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Cespugli d`ombra
I.P.S. "E. Fermi" Verona Progetto Scrittura creativa a.s. 2011 – 2012 Concorso di narrativa "In punta di penna" Genere giallo - azione Primo premio Cespugli d'ombra di Anna Pellegrini – L.S. "G. Fracastoro" È giugno, e Lyla esce da scuola chiaccherando con le amiche. È felice, perché dopo una giornata così lunga e impegnativa, non vede l'ora di passare il pomeriggio a divertirsi e abbronzarsi in piscina, con Emily, Sarah e Katy. Le saluta e attraversa il parco diretta verso casa. Ha i lunghi capelli rossicci raccolti in una coda di cavallo, e la faccia arrossata dal sole cocente che le batte sulla pelle. Alcuni riccioli, sfuggiti all'elastico, escono dai lati della coda come le molle rotte di un divano vecchio. Indossa una canottiera azzurro cielo dello stesso colore dei suoi occhi, e dei calzoncini di jeans così corti, che a scuola la professoressa aveva avuto, stando alle parole della ragazza, la faccia tosta di rimproverarla. Le scarpe da ginnastica color grigio cenere, una volta erano bianche, ma a forza di trascinare i piedi per terra avevano rapidamente cambiato colore. Lyla passeggia per il sentiero coperto da grosse pietre tonde, che lo rendono un po' come quello di una fiaba. Tira dei piccoli calci all'acqua sporca delle pozzanghere rimaste, dopo la lunga settimana di pioggia ininterrotta che era appena passata. Il parco è pieno di persone, gente che gioca a ping pong, uomini che portano fuori il cane a fare una passeggiata, signore coi passeggini che, sedute sulle panchine, parlano della bellezza dei loro figli. Alti spruzzi d'acqua escono dalla fontana che si trova proprio al centro del prato, e dei bambini si divertono a correrle vicino cercando di evitare gli schizzi. Risate invadono l'aria e la rendono leggera e serena come lo scroscio delle onde del mare quando questo è liscio come l'olio. Lyla continua a camminare, ma il caldo la sta soffocando, così si ripara dietro un gruppo di cespugli all'ombra, ai bordi del parco. L'improvviso cambio di luce non le fa vedere dove mette i piedi, e la ragazza inciampa in qualcosa di morbido e freddo come il ghiaccio, che la fa cadere a terra. Si rialza subito, e si volta per vedere in cosa fosse inciampata, e in quel momento, dopo aver voltato lo sguardo, il sangue le si ferma nelle vene. Per terra, in mezzo ai cespugli e coperta di foglie, c'è una donna. I capelli biondo platino sono sciolti, e giacciono sul terreno formando una specie di corona sulla sua testa. Ha gli occhi chiusi come se dormisse, ma la sua pelle è bianca come quella di un fantasma. Le labbra carnose e coperte di rossetto sono socchiuse, e sull'esile collo dei segni violacei le fanno da collana. È una donna vestita in modo elegante, con alti tacchi e un aderente vestito nero. Uno scialle di seta rossa giace vicino al suo viso. Lyla è terrorizzata, cerca di urlare, di chiamare aiuto, ma la voce le si strozza in gola, dietro quel nodo che non ti permette di urlare quando stai per piangere. È nel panico non sa cosa fare. Deve cercare aiuto, ma non riesce a fare un passo che viene afferrata da dietro, una mano le tappa la bocca e il naso e Lyla, non riuscendo più a respirare, perde i sensi. Si risveglia in un angolo del parco, sdraiata su una panchina; un ragazzo di circa trent'anni è chinato su di lei come per controllare che stia bene, e quando lei apre gli occhi, la guarda sollevato, accennando un sorriso. Ha gli occhi castani e profondi e i capelli neri e mossi gli ricadono sulla fronte, in disordine. Lyla si alza di scatto dalla panchina, presa dal panico, ma la testa le gira, rischia di svenire di nuovo e per non cadere, afferra il braccio del ragazzo, che la sostiene. Sente tra le dita il tessuto spugnoso di un polsino da tennis e riaprendo lentamente gli occhi, viene inondata dal colore giallo e abbagliante, come un raggio di sole in piena faccia, di quell'oggetto così piccolo. "Siediti, riprendi fiato." le dice il ragazzo. "No, non mi toccare! Lasciami stare!..." risponde la ragazza. Sente ancora la pressione di quella mano sulla sua bocca, la sensazione di non riuscire a respirare. La paura la ricopre come colla asciutta che le blocca tutti i pensieri rendendoli assurdi e irrazionali. Lyla si guarda intorno: nel parco ci sono tante persone e tutte felici. Questo la tranquillizza, facendo sciogliere quella colla invisibile che la avvolgeva pochi minuti prima. "Non ti preoccupare, non è successo niente. Adesso stai bene." prova a dirle il ragazzo per calmarla. "Scusami, non volevo essere così brusca. Sto bene, ma è tutto così strano..." risponde. "Sai, anch'io passo sempre dietro i cespugli all'ombra quando c'è questo caldo, pero' devi fare attenzione a non essere troppo sudata, sennò rischi di star male." le dice lui. "Ma come mi hai trovata?" "Devi essere svenuta, perché quando sono arrivato io eri dietro quella panchina, davanti all'aiuola. Ti ho presa e ti ho fatta stendere qui. Poi ho aspettato che ti risvegliassi, e ora, grazie a dio, ti sei svegliata e stai bene." di nuovo quel sorriso di sollievo. Lyla è confusa, ricorda di aver trovato una donna morta dietro i cespugli, e di essere stata trascinata via prima di poter avvisare qualcuno... ma perché allora, quel ragazzo sostiene di averla trovata svenuta dietro una panchina? Forse l'assassino, dopo averla presa, l'ha abbandonata nel parco pensando che fosse morta, o sperando che, una volta rinvenuta, dimenticasse tutto e pensasse di aver fatto solo un brutto sogno. E' comunque convinta di ciò che ha visto, ma per sicurezza se ne vuole accertare. "Si, hai ragione... dev'essere stato il caldo a farmi svenire, a volte mi succede. Grazie mille davvero per avermi aiutata. Adesso pero' devo andare, ciao" dice gentilmente al ragazzo; non vuole spaventarlo raccontandogli quello che ha visto e cosa le è successo veramente. Si alza lentamente dalla panchina e cammina verso il centro del parco. I bambini corrono ancora spensierati intorno alla grande fontana, niente nel parco dà segno che sia successo qualcosa di strano. Con la coda dell'occhio guarda l'uomo, la sta ancora seguendo con lo sguardo, probabilmente per controllare che stia bene e che non rischi di svenire di nuovo non appena lui si girerà. Quando finalmente anche lui si alza e torna alla sua partita di ping pong, Lyla cambia strada. Vuole passare dietro i cespugli del parco per vedere se la donna c'è ancora. Ripercorre velocemente il sentiero di pietre tonde che, mentre prima le era parso tanto magico, ora le sembra non finire mai. Finalmente arriva nel punto in cui era caduta, e il corpo non c'è più! E' rimasto solo lo scialle di seta per terra, e quando lo solleva, sulle foglie rotola qualcosa, qualcosa che lei ha già visto. All'inizio le era sembrata una cosa da poco, quando si era aggrappata al braccio dell'uomo, a quel polsino giallo che ora giace tra il terriccio e il fango. Si china a raccoglierlo e lo osserva attentamente. Quando si era svegliata e aveva guardato il ragazzo, aveva visto che aveva solo un polsino, quello a cui si era aggrappata per non svenire per la seconda volta, ma come poteva pensare che sarebbe stata proprio quella la prova che quell'uomo tanto gentile e simpatico, fosse l'assassino della povera donna dai capelli biondi? Un misto di paura e di eccitazione si impossessa di Lyla; sente l'adrenalina pura che le pulsa nel sangue e allo stesso tempo un brivido freddo, agghiacciante le sale su per la schiena, proprio dentro la spina dorsale. Si sente come la protagonista di un thriller, responsabile della vita di una donna innocente, se non rivela l'assassino alla polizia. Ma come potrebbe farlo, cosa potrebbe dire per accusarlo? Lei sa che è stato lui a uccidere la donna, a togliere di mezzo il cadavere dopo aver portato via lei, unica testimone del delitto, e averle fatto credere di essere svenuta. Nonostante tutto pero', lei non ha nessuna prova contro di lui, ha solo quel piccolo pezzo di spugna giallo e quello scialle di seta rossa, trovati sulla scena del crimine. Lo scialle rosso... quei segni sul collo della donna... probabilmente, il ragazzo doveva averla strangolata con la sua stessa sciarpa, che dopo aveva dimenticato di nascondere. Finalmente qualcosa di concreto! Adesso, Lyla sa cosa deve fare. Porterà lo scialle e il polsino alla polizia, dove troveranno tracce di pelle sulla stoffa della sciarpa e capiranno che con quella è stata uccisa una donna, e quando lei mostrerà anche il polsino giallo dell'uomo che l'ha soccorsa, tutto verrà fuori chiaro come il sole, l'omicidio di quella povera donna sarà svelato. Un ramo si spezza alle spalle di Lyla, e i suoi pensieri si fermano lì, a mezz'aria. Sono sospesi proprio sulla sua testa, immobili, congelati come ghiaccio in una fredda giornata d'inverno. E' inutile cercare di afferrarli, di riordinarli sperando che possano ancora servirle. Tutti quei pensieri ormai sono come la cenere, rimasugli di un progetto perfetto che avrebbe rimesso tutto a posto. Crollano tutti insieme, come un altissimo castello di carte colpito dal vento, che cadendo emette solo un fruscio. Sul collo sente l'aria fredda di un respiro, le fa venire la pelle d'oca. Non si è ancora girata ma sa che lui è lì, che aspetta solo di incontrare il suo sguardo, impaurito come quello di una preda quando vede in faccia il cacciatore. Una goccia di sudore le scorre giù per la fronte fermandosi a metà strada, una lacrima scivola sulla guancia rossa per l'agitazione. Si gira. Lo sguardo colpisce il sorrisetto tanto gentile, che si trasforma in un ghigno. Gli occhi scuri del ragazzo ridono di soddisfazione, crudeli e vuoti di compassione. Lyla non riesce più a fermare le lacrime, le inondano il viso come il mare in cui le sembra di affogare. Le labbra le tremano, soffocando i singhiozzi. Non vuole rendere troppo contento quell'uomo, perché piangere disperatamente e supplicare avrebbero solamente elogiato la sua malvagità. Mantiene lo sguardo fisso sui suoi occhi. "Avanti" gli dice. E poi, il buio.