I P E R R I C O S T R U I R E
CAPITOLO V - IL PUNTO DI VISTA DELL’ECRE
del mandato della Commissione. La Commissione europea dovrebbe fare
proprio questo: dovrebbe controllare se gli Stati stanno o non stanno facilitando la vita dei rifugiati in accordo con le direttive comunitarie e le leggi
internazionali.
Intervista a
Anne Bathily
Quali possibili azioni possono essere perseguite a livello europeo?
Se la Commissione europea non è disponibile a lanciare procedure d’infrazione, l’unico strumento europeo che può esere utilizzato è la Corte di
Giustizia dell’Unione Europea. La Corte in un caso pilota sul ricongiungimento familiare ha identificato la “promozione del ricongiungimento familiare”
come un obiettivo della direttiva e ha chiaramente indicato che non può
essere applicata in modo da minare proprio questo obiettivo fondamentale
e, di conseguenza, la sua efficacia. La Corte ha definito importanti principi,
come quello che indica che il non riscontro di alcune evidenze non può essere ritenuto un ostacolo per raggiungere il ricongiungimento. Per esempio, la
mancanza di documenti che provano il legame familiare in alcuni Stati può
portare al rifiuto del ricongiungimento (avviene ad esempio in Spagna,
Olanda, Svezia, Austria, Slovacchia, Romania, Malta e Grecia). Questo non è
in accordo con la direttiva, come dicevamo la Corte Europea ha quindi chiaramente stabilito che la mancanza di evidenze per i rifugiati non può essere
la base per il rifiuto del diritto di unità familiare.
R I T R O VA R S I P E R R I C O S T R U I R E
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APPENDICE
11 interviste a rifugiati
ricongiunti
a cura di Carla romito
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R I T R O VA R S I P E R R I C O S T R U I R E
APPENDICE - 11 INTERVISTE A RIFUGIATI RICONGIUNTI
Premessa metodologica
appendice che qui si propone rappresenta un tentativo di
restituire il punto di vista di alcune persone, titolari di protezione internazionale, in merito alle problematiche procedurali e psicosociali emerse durante il percorso che ha condotto al ricongiungimento familiare.
le operatrici del Cir hanno somministrato un questionario semistrutturato a circa 14 persone, di cui 2 ancora in attesa di vedere conclusa la procedura con l’arrivo dei familiari.
risulta opportuno in questa breve premessa metodologica sottolineare che tali interviste sono state realizzate allo scopo di monitorare la
condizione psicosociale di alcune delle famiglie coinvolte nel progetto
“ritrovarsi per ricostruire”. gli incontri hanno rappresentato un’occasione di follow-up per il progetto.
il questionario è stato strutturato nel tentativo di approfondire principalmente tre aspetti relativi al processo di ricongiungimento familiare. innanzitutto si è cercato di comprendere la situazione abitativa e
lavorativa del rifugiato e gli eventuali cambiamenti intervenuti nell’organizzazione del suo quotidiano a seguito dell’arrivo dei familiari; in
secondo luogo il questionario ha offerto la possibilità di esplicitare le criticità relative alla procedura burocratica di ricongiungimento. infine si è
cercato, attraverso domande mirate, di far emergere il vissuto psicologico del rifugiato e dei suoi familiari nelle diverse fasi (prima, durante e
dopo) del ricongiungimento familiare.
le interviste sono state svolte senza l’ausilio di strumenti di registrazione; tale scelta è stata motivata dalla necessità di instaurare una relazione confidenziale con la persona al fine di evitare imbarazzi e forzature nel racconto. le note appuntate nel corso delle interviste dagli operatori sono state trascritte riportando il più fedelmente possibile la struttura del colloquio. se da un lato questa scelta ha contribuito ad una
l’
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R I T R O VA R S I P E R R I C O S T R U I R E
APPENDICE - 11 INTERVISTE A RIFUGIATI RICONGIUNTI
impostazione informale dell’incontro, dall’altro lato è opportuno tener
conto dei limiti intrinseci del processo di trascrizione del parlato. si
noterà, infatti, che il linguaggio attribuito al rifugiato, nella versione
testuale dell’intervista, è caratterizzato da un italiano quasi perfetto.
inoltre, è opportuno esplicitare che tale passaggio dallo scritto al parlato è soggetto ad un processo interpretativo ad opera di chi effettua la
trascrizione che può talvolta comportare una trasformazione del senso
del discorso.
nonostante i limiti appena esplicitati si ritiene che il risultato di questi incontri offra molteplici spunti di riflessione in merito alle criticità e
alle potenzialità del percorso di ricongiungimento familiare.
si ringrazia per la collaborazione nelle trascrizione delle interviste
raccolte giancarlo Capozzoli
R I T R O VA R S I P E R R I C O S T R U I R E
Premessa
metodologica
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APPENDICE - 11 INTERVISTE A RIFUGIATI RICONGIUNTI
11 interviste a rifugiati ricongiunti
Intervista 1
M. ha 26 anni è fuggito nel 2008 dalla Costa d’Avorio. Viene accusato di
far parte della fazione dei ribelli opposta al governo; un giorno lo prelevano da casa con tutta la sua famiglia; viene incappucciato e rinchiuso in prigione. Lì subisce torture. Viene a sapere che la sua famiglia d’origine è stata
sterminata. Un amico di suo padre gli offre aiuto. Riesce a scappare; si ferma
in Mali dove riceve cure mediche e successivamente parte per l’Italia.
Ottiene lo status di rifugiato nel 2009; dopo qualche mese fa richiesta di
ricongiungimento con la moglie rimasta in Costa d’Avorio, unico congiunto
sopravvissuto. Nel 2011 quest’ultima arriva in Italia.
Al momento dell’intervista era presenta anche sua moglie A.; M. ha tradotto dal francese gli interventi di A.
Qual è la tua attuale situazione lavorativa e abitativa?
M: Dopo due tirocini effettuati tramite il Cir, sono stato assunto a
tempo determinato presso un asilo nido, dove svolgo mansioni di giardiniere e tuttofare.
abito con mia moglie in un piccolo appartamento nella periferia di
roma. all’inizio pensavamo di andare fuori città, perché si spende meno;
ma quest’appartamento è comodo perché con un autobus riesco facilmente a raggiungere l’asilo dove lavoro a pietralata. abbiamo una stanza in più
che vorremmo affittare per riuscire a gestire meglio i soldi del mio lavoro.
Quando mi arriva lo stipendio, vado a pagare l’affitto di 800 euro e dopo
rimane molto poco.
Cosa hai fatto per facilitare l’integrazione in Italia di tua moglie?
M: mia moglie ha seguito un corso per imparare l’italiano, ma dopo tre
mesi ha lasciato, non riusciva a concentrarsi e sentiva che non stava imparando niente.
A: “ero troppo preoccupata per la situazione che vivevo a casa per riuscire a seguire il corso…”
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R I T R O VA R S I P E R R I C O S T R U I R E
APPENDICE - 11 INTERVISTE A RIFUGIATI RICONGIUNTI
Intervista 1
Avete amici qui in Italia?
M: non abbiamo amici, mia moglie non parla italiano, come fa a trovare degli amici? io lavoro tutto il giorno e non ho tempo per parlare con le
persone. alcuni operatori del Cir ci hanno consigliato di frequentare dei
centri di aggregazione giovanile dove potremmo incontrare altri ragazzi,
anche italiani, della nostra età.
Svolgi altre attività oltre al lavoro?
M: a fine giornata lavorativa torno a casa a studiare, per conseguire la
patente di tipo C, quella per poter guidare i camion.
A: per non sentirmi troppo sola, esco, faccio una passeggiata, vado al
mercato e intanto aspetto che mio marito ritorni. poi il fine settimana stiamo insieme, usciamo a fare un giro.
Quali cambiamenti sono intervenuti nella tua vita in vista dell’arrivo di tua moglie?
M: Quando mia moglie è arrivata in italia, io vivevo ancora presso il centro enea, quindi non potevamo stare insieme; per lei ho trovato una stanza in affitto presso una ragazza non italiana.
A: ero appena arrivata, non conoscevo nessuno a parte mio marito, con
lei non potevo parlare perché non ci capivamo, sono sorti dei problemi:
diceva che aveva bisogno della stanza libera per un suo familiare; ma che
potevo fare? Dove potevo andare? sono rimasta. una volta sono anche arrivati i carabinieri, loro non parlavano francese, io non capivo l’italiano, ho
chiamato mio marito che era a lavoro e quando è arrivato alla fine i carabinieri erano già andati via. sono rimasta un anno in quell’appartamento
con una persona sconosciuta e in quel periodo pensavo spesso di tornare in
Costa d’avorio. sono venuta in italia per stare con mio marito ma vivevo
invece con una sconosciuta con cui non riuscivo a comunicare.
Credi che il ricongiungimento con tua moglie abbia facilitato o
reso più complicata la tua vita e il tuo percorso di integrazione in
Italia?
M: avere qui con me mia moglie è semplicemente….la vita!
adesso siamo in due, siamo di nuovo assieme e questo dopo 4 anni di
lontananza mi sembra molto prezioso. inoltre deve immaginare cosa abbiamo vissuto non sapendo niente l’uno dell’altra.
io giunto in italia stavo male, pensavo a mia moglie; avevo anche problemi di salute che aumentavano le mie preoccupazioni; dovevo prima di
tutto riprendermi.
avevo dimenticato il suo numero di telefono e non riuscivo a mettermi
in contatto con lei. Quando mi veniva in mente un numero andavo a chiamare ma era sempre sbagliato. e lei credeva che io fossi già morto. poi finalmente me lo sono ricordato e la prima volta che sono riuscito a telefonarle
lei non credeva che fossi io. e’ stato difficile, non si può nemmeno dire
quanto!
R I T R O VA R S I P E R R I C O S T R U I R E
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APPENDICE - 11 INTERVISTE A RIFUGIATI RICONGIUNTI
Intervista 1
Quando sono arrivato in italia, ero solo. non avevo più familiari al
mondo, solo mia moglie che non riuscivo a contattare. stavo male, la mia
testa stava male, prendevo delle medicine per dormire.
Con il Cir ho seguito un corso di teatro che mi è stato molto utile; all’inizio non volevo andare, ma poi, il primo giorno, vedere che c’erano ragazzi africani in questo gruppo mi ha spinto ad aprirmi e mi ha aiutato molto.
poi ho seguito il corso di italiano e questo mi ha dato la possibilità di
poter cercare un lavoro.
Quali sono le tue attuali preoccupazioni e quali le tue aspettative per il futuro?
M: al momento va bene così, stiamo insieme e ci aiuta parecchio ad
affrontare le difficoltà della vita. mi piacerebbe trovare un lavoro più stabile, anche se lavorare in un asilo nido a contatto con tanti bambini mi piace.
Vorrei prendere la patente C per poter guidare i camion. in Costa d’avorio
puoi guidare camion o taxi con la stessa patente, ma qui no. Quindi vorrei
tentare questa strada.
mia moglie ha lavorato per 6 anni come sarta in Costa d’avorio, e 1
anno come parrucchiera; è molto brava ma la difficoltà maggiore della
ricerca di lavoro sta nella lingua e nel fatto che qui in italia non puoi semplicemente entrare in un laboratorio e chiedere di lavorare, come si fa in
africa. aspettative? magari affittare la stanza o cambiare appartamento
anche se prima di tutto penso sia più importante il lavoro.
in un futuro, non troppo lontano, ci piacerebbe avere dei figli. e vederli crescere assieme a noi.
Rispetto alle procedure per il ricongiungimento familiare, qual è
stato il momento più difficile da un punto di vista pratico?
M: al di là delle questioni burocratiche che abbiamo dovuto affrontare
e che in realtà abbiamo risolto anche piuttosto velocemente, il problema
vero è stato per mia moglie raggiungere l’aeroporto da casa sua. si immagini: in Costa d’avorio era scoppiata la guerra e tutte le strade che conducono all’aeroporto erano presidiate da uomini, militari mercenari venuti da
fuori, che bloccavano l’accesso. ha dovuto pagare un tassista che parlasse
inglese per poter arrivare all’aeroporto. i mercenari parlavano solo inglese
e ammazzavano semplicemente per aver sentito qualcuno parlare francese.
ero molto preoccupato, la notte prima non sono riuscito a chiudere occhio,
poi finalmente è arrivata!
Quando immaginava il ricongiungimento si aspettava che sarebbe stato più facile o più difficile di quello che poi realmente è stato?
A: sono venuta qui solo per ritrovare mio marito, non avevo aspettative sull’italia, è come quando vai in un paese che non conosci, non sai cosa
aspettarti.
M: non abbiamo dovuto attendere molto, certo tutto può essere
migliorato sotto questo punto di vista, ma l’importante era riuscirci senza
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R I T R O VA R S I P E R R I C O S T R U I R E
APPENDICE - 11 INTERVISTE A RIFUGIATI RICONGIUNTI
correre altri rischi. le mie più grandi paure erano legate al fatto che c’era la
guerra e le strade non erano sicure.
Intervista 1
Ci sono stati problemi in termini pratici durante la procedura?
M: non ho avuto particolari problemi con la richiesta del nulla osta e del
visto, mia moglie ha lasciato il passaporto all’ambasciata e dopo 3 settimane l’hanno chiamata per dirle che era pronto e io ho seguito la procedura
che mi dicevano al Cir. Dal Cir ho ricevuto un aiuto sostanziale, credo che
senza non sarei riuscito a sbrigare le pratiche necessarie.
gli ostacoli e i problemi che abbiamo affrontato fortunatamente ora
sono alle nostre spalle.
le pratiche burocratiche abbiamo potuto risolverle solo grazie all’aiuto
del Cir.
A: Difatti lui aveva sbrigato le pratiche qui in italia a me non restava cha
andare in ambasciata con il passaporto, sono stati gentili, in poche settimane avevo tutti i documenti pronti.
Su quale aspetto pensi dovrebbero concentrarsi gli sforzi delle
organizzazioni come il CIR?
M: Credo che il Cir faccia già molto, ma non è mai abbastanza. io sono
stato aiutato dal momento in cui sono arrivato in italia. ho potuto studiare
la lingua, ho potuto rivedere mia moglie e farla venire qui solo grazie ad
organizzazioni come il Cir.
l’attesa prima di ricongiungersi con le proprie famiglie, quando si è fuggiti da un posto di guerra e torture, è sempre lacerante. Voglio dire, io mi
sentivo in salvo, è vero, ma a lei cosa era accaduto? tutto questo più la sofferenza già vissuta, è stata la causa del mio malessere, i primi tempi che ero
qui.
Cosa significava per te essere in Italia e sapere tua moglie nel
paese d’origine?
M: mi dava ansia. paura. terrore. sapevo quali torture psicologiche e
fisiche avevo già subito io. ed il terrore che potesse accadere anche a lei,
non mi ha lasciato dormire la notte. ancora oggi ogni tanto mi sveglio in
preda al terrore.
Quali erano le tue aspettative in quel periodo di attesa?
M: la possibilità di vivere con la mia famiglia in un paese democratico
e non violento era il mio desiderio principale. la possibilità di stare con mia
moglie, senza la paura che da un giorno all’altro tutto ciò potesse improvvisamente finire.
E tua moglie cosa pensava dall’altra parte?
A: io volevo solo raggiungerlo. non avevo mai viaggiato prima, non
sapevo niente dell’europa, dell’italia, sapevo solo che volevo rivederlo!
M: Volevamo solo poter tornare a vivere insieme finalmente e costruire
la nostra famiglia, realizzare i nostri sogni.
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APPENDICE - 11 INTERVISTE A RIFUGIATI RICONGIUNTI
Intervista 1
E adesso come state qui in Italia, avete preoccupazioni?
M: Dopo quello che abbiamo subito in Costa d’avorio, le preoccupazioni di oggi sono poca cosa. naturalmente ci piacerebbe avere degli amici,
incontrarli. Ci piacerebbe lavorare di più e permetterci una vita più dignitosa. in Costa d’avorio mia moglie ha studiato per diventare sarta. magari
dopo aver imparato a parlare un po’ di italiano riuscirà a trovare anche un
lavoro. ma per ora va già bene così.
la preoccupazione maggiore è vivere comunque in un paese straniero
dove non conosciamo nessuno, dove siamo sempre “stranieri”. mia moglie
ha i genitori in Costa d’avorio e ogni tanto li chiama. gli racconta che va
tutto bene e non gli dice dei problemi di lavoro.
È stato così difficile, ma ora mi sembra che sia un nuovo inizio, che da
quando è arrivata mia moglie possiamo ripartire. Vogliamo rimanere qui e
vedere nascere e crescere qui i nostri figli.
Quale aiuto hai ricevuto dal CIR?
M: il Cir mi ha sostenuto nella ricerca di lavoro, e prima ancora nella mia
formazione linguistica e professionale. ho potuto frequentare un corso di
italiano. ho imparato tutto qui a leggere a scrivere. mi hanno aiutato a
prendere la patente B. poi ho frequentato due tirocini formativi tramite cui
sono riuscito anche a trovare il mio attuale lavoro. ed infine tramite il sostegno concreto del Cir, sono riuscito a trovare una casa dove vivere con mia
moglie. il Cir infatti ha pagato la caparra e due mesi di affitto.
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APPENDICE - 11 INTERVISTE A RIFUGIATI RICONGIUNTI
Intervista 2
Intervista 2
P. proviene dalla Costa d’Avorio. È una ex diplomatica, giunta in Italia in
missione per conto dell’ex Presidente ivoriano, ora destituito, Laurent
Gbagbo. Nel marzo del 2011 mentre P. era in Italia il Presidente è caduto e
il suo entourage è stato imprigionato e ucciso. P. ha deciso, per non rischiare la vita, di restare in Italia e chiedere asilo. La sua mansione all’interno del
corpo diplomatico era quella di lavorare in uno specifico settore: “Società
civile e azione umanitaria”. P. si trovava in Italia per negoziare l’acquisto di
medicinali per la popolazione del suo paese.
P. ha ottenuto lo status di rifugiato nel settembre del 2011 e a giugno
del 2012 ha fatto richiesta di nulla osta per ricongiungere suo marito e i suoi
tre figli. A causa dei disordini conseguenti alla caduta del presidente la sua
famiglia è stata costretta a disperdersi.. Il padre di P. è stato ucciso, la madre
è fuggiata in Ghana con una delle sue sorelle. Un’altra sorella si trova in
Svizzera. Il marito e i figli di P. sono rimasti in Costa d’Avorio. P. è in attesa
di ottenere i visti, ha già fatto richiesta alla Croce Rossa, tramite il CIR, per
un contributo economico per acquistare i biglietti aerei.
Come vivono i tuoi familiari l’attesa per il ricongiungimento?
P: mio marito e i miei tre figli sono ad abidjan. mio figlio mi dice sempre, ogni volta che ci sentiamo al telefono “Mamma, quando possiamo
venire allora! I miei bagagli sono già pronti”. ecco, non vedo l’ora di
incontrarli e riabbracciarli di nuovo. mia madre e mia sorella invece sono
dovute scappare in ghana. per loro la situazione in Costa d’avorio era
insostenibile.
Quali cambiamenti credi che ci saranno nella tua vita in vista dell’arrivo dei tuoi familiari?
P: il fatto di vivere assieme, di nuovo, mi dà una gioia immensa. Voglio
che i miei figli crescano qui. ed io sto facendo di tutto per permettere che
loro abbiano una vita dignitosa e serena.
anche se ora vivo in una casa con un’altra coppia molto gentile e cordiale con me, ho bisogno della presenza di mio marito e dei miei figli. la
mia vita si riempirà con l’arrivo della mia famiglia. sentiamo la mancanza
l’uno dell’altro.
Quali sono le tue preoccupazioni al momento?
P: sono ancora molto preoccupata, per la situazione nel nostro paese.
la situazione che si sta vivendo in Costa d’avorio è drammatica. C’è una
guerra, ci sono mercenari venuti da fuori che non esitano molto ad uccidere. e la polizia, la gendarmerie, non c’è più, quelli che dovrebbero proteggere sono gli stessi che minacciano. Ci sono troppe armi in circolazione. ecco
qual è e sarà la mia preoccupazione finché non avrò riabbracciato mio marito e i miei figli.
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APPENDICE - 11 INTERVISTE A RIFUGIATI RICONGIUNTI
Intervista 2
E le tue aspettative?
so che dovrò lavorare ancora di più per permettere ai miei figli di vivere con dignità, ma questo non mi spaventa. lavoravo per la rappresentanza diplomatica della Costa d’avorio. adesso invece voglio intraprendere
una piccola impresa di prodotti biologici da vendere qui, in italia. tento di
vendere i prodotti africani qui, ad esempio il sapone nero o il burro di
karitè…
Credi che il ricongiungimento con la sua famiglia faciliterà o renderà più complicato il tuo percorso di integrazione in Italia?
P: non credo che la mia famiglia possa essermi di intralcio, tutt’altro. ho
già imparato abbastanza bene la lingua, e so che mio marito dovrà fare lo
stesso se vuole iniziare a lavorare quanto prima qui in italia. lui è un professore di filosofia, ma credo che dovrà adattarsi anche lui a fare qualcos’altro.
Durante questa procedura per il ricongiungimento, qual è stato
il momento più difficile da un punto di vista pratico?
P: il momento più difficile è stato chiedere il visto per la prima figlia. lei
è adottata e questo ha richiesto dei tempi più lunghi, per ottenerlo. infatti
stiamo ancora aspettando. ma sono anche normali tempi burocratici, e non
mi spaventa troppo, so che dovrò attendere un po’.
Certo non è facile, e tanto più per una straniera, correre da un ufficio
all’altro per presentare domande, compilare questionari. una particolarità
che mi crea molta frustrazione è che sembra che gli impiegati degli uffici
non abbiano loro stessi le informazioni, ti mandano da un ufficio all’altro,
senza meta. anche in Costa d’avorio i tempi sono molto lunghi per ottenere qualcosa, ma almeno l’iter è chiaro dall’inizio. ma non mi abbatto, anzi,
ormai mi sto abituando.
C’è stato un momento difficile da un punto di vista emotivo?
P: sì, quando mia madre e mia sorella hanno rischiato di essere arrestate senza motivo, ma soltanto perché io lavoravo con il precedente presidente. l’intervento di mio marito ha solo rinviato il peggio. Dopo che i militari
erano andati a prelevarle a casa, non potevano più restare lì. e sono fuggite in ghana. inoltre la casa di mia madre era stata distrutta dai bombardamenti.
prima di quel momento però ho passato un altro momento terribile: per
molti mesi non ho avuto notizie dei miei familiari; non sapevo se erano vivi
o morti e non potevo chiamare perché tutte le linee telefoniche erano controllate. poi la situazione si è andata stabilizzando.
Hai avuto aiuto dal CIR o da altre organizzazioni?
P: sì, l’ufficio legale mi ha sostenuta per quanto riguarda l’ottenimento
dell’asilo e poi l’ufficio sociale mi ha aiutata per quanto riguarda il ricongiungimento, le pratiche, l’iter da seguire e soprattutto l’ottenimento di
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APPENDICE - 11 INTERVISTE A RIFUGIATI RICONGIUNTI
una casa in affitto. grazie al Cir ho potuto pagare il deposito cauzionale
che era molto oneroso. adesso ho un amico e una sorella che vive in
svizzera che mi aiutano per pagare l’affitto di 400 euro. il Cir mi ha aiutato anche da un punto di vista psicologico.
posso descrivere l’aiuto del Cir in una parola: accoglienza, mi sono sentita accolta.
adesso sto chiedendo aiuto alla Croce rossa per il pagamento dei
biglietti aerei perchè il progetto del Cir si è concluso lo scorso giugno; il settore sociale del Cir ha inviato per mio conto una relazione sociale alla Cri:
ora devo solo attendere le fotocopie dei visti e poi mi hanno detto che
pagheranno almeno una parte dei biglietti. mio marito sta risparmiando il
più possibile per arrivare a pagare quel che mancherà.
Intervista 2
Cosa significa per te essere in Italia e sapere la tua famiglia lontana?
P: ero e sono terrorizzata per quello che poteva accadere ai miei familiari. io qui sono in salvo, al sicuro e non sarò tranquilla finché anche loro
non saranno qui. inoltre sono molto arrabbiata, per le cause che hanno portato alla guerra.
Quali sono le tue aspettative per il futuro?
P: adesso voglio solo dare un futuro ai miei figli, vederli crescere in
pace, e sereni.
non vedo l’ora di poterli riabbracciare tutti. Credo che il più piccolo che
ha tre anni non veda l’ora di poter riabbracciare sua madre. ma anche gli
altri, naturalmente. so che non sarà facile; ci saranno molte spese: la casa,
la scuola, le medicine, ma non importa, voglio rivederli presto.
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APPENDICE - 11 INTERVISTE A RIFUGIATI RICONGIUNTI
Intervista 3
M. è un ragazzo di 21 anni di nazionalità etiope. La sua famiglia è di origini eritree, ma sono sempre vissuti in Etiopia ad Addis Abeba. Tali origini
“straniere” rappresentano in Etiopia motivo di discriminazione e persecuzione. D’altra parte essendo di nazionalità etiope, M. e la sua famiglia non
avrebbero mai potuto pensare di far ritorno in Eritrea perché non sarebbero stati accettati.
Il padre di M. è stato ucciso nel 2006 e, a seguito dell’accaduto, la madre,
temendo anche per le sorti del figlio ha deciso di farlo fuggire lontano. M.
inizialmente non riusciva a capire la decisione della madre, ma arrivato in
Sudan ha conosciuto molti ragazzi come lui etiopi di origine eritrea che fuggivano per le sue stesse ragioni. Qui ha capito i motivi che hanno spinto sua
madre a compiere questa dolorosa scelta. M. è arrivato in Italia come minore e fino al raggiungimento della maggiore età ha abitato presso una casa
d’accoglienza per minori. Nel 2008 ha ottenuto lo status di rifugiato. Nel
2010 ha presentato richiesta per ricongiungere sua madre che è arrivata
nello stesso anno. Successivamente la madre ha richiesto il ricongiungimento delle figlie rimaste in Etiopia, arrivate in Italia a giugno 2012. Oggi M.
lavora come tornitore e vive, con sua madre e le sue due sorelle, in un
appartamento in affitto vicino Roma.
Qual è la condizione attuale della tua famiglia?
M: Viviamo tutti insieme vicino guidonia, in provincia di roma. io mia
madre e le mie due sorelle.
alla fine sono riuscito a farle venire in italia! io lavoro come tornitore,
anche se nell’ultimo periodo l’azienda sta avendo molti problemi economici e non mi pagano da due mesi. mia madre vive a casa e sta cercando di
imparare l’italiano e le mie sorelle sono appena arrivate.
Quali cambiamenti ci sono stati nella tua vita con l’arrivo della
tua famiglia?
M: prima potevo vivere più “liberamente”, diciamo. lavoro in una
azienda in periferia, e guadagnavo abbastanza bene, da poter uscire spesso con gli amici e avere una stanza tutta per me. mi divertivo come tutti i
ragazzi, non so se mi capite (sorride). nonostante questo riuscivo comunque
a spedire € 100-200 al mese alla mia famiglia in etiopia e quei soldi erano
più che sufficienti per garantirgli di vivere bene. ma lì non potevano rimanere; era troppo pericoloso.
ora ho il pensiero di mantenere la mia famiglia qui e i soldi non bastano mai. oggi ho un solo pensiero: pagare l’affitto, pagare l’affitto e pagare l’affitto. Questo è il problema principale che devo affrontare. e poi ora
devo dar conto a loro dei miei spostamenti: “a che ora torni stasera?” mi
dice mia madre.
però sono molto contento, sono felice che siano qui. sono più sereno.
Finché loro erano lì, io non potevo vivere serenamente. noi siamo originari
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APPENDICE - 11 INTERVISTE A RIFUGIATI RICONGIUNTI
dell’eritrea, e di conseguenza in etiopia vivevamo come profughi. Ci chiamano con disprezzo “meticci”. potevano cacciarci dalla casa che ci era stata
assegnata in ogni momento, non ci sentivamo e non ci facevano sentire
nella nostra terra.
a roma è diverso. io lavoro da sei anni già, e a roma mi sento un re! ho
molti amici e mi piace incontrarli. poi ora quando torno a casa dopo il lavoro, mia madre, che non lavora, mi fa trovare sempre la tavola pronta di cose
buonissime! È davvero una bravissima cuoca!
Intervista 3
Credi che il ricongiungimento con la tua famiglia faciliti o renda
più complicata la tua integrazione in Italia e la qualità dalla tua
vita?
M: la mia integrazione no, non è più complicata nonostante il problema dell’affitto. Vivo e lavoro in italia da sei anni e mi sento perfettamente
integrato. ho molti amici e con alcuni colleghi di lavoro abbiamo stretto dei
rapporti molto profondi. Qualche complicazione in più c’è senz’altro. ecco,
prima potevo divertirmi di più. adesso invece devo badare alle mie sorelle,
loro sono piccole e ancora non parlano l’italiano. sono l’unico a lavorare e,
tra affitto e le spese, alla fine restano pochi soldi per divertirmi. ecco se avessi una casa, anche piccola per tutti noi, non avrei altro da chiedere!
Quali sono le tue attuali preoccupazioni?
M: ho un lavoro che mi piace, sono soddisfatto. Da questo punto di vista
non ho da lamentarmi. la mia preoccupazione, forse l’unica, è legata all’affitto. Qualche volta riesco a pagarlo con l’aiuto di un collega italiano che mi
dà una mano. e poi ora con la crisi economica in corso, da un paio di mesi
non ci danno lo stipendio. spero che la situazione cambi, presto. anche perché devo pensare alle mie sorelle, loro sono arrivate in italia solo da pochi
mesi. Quest’anno non si iscriveranno neanche a scuola, ma per il prossimo
anno dovrò pensarci. loro sono molto giovani e devono andare a scuola.
per mia madre invece non sono preoccupato, lei si prende cura della nostra
casa, cucina e ultimamente ha preso contatto con altri eritrei che vivono
non lontano da noi e così qualche volta esce.
Quali sono le tue aspettative?
M: la mia aspettativa maggiore è ottenere la cittadinanza italiana.
oramai mi sento romano! Vivo e pago le tasse qui già da sei anni. sono arrivato minorenne a lampedusa, dopo aver attraversato il deserto dall’etiopia.
sono stato accolto qui e qui ormai voglio restare. anche se mi piacerebbe
andare a visitare il mio paese, ma da cittadino italiano.
Quando immaginavi il ricongiungimento ti aspettavi che sarebbe stato più facile o più difficile da un punto di vista delle procedure?
M: io non avrei saputo cosa fare per fare venire la mia famiglia qui, e
per questo il Cir mi ha aiutato molto. sapevo che non sarebbe stato facile,
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APPENDICE - 11 INTERVISTE A RIFUGIATI RICONGIUNTI
Intervista 3
perché lì eravamo profughi, e di conseguenza senza documenti. il momento più difficile è stato proprio ottenere un documento per la mia famiglia.
E da un punto di vista emotivo? Come hai vissuto le attese?
M: È stata dura! era una corsa contro il tempo perché il nulla osta stava
per scadere.
Quali sono stati i maggiori problemi che hai dovuto affrontare
in termini pratici?
M: per quanto riguarda la procedura di ricongiungimento, è stato difficile riuscire ad ottenere un documento per mia madre e le mie sorelle. loro
non avevano “nessuna carta su cui stampare il permesso” per venire in
italia. Questo ha richiesto un po’ di tempo e molta preoccupazione. alla
fine, se mi ricordo bene, abbiamo telefonato con l’avvocato del Cir che ha
sollecitato l’ambasciata italiana a rilasciare i documenti necessari. siamo riusciti ad ottenere i documenti solo qualche settimana prima che scadesse il
nulla osta, quando oramai avevo perso le speranze. inoltre, ho dovuto
pagare per l’esame del Dna, anche questo ha rappresentato un problema. il Cir comunque mi ha aiutato molto, anche concretamente, pagando ad esempio il biglietto aereo per mia madre. Quello per le mie sorelle invece l’ha pagato un mio zio che vive in sudafrica. lo stesso che mi ha
aiutato quando sono scappato dall’etiopia, pagando il mio viaggio attraverso il deserto, per arrivare in libia e imbarcarmi per lampedusa. ecco
forse questi sono stati i problemi maggiori in termini pratici che ho dovuto affrontare.
inoltre, il Cir mi ha sostenuto concretamente pagando la caparra e due
mesi di affitto. ma in sostanza sono stato aiutato per poter ottenere i documenti necessari a ricongiungermi con la mia famiglia. senza questo aiuto
non credo che sarei riuscito a rivedere la mia famiglia.
La tua famiglia è stata aiutata nel paese d’origine?
M: la mia famiglia è stata aiutata principalmente da qualche parente.
non hanno affrontato fortunatamente particolari ostacoli prima dell’arrivo.
e poi ogni mese riuscivo a mandare loro del denaro.
Cosa ha significato per te essere in Italia e sapere la tua famiglia
nel paese d’origine?
M: io ero in italia, ero salvo dopo un viaggio estenuante. solo per attraversare il deserto ci abbiamo impiegato ventidue giorni, su un bus pieno di
ragazzi e uomini che come me scappavano. io non avevo capito cosa rischiavo lì. mia madre un giorno, mi ha affidato a certi uomini e mi ha detto” vai
con loro, scappa”, e sono andato senza averci mai pensato prima. Da quel
momento sono diventato uomo, avevo solo sedici anni. ho incontrato qualcuno che conoscevo anche solo di vista e mi hanno detto che i loro fratelli
o i loro padri erano stati arrestati senza motivo o uccisi. allora ho capito
davvero che dovevo fuggire.
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APPENDICE - 11 INTERVISTE A RIFUGIATI RICONGIUNTI
una volta arrivato in italia, sapere mia madre e le mie sorelle ancora lì,
mi ha riempito di angoscia.
non credo che devo aggiungere altro.
Intervista 3
Quali sono le tue principali aspettative adesso?
M: Qui la mia vita è completamente cambiata, ho molti amici, mi piace
roma e mi sono anche fidanzato con una ragazza italiana, una studentessa
di ingegneria. Chissà, poi con la mia famiglia riunita mi aspetto che tutti noi
possiamo vivere serenamente: uniti.
Cosa pensava la tua famiglia dall’altra parte? Avevano voglia di
raggiungerti?
M: loro volevano raggiungermi, certo. ma sapevano che non era semplice uscire legalmente dall’etiopia, capivano benissimo il motivo della
lunga attesa. abbiamo aspettato insieme, e alla fine ci siamo riusciti.
Quali erano le loro aspettative?
M: Vivere insieme in una nostra casa, senza il rischio che possa arrivarequalcuno che ci cacci fuori solo perché stranieri. era quello che poteva accadere in etiopia, ogni giorno.
E quali erano le loro preoccupazioni?
M: la loro preoccupazione era di poter ottenere i documenti necessari
per uscire dalla paura.
Oggi reputi positivamente la scelta di aver fatto venire qui la tua
famiglia?
M: sì certo, sono felice di vivere con la mia famiglia e loro con me, qui.
so che non è facile, visto che al momento lavoro soltanto io. ma ho molta
voglia di lavorare, e guadagnare anche di più, per poter vivere anche un po’
più centrali. al momento non possiamo permetterci neanche una casa in
periferia, per questo viviamo in provincia. Va bene così, per ora.
Su quale aspetto pensi che dovrebbero concentrarsi gli sforzi
delle organizzazioni come il CIR?
M: Credo che forse un aiuto maggiore di organizzazioni come il Cir, che
già fanno parecchio, dovrebbe concentrarsi anche sul “dopo”. Voglio dire,
una volta che siamo qui, e abbiamo ottenuto il ricongiungimento e siamo
riconosciuti come rifugiati, inizia una strada che è piena di ostacoli.
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APPENDICE - 11 INTERVISTE A RIFUGIATI RICONGIUNTI
Intervista 4
S. ha 30 anni è originario dell’Afganistan appartenente alla minoranza
etnica araba. Suo padre e due dei suoi fratelli facevano parte di un partito
islamico sunnita; Nel 2001 a seguito di alcuni scontri tra il partito islamico
sunnita e il partito islamico hazara, il padre di S. e i suoi fratelli sono stati
uccisi. S., pur non avendo mai svolto attività politica, è stato perseguitato ed
è dovuto fuggire. Ha attraversato l’Afganistan, l’Iran, il Pakistan e la Grecia;
è arrivato in Italia e ha proseguito il suo viaggio verso l’Olanda dove ha presentato richiesta d’asilo. Ha ricevuto diniego per cui S., nel 2005, è andato
in Belgio per chiedere nuovamente asilo; da qui l’hanno rinviato in Olanda
dove ha ricevuto un provvedimento di espulsione. Dopo essere stato respinto in Pakistan è ritornato in Afganistan presso la città dove viveva sua
madre. È stato vittima di un attentato nella sua casa durante il quale sono
stati uccisi quattro dei suoi sei nipoti. S., dopo essere stato gravemente ferito in un altro agguato, è scappato attraverso l’Iran, la Turchia e la Grecia
giungendo nel 2007 in Italia. Ha presentato domanda d’asilo e dopo una
lunga attesa nel 2009 ha ottenuto un permesso di soggiorno per protezione sussidiaria. Nel 2011 S. ha deciso di sposarsi, in Iran, con una donna che
conosceva sin da quando era bambino. Le due famiglie si frequentavano da
lungo tempo e una volta ripresi i contatti da adulti sono riusciti a mantenerli e coltivarli principalmente per mail. La moglie ha raggiunto S. in Italia nel
novembre 2011 dopo una regolare procedura di riunificazione.
Quale è l’attuale condizione della tua famiglia?
S: lavoro come aiuto cuoco in un ristorante italiano a roma. mi piace il
mio lavoro ed ho un buon rapporto con il mio capo. temo però che qualcosa possa cambiare perché negli scorsi mesi c’era pochissimo movimento nel
quartiere; non so forse perché era estate ed essendo un quartiere abitato
da persone ricche vanno tutti in vacanza. io e mia moglie abitiamo a
settebagni in una casa piccola ma bella. abbiamo il contratto ma registrato
con un affitto più basso rispetto a quello che paghiamo effettivamente.
ho dovuto prendere questa casa prima di iniziare la pratica per il ricongiungimento perchè avendo un permesso per protezione sussidiaria dovevo dimostrare di avere i requisiti di reddito e alloggio.
la casa si trova molto distante da dove lavoro ma ho uno scooter per cui
posso muovermi liberamente. mi piace questa casa anche perché ho ottimi
rapporti con alcune famiglie di vicini.
Quando è arrivata tua moglie hai fatto in modo che potesse
inserirsi nel contesto italiano?
S: appena è arrivata ho iscritto mia moglie ad un corso di italiano, ma
non si trovava bene, per cui l’ho iscritta ad un altro ma non sono riuscito a
trovare una soluzione migliore per lei. non si sentiva molto tranquilla e io
come marito non ho inisistito. Credo che mia moglie sappia benissimo che
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APPENDICE - 11 INTERVISTE A RIFUGIATI RICONGIUNTI
per essere indipendente deve conoscere la lingua. È mio dovere darle il
tempo necessario. mia moglie parla pochissimo italiano però rispetto a
qualche tempo fa accetta di guardare la televisione italiana. penso che si
tratti di una cosa psicologica e non è perché non è brava, lei ha fatto l’università.
Intervista 4
Quali cambiamenti ci sono stati nella tua vita con l’arrivo di tua
moglie?
S: non è cambiato niente per il lavoro e la casa; tutto era già sistemato.
mia moglie è in attesa di un bambino; sono sicuro che l’essere una famiglia
è sicuramente un motivo in più per aver a che fare con la società italiana,
con i servizi, con la scuola ma, devo anche dire, che sono un po’ preoccupato per l’aumento delle mie responsabilità. nella mia cultura è l’uomo che si
occupa di tutto, della casa, del lavoro e adesso che mia moglie è qui sento
molto forte il mio dovere. non mi pesa il fatto di dover garantire a mia
moglie le sue necessità, ho solo paura di non riuscirci.
Quando immaginavi il ricongiungimento ti aspettavi che sarebbe stato più facile o più difficile da un punto di vista delle procedure?
S: il ricongiungimento si è svolto senza particolari problemi, dopo nove
mesi dal matrimonio mia moglie è arrivata in italia. la procedura è stata più
facile rispetto a quello che mi immaginavo, avevo sentito di altri miei connazionali che hanno aspettato tantissimo. io sono riuscito ad insistere, nel
senso che in certi uffici le cose non funzionano e bisogna provare tante
volte prima di riuscire ad avere qualcosa. ognuno deve saper difendere se
stesso.
Su quale aspetto pensi che le organizzazioni come il CIR dovrebbero concentrarsi?
S: secondo me la cosa più importante è dare informazioni chiare su
come funziona, su come sarà la cosa, perché la conoscenza di cosa potrebbe accedere è fondamentale per prendere la decisione giusta. se conosci la
strada, conosci il rischio e sei più preparato, più pronto. se invece un problema viene fuori solo dopo, allora soffrirai e penserai che non vuoi più questo.
Cosa significava per te essere qui in Italia e pensare alla tua
famiglia lontana?
S: so che nove mesi di attesa non sono tanto lunghi, ma sono stati mesi
pesanti. ogni volta che parlavo con mia moglie al telefono sentivo il dubbio
da parte sua, la paura di potersi ritrovare a dover aspettare anche anni.
Quando sono andato a sposarmi in iran, ho parlato chiaramente con mia
moglie; le ho detto “tu sei pronta”, le ho parlato chiaro perché avevo vissuto l’esperienza negativa di alcuni amici e volevo evitare di non capirci. Chi
sta fuori, aspettando di ricongiungersi, pensa che in europa tutto si fa velocemente.
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APPENDICE - 11 INTERVISTE A RIFUGIATI RICONGIUNTI
Intervista 4
Reputi positivamente la scelta di aver fatto venire tua moglie?
S: penso che sia stata la scelta giusta. negli anni che ho vissuto in
olanda, ho avuto delle ragazze olandesi, ma non pensavo di costruirmi una
famiglia. in italia appena liberata la testa da tutti i miei pensieri del passato ho sentito la voglia di costruirmi un futuro come uomo. ho cercato una
donna del mio paese perché la cultura orientale è meglio per gli orientali
come la cultura europea è meglio per gli europei. un proverbio afgano dice:
“uccelli con uccelli, galline con galline”.
Quali sono le tue aspettative per il futuro?
S: Beh aspettiamo questo bambino! Vorrei che potesse crescere normale, non in un canile, nel senso che vedo qui in italia molti bambini con tanti
divieti. in afganistan fino ai 7 anni i bambini possono fare tutto quello che
è gioco e conoscenza: giocare, sporcare, toccare, invece qui a sei mesi i bambini vanno al nido e lì ci sono delle regole. ti spiego, nel mio paese l’educazione funziona così: fino ai 7 anni il bambino ha diritto di giocare; dai 7 ai
14 vanno date le regole; dai 14 ai 21 vanno dati solo i consigli; dai 21 ci si
deve fidare di noi stessi.
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APPENDICE - 11 INTERVISTE A RIFUGIATI RICONGIUNTI
Intervista 5
Intervista 5
M. proviene dalla Repubblica Democratica del Congo ed è stato riconosciuto rifugiato nel 2006. Nel 2011 ha deciso di ricongiungersi con sua
moglie, le sue tre figlie e un nipote e ha seguito la procedura di ricongiungimento autonomamente, senza l’ausilio di alcuna associazione.
M. si è rivolto al CIR per chiedere un supporto rispetto all’integrazione
dei familiari appena ricongiunti che presentavano alcune problematicità, di
cui M. racconterà nel corso dell’intervista.
Quale è la tua attuale situazione lavorativa?
M: lavoro come informatico free lance. principalmente mi occupo di
creare siti web. Questo tipo di lavoro non è stabile e di conseguenza anche
il guadagno non è regolare. nell’ultimo anno e mezzo il lavoro è diminuito
e la situazione è diventata davvero molto difficile. poi è arrivata anche la
mia famiglia e questo ha significato che le mie spese sono aumentate ancora di più. sono sempre fiducioso però; penso che riuscirò ad affrontare le
spese facendo un po’ di sacrificio. Certo è che ogni spesa imprevista diventa un grande problema.
Rispetto alla tua situazione abitativa, invece, qual è la situazione?
M: Con la mia famiglia vivo in una casa a montelibretti. noi siamo in 6
e la casa è molto piccola, ma ci siamo organizzati per viverci perché l’affitto
era molto basso. poi sono arrivati i problemi economici, mancavano i soldi
e io non riuscivo più a pagare l’affitto a fine mese. Così il proprietario di casa
ci ha spedito una lettera per dirci che dovevamo andarcene. a luglio poi è
arrivato un ufficiale giudiziario che ci ha consegnato una lettera che diceva
che dovevo presentarmi in tribunale perché il proprietario mi voleva mandare via. io non sapevo cosa fare, ma mi hanno detto che ormai non posso
più risolvere questo problema perché quando sono andato in tribunale mi
sono presentato senza avvocato. ora c’è una seconda udienza, ma penso
che lascerò stare, non ci sono possibilità: devo lasciare la casa. sono molto
preoccupato perché ho paura che la polizia venga in casa e ci mandi via con
la forza. non so come le mie figlie reagirebbero e poi c’è anche mia nipote,
che ha solo pochi mesi.. Credo che ora devo per forza cercare una nuova
casa. sono stanco, non ho la forza per lottare per i miei diritti. potrei difendermi e dire che il proprietario di casa mi chiedeva di pagare in nero metà
dell’affitto, ma non ce la faccio più. l’assistente sociale del Comune non può
fare niente per me e allora ho deciso di spostarmi a roma e prendere la residenza in Via degli astalli; spero che l’assistente sociale del i municipio possa
fare qualcosa per noi.
Quali cambiamenti sono intervenuti nella tua vita in vista dell’arrivo della tua famiglia?
M: non ci sono stati particolari cambiamenti prima dell’arrivo.
Continuavo a fare lo stesso lavoro e a vivere nella stessa casa, perché, come
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APPENDICE - 11 INTERVISTE A RIFUGIATI RICONGIUNTI
Intervista 5
dicevo, costava poco. i cambiamenti sono arrivati dopo il loro arrivo e io non
sapevo nulla dei problemi che ci sarebbero stati. appena mia moglie e le
mie figlie sono arrivate le ho iscritte ad un corso di italiano, cercando di far
capire loro l’importanza della conoscenza della lingua. poi ho mandato mia
figlia più piccola a scuola, fa la i media. le altre due figlie invece hanno problemi e io proprio non me l’aspettavo. non sapevo che m., la più grande,
era incinta e non sapevo che t. fosse malata di epilessia, ma loro, in africa,
già sapevano tutto. t. aveva avuto delle crisi anche in Congo ma non ero
stato informato di nulla.
Quali sono stati i maggiori problemi di tipo pratico che hai dovuto affrontare nel procedimento di ricongiungimento familiare?
M: non ho incontrato particolari problemi, non ho chiesto aiuto a nessuna associazione né per conoscere la procedura, né per le spese di viaggio.
Ci sono stati dei ritardi nel rilascio dei visti alle ragazze perché mi sono state
affidate e quindi l’ambasciata italiana doveva avere tutte le carte. le mie
figlie sono state affidate a me e a mia moglie alla morte dei loro genitori. il
padre naturale era il fratello di mia moglie. le bambine erano molto piccole, avevano una 6 anni, l’altra 5 e l’ultima 6 mesi:le abbiamo cresciute noi.
C’è stato un momento difficile da un punto di vista emotivo
durante la procedura per il ricongiungimento?
M: il ritardo per i visti è stato vissuto molto male dalle mie figlie e da
mia moglie che aveva già ottenuto l’autorizzazione a partire. per le ragazze l’iter si era bloccato. È stato pesante nei due mesi di attesa gestire a
distanza le loro ansie e le loro paure di non riuscire a partire.
Quali sono le tue preoccupazioni?
M: l’arrivo di mia moglie e delle mie figlie è stato più difficile di quanto avessi immaginato. m. era incinta e t. era malata. non mi avevano detto
nulla di questo e mi sono sentito veramente male. non mi sono arrabbiato
e non ho fatto domande per capire chi avesse messo incinta mia figlia. non
ho nemmeno litigato con mia moglie. mi sono trovato in questa situazione
e l’ho dovuta affrontare.
sono sollevato dal fatto che tutti questi problemi sono successi qui in
italia, se succedevano in Congo probabilmente non avrei più rivisto le mie
figlie. m. ha solo 16 anni e ora ha una figlia da crescere in un paese ancora
sconosciuto, credo che io e mia moglie dobbiamo aiutarla perché da sola
non ce la può fare. ha partorito prima del tempo ed è rimasta due mesi in
ospedale. t. invece ha dovuto subire un intervento alla testa a causa di una
forte crisi epilettica.
il legame con le mie figlie non va ancora molto bene. loro non riescono
a capirmi, credono che io faccia qualcosa di sbagliato quando dico di no;
invece io lo faccio per loro. si creano delle incomprensioni perché la gente
del mio paese che sta qua dice alle ragazze cose non vere; allora loro si
aspettano cose che non esistono e io devo fare chiarezza.
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APPENDICE - 11 INTERVISTE A RIFUGIATI RICONGIUNTI
Quali sono le aspettative tue e della tua famiglia per il futuro?
M: t. e m. non vogliono continuare a studiare, ma vogliono cercare il
prima possibile un lavoro. un pò mi dispiace per questo, penso sia sbagliato perché non capisco come fanno a trovare lavoro senza studiare. però
devo rispettare la loro decisione. mia moglie invece pensa che va bene per
le ragazze cercare lavoro. a me piacerebbe che mia moglie finisse gli studi
che aveva cominciato in Congo, perché le manca solo l’esame finale. le ho
proposto di tornare in Congo a fare quest’ultimo esame, ma purtroppo
devo fare i conti col fatto che non sta bene agli occhi della gente che una
moglie torni in patria dopo aver raggiunto il marito. potrebbe far pensare
male sul nostro matrimonio.
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Intervista 5
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APPENDICE - 11 INTERVISTE A RIFUGIATI RICONGIUNTI
Intervista 6
B. è un uomo di quarant’anni di nazionalità guineana. Nel 2005 è dovuto fuggire dal suo paese perché arrestato a causa del suo lavoro. Racconta
di essere un fotografo di professione. Un giorno stava svolgendo un reportage fotografico nel luogo dove vi era stato un attentato contro il presidente, ma i militari, vedendolo, l’hanno arrestato. In prigione ha subito torture
fisiche e psicologiche. Dopo due settimane il suo avvocato riesce a farlo uscire. Dopo un periodo in ospedale, B. prova a tornare a una vita normale; riapre il suo studio e torna a lavorare. I militari si presentano alla sua porta
dicendogli che nessuno l’aveva autorizzato a riprendere la sua attività e lo
riportano in prigione. B., insieme ad altre persone, riesce ad evadere e con
l’aiuto di un amico raggiunge il Senegal. Dopo un breve periodo in Senegal,
necessario per potersi riprendere fisicamente, B. parte per l’Italia. Nel 2006
riceve un permesso di soggiorno per protezione sussidiaria e dopo aver presentato istanza di ricorso, viene riconosciuto rifugiato nel 2011. La sua famiglia è dovuta fuggire in Sierra Leone, a seguito delle pressioni e delle minacce perpetrate dai militari. Nel 2012 la famiglia di B., composta dalla moglie
e da due figli, si è riunita a seguito di ricongiungimento familiare.
Quale è l’attuale condizione della tua famiglia?
B: adesso viviamo tutti insieme, in una casa in affitto a pratica di mare,
vicino a torvaianica, non lontano dal ristorante dove lavoro. io, mia moglie
e i miei due bambini, i. e m.. mia moglie è incinta e a breve, ormai, arriverà
anche il terzo figlio.
Quali cambiamenti sono intervenuti nella tua vita a seguito dell’arrivo dei tuoi familiari?
B: prima ero da solo, e questo è stato per molto tempo anche il motivo
del mio malessere. avevo sempre dei fortissimi mal di testa, ma da quando
loro sono qui sono passati e ho anche smesso di prendere le medicine che
il dott. germani mi aveva prescritto e che prima mi erano indispensabili.
Con questo non voglio dire che siano finiti i problemi, per niente!
C’erano delle cose che non avevo preso in considerazione e che invece da
quando la mia famiglia è qui devo affrontare. ma tutto passa, se dio vuole.
Dovrei solo avere un po’ più di tempo per poter cercare un lavoro più pagato; ma per averlo dovrei avere più tempo invece devo sempre correre dappertutto per i miei ragazzi. per esempio li devo accompagnare a scuola perché è lontana da casa nostra. io ho fatto richiesta anche al Comune per poter
avere lo scuola-bus, almeno così non dovrei più perdere tanto tempo per
accompagnarli e andarli a prendere ogni giorno.
Credi che il ricongiungimento con la tua famiglia abbia facilitato o reso più complicato il tuo percorso di integrazione in Italia e la
qualità della tua vita?
B: la mia vita, la nostra vita è migliorata, almeno qui siamo di nuovo tutti
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APPENDICE - 11 INTERVISTE A RIFUGIATI RICONGIUNTI
assieme. ma come dicevo, c’erano delle difficoltà pratiche che non avevo
preso in considerazione. i bambini innanzitutto. accompagnarli e andarli a
riprendere. ma non è solo questo: mia moglie è sempre a casa, da sola. in
guinea abbiamo una grande famiglia, e stavamo sempre tutti insieme. lei
invece ora non esce molto, e stare da sola non aiuta. si sente un po’ isolata.
ma tutto passa, credo. io questo l’avevo solo immaginato. i primi mesi che
ho trascorso in italia, anche io ero sempre da solo e non parlavo ancora l’italiano. solo dopo qualche mese ho sentito un ragazzo parlare il mio stesso dialetto e abbiamo fatto subito amicizia. Fu una grande emozione.
anche lui è rifugiato, adesso ogni tanto ci vediamo, anche con sua moglie.
i bambini invece vanno a scuola, e dopo un po’ di difficoltà iniziali,
dovute alla lingua, adesso sono molto integrati; merito anche delle maestre
che sono state davvero molto brave e hanno avuto molta pazienza con loro.
sono stati inseriti a scuola subito dopo il loro arrivo l’anno scorso. Ci è stato
consigliato però di far ripetere l’anno alla bambina, che è più piccola, mentre il maschio è passato in terza. io lavoro molto, e quando non lavoro, mi
do da fare per cercare qualcosa che sia pagato meglio. in questo periodo
lavoro come cuoco in un ristorante a ostia e così non ho molto tempo per
incontrare gli amici. lavoro soprattutto nei fine settimana, proprio quando
gli altri invece sono un po’ più liberi. ma va bene così; mia moglie mi aspetta sempre sveglia, anche se torno molto tardi, e così sono felice, che sia qui.
Intervista 6
Quali sono le tue preoccupazioni e le tue aspettative per il
futuro adesso?
B: il lavoro che ho imparato qui in italia mi piace molto, ho iniziato
come lavapiatti, ed ora sono un buon cuoco, ho imparato la cucina italiana. adesso ho un contratto a tempo determinato, fino a dicembre, ma
solo 4 ore al giorno. Vorrei cercare qualcosa di più definitivo. a dire il
vero, mi hanno proposto un buon contratto, presso un ottimo ristorante,
ma se non sbrigo la pratica per lo scuola-bus dei miei figli, non posso
accettare, non ci sarebbe nessuno che li accompagna a scuola e poi li passa
a prendere all’uscita. Questa è la mia unica preoccupazione, un lavoro più
sicuro e la cura dei miei figli. al momento, come dicevo, sono molto preoccupato per mia moglie, spesso è a casa da sola, non esce, e ancora non ha
imparato bene l’italiano. ma quando ci sono io e i bambini, allora cambia
tutto. studia l’italiano con loro, e giochiamo tutti insieme.
Da un punto di vista pratico qual è stato il momento più difficile durante le procedure per il ricongiungimento familiare?
B: non c’è stato un vero e proprio momento “difficile”. il Cir mi ha
molto sostenuto nelle fasi di ricongiungimento, e anche prima, quando ho
fatto richiesta come rifugiato politico.
E da un punto di vista emotivo, c’è stato un momento particolarmente difficile?
B: Forse il momento più difficile è stato quando ho incontrato mia
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APPENDICE - 11 INTERVISTE A RIFUGIATI RICONGIUNTI
Intervista 6
moglie e i miei figli in mali, dopo quasi tre anni dalla mia fuga, tre anni passati senza rivederci.
Ci siamo incontrati lì, perché in guinea io come rifugiato non potevo far
ritorno. la prima notte che eravamo assieme, mia figlia vedendomi improvvisamente in camera, visto che quando sono arrivato lei stava dormendo, ha
iniziato a urlare “mamma, c’è un uomo sconosciuto nella stanza!”.
ecco questo mi ha reso molto triste. Quando sono dovuto fuggire dalla
guinea, da un momento all’altro, mia figlia non era ancora nata, mancavano ancora pochi mesi al parto, e così non mi aveva mai visto prima. adesso
però siamo molto felici di essere di nuovo tutti assieme.
Quando immaginavi il ricongiungimento ti aspettavi che sarebbe stato più facile o più difficile rispetto alle procedure?
B: non avrei saputo neanche cosa immaginare rispetto al ricongiungimento, fortunatamente il Cir mi ha molto seguito nelle procedure necessarie. poi non è stato molto difficile. tutto si è risolto nel giro di poche settimane.
E da un punto di vista emotivo?
B: sapevo che ci sarebbero state delle difficoltà. non avevo mai parlato
con mia moglie di come vivevo in italia, per non farla preoccupare. la vita
in europa, in italia, e a roma in particolare, non è semplice come in africa.
l’affitto da pagare, la crisi, sono difficoltà che un rifugiato come me avverte anche di più. ma le cose passano, e come dicono nel mio paese: “se dio
vuole tutto si sistema”.
Quali sono stati i maggiori problemi che hai dovuto affrontare
da un punto di vista pratico?
B: oggi il problema principale è l’affitto, che fortunatamente non è
molto caro, ma sono sempre 600 euro al mese. ho fatto domanda per l’assegnazione delle case popolari, non so quanto ci sarà da aspettare. per il
ricongiungimento non ci sono stati grossi problemi, abbiamo avuto il nulla
osta e poi i visti nel giro di poco tempo, anche se per la procedura i miei
famigliari sono dovuti andare in senegal. in guinea non c’è una ambasciata italiana. per il viaggio, le spese intendo, ho pensato io a tutto.
Quale aiuto hai avuto dal CIR?
B: il Cir mi ha aiutato concretamente pagando la caparra e due mesi
di affitto. ma voglio sottolineare che sono stato assistito anche psicologicamente, soprattutto all’inizio quando soffrivo di forti mal di testa.
anche da un punto di vista legale il Cir mi ha aiutato. in effetti, il primo
riconoscimento che avevo ottenuto qui dalla Commissione era stato
come “protezione sussidiaria”. solo con la caparbietà e la sicurezza dell’avvocato del Cir, che ha insistito per fare ricorso, sono riuscito ad ottenere lo status di rifugiato.
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APPENDICE - 11 INTERVISTE A RIFUGIATI RICONGIUNTI
La tua famiglia è stata aiutata?
B: l’unico ostacolo, come ho detto, era rappresentato dal fatto che in
guinea non c’è l’ambasciata italiana. Quindi abbiamo dovuto aggirare questa difficoltà, risolvendo tutto tramite l’ambasciata in senegal. ma ripeto,
non ha rappresentato un grande problema.
Intervista 6
Cosa ha significato per te essere in Italia e sapere la tua famiglia
lontana?
B: la situazione in guinea non era semplice. io lì ero fotografo e cameraman, e sono dovuto fuggire lasciando tutto alle mie spalle. non ho portato nulla con me. essere qui e sapere mia moglie incinta e mio figlio piccolo lì mi ha causato un forte malessere, e per i primi tempi ho preso medicine anche solo per dormire. Quando si è presentata la possibilità che mi raggiungessero, ero felice, tutto qui.
Quali erano le tue principali aspettative?
B:tornare a vivere di nuovo tutti insieme e conoscere mia figlia.
pensavo: “quando saremo di nuovo assieme tutto passerà”. in effetti è stato
così, da quando loro sono qui, non avverto più i dolori alla testa. sono,
siamo felici qui, tutti insieme.
Cosa pensava la tua famiglia, dall’altra parte? Volevano raggiungerti?
B: mia moglie voleva raggiungermi, ma non aveva molta idea di come
fosse qui. io non le ho parlato delle difficoltà che c’erano qui, per non spaventarla. mio figlio anche voleva raggiungermi, ma non sapevano cosa e
come immaginare l’italia. adesso credo ci stiamo ambientando molto bene.
Fortunatamente non hanno dovuto aspettare molto per i visti e le procedure. tutti ci aspettiamo di poter vivere insieme in una nostra casa e in pace.
Oggi reputi positivamente questa scelta?
B: sì certo, siamo felici di vivere di nuovo insieme! non è facile, ma se
dio vuole, le cose si sistemano. io ho voglia di darmi da fare e lavorare per
permettere alla mia famiglia una vita più che dignitosa. ho cambiato il mio
lavoro, mi sono aperto a nuove possibilità. spero che tutto vada per il
meglio.
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APPENDICE - 11 INTERVISTE A RIFUGIATI RICONGIUNTI
Intervista 7
K. è un rifugiato curdo turco arrivato in Italia nel 2008. Nel 2010 si rivolge al CIR poiché in vista dell’arrivo della moglie e dei suoi tre figli di 8, 6 e
4 anni aveva bisogno di un aiuto economico. Era molto preoccupato per la
famiglia in Turchia e sperava di farli arrivare il prima possibile. La casa dove
viveva non era adatta ad accogliere i familiari e con il suo stipendio da pizzaiolo part-time una spesa comprensiva di caparra e affitto non era sostenibile. Il CIR ha sostenuto economicamente K. erogando un contributo affitto per alcune mensilità.
Quale è l’attuale condizione della tua famiglia?
K: Vivo con la mia famiglia a orte, non lontano da roma. Con mia
moglie e tre bambini di otto, sei e cinque anni. la casa è piccola ma per ora
ci accontentiamo.
Quali cambiamenti sono intervenuti nella tua vita con l’arrivo
della tua famiglia?
K: sapevo che non sarebbe stato facile, con i miei figli e con mia moglie
qui. ma non potevo immaginare la mia famiglia senza un padre! e come
potevo vivere io qui con la preoccupazione di loro lì?
io ho un lavoro part-time e a volte abbiamo la difficoltà anche a fare la
spesa. Voglio dire, se ci servono due uova ne compriamo uno. a volte desidererei anche solo un pacco di spaghetti. ma la cosa che mi preoccupa di
più, ora, sono i bambini: i vestiti, i libri per la scuola. mia moglie si prende
cura di loro. Cucina, lava. non ha neanche il tempo di andare ad una scuola di italiano. Come potrebbe? i bambini tornano da scuola a mezzogiorno,
chi potrebbe prendersi cura di loro se lei non restasse a casa? Così quel po’
di italiano che ha imparato, lo ha imparato con loro, sui loro libri, e guardando un po’ di tV.
Credi che il ricongiungimento con la tua famiglia faciliti o renda
più complicata la qualità dalla tua vita?
K: senza la mia famiglia qui non potrei neanche immaginarmi. se non
fossero venuti in italia sarebbero andati in un altro paese, magari in africa.
o chissà dove e forse avrei dovuto raggiungerli. ma adesso sono qui.
abbiamo già qualcosa e proviamo ad andare avanti. sapevo che non sarebbe stato facile. Vedo gente per strada che chiede anche solo un pezzo di
pane. mi rendo conto che la situazione è molto difficile.
Quali sono le tue attuali preoccupazioni e aspettative?
K: ho un lavoro part-time, nessuna certezza. non posso neanche chiedere le ferie, perché il padrone mi ha detto che se voglio andare qualche
giorno in ferie, mi licenzia. sono stanco e non posso riposarmi. mi è capitato di non avere neppure i soldi per pagare l’affitto. adesso il padrone di
casa mi ha abbassato un po’ l’affitto e va meglio. ma fino a quando?
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APPENDICE - 11 INTERVISTE A RIFUGIATI RICONGIUNTI
se mia moglie potesse lavorare, sarebbe meglio. ma non abbiamo nessuno che si prenda cura dei bambini e quindi per ora è difficile. nel nostro
paese abbiamo una grande famiglia e sarebbe diverso. ma qui siamo da soli.
Bisogna adattarsi.
Intervista 7
Quando immaginavi il ricongiungimento ti aspettavi che sarebbe stato più facile o più difficile da un punto di vista delle procedure?
K: a dire il vero, non ho avuto problemi per quanto riguarda le procedure per il ricongiungimento. il tempo giusto, credo: sei mesi. Da giugno a
gennaio. nessun problema da questa punto di vista. giusto il tempo di organizzarmi un po’. ho avuto il tempo di cercare una casa. Quando ho perso il
lavoro, avevo perso la fiducia e stavo pensando di rinunciare al ricongiungimento. se ero da solo, potevo anche arrangiarmi, ma con i bambini no. per
fortuna ho trovato subito un altro lavoro. altrimenti sarei andato in un
altro paese e avrei provato a lavorare in nero e continuare la vita. Come si
fa altrimenti?
Quale aiuto hai ricevuto dal CIR o da altre organizzazioni per
facilitare il ricongiungimento?
K: il Cir ha pagato la caparra e due mesi di affitto. inoltre senza l’aiuto
di associazioni come il Cir non avrei saputo far venire la mia famiglia qui,
da solo. sono stato aiutato con le procedure e anche con il pagamento dei
biglietti aerei.
Su quale aspetto pensi che dovrebbero concentrarsi gli sforzi
delle organizzazioni come il CIR?
K: il Cir fa già molto. però credo che lo sforzo delle associazioni si
dovrebbe concentrare sul dopo. Voglio dire, bisogna aiutare quelle persone
che, come i rifugiati, vengono qui con le loro cose e poi invece dopo un po’
si trovano a chiedere l’elemosina agli angoli delle strade. Dovrebbe esserci
un ufficio in ogni Comune che si occupa solo dei rifugiati. Che si prende cura
dei rifugiati. al momento non è così. se cerchi qualcosa negli uffici, ti mandano a destra e a sinistra. allora io me ne resto a casa.
Cosa ha significato per te essere in Italia e sapere la tua famiglia
nel paese d’origine?
K: Come dicevo, in turchia c’è la democrazia ma non si vede. io qui mi
arrangiavo. ma come potevo pensare che i miei figli crescevano senza di me,
senza il padre? sarebbe andati altrove, ed io li avrei raggiunti.
In quel periodo di separazione quali aspettative avevi?
K: ritornare insieme. sapevamo che non sarebbe stato semplice. ma che
fare? io mi auguro di trovare presto un lavoro un po’ più stabile. e se i miei
bambini potranno restare a scuola tutto il giorno, forse mia moglie potrà
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APPENDICE - 11 INTERVISTE A RIFUGIATI RICONGIUNTI
Intervista 7
anche cercarsi un lavoro. al momento non abbiamo neanche i soldi per
pagare un biglietto in più per l’autobus.
La tua famiglia aveva voglia di raggiungerti?
K: mia moglie con i bambini voleva venire certo. era una emozione strana anche per lei. loro lì, ed io qui in italia e sai che non puoi raggiungerli.
uno qui, l’altro lì. ma che famiglia è?
io le avevo raccontato che la situazione qui era difficile, mille volte le
avevo spiegato che qui la gente muore di fame per strada, ma lei naturalmente voleva venire lo stesso. non ci sono cose facili qui. ma abbiamo detto
proviamo lo stesso.
Quali erano le loro aspettative?
K: tornare a vivere tutti insieme nella stessa casa. Certo è piccola e qualche volta ci manca il resto della nostra numerosa famiglia, ma per ora va
bene.
Quali sono le loro preoccupazioni?
K: trovare un lavoro per mia moglie. imparare la lingua il più presto possibile. ambientarsi, e sentirsi accolti in un paese che comunque non è il
nostro
Oggi reputi positivamente questa scelta?
K: sì certo, sono felice di vivere con la mia famiglia. e anche loro sono
felici di essere qui. io lavoro tutti i giorni, anche il sabato. però quando sono
a casa sono contento di vedere i miei bambini e poter stare un po’ con loro.
anche se spesso sono in giro a cercare dei piccoli lavoretti. per arrangiarmi.
Va bene così, per ora.
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APPENDICE - 11 INTERVISTE A RIFUGIATI RICONGIUNTI
Intervista 8
Intervista 8
F. è un rifugiato di origini somale, arrivato in Italia nel 2008. Dopo circa
3 anni decide di far arrivare anche la sua famiglia, composta dalla moglie e
da quattro figli. La famiglia è arrivata in Italia da poche settimane e al
momento il nucleo familiare non vive ancora insieme a causa di alcune difficoltà abitative ed economiche. F. vive vicino Roma presso una fattoria del
Comune di Roma dove lavora nel settore agricolo; il suo contratto è in scadenza ed è quasi certo che difficilmente potranno rinnovarglielo; data tale
precarietà lavorativa F. ha preferito che i suoi familiari, una volta arrivati, si
recassero presso l’abitazione di una parente, con una situazione economica
più stabile nella città di Torino. F. sta valutando la possibilità di trasferirsi
anche lui a Torino data la presenza di una rete amicale più ampia che
potrebbe supportarlo nella ricerca del lavoro.
Cosa significava essere per lei in Italia e sapere la sua famiglia
nel paese d’origine? Come hai vissuto questo momento d’attesa?
F: ho chiesto il nulla osta nell’agosto del 2009, i miei familiari sono arrivati a gennaio del 2012
era un periodo difficile, dove un mese diventa un anno. mi sentivo male,
senza speranza.
Cosa ti preoccupava?
F: mi preoccupava il non trovare soldi. senza euro non puoi fare niente,
neanche telefonare per sapere come stanno, se stanno male, le medicine,
niente.
Dalla somalia la mia famiglia è dovuta andare in Kenya perché nel mio
paese non c’è l’ambasciata. Durante il tragitto due dei miei figli sono stati
imprigionati, ho dovuto pagare una grossa somma per liberarli. poi ho
dovuto mantenere la mia famiglia in Kenya in attesa dei visti, ero molto
angosciato perché erano irregolari a nairobi.
ero preoccupato perché io sono responsabile, se entrano in prigione, io
devo pagare. mi preoccupavo per la loro vita. tante volte ho pensato di farli
tornare indietro, in somalia, visto che non riuscivano ad avere i visti e per
me era difficile pagare l’affitto per loro in Kenya.
Cosa pensava la tua famiglia dall’altra parte?
F: raccontavo che c’è crisi, loro pensano che sia tutto facile. non mi credevano; mia moglie diceva: “tu stai bene, tu stai lì in europa”. lei era arrabbiata, mi diceva: “perché non vai in ufficio per fare le cartee più velocemente?”
Poi, quando sono arrivati?
F: Quando sono arrivati mia moglie ha capito, mi ha visto dimagrito.
Finché non lo vedi con i tuoi occhi non puoi crederci.
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APPENDICE - 11 INTERVISTE A RIFUGIATI RICONGIUNTI
Intervista 8
E dell’Italia cosa hanno pensato i tuoi familiari?
F: mia moglie mi ha detto: “la cosa più importante è trovarti”. il mondo
in africa è molto difficile, è meglio qua.
Quali sono stati i maggiori problemi che ha dovuto affrontare in
termini pratici?
F: prendere appuntamento all’ambasciata. ho dovuto aspettare un
anno. per prendere questo appuntamento avevi solo un minuto alla settimana. il giovedì, in un dato orario potevi fare questa prenotazione e solo
circa 8 persone avevano diritto a questo appuntamento. poi anche quando
sono riuscito ad ottenerlo mia moglie ha avuto altre difficoltà. C’è la corruzione. alcune persone che ti fanno entrare in ambasciata sono corrotte ed
è difficilissimo entrare. poi hanno cambiato le procedure e mia moglie è riuscita finalmente ad avere il visto.
C’è stato anche un altro problema, ho una figlia non di sangue che non
ha ottenuto il visto e ora è ancora in Kenya.
Quale aiuto ha ricevuto dal Cir (o da altre organizzazioni) e dove
questo aiuto è servito in maniera indispensabile?
F: il Cir è riuscito a parlare con l’ambasciata. inoltre mi ha aiutato economicamente pagando i biglietti aerei e il test del Dna.
La tua famiglia è stata aiutata nel paese d’origine? Che problemi e ostacoli ha dovuto superare?
F: no, non è stata aiutata. sono io che l’aiutavo economicamente.
Su quale aspetto pensi che dovrebbero concentrarsi gli sforzi per
migliorare l’andamento dei progetti di ricongiungimento?
F: l’appuntamento, quella è stata la cosa più difficile dove si potrebbe
cambiare molto. e poi una seconda cosa, economicamente; se non hai lavoro l’italia deve aiutare. per avere accesso all’ambasciata le persone soffrono.
i soldi che ho guadagnato lavorando per 2 anni li ho persi là, per quella pratica; questa è una cosa molto importante. e poi quando arrivano i familiari,
servono molti soldi, almeno per i primi mesi l’italia deve aiutare.
Quale è stato il momento più difficile?
F: Quando sono rimasti là, dopo il nulla osta. io pensavo che sarebbero
arrivati presto, invece ho dovuto attendere tanto, un anno e mezzo. Questa
cosa mi ha dato molte preoccupazioni nel cuore; ma anche a livello pratico,
è stato difficile mantenere la loro vita in Kenya.
Mi racconti il momento in cui vi siete finalmente rivisti?
F: non si poteva immaginare, dopo tanti anni. era dal 2007 che non rivedevo la mia famiglia. È stata una forte emozione. Dopo tutto quello che
avevo sudato, è stata una grande felicità.
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APPENDICE - 11 INTERVISTE A RIFUGIATI RICONGIUNTI
Credi che con la tua famiglia in Italia sia più facile o più difficile
la tua vita?
F: Forse sì per il lavoro, ma se stavano ancora là sarebbero stati problemi per me. io voglio vedere mia moglie e i bambini, voglio che viviamo tutti
insieme. i miei figli non possono crescere senza padre. È meglio non mangiare un giorno ma stare tutti insieme.
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Intervista 8
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APPENDICE - 11 INTERVISTE A RIFUGIATI RICONGIUNTI
Intervista 9
V. proviene dal Camerun, è arrivato in Italia nel 2009 ed ha ottenuto lo
status di rifugiato nel 2010. Nello stesso anno V. si è recato in Nigeria per
sposarsi con la donna con cui era fidanzato in Camerun. V. è laureato in
Scienze Politiche e, nel paese d’origine, si era dedicato all’insegnamento
presso scuole private. Quando è arrivato in Italia ha cercato di ottenere il
riconoscimento del titolo di studio ma la procedura è ancora in corso.
Quale è l’attuale condizione della tua famiglia?
V: Vivo con mia moglie, che è arrivata a febbraio scorso, a palombara
sabina in una casa di tre stanze che condividiamo con un’altra coppia. Così
paghiamo 550 euro al mese che sommate con le spese condominiali e le
bollette arrivano a una media di 400 euro per nucleo. al momento lavoro
solo io, come magazziniere, ma facciamo molta fatica: capita che arrivo a
fine mese senza una lira! al lavoro ho tre mesi di stipendio arretrati ed ho
anche paura di perdere il lavoro e che la ditta possa chiudere. e’ una piccola ditta a conduzione familiare che fa extension di capelli e con la crisi da
giugno scorso il lavoro è proprio diminuito. ora dovrebbe pure arrivargli
una grossa multa per della merce importata dalla Cina sulla quale invece
c’era la targhetta made in Italy. Qualche mattina fa è venuta anche la finanza. io lavoro al nero, per fortuna era mattina presto e ho potuto dire che
ero lì solo per lasciare un curriculum. io non voglio denunciarli, la mia religiosità non me lo permetterebbe. e poi non saprei come fare.
Quali cambiamenti ci sono stati nella tua vita con l’arrivo della
tua famiglia?
V: Quando ero da solo, sentivo la solitudine, naturalmente. adesso che
lei è venuta, abbiamo potuto riunire la nostra famiglia di nuovo. sono felice, naturalmente. nel mio paese si dice che “le mani giunte possono costruire meglio”. Due mani fanno meglio di una no? Certo da quando è arrivata
mia moglie molte cose sono cambiate e non solo in meglio. la nostra situazione economica al momento è molto difficile, ma io sto facendo di tutto
per fare in modo che mia moglie non sia costretta ad andare a vivere alla
Caritas. psicologicamente la situazione è migliorata, condividiamo i momenti belli e le difficoltà ma economicamente è difficile, dovendo mantenere
anche lei. inoltre anche se guadagno poco, ho sempre cercato di spedire
qualcosa al resto della mia famiglia, in Camerun. ai miei fratelli più piccoli,
per esempio. Questo mese, purtroppo, ho avuto le mani legate e non ho
potuto. e mi spiace non aver potuto aiutarli. inoltre ho sposato mia moglie,
e di conseguenza anche la sua famiglia. a volte ho mandato dei soldi anche
a loro. mia madre era un po’ spaventata del fatto che l’arrivo di mia moglie
qui, mi avrebbe un po’ complicato le cose e che forse non avrei più potuto
aiutarla troppo; non aveva torto, non posso più aiutarla come prima.
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APPENDICE - 11 INTERVISTE A RIFUGIATI RICONGIUNTI
Credi che il ricongiungimento con tua moglie faciliti o renda più
complicata la qualità dalla tua vita?
V: la mia vita si è un po’ complicata come ho appena detto, ma preferisco che lei sia qui con me. anche se è difficile. lei parla poco italiano.
aveva iniziato a seguire un corso, ma poi ha dovuto interrompere, ora a fine
mese ne inizia un altro, e forse allora sarà diverso. Così forse potrà cercare
un lavoro, e darmi una mano per l’affitto e tutto il resto.
anche con il lavoro è un periodo così così, non ho un contratto e da tre
mesi non mi pagano. la situazione è diventata più difficile da giugno. ho
provato a mandare il curriculum un po’ ovunque. mi aveva chiamato una
ditta per la vendita porta a porta, ma chi apre la porta ad un africano?
Intervista 9
Quali sono le tue preoccupazioni e le tue aspettative?
V: la mia preoccupazione è il lavoro. Forse per trovare qualcosa di
buono avrei bisogno di una raccomandazione. avevo pensato di andare
all’unhCr, per chiedere delle informazioni per cambiare paese, anche. ma
ultimamente ho anche pensato ad un’altra opzione: cercare una borsa di
studio per andare a studiare all’estero, magari in svizzera. so che non sarebbe semplice ma mi piacerebbe. ho preso delle informazioni anche per un
master come mediatore culturale all’università di roma tre e a napoli. sto
cercando qualunque cosa, soprattutto borse di studio. per poter vivere.
Vorrei continuare a studiare, è la cosa che so fare meglio. ed inoltre in futuro vorrei tornare a vivere in Camerun. io mi immagino come una risorsa per
il mio paese: noi della parte anglofona del paese vogliamo avere la nostra
indipendenza, e credo che se ciò avverrà ci sarà bisogno di personale preparato. ecco, io vorrei poter tornare. non oggi, perché c’è ancora il dittatore.
Voglio tornare con più preparazione e per poter costruire un futuro lì per
me e per i figli che verranno. mia moglie invece vuole continuare a studiare e intraprendere un’impresa economica, appena sarà in grado di farlo.
Quando immaginavi il ricongiungimento ti aspettavi che sarebbe stato più facile o più difficile da un punto di vista delle procedure?
V: abbiamo incontrato molte difficoltà procedurali. ad esempio, l’atto
di matrimonio doveva essere verificato, visto che ci siamo sposati in nigeria.
le verifiche necessarie hanno richiesto un paio di mesi, e nel frattempo non
ci davano nessuna risposta. mia moglie andava in ambasciata ogni due, tre
giorni senza avere risposte e dopo aver ottenuto la trascrizione dell’atto, le
hanno detto che aveva bisogno anche di un avvocato per ulteriori accertamenti. Questo ha richiesto un altro mese di attesa e con i relativi costi per
pagare l’avvocato. ogni volta che lei andava in ambasciata, c’era una scusa
per cui doveva ritornare. era tutta una scusa e lei non sapeva se avrebbe
avuto il visto. anche io, qui, ero preoccupato ma non le telefonavo perché
lei era già molto stressata. Quando è arrivata in italia era diventata magra
come il mio mignolo. era andata da una città all’altra per sbrigare queste
pratiche, spendendo anche moltissimi soldi anche solo per l’autobus. tutta
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APPENDICE - 11 INTERVISTE A RIFUGIATI RICONGIUNTI
Intervista 9
la procedura è durata sette mesi. eravamo molto stressati, stavamo spendendo molti soldi e non sapevamo quando ci saremmo rivisti. inoltre naturalmente sentivamo entrambi la mancanza. era diventato un inferno. non
so, forse alla fine sette mesi forse sono un tempo normale per questo tipo
di procedure. Credo ci siano ragazzi che hanno dovuto aspettare molto più
tempo di noi.
Quale aiuto hai ricevuto (dal CIR – da altre organizzazioni) e dove
questo aiuto è servito in maniera indispensabile a superare tali problemi?
V: il Cir mi ha aiutato molto per le pratiche svolte qui in italia, quindi
soprattutto da un punto di vista legale. e nonostante fossi stato indirizzato
alla Croce rossa italiana per avere un aiuto per il biglietto aereo, alla fine
invece l’ho pagato io perché continuavano a dirmi che dovevo aspettare. mi
avrebbero potuto dare solo una parte del biglietto ma non subito; io non
volevo più rimandare. naturalmente questo dei costi necessari per potersi
ricongiungere è un il punto negativo che in un progetto va previsto. il Cir
inoltre mi ha aiutato ad iscrivermi ad un master universitario. purtroppo
però non sono riuscito a portarlo a termine perché dovendo lavorare fino
alle cinque o sei del pomeriggio finiva che arrivavo a lezione solo per mettere le firme. e non è questo che mi interessava! io non volevo avere solo le
presenze, volevo imparare davvero! Forse non era il momento giusto, era
troppo presto per pensare di poter studiare.
La tua famiglia in Camerun è stata aiutata?
V: no, non nella pratica per il ricongiungimento. le nostre famiglie ogni
tanto in Camerun si incontrano e si sostengono a vicenda per quello che
possono. si aiutano e sono vicine anche se vivono in villaggi diversi. io per
quello che posso provo ad aiutarle entrambe.
Su quale aspetto pensi che le organizzazioni come il CIR dovrebbero concentrarsi ?
V: il Cir fa già abbastanza, ma ci vorrebbe un aiuto, un progetto sostanziale sull’argomento dell’alloggio, per le case. ecco questo sarebbe fondamentale. per noi che ci siamo alzati un giorno e siamo dovuti andare via
all’improvviso, è davvero difficile. C’è bisogno d’aiuto.
Cosa significava per te essere qui in Italia e pensare alla tua
famiglia lontana?
V: io ero qui e sentivo la sua mancanza. non ero troppo preoccupato,
volevo solo che ci riunissimo per formare di nuovo la nostra famiglia.
insieme possiamo affrontare meglio le difficoltà e guardare con serenità al
futuro.
Quali erano le tue principali aspettative?
V: sapevo che avrei dovuto affrontare più difficoltà con lei qui, da man-
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APPENDICE - 11 INTERVISTE A RIFUGIATI RICONGIUNTI
tenere. almeno per questo primo periodo. io spero di trovare un lavoro
migliore, o almeno uno dove mi paghino. per il momento continuo ad
andare a lavorare lo stesso, che resto a fare a casa se non ho niente da fare?
Intervista 9
Cosa pensava tua moglie? Aveva voglia di raggiungerti? Come
interpretava le lunghe attese?
V: lei voleva raggiungermi, naturalmente. sua madre voleva che lei
venisse in italia, voleva che la figlia studiasse, che lasciasse la vita miserabile
che faceva là. inoltre forse sperava che da qui potesse aiutarla anche un po’.
Quello che accade è che quando spieghi che le cose qui sono difficili, loro
non ci credono. Comunque la mamma vuole solo che il matrimonio funzioni, che la figlia stia bene. e su questo non voglio deluderla.
Reputi positivamente la scelta di ricongiungerti con tua moglie?
V: sì certo, sono felice di vivere di nuovo con mia moglie. e lei con me.
non è facile, ma ci impegniamo per migliorare la nostra condizione.
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APPENDICE - 11 INTERVISTE A RIFUGIATI RICONGIUNTI
Intervista 10
T. è un rifugiato proveniente dal Camerun ed è arrivato in Italia nel
2007. T. si è rivolto al CIR in diversi momenti; nel 2009 ha chiesto aiuto per
l’affitto di casa e dopo 2 anni ha chiesto supporto nella pratica del ricongiungimento familiare.
T., si era sposato con rito tradizionale solo poco tempo prima di fuggire. Il figlio non aveva neanche un anno. In un primo momento T. ha condiviso l’idea di ricongiungere solo il figlio perché non poteva dimostrare di
essere sposato. In un secondo momento ha riflettuto sulle difficoltà che
avrebbe avuto da solo con il figlio in Italia e ha pensato che per superare gli
ostacoli burocratici avrebbe dovuto sposarsi con matrimonio civile; per questa ragione si è incontrato in Ciad con la moglie per ufficializzare il matrimonio.
Nel 2012 è arrivata sua moglie; il figlio, è rimasto in Camerun presso la
nonna paterna. Con la moglie sta aspettando la stabilizzazione della situazione lavorativa e abitativa prima di procedere a ricongiungersi anche con
il figlio.
Quale è l’attuale condizione della tua famiglia?
T: Vivo con mia moglie ad acilia, in una casa presa in affitto da una
signora, con la quale abbiamo instaurato buoni rapporti. a parte qualche
piccolo lavoretto che bisogna fare a casa, va tutto bene.
nostro figlio invece è ancora in Camerun dove vive con mia madre, a cui
è molto legato. naturalmente ci manca, e appena ci sistemiamo un po’
meglio, faremo venire anche lui, così la nostra famiglia si sarà ricomposta.
Quali cambiamenti sono intervenuti nella tua vita in vista dell’arrivo di tua moglie?
T: sapevo che ci sarebbero state delle difficoltà, innanzitutto economiche. ma in ogni caso adesso con lei è più facile. ero da solo dal 2009 e ognuno di noi sentiva la mancanza dell’altro. e soprattutto all’inizio, quando io
sono fuggito, non sapevamo quando ci saremmo rivisti.
Da un punto di vista economico non è semplice, con lei qui che ancora
non lavora. Fortunatamente ho un contratto a tempo indeterminato come
scaffalista in un supermercato. e quindi non abbiamo grosse difficoltà.
inoltre cerco di spedire tutti i mesi dei soldi a mia madre e a mio figlio e questo non è sempre facile. Qualche mese fa è arrivato il conguaglio del gas…
così a volte è davvero difficile.
Quali sono le tue attuali preoccupazioni e aspettative?
T: non ho grossissime preoccupazioni, non ho paura di fallire, perché
tutto ciò che intraprendo, è fatto con molta passione e dedizione. mi auguro che lei possa trovare presto un lavoro, e così darmi anche economicamente una mano.
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APPENDICE - 11 INTERVISTE A RIFUGIATI RICONGIUNTI
Quale è stato il momento più difficile da un punto di vista pratico? E da un punto di vista emotivo?
T: Da un punto di vista “pratico”…sposarsi in Ciad. noi in Camerun eravamo sposati solo con un matrimonio tradizionale, quindi per ottenere tutti
i documenti necessari al ricongiungimento ci siamo incontrati in Ciad.
Questo è stato l’unico intoppo burocratico. in ogni caso i tempi di attesa
non sono stati molto lunghi. emotivamente mi ha molto colpito rivedere
mio figlio in Ciad. lui non mi riconosceva, il primo giorno.
si è seduto al mio fianco rimanendo in silenzio senza neppure guardarmi. Quasi non sapeva chi fossi, nonostante ci siamo spediti molte fotografie. poi dopo il primo giorno, mi è saltato addosso e abbiamo iniziato a giocare come padre e figlio.
Intervista 10
Quando immaginavi il ricongiungimento ti aspettavi che sarebbe stato più facile o più difficile da un punto di vista delle procedure?
T: non sapevo realmente che tipo di difficoltà avremmo dovuto affrontare per il ricongiungimento, ma abbiamo avuto un sostegno importante
dal Cir e dal laB. 53. per il resto, volevamo stare di nuovo assieme, e sapevamo che insieme avremmo affrontato ogni difficoltà.
mia moglie ha dovuto attendere i normali tempi burocratici per il rilascio del visto, un paio di mesi, credo. per il rilascio del nulla osta, abbiamo
dovuto attendere un po’di più, da giugno ad ottobre. per l’esame del Dna,
quando verrà nostro figlio, non credo ci siano problemi, abbiamo il certificato di nascita e tutto quello che occorre.
Quale aiuto hai ricevuto (dal CIR – da altre organizzazioni) e dove
questo aiuto è servito in maniera indispensabile a superare tali problemi?
T: sono stato aiutato soprattutto economicamente per l’acquisto dei
biglietti aerei per andare in Ciad. Dal laboratorio 53 mi sono allontanato
quando ho iniziato a lavorare, ma ho mantenuto i rapporti.
La tua famiglia nel paese di origine è stata aiutata? Che problemi e ostacoli ha dovuto superare?
T: io ho provato ad aiutare la mia famiglia da qui, spedendo dei soldi
ogni mese, appena ho iniziato a lavorare.
Su quale aspetto pensi che dovrebbero concentrarsi gli sforzi
delle organizzazioni come il CIR?
T: Credo che il Cir dovrebbe concentrare i suoi sforzi anche per quanto
riguarda le consulenze con le ambasciate. provo a spiegarmi: oltre naturalmente all’aiuto economico per l’affitto e il resto, il Cir dovrebbe aiutare le
persone richiedenti asilo nel compilare le domande che sei costretto a scrivere e che non sempre sono semplici da capire. inoltre c’è sempre la paura
che qualcosa non possa funzionare quindi il rischio che il progetto non si
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APPENDICE - 11 INTERVISTE A RIFUGIATI RICONGIUNTI
Intervista 10
realizzi. avere una consulenza serve anche a tranquillizzare le persone, che,
come i rifugiati, sono anche in uno stato emotivo molto alterato e fragile.
Cosa significava per te essere in Italia e sapere la tua famiglia
nel paese d’origine?
T: io amavo la mia famiglia e per questo ho deciso di scappare dal
Camerun. la prima idea è stata quella di allontanarmi, per non mettere in
pericolo loro. sapevo che ci saremmo rivisti, ma non sapevo quando. una
volta che sono arrivato in italia, ho potuto telefonare e sentire che tutto andava bene e mi sono tranquillizzato. se loro in Camerun non avevano problemi,
io ero tranquillo. mi mancavano molto. mia moglie mi diceva che nostro figlio
mostrava la mia foto ai suoi amici dicendo con orgoglio: “lui è mio padre ed
è dovuto scappare”, anche se non sapeva perché ero scappato. ecco io e mia
moglie abbiamo dovuto attendere cinque anni per ritrovarci.
Quali, invece, le tue aspettative principali?
T: sapevo che la vita in italia e in europa era diversa, ma non mi aspettavo tanta povertà anche qui. ho visto molte persone dormire per strada e
chiedere pochi spicci per strada. l’unica aspettativa era quella di poter vivere liberamente e serenamente.
Cosa pensava la tua famiglia, dall’altra parte?
T: mia moglie non aveva un’idea precisa dell’italia e io non le raccontavo troppo per non spaventarla e poi non mi avrebbe creduto. e’ bastata una
settimana perché si rendesse conto di qual è la situazione qui. Dell’italia non
aveva un’idea precisa, solo confrontandola forse con il Camerun. …lì è tutto
più difficile. ma naturalmente voleva venire per ritornare a vivere insieme.
la nostra separazione l’aveva esasperata, e non aveva neanche capito bene
perché ero dovuto scappare. solo adesso lo ha compreso. presto faremo
venire anche nostro figlio. Ci sentiamo abbastanza spesso al telefono ma è
sempre un po’ distratto dalle sue cose quotidiane. Ci manca, ma fra un paio
di anni verrà anche lui qui.
Quali erano le aspettative e le preoccupazioni di tua moglie?T:
tornare a vivere tutti insieme, e trovare un lavoro e avere una casa dignitosa. non si aspettava molto altro. ora spesso è a casa a guardare la televisione anche solo per imparare l’italiano, e poi è una ragazza moto riservata,
non le piace uscire o farsi delle amiche. Qualche volta esce per fare la spesa,
ma perlopiù, per ora, resta a casa. e’ serena e felice. all’inizio del prossimo
mese inizierà un corso di italiano e vorrebbe lavorare come parrucchiera,
vedremo.
le preoccupazioni sono arrivate con l’ingresso in italia. prima se le avessi raccontato quanto è difficile vivere e lavorare qui in italia, non mi avrebbe creduto. inoltre lei non voleva partire senza nostro figlio, ma al momento credo che questa sia stata la scelta migliore, anche se naturalmente ci
manca.
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APPENDICE - 11 INTERVISTE A RIFUGIATI RICONGIUNTI
Oggi reputi positivamente questa scelta?
T: sì certo, siamo felici. io lavoro con un contratto a tempo indeterminato in un supermarket e così il nostro tenore di vita è abbastanza buono. non
possiamo lamentarci.
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Intervista 10
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APPENDICE - 11 INTERVISTE A RIFUGIATI RICONGIUNTI
Intervista 11
C. è una donna camerunense a cui è stata riconosciuta la protezione
umanitaria, nel 2008. Nel 2011 ha presentato richiesta per il ricongiungimento familiare con le sue due figlie di 13 e 8 anni.
C. vive in una appartamento con il suo compagno italiano ed è ancora
in attesa del rilascio dei visti per le sue figlie. C. ha vissuto parecchi mesi in
alcuni centri di accoglienza di Roma. A seguito di una TBC ossea ha sofferto di gravi problemi alla colonna vertebrale. Nonostante i suoi problemi di
salute C. ha frequentato corsi di formazione professionale e corsi di italiano. Ha trovato lavoro come segretaria, ma purtroppo qualche mese fa la
società per cui lavorava è fallita.
Con l’aiuto economico del CIR ha preso una casa in affitto dove tutt’ora
vive con il suo attuale compagno italiano ed ha ottenuto il Nulla Osta per il
ricongiungimento familiare.
Quale è la tua attuale condizione?
C: Vivo in italia dal 2007, e ho due figlie che vivono con mio fratello in
Camerun, precisamente a Doula che si trova a circa 5 ore di viaggio dalla
capitale. il padre della prima bimba è deceduto nel 2002, mentre di quello
della seconda non ho più avuto notizie. adesso qui in italia ho un nuovo
compagno, che è preparato e accetta l’idea che le mie figlie mi raggiungano. la cosa più difficile da immaginare, è avere una figlia che non ti conosce! mi spiego meglio: la mia seconda figlia, che ora ha 8 anni, non mi vede
da quando ne aveva 2. l’altro giorno quando ho telefonato a mio fratello,
la piccola non voleva neanche venire al telefono, non sapeva cosa dirmi,
come se fossi un’estranea! alle mie figlie non ho detto nulla del ricongiungimento. non voglio creare false aspettative: se poi non riesco a concludere la pratica?
Quali cambiamenti ci sarebbero nella tua vita con l’arrivo dei
tuoi familiari?
C: so che non sarà semplice, dovrò prendermi cura anche di loro, ma
tutto nella mia vita si aggiusterà con il loro arrivo; ne sono certa. so che non
sarà facile, ma il pensiero di riabbracciare le mie figlie mi riempie di gioia, e
in un certo senso renderà tutto più facile, più vivibile. so che con il loro arrivo dovrò lavorare di più, ma questo non mi spaventa.
Quali sono le tue attuali preoccupazioni e aspettative?
C: prima, la mia preoccupazione era la casa, ora con il progetto di ricongiungimento ho ottenuto questo piccolo traguardo: una casa che mi ha permesso di uscire dai centri di accoglienza e di ottenere il nulla osta. Questo
ha completamente cambiato la mia prospettiva sul mondo, sulla mia vita,
adesso posso davvero immaginare di farle venire qui, prima senza neanche
una casa, non avrei potuto farlo. ora sono preoccupata di riuscire a completare la procedura. in qualche modo sono riuscita a pagare il test del Dna
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APPENDICE - 11 INTERVISTE A RIFUGIATI RICONGIUNTI
che mi è stato richiesto, ore per i biglietti non so proprio, ma devo riuscirci!
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Quale è stato il momento più difficile da un punto di vista pratico? E da un punto di vista emotivo?
C: il momento più difficile è stato ottenere i documenti per le mie figlie.
i tempi sono stati molto lunghi. a partire dal test del Dna, fino ai visti.
sembra che tutto il Camerun debba fare test del Dna. inoltre l’ambasciata,
non risponde al telefono, né di persona. È pazzesco, tutto si deve fare via
internet! lì poi non è facile connettersi ad internet, come qui in italia. Così
sono stata costretta ad occuparmi io di molte faccende che da lì, mio fratello non poteva risolvere. inoltre mio fratello non vive a Yaoundè, quindi
l’ambasciata dista 5-6 ore con la macchina, e non è semplice, andare e poi
tornare indietro, a volte senza neppure aver risolto nulla.
ho dovuto attendere due anni per avere i nulla osta. adesso dopo i test
del Dna credo che dovrò aspettare altri sei mesi per ottenere i visti. i servizi on line non mi hanno agevolato affatto e la lista di attesa online è infinita.
Quando immaginavi il ricongiungimento ti aspettavi che sarebbe stato più facile o più difficile da un punto di vista delle procedure?
C: immaginavo che le procedure fossero lente, ma non così tanto! però,
contro ogni aspettativa, sono riuscita ad ottenere il nulla osta. se sono riuscita in questo posso riuscire anche nel resto.
Quale aiuto hai ricevuto dal CIR o da altre organizzazioni e dove
questo aiuto è servito in maniera indispensabile a superare tali problemi?
C: il Cir mi ha sostenuto per la casa pagando la caparra e due mesi di
affitto. senza la casa non avrei mai potuto sperare di ottenere il nulla osta.
ma non solo, grazie al Cir ho ottenuto cose come un materasso ortopedico, sembra una cosa sciocca, ma prima soffrivo di forti mal di schiena che mi
impedivano di muovermi bene, camminavo con il busto ed ora invece sto
bene e non lo porto più. grazie a questo progetto ho risolto molti problemi; si può dire che ho ripreso a vivere. nel centro di accoglienza stavo male,
soprattutto fisicamente: portavo il busto, ero troppo magra perché non
potevo seguire la dieta di cui avevo bisogno. ora invece la casa mi ha aperto alla vita: non porto più il busto e le mie condizioni di salute sono molto
migliorate.
Su quale aspetto pensi che dovrebbero concentrarsi gli sforzi
delle organizzazioni come il CIR?
C: Credo che portare avanti progetti come questo del ricongiungimento sia fondamentale per chi come me arriva in italia e ha poche altre aspettative. ricongiungersi con la propria famiglia è il punto di partenza per una
vera e propria integrazione. senza di questo, so che mi mancherebbe sem-
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APPENDICE - 11 INTERVISTE A RIFUGIATI RICONGIUNTI
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pre qualcosa. Questi progetti non dovrebbero avere scadenza!
Cosa significa per te essere in Italia e sapere la tua famiglia nel
paese d’origine?
C: tristezza! avere due figlie e non poterle vedere crescere mi tocca
profondamente. Quel che mi tocca di più è che la più piccola non mi conosce, non sa più chi sono. la piccola chiama la moglie di mio
fratello”mamma”e questo mi dà un’enorme tristezza. loro sono tutto ciò
che ho di più caro. Certo ci sentiamo al telefono, ogni tanto ci scambiano
delle foto, ma naturalmente non è lo stesso.
Quali sono le tue aspettative?
C: la cosa che più mi importa ora è che loro vengano qui, da me, dalla
loro madre.
loro vogliono raggiungermi, certo, ma io non ho detto nulla del ricongiungimento perché se poi non si dovesse realizzare, la delusione sarebbe
troppo grande anche per loro.
Credo però che la più grande abbia intuito qualcosa, ma io non le voglio
dare conferme, non ancora.
mi spaventa un po’ il loro arrivo, ma niente mi ferma.
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APPENDICE - 11 INTERVISTE A RIFUGIATI RICONGIUNTI
RITROVARSI
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ITR OVA RSI PE
PER
R RICOSTRUIRE
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RICOST
TRUI R E
Pubblicazione finanziata dalla Presidenza del
Consiglio dei Ministri con il fondo dell'otto per
mille dell'IRPEF devoluto ai cittadini alla diretta
gestione statale per l'anno 2009 all'interno del
progetto "Ritrovarsi per Ricostruire. Intervento
di supporto al ricongiungimento familiare attraverso l'assistenza lavorativa e alloggiativa sul territorio nazionale in favore dei rifugiati e delle
persone in protezione sussidiaria"
Questo
Quest
to progetto è finanziato dalla Pre
Presidenza
esidenza del Consiglio
Ministri con il fondo dell’otto per mille
m dell’irpef devoluto
dei Ministri
c
staatale per l’anno 2009.
dai cittadini
alla diretta gestione statale
Fly UP