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Sr. M. Laura Restelli o.p. - Suore Domenicane di Santa Caterina da

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Sr. M. Laura Restelli o.p. - Suore Domenicane di Santa Caterina da
PIANETA
Chi sono le suore?
SUORE
Il Vangelo ci parla di donne che seguivano Gesù e condividevano i loro beni coi
discepoli. Una storia che si snoda nel tempo fin dai primordi. Vedove e vergini.
Una promessa solenne. La nascita (nei secoli IV e XII) dei movimenti monastici.
Scelte spontanee, o obbligate. La libertà di Chiara da Assisi e Caterina da Siena.
Le Beghine. La modernità di Angela Merici. L’Ottocento secolo delle grandi famiglie religiose femminili. Risposte ai bisogni dell’uomo, alla luce dell’amore di Cristo: catechesi, educazione e cura dei malati. Ieri e oggi, persistenze e novità.
L’
interrogativo chi sono le
suore? affascina non solo
l’abituale frequentatore di
ambienti religiosi, ma anche
l’uomo della strada, la persona
comune che si trova ad incontrare le suore. È interrogativo
che, credo, inviti a nozze lo storico data la vastità e complessità
delle vicende che hanno formato nei secoli quella figura che
noi oggi conosciamo come la
suora.
Ma, quando inizia la presenza
delle suore nella vita della chiesa e con che ruoli? Se per suora
o religiosa si intende una donna
che ha fatto del dono di sé a Dio
e alla causa del vangelo la ragione di vita... si può dire che esiste
da sempre: il Vangelo ci parla di
donne che seguivano Gesù e
che mettevano a disposizione
sua e dei discepoli i loro beni;
gli Atti degli apostoli, poi, nella
chiesa nascente presentano
figure di vedove e di donne in
genere che sono emblema di
carità e di servizio nella comunità. Senza contare la schiera di
sante, martiri, vergini che il martirologio annovera fra i discepoli di Gesù che hanno testimonia-
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Una celebrazione nella cappella di Kakumiro (Uganda)
to la fedeltà a Lui fino al sangue.
Se invece per suora o religiosa si
intende una forma di vita come
noi la conosciamo oggi pur nella varietà dei mezzi e dei… colori, allora occorre dire che tale
identità si è costituita nel tempo, lentamente, con evoluzioni.
Ancora, occorre precisare che è
impossibile tracciare una storia
esaustiva, tanto più nel breve
spazio di un articolo. Per curiosità, provando a cercare su
un’enciclopedia a carattere reli-
gioso le voci vita religiosa, ordini religiosi, congregazioni il
materiale che si trova è vastissimo, quando poi si focalizza
l’attenzione sul femminile allora
la fantasia dello Spirito pare farla da padrone, e il quesito ma
quanti sono gli ordini religiosi
femminili... resta senza risposta.
Allora il nostro interrogativo di
partenza può essere più ragionevolmente mutato: quali sono le
prime notizie in merito alle suore, così come le conosciamo noi?
La storia della Chiesa - dicevamo - conosce fin dalle origini la
presenza di forme di aggregazioni femminili che vivono devotamente, dedicando la propria
vita a Dio e al servizio dei fratelli. Si tratta di vedove che conservano il loro stato senza risposarsi e assurgono nella comunità
dei credenti a ruolo di testimonianza, si tratta di vergini che
pronunciano un propositum
solenne: la loro verginità viene
consacrata a Dio. Il rito di accoglienza di questa promessa e
l’imposizione del velo poneva la
donna in una condizione particolare e come tale veniva custodita dalla Chiesa. Poi, per secoli, la consacrazione delle vergini
da parte del vescovo cessa di
essere movimento a sé per
legarsi al solo ambiente monastico, sarà la riforma del Vaticano II a ripristinare l’Ordo Virginum come una forma di vita a
servizio della chiesa locale e di
testimonianza della radicalità
del vangelo.
La nascita del movimento
monastico tra i secoli IV e XII,
regola di Benedetto e sue successive riforme (Cluny, Citeaux
per citare le più famose) vede
gruppi di uomini e di donne
dedicare la loro vita a Dio nel
San Domenico e le donne catare,
rappresentato in una vetrata
monastero, secondo la Regola
che plasma la civiltà europea.
Monasteri maschili si sviluppano
in tutta Europa, fulcri di civiltà,
di cultura, inventori e artigiani
irradiano intorno a loro un’idea
di struttura sociale importante
nell’Europa che si va formando.
Essi sono prestissimo seguiti da
comunità femminili che, nel
comune solco della spiritualità
monastica vivono l’Ora et labora
con caratteristiche particolari.
Cessata da tempo l’epoca delle
persecuzioni, nella chiesa che si
confronta sempre più con le istituzioni civili, o addirittura le prepara, la vita religiosa, cioè la vita
comune secondo una regola,
pare l’alternativa al martirio: non
potendo testimoniare la propria
fedeltà e il proprio amore al Cristo con l’effusione del sangue,
per secoli, la scelta della vita
consacrata nel monastero pare
la forma perfetta di vita cristiana.
Ma per le donne la scelta non è
sempre spontanea. Esse, nella
società feudale prima, in quella
borghese poi, sono il cuore ispiratore di tutta la cultura cortese
e cavalleresca, ma a livello pratico divengono spesso pedine di
alleanza attraverso i matrimoni o
allontanate dal problema di
divisione dell’eredità attraverso
le monacazioni. La condizione
femminile non brilla insomma
per libertà. Forse per questo
colpiscono
particolarmente
quelle figure di donne che, in
una società fortemente gerarchizzata, in cui l’appartenenza
familiare e al gruppo sociale è
fortissima, decidono in proprio
della loro vita, incamminandosi
su strade ardue.
È il caso di sante famose come
Chiara d’Assisi o Caterina da
San Benedetto e Santa Scolastica
Siena, ma è il caso anche di
donne non ricordate per nome
dagli annali della storia, che
hanno permesso alla vita femminile di subire svolte e di esplorare sentieri, è il caso di donne
che hanno pagato con la vita il
loro essere …in anticipo sui
tempi.
Quando nel XIII secolo fioriscono gli Ordini mendicanti essi
sono la risposta ad una sete di
verità evangelica che agita il
popolo cristiano almeno da due
secoli. Tentativi di riforma
c’erano stati per restituire alla
chiesa purezza di testimonianza,
erano state riforme interne al
mondo monastico, che avevano
originato comunità ferventi di
uomini e di donne, ma erano
riforme per così dire dall’alto.
La risposta di Domenico e di
Francesco viene dal basso, dall’incontro con i bisogni del mondo laico e con la nebbia dell’eresia.
E fin dal loro sorgere i due movi-
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Santa Caterina da Siena
menti devono fare i conti con….
le donne. Monache domenicane o Clarisse (intese come
seguaci di Chiara d’Assisi) in
ogni caso si tratta di comunità
femminili che appartengono
all’Ordine e sono istituzionalizzate. Ma il movimento femminile è più ampio.
Giacomo da Vitry nel 1216, giunto a Perugia per incontrare il
papa Innocenzo III , lo trova già
morto, ma essendo stato eletto
in poco tempo il suo successore
nella persona di Onorio III, ottiene per le pie donne del vescovado di Liegi e di tutta la Francia
e la Germania il permesso “di
vivere insieme e di confermarsi
l’una l’altra per mezzo di reciproci ammonimenti nelle buone
azioni”.
Fino a questo momento la curia
si era preoccupata dei movimenti religiosi maschili, di quei
fermenti che si agitavano ormai
da un secolo e che avevano portato sì all’eresia, ma anche alla
formazione degli ordini mendicanti: povertà volontaria e predicazione.
Nel nord e in altre parti d’Europa anche il mondo femminile è
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in subbuglio e il risveglio religioso, le esigenze nuove si intrecciano con la spiritualità degli
ordini Mendicanti e con un lento
evolversi della mentalità e della
vita in senso urbano.
Le mulieres religiosae, per cui
Giacomo di Vitry chiede approvazione, non sono un fenomeno
isolato del vescovado di Liegi,
ma un fermento comune: queste donne si distinguono dalle
sposate, dette saeculares, ma
non sono monache, non sono
appartenenti ad una istituzione
riconosciuta, conducono una
vita devota a volte nelle loro
case, a volte insieme, facendo
opere di carità, sono vedove o
vergini che vogliono rimanere
tali. Il movimento religioso ha un
principio comune, poi per decisioni della Curia, degli Ordini
maschili a cui le donne si rivolgono, per evoluzione delle stesse comunità, viene ad assumere
forme di organizzazione diverse,
dal beghinaggio, al monastero,
alla reclusione, alla vita devota
nelle proprie case. Il fine di questa “vita religiosa” priva di vincoli, di voti pubblici, è vivere
radicalmente il vangelo attraverso la povertà e la castità; a differenza del movimento maschile
le donne rinunciano all’azione
apostolica e alla polemica con il
clero. La carità operosa che fiorisce nella loro vita diviene uno
sbocco naturale, non tanto una
scelta di campo.
La chiesa fin dalle origini prevedeva fra i sacramentali un rito
della consacrazione delle vergini, con il quale una donna,
donando a Dio la propria vita,
continuava a vivere nel mondo,
ricevendo dalla benedizione del
vescovo un sigillo di sacralità.
Dal XII secolo però la consacra-
zione delle vergini era divenuta
parte integrante della professione monastica; non era dunque
più possibile vivere un propositum solenne di verginità al di
fuori di un monastero. Ora, sul
finire del XII secolo, queste donne fanno del proposito di castità
uno degli elementi irrinunciabili
della loro vita e sono sospettate
di eresia, data la diffusione del
catarismo.
Così all’inizio del XIII secolo
Beghina è sinonimo di eretica e
Giacomo da Vitry evita di usare
questo termine per presentare
al Papa la sua richiesta. Ma già
intorno agli anni 20 del secolo il
termine è sinonimo di donna del
movimento religioso e dal terzo
decennio le donne stesse usano
questo nome, non avendone un
altro con cui designarsi. Lo
adottano quando ormai ha perso il suo senso ingiurioso primitivo ed è venuto ad indicare uno
stato intermedio tra la vita laicale e quella “religiosa” come era
stata definita dal Concilio Lateranense IV.
Il movimento non ha un fondatore, ma ha un centro di irradiazione importante, la città di
Santa Chiara di Assisi
Nivelles, intorno a Maria di
Oignies, emblema di quella religiosità femminile che aveva cercato un inserimento nei grandi
ordini Cistercense e Premostratense e, divenuti quelli inaccessibili, si sviluppa in forme nuove.
Da quando gli ordini religiosi
accettano solo conventi che
possano mantenersi e che
osservino stretta clausura, che
non pratichino mendicità, una
posizione sociale elevata e una
ricca dote sono conditio sine
qua non per l’ingresso in questi
ambienti.
Il beghinaggio è una forma di
religiosità particolare che si
innesta nel tessuto urbano e
quando Gregorio IX propone
per regolamentare il movimento
femminile l’introduzione della
clausura e impone per ogni
monastero che voglia essere
riconosciuto tale la stretta reclusione, le comunità femminili che
accettano questo hanno diritto
di vita e protezione. Ma la vita
delle beghine continua.
Il claustrum*, che per il legislatore ha un valore in sé, è un luogo appartato in cui la fidanzata
è custodita e attende lo sposo,
con divieti annessi di reminiscenza cavalleresca, è percepito
diversamente dal movimento
femminile. L’idea della verginità
è legata nel movimento femminile a quella delle nozze: la Vergine è sposa e in antico le venivano consegnate le insegne
proprie del rito matrimoniale
(velo e anello). Quindi il chiostro
diviene non tanto la custodia
della fidanzata, ma lo spazio nel
quale si dilata la maternità di
una sposa, e il riferimento è
quello a Maria, Vergine e madre,
la cui imitazione nutre la pietà
popolare. La verginità allora è
sponsalità e fiorisce in diakonia:
le beghine si danno ad opere di
carità, al lavoro con le proprie
mani in un rapporto di servizio e
di scambio con la città in cui
vivono.*
La loro povertà è rinuncia alla
proprietà personale, da parte di
donne che non appartengono a
ceti bassi, ma a quella borghesia
che produce la ricchezza e ne
gode, ed è lavoro con le proprie
mani per conformarsi alla vita
apostolica.
L’essere Beghine comporta un
salto sociale a causa dell’insicurezza di questa vita: non sono
religiose in senso giuridico e,
pur essendo organizzate, sfuggono agli inquadramenti ufficiali. Diviene una forma dunque
alternativa al monastero, con
propri riti, regole, modi di vestire. Conoscerà l’apice dei grandi
beghinaggi e il declino, la fama
di santità per alcuni suoi membri
e il rogo per altri tacciati di eresia.
Sul finire del XIII secolo poi
accanto alle Beghine si sviluppano, a contatto con gli Ordini
mendicanti, i cosiddetti Terz’ordini, gruppi di laici, uomini o
donne che desiderano vivere la
spiritualità dei Mendicanti nella
loro vita quotidiana.
Hanno un destino più felice e
fecondo delle Beghine forse
proprio a causa della loro istituzionalizzazione ad opera degli
Ordini; in ogni caso, almeno in
ambiente domenicano è proprio da membri del Terz’ordine,
o nel seno di confraternite che
nell’Ottocento si sviluppano
alcune Congregazioni femminili.
Parlando al femminile la prima
regola per donne dei tempi
moderni fuori dal solco monastico risale in Italia, ad Angela
Merici. Nel contesto del secolo
XVI la sua intuizione di donne a
servizio dei poveri nasce dal
contatto con i mali del tempo,
con gli ospedali degli Incurabili.
Fonda la Compagnia di S. Orsola che si evolve poi in Congregazione e ha fin dall’inizio un
intento di protezione della gioventù femminile: educazione,
cura degli infermi, castità consacrata a Dio, povertà come
vivere del proprio lavoro e di
mendicità.
Sono aspetti che fanno pensare
alle idee su cui si era sviluppato
il movimento delle beghine….
forse in anticipo sui tempi.
Carlo Borromeo contribuirà ad
un’organizzazione più precisa
della Congregazione neonata…
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In ogni caso è lecito pensare
che, sepolto nei secoli, sopravvissuto alla storia e alle sue trasformazioni il sogno delle
Beghine possa finalmente fiorire: una vita donata a Dio e spesa nella carità verso i fratelli, non
necessariamente chiuse in un
claustrum pensato da altri, ma
liberamente costituite in comunità. Le forme di vita sono davvero tante e la storia ci insegna
che tutte passano al vaglio del
tempo, possono essere trasformate e persino cadere in declino, ma se sono frutto dello Spirito ciò che permane è il dono di
vita lasciato agli uomini.
Sr. Francesca Bray o.p. e un bimbo della parrocchia di Kakumiro
Ci saranno Orsoline che vivono
in famiglia e altre in vita comune, e queste dovranno fare i
conti con i dettami del Concilio
di Trento che vuole per la vita
femminile la stretta clausura, a
cui il proposito apostolico di
queste donne male si adatta.
Sarà l’Ottocento il secolo del
grande fiorire di famiglie religiose femminili. I tempi ormai sono
maturi per una vita religiosa
femminile alternativa. Per molto
tempo le forme esteriori mutuano ancora dall’ambiente claustrale il loro modo di essere
(clausura, regole, osservanze,
risentono di tradizioni secolari)
ma i fini di queste comunità
femminili sono nuovi. Le Congregazioni nascono come una
risposta ad un grido di aiuto.
Donne illuminate intuiscono i
bisogni del loro tempo e fondano comunità che nella comune
appartenenza al Cristo si facciano mani di compassione per tutti. L’educazione della gioventù,
la cura dei malati, la catechesi,
la prossimità divengono forme
con cui le donne dell’Ottocento
o del Novecento desiderano
testimoniare l’amore di Dio per
il suo popolo.
Così è anche in ambito Domenicano, nelle diverse regioni del
mondo si sviluppano comunità
di diritto diocesano o pontifico,
fondate da Padri o da donne
stesse che vogliono fare della
loro professione di terziarie un
propositum di vita più radicale.
Sr. M. Laura Restelli o.p.
Sr. M. Laura Restelli o.p.
Nota: I termini usati sono mutuati dalle cultura del tempo, religiosa e laica, non si è volutamente cercato il corrispondente odierno per lasciare il problema nel suo contesto medievale.
Fonti:
H.Grundmann, Movimenti religiosi nel medioevo, Bologna 1974
Epiney-Bugard G.Zum Brunn, Le poetesse di Dio, Mursia Milano 1994
AAVV in Dizionario Istituti di Perfezione, voci Beghine, Consacrazione delle Vergini, Ordini religiosi, Orsoline, Vita religiosa ecc,
volumi 1-9 Roma 1975
L.R, Parigi 1272 - Prediche alle donne, ed Associate 2001 (e bibliografia)
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