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Abuso e maltrattamento - Facoltà di Medicina e Psicologia

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Abuso e maltrattamento - Facoltà di Medicina e Psicologia
PSICOLOGIA GIURIDICA E DELLA DEVIANZA
ANNO ACCADEMICO 2011-2012
Prof.ssa Patrizia Patrizi
Collaborano al corso:
Dott.ssa Vera Cuzzocrea
Dott. Gian Luigi Lepri
Dott.ssa Irene Petruccelli
Dott.ssa Francesca Vitale
Abuso e maltrattamento
all’infanzia e all’adolescenza
lezione del 14.02.12
Dott.ssa Vera Cuzzocrea
PhD, psicologa giuridica, psicoterapeuta
Spazio Neutro Servizio di Psicologia Giuridica Clinica e Sociale Coop. Ceas Mentana (RM)
Obiettivi formativi specifici:
I. Evoluzione storica e culturale del child abuse
II. Definizioni
III. Valutazione dell’abuso: fattori di rischio, fattori
di protezione e resilienza
IV. Tipologie di abuso e maltrattamento
V. Esiti clinici
VI. Percorsi giudiziari e strategie psicosociali
(rif. De Leo, Patrizi, Psicologia Giuridica, par. 1-3)
CHILD ABUSE: alcune premesse - 1
L’abuso e il maltrattamento all’infanzia sono temi da sempre presenti
nelle pagine di storia,
tuttavia soltanto da pochi anni, si è progressivamente assunta una
maggiore consapevolezza della complessità di questi fenomeni e
dell’esigenza
di
affrontarli
attraverso
un
sistema
multidimensionale di analisi e intervento che comprende diversi
livelli di azione: livello psicosociale, clinico, giudiziario e legislativo.
come si è arrivati a considerare l’abuso all’infanzia un problema
serio di salute pubblica a livello internazionale di fronte al quale
si interrogano quotidianamente clinici, giuristi, operatori
territoriali e ricercatori;
manca però una definizione di abuso all’infanzia (soprattutto
sessuale) sulla quale tecnici e ricercatori prestino consenso.
CHILD ABUSE: alcune premesse - 2
Le evidenze sul child abuse (o child maltreatment) ci
permettono oggi di affermare che:
a) si tratta di un problema che coinvolge molti bambini e
bambine di paesi industrializzati;
b) include un’ampia varietà di condotte omissive e commissive in
ambito intrafamiliare ed extrafamilare;
c) può avere degli esiti molto gravi sullo sviluppo evolutivo delle
persone in età evolutiva offese;
d) non esistono modelli lineari che ci permettono di definire un
profilo tipo di bambino/a-adolescente abusato/a, di
“abusante” e/o “famiglia abusante”.
I. EVOLUZIONE STORICA E CULTURALE
Inizialmente, l’abuso è stato affrontato e definito
solo in ambito medico e l’interesse si è focalizzato,
quasi esclusivamente, sul maltrattamento fisico.
Successivamente, si sono sviluppati molti filoni di
ricerca atti a considerare tutte le forme di abuso.
Il ventaglio delle definizioni si è andato allargando
al punto da includere comportamenti che vanno
dalla violenza fisica all’abuso psicologico.
Anni ‘60 - Battered child syndrome
1860. Il primo studio documentato si deve al medico legale
francesce Tardieau che descrive il maltrattamento infantile attraverso
l’autopsia di giovani vittime.
1946-1955. Caffey, Wolley e Evans descrivono la sintomatologia
clinica specifica dei bambini maltrattati.
1962. Il pediatra americano Kempe definisce la c.d. Battered child
syndrome descrivendola come la forma più estrema di un ampio
spettro di lesioni non accidentali e deprivazioni sul bambino.
The battered child syndrome must be thought of first two years of life are due to the
battered child as only the extreme form of a whole spectrum of non-accidental injury
and deprivation of children. At one end of the spectrum is the child who is frankly
battered and may have repeated serious injuries (Kempe, 1971, p. 28).
Anni ‘70 – Abuso sessuale
Alla fine degli anni ‘70 l’abuso sessuale
viene definito come il coinvolgimento di
bambini e adolescenti in attività sessuali
che essi non comprendono ancora
pienamente e che sono tali da violare i
tabù vigenti nella società circa i ruoli
familiari (Kempe, 1978).
Si distingue in abuso intrafamiliare,
connesso al problema dell’incesto ed
extrafamiliare, legato al fenomeno della
pedofilia.
Anni ‘80 – Abuso psicologico - 1
Il maltrattamento psicologico del/la bambino/a consiste in atti
omissivi e commissivi che vengono giudicati, sulla base di una
combinazione di standard della comunità e di giudizi professionali,
essere psicologicamente dannosi.
Tali atti sono commessi da individui, singolarmente o
collettivamente, che per le loro caratteristiche (per es. età, status,
conoscenza, forma organizzativa) sono in una posizione di
differente potere.
Tali atti danneggiano immediatamente o successivamente il
funzionamento comportamentale, cognitivo, affettivo o fisico
del/lla bambino/a (International Conference on Psychological Abuse
of Children and Youth, 1983).
II. DEFINIZIONI DI CHILD ABUSE - 1
Alla fine degli anni ’70 si arriva a considerare l’abuso come:
Qualsiasi comportamento, volontario o involontario, da parte di adulti (parenti,
tutori, conoscenti o estranei) che danneggi in modo grave lo sviluppo psicofisico
e/o psicosessuale del bambino. Abuso è tutto ciò che impedisce la crescita
armonica del minore, non rispettando i suoi bisogni e non proteggendolo sul
piano fisico e psichico. Vi rientrano, dunque, non soltanto comportamenti di tipo
commissivo, entro i quali vanno annoverati maltrattamenti di ordine fisico,
sessuale o psicologico, ma anche di tipo omissivo, legati cioè all’incapacità più o
meno accentuata, da parte dei genitori, di fornire cure adeguate a livello
materiale ed emotivo al proprio figlio (Fergusson, Mullen, 1999).
II. DEFINIZIONI DI CHILD ABUSE - 2
Consiglio d’Europa (Strasburgo , 1978) - Definizione del IV
Seminario Criminologico:
Il maltrattamento si concretizza negli atti e nelle carenze che
turbano gravemente i bambini e le bambine, attentano alla
loro integrità corporea, al loro sviluppo fisico, affettivo,
intellettivo e morale, le cui manifestazioni sono la
trascuratezza e/o lesioni di ordine fisico e/o psichico e/o
sessuale da parte di un familiare o di un terzo.
II. DEFINIZIONI DI CHILD ABUSE - 3
L’OMS (1992) considera abusato/a un/a bambino/a quando:
i suoi genitori, tutori o persone incaricate alla sua
sorveglianza e custodia approfittano della loro posizione di
privilegio e si comportano in contrasto a quanto previsto
dalla Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti del bambino.
III. VALUTAZIONE DELL’ABUSO (1)
L’abuso non corrisponde ad una diagnosi clinica e il suo accertamento si deve
basare su una valutazione multisistemica che integra primo livello di analisi di
tipo clinico (riferito alla possibile presenza di un quadro sintomatologico, seppur
non connotato di un significato patognomonico) con un livello di analisi di tipo
psicologico-giuridico (ad esempio in riferimento alla testimonianza resa dal
ambino/adolescente presunta vittima e/o testimone dell’abuso) e psico-sociale
(riferita, ad esempio, alla necessità di effettuare un’attenta valutazione anche del
contesto familiare e ambientale del/la bambino/a).
E’ opportuno considerare la complessità del fenomeno, rinunciare ad
un’interpretazione sistematica e privilegiare un approccio multifattoriale e
chiaramente ancorato ad un criterio casistico tale da non trascurare la specificità
di ogni situazione.
III. VALUTAZIONE DELL’ABUSO (2)
Nessun “indicatore” può inequivocabilmente ricondurre ad una
vittimizzazione (sessuale): le attuali conoscenze in materia non
consentono infatti di individuare nessi di compatibilità/incompatibilità tra
sintomi di disagio e supposti eventi traumatici.
L’abuso all’infanzia va interpretato sulla base di approfondimenti
contestuali e di un’analisi accurata centrata sulla ricerca di “evidenze”
clinicamente fondate.
I fattori di rischio rappresentano il supporto per formulare una
valutazione psicosociale presuntiva di sospetto abuso o
trascuratezza, intesa come ipotesi che deve essere verificata con l’aiuto
di una équipe multidisciplinare (Fergusson, Mullen, 1999; SINPIA, 2007).
Fattori di rischio e di protezione
Si possono distinguere fattori protettivi e di rischio
individuali riguardanti la maggiore o minore vulnerabilità
personale allo stress (mediata da fattori neurobiologici,
temperamentali, affettivi, cognitivi), e ambientali, legati a
variabili quali la qualità delle relazioni di attaccamento alle
figure genitoriali, gli stress e i life event precedenti, gli interventi
psicosociali di sostegno e di supporto.
La ricerca psicosociale ha individuato gli indicatori di rischio
(intesi come «campanelli di allarme» che segnalano un rischio
relativo alla salute mentale del bambino ma non lo causano
direttamente) e i mediatori di rischio (fattori coinvolti
direttamente nel processo causale) (SINPIA, 2007, p. 23).
Resiliency
Una significativa percentuale di vittime non riporta alcun esito
psicopatologico: riescono ad assorbire, metabolizzare e normalizzare
l’esperienza traumatica subita.
Si parla in questi casi di resilience (o resiliency o resilienza)
intendendo con questo termine la capacità individuale di resistere e
fronteggiare adeguatamente gli effetti negativi del trauma (Rutter,
1990; De Leo, Scali, Caso, 2005).
Si tratta di un’abilità individuale che esprime “la capacità del
soggetto di attuare un’ampia gamma di risposte a seconda della
natura delle circostanze avverse intervenute” (Dèttore, Fuligni, 2008,
p. 161) e trae origine da influenze protettive sia interne alla persona
sia esterne, dell’ambiente, che operano insieme nel produrre le
differenze personali di reazione allo stress o al trauma.
Utilizzo dei fattori di rischio:
Non esclusivo
Non rigido (occorre valutarli in base alla
fase evolutiva, alla durata, persistenza e
immutabilità).
Integrato con una osservazione
generale del bambino e della famiglia.
Integrato con l’osservazione e la
valutazione di altri professionisti (assistenti
sociali, etc.).
IV. TIPOLOGIE DI ABUSO
Si è raggiunta una sempre maggiore consapevolezza che l’abuso
(in tutte le sue manifestazioni) rappresenta nei bambini e nelle
bambine un evento più frequente di quanto si possa immaginare e
che tali esperienze non rischiano di essere traumatiche soltanto
nell’immediato ma possono produrre danni e disturbi di vario tipo
anche a distanza di tempo.
Le stesse distinzioni categoriali tra casi di abuso fisico, sessuale e
psicologico sono, tuttavia, puramente accademiche avendo ogni
abuso fisico quasi sempre effetti negativi sullo stato psicologico
del bambino, e, viceversa, potendo il maltrattamento psicologico
essere accompagnato da condotte abusanti sul piano fisico.
American Academy of Child and Adolescent Psychiatry (1997):
a) Neglect: fornire cure adeguate e protettive. Può riguardare la mancata o
inadeguata alimentazione del bambino, la mancanza di cure o assistenza
medica, l’incapacità di proteggere il bambino dai rischi per la sua incolumità.
b) Physical abuse: inflizione di un danno al bambino da parte di persone
deputate alla sua custodia e può comprendere azioni come il dare percosse,
pugni, calci, morsi, etc. e può arrecare ferite e lesioni come fratture, emorragie
interne, contusioni, ustioni e intossicazioni;
c) Sexual Abuse: comprende diverse tipologie di condotte sessuali (toccamenti di
glutei o genitali, esibizionismo, fellatio, cunnilingus, penetrazione anale o
vaginale tra un bambino e un adulto o tra due bambini, quando uno di loro è
significativamente più grande o utilizza la coercizione per costringere l’altro
all’atto sessuale. In questa categoria rientra anche la pornografia minorile;
d) Psychological abuse: quando una persona trasmette al bambino un messaggio
di svalutazione e fa sentire al bambino di non essere amato attraverso azioni di
rifiuto (emotivo), terrorizzandolo, rimproverandolo, isolandolo.
Dèttore e Fuligni (2008):
1.
2.
3.
4.
5.
6.
7.
8.
maltrattamento fisico e psicologico
patologie delle cure
violenza assistita
abuso sessuale
pedofilia
prostituzione minorile
pornografia minorile
turismo sessuale
1) MALTRATTAMENTO FISICO
Si parla di abuso fisico quando i
genitori o le persone che sono
responsabili del/la bambino/a o
adolescente
eseguono
o
mettono il/la bambino/a in
condizioni di subire lesioni
fisiche (non accidentali o causate
da patologie organiche).
Fattori di rischio
Localizzazioni atipiche delle lesioni (su tessuti molli o zona
retroauricolare; torace, dorso, area genitale, caviglie…)
Contusioni che riproducano a stampo la morfologia del corpo contundente
che le ha provocate (mano, corda, cinghia…)
Ecchimosi presenti in bambini che ancora non camminino, o, in bambini
più grandi, quando localizzate nell’addome o torace
Morsi inferti da adulti
Ustioni da immersioni forzata (a calza o a guanto)
Ustioni da sigaretta
Fratture multiple con diverso stadio di evoluzione
Traumi cranici (rappresentano dal 10 al 20% degli abusi fisici e riguardano
soprattutto bambini al di sotto dei due anni)
1) MALTRATTAMENTO PSICOLOGICO
L’abuso psicologico implica una ripetuta
modalità di comportamento del genitore o
un episodio estremo, che comunica al/la
bambino/a di essere sbagliato/a, senza
valore, non amato, non voluto, o che il suo
valore è legato unicamente alla
soddisfazione di bisogni altrui (American
Professional Society on the Abuse of
Children, 1995).
L’International Conference on Psychological Abuse of Children and
Youth nel 1983 propone una classificazione dell’abuso psicologico
suddividendolo in sei tipologie di condotte:
a) rifiutare: azioni verbali e non verbali volte a sminuire, criticare,
umiliare, trattare il bambino in modo ostile o respingente,
mortificarlo o ridicolizzarlo, etc.;
b) terrorizzare: comportamenti che minacciano di produrre male
fisico, di uccidere, di abbandonare un bambino o di esporlo a
situazioni riconoscibili come pericolose;
c) isolare: include atti che negano in maniera consistente per il
bambino le opportunità di soddisfare i suoi bisogni di interagire e
comunicare con coetanei o adulti in casa o fuori di casa;
d) sfruttare/corrompere: atti che incoraggiano a sviluppare
comportamenti inappropriati e non adattivi come mostrare,
consentire o incoraggiare comportamenti antisociali (per es.,
prostituzione, spettacoli pornografici, iniziazione ad attività
criminali, abuso di sostanze, violenza o corruzione ai danni di
altri) e/o evolutivamente inappropriati (infantilizzazione,
realizzazione dei sogni irrealizzati dei genitori, etc.);
e) ignorare: fa riferimento agli atti che ignorano i tentativi e i
bisogni del bambino di interagire (l’essere distaccati e freddi per
incapacità o per mancanza di motivazione, interagire solo se
assolutamente necessario; etc.);
f) trascurare la sua salute fisica, mentale ed educativa.
L’abuso psicologico: questioni aperte
I confini dell’abuso psicologico sono sfumati,
confondendosi da un lato con atteggiamenti genitoriali
inadeguati o con sistemi educativi rigidi.
E’ molto importante la variabile culturale.
E’ spesso non intenzionale (ad es. assistere alla
violenza domestica tra adulti, rif. violenza assistita).
E’ spesso cronico: più che un singolo episodio, si
registrano frequenza, persistenza e durata del
comportamento abusivo.
Vuoto legislativo: non corrispondenza con categorie
giuridiche.
2) PATOLOGIA DELLE CURE
La patologia delle cure si riferisce
a quella
condizione in cui i genitori non riescono a modulare
la propria condotta in ottemperanza con i bisogni di
sviluppo (fisici, psicologici, medici ed educativi)
del/la bambino/a utilizzando modalità inappropriate
e disfunzionali.
Si suddivide in: Incuria fisica e psicologica; Discuria;
Ipercura.
Incuria fisica e psicologica
Si definisce incuria il fornire scarse o carenti cure fisiche, emotive ed
affettive, insufficienti rispetto all’età e ai bisogni evolutivi del/la
bambino/a e dell’adolescente.
Fattori di rischio
Vaccinazioni obbligatorie non eseguite;
carie dentali, disturbi visivi o uditivi non
trattati;
disturbi organici e patologie croniche non
adeguatamente considerati e trattati;
vestiti inadeguati all’età, al sesso, alle
stagioni in assenza di motivi oggettivi;
scarsa igiene;
distorsione delle abitudini alimentari;
sviluppo
psicomotorio
ritardato
e
rallentamento della crescita.
Discuria
Il fornire delle cure in modo inadeguato (anche in
riferimento all’età del/la bambino/a):
richieste di acquisizioni precoci e prestazioni superiori
per età/possibilità;
anacronismo delle cure: accudimento tipico di fasi di
sviluppo precedenti a quella effettiva;
iperprotettività con attenzioni e preoccupazioni
eccessive che limitano il bambino nell’apertura al
mondo.
Ipercura
Si ha quando si attua un’eccessiva medicalizzazione/attenzione
eccessiva allo stato fisico del bambino (comprende anche la
“Sindrome di Munchausen per procura”, il “Chemical Abuse” e il
“Medical – o Doctor – Shopping”).
Fattori di rischio
Ansia legata allo stato di salute fisica.
Assunzione impropria di medicine.
Frequente
descrizione
di
sintomi
fisici/malattie da parte del bambino e dei
genitori.
Conoscenza precoce di parti del corpo e
pratiche mediche.
Disturbi della percezione corporea.
3) VIOLENZA ASSISTITA
Riferita a quelle situazioni in cui il/la bambino/a è
testimone di episodi di violenza domestica.
Per violenza domestica si intende ogni forma di
aggressione fisica, di violenza psicologica, morale,
economica, sessuale o di persecuzione (stalking),
attuata o tentata agita all’interno di una relazione
intima presente o passata (Baldry, 2006).
Legge n. 154 del 2001
"Misure contro la violenza nelle relazioni familiari"
Art.1 (Misura cautelare dell'allontanamento dalla casa familiare)
1. Dopo il comma 2 dell'articolo 291 del codice di procedura penale è aggiunto il seguente:
"2- bis . In caso di necessità o urgenza il pubblico ministero può chiedere al giudice, nell'interesse
della persona offesa, le misure patrimoniali provvisorie di cui all'articolo 282- bis. Il provvedimento
perde efficacia qualora la misura cautelare sia successivamente revocata."
2. Dopo l'articolo 282 del codice di procedura penale è inserito il seguente:
"Art. 282- bis (Allontanamento dalla casa familiare)
1. Con il provvedimento che dispone l'allontanamento il giudice prescrive all'imputato di lasciare
immediatamente la casa familiare, ovvero di non farvi rientro, e di non accedervi senza
l'autorizzazione del giudice che procede. L'eventuale autorizzazione può prescrivere determinate
modalità di visita.
2. Il giudice, qualora sussistano esigenze di tutela dell'incolumità della persona offesa o dei suoi
prossimi congiunti, può inoltre prescrivere all'imputato di non avvicinarsi a luoghi determinati
abitualmente frequentati dalla persona offesa, in particolare il luogo di lavoro, il domicilio della
famiglia di origine o dei prossimi congiunti, salvo che la frequentazione sia necessaria per motivi di
lavoro. In tale ultimo caso il giudice prescrive le relative modalità e può imporre limitazioni.
3. Il giudice, su richiesta del pubblico ministero, può altresì ingiungere il pagamento periodico di un
assegno a favore delle persone conviventi che, per effetto della misura cautelare disposta,
32
rimangano prive di mezzi adeguati […].
Art.2 (Ordini di protezione contro gli abusi familiari)
1. Dopo il titolo IX del libro primo del codice civile è inserito il seguente:
"Titolo IX- bis"
ORDINI DI PROTEZIONE CONTRO GLI ABUSI FAMILIARI
Art. 342342- bis.
(Ordini di protezione contro gli abusi familiari)
Quando la condotta del coniuge o di altro convivente è causa di grave pregiudizio all'integrità fisica o
morale ovvero alla libertà dell'altro coniuge o convivente, il giudice, qualora il fatto non costituisca reato
perseguibile d'ufficio, su istanza di parte, può adottare con decreto uno o più dei provvedimenti di cui
all'articolo 342- ter.
Art. 342342- ter
ter.
(Contenuto degli ordini di protezione)
Con il decreto di cui all'articolo 342-bis il giudice ordina al coniuge o convivente, che ha tenuto la
condotta pregiudizievole, la cessazione della stessa condotta e dispone l'allontanamento dalla casa
familiare del coniuge o del convivente che ha tenuto la condotta pregiudizievole prescrivendogli altresì,
ove occorra, di non avvicinarsi ai luoghi abitualmente frequentati dall'istante, ed in particolare al luogo
di lavoro, al domicilio della famiglia d'origine, ovvero al domicilio di altri prossimi congiunti o di altre
persone ed in prossimità dei luoghi di istruzione dei figli della coppia, salvo che questi non debba
frequentare i medesimi luoghi per esigenze di lavoro.
Il giudice può disporre, altresì, ove occorra l'intervento dei servizi sociali del territorio o di un centro di
mediazione familiare, nonché delle associazioni che abbiano come fine statutario il sostegno e
l'accoglienza di donne e minori o di altri soggetti vittime di abusi e maltrattati; il pagamento periodico di
un assegno a favore delle persone conviventi che, per effetto dei provvedimenti di cui al primo comma,
rimangono prive di mezzi adeguati, fissando modalità e termini di versamento e prescrivendo, se del caso,
che la somma sia versata direttamente all'avente diritto dal datore di lavoro dell'obbligato, detraendola
dalla retribuzione allo stesso spettante. […]
33
4) ABUSO SESSUALE (1)
Qualsiasi comportamento, volontario o involontario, da
parte di adulti (parenti, tutori, conoscenti o estranei):
che danneggi in modo grave lo sviluppo
psicofisico e psicosessuale del bambino;
in contrasto a quanto previsto dalla
Convenzione delle Nazioni Unite sui Diritti del
Fanciullo;
impedisce la crescita armonica del/la minore,
non proteggendolo sul piano fisico e psichico.
4) ABUSO SESSUALE (2)
Viene considerato abuso sessuale qualsiasi attività sessuale tra
un adulto ed un/a bambino/a o adolescente, che per ragioni
di immaturità psico-affettiva e per condizioni di dipendenza dagli
adulti, non è ritenuto in grado di poter compiere scelte
consapevoli o di avere adeguata consapevolezza del significato e
del valore delle attività sessuali in cui viene coinvolto.
Le attività sessuali a cui fa riferimento la norma includono sia
rapporti sessuali veri e propri, sia forme di contatto erotico,
sia atti che non prevedono un contatto diretto, come l’esporre
il bambino alla vista di un atto sessuale (abuso sessuale assistito).
American Academy of Pediatrics (1999)
“Si può parlare di abuso sessuale nei casi in cui un bambino venga coinvolto
in attività sessuali che non è in grado di comprendere, per le quali non è
pronto e alle quali non può prestare consenso e/o che violano la legge o i
tabù sociali.
L’abuso sessuale include una gamma di attività che varia dallo stupro a
forme fisicamente meno intrusive di abuso sessuale: forme di contatti orogenitali, genitali o anali messe in atto sul bambino o dal bambino o le attività
sessuali senza contatto come l’esibizionismo, il voyeurismo o l’utilizzazione
del bambino nella produzione di materiale pornografico.
L’abuso sessuale può/deve essere differenziato dal “gioco sessuale”
valutando se sussiste un disequilibrio nel livello evolutivo dei partecipanti e
nel riscontro di un comportamento di natura coercitiva.
Legge n. 66 del 1996 “Norme contro la violenza sessuale” - 1
Aspetti fondamentali della norma/cambiamenti:
La natura del reato da contro la morale a contro la persona.
La tipologia di reato da “Violenza carnale e atti di libidine violenza” a
“violenza sessuale” ovvero: “qualunque atto sessuale, attivo o passivo,
imposto ad una persona contro la sua volontà, mediante violenza, minaccia o
abuso di autorità. Sono compresi nel reato gli atti sessuali che taluno è indotto a
compiere o subire a causa delle condizioni di inferiorità fisica o psichica al
momento del fatto o perché il colpevole si è, con l'inganno, sostituito ad altra
persona”.
Procedibilità (querela di parte/querela d'ufficio): la norma
precedente richiedeva che la vittima sporgesse denuncia o querela.
37
Legge n. 66 del 1996 “Norme contro la violenza sessuale” - 2
a.
Si procede d'ufficio, quindi anche contro la volontà della parte offesa,
a) se la vittima al momento del fatto non aveva ancora compiuto 14 anni;
b) se la vittima al momento del fatto non aveva ancora compiuto 16 anni e colpevole
della violenza è stato un genitore, un ascendente, un istruttore o un maestro cui il
minore era affidato;
c) se il reato è commesso da pubblico ufficiale nell'esercizio delle sue funzioni.
Questo vuol dire che chiunque venga a conoscenza dell'accaduto, tanto più se riveste
l'incarico di pubblico ufficiale (medico, operatore sociosanitario, operatore scolastico),
può denunciare il delitto all'Autorità' giudiziaria (artt. 331 e 334 c.p.p.).
b. In tutti gli altri casi il reato è procedibile a querela della persona offesa entro
sei mesi dal fatto delittuoso. Una volta fatta la querela, essa non può più essere
ritirata.
Chiunque costringa un minore di qualunque età a compiere o subire atti
sessuali, con violenza, minaccia o abuso di autorità, commette un reato
punibile con pene che vanno da 7 a 14 anni di carcere (se il minore ha
meno di 10 anni), da 6 a 12 (se < 14 o di 16, se il reo ne è genitore,
ascendente, tutore).
38
Fattori di rischio - 1
evidente peggioramento nell’andamento scolastico/difficoltà
di attenzione e apprendimento;
frequenti prolungate assenze da scuola;
umore negativo duraturo, isolamento, stanchezza cronica,
mancanza di fiducia e motivazione/interesse;
scarsa autostima e continua svalutazione di sé;
percezione corporea distorta;
iperattività e aggressività inusuale; pensieri, sentimenti,
comportamenti inusuali (improvvisi scoppi d’ira o instabilità
emotiva);
Fattori di rischio - 2
continue lamentele fisiche (mal di testa, mal di pancia, etc.);
conoscenze sessuali, interessi sessuali e comportamenti
sessuali inadeguati all’età;
particolari difficoltà relazionali (con adulti e/o coetanei);
abuso di alcool o droghe;
pensieri di morte;
autolesionismo o comportamenti distruttivi; minacce di
comportamenti dannosi per sé o per altri;
fughe o minacce di fuga;
Fattori di rischio e di protezione specifici
Krugman e Jones (1988) ritengono che nei/lle bambini/e che
hanno subito un abuso sessuale spesso sono individuabili:
a) INDIZI PRECOCI: è possibile che nei giochi o nelle relazioni con i coetanei, il bambino
faccia allusione ad argomenti sessuali o utilizzi comportamenti sessualizzati (da non
confondere con le fisiologiche espressioni della sessualità infantile, già evidenziabili a
partire dai tre anni di vita);
b) AFFERMAZIONI DIRETTE: il bambino racconta spontaneamente l’abuso (rif. ascolto
protetto in ambito giudiziario);
c) CONDIZIONI MEDICHE: dolori addominali, traumi genitali, uretrali o rettali, malattie a
trasmissione sessuale, infezioni ricorrenti del tratto urinario, enuresi, encopresi,
gravidanza, problemi scolastici, promiscuità o prostituzione, abuso di sostanze
psicoattive, abuso sessuale perpetrato a danni di altri;
d) CAMBIAMENTI COMPORTAMENTALI: disturbi del sonno (incubi o terrori notturni),
disturbi dell’appetito (anoressia o bulimia), disturbi nevrotici o della condotta, fobie o
comportamenti di evitamento, ritiro e depressione, sensi di colpa, capricci o condotte di
tipo aggressivo, eccessiva masturbazione, fughe, comportamenti suicidari, reazioni
isteriche o di conversione.
Ciclo della violenza?
La maggior parte delle vittime di abusi
sessuali infantili non divengono degli
autori di reati sessuali, malgrado
particolari esperienze siano associate ad
un elevato rischio di divenire attori
dell’abuso.
In uno studio longitudinale in un campione di 224 maschi vittime di
abuso sessuale 26 successivamente avevano commesso abusi sessuali
(victim-abusers).
Tra i fattori di rischio erano inclusi però anche trascuratezza da parte
della madre, mancanza di supervisione, abuso sessuale da parte di
una donna, violenza intrafamiliare (Salter et al, 2003).
42
5) PEDOFILIA
A livello clinico nel DSM viene inserita tra le parafilie e
comprende un ampio range di attività: <<[…] spogliare il
bambino e a guardarlo, a mostrarsi, a masturbarsi in
presenza del bambino, a toccarlo con delicatezza e a
carezzarlo. Altri, comunque, sottopongono il bambino a
fellatio o cunnilingus, o penetrano la vagina, la bocca o
l’ano del bambino, con corpi estranei, o col pene […] >>
(DSM-IV-TR, 2000, trad. it. 2005, pp. 610)
6) PROSTITUZIONE MINORILE
L’utilizzo dei bambini in attività
sessuali
in
cambio
di
compenso/retribuzione.
Legge n.269/1998 -
“Norme contro lo sfruttamento della
prostituzione, della pornografia, del turismo sessuale in danno di minori, quali nuove forme di
riduzione in schiavitù” (con relative integrazioni e modifiche apportate dalla legge n. 38/06).
Art. 2. (Prostituzione minorile)
1. Dopo l'articolo 600 del codice penale e' inserito il seguente: "Art. 600-bis. - (Prostituzione minorile).
- Chiunque induce alla prostituzione una persona di eta' inferiore agli anni diciotto ovvero ne
favorisce o sfrutta la prostituzione e' punito con la reclusione da sei a dodici anni e con la multa da
lire trenta milioni a lire trecento milioni. Salvo che il fatto costituisca piu' grave reato, chiunque compie
atti sessuali con un minore di eta' compresa fra i quattordici ed i sedici anni, in cambio di denaro o di
altra utilita' economica, e' punito con la reclusione da sei mesi a tre anni o con la multa non inferiore a
lire dieci milioni. La pena e' ridotta di un terzo se colui che commette il fatto e' persona minore degli
anni diciotto ".
2. Dopo l'articolo 25 del regio decreto-legge 20 luglio 1934, n. 1404, convertito, con modificazioni,
dalla legge 27 maggio 1935, n. 835, e' inserito il seguente:
"Art. 25-bis. - (Minori che esercitano la prostituzione o vittime di reati a carattere sessuale). - 1. Il
pubblico ufficiale o l'incaricato di pubblico servizio, qualora abbia notizia che un minore degli anni
diciotto esercita la prostituzione, ne da' immediata notizia alla procura della Repubblica presso il
tribunale per i minorenni, che promuove i procedimenti per la tutela del minore e puo' proporre al
tribunale per i minorenni la nomina di un curatore. Il tribunale per i minorenni adotta i
provvedimenti utili all'assistenza, anche di carattere psicologico, al recupero e al reinserimento del
minore. Nei casi di urgenza il tribunale per i minorenni procede d'ufficio. […]
7) PORNOGRAFIA MINORILE
La pornografia minorile consiste
nella riproduzione, per immagini,
suoni o scritti, di atti sessuali
coinvolgenti bambini e può essere
commerciale (cioè destinata ad
essere venduta) o home-made,
dunque
prodotta,
almeno
all’origine, non per la vendita ma
per
essere
collezionata
o
scambiata.
Art. 600 ter
Pornografia minorile
Art. 600 quater
Detenzione materiale pornografico
E’ punito chiunque, utilizzando
minori degli anni 18, realizza
esibizioni pornografiche, produce
materiale pornografico, ne fa
commercio ovvero induce minori
di anni 18 a partecipare ad esibizioni
pornografiche.
E’ punito chiunque con qualsiasi
mezzo anche per via telematica
distribuisce, divulga diffonde o
pubblicizza il materiale pornografico.
E’ punito chiunque
consapevolmente si
procura o detiene
materiale pornografico
realizzato utilizzando
minori degli anni 18
Legge 38/2006
"Disposizioni in materia di lotta contro lo sfruttamento
sessuale dei bambini e la pedo-pornografia anche a mezzo Internet”:
ampliamento della nozione di pornografia minorile;
introduzione del reato di “pornografia minorile virtuale”;
introduzione tra le pene accessorie dell'interdizione perpetua da
qualsiasi incarico nelle scuole di ogni ordine e grado, negli uffici o nelle
strutture, pubbliche o private, frequentate prevalentemente da minori;
agevolazione dell'attività degli inquirenti attraverso la possibilità di
arresto in flagranza di reato per l'acquisto o la cessione di materiale
pornografico minorile anche virtuale (l'arresto è facoltativo e può essere
deciso in base alle quantità e alla qualità del materiale reperito);
rinforzo e centralizzazione delle azioni di contrasto(Centro nazionale per
il contrasto della pedopornografia sulla rete INTERNET) .
NOVITA’ legislativa: Pornografia virtuale art 600
quater bis
Si ha quando il materiale pornografico rappresenta
immagini virtuali realizzate utilizzando immagini di
minori degli anni 18 o parti di esse.
Per immagini virtuali si intendono immagini realizzate
con tecniche di elaborazione grafiche non associate in
tutto o in parte a situazioni reali, la cui qualità di
rappresentazione fa apparire come vere situazioni non
reali.
Legge n. 38/2009
- “Misure urgenti in materia di sicurezza
pubblica e di contrasto alla violenza sessuale, nonché in tema di atti persecutori”
«Art. 612-bis (Atti persecutori). - Salvo che il fatto costituisca più grave reato, e' punito con
la reclusione da sei mesi a quattro anni chiunque, con condotte reiterate, minaccia o molesta taluno
in modo da cagionare un perdurante e grave stato di ansia o di paura ovvero da ingenerare un
fondato timore per l'incolumità propria o di un prossimo congiunto o di persona al medesimo legata
da relazione affettiva ovvero da costringere lo stesso ad alterare le proprie abitudini di vita La
pena è aumentata se il fatto è commesso dal coniuge legalmente separato o divorziato o da persona
che sia stata legata da relazione affettiva alla persona offesa. La pena è aumentata fino
alla metà se il fatto è commesso a danno di un minore, di una donna in stato di
gravidanza o di una persona con disabilità di cui all'articolo 3 della legge 5 febbraio 1992, n.
104, ovvero con armi o da persona travisata. Il delitto è punito a querela della persona offesa. Il
termine per la proposizione della querela è di sei mesi. Si procede tuttavia d'ufficio se il
fatto è commesso nei confronti di un minore o di una persona con disabilità di cui
all'articolo 3 della legge 5 febbraio 1992, n. 104, nonché quando il fatto è connesso con altro
delitto per il quale si deve procedere d'ufficio».
8) TURISMO SESSUALE
Una forma di sfruttamento sessuale da parte di un
adulto che si reca appositamente in un altro Paese
(solitamente un Paese in via di sviluppo) per avere
dei rapporti sessuali (a pagamento) con una persona
minorenne.
Legge n.269/1998 -
“Norme contro lo sfruttamento della
prostituzione, della pornografia, del turismo sessuale in danno di minori, quali
nuove forme di riduzione in schiavitù”
Art. 5.
(Iniziative turistiche volte allo sfruttamento della prostituzione minorile)
1. Dopo l'articolo 600-quater del codice penale, introdotto dall'articolo 4 della presente
legge, e' inserito il seguente:
"Art. 600-quinquies. - (Iniziative turistiche volte allo sfruttamento della prostituzione
minorile). - Chiunque organizza o propaganda viaggi finalizzati alla fruizione di attivita'
di prostituzione a danno di minori o comunque comprendenti tale attivita' e' punito con la
reclusione da sei a dodici anni e con la multa da lire trenta milioni a lire trecento
milioni".
[9) Adescamento on line - Grooming]
Il “grooming” è l’adescamento in rete,
ossia la manipolazione psicologica dei /lle
minori per scopi sessuali.
E’ attualmente in discussione in
Parlamento la legge di ratifica della
Convenzione del Consiglio d’Europa per la
protezione dei bambini contro lo
sfruttamento e gli abusi sessuali (c.d.
“Convenzione di Lanzarote”) del 25
ottobre 2007: la maggiore novità attesa
riguarda la previsione del c.d. reato di
"grooming“.
V. ESITI CLINICI (1)
Gli studi sull’abuso e il maltrattamento infantile concordano
nel ritenere l’esposizione a queste condotte molto pericolosa
per la salute psico-fisica dei/lle bambini/e coinvolti/e.
Clinici e ricercatori descrivono con assoluta unanimità un
ampio range di conseguenze psicologiche e comportamentali
tra cui: bassa autostima, ansia, depressione, rabbia e
aggressività, PTSD, dissociazione, abuso di sostanze,
difficoltà
sessuali,
preoccupazioni
fisiche
e
disturbi,comportamento autolesivo e autodistruttivo.
V. ESITI CLINICI (2)
Gli esiti possono essere riscontrabili a:
breve-medio termine: sintomatologia fisica, vissuti
psicologici, problematiche comportamentali;
lungo termine: abuso di sostanze, disturbi d’ansia,
PTSD, disturbi dissociativi e somatoformi, disturbi
dell’umore, disturbo borderline di personalità e
schizofrenia, disturbi alimentari, disturbi sessuali, malattie
sessualmente trasmissibili, gravidanze e prostituzione,
problemi sociali, comportamenti autolesionistici e suicidari,
etc.
(Dèttore, Fuligni, 2008)
V. ESITI CLINICI (3)
Le conseguenze possono inoltre essere suddivise in:
a) conseguenze neurobiologiche (aspetti neurormonali,
neuropsicologici, neurochimici, neuroanatomici);
b) conseguenze psicologiche (riferite all’organizzazione del
Sé,
alla
regolazione
degli
affetti,
allo
sviluppo
dell’attaccamento e dell’autostima).
(Caffo, Camerini e Florit, 2004)
V. ESITI CLINICI (4)
E’ però necessario tener presente che:
le persone sperimentano gli stessi eventi in maniera differente, a
seconda del loro livello di funzionamento attraverso tutte le aree
dello sviluppo psicologico e biologico (Rutter, 1989);
gli esiti di un abuso devono essere valutati caso per caso,
studiando l’impatto delle diverse variabili in gioco (tipo di evento
traumatico, fattori di rischio e fattori protettivi, tipologia di
intervento, etc.);
una significativa percentuale di bambini/e e adolescenti
abusati si presenta asintomatica e non mostra difficoltà di
adattamento.
VI. PERCORSI GIUDIZIARI E STRATEGIE
PSICOSOCIALI
A partire dalla notizia di reato, diversi livelli di intervento:
ambito penale
accertamento del
reato
ambito civile
provvedimenti di
protezione
servizi territoriali
azioni di protezione,
valutative, etc.
Come si “costruisce” una notizia di reato?
Un sospetto di abuso può formarsi in
base a una serie di fattori tra cui::
Informazioni raccolte nell’esercizio delle proprie
funzioni (colloqui con il bambino o con i genitori o altri
parenti, confidenze fatte spontaneamente dal bambino,
etc).
Presenza
di
segnali
fisici
o
psicologicocomportamentali (questi ultimi se accompagnati da
racconti o confidenze raccolte dal bambino o dai genitori
o altri parenti) di maltrattamento o abuso notati o
rilevati.
Rilevazione vs segnalazione
Qualunque decisione di attivare
percorsi di sostegno e giudiziari dovrebbe scaturire
da un sospetto “sufficientemente fondato”
Ecco dunque la necessità di rilevare:
elementi fisici e comportamentali mostrati dal /la bambino/a
aspetti contestuali
racconto eventualmente prodotto
Denunce fondate e infondate: tra la
necessità di fare emergere i “falsi negativi” ed
il rischio delle denunce infondate.
Anche le denunce infondate d’abuso oggi
hanno acquisito legittimità come fenomeno e
problema sociale.
“… è più probabile che conduca a risultati dannosi l’identificare
un abuso sessuale nei casi dubbi piuttosto che non identificarlo
nei casi effettivi” (Sandler e Fonagy,1997).
61
Segnalazione “qualificata” - 1
Presenza
di
un
sospetto
“sufficientemente fondato”. La
decisione di effettuare una
segnalazione dovrebbe scaturire
da un “sospetto sufficientemente
fondato” (come viene affermato
nelle Linee guida della S.I.N.P.I.A).
Preventiva valutazione clinica e
psicosociale fondata su segni fisici
evidenti e testimonianza diretta.
Segnalazione “qualificata” - 2
La segnalazione si concretizza a partire dalla ipotesi
ragionevolmente circostanziata e documentata che
sia stato commesso un reato tale da configurare un
pericolo o comunque una situazione pregiudizievole
per la salute fisica e/o psichica del bambino, tale da
meritare un intervento di accertamento da parte
dell’autorità giudiziaria (civile e/o penale).
La segnalazione dovrà inoltre contenere riferimenti al
contesto ambientale all’interno del quale sono stati
raccolti i segnali fisici e/o testimoniali, specie nei casi
di presunto abuso intrafamiliare e allorché il
denunziante è uno dei familiari.
Fattori di rischio vs segnalazione
I fattori di rischio vanno considerati dei segnali d’allarme.
Presi singolarmente sono non sono sufficienti a sostanziare
un’ipotesi di abuso.
La lettura dei singoli fattori di rischio va contestualizzata e
connessa al quadro complessivo degli elementi emersi (Caffo,
Camerini, Florit, 2004).
Non esistono sintomi, indicatori o comportamenti
specificamente riconducibili ad un’esperienza di vittimizzazione
sessuale.
Occorre molta cautela prima di inoltrare una segnalazione alla
autorità giudiziaria sulla sola base di un solo elemento di
valutazione o “indicatore” psicologico e/o comportamentale.
Strategie di intervento
Costruire ipotesi valutative e linee di
intervento sulla base degli elementi di
certezza
Scegliere le strategie di cui sia stata
dimostrata l’efficacia
Ascolto del
bambino
Valutazione degli
aspetti
psicosociali
Scelte
preventivo/terapeutiche
L’intervento multiagency
SERVIZI
TERRITORIALI
FAMIGLIA
SISTEMA
GIUDIZIARIO
Bambini/e e
adolescenti
OSPEDALI
SCUOLA
FORZE
DELL’ORDINE
PRIVATO
SOCIALE
Per concludere - 1
Le
definizioni relative alle singole forme di abuso possono
essere più o meno ampie in base al contesto storico, culturale e
sociale in cui nascono e trovano significato, alle ragioni per le quali
sono necessarie e agli usi per le quali vengono impiegate.
Nessun modello teorico consente da solo di pervenire ad una
comprensione soddisfacente delle complesse dinamiche
(individuali e sociali) all’origine del fenomeno dell’abuso e del
maltrattamento.
Non è individuabile un profilo tipo di bambino/adolescente
abusato: l’identificazione di un bambino a rischio di abuso sulla
base di indicatori familiari e sociali ha buone probabilità di essere
molto imprecisa e potenzialmente fuorviante.
Per concludere - 2
è illusorio pensare di progettare interventi a
partire da “indicatori” che non vengano
analizzati
alla
luce
del
contesto
familiare/sociale e della storia evolutiva del
soggetto.
Emerge
una
difficoltà
interpretativa
derivante da una parte dalla consapevolezza di
trovarsi di fronte ad un fenomeno più esteso di
quello rilevabile dalle statistiche ufficiali
(sommerso);
dall’altra, tuttavia, si ha la sensazione che le
statistiche esistenti possano sovrastimare il
fenomeno in quanto possono logicamente
contenere dei falsi positivi (false denunce).
Per concludere - 3
Riflettere sulla “definizione” è importante poiché
operativamente, le decisioni che prendiamo in merito
alla definizione influenzano:
Dati che raccogliamo
Come li interpretiamo
Modelli teorici che sviluppiamo
Le strategie/procedure di intervento che approntiamo
(anche e soprattutto nelle modalità di rapportarsi al
bambino presunta vittima di abuso).
Grazie.
[email protected]
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