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2003: l`anno del poliziotto di quartiere
ANNO IV - NUMERO 1 - SPEDIZIONE IN A. P. 45% ART. 2 COMMA 20 LETT. B LEGGE 662/96 - ROMA - GENNAIO 2003 P E R I O D I C O D E L L’ A S S O C I A Z I O N E A N D R O M E D A 2003: l’anno del poliziotto di quartiere Era uno dei punti cruciali durante l’ultima campagna elettorale delle politiche e delle amministrative del 2001: quella dell’istituzione della polizia di prossimità, finalizzata ad una più integrata sicurezza del territorio Riordino carriere delle Forze di Polizia La bozza della proposta di Legge. Lotta al crimine Sicurezza: i risultati ottenuti sul piano legislativo e operativo. Una svolta tecnologica nella prevenzione e nella repressione. a pag. 4 pagg. 2-3 Il Poliziotto e il Carabiniere La confisca del tesoro della mafia Reparti speciali per le strade della città: la sicurezza a portata di mano Claudio Alberti G.I.S. Fausta Cuzzocrea Intervista alla Dott.ssa Margherita Vallefuoco Commissario Straordinario di Governo per la Gestione e la Destinazione dei beni confiscati alle organizzazioni criminali. E ra uno dei punti cruciali durante l’ultima campagna elettorale delle politiche e delle amministrative del 2001: quella dell’istituzione della figura del poliziotto di quartiere, finalizzata ad una più integrata sicurezza del territorio. Dal 18 dicembre scorso il progetto del “bobby” è partito in ben 28 città, alcune molto importanti, tra le quali la Capitale. Nel mese di gennaio a questi 28 comuni se ne sono aggiunti altri 24, tutti capoluoghi di provincia, e cioè Alessandria, Benevento, Bergamo, Bologna, Brescia, Brindisi, Caltanissetta, Caserta, Cosenza, Enna, Firenze, Genova, Isernia, Matera, Messina, Napoli, Piacenza, Potenza, Reggio Calabria, Rieti, Savona, Trieste, Venezia e Verona. Diventano così 52 le città italiane con la dotazione del cosiddetto “bobby”… Il Gruppo di Intervento Speciale (G.I.S.) dei Carabinieri opera sul territorio nazionale nelle situazioni ad elevato rischio… a pag. 6 La Stazione dei Carabinieri Storia, compiti istituzionali e problemi del Comando di Polizia più diffuso sul territorio nazionale a pag. 7 Reggimento Carabinieri Paracadutisti “Tuscania” a pag. 5 a pag. 8 S O M M A R I O PRIMO PIANO Riordino delle carriere delle Forze di Polizia pagg. 2 - 3 ORDINE E SICUREZZA Intervista al Prefetto Pietro Soggiu C.F. pag. 10 ANDROMEDA CULTURA Un Satiro di 2400 anni alla Camera dei Deputati Patrizia Coleti pag. 13 ORDINE E SICUREZZA Legittima difesa, anche dai giudizi frettolosi Franco Maccari pag. 9 ORDINE E SICUREZZA La qualità si misura con i fatti Redazionale sulla sicurezza Alberto Denzler pag. 12 ANDROMEDA ATTUALITÀ Rieti e il “Vigile di Quartiere” Giuseppe Emili pag. 15 2 Gennaio 2003 P R I M O P I A N O ANDROMEDA NEWS Riordino dei ruoli della Polizia di Stato ART.15 (immissione al ruolo dei sovrintendenti) ART 25 (Ruolo speciale) All’entrata in vigore della presente legge il ruolo speciale non sarà più alimentato. Coloro che si troveranno nella posizione di vice Commissario, in possesso di laurea vengono transitati nel ruolo dei funzionari. L’articolo 24 quater del D.P.R. 335/82 e successive modificazioni, è sostituito dal seguente: alla qualifica iniziale del Ruolo dei Sovrintendenti, si accede mediante concorso interno per titoli e successivo corso di aggiornamento e formazione professionale della durata, stabilita di norma non inferiore a giorni 60, al quale è ammesso il personale del ruolo degli Agenti e Assistenti, che alla data di scadenza dei termini per la presentazione delle domande: 1. abbia compiuto almeno 4 anni di servizio nella la qualifica/grado di Assistente Capo; 2. abbia riportato, nell’ultimo biennio un giudizio complessivo non inferiore a buono; 3. non abbia riportato, nell’ultimo biennio sanzioni disciplinari più gravi della pena pecuniaria; ART 26 (Cessazione dei concorsi) Cessano con effetto immediato i concorsi a vice sovrintendente e gli interni al ruolo ispettori, nonché per il ruolo speciale. segue sul prossimo numero Inviate alla redazione le vostre considerazioni e proposte. ART.17 (promozione alla qualifica di ispettore) ri ,previo superamento degli esami dei titoli e corso di formazione di sei mesi, con il limite della carriera a commissario capo. 1. Gli allievi della scuola funzionari al termine della frequentazione del corso presso gli attuali Istituti di formazione acquisiscono la qualifica di Commissario Capo e permangono nel grado e nel ruolo direttivo 7 anni sei mesi ed un giorno. 2. Gli Ispettori Superiori, che abbiano compiuto 8 anni nel grado e che negli ultimi due anni non abbiano riportato giudizio inferiore al “buono”, attraverso scrutinio per merito assoluto in due valutazioni annuali e corso di formazione di 6 mesi, accedano al grado di vice commissario. (aggiungere note per la progressione di carriera – 4 anni per accedere alla qualifica di Commissario ed altri 6 per quella di Commissario Capo) All’articolo 28 del D.P.R. 335 del 24 aprile 1982, come modificato dall’art.3 del D.Lgs. 197/95, sostituire le parole “a due anni” con le parole “a quattro anni”. ART.20 (equiparazione dei funzionari e dirigenti della Polizia di Stato alle carriere diplomatiche e prefettizie) Ai fini della formazione della graduatoria del concorso, a parità di punteggio, prevalgono,nell’ordine la qualifica, l’anzianità di servizio e l’età. LE PROMOZIONI ALLE VARIE QUALIFICHE DEL RUOLO DEGLI AGENTI E ASSISTENTI,SARANNO RIDOTTE DI UN ANNO. ART.16 (immissione al ruolo degli ispettori) Al 1° comma lettera B dell’articolo 27 del D.P.R.335 del 24 aprile 1982,come modificato dall’art.3 del D.Lgs. 197/95, sostituire le parole “a sette anni”con le parole “a cinque anni”. ART.18 (promozione alla qualifica di ispettore superiore) All’art. 25 del D.P.R. 335 del 24 aprile 1982 la parola Ispettore Superiore – sostituto ufficiale di pubblica sicurezza è sostituito: Ispettore Superiore. ART.19 (immissione al ruolo direttivo dei funzionari) È istituito il ruolo direttivo dei funzionari. L’accesso al ruolo dei direttivi avviene: a)attraverso la scuola funzionari della polizia di Stato b)proveniente dal ruolo degli ispetto- I funzionari della Polizia di Stato dal conseguimento del grado di vice questore sono equiparati economicamente e giuridicamente, unitamente ai dirigenti e dirigenti generali, alle carriere diplomatiche e prefettizie. I dirigenti generali, per un quinto della dotazione organica vengono nominati Prefetti con deliberazione del consiglio dei Ministri. DISPOSIZIONI TRANSITORIE ART.21 (Inquadramento dei sovrintendenti) Gli Assistenti Capo in possesso di un’anzianità di almeno un anno ed in servizio alla data di entrata in vigore della presente legge, verranno inviati, previa domanda, alla frequenza del corso di cui all’articolo 1, ed al termine dello stesso, verranno inquadrati nella qualifica di Vice Sovrintendente del Ruolo della Polizia di Stato. Gli inquadramenti di cui al presente articolo sono effettuati anche in soprannumero riassorbibile con le vacanze ordinarie. Il personale inquadrato ai sensi del presente articolo conserva, anche ai fini della progressione alla qualifica superiore, l’anzianità eccedente quella minima prevista per l’inquadramento. ART.22 (inquadramento dei Sovrintendenti) Il personale del ruolo dei Sovrintendenti vincitore di concorso in servizio alla data di entrata in vigore della presente legge, parteciperà ad un corso straordinario di tre mesi per il ruolo ispettori. I corsi saranno di mille unità ogni anno per 5 anni. I sovrintendenti accederanno al corso in base all’anzianità di ruolo. Gli stessi saranno inquadrati anche in soprannumero riassorbibile con le normali vacanze, nella qualifica di Vice Ispettore del ruolo degli Ispettori della Polizia di Stato. Il personale di cui al primo comma conserva l’anzianità assoluta posseduta nel ruolo dei Sovrintendenti; ai fini dell’ammissione all scrutinio di promozione alla qualifica di Ispettore. Il personale del ruolo sovrintendenti non vincitore di concorso, ivi collocato a seguito dei decreti 197/1995 può partecipare al concorso di vice ispettore, previo requisiti, con riserva del 15% dei posti a concorso. ART.23 (inquadramento dei Sostituti Commissari ed Ispettori Superiori) Il personale del ruolo degli Ispettori con qualifica di Sostituto Commissario che rivestiva il grado di ispettore superiore il 1 settembre 1995, alla data P R I M O P I A N O di entrata in vigore della presente legge è inquadrato nel ruolo direttivo con la qualifica di Commissario Capo. Il personale del ruolo degli Ispettori con qualifica di Sostituto commissario è inquadrato a commissario Per il predetto personale sarà mantenuta la graduatoria di anzianità maturata nel grado di provenienza Il restante personale del ruolo Ispettori che alla data di entrata in vigore del presente decreto riveste la qualifica di Ispettore superiore è inquadrato nel ruolo di Vice Commissario con l’anzianità riconosciuta, ai fini dell’avanzamento alla qualifica successiva, di un terzo degli anni maturati nel grado di provenienza. Per il restante personale, che acquisirà il grado di Ispettore superiore nelle date sottoindicate: a)dal 1 gennaio al 31 dicembre 2004; b)dal 1 gennaio al 31 dicembre 2005; c) dal 1 gennaio al 31 dicembre 2006; d)dal 1 gennaio al 31 dicembre 2007; il periodo di permanenza necessario per la promozione a Vice Commissario è fissato rispettivamente in,2,3,4 e 5 anni. Le disposizioni della presente proposta si applicano anche al personale della Polizia di Stato dei ruoli Tecnico-Scientifici che verrà inquadrato con apposito decreto. ART.24 (inquadramento dei Vice Commissari, Commissari e Commissari Capo) I Commissari capo sono inquadrati nella qualifica di Vice Questore con la graduatoria di anzianità maturata nella qualifica di provenienza. I Commissari e Vice commissari sono inquadrati nella qualifica di Commissario Capo con l’anzianità maturata, ai fini del computo del periodo minimo per la nomina a Vice Questore. MENSILE OSSERVATORIO SULLA SICUREZZA E SULLA LEGALITÀ Direttore responsabile: Giuseppe Saluppo Direttore editoriale: Filippo Ascierto Coordinatore editoriale: Claudio Alberti Luca Baccarelli Progetto e realizzazione grafica: SERET SRL Via Edoardo D’Onofrio, 212 Tel. 0640801750-56 ANDROMEDA Associazione per i servizi per il volontariato e per un osservatorio sulla sicurezza Sede Legale e Sede Operativa: Piazzale Clodio, 61 - 00195 Roma Tel. e Fax 0039.0637511199 e-mail: [email protected] Stabilimenti stampa: IGTI srl IMPIANTI GRAFICI TIPOGRAFICI ITALIANI Via Paolo Frisi, 7/A - 00196 Roma Tel. 3355327599 Chiuso in tipografia gennaio 2003 Del contenuto degli articoli e degli annunci pubblicitari sono legalmente responsabili i singoli autori Autorizzazione ai sensi della Legge 675/96 È vietata la riproduzione non autorizzata anche parziale di testi, grafica, immagini ANDROMEDA NEWS P R I M O P I A N O Gennaio 2003 3 Riordino dei ruoli dell’Arma dei Carabinieri ART.1 (immissione al ruolo dei sovrintendenti) L’articolo 11 del D. Lgs n.197 del 12 maggio 1995 è sostituito dal seguente: al grado iniziale del Ruolo dei Sovrintendenti dell’Arma dei Carabinieri si accede mediante concorso interno per titoli e successivo corso di aggiornamento e formazione professionale della durata, stabilita di norma non inferiore a giorni 60, al quale è ammesso il personale del ruolo degli Appuntati e Carabinieri, che alla data di scadenza dei termini per la presentazione delle domande: 1. abbia compiuto almeno 4 anni di servizio nel grado di Appuntato scelto; 2. abbia riportato, nell’ultimo biennio un giudizio complessivo non inferiore a superiore alla media; 3. non abbia riportato, nell’ultimo biennio sanzioni disciplinari più gravi della consegna. Ai fini della formazione della graduatoria del concorso, a parità di punteggio, prevalgono, nell’ordine il grado, l’anzianità di servizio e l’età. LE PROMOZIONI AI VARI GRADI DEL RUOLO DEGLI APPUNTATI E CARABINIERI, SARANNO RIDOTTE DI UN ANNO. ART.2 (avanzamento degli ispettori e dei sovrintendenti) All’art.32 del decreto Lgs nr.198 del 12 maggio 1995 la lettera c del punto 2 deve intendersi abrogata. ART 3. (immissione al ruolo degli ispettori) Al punto 1 lettera B dell’articolo 16 del D. Lgs 198 del 12 maggio 1995, sostituire le parole “a sette anni” con le parole “a cinque anni”. ART.4 (promozione al grado di maresciallo ordinario) All’articolo 32 del D. Lgs 198 del 12 maggio 1995, comma 3 la lettera c è abrogata mentre la tabella C1 nella parte relativa all’avanzamento da Maresciallo a Maresciallo ordinario, è modificata sostituendo il periodo minimo di permanenza “due anni” con le parole “a cinque anni”. Il periodo di corso alla scuola marescialli è computato nell’anzianità di grado di “maresciallo” ART.5 (promozione al grado di maresciallo aiutante) All’art. 12 del Decreto Lgs 198 del 12 maggio 1995 il grado di Maresciallo aiutante sostituto ufficiale di pubblica sicurezza è sostituito con: Maresciallo Aiutante. ART.6 (immissione nel ruolo dei direttivi) L’accesso al ruolo dei direttivi avviene: a)attraverso l’accademia degli ufficiali dell’Arma dei Carabinieri. b)Provenienti dal ruolo dei marescialli, previo superamento esame dei titoli e corso di formazione di 6 mesi, con il limite della carriera a capitano. 1. Gli allievi dell’accademia ufficiali al termine della frequentazione del corso presso gli Istituti di formazione acquisiscono il grado di Capitano e permangono nel grado e nel ruolo direttivo 7 anni 6 mesi ed un giorno. 2. i Marescialli Aiutanti che abbiano compiuto 8 anni nel grado e che negli ultimi due anni abbiano riportato giudizio “superiore alla media”, attraverso scrutinio per merito assoluto in due valutazioni annuali e corso di formazione di 6 mesi, accederanno al grado di Sottotenente. (aggiungere note per la progressione di carriera – 4 anni per accedere alla qualifica di Tenente ed altri 6 per quella di Capitano) ART.7 (Equiparazione degli ufficiali dell’Arma alle carriere diplomatiche e prefettizie) Gli ufficiali dell’Arma dei Carabinieri dal grado di Maggiore al grado di Generale di Corpo d’Armata sono equiparati economicamente e giuridicamente alla carriera Diplomatica e Prefettizia. I Generali di Corpo D’Armata per un quinto della dotazione organica vengono nominati Prefetti con deliberazione del Consiglio dei Ministri. DISPOSIZIONI TRANSITORIE ART.8 (Inquadramento degli appuntati scelti) Gli Appuntati scelti in possesso di un’anzianità di almeno un anno ed in servizio alla data di entrata in vigore del presente decreto, verranno inviati, previa domanda, alla frequenza del corso di cui all’articolo 1, ed al termine dello stesso, verranno inquadrati nella qualifica di Vice Brigadiere. Gli inquadramenti di cui al presente articolo sono effettuati anche in soprannumero riassorbibile con le vacanze ordinarie. Il personale inquadrato ai sensi del presente articolo conserva, anche ai fini della progressione alla qualifica superiore, l’anzianità eccedente quella minima prevista per l’inquadramento. ART.9 (Inquadramento dei sovrintendenti) Il personale del ruolo dei Sovrintendenti vincitore di concorso, in servizio alla data di entrata in vigore della presente legge, parteciperà ad un corso straordinario di tre mesi per maresciallo. I corsi saranno per di mille unità ogni anno, per 5 anni, in base all’anzianità è inquadrato, anche in soprannumero riassorbibile con le normali vacanze, nel grado di Maresciallo del ruolo degli Ispettori dell’Arma dei Carabinieri Il personale di cui al primo comma conserva l’anzianità assoluta posseduta nel ruolo dei Sovrintendenti; ai fini dell’ammissione allo scrutinio di promozione alla qualifica di Maresciallo ordinario. Il personale del ruolo sovrintendenti non vincitore di concorso, ivi collocato al 1 settembre 1995, può partecipare al concorso marescialli,previo requisiti di base,con una riserva dei posti del 15%. ART.10 (Inquadramento dei luogotenenti e dei Marescialli Aiutanti sostituti UPS) Il personale del ruolo degli Ispettori che alla data del 1 settembre 1995 rivestiva il grado di Maresciallo maggiore “carica speciale” è inquadrato nel ruolo direttivo con il grado di Capitano. Il personale del ruolo degli Ispettori che alla predetta data rivestiva il grado di maresciallo maggiore o maresciallo capo utilmente iscritto, ai fini della promozione al grado superiore, ai sensi della Legge 212 del 10 maggio 1983, è inquadrato nel ruolo direttivo a Tenente. Per il predetto personale sarà mantenuta la graduatoria di anzianità maturata nel grado di provenienza Il restante personale del ruolo Ispettori che alla data di entrata in vigore del presente decreto riveste il grado di Maresciallo Aiutante è inquadrato nel ruolo a Sottotenente con l’anzianità riconosciuta, ai fini dell’avanzamento al grado successivo, di un terzo degli anni maturati nel grado di provenienza. Per il restante personale, che acquisirà il grado di Maresciallo aiutante nelle date sottoindicate: a)dal 1 gennaio al 31 dicembre 2004; b)dal 1 gennaio al 31 dicembre 2005; c) dal 1 gennaio al 31 dicembre 2006; d)dal 1 gennaio al 31 dicembre 2007; il periodo di permanenza necessario per la promozione a Sottotenente è fissato rispettivamente in, 2, 3, 4 e 5 anni. ART.11 (Inquadramento dei Sottotenenti,Tenenti e Capitani del ruolo normale e speciale) I Capitani del ruolo normale e speciale sono inquadrati nel grado di Maggiore con la graduatoria di anzianità maturata nel grado di provenienza. I Sottenenti ed i Tenenti sono inquadrati nel grado di Capitano, conservando l’anzianità maturata ai fini del computo del periodo minimo per la nomina a Maggiore. ART.12 (Inquadramento dei Sottotenenti,Tenenti e Capitani del ruolo normale e speciale) I Capitani del ruolo normale e speciale sono inquadrati nel grado di Maggiore con la graduatoria di anzianità maturata nel grado di provenienza. I Sottenenti ed i Tenenti sono inquadrati nel grado di Capitano, conservando l’anzianità maturata ai fini del computo del periodo minimo per la nomina a Maggiore. ART.13 (Ruolo speciale) Il ruolo speciale viene chiuso e si esaurirà attraverso il collocamento in quiescenza per anzianità o per concorsi nel ruolo normale. Il grado apicale del ruolo speciale e di generale di Brigata. Le modalità concorsuali e le funzioni saranno indicate nei decreti attuativi. ART.14 (Cessazione dei concorsi) Cessano con effetto immediato i concorsi a vice sovrintendente , i concorsi interni a maresciallo MASUPS ed i concorsi nel ruolo speciale. segue sul prossimo numero Inviate alla redazione le vostre considerazioni e proposte. P R I M O P I A N O 4 Gennaio 2003 P R I M O P I A N O ANDROMEDA NEWS An rivendica i risultati ottenuti sul piano legislativo e operativo. Una svolta tecnologica nella prevenzione e nella repressione. Lotta al crimine, un anno importante Quattro le leggi-chiave: immigrazione, 41 bis, nuove norme sui pentiti, poliziotto di quartiere. Da “Il Secolo d’Italia” 31/01/2002 ROMA. «Un anno intenso. Difficile,certo. Ma i risultati sono sotto gli occhi di tutti». Filippo Ascierto, parlamentare e responsabile del Dipartimento Sicurezza di Alleanza Nazionale, vorrebbe avere dieci mani per conteggiare tutto ciò che è stato fatto in questi dodici mesi in tema di Sicurezza. L’elenco è lungo. Dalla lotta alla criminalità organizzata a quella contro la microcriminalità, dalla sicurezza informatica al contrasto dell’immigrazione clandestina, Alleanza Nazionale e con essa il Polo delle Libertà, si è mossa a tutto campo. E forse il fiore all’occhiello di questo iperattivismo è quel 41 bis divenuto, finalmente, permanente con l’approvazione in aula del provvedimento. Un provvedimento che mette a tacere, una volta per tutte, “i professionisti dell’antimafia”, quella certa sinistra ciarliera e demagogica che a parole - ma solo a parole - combatte le cosche. «Abbiamo dimostrato la volontà di combattere davvero la mafia. Non con le chiacchiere, come ha fatto fino ad oggi la sinistra, ma con i fatti», dice Ascierto che ricorda tutti gli altri provvedimenti adottati: «Abbiamo dato più forza e tutela ai testimoni di giustizia rispetto ai pentiti. Abbiamo provveduto alla confisca di molti beni dei mafiosi». Una mafia che sta diventando sempre più transnazionale e globalizzata. E che aggiorna in continuazione le strategie del business criminale. «Ecco spiegato il senso di quell’accordo bilaterale con l’Albania che, finalmente, ha provocato un’inversione di tendenza nel traffico di esseri umani. Un business importante per i clan - sottolinea il deputato di An -Grazie all’accordo bilaterale ora, dopo l’arresto e il processo in Italia, gli albanesi catturati scontano la pena nei carceri del Paese delle Aquile». E l’accordo ha funzionato talmente bene da essere stato preso a modello. Nei prossimi mesi -annuncia Ascierto- si farà qualcosa del genere anche con l’Egitto e con i paesi del Nordafrica. Con la Turchia il problema verrà affrontato nel momento in cui si parlerà del suo ingresso in Europa».E per chi è già entrato clandestinamente in Italia, per chi va ad ingrossare le fila di quella microcriminalità che provoca un elevato allarme sociale? L’ultima risposta in ordine di tempo è quella del poliziotto di quartiere entrato già a pieno regime con risultati sorprendenti in termini di consenso in numerose città italiane. «Intendiamoci - tiene a precisare il responsabile Sicurezza di Alleanza Nazionale - non sono più poliziotti proiettati sul territorio semmai a piedi, ma sono gli stessi poliziotti con nuove tecnologie e con funzione diversa: quella di vivere all’interno del quartiere giorno dopo giorno conoscendone tutti gli aspetti». Ed è con loro che si è inaugurato un nuovo modo di fare sicurezza dotandoli di tecnologie all’avanguardia. Come quelle tecnologie palmari che permettono di trasferire in real time alle centrali ciò che segnalano i cittadini. Quello delle tecnologie applicate alla sicurezza è un campo che lascia intravedere spazi d’intervento e soluzioni avveniristiche. Come quelle adottate per poter aiutare aziende piccole e medie in un campo, quello della sicurezza passiva, che ha una rilevante incidenza nel budget. «Per questo spiega Ascierto - all’interno della Finanziaria abbiamo stanziato dieci milioni di euro per l’acquisto di telecamere ed altri congegni di rilevamento».E se già da ora con l’adozione della localizzazione satellitare delle pattuglie sul territorio i tempi di intervento si sono ridotti sensibilmente, il prossimo anno, con le nuove possibilità offerte dalla banda larga, ci sarà un incremento considerevole di supporti tecnologici e di videosorveglianza. Le cifre, d’altra parte, parlano da sole: «nel 2002 in città come Milano -annota Ascierto i crimini sono diminuiti. Nel Veneto, tanto per fare un esempio, è stato debellato il fenomeno delle rapine nelle ville».In questo contesto avrà un notevole peso la raffica di nuove assunzioni che la Finanziaria ha previsto: «560 ausiliari dei carabinieri saranno trasformati in effettivi e altri mille sono previsti per la polizia di Stato - conteggia il parlamentare di An - Un ampliamento di organico che servirà, fra l’altro, per fronteggiare il fenomeno dell’immigrazione clandestina e per applicare la legge Fini-Bossi». Ma- sottolinea il deputato di An - nella strategia generale P R I M O P I A N O della sicurezza tutti devono fare la propria parte. Ecco perché «nel mese di dicembre è diventata legge un’idea che era partita già all’inizio dell’anno, cioè di far concorrere gli enti locali, il pubblico e anche il privato. Ora le Regioni, i Comuni, le Province, le associazioni di categoria, in base a direttive del ministero degli Interni possono aiutare le istituzioni della sicurezza fornendo mezzi, tecnologie e infrastrutture. Nel Veneto sono già stati avviati degli esperimenti e la Regione Veneto costruirà dodici caserme per carabinieri e polizia».Altro tema scottante è quello della minaccia terroristica interna ed estera. «All’inizio dell’anno - ricorda il parlamentare - è stato approvato il decreto che dava un aiuto alla nostra intelligence nel contrastare il terrorismo. E il prossimo anno ci sarà anche la riforma dei Servizi segreti. Speriamo così di dare maggior impulso agli operatori nella lotta al terrorismo».Con gli arresti dei br latitanti, oltretutto, si è inaugurato un nuovo corso. Anche per le grandi manifestazioni di piazza e per l’ordine pubblico «è stato un anno positivo - dice Ascierto - molte manifestazioni a rischio si sono concluse senza incidenti. E questo è dovuto soprattutto ad un’azione preventiva svolta dal ministero degli Interni e delle stesse forze dell’ordine. Dopo Genova il concetto di ordine pubblico è cambiato e sono convinto che se non è accaduto nulla non è perché alcune frange movimentiste sono improvvisamente diventate brave, ma solo perché sono state messe nelle condizioni di non nuocere». Per quanto riguarda la sicurezza in campo informatico spicca - ricorda Ascierto - «il progetto del ministro Gasparri per la tutela di minori su Internet. Abbiamo poi avviato in Parlamento due provvedimenti importanti che riguardano le polizie locali e le guardie particolari giurate, provvedimenti - assicura il responsabile del Dipartimento Sicurezza di An -che troveranno sicuramente nel prossimo anno un risalto e l’approvazione. Importante e coraggioso l’ultimo decreto che toglie la prostituzione dalle strade ed elimina il degrado avviando il contrasto allo sfruttamento».Un posto importante nella strategia generale sulla Sicurezza lo hanno avuto i riconoscimenti economici alle forze dell’ordine che hanno potuto firmare il nuovo contratto e la riparametrazione stanziata in Finanziaria. Per il 2003 si prepara - intravede Ascierto - «uno scenario di interesse sotto il profilo della sicurezza del cittadino. Che deve ringraziare gli uomini in divisa per quanto hanno fatto fino ad oggi». P R I M O ANDROMEDA NEWS P I A N O Gennaio 2003 5 I beni della mafia destinati a fini sociali. La confisca del tesoro della mafia Intervista alla Dott.ssa Margherita Vallefuoco Commissario Straordinario di Governo per la Gestione e la Destinazione dei beni confiscati alle organizzazioni criminali. Il Commissario Staordinario Margherita Vallefuoco. In alto e a fianco: due esempi di misure di prevenzione patrimoniali. Claudio Alberti Direzione Nazionale Antimafia. Attualmente, purtroppo, il Procuratore nazionale antimafia non ha la facoltà di esprimere misure propositive e ciò è assolutamente anacronistico, vista l’elevata esperienza giudiziaria di centrale rilievo nella comprensione dei fenomeni di criminalità organizzata. Penso, inoltre, ad un più vicino rapporto di collaborazione con il sindaco che conosce molto bene le problematiche del territorio. impoverimento della mafia ed il riutilizzo dei suoi beni per le finalità sociali sono il migliore esempio che lo Stato può dare ai suoi cittadini per il ripristino della legalità e per l’avvio di un circolo virtuoso nello sviluppo economico di molte zone del Paese attualmente depresse. Incontriamo la dottoressa Margherita Vallefuoco che presiede l’organismo posto alle dirette dipendenze della Presidenza del Consiglio, in prima linea nel contrasto alle ricchezze illecite. Un incarico delicato ed irto di difficoltà in cui il primo nemico da battere è la farraginosità burocratica. valore dei beni confiscati, inoltre è lentissima la concreta destinazione del bene definitivamente confiscato a fini istituzionali o sociali. Dal suo autorevole Osservatorio ritiene che la legislazione antimafia allo stato attuale abbia un sufficiente grado di effettività? Bisogna convenire che persiste un deficit di effettività sul piano del contrasto ai patrimoni illeciti ed è dovuto in larga misura ad una mancata piena attuazione, in concreto, della legge 109 del 1996; vi è ancora uno scarto troppo ampio tra patrimoni sequestrati ed il Quello che lei ci sta rappresentando è un quadro a tinte fosche dove lo Stato sembra soccombere dinanzi “all’opulenza”delle organizzazioni criminali. Vogliamo credere che esistano anche degli esempi in positivo! Certamente. Molte cose positive sono state fatte in questi anni; un numero ragguardevole di ricchezze illecite ha trovato la sua destinazione a fini pubblici, anche grazie all’impegno di molte L’ istituzioni territoriali e della generalità delle associazioni del volontariato. Purtroppo ancora molto resta da fare per far sì che la Pubblica Amministrazione non vanifichi il lavoro delle Forze di Polizia e della Magistratura. Quindi lei ci sta dicendo che l’anello debole della catena è rappresentato dalla pubblica amministrazione, ma , in concreto, cosa è auspicabile per ottenere un’efficace e tempestiva applicazione della legge? Per rendere effettiva la legge 109 sarebbe opportuno superare la fase emergenziale attuale con la costitu- zione di un Commissario Ordinario presso le dipendenze del Ministero degli Interni sull’esempio del Commissario antiracket, un altro punto essenziale è la collaborazione tra il Commissario di Governo e la Ci può indicare alcuni esempi della pubblica utilità della destinazione dei beni confiscati? A Roma è stata realizzata la Casa della Musica in una villa sequestrata ad una cosca malavitosa; a Corleone è sorto un panificio laddove un tempo veniva raffinata la droga. Beni confiscati in Italia Beni confiscati - distribuzione geografica Dati Presidenza del Consigli dei ministri Sopra: la villa del boss Marino. Sotto: la villa del clan Giuliano. P R I M O P I A N O 6 Gennaio 2003 P R I M O P I A N O ANDROMEDA NEWS Fausta Cuzzocrea È gia un successo l’iniziativa partita a dicembre del “Poliziotto e del Carabiniere di quartiere”. ra uno dei punti cruciali durante l’ultima campagna elettorale delle politiche e delle amministrative del 2001: quella dell’istituzione della figura del poliziotto di quartiere, finalizzata ad una più integrata sicurezza del territorio. Promessa mantenuta. Dal 18 dicembre scorso il progetto del “bobby”è partito in ben 28 città, alcune molto importanti, tra le quali la Capitale. Nel mese di gennaio a questi 28 comuni se ne sono aggiunti altri 24, tutti capoluoghi di provincia, e cioè Alessandria, Benevento, Bergamo, Bologna, Brescia, Brindisi, Caltanissetta, Caserta, Cosenza, Enna, Firenze, Genova, Isernia, Matera, Messina, Napoli, Piacenza, Potenza, Reggio Calabria, Rieti, Savona, Trieste, Venezia e Verona. Diventano così 52 le città italiane con la dotazione del cosiddetto “bobby”, terminologia desunta dall’esperienza del poliziotto di quartiere inglese, che, insieme con il francese “flick”, rappresentano in Europa le figure per eccellenza- se non altro perché in vita già da diverso tempo- di esempio di sicurezza alla portata dei cittadini, un po’ come lo sceriffo nei conglomerati urbani più o meno estesi degli Stati Uniti. Ma chi è il “poliziotto di quartiere”, che cosa fa e perché è stato istituito? Cominciamo col dire che nelle 52 città italiane dove è già presente questa figura, sono circa un migliaio i poliziotti di quartiere,(che, specifichiamo, non sono solo poliziotti, ma anche carabinieri) ad essere stati impiegati in questo nuovo servizio. Le “pattuglie” dei poliziotti di quartiere sono costituite generalmente da due poliziotti o da due carabinieri, naturalmente con divise diverse, dotati di telefono cellulare, di un computer palmare,di un quaderno e della radio. Il servizio copre tutti i giorni e l’intero arco della giornata, che è suddivisa in due turni : quello antimeridiano e il pomeridiano, di 6 ore ciascuno. L’orario va dalle 8 del mattino alle 14 e dalle 14 alle 20. La turnazione su un medesimo territorio è stabilita di corcerto da entrambe le Forze di Polizia, cosicchè non vi è possibilità di sovrapposizione delle pattuglie. Su ciò che deve fare questa nuova figura professionale e sulle motivazioni del suo operato, ha sicuramente le idee chiare il Vicecapo vicario della Polizia di Stato, il Prefetto Antonio Manganelli, che dell’istituzione del “bobby” italiano è l’artefice, avendola studiata, imparata,organizzata fino alla sua messa in opera di questi ultimi mesi. “Il poliziotto di quartiere”è una nuova figura in funzione di una moderna ed attuale idea della sicurezza, di tipo “allargato”, cioè aperta agli attori sociali che possono contribuire a rendere più tranquilla e vivibile la città. È, quindi, una sicurezza basata sulla cosiddetta “polizia di prossimità”, indice di una neo-filosofia applicata alla prevenzione per abbassare il livello della criminalità diffusa e nel contempo per aumentare la percezione di una maggiore sicurezza nei cittadini, soprattutto in quelli più a rischio, come gli appartenenti alle categorie degli esercenti pubblici, nonché alle fasce più deboli, e cioè i bambini,le donne, gli anziani. La si può definirea detta dell’esperto Prefetto Manganelli- una svolta epocale nel nostro sistema di sicurezza, ma, al contempo, è di certo un ritorno all’antico, il recu- Poliziotto di Quartiere: E la sicurezza a portata di mano. Dopo l’avvio nel mese di dicembre in 28 comuni della sperimentazione della cosiddetta “Polizia di prossimità” e cioè del “poliziotto di quartiere”, l’istituzione di questa nuova figura per la sicurezza dei cittadini prosegue in altre 24 città a partire da gennaio. pero di un modo di intendere il lavoro di prevenzione e di sicurezza applicata, fondato sul rapporto umano, sul contatto quotidiano tra coloro che “assicurano” il cittadino e il cittadino stesso, ilquale, a sua volta, interagendo con il poliziotto ormai a lui “familiare”- perché lo incontra quotidianamente- circostanzia le situazioni a rischio, indica le modalità della prevenzione, introduce elementi via via sempre nuovi alla modificata struttura sociale presente sul territorio. Il poliziotto di quartiere in tal modo diventa “amico”, è parte integrante ed integrata del tessuto urbano sul quale opera, riaffermando un antico rapporto fiduciario con la gente che opera e vive onestamente. Del resto, fa parte del patrimonio genetico del carabiniere e del poliziotto privilegiare il rapporto umano, essere solidale con chi ha subito un’ingiustizia o è stata vittima di un atto criminale, rimanere vicino alla persona offesa, finalizzando la sua presenza all’acquisizione graduale di una serenità recuperabile nel limite delle possibilità. Le sfaccettature, quindi, di questa nuova figura sono molteplici e tutte raccordabili all’ottimizzazione del rapporto di umana solidarietà tra il cittadino e le forze dell’ordine. Era questo il progetto che ci si era proposti di attuare già da tempo e che ora, dopo la necessaria fase di organizzazione, si è portato a compimento. D’altronde sono i primi risultati del- l’azione efficace del poliziotto di quartiere a rispondere adeguatamente alle critiche che non mancano mai in questo paese, allorchè si intende rafforzare con i fatti la sicurezza dei cittadini. Nonostante il progetto abbia avuto inizio di attuazione da poco più di un mese, notevoli passi avanti sono stati fatti non solo nel campo della prevenzione, ma anche nell’ambito dell’assicurazione alla giustizia di diversi malviventi. Primi arresti, già nel mese di dicembre, sono stati effettuati dai poliziotti di quartiere a Roma: non sono stati ammanetttati superlatitanti o serial killer, oppure terroristi islamici, bensì comuni rapinatori, ladri, nonché borseggiatori, che sono poi quelli che comunemente delinquono per le strade della Capitale e delle altre città, facendo “piangere” i cittadini perbene. Così è successo anche a Civitavecchia, dove due carabinieri di quartiere hanno arrestato- su segnalazione di una guardia giurata- due rapinatori stranieri che avevano trafugato merce per un valore di circa 700 euro da un supermercato della zona. Non solo, ma in seguito all’arresto si è scoperto che i due, un rumeno ed un ceco, non erano in possesso del permesso di soggiorno e sono stati espulsi dal territorio nazionale: la sicurezza del territorio è il presupposto essenziale di un monitoraggio efficace di quello che andiamo dicendo da tempo, e cioè che la clandestinità è per una buona parte madre dell’attività criminale. P R I M O P I A N O Ma come è stato reperito tecnicamente il migliaio di “poliziotti di quartiere” operante sul territorio delle 52 città italiane? Come spiega Manganelli, il personale impiegato è stato recuperato dalla riorganizzazione di alcuni servizi, soprattutto di carattere amministrativo, che ha consentito una ridistribuzione più razionale, con il passaggio ad altri enti, permettendo così di assegnare l’impiego delle forze desunte da questo rinnovato quadro organizzativo al nuovo servizio. Risponde,così, a tutta una serie di critiche e di dubbi che sono stati esposti in merito ad un presunto depauperamento delle forze dell’ordine impiegate nel controllo del territorio, quelle, per intenderci, che sono di pattuglia nelle “volanti”della Polizia o nelle “radiomobili” dei Carabinieri. Non è assolutamente vero, anzi si ribadisce con forza che “il poliziotto ed il carabiniere di quartiere”costituiscono parte integrante dell’attività di prevenzione sul territorio: è, quindi, un arricchimento delle potenzialità, non un impoverimento delle forze. È altrettanto certo che la nuova figura del “ poliziotto di quartiere”, avvicinando la gente, stabilendo un rapporto di fiducia con i cittadini di un territorio circoscritto ed assegnato, non fa altro che potenziare quel fattore di trasparenza dei servizi atti alla prevenzione ed alla sicurezza, che rende più vicina l’istituzione al cittadino, ingenerando in quest’ultimo la certezza di sentirsi adeguatamente sicuro e protetto,senza alcun timore di sorta: si ottiene, così, anche il presupposto necessario a che l’atto criminale venga “sventato” o “sgonfiato” della sua potenzialità negativa. A chi poi obietta che il poliziotto di quartiere non ha come target primario la lotta alla macrocriminalità, si può rispondere che anche (e forse soprattutto) in un tessuto urbano le microcriminalità sono le più difficili da “digerire” da parte dei cittadini, perché li colpisce il più delle volte direttamente, rendendo invivibile la città in tutti i suoi diversi aspetti legati alla quotidianità, forse anche a quella più banale, ma di sicuro a quella più trasversalmente sentita da tutti come la più vera e la più vissuta. Per questo motivo è nato ed è stato attuato il progetto del “poliziotto ed il carabiniere di quartiere”: per rispondere alle esigenze quotidiane della gente, finalizzando l’azione ad un maggior rispetto ed una più approfondita tutela della sua integrità, per un’accrescimento delle potenzialità di vivibilità sul territorio, per dare trasparenza al significato del concetto di sicurezza del cittadino, per interagire con la fitta rete del resto delle istituzioni e degli altri enti preposti alla sicurezza presenti ed operanti sull’area specifica della operatività,nello spirito di una collaborazione fattiva e proficua. Infine, perché ciascun cittadino instauri un rapporto amichevole con il suo “datore di sicurezza”. Per avere, quindi, una sicurezza “a portata di mano”. ANDROMEDA NEWS O R D I N E E S I C U R E Z Z A Storia, compiti istituzionali e problemi del Comando più diffuso sul territorio nazionale. La Stazione dei Carabinieri Che cosa rappresenta, qual’è l’organizzazione e la funzione della Stazione dei Carabinieri, che nella nostra storia rappresenta un’istituzione di incommensurabile valore. C.A. ella storia dell’Arma dei Carabinieri, la Stazione fu tra i primi presidi di Polizia ( prima non esistevano corpi di Polizia) che il Re fece istituire per creare un contatto diretto con i cittadini che chiedevano la protezione fisica e delle proprietà da briganti e contrabbandieri di ogni risma che infestavano il regno Sardo – Piemontese, nonché per la ricerca di spie, traditori e disertori, al Comando delle quali vennero destinati Marescialli e/o Brigadieri. Subito dopo, furono istituite le Luogotenenze, Comandate da Luogotenenti, grado corrispondente all’attuale Tenente che allora non esisteva ( esisteva il S. Tenente, il Luogotenente il Capitano e così via). Era l’anno 1814. La Stazione Carabinieri è la prima unità operativa dell’Arma e in alcuni centri abitati (Comuni e/o più Comuni) l’unico presidio di Polizia dello Stato. Nel territorio di competenza assegnatogli, la Stazione deve provvedere al mantenimento dell’Ordine e della Sicurezza Pubblica, assicurare e garantire la pacifica convivenza tra i cittadini e l’ordinato svolgimento delle loro attività; vigilare sulla loro incolumità e sulle loro proprietà; curare l’osservanza delle leggi. Il personale della Stazione presta la propria opera in ogni circostanza, anche in caso di calamità naturali. (il Comandante interviene, per prassi consolidata, ad espletare quei compiti propri dell’Autorità di P. S. - art.1 del T.U.L.P.S., 5 e 6 del relativo Regolamento di Pubblica Sicurezza, per dirimere i privati dissidi a seguito di richiesta delle parti, come nel caso di esposti) e, d’ufficio, per tentativi di conciliazione a seguito di querele art. 339 e 340 c.p.p., allo scopo di tentare ogni ragionevole via di concorde pacificazione). Nel contempo, in conformità al c.p.p., si adopera per prevenire e reprimere i reati, identificarne gli autori e assicurarli alla giustizia. La Stazione provvede, inoltre, all’assolvimento di altri compiti istituzionali quali: ricezione di denunce-querele-esposti e loro istruzione secondo le norme del C.P., c.p.p. e legislazione integrativa, alle dirette dipendenze dell’A.G.; vigilanza all’interno e fuori dai centri abitati (pattuglie anche come Carabiniere singolo o misto e perlustrazioni, battute e rastrellamenti in casi particolari); vigilanza sulla circolazione stradale e sugli itinerari percorsi da personalità; vigilanza sulla disciplina delle armi, materie esplodenti e sostanze pericolose per l’incolumità pubblica; vigilanza su mendicanti, oziosi, vagabondi, questuanti e diffamati, su N minori traviati, pericolosi per la pubblica moralità o abbandonati; vigilanza sulle persone pericolose per la sicurezza, l’ordine e la moralità pubblica, nonché su quelle sottoposte a misure cautelari, al di fuori carcere, e misure di prevenzione; vigilanza sugli esercizi pubblici e su tutte quelle attività soggette ad autorizzazione di Polizia; vigilanza per la tutela della sanità pubblica, igiene del lavoro ed alla tutela dell’ambiente; vigilanza sugli scali ferroviari, lacuali, marittimi ed aerei, nonché sulle frontiere e sugli stranieri; ricerca ed arresto di persone colpite da ordinanza di custodia cautelare; piantonamento di detenuti in luoghi di cura civile e/o anche militare e custodia di arrestati nelle proprie camere di sicurezza; assistenza a feste, fiere e mercati; assistenza alle riunioni, manifestazioni, spettacoli e trattenimenti pubblici; raccolta di informazioni, anche a carattere riservato; espletamento a compiti di Polizia Militare e concorso nelle operazioni di mobilitazione; vigilanza sui militari in licenza, in marcia e/o in addestramento e/o ricoverati in luoghi di cura civili; svolgimento di mansioni di Polizia Amministrativa, ove manchi il Commissariato della Polizia di Stato (riceve le richieste per il rilascio e rinnovo di passaporto - porto d’arma sia lungo che corto – riceve le denunce di detenzione armi); tutte quelle altre prestazioni che possono essere richieste, di volta in volta, secondo le esigenze del proprio territorio. (deleghe e richieste delle diverse AA.GG.). Le Stazioni, secondo la loro dislocazione, si distinguono in Capoluogo quelle ubicate in sede di Comando superiore (per la città di Roma ci sono situazioni particolari); Urbane quelle dislocate nello stesso centro o Comune ove ha sede un comando superiore ma, sistemate in caserme diverse; Distaccate tutte le altre. Per fronteggiare particolari esigenze di ordine e Sicurezza Pubblica possono essere istituite Stazioni temporanee, posti fissi o posti Carabinieri distaccati i quali dipendono dalla Stazione nel cui territorio sono isituiti. Questi possono essere a carattere continuativo o stagionale. La Stazione è comandata, a seconda dell’importanza e dell’organico assegnatogli, da un Maresciallo C., Maresciallo A. s. U.P.S. o Luogotenente. A tutt’oggi questo presidio di Polizia è a stretto contatto con i cittadini, raccogliendo per primo le diverse richieste pervenute dagli stessi adoperandosi, ove possibile, per risolverle o interessandone i competenti organi dello Stato e i comandi gerarchici superiori (calamità naturali, terremoto, alluvioni, incendi ecc.). I Carabinieri della Stazione sono sempre i primi ad intervenire e prestare soccorso alle popolazioni. Un ruolo, questo, riconosciuto dall’Autorità Politica con il Decreto Lgs. nr.297 del 05.10.2000 l’art.15 comma 1, lettera “e” che così recita:“I Comandi di Stazione, peculiare articolazione di base dell’Arma dei Carabinieri a livello locale, cui compete la responsabilità diretta del controllo del territorio e delle connesse attività istituzionali, nonché l’assolvimento dei compiti militari.” IL COMANDANTE DI STAZIONE: Figura storicamente ineguagliabile, dato che nessun corpo di Polizia può vantare tra le proprie fila una tale figura giuridica. (forse solo gli U.S.A. con lo sceriffo). Egli è Ufficiale di Polizia Giudiziaria e Agente di Pubblica Sicurezza (i Mar. A. UPS equiparati agli Ufficiali di P.S.). ed è direttamente responsa- O R D I N E E bile dell’Ordine e della Sicurezza Pubblica nell’ambito della propria giurisdizione. Il Comandante ha la direzione immediata del servizio istituzionale nella circoscrizione del suo Reparto, risponde personalmente della regolare e tempestiva esecuzione degli ordini e delle richieste ricevute, predispone ed attua le misure ritenute necessarie (o che egli ritiene necessarie) per il mantenimento dell’Ordine e della Sicurezza Pubblica, prospettando alle Superiori Autorità le esigenze (giornalmente gli sono sottratte risorse umane e, quindi, non potendo fronteggiare, talvolta, gli accadimenti che si verificano nel proprio territorio, con le conseguenti e quotidiane rimostranze della popolazione). A tal fine, si tiene sempre al corrente della situazione, in modo da non farsi mai sorprendere dagli eventi ed essere sempre in grado di svolgere azione pronta e decisa, adeguata alle necessità contingenti. È direttamente responsabile dell’impiego, della disciplina, dell’addestramento e del governo del personale posto alle sue dirette dipendenze. Inoltre, è direttamente responsabile: dell’immobile(manutenzione-igiene-sanità- sicurezza), dei mezzi, degli apparti elettronici ed informatici nonché degli arredi posti a sua disposizione; delle camere di sicurezza e degli arrestati, consegnati anche da altri reparti di polizia, in attesa di giudizio o di associazione alle Case di reclusione; della sicurezza del personale, in conformità alla normativa antinfortunistica di cui al D. Lgs. 626/1994 e D.P.R. 10.03.1998 e circolare nr.80/54-1-1994 del 29.08.1997 dell’Ufficio Logistico del Comando Regione Carabinieri Lazio; della vigilanza sulle persone sottoposte a misure alternative alla detenzione ( legge 24.11.1981 nr.689 e art.43 D.Lgs. 28.08.2000 nr.274); della vigilanza sulle persone sottoposte agli arresti domiciliari e/o misure di prevenzione e/o misure cautelari, coercitive, interditive, alternative alla custodia cautelare in carcere; delle procedure previste per i disertori, mancanti alla chiamata e renitenti alla leva; delle procedure previste per la ricerca dei catturandi di propria competenza, su input di altri Comandi e tenuta dei relativi atti; del trattamento dei dati personali, accesso agli atti e rilascio di copie di atti, sicurezza dei dati e responsabili del trattamento dei dati di cui alla legge 31.12.1996 nr.675, D. Lgs. 05.10.2000 nr.297 e normativa collegata, nonchè circolare nr. 1128/28-19-1997 del 28.02.2001 del Comando Generale dell’Arma – II Reparto – SM – Ufficio Operazioni. In particolare ha l’obbligo di: dirigere i servizi istituzionali della Stazione, partecipandovi egli stesso tutte le volte che ne ravvisi la necessità; dirigere ed eseguire i servizi di Polizia Giudiziaria avvalendosi anche dell’opera dei Sottufficiali, App. e Car/i addetti alla Stazione ( in tale veste ne risponde personalmente all’A.G.); acquisire le informazioni più delicate e riservate; assistere personalmente, salvo impedimento, alle fiere, feste, mercati rionali ed alle pubbliche riunioni; visitare, almeno una volta al mese, le sedi dei Comuni e delle rispettive frazioni nell’ambito della propria giurisdizione. Per motivi eccezionali ed in caso di necessità può chiedere alle Stazioni S I C U R E Z Z A Gennaio 2003 7 limitrofe rinforzi ed altre forme di collaborazione/assistenza, informandone il superiore diretto. Mantiene con le Autorità civili e militari le prescritte pubbliche relazioni, fornendo alle stesse le notizie e le informazioni previste di cui abbisognano. Il Comandante di Stazione distaccata, inoltre, ha l’obbligo di presentarsi: agli Ufficiali Generali delle Forze Armate ed agli Ufficiali dell’Arma di ogni grado, che per qualsiasi motivo, si trovino nel territorio di competenza della Stazione; ai Generali e Colonnelli dell’Arma in congedo che lo abbiano informato del loro arrivo; ai Comandanti delle Forze Armate in marcia o in esercitazioni; agli Ufficiali di ogni grado delle Forze Armate che viaggiano per servizio e lo abbiano informato del loro arrivo. PROBLEMATICHE: La Stazione ed il suo Comandante, hanno tante responsabilità sul territorio e dovrebbero essere tenuti in adeguata considerazione nell’assolvimento delle diversificate attività istituzionali. Purtroppo, la Stazione non è messa nelle condizioni ottimali per espletare le seguenti attività prioritarie come: efficace controllo del territorio, attraverso idonei servizi preventivi; contrasto alla micro e macro criminalità mediante un’attenta attività repressiva; raccolta di informazioni ordinarie ed a carattere riservato; organizzazione degli uffici e dei servizi, per poter fornire ai contribuenti un servizio più rispondente alle loro necessità (anche in assenza di condizioni di procedibilità che potrebbero sopravvenire); assicurazione di una adeguata assistenza al personale; manutenzione degli immobili, degli arredi e del materiale in dotazione. Tanti sono i sacrifici a cui si è sottoposti. Molti militari chiedono di essere trasferiti a causa dei problemi e ci segnalano i perché: ogni due anni i Sottufficiali ed i Carabinieri vengono avvicendati, d’ufficio o a domanda, con conseguenti disservizi indotti (indagini di P.G. che subiscono ritardi – pratiche di deleghe dell’A.G. che rimangono inevase con conseguenti solleciti e richiami dell’A.G. al Comandante della Stazione), poiché ogni due anni bisogna ricominciare ex novo con l’istruzione degli uomini di nuova assegnazione; il personale viene spesso inviato in servizi provvisori in altri Reparti e/o uffici; il carico dei servizi di vigilanza risulta eccessivo rispetto agli organici delle Stazioni (per quanto riguarda, ad esempio, la Capitale, viene comandato un numero elevato di personale, a volte anche più della metà della forza disponibile); i servizi comandati dai superiori gerarchici risultano, talvolta, sovradimensionati rispetto a quanto richiesto dalla situazione in loco (le realtà locali sono conosciute da chi le vive quotidianamente, mentre in alcune zone vengono comandati servizi di pattuglia anche al Comandante della Stazione con l’indicazione, persino, dei giorni e degli orari); i servizi di prevenzione e repressione sono costantemente in decremento; permane la mancanza di personale per l’acquisizione di informazioni e per l’effettuazione di indagini di P.G.; le procedure burocratiche interne sono sempre più pressanti (l’istituzione di nuovi uffici determina un assorbimento maggiore di personale, con un incremento esponenziale dell’attività burocratica). 8 Gennaio 2003 O R D I N E E S I C U R E Z Z A Continua il nostro approfondimento nella conoscenza dei reparti speciali: il G.I.S. - Gruppo di Intervento Speciale dell’Arma dei Carabinieri. l Gruppo di Intervento Speciale nasce alla fine degli anni settanta in piena emergenza terrorismo, per la necessità dello Stato di disporre di un reparto formato da personale particolarmente addestrato, in grado di intervenire nelle situazioni più rischiose anche in presenza di ostaggi. Da allora l’adeguamento di tecniche, procedure e materiali speciali è stato continuo per garantire interventi nelle più svariate emergenze ad alto rischio. I Il G.I.S. dell’Arma dei Carabinieri: un reparto altamente qualificato al servizio dell’Italia Il Gruppo di Intervento Speciale (G.I.S.) dei Carabinieri opera sul territorio nazionale nelle situazioni ad elevato rischio. Gli ultimi fatti internazionali lo collocano in prima linea nella lotta al terrorismo in sinergia con gli altri reparti specializzati in Europa e nel resto del mondo. SELEZIONE E ADDESTRAMENTO Per entrare nel GIS è necessario appartenere al Reggimento Carabinieri Paracadutisti “Tuscania”. Per far parte del Reparto, gli aspiranti devono innanzitutto dimostrare il possesso di innate qualità psico-fisiche che permettano loro di operare con la massima efficienza in qualsiasi tipo di situazione e la selezione viene effettuata grazie a rigorose visite specialistiche. Dopo un primo periodo di addestramento della durata di quattro mesi (durante il quale i militari vengono istruiti nell’uso della lingua inglese, tecniche di irruzione, arrampicata e discesa in corda doppia, difesa personale, utilizzo di armi corte, lunghe e speciali, nonchè impiego e disinnesco di materiale esplosivo), tutti gli idonei sono ammessi al successivo ANDROMEDA NEWS corso di specializzazione articolato in dieci mesi comprendente tra le altre attività, corsi di storia dell’ideologia terroristica, guida “operativa”, sci, roccia, e tecniche subacquee tenuto da G.O.I. e G.O.S. del COM.SUB.IN. STRUTTURA Attualmente il G.I.S. conta tra le sue fila circa un centinaio di operatori altamente qualificati. Il Reparto è articolato in tre sezioni operative più un team di tiratori scelti e ricognitori speciali ed è da più parti riconosciuta la sua abiltà nelle operazioni inerenti la liberazione di aerei dirottati. Attivo è inoltre il coinvolgimento in attività di addestramento e qualificazione nei confronti di personale assegnato a compiti di scorta o guardia del corpo. Un occhio di riguardo è riservato ai programmi di scambio con altri reparti antiterrorismo in Europa e nel mondo quali il G.S.G.9 tedesco, ed il S.A.S. britannico. ARMAMENTO Per quanto riguarda l’equipaggiamento utilizzato dal G.I.S. esso spazia dai sistemi d’arma più comuni (quale ad esempio il fucile d’assalto russo AK 47) fino ad armi più prettamante da “specialisti” come quelle della famiglia Heckler&Koch (la pistola mitragliatrice MP5 è sicuramente la più utilizzata dalle unità antiterrorismo di tutto il mondo per l’elevata precisione e potenza che la contraddistingue). Compagna inseparabile di ogni operatore è la pistola Beretta 92 SB 9mm. Si ringrazia per la cortese collaborazione il Comando Generale dell’Arma dei Carabinieri. O R D I N E E S I C U R E Z Z A ANDROMEDA NEWS on è la prima volta che si accende un dibattito pubblico su di un episodio che contiene risvolti tecnico-giuridici afferenti alla professione delle Forze dell’Ordine: quindi non stupisce affatto che la vicenda di Napoli, che ha visto un agente ferire mortalmente un ragazzo tredicenne che tentava di rapinargli lo scooter minacciandolo con una pistola finta, è finita per diventare l’ennesimo motivo di accese discussioni sui mezzi d’informazione. Va detto che le valutazioni che ognuno può offrire, e sono tanti che lo fanno, sugli aspetti di stretta legalità e cioè se il poliziotto poteva legittimamente usare l’arma o se ha ecceduto nel farlo, lasciano sempre il tempo che trovano. E questo per il semplice motivo che nessuno può disporre di tutti gli elementi necessari a stabilire la verità: ben si sa infatti, che solo il magistrato può riuscire, e spesso con fatica, a raccogliere quanto è materialmente possibile reperire per ricostruire al meglio la situazione realmente verificatasi. Talvolta è una semplice parola proferita a fare la differenza, o la misura di una distanza, un colore, un’inezia… Figuriamoci perciò se al caldo di un salotto, davanti alla tv o leggendo un giornale, qualcuno di noi può disporre degli elementi necessari per giudicare. Conoscere gli avvenimenti, essere informati sulla cronaca e formarsi i propri convincimenti sono diritti sacrosanti che non vanno certo messi in discussione: emettere sentenze “sul campo” è invece un gioco pericoloso, appassionante fin che si vuole, ma certamente più utile alle ragioni dell’audience televisiva che all’affermazione della verità. Quindi anche per i colleghi dello sfortunato agente (credo sia evidente che mai si vorrebbe essere protagonisti di casi come questo) o per chi li rappresenta, la possibilità che rimane è quella di offrire una valutazione di massima sulla base delle proprie conoscenze specifiche e della propria N O R D I N E E S I C U R E Z Z A Gennaio 2003 9 Pubblichiamo l’opinione di Franco Maccari, segretario nazionale del Sindacato Autonomo di Polizia. Legittima difesa, anche dai giudizi frettolosi I media talvolta informano con superficialità l’opinione pubblica di fatti luttuosi che vedono protagonisti le forze dell’ordine. Cerchiamo di approfondire il problema,cogliendo gli aspetti della delicata questione della legittima difesa. Franco Maccari - Segretario Nazionale - Sindacato Autonomo di Polizia esperienza. La loro, anzi nostra, esigenza non è quella di assolvere il collega, ma semmai di contrastare chi lo ha già messo sul banco degli imputati comminandogli immediatamente la condanna! Lo spirito di corpo, nelle Forze di Polizia, non è un mutuo sostegno all’impunità, per nulla. È la pretesa che i tutori dell’ordine non siano sempre e solo i capri espiatori di una società complessa e difficile, piena di problemi e incongruenze e, come ben si sa, l’operatore delle Forze dell’Ordine non svolge il proprio lavoro negli ambienti puliti dei ceti migliori, ma affronta le più aspre contraddizioni del consesso civile. Ed è proprio la coscienza della delicatezza e della difficoltà di valutare in termini di legge questi fatti che ci porta a chiedere con forza la reintroduzione della norma che assegna al Procuratore Generale, e non al Sostituto Procuratore di turno, la competenza per l’esercizio dell’azione penale laddove ci sia un operatore delle Forze dell’Ordine che agisce per servizio o in ragione della sua funzione. C’è poi l’aspetto umano della vicenda, cioè tutto il complesso di componenti che vanno al di là della giustizia dei tribunali: la giovane età del poliziotto, quella giovanissima della vittima e del suo compagno di “giochi”, il degrado sociale del quartiere teatro del fatto, la preoccupante diffusione della violenza, e via di seguito. Su questo versante è più comprensibile attendersi l’espressione di ogni singolo cittadino perché qui i giudizi si basano sui valori, morali, civici o religiosi, che non sono uguali per tutti, al contrario appunto della legge che per definizione deve essere una sola. Ecco perché se ne sentono di tutti i colori ed ecco perché qui è pesante il rischio di fare dei danni. Mi sembra chiaro che il poliziotto sarà giudicabile moralmente solo se verrà stabilito che il suo è stato un eccesso, che è andato oltre le previsioni delle norme. In caso diverso tutte le opinioni vanno riferite alle norme in questione, che sono regole su cui si regge il nostro Stato. Per la giovane vittima ed il suo “amico” entrano in gioco le colpe collettive, quelle della società. Ecco perché mi sento di valutare negativamente chi mette insieme confusamente tutti questi aspetti per arrivare a sfornare opinioni “stile supermarket” o “tipo risposta quiz”: qualcuno è sicuro che l’agente ha sbagliato perché era poco esperto, altri pensano che non si può morire a 13 anni, altri ancora ritengono che chi rapina meriti “comunque” di essere ucciso. Più che ragionamenti mi paiono una specie di slogan da rotocalco scandalistico o da tv spazzatura, una specie di immedesimazione nella figura dell’ospite dei talk show! E poi il rischio peggiore diventa quello di mettere in competizione dei valori e dei principi: mi domando se chi ritiene che “non si possa morire a 13 anni” capisca, al di là della condivisibile umana pietà per un’indiscutibile tragedia, che non si può comunque accettare che dei ragazzi girino su un motorino rubato minacciando con una pistola che sembra vera per rapinare un altro ragazzo del suo ciclomotore (questo ci dice per ora la cronaca dei notiziari). Si rischia di rendere giustificabile il crimine in ragione della spensieratezza giovanile e nel contempo di dimenticare la centralità dei valori antiviolenti e della legalità che fondano il cosiddetto patto sociale. Poco opportuno è apparso anche l’intervento del Capo dello Stato nell’esprimere il proprio dolore umano, non tanto perché non sia comprensibile o giustificabile, quanto invece perché rischia di essere messo nel calderone di questa dannosa e poco utile “gara dei valori”: è inevitabile che succeda, anche se non era sicuramente nelle sue intenzioni. Attendiamo quindi con pazienza e serenità la fine del necessario lavoro della Magistratura, esercitando il nostro singolo diritto ad avere un opinione, con l’accortezza di non lasciarci vincere da pregiudizi e con la coscienza dell’insostituibile priorità della legge che peraltro, se non vogliamo scordarlo, sancisce indiscutibilmente che non si può minacciare, né rapinare. Appunto. Nell’ambito del gruppo, Dicom Italia S.p.A. è la struttura preposta alla realizzazione di progetti e di soluzioni specifiche per le esigenze dell’utente finale. Oltre alla realizzazione di progetti specifici o di pacchetti software di uso più generalizzato, Dicom Italia S.p.A. è in grado di offrire una gamma di servizi che comprende l’assistenza sistemistica, la consulenza aziendale, l’integrazione di sistemi, la formazione professionale, e la fornitura di strutture professionali di Data Capture e Data Entry. Sia che si tratti di gestire archivi cartacei dei formati e delle tipologie più diverse, sia che ci si occupi di gestione di immagini ricavate da telecamere, sia che si tratti di salvaguardare Banche o Musei, di controllare Stazioni ferroviarie o aeroporti, di monitorare aree metropolitane o complessi industriali, sempre nel rispetto del diritto alla privacy del cittadino, Dicom Italia S.p.A. è in grado di fornire le soluzioni più avanzate presenti attualmente sul mercato. Dicom Italia S.p.A. è una filiale di Dicomgroup, multinazionale svizzera quotata al mercato di Londra. Oggi il gruppo è presente in tutta Europa, in Asia e, grazie all’acquisizione di Kofax, azienda leader nella realizzazione e produzione di schede e di componenti per la scansione, anche negli Stati Uniti. L’offerta di prodotti hardware quali Kodak, Fujitsu, Canon, Scanoptics, Bell & Howell, Banktec e molti altri, l’utilizzo di una enorme serie di componenti software e la stretta collaborazione con produttori di tecnologia avanzata, quali Fast, Mitsubishi e GTE, fanno si che l’offerta di Dicomgroup, possa andare a risolvere tutte le esigenze degli utenti finali per quanto riguarda la Gestione Elettronica dei Documenti e la Sicurezza intesa in senso esteso. Dicom Italia S.p.A. O R D I N E E S I C U R E Z Z A Viale Caduti per la Guerra di Liberazione 118 00128 Roma - Tel. 06 50772523 - Fax 06 50796624 10 Gennaio 2003 O R D I N E E S I C U R E Z Z A ANDROMEDA NEWS Intervista rilasciata ad “Andromeda News” dal Prefetto Pietro Soggiu, Commissario Straordinario per le politiche antidroga. Sul fronte dell’antidroga una strategia al passo con i tempi Al Commissario Straordinario Pietro Soggiu abbiamo chiesto quale politica antidroga si debba adottare, ora che il narcotraffico ha cambiato alcune sue peculiari caratteristiche e che sono state introdotte nel mercato nuove sostanze stupefacenti. I nuovi e moderni interventi di prevenzione, di repressione e di recupero. C.F. Cosa si prefigge di fare? Sono stato nominato Commissario straordinario del Governo con l’incarico di coordinare le iniziative di contrasto alla diffusione del fenomeno della droga e di recupero dei soggetti tossicodipendenti. A tale fine, mi prefiggo di conseguire due obiettivi, quello di collegare e armonizzare le iniziative e gli interventi urgenti tra Amministrazioni e Enti operanti in questi ambiti e quello di formulare proposte al Presidente del Consiglio dei Ministri in grado di assicurare il massimo dell’operatività nell’azione di prevenzione e di contrasto. È necessario, soprattutto, elaborare ed attuare il Piano Nazionale antidroga di durata triennale, del quale sono dotati la quasi totalità dei Paesi dell’Unione e che l’Italia, purtroppo non ha mai realizzato. Il Piano ci consentirà la piena partecipazione all’azione comune dell’Unione Europea. Prevenzione, repressione e recupero Per intervenire con efficacia è necessaria, a monte, una visione unitaria e una strategia di fondo contro la droga in contrasto con un’idea della sostanziale innocuità delle sostanze stupefacenti che determina, non di rado, un abbassamento pericoloso COUPON DI ADESIONE ALL’ASSOCIAZIONE ANDROMEDA COGNOME . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . NOME . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Luogo e data di nascita . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Cod.Fisc. ..................................................................................................................................... Residente in . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Prov. ........................................... Via ........................................................................................ Tel. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Cell. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . SOCIO ORDINARIO (la quota annuale è di Euro 15,00 e dà diritto all’abbonamento gratuito per un anno al periodico Andromeda News, oltre alla partecipazione gratuita alle iniziative e alle convenzioni attivate dall’Associazione Andromeda) SOCIO SOSTENITORE (l’importo della quota annuale è libero da Euro 50,00) ■ Acconsento al trattamento dei dati personali ai sensi e per gli effetti della legge 675/96 ■ Non autorizzo al trattamento dei dati personali ai sensi e per gli effetti della legge 675/96 Versamento su c/c postale n.21122049 intestato a “Andromeda Associazione di volontariato”. Specificare nella causale: SOCIO ANDROMEDA ✁ Data ................................... N.B. da ritagliare e spedire in busta chiusa a : Associazione Andromeda, Piazzale Clodiio, 61 - 00195 Roma, allegando la ricevuta dell’avvenuto pagamento. O R D I N E E della percezione di allarme sociale. Gli interventi di prevenzione devono rappresentare il punto centrale delle politiche sociali e si dovranno studiare, a tale proposito, tipologie differenziate di interventi in funzione delle diverse categorie di interessati. Politica antiproibizionista Lo scenario che ci si presenta è veramente minaccioso, un flagello che si estende e che riguarda in modo particolare i giovani e che deve essere contrastato nella maniera più efficace. In effetti, non soltanto il fenomeno non si è attenuato ma l’introduzione di nuove sostanze, molto più pericolose e inquietanti, ha completamente trasformato le fenomenologie sociali di riferimento. Ritengo inutile e fuorviante continuare a discutere in termini di proibizionismo e di antiproibizionismo, come da più parti si sente fare. Il punto di partenza deve essere un altro, caratterizzato da un’articolazione plurima degli interventi sul piano della prevenzione, della repressione, dell’informazione. Sul contrasto all’azione criminale di diffusione delle droghe sul mercato la risposta non può che essere della massima durezza mentre, sul fronte della prevenzione e dell’informazione, lo sforzo è quello di raggiungere nella maniera più efficace le fasce giovanili più a rischio, a cominciare dalla prima adolescenza. Come è cambiata la situazione La nostra legislazione antidroga è del 1990. In dodici anni il mondo è cambiato e bisogna fornirsi di nuovi strumenti per fronteggiare le modificazioni che sono intervenute nella produzione e diffusione delle sostanze stupefacenti e nella fenomenologia sociale del consumo e delle tossicodipendenze. A tale proposito, è necessario e opportuno prendere in considerazione un intervento di modifica legislativa che agevoli un processo di cambiamento, graduale ma determinato, nell’indirizzo delle politiche contro la diffusione della droga. La legge Jervolino-Vassalli è stata una buona legge, alla cui elaborazione io stesso ho partecipato ma, come tutti gli strumenti legislativi datati, deve essere, in alcune sue parti, modificata per adeguarla ai consistenti cambiamenti sociali intervenuti nel decennio, resa più efficace nel contrasto dell’attività criminale, corretta nelle parti che non hanno sortito gli effetti sperati ma generato distorsioni. Ci soffermeremo con attenzione sugli aspetti nei quali maggiormente si sono evidenziate varianti: le nuove droghe e le conseguenti necessità di trattamenti diversificati, l’utilizzazione di nuovi “precursori”, i nuovi paesi produttori e le nuove vie di traffico. S I C U R E Z Z A Cosa cambierà nella gestione dei tossicodipendenti? Sono urgenti, in particolare, alcuni interventi di massima nei settori giudiziario e sanitario, dove maggiori si verificano gli squilibri e le disarmonie. Mi riferisco soprattutto a situazioni riprovevoli che si riscontrano nel settore della cura e del recupero dalle tossicodipendenze o durante percorsi riabilitativi incoraggianti, interrotti da vecchie pendenze con la giustizia. Una riflessione accurata è indirizzata all’analisi di alcune, delicate, varianti normative, relative soprattutto alla situazione nelle carceri e alle questioni del reinserimento sociale e lavorativo degli ex tossicodipendenti. È conseguente, da parte mia, visitare strutture pubbliche e private per meglio conoscere la situazione e per poter cambiare, ascoltando i suggerimenti degli addetti ai lavori. Le strutture pubbliche sono, molto spesso, dotate di professionisti di valore, fortemente impegnati nel loro lavoro che sarà mia cura sostenere attivamente. Analogamente, sarà concretamente assicurata la libertà di scelta delle famiglie, coinvolte nella tossicodipendenza, nell’individuare il percorso terapeutico che ritengono più adatto e il soggetto al quale rivolgersi. Intendo, perciò, valorizzare al massimo le potenzialità del servizio pubblico e quelle offerte dal sistema privato e del privato sociale. È evidente che il parametro di riferimento per tutti non potrà che essere quello del raggiungimento di eguali standard, sia in termini di qualità del servizio prestato, sia di valutazione dei trattamenti, sia, infine, di risultati raggiunti. Droghe pesanti, droghe leggere Ritengo trattarsi di una falsa polemica. Credo che una riflessione pacata e proficua debba soffermarsi, piuttosto, sulla modifica “genetica” introdotta nella composizione dei nuovi “spinelli”, dotati di principio attivo molto più elevato di un tempo, e sul pericolo sociale, segnalato da molte ricerche, del consumo endemico di hashish e marijuana tra i giovani. In più, sottolineo che, in questi anni, la composizione, la diffusione e il consumo di sostanze si sono profondamente modificati, soprattutto per quanto riguarda l’uso di cocaina tra i giovani, di droghe sintetiche e di nuove sostanze vegetali che iniziano a diffondersi sul mercato, spesso assunte contemporaneamente con mix micidiali. È preoccupante la leggerezza con la quale le fasce giovanili sembrano avvicinarsi alle droghe cosiddette ricreazionali, che sono a tutti gli effetti stupefacenti pesanti, con la falsa convinzione di non assumere droga e di saperne padroneggiare il consumo. LABOR & PARTNERS PROFESSIONE SERVIZIO Il nuovo consorzio Labor & Partners fornisce servizi alle aziende affiancandole anche nella progettazione, nella gestione e nel controllo dei servizi stessi. Labor & Partners è un nuovo consorzio di aziende specializzate nel settore dei servizi alle imprese, costituito per rispondere in modo moderno e razionale alle esigenze di professionalità e qualità della fornitura di servizi di supporto ad ogni tipo di attività: industriale, civile e ospedaliera. In Labor & Partners sono confluiti cinquant’anni d’esperienza accumulata dai suoi associati nei diversi settori di competenza e che ha permesso di formulare una nuova concezione della fornitura del servizio. Labor & Partners, nel produrre i suoi servizi (pulizia e sanificazione ambientale, disinfezioni, disinfestazioni e derattizzazioni, raccolta rifiuti, logistica e facchinaggio, servizi di portierato e custodia, manutenzione aree verdi, prodotti e servizi per l’igiene della persona, manutenzioni Industriali, piccola manutenzione, pulizia, consolidamento e protezione facciate e monumenti) opera infatti con la più moderna filosofia della gestione dei servizi in partnership. I servizi di Labor & Partners non sono quindi una mera e semplice esecuzio- ne delle prestazioni tecniche nei tempi e nei modi concordati, ma si compongono di una funzionale formulazione, progettazione e realizzazione, che si completa poi in un controllo e una gestione dei servizi in modalità calibrate sulle esigenze di ogni cliente. Labor & Partners, prima ancora che servizi, produce idee che elevano l’efficienza dei servizi stessi a supporto di qualsiasi attività. La competenza e la professionalità di Labor & Partners di progettare singolarmente ogni intervento ed eventualmente di modificarne le caratteristiche al mutare delle esigenze di ogni cliente, al fine di seguirne e favorirne lo sviluppo. Tutto questo è possibile perché un’altra caratteristica qualificamene di Labor & Partners, è l’assistenza diretta nell’innovazione, che è molto più di un semplice complemento al servizio erogato. L’essenza stessa del ricorso ad un partner affidabile, nasce dalla volontà di affidarsi alla sua capacità di apportare idee e soluzioni innovative. I servizi di Labor & Partners, progettati da un team di tecnici specializza- ti, sono pensati proprio per fornire un valore aggiunto fatto di esperienza e soluzioni che possano far crescere la qualità generale del lavoro. Fra i tanti valori aggiunti della costante ricerca operata dai tecnici di Labor & Partners vi è anche la certezza di ottenere le più economiche e veloci tecniche di intervento nell’erogazione di qualsiasi servizio. In ossequio alla sua filosofia produttiva, Labor & Partners ha voluto dotarsi da subito di un sistema di qualificazione aziendale UNI EN ISO 9001. Un traguardo che è anche il punto di partenza per ottenere un miglioramento costante della qualità dei servizi erogati. Labor & Partners ha sede a Roma, in via Della Camilluccia, 285 Tel. 06/32600086 E-Mail: [email protected], ma ha sedi operative anche a Bergamo, Milano, Parma, Ravenna e Padova, per essere vicina ad ogni suo cliente. 12 Gennaio 2003 O R D I N E E S I C U R E Z Z A ANDROMEDA NEWS Occorre definire un concetto di sicurezza più al passo con i tempi, soprattutto ora che l’Occidente è sotto le minacce del terrorismo. La qualità si misura con i fatti Diversi anni fa l’Europa seppe raccogliere la sfida di paesi più “moderni” come il Giappone e gli Stati Uniti, creando una “Qualità Europa” nel settore della sicurezza che ha raggiunto standard accettabili. Occorre, ora, saper puntare a nuovi livelli di qualità che vedano compartecipi la forze dell’ordine e gli “attori” privati. Fonte ADR Alberto Denzler La certificazione e la distinzione della sicurezza La sfida multipla lanciata nel nuovo millennio da quel che sembra essere un nuovo genere di criminalità ha cambiato per sempre la nostra società. Il terrorismo, con l’11 settembre, è divenuto veramente internazionale; la scelta “politica” di un opposizione extra parlamentare di implementare azioni violente di piazza ed il dilagare di una micro criminalità clandestina rappresentano tre aspetti dello stesso problema: il nostro modo di vita, basato sulle libertà individuali, sulla democrazia e sulle frontiere aperte è appetibile al terrorismo ed alla criminalità. Per opporsi a questa sfida occorre una strategia più ampia. I governi occidentali, l’Italia in testa, lo hanno capito e la “professione sicurezza”, da un campo ristretto, governato dalle forze dell’ordine, si deve e si sta allargando a più ampi strati della popolazione. Le motivazioni sono diverse: il primo è che un compito così ampio come quello presentato dalla tripla sfida, richiede una copertura, in termini di risorse numeriche, molto più alta; il secondo, una diretta conseguenza del primo, è che molti compiti, come ad esempio i controlli all’imbarco dei passeggeri aerei, vengono ora garantiti da strutture “private” capaci di liberare le risorse pubbliche; il terzo è che la nostra società deve rendersi conto di essere “attori” della propria sicurezza e non solo spettatori. Questa svolta, però, pone anche una serie di problemi, primo dei quali la “garanzia” che chi si occuperà di sicurezza possa mantenere gli alti livelli d’efficienza e d’efficacia delle forze dell’ordine. È sicuramente vero che molti, la maggioranza delle reclute delle aziende “private” provengono dai corpi delle forze dell’ordine, ma ciò non toglie che occorre introdurre un “sistema” di misurazione e controllo affinché nulla sia lasciato al caso. Sistema che non si limita agli attori attivi, ma anche alle società “passive”. In effetti quanto da anni è avvenuto nel campo del trasporto aereo va sviluppato, ampliato e trasferito agli altri settori d’attività. Parliamo della “sensibilità” alla sicurezza che tutto il personale operativo di volo e di terra ha sviluppato negli anni. Non è un semplice caso che sia stata una hostess di volo ad accorgersi del comportamento anomalo dell’anglo asiatico che portava esplosivo nelle scarpe. Si tratta dell’introduzione di un sistema di “revisione, controllo, formazione e certificazione” di vasti strati di attività “civile”, pubblica e privata, che, partendo da una “626 Security” possa giungere ad un pieno TQM/ISO da estendere all’intero paese. Solo in questo modo si potrà garantire il coinvolgimento di tutta la società civile, di tutti i settori d’attività, in un solo sforzo comune a favore della “sicurezza”. È possibile? Gli sviluppi dell’ultimo decennio nel raggiungimento di livelli di qualità industriali comuni sembrano dire di sì. Stiamo parlando dell’implementazione della Qualità Totale, non solo in Italia, ma in tutta l’Europa. Quali sono state le tappe che hanno portato l’Europa fuori del suo relativo isolamento? Che l’hanno fatta raggiungere i livelli statunitensi e giapponesi, che hanno contribuito a creare la “Qualità Europa”? La storia ha i suoi inizi il 19 ottobre 1989, a Montreux in Svizzera, quando si sono riunite 64 aziende europee, invitati da 14 soci fondatori, tra cui FIAT e OLIVETTI, per celebrare la nascita della “Qualità Totale Made in Europe”. I 64 vertici e dirigenti che hanno firmato la Carta della European Foundation of Quality Management – EFQM, si sono impegnati ad interagire tra di loro e con le autorità dei propri paesi per colmare il grande divario che separava l’Europa dagli USA ed ancora di più dal leader mondiale, il Giappone. A spingerle a questo passo vi erano molti motivi: le barriere “ ISO” imposte a tutte le imprese che volevano condurre scambi con il Giappone, strumenti subdoli di spionaggio industriale, ma sicuramente efficaci per difendere le imprese locali; il “costo minore” evidenziato da americani e giapponesi che avevano già implementato la TQM (Total Quality Management – Gestione del Processo di Qualità Totale). Per misurare questo “gap”, questa sfida, i 14 soci fondatori, nel 1988 in via preliminare, incaricano l’Istituto di ricerca McKinsey ad intervistare 500 vertici europei sulle proprie esperienze, impressioni ed aspettative. Il desolante risultato indica la via da seguire (vedi tabella). Nel decennio successivo l’Europa ce la fatta a chiudere la differenziale negativa, magari non completamente, ma in misura sufficiente a rendere competitive le imprese europee. A botte di “ISO 9000 e poi”, anno per anno gli europei si sono organizzati, hanno convinto i propri governi e la propria società a battersi per la “Qualità Totale” e ce l’hanno fatta. La vera “arma” del vecchio Continente, però, è stata un’altra, “la Distinzione”. Le imprese europee dell’EFQM, ora oltre 800, hanno puntato sulla “differenza”, sulle cose che facevano meglio, sul risvolto strategico e non solo sul vantaggio tattico degli strumenti di Qualità, in breve sul “Eccellenza”. Questa “Distinzione”, abbinata ad una “Qualità Totale” diffusa è proprio quel che la “cultura della sicurezza” richiede per vincere la sfida: una società unita nello sforzo comune; professionisti formati a dovere; aziende certificate; un sistema di revisione e controllo efficace; la ricerca di forme di distinzione capaci di gestire il processo. Per raggiungere tutti questi obiettivi la strada maestra è la Comunicazione diffusa, l’organizzazione di Centri d’Eccellenza e l’implementazione di strumenti comuni. È una sfida che l’Europa ed il mondo civile può vincere, solo se vuole. Ce l’ha fatto una volta e oggi che la posta in gioco è ancora più alta, ce la può fare ancora. I risultati incoraggianti del “modello italiano” di una forza dell’ordine inquadrata militarmente, ma con forti compiti civili, ha già ricevuto il suo battesimo del fuoco in tutti i paesi dove è stato impegnato, già questo è un esempio concreto di “Distinzione”. Ne occorrono altri, con l’apporto di tutti, professionisti e non. È una sfida che dobbiamo vincere. L’importanza della Qualità Totale 60% molto; 35% più di prima; 5% uguale Importante per la clientela 89% Importante per ridurre costi 66% Maggiore strumento di flessibilità 58% Maggiore strumento d’efficienza 40% Incrementerà le vendite 77% Miglioramenti attesi + 30% Migliore comprensione clienti +17% Migliore progettazione +9% Migliori consegne + 4% Gli strumenti individuati per implementare i miglioramenti sono stati: Priorità dei vertici aziendali 95% Sviluppo delle risorse umane 87% Spirito di corpo 82% Sistema informativo 73% Sviluppo del management 70% Senso d’urgenza 60% I supporti maggiori che le imprese considerano critiche per il successo sono: Educazione, addestramento, ricerca 87% Atteggiamento fornitori 70% Atteggiamento clienti 65% Atteggiamento distributori 64% Infrastrutture 55% Fonte ALITALIA La pagella data dai 500 vertici aziendali alla propria posizione comparativa Svantaggio Europa sugli USA Svantaggio Europa su Adattamento al cambiamento - 20% - 45% Sviluppo delle risorse umane - 28% - 77% Qualità dell’ambiente e della società - 17% - 59% temi Giappone O R D I N E E S I C U R E Z Z A ANDROMEDA NEWS A N D R O M E D A C U L T U R A Gennaio 2003 13 A partire da febbraio alla Camera dei Deputati sarà esposto il celebre “Satiro Danzante”, ritrovato nel 1998 al largo delle acque siciliane. Un Satiro in bronzo di 2400 anni in mostra alla Camera dei Deputati Patrizia Coleti iemerso dalle acque, danzando, dal coro dionisiaco della tragedia greca, in un apparenza di sogno, in un mondo apollineo di immagini, una statua configurante un Satiro trovata a Mazara del Vallo da febbraio sarà in mostra alla Camera dei deputati; prima di rientrare definitivamente nel paese dove sarà collocato nella chiesa sconsacrata di Sant’Egidio. È stato un peschereccio a largo delle acque della Sicilia, il 4 marzo 1998, a R ritrovare a ben 480 metri di profondità il “Satiro Danzante” o “Ebbro” in bronzo, risalente con molta probabilità all’opera di Prassitele, scultore greco del IV° sec. A. C.; ora visibile completamente restaurato presso l’Istituto centrale di restauro a Roma. La plasticità della figura colta nell’azione dell’ebbrezza di un orgiastica piroetta legata alla dimensione dionisiaca, rimanda ad altre sculture di Prassitele, dove il modellamento serico di una piega della pelle, il guizzo istantaneo di un muscolo, danno vita alla scultura come espressione non di un’azione decisa e compiuta ma bensì di un involontario agire. Sicuramente espressione di grazia di un atto o di un movimento è ciò che si può cogliere sul volto e nell’atletica fisicità imprigionata nella rotazione del busto di questa giovane figura mitologica di 2,8 metri d’altezza, con le orecchie aguzze, gli occhi d’avorio ed i capelli plasmati disordinatamente dal vento e da un abile mano guidata a freddo dal bulino. Attraverso un’attenta analisi del Il “bookcrossing” Una nuova forma di globalizzazione letteraria Patrizia Coleti Parte dall’America la stravagante moda di abbandonare libri sulle panchine dei parchi, nei coffee shop o in qualsiasi altro posto dove possano essere facilmente trovati, letti e riabbandonati, per proseguire una sorta di catena di lettura che non conosce barriere geografiche. All’interno di un libro viene scritto un messaggio, un commento o più semplicemente un pensiero che potrà così girare per il mondo nell’attesa d’essere scovato da qualcun’altro secondo il volere del fato. È il Bookcrossing e l’iniziativa parte da una comunità di amanti della lettura che attraverso una sorta di gioco si prodigano per una maggior diffusione della cultura. Il segno distintivo è un etichetta con un numero ed una sigla che rimandano al club Bookcrossing. Diventarne membro è facile; basta visitare il sito www.bookcrossing.com, brillantemente ideato dal suo fondatore Ron Hornbaker, ed unirsi così ai già numerosi attivi lettori partecipanti in questa bizzarra caccia al libro. materiale vi è stata rilevata una discreta presenza di piombo che rimanderebbe la datazione al primo sec. a.c.. Ma lo storico d’arte antica Paolo Moreno, sostenitore dell’appartenenza a Prassitele, non esclude che la percentuale di piombo usata nell’età classica potesse essere la medesima. Quali furono i segreti delle botteghe dell’epoca e di quali particolari innovazioni potesse essere a conoscenza Prassitele, figlio del rinomato bronzista Cefisodato, a noi non è ancora noto. Ad avvalorare la tesi di Moreno è inoltre il confronto con un Satiro plasmato da Prassitele citato da Plinio il Vecchio con l’appellativo di “Periboetos”, che secondo la traduzione voluta da Platone nel dialogo Filebo significa l’“Invasato”. Qualunque sia il genio artistico che abbia dato vita a questo capolavoro Sopra: lo splendido bronzo dopo il restauro. Sotto: Una veduta laterale del Satiro. non ci può distrarre dal valore artistico di tale immagine racchiusa nell’impulso dionisiaco “…nella cui esaltazione l’elemento soggettivo svanisce in un completo oblio di sé.”(F. Nitzche “La nascita della tragedia”). Curiosando Molte statue del nostro patrimonio artistico sono sostituite da copie per proteggerle dall’usura del tempo e dagli inevitabili atti vandalici. È il caso del Marc’Aurelio in Campidoglio, del David di Donatello in Piazza della Signoria a Firenze e di molte altre. Tra queste due angeli, realizzati da Bernini, che troneggiano lungo le spallette del “Ponte degli Angeli” di Castel Sant’Angelo. Fu Papa Clemente IX Rospigliosi che rimasto folgorato dalla loro bellezza le fece sostituire con delle copie di Gulio Cartari e Paolo Naldini. L’intenzione fu quella di preservare l’angelo con la corona di spine e l’angelo con il cartiglio, ponendole nella buia e funerea abside di Sant’Andrea delle Fratte. Peccato che il Bernini non accolse graditamente quest’iniziativa che mortificava totalente il suo progetto legato ad una visione dal basso verso l’alto e con lo sfondo naturale del cielo. A N D R O M E D A C U L T U R A Pubblicità Sintel BN A N D R O M E D A C U L T U R A A N D R O M E D A ANDROMEDA NEWS AT T U A L I T À Gennaio 2003 15 Rieti: una città ricca di storia e di tradizione al passo con i tempi nel campo della sicurezza. Rieti e il “Vigile di Quartiere” Pubblichiamo l’intervento del Sindaco di Rieti Giuseppe Emili, che spiega perché è nato il progetto del “Vigile di quartiere”, come si articola e quali sono le sue finalità. Giuseppe Emili - Sindaco di Rieti onostante la vicinanza alla Capitale, appena 75 Km, Rieti non ha certamente le caratteristiche di una periferia metropolitana o di un centro urbano “satellite”.È,piuttosto,una città che conserva la propria identità culturale e storica grazie al persistere di una forte coesione sociale e di tradizioni che ne mantengono inalterate le caratteristiche di cittadina di provincia. Queste caratteristiche del contesto sociale sono certamente un fattore determinante di quella sicurezza che vede Rieti ai primi posti in Italia,ma non certamente l’unico. L’impegno che le Forze di Polizia hanno sempre profuso è certamente stato la chiave di volta che ha consentito di mantenere nel tempo le condizioni più elevate di sicurezza ed un efficace contenimento della criminalità ad ogni livello. In questo panorama ha certamente avuto un ruolo centrale l’Amministrazione Comunale di Rieti che dal 1994 ha intrapreso un processo di potenziamento e riorganizzazione del Corpo di Polizia Municipale, oggi composto da ben 67 unità e che, per una città di circa 46.000 abitanti, costituisce uno dei più qualificati rapporti operatori/abitanti. La consistenza numerica del Corpo, l’innovazione tecnologica introdotta nelle dotazioni e attrezzature e l’elevata professionalità raggiunta dal personale, hanno consentito l’instaurarsi di sinergie operative con la Polizia di Stato e l’Arma dei Carabinieri tali che il Corpo di Polizia Municipale di Rieti, è certamente oggi un momento imprescindibile della sicurezza urbana. N Perché nasce il “Vigile di Quartiere” Nonostante gli elevati standard di sicurezza, l’Amministrazione Comunale di Rieti ha comunque sentito la necessità di individuare nuove strategie e soluzioni per fronteggiare al meglio ogni sollecitazione che dalla comunità locale viene portata avanti. In particolare,si è andata sempre facendo più pressante una richiesta di sicurezza che potremmo definire sub-primaria. In una città dove fenomeni di criminalità organizzata o violenza, che rappresentano un allarme sociale primario e assoluto,sono pressoché assenti, la domanda di sicurezza dei cittadini si rivolge verso aspetti diversi e vari che coinvolgono numerose categorie sociali. Il minor allarme sociale legato a fenomeni criminosi secondari non esime in alcun modo dall’individuare strategie risolutive che costituiscano una efficace risposta sul mercato della sicurezza. Da circa due mesi (il servizio ha preso il via il 9 dicembre scorso) la Polizia Municipale di Rieti ha avviato la sperimentazione dei servizi di prossimità,meglio noti come “Vigile di Quartiere”. Una scelta, come vedremo, dettata dalla necessità di dare una risposta concreta al nuovo bisogno di sicurezza rappresentato dalla gente. Una sicurezza che è fatta di tante esigenze diverse: vivibilità, ordine, pulizia, salubrità dell’ambiente, tranquil- lità. Tutti concetti che vanno rapportati con le diverse categorie sociali e produttive presenti sul territorio, e l’alchimia tra i due fattori sfocia in una infinita lista di problematiche che vanno dalla pulizia dei giardini pubblici a tutela dell’incolumità dei bambini, allo spaccio di sostanze stupefacenti o al rispetto degli anziani. Ed è proprio combinando esigenze e soggetti che si realizza un quadro organico e strumentale delle finalità che il servizio si propone di affrontare, individuando, da un lato, la categoria da proteggere e, dall’altro, il contesto sociale o economico di riferimento. Sotto il primo profilo si è concentrata l’attenzione sui bambini e sulle potenziali fonti di pericolo per gli stessi.È evidente che gli ambiti di riferimento siano la scuola, i parchi pubblici e tutti i momenti o contesti di aggregazione. Nello stesso senso, le problematiche giovanili connesse agli stupefacenti, all’alcol, al disagio familiare, devono trovare nelle scuole, nei locali di svago, nei luoghi di ritrovo di “comitive”, i punti di osservazione migliori. In ottica diversa è la valutazione del bisogno di sicurezza legato all’esercizio di attività produttive o servizi. In questo ambito prevalgono le problematiche che ruotano intorno ai locali notturni, dal disturbo alla quiete pubblica a piccoli atti di vandalismo o ancora a fenomeni di spaccio di stupefacenti. In termini generali è certamente importante anche il bisogno di sicurezza che dalla categoria dei commercianti viene rivendicato, sia sotto il profilo della sicurezza diretta delle attività, sia in termini di ordine dell’equilibrio commerciale complessivo, reprimendo fenomeni di abusivismo o fattispecie comunque lesive di un principio di sana competitività commerciale. Queste sono soltanto alcune delle finalità che sono alla base del servizio di prossimità, certamente le più indicative delle ragioni che ne costituiscono il presupposto: una sempre maggiore vicinanza al cittadino per tutelarne le legittime aspettative di sicurezza sociale e una capillare conoscenza di ogni realtà del territorio. Il territorio è certamente un momento fondamentale e strumentale nella logica dei servizi di prossimità: non è soltanto un ambito di riferimento operativo ma un patrimonio da tutelare e preservare, affinché chi vi abita o lavora acquisisca fiducia nelle istituzioni e con queste collabori e interagisca. Una scelta di metodo Il primo problema che si è posto è stato proprio quello metodologico: arrivare in via diretta alla cognizione di tutte le problematiche e ad individuarne la consistenza e gli elementi essenziali, avrebbe rappresentato, in primo luogo, uno sforzo non sostenibile in termini di risorse umane per la generalità di ambiti e situazioni da raggiungere.Inoltre,la divisa talvolta mal si presta a raggiungere risultati cognitivi con chi, magari, preferisce parlare con un amico che non ad un operatore di polizia. Da questa prima valutazione è immediatamente emersa la consapevolezza che l’unico strumento per raggiungere e conoscere i bisogni della gente fosse….la gente! Era necessario creare una rete, un sistema. Andava realizzato un meccanismo in cui l’operatore di polizia fosse il momento finale di catalizzazione di precedenti momenti di raccordo e raccolta di notizie, informazioni, segnalazioni. Ma come arrivare ad un risultato di questo tipo? Come individuare le figure o i soggetti che in qualche modo avrebbero potuto essere nostri “collaboratori”per la sicurezza? E, soprattutto, come stimolare una collaborazione di questo tipo? Le teorizzazioni sul “vigile di quartiere” hanno riempito pagine di riviste o programmi di convegni, ma ritengo che in un contesto operativo di questo tipo nessuna teoria sia assoluta o sufficiente, se non modulata sulle abitudini, tradizioni, schemi sociali e culturali di una specifica comunità. Sono fermamente convinto che fare il Vigile di Quartiere a Rieti sia diverso dal farlo a Brescia o a Caltanissetta e ovviamente diversa deve essere l’impostazione metodologica del servizio. Questo è certamente il motivo che vuole la Polizia Municipale, quale espressione dell’Istituzione più rappresentativa della realtà locale, il soggetto che meglio sa interpretare le metodologie di approccio e di cognizione dei problemi. Questa necessità, senza alcuna volontà polemica,sarà forse il limite del recentissimo “poliziotto e carabiniere di quartiere”: una strategia di servizio che prescinda da equilibri e costumi locali non è certamente ben predisposta a divenire parte del tessuto sociale con il quale interagire. Avrebbe forse giovato individuare sinergie operative che vedessero comuni momenti formativi nei quali la Polizia Municipale avrebbe potuto fornire A N D R O M E D A preziosi elementi conoscitivi su abitudini, disposizioni locali o consuetudini particolari. Una osservazione, come detto, non polemica ma strumentale in quella che è l’impostazione operativa data al servizio. È infatti necessario partire dal presupposto che la collaborazione dei cittadini va conquistata. E in una città come Rieti, dove la gente è abituata a veder garantiti alcuni punti saldi quali pulizia, tranquillità, efficienza dei servizi, è necessario che il Vigile di Quartiere sia il primo curatore di questi interessi e sappia rivendicare questo ruolo con la gente. È importante poter dire:“domani verranno a tagliare l’erba in quel parco”oppure “quel lampione rotto domani verrà aggiustato”. Risposte di questo tipo a chi sollecita o segnala il problema danno fiducia nelle Istituzioni e in chi, in quel momento,le rappresenta. È questo il primo passo per la creazione di un rapporto fiduciario con la gente dal quale discenda una collaborazione che veda sempre crescere la rete di capillari informativi sul territorio. La nostra esperienza Partendo dal presupposto che la conoscenza del territorio e delle sue caratteristiche è un elemento essenziale per una concreta efficacia del servizio di prossimità, il Corpo di Polizia Municipale di Rieti ha fatto ricorso ad alcuni dei suoi elementi più esperti e inclini ad un rapporto dialettico con il cittadino. In particolare, si è cercato di sfruttare non solo l’esperienza e la professionalità che negli anni di servizio hanno maturato, ma anche il personale e spiccato inserimento in determinati e vari contesti sociali che hanno reso certamente più facile individuare terminali di contatto e l’inserimento in realtà associative di quartiere dove, magari, l’operatore vive. A T T U A L I T À In concreto, ben 12 Sottufficiali sono stati assegnati a questo nuovo servizio, suddivisi in tre Nuclei, quante sono le circoscrizioni della città di Rieti. I Sottufficiali in questione hanno compiti,pressoché esclusivi,di cognizione: il loro ruolo è quello di apprendere,ascoltare, ricevere segnalazioni o suggerimenti, da riportare poi all’Ufficiale Responsabile del progetto con il quale valutare strategie e metodologie attraverso le quali tradurre in concreti risvolti operativi l’apporto dei cittadini. Al tempo stesso è stato avviato un sistema di relazioni con ogni istituzione o associazione presente nel territorio della circoscrizione, dai Consigli Circoscrizionali che vedono la costante partecipazione del “Vigile di Quartiere”, ai circoli degli Anziani e ai Dirigenti scolastici. Come pure si stanno avviando iniziative formative per i commercianti grazie alla collaborazione delle associazioni di categoria. Inoltre, non appena la Regione Lazio formalizzerà l’erogazione di uno specifico contributo per le iniziative legate alla polizia di prossimità, verranno coinvolti in maniera attiva i pensionati che hanno prestato servizio nelle forze di polizia, sfruttandone il valore aggiunto dell’esperienza e del bagaglio sociale di cui sono portatori. In un sistema come quello descritto è centrale una filosofia operativa basata su meccanismi fiduciari e di “fidelizzazione”. È infatti necessario operare una bipartizione tra livelli di intervento e relativi momenti cognitivi. Non è difficile, infatti, comprendere che il rapporto confidenziale e fiduciario con il cittadino si stabilisce soltanto grazie ad una immagine di affidabilità che il Vigile si è conquistato ai suoi occhi, intervenendo per risolvere piccoli problemi di ordinaria quotidianità ovvero attivandosi e portando a risoluzione casi più complessi. Questo è il primo ed imprescindibile passo per ottenere poi un rapporto di collaborazione stabile, una fiducia che si traduca in incontri quotidiani, anche rituali come un caffè al bar,in cui scambiare impressioni ed informazioni sul quartiere. Nonostante il servizio sia partito da poco più di un mese, è stata incredibilmente vasta la mole di segnalazioni ricevute. Gli Uffici della Polizia Municipale hanno letteralmente tempestato di richieste i settori tecnici dell’Amministrazione Comunale per problemi legati al verde pubblico, alla pubblica illuminazione, alla nettezza urbana, alle strade e alla segnaletica. Questi i bisogni più sentiti e la mano tesa a queste esigenze si è rivelata vincente: cominciano ad essere sempre più frequenti le “chiacchierate” che i Vigili di Quartiere riescono a fare con i cittadini su qualche faccia un pò strana o su ragazzi che sono soliti appartarsi per qualche istante dietro un palazzo per andar via poco dopo. Tutti segnali sui quali lavorare per dare risposte, per dare un senso alla voglia dei cittadini di essere parte della sicurezza della loro città. seguirà nel prossimo numero Pubblicità Labor & Partners a colori!