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DAnnO DA vACAnzA ROvInAtA

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DAnnO DA vACAnzA ROvInAtA
CASO GIURIDICO 1
Danno da vacanza rovinata
Materia: Diritto e legislazione turistica (Classe 5a IT – Turismo)
Il caso affronta la questione della responsabilità del tour operator per violazione dell’obbligo di informazione sullo stato dei luoghi nell’ambito di un
contratto all inclusive. Secondo un turista, ospite in un villaggio nell’isola di
Cuba, il tour operator avrebbe dovuto adempiere all’obbligo di informazione in merito alla presenza in mare di una particolare alga ustionante che
gli ha procurato una patologia dermatologica impedendogli così il normale
godimento della vacanza.
IL CASO. La Corte di Cassazione è stata chiamata a deci-
(Cassazione civile, sezione III, 6 luglio 2009, n. 15798).
Giudizio di secondo grado: la Z. insisteva per l’accoglimento della domanda, con atto notificato il 21 maggio
2002, proponeva appello. La società V. si costituiva e ne
chiedeva il rigetto. La Corte di appello di Milano con sentenza del 4 dicembre 2004 rigettava l’appello.
Giudizio davanti alla Corte di Cassazione: la società Z.
presenta ricorso con due motivi. La società V. resiste con
controricorso.
di Paola Lobina
dere se nell’ambito di un contratto all inclusive possa affermarsi la responsabilità del tour operator per violazione
dell’obbligo di informazione sullo stato dei luoghi.
Attore: con atto di citazione notificato il 23 giugno 1998 la
società Z. conveniva in giudizio la società V. nella qualità di
organizzatrice di un soggiorno turistico in un villaggio sito
nell’isola di Cuba, lamentando che la società avesse violato
l’obbligo di informare i viaggiatori in merito all’esistenza
di fenomeni naturali, quali bassa marea, barriera corallina,
presenza in mare di una particolare alga ustionante. Questi
fenomeni naturali, procurandogli una patologia dermatologica, avrebbero impedito al turista viaggiatore il normale
godimento della vacanza. La domanda era tesa a ottenere il
risarcimento di tutti i danni patrimoniali e non, ivi compresi quelli alla persona (danni da vacanza rovinata).
Convenuto: la società V. contestava la domanda, chiedendone il rigetto.
Giudizio di primo grado: il Tribunale rigettava la domanda, in primo luogo perché l’attrice non aveva provato
i fatti, in secondo luogo perché «non era possibile affermare con certezza che la patologia dermatologica lamentata fosse dipesa dal contatto con un microrganismo urticante presente nel tratto di mare antistante al villaggio»
LA QUESTIONE SOLLEVATA. La nozione della bassa marea e della presenza di microrganismi nella località turistica balneare rientra tra le nozioni che il tour operator è
tenuto a conoscere e che di conseguenza deve rappresentare al cliente?
LA SOLUZIONE. La Suprema Corte nella specie esclude
ogni responsabilità precontrattuale, «rinvenibile soltanto
in una negligenza informativa (...) dovendosi ragionevolmente considerare che esula dalla esperienza dell’organizzatore del viaggio e dalla sua necessaria professionalità la
cognizione della bassa marea in un posto e della esistenza
di microrganismi infetti nello stesso» (Cassazione civile,
sezione III, 6 luglio 2009, n. 15798).
LA MASSIMA
Cassazione civile, sezione III, 6 luglio 2009, n. 15798
«L’organizzatore di viaggi turistici, in base ai principi contenuti nella
Convenzione di Bruxelles del 23 aprile 1970, concernente il contratto di
viaggio, deve adottare tutte le misure idonee ad evitare danni a coloro
che vi partecipano (Cass. n. 4636/97); è tenuto ad una condotta che non
superi il livello medio di diligenza (Cass. n. 20787/04).
Pertanto, una volta informato il viaggiatore, come è stato fatto nella
specie, delle prestazioni promesse (trasporto, alloggio, attività sportive,
escursioni e quant’altro), e messo a disposizione di questi il cd. opuscolo
informativo menzionato dall’art. 9 del decr. leg.vo n. 111/95, che contempla tra le informazioni generali quelle sole notizie, di carattere per lo
più amministrativo, necessarie per recarsi all’estero e indicato nel documento di viaggio i servizi forniti e le condizioni atte a giustificarne l’annullamento, nulla più incombe al detto organizzatore per dimostrare di
aver adempiuto con la dovuta diligenza ai suoi obblighi».
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CASO GIURIDICO 2
MOTIVI DELLA DECISIONE
1. - Con il primo motivo (violazione e falsa applicazione degli artt. 115 e
116 c.p.c. e 2729 c.c., in relazione agli artt. 360 n. 3 c.p.c. per violazione
e falsa applicazione di norme di diritto e 360 n. 5 c.p.c. «per omessa,
insufficiente o contraddittoria motivazione circa un punto decisivo
della controversia prospettata dalle parti») la Z. sostiene che il giudice
dell’appello avrebbe erroneamente dichiarato inammissibile la prova da
lei articolata.
Riconosce la ricorrente che la prova fu articolata in primo grado, ma non
venne coltivata in sede di precisazione delle conclusioni, sebbene poi
riproposta in appello (p. 8 ricorso).
Il motivo è inammissibile, perché non censura la ratio decidendi del giudice dell’appello di cui riconosce i presupposti di fatto.
Ne consegue l’assorbimento del secondo motivo circa il nesso eziologico, disconosciuto dalla sentenza impugnata.
Peraltro, per suffragare il suo convincimento il giudice del merito affronta anche «per esigenze di completezza argomentative» le doglianze
dell’attuale ricorrente.
Argomenta il giudice che «la sorte del giudizio non sarebbe stata diversa
se la Z. avesse dimostrato la rilevanza causale del microrganismo ustionante presente nelle acque antistanti al villaggio turistico, poiché ai fini
dell’accertamento della responsabilità della compagnia di viaggio, la
danneggiata avrebbe altresì dovuto provare non solo che la controparte
fosse stata a conoscenza o avrebbe dovuto essere a conoscenza della
presenza dell’alga marina in quel tratto di mare e nel periodo in cui ebbe
luogo la vacanza e della probabilità di un contatto aggressivo facilitato
dalla bassa marea, ma anche che ella, se informata di tale eventualità, si sarebbe astenuta dallo stipulare il contratto (di viaggio n.d.r.) o
lo avrebbe concluso a condizioni diverse» (p. 5 sentenza impugnata).
Simile motivazione non risulta né insufficiente né contraddittoria non
ravvisandosi nel ragionamento del giudice del merito né il mancato esame di un punto decisivo della controversia, prospettato dalla parte (in
quanto, come esposto, la Corte territoriale esamina proprio il punto sulla
richiesta di apposita CTU per disattenderla) né un insanabile contrasto
tra le argomentazioni complessivamente adottate (Cass. n. 2399/04).
Né può dedursi di aver in tal modo posto a carico del viaggiatore-consumatore la prova di conoscenza delle circostanze da parte della V.
Infatti, il giudice dell’appello, investito della domanda risarcitoria, ha
accertato che la V. ha agito secondo il criterio della diligenza professionale (art. 1176 c.c.) e della buona fede precontrattuale e contrattuale
(artt. 1175, 1337, 1374, 1375 c.c.), in quanto ha ritenuto che «il fenomeno della bassa marea, quale situazione favorevole all’azione nociva
di eventuali microrganismi acquatici» non fosse riconducibile «al novero
di quelle informazioni di carattere generale» che l’organizzatore del
viaggio deve mettere a disposizione del “consumatore”.
Al riguardo, va evidenziato che l’organizzatore di viaggi turistici, in base
LA NOZIONE DI PACCHETTO TURISTICO. La sentenza
della Corte di Cassazione pone fine a una controversia in
senso sfavorevole al turista-consumatore e a favore del
tour operator, parti del contratto di pacchetto turistico.
ai principi contenuti nella Convenzione di Bruxelles del 23 aprile 1970,
concernente il contratto di viaggio deve adottare tutte le misure idonee
ad evitare danni a coloro che vi partecipano (Cass. n. 4636/97); è tenuto ad una condotta che non superi il livello medio di diligenza (Cass. n.
20787/04).
Pertanto, una volta informato il viaggiatore, come è stato fatto nella
specie, delle prestazioni promesse (trasporto, alloggio, attività sportive,
escursioni e quant’altro), e messo a disposizione di questi il cd. opuscolo
informativo menzionato dall’art. 9 del decr. leg.vo n. 111/95, che contempla tra le informazioni generali quelle sole notizie, di carattere per
lo più amministrativo, necessarie per recarsi all’estero e indicato nel documento di viaggio i servizi forniti e le condizioni atte a giustificarne
l’annullamento, nulla più incombe al detto organizzatore per dimostrare di aver adempiuto con la dovuta diligenza ai suoi obblighi.
Nella specie, il CTU e la relazione del CT di parte hanno solo indicato
come causa probabile, ma non certa, che la fotodermatite sia stata causata da un microrganismo acquatico (p. 4 sentenza impugnata), per cui
la probabilità della causa non si configura come causalità necessaria ed
esclude di per sé ogni responsabilità precontrattuale, rinvenibile soltanto in una negligenza informativa, che allo stato non è stata ritenuta,
dovendosi ragionevolmente considerare che esula dalla esperienza
dell’organizzatore del viaggio e dalla sua necessaria professionalità la
cognizione della bassa marea in un posto e della esistenza di microrganismi infetti nello stesso.
Di vero, l’assunto dell’attuale ricorrente, secondo il quale vi sarebbe stata
omessa informazione di un pericolo e di un danno alla sua pelle, dovuti
alla interazione tra la bassa marea e la presenza dell’alga ustionante,
che, invece, la compagnia era tenuta a rappresentarli, non comporta,
come correttamente rilevato nella sentenza impugnata, alcun nesso di
causalità tra l’asserita negligenza informativa e la fotodermatite, determinata, peraltro, da un raro, a dire della ricorrente, microrganismo.
Di qui l’assorbimento degli altri profili in esso contenuti circa il danno
patrimoniale, danno morale, rimborso spese e da vacanza rovinata.
In conclusione il ricorso va respinto.
Sussistono giusti motivi per compensare integralmente tra le parti le
spese del giudizio.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e compensa tra le parti integralmente le spese
del presente giudizio.
Così deciso in Roma nella Camera di Consiglio del 12 maggio 2009.
DEPOSITATO IN CANCELLERIA IL 6 LUGLIO 2009 1.
1
Le motivazioni possono essere lette in http://www.ricercagiuridica.com/sentenze/index.php?num=3105
Il contratto di pacchetto turistico è un contratto di massa
sia da un punto di vista quantitativo, per il numero ormai
rilevante dei contratti all inclusive stipulati, sia da un punto di vista qualitativo: a esso accede la maggior parte delle
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CASO GIURIDICO 3
persone e non solo una ristretta elite (in questo senso la
“Rassegna” in merito alle più importanti decisioni della
Corte di Cassazione, anno 2008, indirizzo internet: http://
www.cortedicassazione.it/Documenti/Rassegna%20Civile%202008.pdf).
La rilevanza sociale del contratto ha comportato la necessità di una disciplina specifica del contratto volta a tutelare
il consumatore, prima a livello di legislazione comunitaria
(Direttiva CEE 90/314), poi a livello di legislazione italiana, che ha recepito la direttiva attraverso il decreto legislativo n. 111 del 1995 poi confluito nel decreto legislativo
6 settembre 2005, n. 206, cosiddetto Codice del consumo.
Il contratto di pacchetto turistico ai sensi dell’art. 84 del
Codice del consumo è un contratto avente ad oggetto i
viaggi, le vacanze e i circuiti tutto compreso risultanti dalla combinazione di almeno due elementi tra il trasporto,
l’alloggio e tra quelli denominati servizi turistici non accessori al trasporto o all’alloggio che costituiscano parte
significativa del pacchetto turistico.
La combinazione degli elementi sopra indicata deve essere prefissata. L’oggetto o risultato promesso è la vacanza e non le singole prestazioni che lo compongono e ciò
vale sia per i viaggi in offerta al pubblico, sia per i viaggi
cosiddetti a domanda del consumatore. Per realizzare tale
utilità il tour operator si obbliga a una prestazione di fare
consistente nel predisporre tutti i mezzi necessari per la
sua realizzazione. Così anche il prezzo, il cui pagamento
grava sul consumatore, non è dato dalla somma aritmetica dei prezzi dei singoli servizi. La durata del viaggio,
inoltre, deve essere superiore alle ventiquattro ore, ovvero
comprendere almeno una notte.
Il contratto ai sensi dell’art. 85 del Codice del consumo
deve essere redatto in forma scritta in termini chiari e precisi, la forma richiesta non è prescritta ad substantiam,
cioè ai fini della validità del contratto – il che comporterebbe l’obbligo della sottoscrizione in capo a entrambe
le parti – ma più semplicemente al fine di assicurare una
puntuale informazione del consumatore.
Nel caso esaminato abbiamo incontrato la figura dell’or-
ganizzatore di viaggio, tour operator che organizza e vende direttamente un pacchetto, o che organizza e vende tramite agenti il pacchetto stesso.
Per quanto riguarda la causa del contratto, in dottrina troviamo diverse tesi. La tesi dominante trova analogie con l’appalto, una tesi minoritaria con la vendita, un’altra nello scambio
tra le prestazioni. In giurisprudenza, come vedremo in seguito, si afferma la tesi della funzione turistica, tale funzione sovrasterebbe le due prestazioni: prestazione di fare che grava
sul tour operator e compenso che grava sul consumatore.
Il vincolo sinallagmatico corre tra le due prestazioni, per
cui possiamo definire il contratto come un contratto oneroso e a prestazioni corrispettive.
LE QUESTIONI GIURIDICHE SOLLEVATE DALLA CONTROVERSIA. Dalla lettura della motivazione della senten-
za abbiamo rilevato come l’attrice percorra i tre gradi di
giudizio domandando il risarcimento di tutti i danni patrimoniali e non patrimoniali, ivi compresi quelli alla persona (cd. danni da vacanza rovinata) per l’inadempimento
delle obbligazioni assunte dal tour operator.
La ricorrente attribuisce al tour operator la mancata comunicazione di una circostanza «in merito all’esistenza di
fenomeni naturali, quali bassa marea, barriera corallina,
presenza in mare di una particolare alga ustionante» la cui
conoscenza le avrebbe evitato un danno alla salute e la
continuazione serena della vacanza (vacanza rovinata).
Il tour operator avrebbe violato quindi l’obbligo di buona
fede, di cui l’obbligo di informazione e di avviso sono tipiche espressioni sia sotto il profilo della lealtà, sia sotto il
profilo della salvaguardia dell’utilità dell’altra parte.
Il contratto di pacchetto turistico rimane soggetto, come è
noto, alle regole generali dettate dal codice civile in materia di adempimento e in particolare alle regole della diligenza e della buona fede.
La circostanza di seguito richiamata doveva, sempre secondo la ricorrente, rientrare tra le informazioni che il tour operator avrebbe dovuto conoscere impiegando in modo adeguato la diligenza richiesta dalla natura della prestazione.
LA BUONA FEDE
Ai sensi dell’art. 1175 c.c. «Il debitore e il creditore devono comportarsi
secondo le regole della correttezza». A tale regola di condotta le parti
devono attenersi sia durante la fase delle trattative e della formazione
del contratto, ai sensi dell’art. 1337 c.c, sia durante il momento di attua-
zione del programma contrattuale ai sensi dell’art. 1375 c.c. L'espressione “buona fede” che troviamo negli ultimi articoli citati assume, infatti,
il significato di buona fede in senso oggettivo o correttezza.
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CASO GIURIDICO 4
LA DILIGENZA
La diligenza indica la misura dell’attenzione, della cura e dello sforzo
psicologico che il debitore è tenuto ad adottare per attuare la prestazione (art. 1710 c.c.).
Nelle obbligazioni di fare è difficile determinare in anticipo il comporDa una reticenza durante la fase delle trattative, secondo la ricorrente è derivato quindi un contratto pregiudi-
tamento, gli atti da compiere di volta in volta; la regola della diligenza
diventa quindi, come sostenuto dalla dottrina, in questo tipo di obbligazioni «a contenuto tendenzialmente generico» un criterio per determinare il contenuto della prestazione.
zievole e una vacanza rovinata.
LA BUONA FEDE COME CLAUSOLA GENERALE
Infatti come chiarito dalla Corte nella sentenza n. 19024/2005: «Si è però
ormai chiarito che l’ambito di rilevanza della regola posta dall’art. 1337
c.c. va ben oltre l’ipotesi della rottura ingiustificata delle trattative e assume il valore di una clausola generale, il cui contenuto non può essere
predeterminato in maniera precisa, ma certamente implica un dovere di
trattare in modo leale, astenendosi da comportamenti maliziosi o anche
solo reticenti e fornendo alla controparte ogni dato rilevante, conosciuto
o anche solo conoscibile con l’ordinaria diligenza, ai fini della stipulazione del contratto. L’esame delle norme positivamente dettate dal legislaLa ricorrente quindi, in quanto i servizi non corrispondono alle previsioni contrattuali, chiede al giudice, prima
di merito e poi di legittimità, i danni da inadempimen-
tore pone in evidenza che la violazione di tale regola di comportamento
assume rilievo non solo nel caso di rottura ingiustificata delle trattative
(e, quindi, di mancata conclusione del contratto) o di conclusione di un
contratto invalido o comunque inefficace (artt. 1338, 1398 c.c.), ma anche quando il contratto posto in essere sia valido, e tuttavia pregiudizievole per la parte vittima del comportamento scorretto (art. 1440 c.c.)».
La sentenza è reperibile su Internet all’indirizzo:
www.ilcaso.it/giurisprudenza/archivio/225.htm
to (tutela patrimoniale); chiede inoltre un risarcimento
ulteriore che comunemente prende il nome di danno da
vacanza rovinata.
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CASO GIURIDICO 5
DANNO DA VACANZA ROVINATA
Il danno da vacanza rovinata è il «danno consistente nel pregiudizio
conseguente alla lesione dell’interesse del turista di godere pienamente
del viaggio organizzato come occasione di piacere, di svago o di riposo,
senza essere costretto a soffrire quel disagio psicofisico che talora si accompagna alla mancata realizzazione in tutto o in parte del programma
previsto, avuto riguardo alla particolare importanza che normalmente si
attribuisce alla fruizione di un periodo di vacanza adeguato alle proprie
aspettative» (Morandi, Il danno da vacanza rovinata, in Il danno esistenziale, Milano, 2000, p. 628).
Il danno da vacanza rovinata consiste in un danno non patrimoniale.
Come ha affermato da ultimo la Corte di Cassazione a Sezioni Unite (sentenza 11 novembre 2008, n. 26972) la fonte normativa di riferimento è
l’art. 2059; tale danno è un danno non patrimoniale, la cui risarcibilità si
fonda sull’art. 2059 del codice civile e come tale sarà risarcibile nei soli
casi previsti dalla legge.
Possiamo distinguere le ipotesi in due gruppi:
1) le ipotesi in cui la risarcibilità del danno è stabilita nei casi espressamente previsti dal legislatore (per esempio alle ipotesi derivanti da
reato ex art. 185, cod. pen.);
2) le ipotesi in cui la risarcibilità del danno in esame, pur non essendo
espressamente prevista da una norma di legge ad hoc, deve ammettersi
sulla base di una interpretazione costituzionalmente orientata dell’art.
2059 c.c., e quindi quando con l’inadempimento imputabile vengono
lesi i diritti fondamentali e inviolabili della persona.
Le Sezioni Unite della Corte (SS. UU. n. 26972/08) hanno in primo luogo
precisato che:
1. l’art. 2059 c.c. è norma di rinvio alle leggi che determinano i casi di
risarcibilità del danno non patrimoniale;
2. «L’ambito della risarcibilità del danno non patrimoniale si ricava
dall’individuazione delle norme che prevedono siffatta tutela»;
3. «al di fuori dei casi determinati dalla legge, è data tutela risarcitoria
al danno non patrimoniale solo se sia accertata la lesione di un diritto
inviolabile della persona: deve sussistere una ingiustizia costituzionalmente qualificata»;
LA NOZIONE DI SERVIZIO. In questa controversia diven-
ta importante domandarci in primo luogo se la fruibilità
della spiaggia e del mare possa essere considerata un servizio che abbia il carattere della significatività e quindi
della non accessorietà.
A questo quesito è stata data una risposta positiva anche
se con argomentazioni giuridiche diverse in due distinte
sentenze della Corte di Cassazione.
Non possiamo in questa sede ripercorrere le argomentazioni giuridiche a sostegno di tale soluzione giurisprudenziale, le perplessità che sono state sollevate dalla dottrina
in argomento, ma ci limiteremo ai riferimenti necessari.
4. «il danno non patrimoniale è categoria generale non suscettiva di
suddivisione in sottocategorie variamente etichettate. In particolare,
non può farsi riferimento a una generica sottocategoria denominata
“danno esistenziale”, perché attraverso questa si finisce per portare
anche il danno non patrimoniale nell’atipicità, sia pure attraverso
l’individuazione della apparente tipica figura categoriale del danno
esistenziale, in cui tuttavia confluiscono fattispecie non necessariamente previste dalla norma ai fini della risarcibilità di tale tipo di
danno, mentre tale situazione non è voluta dal legislatore ordinario
né è necessitata dall’interpretazione costituzionale dell’art. 2059 c.c.,
che rimane soddisfatta dalla tutela risarcitoria di specifici valori della
persona presidiati da diritti inviolabili secondo Costituzione»;
5. l’interpretazione costituzionalmente orientata dell’art. 2059 c.c. consente ora di affermare che anche nella materia della responsabilità contrattuale è dato il risarcimento dei danni non patrimoniali;
6. il danno non patrimoniale è configurabile anche quando questo scaturisca da un inadempimento contrattuale, subordinandone però la
risarcibilità al ricorrere di tre condizioni non alternative, cioè:
a) che l’interesse leso abbia rilevanza costituzionale (altrimenti si perverrebbe a una abrogazione per via interpretativa dell’art. 2059 c.c.);
b) che la lesione dell’interesse sia grave, nel senso che l’offesa superi
una soglia minima di tollerabilità, stante il dovere di cui all’art. 2 Cost.
che impone a ciascuno di tollerare le minime intrusioni nella propria
sfera personale inevitabilmente scaturenti dalla convivenza;
c) che il danno non consista in meri disagi o fastidi;
7. quando si ha riguardo alle ipotesi contrattuali l’individuazione degli
interessi a carattere non patrimoniale va condotta accertando la causa
concreta del negozio, da intendersi come sintesi degli interessi reali
che il contratto stesso è diretto a realizzare, al di là del modello, anche
tipico. Questo specifico aspetto verrà affrontato in seguito.
La sentenza della Corte di Cassazione a Sezioni Unite è reperibile su Internet
all’indirizzo: http://www.altalex.com/index php?idnot=43677&idstr=20
In base alla sentenza n. 10651 del 24 aprile 20082 è «la
finalità turistica o scopo di piacere» che determina «l’essenzialità di tutte le attività e dei servizi strumentali alla
realizzazione del preminente fine del godimento della vacanza per come essa viene predisposta dall’organizzatore
di viaggio e accettata dall’utente».
Alla luce del criterio della causa concreta, secondo cui
lo scopo di piacere incide sulla causa del contratto, la
Corte interpreta in modo estensivo la nozione di servizio turistico di cui all’art. 91 del Codice del consumo e
rigetta l’interpretazione restrittiva del termine servizi
«come prestazioni direttamente dipendenti dall’attività e
2
La sentenza può leggersi in Diritto del turismo, n. 4/2008, Ipsoa Editore, con nota critica di Valentina Corona e nella rivista I
contratti, n. 3/2009, Ipsoa Editore con nota critica di Alessandro Galati.
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CASO GIURIDICO 6
dalla struttura imprenditoriale dell’organizzatore di viaggio» (cit. sentenza). La Corte afferma che la ricostruzione della causa del pacchetto come causa concreta da Lei
operata è stata ispirata dalla individuazione della ratio
della disciplina comunitaria tutta tesa «a tutelare il diritto del consumatore a fruire effettivamente della vacan-
za» (Corte di Cassazione n. 10651 del 24 aprile 2008).
In particolare la fruizione del mare e della spiaggia, sebbene non possa essere considerata in senso stretto un servizio
turistico, costituisce il presupposto di utilità del pacchetto
turistico. Ne consegue che il venir meno di tale presupposto
essenziale comporta il venir meno dell’elemento causale.
CAUSA CONCRETA
Secondo la teoria della causa concreta, la causa è la funzione economica
pratica che le parti intendono effettivamente assegnare all’accordo.
Ciò che bisogna ricercare, quindi, è l’interesse o insieme di interessi
concretamente perseguiti dalle parti.
L’impostazione assegna un nuovo ruolo ai motivi, questi non sono rilevanti
di per sé, ma solo se rientrano nel contenuto del contratto tacitamente o
espressamente.
La sentenza della Corte del 4 marzo 2010, n. 5189 concentra la sua attenzione sulla prestazione alla quale è vincolato il tour operator.
Secondo tale sentenza sia l’organizzatore, sia il venditore
assumono obblighi specifici che, nel caso oggetto della
controversia, consistevano nell’obbligo di trasportare e
assicurare un alloggio nel villaggio turistico, ma anche di
far godere della spiaggia e del mare.
Tali obblighi vanno adempiuti sulla base del criterio della
media diligenza in base all’art. 1176 c.c. Nella fattispecie,
come afferma la Corte, in primo luogo può parlarsi di inesattezza della prestazione da un punto di vista qualitativo.
Anche in relazione a tale aspetto non c’è stata corrispondenza tra i servizi promessi nel depliant illustrativo – da
ritenersi parte integrante del contratto stesso – e quanto
“realmente prestato”. In secondo luogo il tour operator
è tenuto al risarcimento del danno da vacanza rovinata
in quanto non ha provato che la scadenza dei luoghi sia
dipesa da caso fortuito e forza maggiore o dall’esclusiva
responsabilità del consumatore o dal fatto del terzo quali
eventi successivi alla stipula del pacchetto3.
In base a tali decisioni quindi:
• il turista-consumatore: può pretendere di fruire dei servizi di spiaggia e balneazione, considerati quali servizi non accessori. Quando il mare e la spiaggia sono
impraticabili il soggiorno perde di utilità. Tale ipotesi
concreta una ipotesi di mancata o inesatta prestazione;
• dal contratto di organizzazione di viaggio scaturisce
Per esempio, «Chi stipula un contratto di trasporto può voler soddisfare gli
interessi più vari che rimangono di regola estranei al negozio (necessità
di lavoro, di famiglia, di svago ecc.). Se però il vettore offre una crociera
l’interesse turistico entra nel contenuto del contratto, determinando in capo
al vettore l’impegno di effettuare una prestazione idonea a soddisfare tale
interesse: l’interesse turistico concorre qui a segnare la causa del contratto».
C. Massimo Bianca, Diritto civile 3, Il contratto, p. 462, Giuffrè Editore, Milano, 2000
in capo all’operatore turistico una obbligazione non
di mezzi ma di risultato; il debitore quindi ai sensi
dell’art. 1218 del codice civile e in particolare ai sensi
dell’art. 96 del Codice del consumo dovrà provare (allegare e dimostrare) che la scadenza dei luoghi sia dipesa da caso fortuito o forza maggiore o dall’esclusiva
responsabilità del consumatore o dal fatto del terzo
quali eventi successivi alla stipula del pacchetto;
• in mancanza di tale prova liberatoria il debitore risponderà di risarcimento del danno;
• se le circostanze che fanno venire meno le condizioni
di utilizzabilità dei servizi previsti, infine, non sono
imputabili a nessuna delle parti del contratto, il tour
operator deve attivarsi ai sensi dell’art. 91, comma 4
del Codice del consumo potendo scegliere tra l’offerta
di servizi alternativi o il rimborso della differenza tra
la prestazione promessa e quella effettuata.
In conclusione, ad avviso della Corte, se si segue la «funzione ispiratrice» della normativa comunitaria allora è
necessario tutelare la vacanza quale «bene immateriale»
che assume, in un’epoca in cui le persone impegnano la
maggior parte del loro tempo al lavoro, un importante
«valore esistenziale». Nel contempo, prosegue la Corte,
sia il legislatore comunitario, sia quello nazionale hanno
contemperato l’interesse del turista-viaggiatore con l’interesse economico (a un utile economico) del tour operator.
In questo senso vanno letti gli articoli 91, comma 4 e 96
del Codice del consumo4.
3
La sentenza applica gli articoli 14 e 17 del d.lgs. n. 111/1995 (attuativo della direttiva CEE n. 90/314), disciplinante i viaggi
e le vacanze “tutto compreso”, in quanto applicabile ai rapporti sorti anteriormente all’entrata in vigore del d.lgs. n. 206/2005
(Codice del consumo). Il contenuto di tali articoli non è mutato con l’entrata del Codice del consumo e si trova rispettivamente
negli articoli 93 (Mancato o inesatto adempimento) e 96 (Esonero di responsabilità).
4
Le espressioni virgolettate si trovano nella motivazione alla sentenza della Corte di Cassazione n. 10651 del 24 aprile 2008,
citata.
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CASO GIURIDICO 7
LA SOLUZIONE DELLA QUESTIONE.
Ad avviso della
Corte di Cassazione il giudice di merito ha tenuto conto
delle doglianze della ricorrente.
Da un lato la cognizione del «fenomeno della bassa marea,
quale situazione favorevole all’azione nociva di eventuali
microrganismi acquatici» non è ascrivibile al novero delle conoscenze che un professionista deve possedere sia in
base al criterio della diligenza media, sia in base al canone della diligenza professionale. Dall’altro tale fenomeno
non è riconducibile alle cosiddette «informazioni di carattere generale» che il tour operator deve fornire al consumatore ai sensi degli artt. 87 e 88 del Codice del consumo
(Cassazione civile, sezione III, 6 luglio 2009, n. 15798).
Se quindi non poteva pretendersi la conoscenza del fenomeno e delle sue possibili conseguenze per la salute del
consumatore cade anche l’obbligo della relativa comunicazione alla luce del dovere di buona fede sia precontrattuale, sia contrattuale ai sensi degli articoli 1175, 1337,
1374, 1375 c.c.
La suprema Corte rigetta il ricorso della ricorrente escludendo la responsabilità precontrattuale in quanto nessuna negligenza informativa o reticenza è addebitabile al tour operator. L’esonero dalla responsabilità preclude l’analisi degli
altri profili relativi al danno patrimoniale e al danno morale.
GLI OBBLIGHI DI INFORMAZIONE DEL TOUR OPERATOR
Il Codice del consumo prevede uno specifico obbligo di informazione in
capo al tour operator.
Tale obbligo lo desumiamo in primo luogo dagli articoli 87 e 88 del Codice
del consumo.
Come si evince dalla lettura degli articoli sopra riportati sia durante il momento cosiddetto di promozione pubblicitaria del pacchetto turistico, sia
durante la fase delle trattative, sia al momento della stipulazione incombono sul tour operator una serie di obblighi di informazione. Egli dovrà
comunicare in modo chiaro e preciso le informazioni in materia di visti e
passaporti, di obblighi sanitari, la qualità dei servizi, tipo e categoria dei
mezzi di trasporto, ubicazione, categoria e livello della struttura alberghiera e pasti forniti.
Tra le informazioni che il tour operator deve comunicare non pare rientrare
però quella oggetto del nostro caso giuridico, cioè se si debba pretendere
che il tour operator sia a conoscenza e dia contezza al turista della circostanza in merito alla pericolosità o meno dei luoghi.
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CASO GIURIDICO 8
VERIFICA DELLA COMPRENSIONE DEL CASO
Dopo aver letto l'articolo, rispondi alle domande utilizzando le righe a disposizione.
1.Definisci il contratto di pacchetto turistico.
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3.Definisci il danno da vacanza rovinata indicando
la natura di tale danno. L’inadempimento del contratto può dare origine a un possibile risarcimento
per vacanza rovinata. A quale norma del codice
civile va ricondotto il risarcimento?
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2.In base alla sentenza n. 10651 del 24 aprile 2008
qual è la finalità del contratto di pacchetto turistico? Alla luce di tale finalità quale nozione è possibile interpretare in modo non restrittivo e in quale
articolo del Codice del consumo troviamo la nozione stessa?
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4.Buona fede e diligenza nel contratto di pacchetto
turistico. Definisci i due concetti e individua le differenze.
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CASO GIURIDICO 9
Risposta alle domande del caso giuridico
Danno da vacanza rovinata
1. Il contratto di pacchetto turistico è regolato dall’art. 84
del Codice del consumo, il quale qualifica il pacchetto
come un peculiare e autonomo bene giuridico, consistente
nei viaggi, nelle vacanze e nei circuiti tutto compreso, che
siano caratterizzati dalla combinazione di almeno due elementi tra il trasporto, l’alloggio e i servizi a essi accessori,
e dalla durata superiore alle ventiquattro ore o comunque
comprendenti almeno una notte.
2. La sentenza della Corte di Cassazione definisce la causa
del contratto come funzione economica concreta. Secondo
tale impostazione è la finalità turistica o scopo di piacere
che consente di comprendere il perché, la ragione della
operazione contrattuale e della sua struttura. In base a tale
nozione è possibile interpretare estensivamente la nozione
di servizio turistico contemplata nell’art. 91, comma 4 del
Codice del consumo. L’art. 91 del Codice del consumo fa
riferimento, infatti, alla nozione di servizio essenziale. Il
servizio è essenziale quando riveste i caratteri di presupposto di utilizzazione dell’intera operazione e ciò anche
quando il suo compimento non dipenda dall’attività del
tour operator.
Il debitore potrà essere esonerato dall’obbligo di risarcire
se dimostra che il mancato compimento del servizio essenziale è dovuto alle cause stabilite dall’art. 96 del Codice del consumo, ma dovrà comunque attivarsi, come
dispone l’art. 91, comma 4 del Codice del consumo, per
predisporre adeguate soluzioni alternative per la prosecuzione del viaggio programmato, purché non comportino
oneri di qualsiasi tipo a carico del consumatore, oppure
rimborsare quest’ultimo nei limiti della differenza tra le
prestazioni originariamente previste e quelle effettuate.
3. Il danno da vacanza rovinata è un danno di natura non
patrimoniale che deriva dal pregiudizio sofferto dal credi-
tore per non aver goduto della vacanza come occasione di
svago, di riposo ecc. La risarcibilità di tale danno si fonda
sull’art. 2059 del codice civile e per tanto esso sarà risarcibile nei soli casi previsti dalla legge o quando vengano lesi
dei diritti inviolabili della persona. Il danno da vacanza
rovinata, quindi, è configurabile anche quando scaturisce
da un inadempimento contrattuale, ma perché possa essere risarcito è necessario che l’interesse leso, individuato
secondo il criterio della causa concreta, abbia rilevanza
costituzionale, che la lesione dell’interesse sia grave e che
il danno non consista in meri disagi o fastidi.
4. Il contratto di pacchetto turistico è soggetto alla disciplina del contratto in generale e in particolare alle regole
della diligenza e buona fede sia nella fase di formazione,
sia nella fase di attuazione del rapporto contrattuale.
La buona fede in senso oggettivo o correttezza, prevista
negli articoli 1175 e 1375 del c.c., implica un obbligo di
lealtà e di solidarietà e di protezione o di sicurezza che si
traduce in specifici obblighi di informazione e di avviso
che vanno adempiuti durante tutte le fasi del rapporto contrattuale.
La diligenza è un criterio per determinare il contenuto della prestazione e implica impegno, cura e attenzione che il
debitore deve adottare per attuare la prestazione.
La buona fede è un obbligo che sorge in capo a entrambe le
parti del rapporto obbligatorio (debitore e creditore), mentre l’obbligo di diligenza sorge in capo al solo debitore.
Nel contratto di pacchetto turistico la diligenza che può
pretendersi è una diligenza media; dalla lettura della sentenza tale criterio può stabilirsi solo avendo riguardo alla
natura della prestazione e consiste in tutte le misure necessarie per evitare il danno. La diligenza richiesta al debitore
di un pacchetto turistico è quindi quella normale o ordinaria e si estende sino al limite della materiale possibilità.
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