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La sindrome della principessa triste
emozioni Sognano l’amore ma non riescono a vivere relazioni stabili: le principesse tristi sono donne che vivono nell’attesa, intrappolate in una dolorosa incapacità di amare, che qualche volta nasce da una patologia nascosta Principesse tristi di Maria Grazia Antinori Rainer Maria Rilke 48 S ognano una storia romantica, un incontro folgorante con un uomo bello e seducente, un amore totale, perfetto. E gratuito. Esattamente ciò che immaginano sia l’esperienza di tutte le donne, quelle fortunate che si fidanzano e si sposano. Nella pratica clinica si incontrano spesso giovani donne che hanno difficoltà nelle relazioni d’amore. Ragazze che, pur avendo occasionali relazioni con l’altro sesso, non riescono a concedersi la possibilità di un incontro importante, o che allontanano nel tempo l’esperienza sessuale, anche dopo i trent’anni. Spesso sono graziose e curate, lavorano o studiano. Giustificano la mancanza di esperienze amorose raccontando di rapporti deludenti, magari storie adolescenziali ormai lontane nel tempo. Queste donne lamentano di non incontrare partner interessanti: gli uomini sembrano misteriosamente scomparsi. A questo ideale amoroso si contrappone un atteggiamento di diffidenza e rifiuto nei con- fronti delle relazioni, e una profonda paura dell’attrazione che provano per gli uomini. La sessualità è vissuta come qualcosa che non le riguarda, che le sfiora appena. La diffidenza si esprime anche con l’atteggiamento del corpo, con una rigidità muscolare che sembra sostenere una corazza capace di nasconde le emozioni. Appena un uomo mostra interesse verso la triste e solitaria, lei attiva subito una barriera emotiva, e spesso anche corporea, per arginare la propria eccitazione, quasi sempre vissuta come pericolosa. L’emozione, insomma, è anestetizzata con ogni mezzo, fuga compresa. Apparentemente opposto è il comportamento di quelle donne che cercano attivamente incontri sessuali, ma che si ritirano al primo accenno di coinvolgimento emotivo. Spesso l’uomo da cui sono attratte è già impegnato; magari più giovane, straniero oppure in procinto di allontanarsi. Anche moltiplicando gli incontri sessuali non lasciano n. 49, gennaio 2009 tracce: la principessa resta sola, incompresa e dimenticata dal principe ideale. E quando l’attesa dell’amore perfetto si protrae nel tempo l’infelicità aumenta, e il sentimento di sconfitta si radica, a prescindere dal successo professionale e personale in altri campi. Queste due tipologie di donna sono accomunate dall’attivazione di rigide difese ogni volta che si presenta la possibilità di un rapporto affettivo ed emotivo con l’altro sesso. Il paradosso è che ciò che desiderano di più è anche ciò che più le spaventa. L’assenza del rapporto è avvertita come la causa della loro insoddisfazione e di quell’insopportabile senso di vuoto che provano costantemente, ma la realizzazione di un incontro viene sempre evitata con ogni mezzo possibile. Parque/zefa/Corbis L’amore in questo consiste che due solitudini si proteggono e si toccano e si accolgono l’un l’altra. u Ostacoli interiori Uno stereotipo comune tra le donne che non riescono a incontrare il partner ideale è la ricerca del «bel tenebroso», ossia di un uomo Mente & Cervello sfuggente, concentrato su se stesso e sui propri interessi. Il paradosso è che se un uomo di questo tipo si lascia avvicinare sul piano affettivo perde immediatamente il suo fascino. Un altro comportamento tipico delle principesse tristi è quello di svalutare gli uomini che le corteggiano, che non sono mai abbastanza interessanti o attraenti. Questo atteggiamento sembra collegato all’immagine che queste donne hanno di sé: non reputandosi abbastanza «principesse» per fare innamorare un uomo, allora considerano poco appetibile ogni maschio che le corteggia. La principessa triste insomma è una donna imprigionata in una fitta ragnatela, apparentemente senza via d’uscita, di cui lei stessa è artefice, oltre che vittima. Ed è proprio l’atteggiamento di queste donne, piuttosto che le reali condizioni esterne, a ostacolarle nella realizzazione del loro più grande desiderio consapevole. Un comportamento che appare contraddittorio rispetto ai desideri, e nel qua- L’autore Maria Grazia Antinori è psicoterapeuta e socio fondatore dell’associazione ARPIT di Roma. 49 erotico diretto a una persona speciale. u L’identificazione con l’altro permette all’uomo e alla donna di essere empatici pur riconoscendo la differenza sessuale e mantenendo distinte le identità. u La formazione di una coppia presuppone che venga raggiunta un’idealizzazione matura dell’altro, ossia che questo venga percepito in maniera sufficientemente reale, condividendone il sistema dei valori. u È inoltre importante la tenerezza, ossia la capacità di prendersi cura dell’altro, che deriva dall’integrazione delle rappresentazioni del Sé e dell’oggetto, investite dalla libido. u Anche l’aggressività ha un ruolo Anna Khomulo/iStockphoto La capacità di amare in modo maturo si costruisce nelle prime fasi evolutive edipiche e pre-edipiche. Il primo passaggio, descritto dallo psicoanalista francese Paul Claude Racamier, è il processo del lutto originario verso le figure genitoriali, una separazione essenziale per il riconoscimento di un oggetto intero e separato e per la stessa formazione del Sé, ossia di ciò che riconosciamo essere noi stessi. Come scrive Otto Kernberg in Relazioni d’amore, l’amore sessuale maturo è una disposizione emotiva complessa che coinvolge molteplici fattori. u L’eccitazione sessuale generica per l’altro sesso si trasforma in desiderio 50 decisivo. Per poter vivere con pienezza la passione erotica è necessario che la pulsione aggressiva sia integrata e tollerata nel giusto grado di ambivalenza. La fusione di amore e odio mantiene lo stato di eccitazione e differenziazione nella coppia. u La passione sessuale, il cui culmine biologico è l’orgasmo, riattiva stati emotivi arcaici, e presuppone la capacità di provare, senza esserne travolti, una costante empatia con uno stato primitivo di fusione simbiotica unita alla gratificazione dei desideri edipici. Allo stesso tempo mantiene la differenziazione tra Sé e l’oggetto. u L’amore sessuale ci fa sentire le è evidente una scissione che le imprigiona nella ripetizione coatta di modalità disfunzionali. Infatti la base su cui si fonda la qualità delle interazioni amorose ed erotiche è strettamente legata alla prima infanzia, e in particolare al rapporto con la madre. Ma questa origine antica è spesso disconosciuta e apertamente negata dalle persone impegnate in rapporti affettivi difficili. Eppure, sin dalla fine dell’Ottocento Freud ha aperto la strada alla scoperta dell’inconscio, all’interpretazione dei sogni, al riconoscimento della sessualità e del complesso edipico come fondanti dello sviluppo umano. E dopo di lui moltissimi autori hanno studiato e approfondito questi temi, anche se la straordinaria eredità freudiana, ossia la scoperta del relativismo della ragione a favore della predominanza dell’inconscio, viene ancora oggi accolta come qualcosa che non riguarda direttamente ciascuno di noi ma al massimo qualcun’altro, sospettato di diversità. Sembra esistere insomma una sorta di massiccia negazione collettiva rispetto alle interpretazioni che riportano alla complessità della psiche. E in questo clima culturale le principesse tristi non fanno eccezione, perché non sono libere di vivere la propria affettività anche se immaginano che la loro storia sia unica, legata a eventi casuali. Le capacità di amare e di vivere una sessualità appagante sono abilità complesse, e richiedono la possibilità di accedere a una relazione intima. È necessario essere in grado n. 49, gennaio 2009 profondamente soddisfatti e in pace con il mondo ma si fonda su un importante paradosso: per amare un’altra persona è necessario un Sé ben definito e con confini certi, il riconoscimento della separatezza dall’altro fino al sentimento di solitudine. Parallelamente, amare richiede tendere alla trascendenza, alla fusione sentimentale ed erotica con l’altro, fino ad annullare ogni solitudine. Come scrive Kernberg: «Rimanere all’interno dei confini del proprio Sé, pur trascendendoli nell’identificazione con l’oggetto amato, è un’eccitante, emozionante ma anche dolorosa condizione dell’amore. Il poeta messicano Octavio Paz ha reso quest’aspetto dell’amore con una concisione impressionante: «L’amore è il punto di intersezione tra desiderio e realtà». di riconoscere l’esistenza dell’altro separato da sé e la capacità vivere, senza farsi travolgere dalla colpa edipica, la sessualità e la gratificazione erotica. u Idealizzazione patologica Non sempre è facile, o possibile, vivere un amore maturo, ossia una condizione fragile e instabile per sua natura, che richiede continui aggiustamenti e cambiamenti durante le diverse fasi della vita. Inoltre esistono specifiche patologie, come la personalità borderline e l’isteria, che secondo lo psicanalista americano Otto Kernberg interferiscono con la possibilità di vivere l’amore maturo. Soprattutto le persone affette da personalità borderline con importanti tendenze all’autodistruttività e all’antisocialità, o con patologia narcisistica, possono mancare di qualsiasi investimento sessuale. La storia di questi pazienti di solito è caratterizzata da eventi gravemente traumatici, abusi fisici e sessuali, o da figure parentali inadeguate e lontane. Essi vivono fantasie primitive, dominate da interazioni fondate sul potere giocato nel ruolo attivo-sadico o passivo-masochistico. Tra i pazienti borderline, Kernberg distingue un gruppo meno disturbato, che può vivere l’eccitazione sessuale e il desiderio erotico, ma che ha serie difficoltà a mantenere una relazione stabile perché i meccanismi di scissione dividono il mondo delle relazioni oggettuali interne ed esterne in immagini idealizzate e immagini persecutorie. Le re- Mente & Cervello Cevdet Gökhan Palas/iStockphoto Le regole dell’amore 51 L’amore sognato. L’amore cerebrale La vicinanza tra i sentimenti di amore e odio, anche dal punto di vista neuronale, è stata confermata da una ricerca condotta da Semir Zeki, dello University College di Londra, e pubblicata nell’ottobre 2008 sulla rivista «PLoS One». Alcuni volontari sono stati invitati a osservare la fotografia di una persona amata e, subito dopo, di una persona detestata: durante l’osservazione delle fotografie i ricercatori hanno monitorato attraverso un scanner l’attività cerebrale dei soggetti coinvolti nella ricerca, e hanno notato l’attivazione di reti neuronali quasi completamente sovrapponibili nell’area lazioni d’amore di questi pazienti, anche se fragili, possono comprendere il desiderio erotico, e l’idealizzazione primitiva dell’oggetto d’amore. Il limite però è dato dalla tendenza a improvvise e radicali reazioni di delusione che possono trasformare l’oggetto idealizzato in oggetto persecutorio. Proprio questi pazienti dimostrano come la piena capacità di eccitazione sessuale e di orgasmo, unita al coinvolgimento passionale, non sia garanzia di maturità affettiva. Infatti i borderline mostrano una capacità di innamoramento di tipo primitivo, caratterizzata dall’idealizzazione irreale dell’oggetto d’amore, che rimane sconosciuto. Anche molti pazienti con struttura narcisistica di personalità possono provare un coinvolgimento erotico e anche vagamente sentimentale, senza però avere la capacità di un profondo investimento emotivo; infatti spesso non vivono affatto l’innamoramento. u Conflitti profondi Pur ricercando attivamente un partner sessuale, i borderline perdono immediatamente interesse quando l’oggetto del desiderio si rileva disponibile. L’eccitazione sessuale infatti di solito è diretta verso qualcuno che gli altri considerano attraente. L’invidia che questo apprezzamento suscita nel borderline determina una tendenza inconscia a svalutare e distruggere l’oggetto desiderato, che infatti, una volta conquistato, perde ogni potere di eccitazione sessuale. Accanto ai borderline, Kernberg distingue i pazienti isterici con tratti masochistici. Anche chi appartiene a questo gruppo può incontrare notevoli difficoltà nel vivere pienamente il rapporto di coppia. In questo caso, una profonda colpa edipica mina la possibilità di stabilire una relazione duratura e matura, che 52 Matthew Brookes/Getty Images Come riferito nel 2003 sul «Journal of Neuroscience», il team del neuroscienziato Gert Holstege ha scoperto che l’orgasmo provoca una sensibile riduzione dell’attività cerebrale in entrambi i sessi, anche se il fenomeno è più marcato nelle donne. La limitazione dell’attività cerebrale corrisponde a una significativa riduzione delle funzioni di vigilanza e di giudizio, uno stato che sembra favorire la possibilità di vivere una sensazione di abbassamento della tensione e delle inibizioni. della sub-corteccia cerebrale durante la visione di entrambe le foto. Ma è stata individuata anche una differenza biologica fondamentale tra i sentimenti di odio e quelli d’amore: nel caso dell’odio rimane attiva gran parte della corteccia cerebrale associata alla capacità di giudizio, che risulta invece disattivata nel caso dell’amore. Questa differenza coincide con l’osservazione della perdita di giudizio a favore dell’idealizzazione del partner amato, mentre nel caso dell’odio rimane attiva la funzione del giudizio, e quindi l’attenzione alla realtà. iStockphoto; Catherine de Auvil/iStockphoto (cuore) Il potere dell’orgasmo Per le principesse tristi l’amore è una lunga attesa del principe capace di salvarle. Ma per essere davvero felici occorre diventare protagonisti della propria vita. Quando i fiori non bastano. Un fascio di rose rosse o un gioiello non bastano a sciogliere il cuore di una principessa triste, neanche quando a offrirli è un uomo premuroso, affascinante, gentile e di bell’aspetto. Perché queste donne vivono nell’attesa di un amore idealizzato, e fuggono le occasioni reali di felicità. n. 49, gennaio 2009 rappresenta, a livello inconscio, la soddisfazione edipica proibita. Per colpa di questi profondi conflitti edipici, i pazienti nevrotici sono fondamentalmente inibiti, ma non impossibilitati come i narcisisti, alla normale relazione d’amore. Infatti i nevrotici hanno maturato la costanza dell’oggetto e una realistica capacità di valutazione di se stessi e dell’altro, e sono in grado di stabilire relazioni durature, purché non venga coinvolta la sfera sessuale. Il comportamento amoroso delle principesse tristi, può rientrare sia nella patologia narcisistica sia in quella isterica; la differenza diagnostica dipende dalla costanza o meno dell’oggetto, Insomma, l’infelicità è comune, anche se la sua causa può avere origini molto diverse. u La paura della passione Le principesse tristi narcisiste non si innamorano, spesso si rifugiano in sogni romantici, non provano eccitazione sessuale o desiderio erotico, e anche la masturbazione può essere scarsa e poco soddisfacente. In questo gruppo possono rientrare anche le donne che Mente & Cervello rimandano all’infinito il momento che coincide con l’inizio dei rapporti sessuali. Le principesse tristi che invece hanno raggiunto la costanza dell’oggetto si innamorano e provano desiderio sessuale, ma la colpa edipica le allontana dalla realizzazione di una matura relazione sessuale. Si tratta di donne che da bambine hanno avuto una relazione troppo ambivalente con la madre, la quale non è stata in grado di tollerare la sessualità della figlia e successivamente il suo amore per il padre. Il normale cambiamento di oggetto della bambina, dalla madre al padre, è dunque inconsciamente distorto. Tutto questo può aumentare la colpa inconscia rispetto all’intimità sessuale che accompagna il coinvolgimento affettivo con il potenziale partner, portando addirittura a preferire relazioni di tipo sadomasochistico. Un’altra caratteristica tipica delle principesse tristi è che sono spesso rancorose. In pratica hanno l’atteggiamento di chi si aspetta di essere risarcito di un torto subito. Masud Khan, psicoanalista di origine pakistana e membro della società psicoanalitica inglese, associa l’isteria al risentimento, ed è Per vivere un amore maturo bisogna saper accettare una condizione instabile per sua natura 53 La storia vera di una Cenerentola moderna La mattina si prepara con cura, sceglie gli abiti come per un’entrata in scena, magari ispirandosi a qualche donna famosa e ammirata per charme e bellezza. Ma questo suo atteggiamento è solo un aspetto, quello esibito; il lato in ombra cela un doloroso congelamento affettivo, un’impossibilità a innamorarsi e a vivere la sua sessualità. C. inizia una psicoterapia subito dopo la conclusione di un iStockphoto Markus Botzek/zefa/Corbis C. è la terza di tre sorelle. Sua madre, bella e affascinante, è una donna volitiva, che gestisce un’attività impegnativa. È il padre di C. che si prende cura delle figlie ancora bambine. La madre è rimasta un po’ adolescente, e si comporta come una quarta sorella: è complice delle figlie, ma poco capace di assumere il ruolo di genitore che le compete. C. si descrive come una bambina fragile, insicura, triste. La sua infanzia è segnata dalla struggente e malinconica attesa di una mamma ammirata e sempre al centro dell’attenzione di tutti. Il clima familiare è spesso teso e angoscioso, segnato dalle discussioni tra i genitori di C., che sono sempre in crisi. Con il passare del tempo il padre si allontana affettivamente sia dalla moglie che dalle figlie. C. diventa un’adolescente minuta e graziosa, che inizia ad avere i primi approcci con i ragazzi. Questa fase naturale si interrompe bruscamente per una grave malattia della madre, che morirà circa un anno dopo. È proprio C., la più piccola di casa, a seguire quasi da sola il corso della drammatica malattia. A distanza di quasi dieci anni, la ragazza si ritrova alle soglie dei trent’anni, sola e delusa. Le sue sorelle maggiori hanno ormai una vita autonoma, mentre lei è rimasta a vivere nella casa familiare come fosse una vestale, alla quale è stato tacitamente affidato il compito di mantenere accesa la fiammella votiva a quel fantasma materno che aleggia ancora in una casa dove tutto è rimasto congelato nel tempo. Anche l’affettività e la sessualità di C. Nonostante tutto la ragazza lavora con soddisfazione e impegno, ed è apprezzata nel suo ambiente sociale. È corteggiata dagli uomini, capace di organizzare la sua vita e la casa, affidabile e apparentemente sicura di sé. 54 deludente rapporto affettivo, che svela ai suoi stessi occhi il gioco del «come se». È «come se» lei fosse una donna adulta e interessata agli uomini, ma nel suo intimo, quando chiude la porta di casa e smette di recitare, si sente un palloncino che nessuno tiene per il filo, abbandonato a se stesso e trascinato dalla casualità del vento. Apparentemente tutto procede bene. Ma in realtà C. è rimasta ferma all’adolescenza, non si è più data il permesso di aprirsi affettivamente e sessualmente. Il turbamento profondo per una storia finita riattiva quel lutto originario mai elaborato che la riporta alle sensazioni di vuoto e di perdita vissuti nell’adolescenza. È rimasta una bambina triste in attesa della splendida mamma che si dimentica di lei. È come se seguitasse a imitare il modello materno senza essere riuscita a identificarsi pienamente con una madre troppo idealizzata, la cui scomparsa prematura le ha impedito di elaborare i sentimenti di rabbia per il senso di abbandono vissuto fin da bambina. La figura paterna, percepita come inaffidabile, ha accentuato la diffidenza verso gli uomini. Si lascia corteggiare, ma non avvicinare; così ottiene rassicurazioni sulla propria femminilità ma mantiene il congelamento affettivo e l’illusione onnipotente di poter controllare la sua vita e il tempo che passa. n. 49, gennaio 2009 convinto che le bambine isteriche non abbiano ricevuto un sostegno sufficiente dall’ambiente circostante. Da qui la costante sensazione che qualcosa sia stato loro negato. L’esperienza infantile carente le induce dunque a vivere una scissione tra sessualità e bisogni dell’Io corporeo. In età adulta l’angoscia viene affrontata attraverso la sessualità, e da tutto ciò dipendono sia la promiscuità sia l’inibizione sessuale. Paradossalmente infatti il successo sessuale equivale inconsciamente alla castrazione delle capacità dell’Io; in pratica, arrendersi sessualmente all’oggetto implica il pericolo dell’annientamento dell’Io. Da tutto questo nasce l’improvviso rifiuto dell’oggetto che così a lungo era stato desiderato e cercato. Il pretesto del risentimento nelle principesse tristi coincide dunque con la delusione nei confronti dell’oggetto d’amore, che non è stato capace di riconoscerle nella loro piena autenticità. Mente & Cervello Attraverso il linguaggio sessuale, le principesse tristi cercano di ottenere la gratificazione affettiva, confondendo la lingua degli adulti con quella infantile, ossia sovrapponendo il linguaggio della passione a quello della tenerezza. Si rifugiano nei sogni romantici a occhi aperti che, come scrive Christopher Bollas nel suo Isteria, sostituiscono i contenuti erotici rimossi o dissociati, allontanano le tematiche sessuali per cercare di avvicinarsi a un elevato ideale del Sé. A volte il u Il prezzo della felicità gratificazione Il primo passaggio per aiutare le principesse tristi è una diagnosi differenziale tra struttura di personalità narcisistica o isterica. Infatti nel caso della patologia narcisistica manca il riconoscimento di un oggetto d’amore separato, ossia percepito in modo realistico, mentre la paziente nevrotica ha difficoltà legate alla colpa edipica, nonostante abbia raggiunto la persistenza dell’oggetto. L’idea della femminilità e del ruolo della donna è invece comune a entrambi i gruppi clinici. Nell’identificare le origini psichiche dell’isteria, Freud è partito da una scoperta essenziale: anche le donne, e non soltanto gli uomini, hanno una libido che si ritorce contro la persona se non trova gratificazione nella realtà. I sintomi provocati da questa insoddisfazione rappresentano il compromesso tra la libido stessa e la difesa. In modo del tutto originale, Freud ha dunque riconosciuto alle donne il diritto alla potenza aggressiva dell’energia sessuale, separata dalla funzione materna. Come afferma la psicanalista francese Sophie Cadalen, nonostante la diffusione dei contraccettivi la maternità a livello inconscio assicura ancora la normalità della femminilità; in altre parole, le donne occidentali continuano a sentirsi in colpa per la sessualità e la femminilità. Accettare il ruolo di protagoniste delle proprie scelte sessuali comporta l’assunzione delle conseguenti responsabilità. Le principesse tristi invece restano in attesa, arroccate in una torre solitaria, dove il principe dovrà raggiungerle per coinvolgerle nell’amore e nell’eros. Se la conquista della felicità dipende da ciascuno di noi, uomo o donna, ecco che essere felici può fare paura perché significa diventare protagonisti della propria vita. Non basta un principe qualsiasi; serve che il nostro desiderio incontri, nella realtà, il desiderio dell’altro. affettiva linguaggio sessuale diventa un modo per ottenere la In piÙ Bollas C., Isteria, Raffaello Cortina, Milano, 2001. L’autore restituisce all’isteria il suo significato peculiare, ossia quello di uno stile di relazione con se stessi e con il mondo. KERNBERG O., Relazioni d’amore. Normalità e patologia, Raffaello Cortina, Milano, 1995. Le lucide riflessioni di uno dei più autorevoli psicoanalisti contemporanei. KHAN M., I sé nascosti, Bollati Boringhieri, Torino, 1990. Una raccolta di articoli che indagano sui temi della realizzazione, della protezione e dello sviluppo del Sé. 55