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Il «caveau» del riso svizzero

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Il «caveau» del riso svizzero
Azione Settimanale della Cooperativa Migros Ticino¶31 marzo 2014¶N. 14
12
Attualità Migros
Il «caveau»
del riso svizzero
Industria Migros Dalla Riseria di Taverne non proviene soltanto
il riso venduto alla Migros, ma anche circa 5000 tonnellate di scorte
alimentari d’emergenza della Confederazione
Marc Bodmer
Markus Giger, 52 anni, ci mostra col
dito il minuscolo involucro di un chicco di riso, dal quale è spuntato lo stelo
di un germoglio verde intenso: «Un
solo chicco ne può far nascere da 40
a 60». Questo miracolo della natura
infonde una nota di entusiasmo nella
voce dell’agricoltore, che si occupa dal
1981 dei campi ticinesi di proprietà della Terreni alla Maggia. L’azienda è stata
creata all’inizio degli anni 30 del 900.
Conta 150 ettari, dei quali, dalla fine
degli anni 90, 89 ettari sono coltivati
con riso in coltura asciutta. «Il terreno
sul piano della Maggia è sabbioso e permette all’acqua di filtrare» spiega Giger.
«Noi annaffiamo una volta alla settimana». Il riso seminato in primavera
non deve diventare troppo asciutto per
non essere soggetto a malattie.
«Certo, possiamo fornire l’acqua
che serve, ma non il calore necessario». A quello provvede il mite clima
ticinese. Nel gigantesco getto d’acqua
dell’irrigatore che sta ora bagnando le
pianticelle verdi risplende un bell’arcobaleno. Ciò che all’epoca era iniziato
come esperimento, limitato a due ettari di terreno, si è tramutato oggi in un
progetto esemplare. All’inizio, la competenza tecnica necessaria è stata maturata visitando fiere specialistiche in
Italia. Il resto lo si è appreso man mano,
con la pratica, secondo il detto: l’esperienza rende intelligenti. In uno dei terreni con la minore altezza sul livello del
mare di tutta la Svizzera (198 m) il riso
si semina una volta all’anno, in aprile.
Per altri tipi di cereali, invece, la semina
avviene di regola due volte all’anno. Per
ottenere un consistente riso da risotto
è stata scelta la qualità Loto, che può
essere raccolta dopo 150 giorni, cioè in
ottobre. La maturazione dell’ottimo
Carnaroli, ad esempio richiede, 190
giorni, ciò che rappresenta un periodo
di tempo troppo lungo in rapporto alle
condizioni meteorologiche ticinesi.
Circa la metà del riso prodotto qui
è messo in vendita da Migros, ma prima
di arrivare in filiale sono necessari ancora un paio di passi. «I chicchi vengono
trebbiati quando hanno raggiunto un
tasso di umidità del 25 per cento» dice
Markus Giger. I grani di riso ottenuti e
asciugati in un ulteriore passaggio, sono
liberati dalla loro crusca, una guaina vegetale, e elaborati come riso semi-greggio. In questa forma arriva alla Riseria di
Taverne non soltanto il riso della Terreni
alla Maggia, ma anche altro riso da ogni
parte del mondo. «Il nostro riso ticinese
è certificato IP-Suisse, poiché ad eccezione di alcuni rari casi in cui dobbiamo utilizzare dei fungicidi, nelle nostre
coltivazioni non usiamo nessun fertilizzante o erbicida» spiega Giger.
«Più della metà del riso che riceviamo alla Riseria arriva dall’Italia» dice
Daniel Feldmann, 47 anni, responsabile della Riseria, che è il maggiore stabilimento di produzione per il riso della
Svizzera. Dopo la consegna del riso
semi-greggio inizia la raffinazione dei
frutti della più antica coltura vegetale
del mondo. Al mondo ne sono lavorate
oltre 600 milioni di tonnellate, di cui un
buon 90 per cento in Asia e Oceania. La
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parte consegnata in Svizzera è una porzione praticamente invisibile di questa
quantità globale, visto che gli svizzeri
ne consumano in media «soltanto» 6
chili all’anno, mentre ad esempio in
Asia la quantità di riso ammonta a 20
chili a testa. Anche da noi, però, questo
sano cereale sta diventando sempre più
popolare.
Come spiega Feldmann, che è cuoco di formazione, «La Riseria offre da
20 a 30 qualità di riso e ciò che è decisivo al momento del nostro acquisto
sono i requisiti di qualità». Ciò non è
sempre semplice perché è in atto un
cambiamento nell’allocazione delle
superfici coltivabili, in particolare negli Stati Uniti, ma anche in Italia: altre
qualità di cereali come il mais stanno
prendendo piede. Feldmann gira lo
sguardo verso i silos dell’azienda: quelli
in acciaio sono 41 e 32 quelli in cemento. «In ognuno è conservato del riso
semi-grezzo, circa 5000 tonnellate del
quale servono come riserva d’emergenza. È un quantitativo definito in modo
obbligatorio dalla Confederazione»
spiega il responsabile: «Per questo ci
chiamano anche “il caveau” del riso
svizzero». Il resto del riso che arriva
nei magazzini della Riseria dopo una
prima pulizia preliminare (nella quale vengono eliminati residui minerali,
metallici e polvere) viene immagazzinato per almeno un mese. «Si tratta di
una misura protettiva iniziale che serve
per la lotta ai parassiti» dice Paola Galli,
43 anni. Lei è tecnico dell’alimentazione ed è responsabile della certificazione di qualità. Di questa fa parte anche
l’analisi dei campioni che vengono
prelevati ad ogni nuova consegna e che
vengono esaminati per la ricerca di pesticidi, fino a evidenziarne le caratteristiche biomolecolari.
Di base, esistono due tipi di riso:
il Parboiled e quello bianco. «La pellicola argentata che circonda i chicchi di riso contiene molte vitamine e
minerali. Nel caso del riso Parboiled
queste ultime sono compresse all’interno dei chicchi con l’aiuto di vapore
Markus Giger della Terreni alla Maggia prepara il trattore per la semina.
(Nik Hunger)
acqueo e alta pressione»: Paola Galli ci
descrive così il procedimento effettuato. Nel processo di raffinazione del riso
bianco, invece, la pellicina argentata
viene asportata. La farina di riso che si
produce come scarto viene elaborata
in forma di pellets che servono all’alimentazione animale, visto l’alto tenore
di proteine che contengono. La produzione di riso è un processo eco-sostenibile in cui tutti i «rifiuti» possono essere
riutilizzati: la crusca seccata diventa
materiale combustibile, i chicchi spezzati che vengono dalle qualità italiane
di riso sono separati dal resto e poi macinati, per ottenere farina che viene poi
riutilizzata nell’industria alimentare.
«Nella raffinazione usiamo grande
attenzione» dice Daniel Feldmann. «I
nostri clienti apprezzano il fatto che il
riso, arrivando da tutto il mondo fino
a noi, sia poi raffinato in Svizzera». Per
fare in modo che nessuna pietruzza,
granello di polvere o addirittura scheggia di metallo possa finire nella catena
finale di produzione, il riso semi-grezzo
viene fatto saltellare sui setacci una seconda volta. Successivamente avviene
la suddivisione dei grani per larghezza
e per lunghezza. «Anche i chicchi ancora verdi vengono separati e messi da
parte» dice Paola Galli. Ora il riso viene
convogliato verso alcune frese rotanti,
dove alcune spazzole lo lucidano. Questi macchinari bianchi con sfumature
marroni hanno già elaborato un bel po’
di tonnellate di chicchi, visto che sono
in funzione ormai da 50 anni buoni.
Ogni ora sono lavorati da 2500 a 3500
Kg di riso. Il prezioso carico viene poi
trasportato attraverso un potente siste-
ma di tubature fino al prossimo controllo. Con l’aiuto di raggi ultravioletti
si cercano chicchi di riso macchiati, in
modo da poterli separare. «Una piccola
percentuale di chicchi spezzati è accettabile, mentre il resto viene macinato»
dice Galli. «Dopo questo passaggio
finale di separazione la superficie dei
chicchi è trattata con acqua e il riso infine è pronto per essere immagazzinato
nei silos».
Da questi contenitori vengono
scaricate le varie quantità necessarie a
seconda della richiesta. Lungo lucide
tubature scendono verso la sezione di
imballaggio, un settore in cui le macchine scandiscono il lavoro segnando
quasi un ritmo da musica techno. «Esistono diversi tipi di imballaggio» spiega
Daniel Feldmann. «Vanno dalle borse
da 2 e 3 chilogrammi fino ai pacchetti
da 1 kg, per arrivare ai più popolari sacchetti: tutto viene imballato qui da noi».
Una linea di produzione ricava sacchetti, con già stampata la data di produzione, da un foglio di plastica trasparente.
In questo modo è possibile impacchettare 60 chilogrammi di riso al minuto.
Dopo un ultimo passaggio sotto
un metal-detector i sacchetti terminano la loro corsa su una bilancia che ne
verifica il peso. Un robot afferra 10 pacchetti alla volta e li colloca su una paletta già pronta, che viene avvolta nella
plastica e poi caricata sui vagoni ferroviari. «Oltre il 90 per cento del nostro
riso lascia lo stabilimento sui binari
della ferrovia» dice Feldmann, mentre
osserva il vagone merci che proprio in
questo momento sta uscendo dalla sezione di carico.
Quando i bambini partono al trotto
Generazione M Grazie al progetto Muuvit gli scolari possono
praticare più sport. Diecimila ragazze e ragazzi sono coinvolti
I ragazzi della sesta classe del docente
solettese Stephan Tüscher, 31 anni, sono
già stati tutti insieme a Lisbona e a Londra. Queste gite scolastiche attraverso
l’Europa sono virtuali, compiute grazie al computer. Dal marzo dello scorso anno Tüscher partecipa al progetto
Muuvit. In tutta la Svizzera sono già
700 le classi, per un totale di circa 10’000
ragazze e ragazzi, che vi hanno preso
parte. Gli scolari si muovono uno alla
volta su una carta geografica virtuale
attraverso il continente. Una volta raggiunta una meta, su uno schermo si visualizzano fotografie, spezzoni di filmati e piccoli giochi didattici. Ma prima di
arrivare alla loro meta virtuale i ragazzi
devono raccogliere dei punti. I quali
possono essere racimolati attraverso attività sportive, quest’ultime molto reali.
Le ore di insegnamento devono
essere interrotte regolarmente da brevi
pause: i ragazzi giocano a rincorrersi,
oppure si lanciano palline da tennis o
da basket e a volte addirittura pesanti
palloni medicinali. In questo modo la
classe colleziona punti di viaggio. Gli
allievi sono più tranquilli e concentrati
in classe dopo essersi sfogati nel movimento. Oltre a ciò possono migliorare la
loro posizione di classifica Muuvit anche
nel tempo libero, ad esempio andando
a pattinare o praticando escursioni in
bicicletta. Ma ai nostri giorni i giovani
sono davvero pronti a darsi da fare fuori dall’orario scolastico solo per potersi
concedere un viaggio virtuale attraverso
l’Europa? Praticamente tutti possiedono
oggi uno smartphone e possono viaggiare su Internet senza problemi. «Ma i
viaggi di Muuvit sono qualcosa di molto speciale» dice il maestro Tüscher. «Le
escursioni virtuali infatti sono esperienze di gruppo: l’obiettivo viene raggiunto
grazie all’unione delle forze che i ragazzi
hanno investito tutti insieme». In Muuvit, infatti, è l’intera classe a decidere la
meta del viaggio.
Il progetto Muuvit, che è sostenuto da Migros (vedi Box), grazie a nuovo
materiale didattico rende oggi possibili
anche viaggi virtuali attraverso la Svizzera. I temi legati alla Natura sono quelli
a cui è data maggiore rilevanza: gli allievi possono ad esempio seguire il corso
del Reno dalle sorgenti fino a Basilea.
Le avventure in Svizzera ad ogni modo
sono state pensate per allievi dalla prima alla terza elementare. Ma il maestro
Tüscher è talmente convinto del valore
di Muuvit, che vorrebbe integrare nel
suo insegnamento anche viaggi virtua-
li in Svizzera, nonostante i suoi allievi
siano più grandicelli. In questo modo
avrebbero un motivo ulteriore per mettersi in movimento con energia.
Obiettivo, 10’000
classi
Allievi e docenti possono prendere parte gratuitamente al progetto
Muuvit: grazie al sostegno di Migros, i software e il materiale didattico necessari per le classi interessate
sono disponibili gratuitamente in
Svizzera. Nell’ambito del programma di sostenibilità Generazione M,
Migros si è prefissata di sensibilizzare a partecipare al progetto entro il 2015 10’000 classi scolastiche.
Muuvit è sostenuto tra l’altro anche
da WWF, Pro Juventute, Società
svizzera di nutrizione SSN e Promozione salute svizzera. Partecipando
come classe ad un evento sportivo,
come ad esempio slowUp Ticino,
in programma il 21 aprile prossimo
(vedi articolo a pagina 17 di questo
numero di «Azione») i ragazzi raccoglieranno doppi punti Muuvit per
il loro viaggio.
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