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leggi articolo - Ospedali riuniti di Trieste
OSPEDALI/CHIRURGIA PLASTICA
Dalle ossa al seno
le nuove tecniche
di ricostruzione
Fino a pochi anni fa la protesi in silicone era quasi sempre l’unica opzione
ricostruttiva per la donna operata di tumore al seno. All’asportazione parziale o totale
della mammella si poteva infatti porre rimedio soltanto utilizzando un cuscinetto in
gel, da inserire nella regione mammaria a sostituzione della ghiandola asportata. Oggi
i progressi della medicina, in particolare in microchirurgia, rendono invece possibile
una tecnica alternativa un tempo impensabile che consente di ricostruire la mammella
utilizzando i tessuti della stessa donna. Il nuovo metodo, finora mai utilizzato a
Trieste, è stata inaugurata nei nostri ospedali da Zoran Arnež, lubianese, da un anno
direttore della Chirurgia plastica ricostruttiva ed estetica, che con la sua équipe finora
ha operato così circa 40 donne.
Professor Arnez, in che cosa consiste questo intervento?
Per ricostruire il seno asportato si preleva un’opportuna quantità di tessuto adiposo
dalla regione addominale e lo si trasferisce nella regione toracica per ricostruire la
ghiandola mammaria e il tessuto adiposo. L’intervento chirurgico è preceduto da
un’accurata programmazione per individuare i piccoli vasi sanguigni presenti a
livello addominale mediante un apparecchio Doppler e, in collaborazione con la
Radiologia, mediante l’AngioTac, esame finora utilizzato solo in pochi centri
specializzati nel mondo. La fase più delicata dell’intervento è il tempo
microchirurgico in cui, nella regione mammaria, si esegue la micro - sutura dei vasi
sanguigni prelevati.
In quali casi è consigliato questo tipo di ricostruzione?
Spetta alla donna stabilire quale tipo di ricostruzione è più adeguata per se stessa. Il
medico deve sostenere questa scelta dandole tutte le informazioni possibili e
consigliandola in caso di dubbi. Si tratta comunque di una decisione molto personale.
Vi sono delle controindicazioni a quest’operazione?
L’intervento, che dura circa quattro ore, non si può fare se la donna non è in grado di
sopportare un’anestesia generale, ma non ci sono altri impedimenti. La signora deve
comunque essere consapevole che, per quanto il chirurgo cerchi di nasconderle,
rimarranno delle cicatrici sulla zona donatrice, l’addome. D’altro canto l’eccesso di
tessuto adiposo qui presente viene eliminato, così da ottenere un miglioramento
estetico nel cento per cento dei casi.
Perché insieme al tessuto si prelevano anche i vasi?
I vasi, tecnicamente chiamati peduncolo vascolare del lembo addominale, sono
fondamentali per la sopravvivenza del tessuto che viene trasferito. Per questo
vengono “cuciti”, utilizzando un microscopio, nella zona ricevente. In questo modo il
lembo sopravvive e si integra perfettamente nella regione da ricostruire.
E’ la grande differenza con la protesi.
Certo. Il seno così ricostruito dimagrisce, s’appesantisce e ha una mobilità
impossibile da ottenere con la protesi in silicone. A quasi sei mesi dall’intervento le
donne da noi operate dicono di aver riguadagnato anche la sensibilità al caldo e al
freddo. Va sottolineato anche che così non si coinvolge in alcun modo la mammella
sana, che in caso di ricostruzione con protesi spesso viene invece rimpicciolita o
sollevata.
Con la microchirurgia si possono eseguire anche altri tipi d’intervento?
A Cattinara la utilizziamo, in collaborazione con gli specialisti delle singole branche,
per ricostruire gravi perdite ossee e di tessuti molli in tutti i distretti corporei.
Ad esempio collaboriamo con la Clinica otorinolaringoiatrica per la ricostruzione a
seguito di asportazioni di tumori della testa, collo, cavo orale o con la Clinica
ortopedica, per il trattamento delle fratture esposte, che in assenza di tessuto ben
vascolarizzato, difficilmente guariscono.
Poi ci sono le conversioni di sesso.
E’ un settore d’attività per cui il nostro ospedale, con la Clinica urologica,
rappresenta un importante riferimento a livello nazionale. In questo campo la
microchirurgia consente, nel caso della donna che diviene uomo, la ricostruzione del
pene conservando la sensibilità e la funzionalità dell’uretra.
In una città piuttosto anziana come Trieste uno dei problemi di cui spesso vi fate
carico sono le cosiddette ferite difficili. Di che cosa si tratta?
Sono ferite che guariscono con molta difficoltà e in tempi molto lunghi: ulcere
cutanee venose o arteriose, post traumatiche o determinate da irradiazioni, piaghe da
decubito o piede diabetico. In questi casi il chirurgo plastico interviene in fase
avanzata, quando le medicazioni non bastano a gestire il problema, ricostruendo la
parte lesa con le opportune tecniche. L’obiettivo è ora quello di realizzare percorsi
diagnostici e terapeutici uniformati, in collaborazione con quanti, anche sul territorio,
si occupano di questa patologia.
Quanti interventi realizza, nell’arco di un anno, la Chirurgia Plastica?
Nel 2007 la nostra équipe ha portato a termine circa 400 interventi di grande
chirurgia, programmati o urgenti. Molti di questi hanno visto l’utilizzo di tecniche
microchirurgiche.
Abbiamo parlato finora di situazioni molto serie dal punta di vista medico. Ma
Chirurgia Plastica è di solito sinonimo di seni e nasi rifatti per capriccio estetico.
A Cattinara si eseguono interventi di questo tipo?
La chirurgia estetica è da noi quotidianamente praticata nel nostro ospedale o nelle
strutture convenzionate. Rientra nel regime di intramoenia ed è a totale carico del
paziente. Le richieste sono molte, ma non è certo il servizio sanitario pubblico che
deve sobbarcarsi questa spesa.
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