Dietro il sangue che coagula può nascondersi il tumore
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Dietro il sangue che coagula può nascondersi il tumore
VITA DI RICERCATORE LL Anna Falanga, dalla medicina interna all’oncologia In questo articolo: ipercoagulabilità 5 per mille ricercatore Dietro il sangue che coagula può nascondersi il tumore scono l’oggetto del finanziamento, legato al programma 5 per mille, ottenuto da AIRC. Chiari marcatori della coagulazione Uno dei programmi finanziati da AIRC grazie ai fondi raccolti con il 5 per mille degli italiani è dedicato al fenomeno della ipercoagulabilità, che potrebbe essere spia di un cancro in fase iniziale. È lo studio che, da Bergamo, Anna Falanga dirige con un gruppo di 30 clinici su tutto il territorio nazionale, per trovare un nuovo metodo di diagnosi precoce a cura di FABIO TURONE el mondo scientifico è sempre più conosciuta a livello internazionale come l’organizzatrice del “meeting di Bergamo”, che ogni due anni riunisce nella città orobica i massimi specialisti della relazione tra trombosi e cancro provenienti da tutto il mondo, ma un residuo di accento e alcune espressioni dialettali che affiorano qua e là tradiscono senza dubbio le sue origini partenopee, alle quali tiene moltissimo, e che rinfresca ogni estate passando le vacanze sulla Costiera amalfitana. “Quando sono partita da Napoli, nel 1980, pensavo che all’Istituto Mario Negri sarei rimasta tre anni, e poi sarei tornata a casa, per puntare alla carriera universitaria” racconta Anna Falanga, che oggi dirige il Servizio di immunoematologia e medicina trasfusionale e il Centro emostasi e trombosi del Dipartimento di oncologia-ematologia degli Ospedali Riuniti di Bergamo. N Con Marina Marchetti collaboratrice sul progetto 5 per mille 4 | FONDAMENTALE | DICEMBRE 2012 A Milano, proprio all’Istituto Mario Negri, era stata mandata durante la specializzazione in medicina interna, dopo il diploma di maturità classica e la laurea in medicina, sempre con il massimo dei voti: “Mia mamma era insegnante elementare, e mi ha trasmesso l’amore per lo studio. È sempre difficile dire perché si sceglie una facoltà all’università, e si determina così la propria vita, non solo professionale. Io ero convinta che studiare medicina mi avrebbe portato a occuparmi di scienza ma anche a prendermi cura della sofferenza e del dolore delle persone, e questo mi piaceva” ricorda. Grazie all’impegno costante, da giovane laureanda era entrata in un gruppo all’epoca tra i più produttivi dell’Università di Napoli, che aveva molti contatti in Italia e fuori dall’Italia e sollecitava i giovani a fare esperienze lontano da casa. Per lei la meta è il Laboratorio di emostasi e trombosi dell’Istituto Mario Negri di Milano: è lì che comincia a occuparsi dei rapporti tra il cancro e la trombosi, che oggi costitui- La relazione tra cancro e trombosi – ovvero la tendenza del sangue a formare dei coaguli che rischiano di ostruire progressivamente il flusso circolatorio fino a bloccare un’arteria o una vena – è studiata da anni, ed è noto da tempo che anche in assenza di manifestazioni cliniche di trombosi i malati di cancro presentano anomalie dell’emostasi, cioè della coagulazione del sangue, rilevabili con specifiche batterie di esami. In particolare, la presenza di alcuni marcatori permette oggi di definire lo “stato ipercoagulabile”, cioè la tendenza a formare coaguli anomali, che in vari carcinomi è stato più volte associato alla progressione del tumore e a una cattiva prognosi. Negli anni ottanta queste ricerche erano agli inizi e l’Istituto Mario Negri era sicuramente un luogo di eccellenza: “L’esperienza di lavoro al Negri è stata molto importante per la mia crescita. L’ambiente di lavoro era molto diverso da quello di Napoli, più sciolto nei rapporti tra colleghi e con i superiori e allo stesso tempo molto produttivo e ricco di soddisfazioni, con esperimenti ben fatti e pubblicazioni scientifiche” racconta. L’ambiente cordiale e stimolante è galeotto, tanto che a Falanga arrivano in rapida successione due proposte che le cambiano la vita: si sposa con un collega ricercatore bergamasco, Arrigo Schieppati, e insieme a lui decide cinque mesi più tardi di proseguire gli studi in America, a Denver, in Colorado. Lui approfondisce le sue ricerche in nefrologia, mentre lei si dedica a capire sempre meglio la relazione tra trombosi e cancro – studiando in particolare la capacità di alcu- Da Napoli al Nord per studiare i segreti del sangue ne cellule tumorali di attivare la cascata di eventi che porta alla formazione del trombo – e pubblica i risultati su riviste internazionali di primissimo piano, da Biochemistry a Blood. “All’epoca lasciare l’Italia era più duro di oggi, perché non c’era Internet, e persino i giornali italiani erano molto difficili da reperire, ma noi ci siamo trovati benissimo, anche perché siamo sempre stati molto curiosi e desiderosi di conoscere i luoghi e la gente, per cui abbiamo incontrato tantissime persone, non solo americane. Con molte di loro siamo ancora amici” ricorda Falanga. “Più che il laboratorio in sé, l’aspetto davvero bello dell’Università di Denver era l’organizzazione tutta rivolta a semplificare la vita di studenti e ricercatori, a partire dalla biblioteca aperta fino a tardi, sabato e domenica compresi. All’inizio pensavamo di restare un anno, poi due, poi stavamo preparandoci a restare un terzo anno quando l’ospedale di Bergamo ha avuto bisogno di un nefrologo”. Anna Falanga lavora nel Dipartimento di oncologia-ematologia degli Ospedali Riuniti di Bergamo Donne medico e scienziate Poco dopo il ritorno in Italia, dove anche lei inizia a lavorare agli Ospedali Riuniti di Bergamo, arriva la piccola Francesca. “Con la maternità, tutte le donne che lavorano lasciano per un po’ la propria attività. L’ho fatto anch’io, ma il mio ritorno al lavoro è stato abbastanza rapido, come capita spesso a chi fa ricerca. Crescendo, nostra figlia ha dovuto abituarsi all’idea di avere entrambi i genitori medici, con turni in ospedale e frequenti viaggi di lavoro”. Al dovere professionale, Falanga affianca negli anni l’attività nell’Associazione italiana donne medico e la presidenza del club Soroptimist, che riunisce donne lavoratrici impegnate in tutte le professioni. Ma a posteriori è chiaro che dagli attivissimi genitori, e in particolare dalla mamma, la piccola Francesca ha acquisito anche la passione per la ricerca: oggi che ha 26 anni frequenta la scuola di specialità in ematologia a Brescia, dopo aver seguito due summer school in altrettanti laboratori americani a Boston e a Los Angeles, durante l’università: “Quelle esperienze non hanno avuto “ DICEMBRE 2012 | FONDAMENTALE | 5 VITA DI RICERCATORE alcun valore ai fini della laurea, ma sono state profondamente utili per lei, per acquisire la dimensione del lavoro del clinico-ricercatore, diviso tra laboratorio e corsia di ospedale, in cui la ricer- “ Il gruppo di ricercatori che con Falanga lavora al programma 5 per mille di AIRC ca fa parte a pieno titolo del lavoro del medico” commenta Falanga. La stessa consapevolezza lei l’ha acquisita e messa in pratica nella Divisione di ematologia diretta da Tiziano Barbui, dove LA MAPPA DELLA COLLABORAZIONE a coagulazione del sangue è il risultato di un meccanismo complesso che conduce alla formazione di un coagulo o trombo: può essere la risposta fisiologica nel caso di una ferita (e in questo caso si parla di emostasi) o dipendere da un’alterazione dovuta ad altre cause, tra cui un tumore. In questo caso si parla di ipercoagulabilità, che può portare alla trombosi con conseguenze anche gravi, perché l’improvvisa chiusura di un vaso può privare un organo vitale del necessario apporto di ossigeno. Il progetto 5 per mille AIRC intende verificare nel dettaglio la relazione esistente tra un maggior rischio di cancro e le sostanze presenti nel sangue che influenzano lo stato di ipercoagulabilità, per mettere a punto un esame di diagnosi precoce semplice e poco costoso. Lo studio diretto L 6 | FONDAMENTALE | DICEMBRE 2012 ” da Anna Falanga è partito nell’aprile scorso, coinvolgerà complessivamente 30 ricercatori e clinici e durerà cinque anni. La raccolta dei dati, su volontari sani e malati di tumori gastrointestinali, della mammella e del polmone, sarà realizzata in collaborazione con altri cinque gruppi distribuiti in tutta Italia. • Fondazione IRCCS Istituto nazionale tumori (Milano), gruppo di Filippo De Braud. • Ospedale san Filippo Neri (Roma), gruppo di Giampietro Gasparini. • Fondazione di ricerca e cura Giovanni Paolo II (Campobasso), gruppo di Licia Iacoviello. • Ospedali Riuniti di Bergamo (Bergamo), gruppo di Roberto Labianca. • Fondazione Humanitas per la ricerca (Rozzano, MI), gruppo di Armando Santoro. ancora oggi continua ad affiancare la cura dei malati colpiti da gravi malattie, come leucemie, linfomi, e le malattie trombotiche ed emorragiche, alla ricerca che punta a scoprirne le cause e a mettere a punto nuove terapie. E qui si inserisce l’idea innovativa per esplorare la quale AIRC ha stanziato un finanziamento di un milione di euro all’anno per cinque anni: riuscire a mettere a punto un semplice esame del sangue che sia in grado di predire l’eventualità di un cancro e individuare gruppi di persone a più alto rischio per anticipare la diagnosi, raccogliendo anche utili indicazioni sulla prognosi. I ricercatori partono da test che sono da tempo applicati a livello sperimentale nello studio della trombosi, ma oggi intendono verificare su un amplissimo numero di persone – in parte sane e in parte malate di tumore – se la loro presenza in quantità anomala è in qualche modo correlata anche alla maggiore probabilità di sviluppare un cancro più o meno aggressivo. “La nostra ricerca prevede di coinvolgere molte migliaia di persone sane, grazie alla partecipazione del gruppo di ricerca Moli-sani che da tempo sta raccogliendo dati sanitari e di stili di vita di oltre 24.000 cittadini del Molise, e di persone persino più sane della media, ovvero i circa 30.000 donatori di sangue della provincia di Bergamo” spiega Falanga. “Inoltre eseguiremo i nostri test sperimentali su circa 4.000 malati di tumore – gastrointestinali, della mammella e del polmone – che saranno reclutati in quattro centri oncologici italiani”. La speranza è quella di poter presto annunciare un risultato che dia lustro anche alla sua città adottiva, magari proprio in uno degli incontri internazionali che organizza da dodici anni: “Bergamo è una città molto viva e curiosa, che non solo si mostra partecipe quando si tratta di iniziative che le danno visibilità, ma è ben lontana, sul piano dei rapporti con le persone, dallo stereotipo di una città chiusa e provinciale: nella mia esperienza, ho trovato accoglienza e disponibilità e anche interesse e partecipazione generosa per le iniziative della ricerca”.