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Padiglione Nepal «Il terremoto non ci ha fermati
36 Le storie L’ECO DI BERGAMO MARTEDÌ 30 GIUGNO 2015 Expo 2015 Padiglione Nepal «Il terremoto non ci ha fermati» Calcinate. Il racconto del progettista Mool Narendra L’amicizia col geometra bergamasco Renato Kaneklin e il lavoro con gli italiani. «Ora venite a visitare il Paese» LAURA ARNOLDI Mool Narendra era in Italia il 25 aprile, quando il suo Paese, il Nepal, è stato sconvolto da violentissime scosse di terremoto. Mr Mool, come viene solitamente chiamato, utilizzando il nome invece che il cognome, non si dimenticherà quelle ore, in cui ha cercato di comprendere cosa stesse accadendo a migliaia di chilometri da Milano. Come architetto progettista del padiglione nepalese stava infatti lavorando per completare i lavori per l’apertura di Expo prevista la settimana successiva. L’architetto Mool Narendra e Renato Kaneklin, di Novazza Molto più che colleghi È un fiume in piena Mr Mool, racconta, parlando in un inglese veloce, le emozioni e i pensieri che si sono affastellati nella sua mente dopo la notizia del terremoto arrivata alle sette del mattino (erano mezzogiorno in Nepal). Lo incontriamo a Calcinate, sotto uno dei tendoni allestiti per la festa della scuola La Traccia. È arrivato con l’amico Renato Kaneklin, il professionista che ha coordinato i lavori al Padiglione, eseguiti dall’impresa Geo di Soncino. Come rappresentante delle maestranze lombarde ad Expo per il Padiglione Nepal, Kaneklin ha ricevuto una menzione speciale all’assegnazione del Premio Rosa Camuna; originario di Novazza, frazione di Valgoglio, Kaneklin ha vissu- to a lungo a Caravaggio ed ora a abita a Crema. Il lavoro e l’esperienza condivisa hanno reso l’architetto nepalese e il geometra bergamasco ormai molto più che colleghi. Mool racconta che cosa è accaduto quel giorno, quasi minuto per minuto, sottolineando che, grazie ai social, l’informazione è arrivata in tempo reale: «Mentre cercavo di telefonare, i miei operai mi cercavano». Arrivato all’alloggio degli altri nepalesi, Mool assiste a scene di disperazione: «Due operai stavano piangendo ed urlando, avevano appena saputo della morte dei loro parenti. Tutti hanno subito chiesto di rientrare». Mool non può permettersi di perdere la calma, deve pensare, prendere decisioni ed agire, intanto gli è arrivato un messaggio rassicurante dalla figlia: «Stiamo tutti bene». «Avuto il permesso di far rientrare le maestranze, ho cercato subito un volo; siamo andati all’aeroporto, abbiamo ottenuto la priorità e un volo speciale». Cosi la maggior parte degli operai riesce a imbarcarsi a poche ore dal sisma, per essere vicini alle proprie famiglie. Mool no: «Anche io ovviamente avrei voluto tornare nel mio Paese, ma mi sono detto che avevo una responsabilità e che sarei stato più utile al Nepal rimanendo in Italia e completando il lavoro». Un pianto liberatore Una volta accertato che anche gli anziani genitori stanno bene, nonostante il crollo di parte della casa, messi sull’aereo i suoi operai, Mool può lasciarsi andare a un pianto liberatore: «Avevo vicino questo mio amico» dice battendo una mano sulla spalla di Kaneklin. Il giorno dopo si riprende il lavoro a pieno ritmo e su questo punto Mool desidera fare chiarezza: «Qualcuno ha parlato di volontari italiani che ci hanno aiutato. Non è andata così». La notizia messa in giro di operai che si sono offerti per dare una mano, è una «bufala». «Le maestranze italiane e alcuni operai nepalesi rimasti hanno lavorato Il Padiglione del Nepal all’Expo di Milano 1 Nel giorno del sisma stava lavorando nel cantiere con i suoi operai 1 L’architetto: aiutati da volontari? Non è andata così. Ma gli italiani hanno un gran cuore Angola, polenta fra i piatti tipici E la chef ha Bergamo nel cuore Mai assaggiata la polenta all’ombra del baobab? La domanda non è così assurda. Forse non tutti sanno che la polenta è uno dei piatti tipici dell’Angola. Questo Paese dell’Africa centrale per Expo 2015 ha messo in campo un maestoso padiglione dedicato alle donne vero motore dell’economia locale - con al centro un baobab, pianta sacra nella cultura africana, in versione hi tech. La stessa pianta è un omaggio alle donne. E in questo sito espositivo tutto è «in rosa»: dal commissario generale dell’Angola a Expo (Albina Assis Africano) alla progettista del Padiglione (Paula Nascimento). E ancora: la padrona di casa di casa del ristorante gourmet, situato sulla terrazza al primo piano, è la Chef Cannella, nome d’arte di Elsa Viana. Parlando della sua cuci- na, sottolinea che la polenta tanto amata dai bergamaschi è considerata una prelibatezza anche dalla popolazione angolana. Questo piatto viene cucinato in decine di modi diversi: anche con la cannella. La regina della polenta angolana è innamorata di Bergamo e suo marito ha vissuto in città quando lavorava alla Triumph International di Orio al Serio, come direttore commerciale. «Sono innamorata di Bergamo - afferma con un sorriso smagliante - e spero di tornarci a visitarla». Sulla polenta spiega che ce ne sono di diversi tipi nel suo Paese: di mais, di patata dolce, di riso e di manioca. «Quest’ultima - dice la chef - è una vera prelibatezza, amatissima da tutta la popolazione. Si tratta di una radice che viene fatta fermentare in acqua, una volta essiccata viene La chef del Padiglione Angola ad Expo, Elsa Viana giorno e notte per poter completare il Padiglione. Sono fiero che ce l’abbiamo fatta, ma è sembrato che il lavoro sia stato completato da altri. Non è così». Le informazioni false hanno infastidito Mool: «Ci siamo sentiti un po’ usati». Dal 2 maggio Mool non rilascia più interviste e se oggi racconta, è perché lo ha accompagnato l’amico Kaneklin. «Gli italiani hanno mostrato gran cuore; il presidente del consiglio Renzi ha espresso solidarietà. I visitatori di Expo lasciano contributi al nostro Padiglione, accertandosi che siamo veramente nepalesi e che tutto finisca direttamente al mio popolo. Altri hanno fatto promesse a parole». C’è un messaggio che Mool vuole lanciare: «Se volete veramente aiutarci, venite in Nepal. Il mio Paese vive di turismo e fino ad ora i media hanno mostrato solo immagini di distruzione. In realtà a Katmandu dei 350 templi, ne sono crollati solo 4. E non sarà per noi un problema ricostruire, basta che la gente non smetta di visitare il Nepal. Questo è la cosa più bella che potreste fare. Non abbiamo bisogno di consolazione, ma di supporto concreto». Intanto Avsi onlus ha incontrato Mool con l’obiettivo di dare vita a progetti concreti di ricostruzione e solidarietà che possano creare legami e collaborazione anche dopo che i riflettori di Expo sul Nepal si spegneranno. triturata fino a ricavarne la farina che diventerà la base del “funji”, il nome angolano della polenta». E pensare che la polenta viene cucinata solo con l’acqua bollente, senza nemmeno il sale perché non deve coprire il sapore degli altri condimenti. «Il mio ristorante - spiega la chef - l’ho pensato come un laboratorio creativo di cucina dove la sperimentazione è la parola d’ordine. Qui realizziamo piatti tipici della cucina angolana e alcuni di essi vengono rivisti in chiave internazionale attingendo dalla cucina portoghese, brasiliana e italiana. Una curiosità: forse non tutti sanno che un altro piatto tipico dell’Angola è l’ossobuco con polenta». A stupire è anche il nome del ristorante: il Cannella Gourmet. «Uso la cannella in molte delle mie specialità - spiega Elsa - adoro sia il suo sapore, sia il colore. Ecco perché ho deciso di farmi chiamare chef Cannella». E, pensando a Bergamo, descrive uno dei suoi dessert migliori: la polenta alla cannella. Un bergamasco dovrebbe saltare sulla sedia sentendo parlare della polenta come dolce a fine pasto, ma al ristorante del Padiglione Angola è richiestissima. «È una ricetta che piace un po’ a tutti, grandi e piccini, perché è una delizia per il palato. La si cucina lasciando raffreddare la polenta. Poi viene tagliata a fette, quindi fatta friggere con burro e cannella, appunto». Dopo la presentazione delle sue ricetta, Elsa si sfoga sulla situazione del suo Paese, massacrato per anni da una terribile guerra civile per l’approvvigionamento di petrolio e diamanti. «Stiamo attraversando un momento di grandi cambiamenti, la guerra è finita e fortunatamente siamo in pace. Il nostro Paese deve avere la forza di rialzare la testa e guardare al futuro puntando sul turismo. È un peccato che sia poco conosciuto, ma è ricco di grande fascino». Subito dopo questa parentesi torna a parlare di alimentazione: «Pochi sanno che da noi è molto diffuso il baobab, albero sacro nella cultura angolana che nella nostra lingua si chiama “Imbondeiro”. Viene cucinato in diversi modi. C’è anche il gelato al baobab, una goduria per il palato». ©RIPRODUZIONE RISERVATA Roberto Conti