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2003: l`anno del poliziotto di quartiere

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2003: l`anno del poliziotto di quartiere
ANNO IV - NUMERO 1 - SPEDIZIONE IN A. P. 45% ART. 2 COMMA 20 LETT. B LEGGE 662/96 - ROMA - GENNAIO 2003
P E R I O D I C O D E L L’ A S S O C I A Z I O N E A N D R O M E D A
2003: l’anno del poliziotto di quartiere
Era uno dei punti cruciali durante l’ultima campagna elettorale delle politiche e delle amministrative del 2001:
quella dell’istituzione della polizia di prossimità, finalizzata ad una più integrata sicurezza del territorio
Riordino carriere
delle Forze di Polizia
La bozza della proposta di Legge.
Lotta al
crimine
Sicurezza: i risultati
ottenuti sul piano
legislativo e operativo.
Una svolta tecnologica
nella prevenzione e nella
repressione.
a pag. 4
pagg. 2-3
Il Poliziotto e il Carabiniere
La confisca del tesoro della mafia
Reparti speciali
per le strade della città:
la sicurezza a portata di mano
Claudio Alberti
G.I.S.
Fausta Cuzzocrea
Intervista alla Dott.ssa Margherita Vallefuoco Commissario
Straordinario di Governo per la Gestione e la Destinazione
dei beni confiscati alle organizzazioni criminali.
E ra uno dei punti cruciali durante l’ultima campagna elettorale delle politiche e delle amministrative del 2001: quella dell’istituzione della figura
del poliziotto di quartiere, finalizzata ad una più integrata sicurezza del
territorio. Dal 18 dicembre scorso il progetto del “bobby” è partito in ben
28 città, alcune molto importanti, tra le quali la Capitale. Nel mese di gennaio a questi 28 comuni se ne sono aggiunti altri 24, tutti capoluoghi di
provincia, e cioè Alessandria, Benevento, Bergamo, Bologna, Brescia,
Brindisi, Caltanissetta, Caserta, Cosenza, Enna, Firenze, Genova, Isernia,
Matera, Messina, Napoli, Piacenza, Potenza, Reggio Calabria, Rieti,
Savona, Trieste, Venezia e Verona. Diventano così 52 le città italiane con la
dotazione del cosiddetto “bobby”…
Il Gruppo di Intervento Speciale
(G.I.S.) dei Carabinieri opera sul territorio nazionale nelle situazioni ad
elevato rischio…
a pag. 6
La Stazione
dei Carabinieri
Storia, compiti
istituzionali e problemi
del Comando di Polizia
più diffuso sul
territorio nazionale
a pag. 7
Reggimento Carabinieri
Paracadutisti “Tuscania”
a pag. 5
a pag. 8
S O M M A R I O
PRIMO PIANO
Riordino delle carriere
delle Forze di Polizia
pagg. 2 - 3
ORDINE E SICUREZZA
Intervista al Prefetto
Pietro Soggiu
C.F. pag. 10
ANDROMEDA CULTURA
Un Satiro di 2400 anni
alla Camera dei Deputati
Patrizia Coleti pag. 13
ORDINE E SICUREZZA
Legittima difesa,
anche dai giudizi frettolosi
Franco Maccari pag. 9
ORDINE E SICUREZZA
La qualità si misura con i fatti
Redazionale sulla sicurezza
Alberto Denzler pag. 12
ANDROMEDA ATTUALITÀ
Rieti e il
“Vigile di Quartiere”
Giuseppe Emili pag. 15
2
Gennaio 2003
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ANDROMEDA NEWS
Riordino dei ruoli
della Polizia di Stato
ART.15
(immissione al ruolo
dei sovrintendenti)
ART 25
(Ruolo speciale)
All’entrata in vigore della presente
legge il ruolo speciale non sarà più alimentato. Coloro che si troveranno
nella posizione di vice Commissario,
in possesso di laurea vengono transitati nel ruolo dei funzionari.
L’articolo 24 quater del D.P.R. 335/82
e successive modificazioni, è sostituito dal seguente: alla qualifica iniziale
del Ruolo dei Sovrintendenti, si accede mediante concorso interno per
titoli e successivo corso di aggiornamento e formazione professionale
della durata, stabilita di norma non
inferiore a giorni 60, al quale è
ammesso il personale del ruolo degli
Agenti e Assistenti, che alla data di
scadenza dei termini per la presentazione delle domande:
1. abbia compiuto almeno 4 anni di
servizio nella la qualifica/grado di
Assistente Capo;
2. abbia riportato, nell’ultimo biennio un giudizio complessivo non
inferiore a buono;
3. non abbia riportato, nell’ultimo
biennio sanzioni disciplinari più
gravi della pena pecuniaria;
ART 26
(Cessazione dei concorsi)
Cessano con effetto immediato i concorsi a vice sovrintendente e gli interni al ruolo ispettori, nonché per il
ruolo speciale.
segue sul prossimo numero
Inviate alla redazione
le vostre considerazioni e proposte.
ART.17
(promozione alla qualifica di ispettore)
ri ,previo superamento degli esami
dei titoli e corso di formazione di
sei mesi, con il limite della carriera a
commissario capo.
1. Gli allievi della scuola funzionari al
termine della frequentazione del
corso presso gli attuali Istituti di formazione acquisiscono la qualifica di
Commissario Capo e permangono
nel grado e nel ruolo direttivo 7 anni
sei mesi ed un giorno.
2. Gli Ispettori Superiori, che abbiano
compiuto 8 anni nel grado e che
negli ultimi due anni non abbiano
riportato giudizio inferiore al
“buono”, attraverso scrutinio per
merito assoluto in due valutazioni
annuali e corso di formazione di 6
mesi, accedano al grado di vice
commissario. (aggiungere note per
la progressione di carriera – 4 anni
per accedere alla qualifica di Commissario ed altri 6 per quella di Commissario Capo)
All’articolo 28 del D.P.R. 335 del 24
aprile 1982, come modificato dall’art.3 del D.Lgs. 197/95, sostituire le
parole “a due anni” con le parole “a
quattro anni”.
ART.20
(equiparazione dei funzionari e dirigenti della Polizia di Stato alle carriere
diplomatiche e prefettizie)
Ai fini della formazione della graduatoria del concorso, a parità di punteggio, prevalgono,nell’ordine la qualifica, l’anzianità di servizio e l’età. LE
PROMOZIONI ALLE VARIE QUALIFICHE DEL RUOLO DEGLI
AGENTI E ASSISTENTI,SARANNO
RIDOTTE DI UN ANNO.
ART.16
(immissione al ruolo degli ispettori)
Al 1° comma lettera B dell’articolo 27
del D.P.R.335 del 24 aprile 1982,come
modificato dall’art.3 del D.Lgs.
197/95, sostituire le parole “a sette
anni”con le parole “a cinque anni”.
ART.18
(promozione alla qualifica di ispettore
superiore)
All’art. 25 del D.P.R. 335 del 24 aprile
1982 la parola Ispettore Superiore –
sostituto ufficiale di pubblica sicurezza è sostituito: Ispettore Superiore.
ART.19
(immissione al ruolo direttivo
dei funzionari)
È istituito il ruolo direttivo dei funzionari.
L’accesso al ruolo dei direttivi avviene:
a)attraverso la scuola funzionari della
polizia di Stato
b)proveniente dal ruolo degli ispetto-
I funzionari della Polizia di Stato dal
conseguimento del grado di vice questore sono equiparati economicamente e giuridicamente, unitamente
ai dirigenti e dirigenti generali, alle
carriere diplomatiche e prefettizie.
I dirigenti generali, per un quinto della dotazione organica vengono nominati Prefetti con deliberazione del
consiglio dei Ministri.
DISPOSIZIONI TRANSITORIE
ART.21
(Inquadramento dei sovrintendenti)
Gli Assistenti Capo in possesso di
un’anzianità di almeno un anno ed in
servizio alla data di entrata in vigore
della presente legge, verranno inviati,
previa domanda, alla frequenza del
corso di cui all’articolo 1, ed al termine dello stesso, verranno inquadrati
nella qualifica di Vice Sovrintendente
del Ruolo della Polizia di Stato.
Gli inquadramenti di cui al presente
articolo sono effettuati anche in
soprannumero riassorbibile con le
vacanze ordinarie.
Il personale inquadrato ai sensi del
presente articolo conserva, anche ai
fini della progressione alla qualifica
superiore, l’anzianità eccedente quella
minima prevista per l’inquadramento.
ART.22
(inquadramento dei Sovrintendenti)
Il personale del ruolo dei Sovrintendenti vincitore di concorso in servizio
alla data di entrata in vigore della presente legge, parteciperà ad un corso
straordinario di tre mesi per il ruolo
ispettori. I corsi saranno di mille unità
ogni anno per 5 anni. I sovrintendenti
accederanno al corso in base all’anzianità di ruolo. Gli stessi saranno inquadrati anche in soprannumero riassorbibile con le normali vacanze, nella
qualifica di Vice Ispettore del ruolo
degli Ispettori della Polizia di Stato.
Il personale di cui al primo comma
conserva l’anzianità assoluta posseduta nel ruolo dei Sovrintendenti; ai fini
dell’ammissione all scrutinio di promozione alla qualifica di Ispettore.
Il personale del ruolo sovrintendenti
non vincitore di concorso, ivi collocato a seguito dei decreti 197/1995 può
partecipare al concorso di vice ispettore, previo requisiti, con riserva del
15% dei posti a concorso.
ART.23
(inquadramento dei Sostituti
Commissari ed Ispettori Superiori)
Il personale del ruolo degli Ispettori
con qualifica di Sostituto Commissario che rivestiva il grado di ispettore
superiore il 1 settembre 1995, alla data
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di entrata in vigore della presente legge è inquadrato nel ruolo direttivo con
la qualifica di Commissario Capo.
Il personale del ruolo degli Ispettori
con qualifica di Sostituto commissario è inquadrato a commissario Per il
predetto personale sarà mantenuta la
graduatoria di anzianità maturata nel
grado di provenienza
Il restante personale del ruolo Ispettori che alla data di entrata in vigore
del presente decreto riveste la qualifica di Ispettore superiore è inquadrato
nel ruolo di Vice Commissario con
l’anzianità riconosciuta, ai fini dell’avanzamento alla qualifica successiva,
di un terzo degli anni maturati nel
grado di provenienza.
Per il restante personale, che acquisirà
il grado di Ispettore superiore nelle
date sottoindicate:
a)dal 1 gennaio al 31 dicembre 2004;
b)dal 1 gennaio al 31 dicembre 2005;
c) dal 1 gennaio al 31 dicembre 2006;
d)dal 1 gennaio al 31 dicembre 2007;
il periodo di permanenza necessario
per la promozione a Vice Commissario è fissato rispettivamente in,2,3,4 e
5 anni.
Le disposizioni della presente proposta si applicano anche al personale
della Polizia di Stato dei ruoli Tecnico-Scientifici che verrà inquadrato
con apposito decreto.
ART.24
(inquadramento dei Vice Commissari, Commissari e Commissari Capo)
I Commissari capo sono inquadrati
nella qualifica di Vice Questore con la
graduatoria di anzianità maturata
nella qualifica di provenienza.
I Commissari e Vice commissari sono
inquadrati nella qualifica di Commissario Capo con l’anzianità maturata,
ai fini del computo del periodo minimo per la nomina a Vice Questore.
MENSILE OSSERVATORIO SULLA
SICUREZZA E SULLA LEGALITÀ
Direttore responsabile:
Giuseppe Saluppo
Direttore editoriale:
Filippo Ascierto
Coordinatore editoriale:
Claudio Alberti
Luca Baccarelli
Progetto e realizzazione grafica:
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volontariato e per un osservatorio
sulla sicurezza
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TIPOGRAFICI ITALIANI
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gennaio 2003
Del contenuto degli articoli
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Autorizzazione ai sensi
della Legge 675/96
È vietata la riproduzione non
autorizzata anche parziale di testi,
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Riordino dei ruoli
dell’Arma dei Carabinieri
ART.1
(immissione al ruolo dei sovrintendenti)
L’articolo 11 del D. Lgs n.197 del 12 maggio 1995 è sostituito dal
seguente: al grado iniziale del Ruolo dei Sovrintendenti dell’Arma
dei Carabinieri si accede mediante concorso interno per titoli e
successivo corso di aggiornamento e formazione professionale
della durata, stabilita di norma non inferiore a giorni 60, al quale è
ammesso il personale del ruolo degli Appuntati e Carabinieri, che
alla data di scadenza dei termini per la presentazione delle
domande:
1. abbia compiuto almeno 4 anni di servizio nel grado di Appuntato scelto;
2. abbia riportato, nell’ultimo biennio un giudizio complessivo
non inferiore a superiore alla media;
3. non abbia riportato, nell’ultimo biennio sanzioni disciplinari
più gravi della consegna.
Ai fini della formazione della graduatoria del concorso, a parità di
punteggio, prevalgono, nell’ordine il grado, l’anzianità di servizio e l’età. LE PROMOZIONI AI VARI GRADI DEL RUOLO
DEGLI APPUNTATI E CARABINIERI, SARANNO RIDOTTE DI UN ANNO.
ART.2
(avanzamento degli ispettori e dei sovrintendenti)
All’art.32 del decreto Lgs nr.198 del 12 maggio 1995 la lettera c del
punto 2 deve intendersi abrogata.
ART 3.
(immissione al ruolo degli ispettori)
Al punto 1 lettera B dell’articolo 16 del D. Lgs 198 del 12 maggio
1995, sostituire le parole “a sette anni” con le parole “a cinque
anni”.
ART.4
(promozione al grado di maresciallo ordinario)
All’articolo 32 del D. Lgs 198 del 12 maggio 1995, comma 3 la lettera c è abrogata mentre la tabella C1 nella parte relativa all’avanzamento da Maresciallo a Maresciallo ordinario, è modificata
sostituendo il periodo minimo di permanenza “due anni” con le
parole “a cinque anni”. Il periodo di corso alla scuola marescialli è
computato nell’anzianità di grado di “maresciallo”
ART.5
(promozione al grado di maresciallo aiutante)
All’art. 12 del Decreto Lgs 198 del 12 maggio 1995 il grado di
Maresciallo aiutante sostituto ufficiale di pubblica sicurezza è
sostituito con: Maresciallo Aiutante.
ART.6
(immissione nel ruolo dei direttivi)
L’accesso al ruolo dei direttivi avviene:
a)attraverso l’accademia degli ufficiali dell’Arma dei Carabinieri.
b)Provenienti dal ruolo dei marescialli, previo superamento esame dei titoli e corso di formazione di 6 mesi, con il limite della
carriera a capitano.
1. Gli allievi dell’accademia ufficiali al termine della frequentazione del corso presso gli Istituti di formazione acquisiscono il grado di Capitano e permangono nel grado e nel ruolo direttivo 7
anni 6 mesi ed un giorno.
2. i Marescialli Aiutanti che abbiano compiuto 8 anni nel grado e
che negli ultimi due anni abbiano riportato giudizio “superiore
alla media”, attraverso scrutinio per merito assoluto in due
valutazioni annuali e corso di formazione di 6 mesi, accederanno al grado di Sottotenente. (aggiungere note per la progressione
di carriera – 4 anni per accedere alla qualifica di Tenente ed altri 6
per quella di Capitano)
ART.7
(Equiparazione degli ufficiali dell’Arma alle carriere diplomatiche e prefettizie)
Gli ufficiali dell’Arma dei Carabinieri dal grado di Maggiore al
grado di Generale di Corpo d’Armata sono equiparati economicamente e giuridicamente alla carriera Diplomatica e Prefettizia.
I Generali di Corpo D’Armata per un quinto della dotazione
organica vengono nominati Prefetti con deliberazione del Consiglio dei Ministri.
DISPOSIZIONI TRANSITORIE
ART.8
(Inquadramento degli appuntati scelti)
Gli Appuntati scelti in possesso di un’anzianità di almeno un
anno ed in servizio alla data di entrata in vigore del presente
decreto, verranno inviati, previa domanda, alla frequenza del corso di cui all’articolo 1, ed al termine dello stesso, verranno inquadrati nella qualifica di Vice Brigadiere.
Gli inquadramenti di cui al presente articolo sono effettuati anche
in soprannumero riassorbibile con le vacanze ordinarie.
Il personale inquadrato ai sensi del presente articolo conserva,
anche ai fini della progressione alla qualifica superiore, l’anzianità
eccedente quella minima prevista per l’inquadramento.
ART.9
(Inquadramento dei sovrintendenti)
Il personale del ruolo dei Sovrintendenti vincitore di concorso, in
servizio alla data di entrata in vigore della presente legge, parteciperà ad un corso straordinario di tre mesi per maresciallo.
I corsi saranno per di mille unità ogni anno, per 5 anni, in base
all’anzianità è inquadrato, anche in soprannumero riassorbibile
con le normali vacanze, nel grado di Maresciallo del ruolo degli
Ispettori dell’Arma dei Carabinieri
Il personale di cui al primo comma conserva l’anzianità assoluta
posseduta nel ruolo dei Sovrintendenti; ai fini dell’ammissione allo
scrutinio di promozione alla qualifica di Maresciallo ordinario.
Il personale del ruolo sovrintendenti non vincitore di concorso, ivi
collocato al 1 settembre 1995, può partecipare al concorso marescialli,previo requisiti di base,con una riserva dei posti del 15%.
ART.10
(Inquadramento dei luogotenenti e dei Marescialli Aiutanti
sostituti UPS)
Il personale del ruolo degli Ispettori che alla data del 1 settembre
1995 rivestiva il grado di Maresciallo maggiore “carica speciale” è
inquadrato nel ruolo direttivo con il grado di Capitano.
Il personale del ruolo degli Ispettori che alla predetta data rivestiva il grado di maresciallo maggiore o maresciallo capo utilmente
iscritto, ai fini della promozione al grado superiore, ai sensi della
Legge 212 del 10 maggio 1983, è inquadrato nel ruolo direttivo a
Tenente.
Per il predetto personale sarà mantenuta la graduatoria di anzianità maturata nel grado di provenienza
Il restante personale del ruolo Ispettori che alla data di entrata in
vigore del presente decreto riveste il grado di Maresciallo Aiutante
è inquadrato nel ruolo a Sottotenente con l’anzianità riconosciuta, ai fini dell’avanzamento al grado successivo, di un terzo degli
anni maturati nel grado di provenienza.
Per il restante personale, che acquisirà il grado di Maresciallo aiutante nelle date sottoindicate:
a)dal 1 gennaio al 31 dicembre 2004;
b)dal 1 gennaio al 31 dicembre 2005;
c) dal 1 gennaio al 31 dicembre 2006;
d)dal 1 gennaio al 31 dicembre 2007;
il periodo di permanenza necessario per la promozione a Sottotenente è fissato rispettivamente in, 2, 3, 4 e 5 anni.
ART.11
(Inquadramento dei Sottotenenti,Tenenti e Capitani del ruolo
normale e speciale)
I Capitani del ruolo normale e speciale sono inquadrati nel grado
di Maggiore con la graduatoria di anzianità maturata nel grado di
provenienza.
I Sottenenti ed i Tenenti sono inquadrati nel grado di Capitano,
conservando l’anzianità maturata ai fini del computo del periodo
minimo per la nomina a Maggiore.
ART.12
(Inquadramento dei Sottotenenti,Tenenti e Capitani del ruolo
normale e speciale)
I Capitani del ruolo normale e speciale sono inquadrati nel grado
di Maggiore con la graduatoria di anzianità maturata nel grado di
provenienza.
I Sottenenti ed i Tenenti sono inquadrati nel grado di Capitano,
conservando l’anzianità maturata ai fini del computo del periodo
minimo per la nomina a Maggiore.
ART.13
(Ruolo speciale)
Il ruolo speciale viene chiuso e si esaurirà attraverso il collocamento in quiescenza per anzianità o per concorsi nel ruolo normale. Il grado apicale del ruolo speciale e di generale di Brigata. Le
modalità concorsuali e le funzioni saranno indicate nei decreti
attuativi.
ART.14
(Cessazione dei concorsi)
Cessano con effetto immediato i concorsi a vice sovrintendente , i
concorsi interni a maresciallo MASUPS ed i concorsi nel ruolo
speciale.
segue sul prossimo numero
Inviate alla redazione le vostre considerazioni e proposte.
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ANDROMEDA NEWS
An rivendica i risultati ottenuti sul piano legislativo e operativo.
Una svolta tecnologica nella prevenzione e nella repressione.
Lotta al crimine,
un anno importante
Quattro le leggi-chiave: immigrazione, 41 bis, nuove norme sui pentiti, poliziotto di quartiere.
Da “Il Secolo d’Italia” 31/01/2002
ROMA. «Un anno intenso. Difficile,certo. Ma i risultati sono sotto
gli occhi di tutti». Filippo Ascierto,
parlamentare e responsabile del Dipartimento Sicurezza di Alleanza
Nazionale, vorrebbe avere dieci mani
per conteggiare tutto ciò che è stato
fatto in questi dodici mesi in tema di
Sicurezza. L’elenco è lungo. Dalla
lotta alla criminalità organizzata a
quella contro la microcriminalità,
dalla sicurezza informatica al contrasto dell’immigrazione clandestina,
Alleanza Nazionale e con essa il Polo
delle Libertà, si è mossa a tutto
campo. E forse il fiore all’occhiello di
questo iperattivismo è quel 41 bis
divenuto, finalmente, permanente
con l’approvazione in aula del provvedimento. Un provvedimento che
mette a tacere, una volta per tutte, “i
professionisti dell’antimafia”, quella
certa sinistra ciarliera e demagogica
che a parole - ma solo a parole - combatte le cosche. «Abbiamo dimostrato la volontà di combattere davvero
la mafia. Non con le chiacchiere,
come ha fatto fino ad oggi la sinistra,
ma con i fatti», dice Ascierto che
ricorda tutti gli altri provvedimenti
adottati: «Abbiamo dato più forza e
tutela ai testimoni di giustizia rispetto ai pentiti. Abbiamo provveduto
alla confisca di molti beni dei mafiosi». Una mafia che sta diventando
sempre più transnazionale e globalizzata. E che aggiorna in continuazione le strategie del business criminale. «Ecco spiegato il senso di quell’accordo bilaterale con l’Albania che,
finalmente, ha provocato un’inversione di tendenza nel traffico di esseri umani. Un business importante
per i clan - sottolinea il deputato di
An -Grazie all’accordo bilaterale ora,
dopo l’arresto e il processo in Italia,
gli albanesi catturati scontano la
pena nei carceri del Paese delle
Aquile». E l’accordo ha funzionato
talmente bene da essere stato preso a
modello. Nei prossimi mesi -annuncia Ascierto- si farà qualcosa del
genere anche con l’Egitto e con i
paesi del Nordafrica. Con la Turchia
il problema verrà affrontato nel
momento in cui si parlerà del suo
ingresso in Europa».E per chi è già
entrato clandestinamente in Italia,
per chi va ad ingrossare le fila di
quella microcriminalità che provoca
un elevato allarme sociale? L’ultima
risposta in ordine di tempo è quella
del poliziotto di quartiere entrato già
a pieno regime con risultati sorprendenti in termini di consenso in
numerose città italiane. «Intendiamoci - tiene a precisare il responsabile Sicurezza di Alleanza Nazionale - non sono più poliziotti proiettati sul territorio semmai a piedi, ma
sono gli stessi poliziotti con nuove
tecnologie e con funzione diversa:
quella di vivere all’interno del quartiere giorno dopo giorno conoscendone tutti gli aspetti». Ed è con loro
che si è inaugurato un nuovo modo
di fare sicurezza dotandoli di tecnologie all’avanguardia. Come quelle
tecnologie palmari che permettono
di trasferire in real time alle centrali
ciò che segnalano i cittadini. Quello
delle tecnologie applicate alla sicurezza è un campo che lascia intravedere spazi d’intervento e soluzioni
avveniristiche. Come quelle adottate
per poter aiutare aziende piccole e
medie in un campo, quello della
sicurezza passiva, che ha una rilevante incidenza nel budget. «Per questo spiega Ascierto - all’interno della
Finanziaria abbiamo stanziato dieci
milioni di euro per l’acquisto di telecamere ed altri congegni di rilevamento».E se già da ora con l’adozione della localizzazione satellitare
delle pattuglie sul territorio i tempi
di intervento si sono ridotti sensibilmente, il prossimo anno, con le
nuove possibilità offerte dalla banda
larga, ci sarà un incremento considerevole di supporti tecnologici e di
videosorveglianza. Le cifre, d’altra
parte, parlano da sole: «nel 2002 in
città come Milano -annota Ascierto i crimini sono diminuiti. Nel Veneto,
tanto per fare un esempio, è stato
debellato il fenomeno delle rapine
nelle ville».In questo contesto avrà
un notevole peso la raffica di nuove
assunzioni che la Finanziaria ha previsto: «560 ausiliari dei carabinieri
saranno trasformati in effettivi e altri
mille sono previsti per la polizia di
Stato - conteggia il parlamentare di
An - Un ampliamento di organico
che servirà, fra l’altro, per fronteggiare il fenomeno dell’immigrazione
clandestina e per applicare la legge
Fini-Bossi». Ma- sottolinea il deputato di An - nella strategia generale
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della sicurezza tutti devono fare la
propria parte. Ecco perché «nel mese
di dicembre è diventata legge un’idea
che era partita già all’inizio dell’anno, cioè di far concorrere gli enti
locali, il pubblico e anche il privato.
Ora le Regioni, i Comuni, le
Province, le associazioni di categoria,
in base a direttive del ministero degli
Interni possono aiutare le istituzioni
della sicurezza fornendo mezzi, tecnologie e infrastrutture. Nel Veneto
sono già stati avviati degli esperimenti e la Regione Veneto costruirà
dodici caserme per carabinieri e polizia».Altro tema scottante è quello
della minaccia terroristica interna ed
estera. «All’inizio dell’anno - ricorda
il parlamentare - è stato approvato il
decreto che dava un aiuto alla nostra
intelligence nel contrastare il terrorismo. E il prossimo anno ci sarà anche
la riforma dei Servizi segreti.
Speriamo così di dare maggior
impulso agli operatori nella lotta al
terrorismo».Con gli arresti dei br
latitanti, oltretutto, si è inaugurato
un nuovo corso. Anche per le grandi
manifestazioni di piazza e per l’ordine pubblico «è stato un anno positivo - dice Ascierto - molte manifestazioni a rischio si sono concluse senza
incidenti. E questo è dovuto soprattutto ad un’azione preventiva svolta
dal ministero degli Interni e delle
stesse forze dell’ordine. Dopo
Genova il concetto di ordine pubblico è cambiato e sono convinto che se
non è accaduto nulla non è perché
alcune frange movimentiste sono
improvvisamente diventate brave,
ma solo perché sono state messe
nelle condizioni di non nuocere».
Per quanto riguarda la sicurezza in
campo informatico spicca - ricorda
Ascierto - «il progetto del ministro
Gasparri per la tutela di minori su
Internet. Abbiamo poi avviato in
Parlamento due provvedimenti
importanti che riguardano le polizie
locali e le guardie particolari giurate,
provvedimenti - assicura il responsabile del Dipartimento Sicurezza di An
-che troveranno sicuramente nel
prossimo anno un risalto e l’approvazione. Importante e coraggioso l’ultimo decreto che toglie la prostituzione
dalle strade ed elimina il degrado
avviando il contrasto allo sfruttamento».Un posto importante nella strategia generale sulla Sicurezza lo hanno
avuto i riconoscimenti economici alle
forze dell’ordine che hanno potuto
firmare il nuovo contratto e la riparametrazione stanziata in Finanziaria.
Per il 2003 si prepara - intravede
Ascierto - «uno scenario di interesse
sotto il profilo della sicurezza del cittadino. Che deve ringraziare gli
uomini in divisa per quanto hanno
fatto fino ad oggi».
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ANDROMEDA NEWS
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I beni della mafia destinati a fini sociali.
La confisca del
tesoro della mafia
Intervista alla Dott.ssa Margherita Vallefuoco Commissario Straordinario di Governo per la
Gestione e la Destinazione dei beni confiscati alle organizzazioni criminali.
Il Commissario Staordinario Margherita
Vallefuoco.
In alto e a fianco: due esempi di misure di
prevenzione patrimoniali.
Claudio Alberti
Direzione Nazionale Antimafia.
Attualmente, purtroppo, il Procuratore nazionale antimafia non ha la
facoltà di esprimere misure propositive e ciò è assolutamente anacronistico, vista l’elevata esperienza giudiziaria di centrale rilievo nella comprensione dei fenomeni di criminalità
organizzata. Penso, inoltre, ad un più
vicino rapporto di collaborazione con
il sindaco che conosce molto bene le
problematiche del territorio.
impoverimento della mafia ed il
riutilizzo dei suoi beni per le
finalità sociali sono il migliore esempio che lo Stato può dare ai suoi cittadini per il ripristino della legalità e per
l’avvio di un circolo virtuoso nello
sviluppo economico di molte zone del
Paese attualmente depresse.
Incontriamo la dottoressa Margherita Vallefuoco che presiede l’organismo posto alle dirette dipendenze
della Presidenza del Consiglio, in
prima linea nel contrasto alle ricchezze illecite. Un incarico delicato
ed irto di difficoltà in cui il primo
nemico da battere è la farraginosità
burocratica.
valore dei beni confiscati, inoltre è lentissima la concreta destinazione del
bene definitivamente confiscato a fini
istituzionali o sociali.
Dal suo autorevole Osservatorio
ritiene che la legislazione antimafia
allo stato attuale abbia un sufficiente
grado di effettività?
Bisogna convenire che persiste un deficit di effettività sul piano del contrasto
ai patrimoni illeciti ed è dovuto in larga
misura ad una mancata piena attuazione, in concreto, della legge 109 del
1996; vi è ancora uno scarto troppo
ampio tra patrimoni sequestrati ed il
Quello che lei ci sta rappresentando è
un quadro a tinte fosche dove lo Stato
sembra soccombere dinanzi “all’opulenza”delle organizzazioni criminali.
Vogliamo credere che esistano anche
degli esempi in positivo!
Certamente. Molte cose positive sono
state fatte in questi anni; un numero
ragguardevole di ricchezze illecite ha
trovato la sua destinazione a fini pubblici, anche grazie all’impegno di molte
L’
istituzioni territoriali e della generalità
delle associazioni del volontariato. Purtroppo ancora molto resta da fare per
far sì che la Pubblica Amministrazione
non vanifichi il lavoro delle Forze di
Polizia e della Magistratura.
Quindi lei ci sta dicendo che l’anello
debole della catena è rappresentato
dalla pubblica amministrazione, ma ,
in concreto, cosa è auspicabile per
ottenere un’efficace e tempestiva applicazione della legge?
Per rendere effettiva la legge 109
sarebbe opportuno superare la fase
emergenziale attuale con la costitu-
zione di un Commissario Ordinario
presso le dipendenze del Ministero
degli Interni sull’esempio del Commissario antiracket, un altro punto
essenziale è la collaborazione tra il
Commissario di Governo e la
Ci può indicare alcuni esempi della
pubblica utilità della destinazione
dei beni confiscati?
A Roma è stata realizzata la Casa della
Musica in una villa sequestrata ad una
cosca malavitosa; a Corleone è sorto un
panificio laddove un tempo veniva raffinata la droga.
Beni confiscati in Italia
Beni confiscati - distribuzione geografica
Dati Presidenza del Consigli dei ministri
Sopra: la villa del boss Marino. Sotto: la villa del clan Giuliano.
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ANDROMEDA NEWS
Fausta Cuzzocrea
È gia un successo l’iniziativa partita a dicembre del “Poliziotto e del Carabiniere di quartiere”.
ra uno dei punti cruciali durante
l’ultima campagna elettorale delle politiche e delle amministrative del
2001: quella dell’istituzione della
figura del poliziotto di quartiere, finalizzata ad una più integrata sicurezza
del territorio. Promessa mantenuta.
Dal 18 dicembre scorso il progetto del
“bobby”è partito in ben 28 città, alcune molto importanti, tra le quali la
Capitale. Nel mese di gennaio a questi
28 comuni se ne sono aggiunti altri
24, tutti capoluoghi di provincia, e
cioè Alessandria, Benevento, Bergamo, Bologna, Brescia, Brindisi, Caltanissetta, Caserta, Cosenza, Enna, Firenze, Genova, Isernia, Matera, Messina, Napoli, Piacenza, Potenza, Reggio Calabria, Rieti, Savona, Trieste,
Venezia e Verona. Diventano così 52 le
città italiane con la dotazione del
cosiddetto “bobby”, terminologia desunta dall’esperienza del poliziotto di
quartiere inglese, che, insieme con il
francese “flick”, rappresentano in Europa le figure per eccellenza- se non
altro perché in vita già da diverso tempo- di esempio di sicurezza alla portata dei cittadini, un po’ come lo sceriffo
nei conglomerati urbani più o meno
estesi degli Stati Uniti.
Ma chi è il “poliziotto di quartiere”,
che cosa fa e perché è stato istituito?
Cominciamo col dire che nelle 52 città
italiane dove è già presente questa
figura, sono circa un migliaio i poliziotti di quartiere,(che, specifichiamo,
non sono solo poliziotti, ma anche
carabinieri) ad essere stati impiegati in
questo nuovo servizio. Le “pattuglie”
dei poliziotti di quartiere sono costituite generalmente da due poliziotti o
da due carabinieri, naturalmente con
divise diverse, dotati di telefono cellulare, di un computer palmare,di un
quaderno e della radio. Il servizio
copre tutti i giorni e l’intero arco della
giornata, che è suddivisa in due turni :
quello antimeridiano e il pomeridiano, di 6 ore ciascuno. L’orario va dalle
8 del mattino alle 14 e dalle 14 alle 20.
La turnazione su un medesimo territorio è stabilita di corcerto da entrambe le Forze di Polizia, cosicchè non vi è
possibilità di sovrapposizione delle
pattuglie.
Su ciò che deve fare questa nuova
figura professionale e sulle motivazioni del suo operato, ha sicuramente
le idee chiare il Vicecapo vicario della
Polizia di Stato, il Prefetto Antonio
Manganelli, che dell’istituzione del
“bobby” italiano è l’artefice, avendola
studiata, imparata,organizzata fino
alla sua messa in opera di questi ultimi mesi.
“Il poliziotto di quartiere”è una nuova figura in funzione di una moderna
ed attuale idea della sicurezza, di tipo
“allargato”, cioè aperta agli attori
sociali che possono contribuire a rendere più tranquilla e vivibile la città. È,
quindi, una sicurezza basata sulla
cosiddetta “polizia di prossimità”, indice di una neo-filosofia applicata alla
prevenzione per abbassare il livello
della criminalità diffusa e nel contempo per aumentare la percezione di
una maggiore sicurezza nei cittadini,
soprattutto in quelli più a rischio,
come gli appartenenti alle categorie
degli esercenti pubblici, nonché alle
fasce più deboli, e cioè i bambini,le
donne, gli anziani. La si può definirea detta dell’esperto Prefetto Manganelli- una svolta epocale nel nostro
sistema di sicurezza, ma, al contempo,
è di certo un ritorno all’antico, il recu-
Poliziotto di Quartiere:
E
la sicurezza a portata di mano.
Dopo l’avvio nel mese di dicembre in 28 comuni della sperimentazione della cosiddetta “Polizia di prossimità” e cioè del “poliziotto
di quartiere”, l’istituzione di questa nuova figura per la sicurezza dei cittadini prosegue in altre 24 città a partire da gennaio.
pero di un modo di intendere il lavoro
di prevenzione e di sicurezza applicata, fondato sul rapporto umano, sul
contatto quotidiano tra coloro che
“assicurano” il cittadino e il cittadino
stesso, ilquale, a sua volta, interagendo con il poliziotto ormai a lui “familiare”- perché lo incontra quotidianamente- circostanzia le situazioni a
rischio, indica le modalità della prevenzione, introduce elementi via via
sempre nuovi alla modificata struttura sociale presente sul territorio. Il
poliziotto di quartiere in tal modo
diventa “amico”, è parte integrante ed
integrata del tessuto urbano sul quale
opera, riaffermando un antico rapporto fiduciario con la gente che opera e vive onestamente.
Del resto, fa parte del patrimonio
genetico del carabiniere e del poliziotto privilegiare il rapporto umano,
essere solidale con chi ha subito
un’ingiustizia o è stata vittima di un
atto criminale, rimanere vicino alla
persona offesa, finalizzando la sua
presenza all’acquisizione graduale di
una serenità recuperabile nel limite
delle possibilità.
Le sfaccettature, quindi, di questa
nuova figura sono molteplici e tutte
raccordabili all’ottimizzazione del
rapporto di umana solidarietà tra il
cittadino e le forze dell’ordine. Era
questo il progetto che ci si era proposti di attuare già da tempo e che ora,
dopo la necessaria fase di organizzazione, si è portato a compimento.
D’altronde sono i primi risultati del-
l’azione efficace del poliziotto di
quartiere a rispondere adeguatamente alle critiche che non mancano mai
in questo paese, allorchè si intende
rafforzare con i fatti la sicurezza dei
cittadini. Nonostante il progetto
abbia avuto inizio di attuazione da
poco più di un mese, notevoli passi
avanti sono stati fatti non solo nel
campo della prevenzione, ma anche
nell’ambito dell’assicurazione alla
giustizia di diversi malviventi. Primi
arresti, già nel mese di dicembre, sono
stati effettuati dai poliziotti di quartiere a Roma: non sono stati ammanetttati superlatitanti o serial killer,
oppure terroristi islamici, bensì
comuni rapinatori, ladri, nonché borseggiatori, che sono poi quelli che
comunemente delinquono per le
strade della Capitale e delle altre città,
facendo “piangere” i cittadini perbene. Così è successo anche a Civitavecchia, dove due carabinieri di quartiere
hanno arrestato- su segnalazione di
una guardia giurata- due rapinatori
stranieri che avevano trafugato merce
per un valore di circa 700 euro da un
supermercato della zona. Non solo,
ma in seguito all’arresto si è scoperto
che i due, un rumeno ed un ceco, non
erano in possesso del permesso di
soggiorno e sono stati espulsi dal territorio nazionale: la sicurezza del territorio è il presupposto essenziale di
un monitoraggio efficace di quello
che andiamo dicendo da tempo, e cioè
che la clandestinità è per una buona
parte madre dell’attività criminale.
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P I A N O
Ma come è stato reperito tecnicamente il migliaio di “poliziotti di quartiere” operante sul territorio delle 52
città italiane? Come spiega Manganelli, il personale impiegato è stato
recuperato dalla riorganizzazione di
alcuni servizi, soprattutto di carattere
amministrativo, che ha consentito
una ridistribuzione più razionale, con
il passaggio ad altri enti, permettendo
così di assegnare l’impiego delle forze
desunte da questo rinnovato quadro
organizzativo al nuovo servizio.
Risponde,così, a tutta una serie di critiche e di dubbi che sono stati esposti
in merito ad un presunto depauperamento delle forze dell’ordine impiegate nel controllo del territorio, quelle, per intenderci, che sono di pattuglia nelle “volanti”della Polizia o nelle
“radiomobili” dei Carabinieri. Non è
assolutamente vero, anzi si ribadisce
con forza che “il poliziotto ed il carabiniere di quartiere”costituiscono
parte integrante dell’attività di prevenzione sul territorio: è, quindi, un
arricchimento delle potenzialità, non
un impoverimento delle forze. È
altrettanto certo che la nuova figura
del “ poliziotto di quartiere”, avvicinando la gente, stabilendo un rapporto di fiducia con i cittadini di un territorio circoscritto ed assegnato, non fa
altro che potenziare quel fattore di
trasparenza dei servizi atti alla prevenzione ed alla sicurezza, che rende
più vicina l’istituzione al cittadino,
ingenerando in quest’ultimo la certezza di sentirsi adeguatamente sicuro
e protetto,senza alcun timore di sorta:
si ottiene, così, anche il presupposto
necessario a che l’atto criminale venga
“sventato” o “sgonfiato” della sua potenzialità negativa.
A chi poi obietta che il poliziotto di
quartiere non ha come target primario la lotta alla macrocriminalità, si
può rispondere che anche (e forse
soprattutto) in un tessuto urbano le
microcriminalità sono le più difficili
da “digerire” da parte dei cittadini,
perché li colpisce il più delle volte
direttamente, rendendo invivibile la
città in tutti i suoi diversi aspetti legati
alla quotidianità, forse anche a quella
più banale, ma di sicuro a quella più
trasversalmente sentita da tutti come
la più vera e la più vissuta. Per questo
motivo è nato ed è stato attuato il progetto del “poliziotto ed il carabiniere
di quartiere”: per rispondere alle esigenze quotidiane della gente, finalizzando l’azione ad un maggior rispetto
ed una più approfondita tutela della
sua integrità, per un’accrescimento
delle potenzialità di vivibilità sul territorio, per dare trasparenza al significato del concetto di sicurezza del cittadino, per interagire con la fitta rete
del resto delle istituzioni e degli altri
enti preposti alla sicurezza presenti ed
operanti sull’area specifica della operatività,nello spirito di una collaborazione fattiva e proficua. Infine, perché
ciascun cittadino instauri un rapporto amichevole con il suo “datore di
sicurezza”. Per avere, quindi, una sicurezza “a portata di mano”.
ANDROMEDA NEWS
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Storia, compiti istituzionali e problemi del Comando più diffuso sul territorio nazionale.
La Stazione
dei Carabinieri
Che cosa rappresenta, qual’è l’organizzazione e la funzione della Stazione dei Carabinieri,
che nella nostra storia rappresenta un’istituzione di incommensurabile valore.
C.A.
ella storia dell’Arma dei Carabinieri, la Stazione fu tra i
primi presidi di Polizia ( prima non
esistevano corpi di Polizia) che il Re
fece istituire per creare un contatto
diretto con i cittadini che chiedevano
la protezione fisica e delle proprietà
da briganti e contrabbandieri di ogni
risma che infestavano il regno Sardo
– Piemontese, nonché per la ricerca
di spie, traditori e disertori, al
Comando delle quali vennero destinati Marescialli e/o Brigadieri. Subito
dopo, furono istituite le Luogotenenze, Comandate da Luogotenenti, grado corrispondente all’attuale Tenente
che allora non esisteva ( esisteva il S.
Tenente, il Luogotenente il Capitano
e così via). Era l’anno 1814.
La Stazione Carabinieri è la prima
unità operativa dell’Arma e in alcuni
centri abitati (Comuni e/o più
Comuni) l’unico presidio di Polizia
dello Stato. Nel territorio di competenza assegnatogli, la Stazione deve
provvedere al mantenimento dell’Ordine e della Sicurezza Pubblica,
assicurare e garantire la pacifica convivenza tra i cittadini e l’ordinato svolgimento delle loro attività; vigilare sulla
loro incolumità e sulle loro proprietà;
curare l’osservanza delle leggi.
Il personale della Stazione presta la
propria opera in ogni circostanza,
anche in caso di calamità naturali. (il
Comandante interviene, per prassi
consolidata, ad espletare quei compiti
propri dell’Autorità di P. S. - art.1 del
T.U.L.P.S., 5 e 6 del relativo Regolamento di Pubblica Sicurezza, per
dirimere i privati dissidi a seguito di
richiesta delle parti, come nel caso di
esposti) e, d’ufficio, per tentativi di
conciliazione a seguito di querele art.
339 e 340 c.p.p., allo scopo di tentare
ogni ragionevole via di concorde pacificazione). Nel contempo, in conformità al c.p.p., si adopera per prevenire
e reprimere i reati, identificarne gli
autori e assicurarli alla giustizia.
La Stazione provvede, inoltre, all’assolvimento di altri compiti istituzionali quali: ricezione di denunce-querele-esposti e loro istruzione secondo
le norme del C.P., c.p.p. e legislazione
integrativa, alle dirette dipendenze
dell’A.G.; vigilanza all’interno e fuori
dai centri abitati (pattuglie anche
come Carabiniere singolo o misto e
perlustrazioni, battute e rastrellamenti in casi particolari); vigilanza
sulla circolazione stradale e sugli itinerari percorsi da personalità; vigilanza sulla disciplina delle armi,
materie esplodenti e sostanze pericolose per l’incolumità pubblica; vigilanza su mendicanti, oziosi, vagabondi, questuanti e diffamati, su
N
minori traviati, pericolosi per la pubblica moralità o abbandonati; vigilanza sulle persone pericolose per la
sicurezza, l’ordine e la moralità pubblica, nonché su quelle sottoposte a
misure cautelari, al di fuori carcere, e
misure di prevenzione; vigilanza
sugli esercizi pubblici e su tutte quelle attività soggette ad autorizzazione
di Polizia; vigilanza per la tutela della
sanità pubblica, igiene del lavoro ed
alla tutela dell’ambiente; vigilanza
sugli scali ferroviari, lacuali, marittimi ed aerei, nonché sulle frontiere e
sugli stranieri; ricerca ed arresto di
persone colpite da ordinanza di
custodia cautelare; piantonamento di
detenuti in luoghi di cura civile e/o
anche militare e custodia di arrestati
nelle proprie camere di sicurezza;
assistenza a feste, fiere e mercati; assistenza alle riunioni, manifestazioni,
spettacoli e trattenimenti pubblici;
raccolta di informazioni, anche a
carattere riservato; espletamento a
compiti di Polizia Militare e concorso nelle operazioni di mobilitazione;
vigilanza sui militari in licenza, in
marcia e/o in addestramento e/o
ricoverati in luoghi di cura civili;
svolgimento di mansioni di Polizia
Amministrativa, ove manchi il
Commissariato della Polizia di Stato
(riceve le richieste per il rilascio e
rinnovo di passaporto - porto d’arma sia lungo che corto – riceve le
denunce di detenzione armi); tutte
quelle altre prestazioni che possono
essere richieste, di volta in volta,
secondo le esigenze del proprio territorio. (deleghe e richieste delle diverse AA.GG.).
Le Stazioni, secondo la loro dislocazione, si distinguono in Capoluogo
quelle ubicate in sede di Comando
superiore (per la città di Roma ci
sono situazioni particolari); Urbane
quelle dislocate nello stesso centro o
Comune ove ha sede un comando
superiore ma, sistemate in caserme
diverse; Distaccate tutte le altre. Per
fronteggiare particolari esigenze di
ordine e Sicurezza Pubblica possono
essere istituite Stazioni temporanee,
posti fissi o posti Carabinieri distaccati i quali dipendono dalla Stazione
nel cui territorio sono isituiti. Questi
possono essere a carattere continuativo o stagionale.
La Stazione è comandata, a seconda
dell’importanza e dell’organico assegnatogli, da un Maresciallo C., Maresciallo A. s. U.P.S. o Luogotenente.
A tutt’oggi questo presidio di Polizia
è a stretto contatto con i cittadini,
raccogliendo per primo le diverse
richieste pervenute dagli stessi adoperandosi, ove possibile, per risolverle o interessandone i competenti
organi dello Stato e i comandi gerarchici superiori (calamità naturali,
terremoto, alluvioni, incendi ecc.). I
Carabinieri della Stazione sono sempre i primi ad intervenire e prestare
soccorso alle popolazioni. Un ruolo,
questo, riconosciuto dall’Autorità
Politica con il Decreto Lgs. nr.297 del
05.10.2000 l’art.15 comma 1, lettera
“e” che così recita:“I Comandi di
Stazione, peculiare articolazione di
base dell’Arma dei Carabinieri a
livello locale, cui compete la responsabilità diretta del controllo del territorio e delle connesse attività istituzionali, nonché l’assolvimento dei
compiti militari.”
IL COMANDANTE DI STAZIONE:
Figura storicamente ineguagliabile,
dato che nessun corpo di Polizia può
vantare tra le proprie fila una tale
figura giuridica. (forse solo gli U.S.A.
con lo sceriffo).
Egli è Ufficiale di Polizia Giudiziaria
e Agente di Pubblica Sicurezza (i
Mar. A. UPS equiparati agli Ufficiali
di P.S.). ed è direttamente responsa-
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bile dell’Ordine e della Sicurezza
Pubblica nell’ambito della propria
giurisdizione.
Il Comandante ha la direzione immediata del servizio istituzionale
nella circoscrizione del suo Reparto,
risponde personalmente della regolare e tempestiva esecuzione degli ordini e delle richieste ricevute, predispone ed attua le misure ritenute necessarie (o che egli ritiene necessarie)
per il mantenimento dell’Ordine e
della Sicurezza Pubblica, prospettando alle Superiori Autorità le esigenze
(giornalmente gli sono sottratte
risorse umane e, quindi, non potendo fronteggiare, talvolta, gli accadimenti che si verificano nel proprio
territorio, con le conseguenti e quotidiane rimostranze della popolazione). A tal fine, si tiene sempre al corrente della situazione, in modo da
non farsi mai sorprendere dagli
eventi ed essere sempre in grado di
svolgere azione pronta e decisa, adeguata alle necessità contingenti. È
direttamente responsabile dell’impiego, della disciplina, dell’addestramento e del governo del personale
posto alle sue dirette dipendenze.
Inoltre, è direttamente responsabile:
dell’immobile(manutenzione-igiene-sanità- sicurezza), dei mezzi, degli
apparti elettronici ed informatici
nonché degli arredi posti a sua
disposizione; delle camere di sicurezza e degli arrestati, consegnati anche
da altri reparti di polizia, in attesa di
giudizio o di associazione alle Case di
reclusione; della sicurezza del personale, in conformità alla normativa
antinfortunistica di cui al D. Lgs.
626/1994 e D.P.R. 10.03.1998 e circolare nr.80/54-1-1994 del 29.08.1997
dell’Ufficio Logistico del Comando
Regione Carabinieri Lazio; della vigilanza sulle persone sottoposte a
misure alternative alla detenzione (
legge 24.11.1981 nr.689 e art.43
D.Lgs. 28.08.2000 nr.274); della vigilanza sulle persone sottoposte agli
arresti domiciliari e/o misure di prevenzione e/o misure cautelari, coercitive, interditive, alternative alla
custodia cautelare in carcere; delle
procedure previste per i disertori,
mancanti alla chiamata e renitenti
alla leva; delle procedure previste per
la ricerca dei catturandi di propria
competenza, su input di altri
Comandi e tenuta dei relativi atti; del
trattamento dei dati personali, accesso agli atti e rilascio di copie di atti,
sicurezza dei dati e responsabili del
trattamento dei dati di cui alla legge
31.12.1996 nr.675, D. Lgs. 05.10.2000
nr.297 e normativa collegata, nonchè
circolare nr. 1128/28-19-1997 del
28.02.2001 del Comando Generale
dell’Arma – II Reparto – SM –
Ufficio Operazioni.
In particolare ha l’obbligo di: dirigere i servizi istituzionali della
Stazione, partecipandovi egli stesso
tutte le volte che ne ravvisi la necessità; dirigere ed eseguire i servizi di
Polizia Giudiziaria avvalendosi anche
dell’opera dei Sottufficiali, App. e
Car/i addetti alla Stazione ( in tale
veste ne risponde personalmente
all’A.G.); acquisire le informazioni
più delicate e riservate; assistere personalmente, salvo impedimento, alle
fiere, feste, mercati rionali ed alle
pubbliche riunioni; visitare, almeno
una volta al mese, le sedi dei Comuni
e delle rispettive frazioni nell’ambito
della propria giurisdizione.
Per motivi eccezionali ed in caso di
necessità può chiedere alle Stazioni
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7
limitrofe rinforzi ed altre forme di
collaborazione/assistenza, informandone il superiore diretto. Mantiene
con le Autorità civili e militari le prescritte pubbliche relazioni, fornendo
alle stesse le notizie e le informazioni
previste di cui abbisognano.
Il Comandante di Stazione distaccata, inoltre, ha l’obbligo di presentarsi:
agli Ufficiali Generali delle Forze
Armate ed agli Ufficiali dell’Arma di
ogni grado, che per qualsiasi motivo,
si trovino nel territorio di competenza della Stazione; ai Generali e
Colonnelli dell’Arma in congedo che
lo abbiano informato del loro arrivo;
ai Comandanti delle Forze Armate in
marcia o in esercitazioni; agli
Ufficiali di ogni grado delle Forze
Armate che viaggiano per servizio e
lo abbiano informato del loro arrivo.
PROBLEMATICHE:
La Stazione ed il suo Comandante,
hanno tante responsabilità sul territorio e dovrebbero essere tenuti in adeguata considerazione nell’assolvimento delle diversificate attività istituzionali. Purtroppo, la Stazione non è
messa nelle condizioni ottimali per
espletare le seguenti attività prioritarie come: efficace controllo del territorio, attraverso idonei servizi preventivi; contrasto alla micro e macro criminalità mediante un’attenta attività
repressiva; raccolta di informazioni
ordinarie ed a carattere riservato;
organizzazione degli uffici e dei servizi, per poter fornire ai contribuenti un
servizio più rispondente alle loro
necessità (anche in assenza di condizioni di procedibilità che potrebbero
sopravvenire); assicurazione di una
adeguata assistenza al personale;
manutenzione degli immobili, degli
arredi e del materiale in dotazione.
Tanti sono i sacrifici a cui si è sottoposti. Molti militari chiedono di essere
trasferiti a causa dei problemi e ci
segnalano i perché: ogni due anni i
Sottufficiali ed i Carabinieri vengono
avvicendati, d’ufficio o a domanda,
con conseguenti disservizi indotti
(indagini di P.G. che subiscono ritardi
– pratiche di deleghe dell’A.G. che
rimangono inevase con conseguenti
solleciti e richiami dell’A.G. al
Comandante della Stazione), poiché
ogni due anni bisogna ricominciare
ex novo con l’istruzione degli uomini
di nuova assegnazione; il personale
viene spesso inviato in servizi provvisori in altri Reparti e/o uffici; il carico
dei servizi di vigilanza risulta eccessivo rispetto agli organici delle Stazioni
(per quanto riguarda, ad esempio, la
Capitale, viene comandato un numero elevato di personale, a volte
anche più della metà della forza
disponibile); i servizi comandati dai
superiori gerarchici risultano, talvolta,
sovradimensionati rispetto a quanto
richiesto dalla situazione in loco (le
realtà locali sono conosciute da chi le
vive quotidianamente, mentre in
alcune zone vengono comandati servizi di pattuglia anche al Comandante
della Stazione con l’indicazione, persino, dei giorni e degli orari); i servizi
di prevenzione e repressione sono
costantemente in decremento; permane la mancanza di personale per
l’acquisizione di informazioni e per
l’effettuazione di indagini di P.G.; le
procedure burocratiche interne sono
sempre più pressanti (l’istituzione di
nuovi uffici determina un assorbimento maggiore di personale, con un
incremento esponenziale dell’attività
burocratica).
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Continua il nostro approfondimento nella conoscenza dei reparti speciali:
il G.I.S. - Gruppo di Intervento Speciale dell’Arma dei Carabinieri.
l Gruppo di Intervento Speciale
nasce alla fine degli anni settanta in
piena emergenza terrorismo, per la
necessità dello Stato di disporre di un
reparto formato da personale particolarmente addestrato, in grado di intervenire nelle situazioni più rischiose
anche in presenza di ostaggi.
Da allora l’adeguamento di tecniche,
procedure e materiali speciali è stato
continuo per garantire interventi nelle
più svariate emergenze ad alto rischio.
I
Il G.I.S. dell’Arma dei Carabinieri:
un reparto altamente
qualificato al servizio dell’Italia
Il Gruppo di Intervento Speciale (G.I.S.) dei Carabinieri opera sul territorio nazionale nelle
situazioni ad elevato rischio. Gli ultimi fatti internazionali lo collocano in prima linea nella
lotta al terrorismo in sinergia con gli altri reparti specializzati in Europa e nel resto del mondo.
SELEZIONE E ADDESTRAMENTO
Per entrare nel GIS è necessario
appartenere al Reggimento Carabinieri Paracadutisti “Tuscania”.
Per far parte del Reparto, gli aspiranti devono innanzitutto dimostrare il
possesso di innate qualità psico-fisiche che permettano loro di operare
con la massima efficienza in qualsiasi tipo di situazione e la selezione
viene effettuata grazie a rigorose visite specialistiche.
Dopo un primo periodo di addestramento della durata di quattro mesi
(durante il quale i militari vengono
istruiti nell’uso della lingua inglese,
tecniche di irruzione, arrampicata e
discesa in corda doppia, difesa personale, utilizzo di armi corte, lunghe e
speciali, nonchè impiego e disinnesco di materiale esplosivo), tutti gli
idonei sono ammessi al successivo
ANDROMEDA NEWS
corso di specializzazione articolato in
dieci mesi comprendente tra le altre
attività, corsi di storia dell’ideologia
terroristica, guida “operativa”, sci,
roccia, e tecniche subacquee tenuto
da G.O.I. e G.O.S. del COM.SUB.IN.
STRUTTURA
Attualmente il G.I.S. conta tra le sue
fila circa un centinaio di operatori
altamente qualificati. Il Reparto è
articolato in tre sezioni operative più
un team di tiratori scelti e ricognitori speciali ed è da più parti riconosciuta la sua abiltà nelle operazioni
inerenti la liberazione di aerei dirottati. Attivo è inoltre il coinvolgimento in attività di addestramento e qualificazione nei confronti di personale
assegnato a compiti di scorta o guardia del corpo. Un occhio di riguardo
è riservato ai programmi di scambio
con altri reparti antiterrorismo in
Europa e nel mondo quali il G.S.G.9
tedesco, ed il S.A.S. britannico.
ARMAMENTO
Per quanto riguarda l’equipaggiamento utilizzato dal G.I.S. esso spazia dai sistemi d’arma più comuni
(quale ad esempio il fucile d’assalto
russo AK 47) fino ad armi più prettamante da “specialisti” come quelle
della famiglia Heckler&Koch (la
pistola mitragliatrice MP5 è sicuramente la più utilizzata dalle unità
antiterrorismo di tutto il mondo per
l’elevata precisione e potenza che la
contraddistingue). Compagna inseparabile di ogni operatore è la pistola Beretta 92 SB 9mm.
Si ringrazia per la cortese collaborazione il
Comando Generale dell’Arma dei Carabinieri.
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ANDROMEDA NEWS
on è la prima volta che si accende un dibattito pubblico su di
un episodio che contiene risvolti tecnico-giuridici afferenti alla professione delle Forze dell’Ordine: quindi
non stupisce affatto che la vicenda di
Napoli, che ha visto un agente ferire
mortalmente un ragazzo tredicenne
che tentava di rapinargli lo scooter
minacciandolo con una pistola finta,
è finita per diventare l’ennesimo
motivo di accese discussioni sui
mezzi d’informazione.
Va detto che le valutazioni che ognuno può offrire, e sono tanti che lo
fanno, sugli aspetti di stretta legalità
e cioè se il poliziotto poteva legittimamente usare l’arma o se ha ecceduto nel farlo, lasciano sempre il
tempo che trovano. E questo per il
semplice motivo che nessuno può
disporre di tutti gli elementi necessari a stabilire la verità: ben si sa infatti, che solo il magistrato può riuscire,
e spesso con fatica, a raccogliere
quanto è materialmente possibile
reperire per ricostruire al meglio la
situazione realmente verificatasi.
Talvolta è una semplice parola proferita a fare la differenza, o la misura di
una distanza, un colore, un’inezia…
Figuriamoci perciò se al caldo di un
salotto, davanti alla tv o leggendo un
giornale, qualcuno di noi può
disporre degli elementi necessari per
giudicare.
Conoscere gli avvenimenti, essere
informati sulla cronaca e formarsi i
propri convincimenti sono diritti
sacrosanti che non vanno certo messi
in discussione: emettere sentenze “sul
campo” è invece un gioco pericoloso,
appassionante fin che si vuole, ma
certamente più utile alle ragioni dell’audience televisiva che all’affermazione della verità.
Quindi anche per i colleghi dello
sfortunato agente (credo sia evidente
che mai si vorrebbe essere protagonisti di casi come questo) o per chi li
rappresenta, la possibilità che rimane
è quella di offrire una valutazione di
massima sulla base delle proprie
conoscenze specifiche e della propria
N
O R D I N E
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9
Pubblichiamo l’opinione di Franco Maccari, segretario nazionale del Sindacato Autonomo di Polizia.
Legittima difesa, anche
dai giudizi frettolosi
I media talvolta informano con superficialità l’opinione pubblica di fatti luttuosi che vedono protagonisti le forze dell’ordine.
Cerchiamo di approfondire il problema,cogliendo gli aspetti della delicata questione della legittima difesa.
Franco Maccari - Segretario Nazionale - Sindacato Autonomo di Polizia
esperienza. La loro, anzi nostra, esigenza non è quella di assolvere il collega, ma semmai di contrastare chi lo
ha già messo sul banco degli imputati comminandogli immediatamente
la condanna!
Lo spirito di corpo, nelle Forze di
Polizia, non è un mutuo sostegno
all’impunità, per nulla. È la pretesa
che i tutori dell’ordine non siano
sempre e solo i capri espiatori di una
società complessa e difficile, piena di
problemi e incongruenze e, come
ben si sa, l’operatore delle Forze
dell’Ordine non svolge il proprio
lavoro negli ambienti puliti dei ceti
migliori, ma affronta le più aspre
contraddizioni del consesso civile.
Ed è proprio la coscienza della delicatezza e della difficoltà di valutare in
termini di legge questi fatti che ci
porta a chiedere con forza la reintroduzione della norma che assegna al
Procuratore Generale, e non al Sostituto Procuratore di turno, la competenza per l’esercizio dell’azione penale laddove ci sia un operatore delle
Forze dell’Ordine che agisce per servizio o in ragione della sua funzione.
C’è poi l’aspetto umano della vicenda, cioè tutto il complesso di componenti che vanno al di là della giustizia dei tribunali: la giovane età del
poliziotto, quella giovanissima della
vittima e del suo compagno di “giochi”, il degrado sociale del quartiere
teatro del fatto, la preoccupante diffusione della violenza, e via di seguito. Su questo versante è più comprensibile attendersi l’espressione di
ogni singolo cittadino perché qui i
giudizi si basano sui valori, morali,
civici o religiosi, che non sono uguali per tutti, al contrario appunto della
legge che per definizione deve essere
una sola.
Ecco perché se ne sentono di tutti i
colori ed ecco perché qui è pesante il
rischio di fare dei danni.
Mi sembra chiaro che il poliziotto
sarà giudicabile moralmente solo se
verrà stabilito che il suo è stato un
eccesso, che è andato oltre le previsioni delle norme. In caso diverso
tutte le opinioni vanno riferite alle
norme in questione, che sono regole
su cui si regge il nostro Stato.
Per la giovane vittima ed il suo
“amico” entrano in gioco le colpe
collettive, quelle della società.
Ecco perché mi sento di valutare
negativamente chi mette insieme
confusamente tutti questi aspetti per
arrivare a sfornare opinioni “stile
supermarket” o “tipo risposta quiz”:
qualcuno è sicuro che l’agente ha sbagliato perché era poco esperto, altri
pensano che non si può morire a 13
anni, altri ancora ritengono che chi
rapina meriti “comunque” di essere
ucciso. Più che ragionamenti mi
paiono una specie di slogan da rotocalco scandalistico o da tv spazzatura,
una specie di immedesimazione nella
figura dell’ospite dei talk show!
E poi il rischio peggiore diventa quello di mettere in competizione dei
valori e dei principi: mi domando se
chi ritiene che “non si possa morire a
13 anni” capisca, al di là della condivisibile umana pietà per un’indiscutibile tragedia, che non si può
comunque accettare che dei ragazzi
girino su un motorino rubato
minacciando con una pistola che
sembra vera per rapinare un altro
ragazzo del suo ciclomotore (questo
ci dice per ora la cronaca dei notiziari). Si rischia di rendere giustificabile
il crimine in ragione della spensieratezza giovanile e nel contempo di
dimenticare la centralità dei valori
antiviolenti e della legalità che fondano il cosiddetto patto sociale.
Poco opportuno è apparso anche
l’intervento del Capo dello Stato nell’esprimere il proprio dolore umano,
non tanto perché non sia comprensibile o giustificabile, quanto invece
perché rischia di essere messo nel
calderone di questa dannosa e poco
utile “gara dei valori”: è inevitabile
che succeda, anche se non era sicuramente nelle sue intenzioni.
Attendiamo quindi con pazienza e
serenità la fine del necessario lavoro
della Magistratura, esercitando il
nostro singolo diritto ad avere un
opinione, con l’accortezza di non
lasciarci vincere da pregiudizi e con
la coscienza dell’insostituibile priorità della legge che peraltro, se non
vogliamo scordarlo, sancisce indiscutibilmente che non si può minacciare, né rapinare. Appunto.
Nell’ambito del gruppo, Dicom Italia S.p.A. è la
struttura preposta alla realizzazione di
progetti e di soluzioni specifiche per le
esigenze dell’utente finale.
Oltre alla realizzazione di progetti
specifici o di pacchetti software di
uso più generalizzato, Dicom
Italia S.p.A. è in grado di offrire
una gamma di servizi che
comprende l’assistenza
sistemistica, la consulenza
aziendale, l’integrazione di
sistemi, la formazione
professionale, e la fornitura
di strutture professionali di
Data Capture e Data Entry.
Sia che si tratti di gestire
archivi cartacei dei formati e
delle tipologie più diverse, sia che
ci si occupi di gestione di immagini
ricavate da telecamere, sia che si
tratti di salvaguardare Banche o Musei,
di controllare Stazioni ferroviarie o
aeroporti, di monitorare aree metropolitane
o complessi industriali, sempre nel rispetto del
diritto alla privacy del cittadino, Dicom Italia S.p.A.
è in grado di fornire le soluzioni più avanzate presenti
attualmente sul mercato.
Dicom Italia S.p.A. è una filiale di Dicomgroup,
multinazionale svizzera quotata al mercato di
Londra.
Oggi il gruppo è presente in tutta
Europa, in Asia e, grazie
all’acquisizione di Kofax, azienda
leader nella realizzazione e
produzione di schede e di
componenti per la scansione,
anche negli Stati Uniti.
L’offerta di prodotti
hardware quali Kodak,
Fujitsu, Canon,
Scanoptics, Bell &
Howell, Banktec e molti
altri, l’utilizzo di una
enorme serie di
componenti software e la
stretta collaborazione con
produttori di tecnologia
avanzata, quali Fast,
Mitsubishi e GTE, fanno si che
l’offerta di Dicomgroup, possa
andare a risolvere tutte le esigenze
degli utenti finali per quanto riguarda la
Gestione Elettronica dei Documenti e la
Sicurezza intesa in senso esteso.
Dicom Italia S.p.A.
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S I C U R E Z Z A
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ANDROMEDA NEWS
Intervista rilasciata ad “Andromeda News” dal Prefetto Pietro Soggiu, Commissario Straordinario per le politiche antidroga.
Sul fronte dell’antidroga
una strategia al passo con i tempi
Al Commissario Straordinario Pietro Soggiu abbiamo chiesto quale politica antidroga si debba adottare, ora che il narcotraffico
ha cambiato alcune sue peculiari caratteristiche e che sono state introdotte nel mercato nuove sostanze stupefacenti.
I nuovi e moderni interventi di prevenzione, di repressione e di recupero.
C.F.
Cosa si prefigge di fare? Sono stato
nominato Commissario straordinario del Governo con l’incarico di
coordinare le iniziative di contrasto
alla diffusione del fenomeno della
droga e di recupero dei soggetti tossicodipendenti. A tale fine, mi prefiggo
di conseguire due obiettivi, quello di
collegare e armonizzare le iniziative e
gli interventi urgenti tra Amministrazioni e Enti operanti in questi
ambiti e quello di formulare proposte
al Presidente del Consiglio dei
Ministri in grado di assicurare il massimo dell’operatività nell’azione di
prevenzione e di contrasto. È necessario, soprattutto, elaborare ed attuare
il Piano Nazionale antidroga di durata triennale, del quale sono dotati la
quasi totalità dei Paesi dell’Unione e
che l’Italia, purtroppo non ha mai
realizzato. Il Piano ci consentirà la
piena partecipazione all’azione comune dell’Unione Europea.
Prevenzione, repressione e recupero
Per intervenire con efficacia è necessaria, a monte, una visione unitaria e
una strategia di fondo contro la
droga in contrasto con un’idea della
sostanziale innocuità delle sostanze
stupefacenti che determina, non di
rado, un abbassamento pericoloso
COUPON DI ADESIONE
ALL’ASSOCIAZIONE ANDROMEDA
COGNOME . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . NOME . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
Luogo e data di nascita . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
Cod.Fisc.
.....................................................................................................................................
Residente in . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
Prov.
...........................................
Via
........................................................................................
Tel. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Cell. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
SOCIO ORDINARIO (la quota annuale è di Euro 15,00 e dà diritto all’abbonamento gratuito per un anno al
periodico Andromeda News, oltre alla partecipazione gratuita alle iniziative e alle convenzioni attivate dall’Associazione Andromeda)
SOCIO SOSTENITORE (l’importo della quota annuale è libero da Euro 50,00)
■ Acconsento al trattamento dei dati personali ai sensi e per gli effetti della legge 675/96
■ Non autorizzo al trattamento dei dati personali ai sensi e per gli effetti della legge 675/96
Versamento su c/c postale n.21122049 intestato a “Andromeda Associazione di volontariato”. Specificare nella causale: SOCIO ANDROMEDA
✁
Data
...................................
N.B. da ritagliare e spedire in busta chiusa a : Associazione Andromeda, Piazzale Clodiio, 61 - 00195 Roma, allegando la
ricevuta dell’avvenuto pagamento.
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della percezione di allarme sociale.
Gli interventi di prevenzione devono
rappresentare il punto centrale delle
politiche sociali e si dovranno studiare, a tale proposito, tipologie differenziate di interventi in funzione
delle diverse categorie di interessati.
Politica antiproibizionista Lo scenario che ci si presenta è veramente
minaccioso, un flagello che si estende
e che riguarda in modo particolare i
giovani e che deve essere contrastato
nella maniera più efficace. In effetti,
non soltanto il fenomeno non si è
attenuato ma l’introduzione di
nuove sostanze, molto più pericolose
e inquietanti, ha completamente trasformato le fenomenologie sociali di
riferimento. Ritengo inutile e fuorviante continuare a discutere in termini di proibizionismo e di antiproibizionismo, come da più parti si
sente fare. Il punto di partenza deve
essere un altro, caratterizzato da
un’articolazione plurima degli interventi sul piano della prevenzione,
della repressione, dell’informazione.
Sul contrasto all’azione criminale di
diffusione delle droghe sul mercato
la risposta non può che essere della
massima durezza mentre, sul fronte
della prevenzione e dell’informazione, lo sforzo è quello di raggiungere
nella maniera più efficace le fasce
giovanili più a rischio, a cominciare
dalla prima adolescenza.
Come è cambiata la situazione La
nostra legislazione antidroga è del
1990. In dodici anni il mondo è cambiato e bisogna fornirsi di nuovi
strumenti per fronteggiare le modificazioni che sono intervenute nella
produzione e diffusione delle sostanze stupefacenti e nella fenomenologia sociale del consumo e delle tossicodipendenze. A tale proposito, è
necessario e opportuno prendere in
considerazione un intervento di
modifica legislativa che agevoli un
processo di cambiamento, graduale
ma determinato, nell’indirizzo delle
politiche contro la diffusione della
droga. La legge Jervolino-Vassalli è
stata una buona legge, alla cui elaborazione io stesso ho partecipato ma,
come tutti gli strumenti legislativi
datati, deve essere, in alcune sue
parti, modificata per adeguarla ai
consistenti cambiamenti sociali
intervenuti nel decennio, resa più
efficace nel contrasto dell’attività criminale, corretta nelle parti che non
hanno sortito gli effetti sperati ma
generato distorsioni. Ci soffermeremo con attenzione sugli aspetti nei
quali maggiormente si sono evidenziate varianti: le nuove droghe e le
conseguenti necessità di trattamenti
diversificati, l’utilizzazione di nuovi
“precursori”, i nuovi paesi produttori
e le nuove vie di traffico.
S I C U R E Z Z A
Cosa cambierà nella gestione dei tossicodipendenti? Sono urgenti, in particolare, alcuni interventi di massima
nei settori giudiziario e sanitario, dove
maggiori si verificano gli squilibri e le
disarmonie. Mi riferisco soprattutto a
situazioni riprovevoli che si riscontrano nel settore della cura e del recupero dalle tossicodipendenze o durante
percorsi riabilitativi incoraggianti,
interrotti da vecchie pendenze con la
giustizia. Una riflessione accurata è
indirizzata all’analisi di alcune, delicate, varianti normative, relative soprattutto alla situazione nelle carceri e alle
questioni del reinserimento sociale e
lavorativo degli ex tossicodipendenti.
È conseguente, da parte mia, visitare
strutture pubbliche e private per
meglio conoscere la situazione e per
poter cambiare, ascoltando i suggerimenti degli addetti ai lavori. Le strutture pubbliche sono, molto spesso,
dotate di professionisti di valore, fortemente impegnati nel loro lavoro che
sarà mia cura sostenere attivamente.
Analogamente, sarà concretamente
assicurata la libertà di scelta delle
famiglie, coinvolte nella tossicodipendenza, nell’individuare il percorso
terapeutico che ritengono più adatto e
il soggetto al quale rivolgersi. Intendo,
perciò, valorizzare al massimo le
potenzialità del servizio pubblico e
quelle offerte dal sistema privato e del
privato sociale. È evidente che il parametro di riferimento per tutti non
potrà che essere quello del raggiungimento di eguali standard, sia in termini di qualità del servizio prestato, sia
di valutazione dei trattamenti, sia,
infine, di risultati raggiunti.
Droghe pesanti, droghe leggere
Ritengo trattarsi di una falsa polemica. Credo che una riflessione pacata e
proficua debba soffermarsi, piuttosto, sulla modifica “genetica” introdotta nella composizione dei nuovi
“spinelli”, dotati di principio attivo
molto più elevato di un tempo, e sul
pericolo sociale, segnalato da molte
ricerche, del consumo endemico di
hashish e marijuana tra i giovani. In
più, sottolineo che, in questi anni, la
composizione, la diffusione e il consumo di sostanze si sono profondamente modificati, soprattutto per
quanto riguarda l’uso di cocaina tra i
giovani, di droghe sintetiche e di
nuove sostanze vegetali che iniziano
a diffondersi sul mercato, spesso
assunte contemporaneamente con
mix micidiali. È preoccupante la leggerezza con la quale le fasce giovanili
sembrano avvicinarsi alle droghe
cosiddette ricreazionali, che sono a
tutti gli effetti stupefacenti pesanti,
con la falsa convinzione di non assumere droga e di saperne padroneggiare il consumo.
LABOR & PARTNERS
PROFESSIONE SERVIZIO
Il nuovo consorzio Labor & Partners fornisce servizi alle aziende
affiancandole anche nella progettazione, nella gestione e nel controllo dei servizi stessi.
Labor & Partners è un nuovo consorzio di
aziende specializzate nel settore dei servizi
alle imprese, costituito per rispondere in
modo moderno e razionale alle esigenze di
professionalità e qualità della fornitura di servizi di supporto ad ogni tipo di attività: industriale, civile e ospedaliera. In Labor &
Partners sono confluiti cinquant’anni d’esperienza accumulata dai suoi associati nei diversi settori di competenza e che ha permesso di
formulare una nuova concezione della fornitura del servizio. Labor & Partners, nel produrre i suoi servizi (pulizia e sanificazione
ambientale, disinfezioni, disinfestazioni e
derattizzazioni, raccolta rifiuti, logistica e facchinaggio, servizi di portierato e custodia,
manutenzione aree verdi, prodotti e servizi
per l’igiene della persona, manutenzioni
Industriali, piccola manutenzione, pulizia,
consolidamento e protezione facciate e
monumenti) opera infatti con la più moderna filosofia della gestione dei servizi in partnership. I servizi di Labor & Partners non
sono quindi una mera e semplice esecuzio-
ne delle prestazioni tecniche nei tempi e nei
modi concordati, ma si compongono di una
funzionale formulazione, progettazione e
realizzazione, che si completa poi in un controllo e una gestione dei servizi in modalità
calibrate sulle esigenze di ogni cliente.
Labor & Partners, prima ancora che servizi,
produce idee che elevano l’efficienza dei
servizi stessi a supporto di qualsiasi attività.
La competenza e la professionalità di Labor
& Partners di progettare singolarmente
ogni intervento ed eventualmente di modificarne le caratteristiche al mutare delle esigenze di ogni cliente, al fine di seguirne e
favorirne lo sviluppo. Tutto questo è possibile perché un’altra caratteristica qualificamene di Labor & Partners, è l’assistenza
diretta nell’innovazione, che è molto più di
un semplice complemento al servizio erogato. L’essenza stessa del ricorso ad un partner
affidabile, nasce dalla volontà di affidarsi
alla sua capacità di apportare idee e soluzioni innovative. I servizi di Labor & Partners,
progettati da un team di tecnici specializza-
ti, sono pensati proprio per fornire un valore aggiunto fatto di esperienza e soluzioni
che possano far crescere la qualità generale
del lavoro. Fra i tanti valori aggiunti della
costante ricerca operata dai tecnici di Labor
& Partners vi è anche la certezza di ottenere
le più economiche e veloci tecniche di intervento nell’erogazione di qualsiasi servizio.
In ossequio alla sua filosofia produttiva,
Labor & Partners ha voluto dotarsi da subito di un sistema di qualificazione aziendale
UNI EN ISO 9001. Un traguardo che è
anche il punto di partenza per ottenere un
miglioramento costante della qualità dei
servizi erogati.
Labor & Partners ha sede a Roma, in via Della
Camilluccia, 285 Tel. 06/32600086 E-Mail:
[email protected], ma ha sedi
operative anche a Bergamo, Milano, Parma,
Ravenna e Padova, per essere vicina ad ogni
suo cliente.
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ANDROMEDA NEWS
Occorre definire un concetto di sicurezza più al passo con i tempi, soprattutto ora che l’Occidente è sotto le minacce del terrorismo.
La qualità si misura con i fatti
Diversi anni fa l’Europa seppe raccogliere la sfida di paesi più “moderni” come il Giappone e gli Stati Uniti, creando una “Qualità Europa” nel settore della sicurezza che ha raggiunto standard accettabili. Occorre, ora, saper puntare a nuovi livelli di qualità che vedano compartecipi la forze dell’ordine e gli “attori” privati.
Fonte ADR
Alberto Denzler
La certificazione e la distinzione
della sicurezza
La sfida multipla lanciata nel nuovo
millennio da quel che sembra essere
un nuovo genere di criminalità ha
cambiato per sempre la nostra
società. Il terrorismo, con l’11 settembre, è divenuto veramente internazionale; la scelta “politica” di un opposizione extra parlamentare di implementare azioni violente di piazza ed il
dilagare di una micro criminalità
clandestina rappresentano tre aspetti
dello stesso problema: il nostro modo
di vita, basato sulle libertà individuali, sulla democrazia e sulle frontiere
aperte è appetibile al terrorismo ed
alla criminalità. Per opporsi a questa
sfida occorre una strategia più ampia.
I governi occidentali, l’Italia in testa,
lo hanno capito e la “professione
sicurezza”, da un campo ristretto,
governato dalle forze dell’ordine, si
deve e si sta allargando a più ampi
strati della popolazione. Le motivazioni sono diverse: il primo è che un
compito così ampio come quello presentato dalla tripla sfida, richiede una
copertura, in termini di risorse
numeriche, molto più alta; il secondo,
una diretta conseguenza del primo, è
che molti compiti, come ad esempio i
controlli all’imbarco dei passeggeri
aerei, vengono ora garantiti da strutture “private” capaci di liberare le
risorse pubbliche; il terzo è che la
nostra società deve rendersi conto di
essere “attori” della propria sicurezza
e non solo spettatori. Questa svolta,
però, pone anche una serie di problemi, primo dei quali la “garanzia” che
chi si occuperà di sicurezza possa
mantenere gli alti livelli d’efficienza e
d’efficacia delle forze dell’ordine. È
sicuramente vero che molti, la maggioranza delle reclute delle aziende
“private” provengono dai corpi delle
forze dell’ordine, ma ciò non toglie
che occorre introdurre un “sistema”
di misurazione e controllo affinché
nulla sia lasciato al caso. Sistema che
non si limita agli attori attivi, ma
anche alle società “passive”. In effetti
quanto da anni è avvenuto nel campo
del trasporto aereo va sviluppato,
ampliato e trasferito agli altri settori
d’attività. Parliamo della “sensibilità”
alla sicurezza che tutto il personale
operativo di volo e di terra ha sviluppato negli anni. Non è un semplice
caso che sia stata una hostess di volo
ad accorgersi del comportamento
anomalo dell’anglo asiatico che portava esplosivo nelle scarpe. Si tratta
dell’introduzione di un sistema di
“revisione, controllo, formazione e
certificazione” di vasti strati di attività
“civile”, pubblica e privata, che, partendo da una “626 Security” possa
giungere ad un pieno TQM/ISO da
estendere all’intero paese. Solo in
questo modo si potrà garantire il
coinvolgimento di tutta la società
civile, di tutti i settori d’attività, in un
solo sforzo comune a favore della
“sicurezza”. È possibile? Gli sviluppi
dell’ultimo decennio nel raggiungimento di livelli di qualità industriali
comuni sembrano dire di sì. Stiamo
parlando dell’implementazione della
Qualità Totale, non solo in Italia, ma
in tutta l’Europa. Quali sono state le
tappe che hanno portato l’Europa
fuori del suo relativo isolamento?
Che l’hanno fatta raggiungere i livelli
statunitensi e giapponesi, che hanno
contribuito a creare la “Qualità
Europa”? La storia ha i suoi inizi il 19
ottobre 1989, a Montreux in Svizzera,
quando si sono riunite 64 aziende
europee, invitati da 14 soci fondatori,
tra cui FIAT e OLIVETTI, per celebrare la nascita della “Qualità Totale Made in Europe”. I 64 vertici e dirigenti che hanno firmato la Carta della
European Foundation of Quality
Management – EFQM, si sono impegnati ad interagire tra di loro e con le
autorità dei propri paesi per colmare
il grande divario che separava
l’Europa dagli USA ed ancora di più
dal leader mondiale, il Giappone.
A spingerle a questo passo vi erano
molti motivi: le barriere “ ISO”
imposte a tutte le imprese che volevano condurre scambi con il
Giappone, strumenti subdoli di spionaggio industriale, ma sicuramente
efficaci per difendere le imprese locali; il “costo minore” evidenziato da
americani e giapponesi che avevano
già implementato la TQM (Total
Quality Management – Gestione del
Processo di Qualità Totale). Per
misurare questo “gap”, questa sfida, i
14 soci fondatori, nel 1988 in via preliminare, incaricano l’Istituto di
ricerca McKinsey ad intervistare 500
vertici europei sulle proprie esperienze, impressioni ed aspettative.
Il desolante risultato indica la via da
seguire (vedi tabella).
Nel decennio successivo l’Europa ce
la fatta a chiudere la differenziale
negativa, magari non completamente, ma in misura sufficiente a rendere
competitive le imprese europee. A
botte di “ISO 9000 e poi”, anno per
anno gli europei si sono organizzati,
hanno convinto i propri governi e la
propria società a battersi per la
“Qualità Totale” e ce l’hanno fatta. La
vera “arma” del vecchio Continente,
però, è stata un’altra, “la Distinzione”. Le imprese europee dell’EFQM, ora oltre 800, hanno puntato sulla “differenza”, sulle cose che
facevano meglio, sul risvolto strategico e non solo sul vantaggio tattico
degli strumenti di Qualità, in breve
sul “Eccellenza”. Questa “Distinzione”, abbinata ad una “Qualità Totale”
diffusa è proprio quel che la “cultura
della sicurezza” richiede per vincere
la sfida: una società unita nello sforzo comune; professionisti formati a
dovere; aziende certificate; un sistema di revisione e controllo efficace;
la ricerca di forme di distinzione
capaci di gestire il processo.
Per raggiungere tutti questi obiettivi
la strada maestra è la Comunicazione
diffusa, l’organizzazione di Centri
d’Eccellenza e l’implementazione di
strumenti comuni. È una sfida che
l’Europa ed il mondo civile può vincere, solo se vuole. Ce l’ha fatto una
volta e oggi che la posta in gioco è
ancora più alta, ce la può fare ancora.
I risultati incoraggianti del “modello
italiano” di una forza dell’ordine
inquadrata militarmente, ma con forti
compiti civili, ha già ricevuto il suo
battesimo del fuoco in tutti i paesi
dove è stato impegnato, già questo è
un esempio concreto di “Distinzione”.
Ne occorrono altri, con l’apporto di
tutti, professionisti e non. È una sfida
che dobbiamo vincere.
L’importanza della Qualità Totale 60% molto; 35% più di prima; 5% uguale
Importante per la clientela
89%
Importante per ridurre costi
66%
Maggiore strumento di flessibilità
58%
Maggiore strumento d’efficienza
40%
Incrementerà le vendite
77%
Miglioramenti attesi
+ 30%
Migliore comprensione clienti
+17%
Migliore progettazione
+9%
Migliori consegne
+ 4%
Gli strumenti individuati per implementare i miglioramenti sono stati:
Priorità dei vertici aziendali
95%
Sviluppo delle risorse umane
87%
Spirito di corpo
82%
Sistema informativo
73%
Sviluppo del management
70%
Senso d’urgenza
60%
I supporti maggiori che le imprese considerano critiche per il successo sono:
Educazione, addestramento, ricerca
87%
Atteggiamento fornitori
70%
Atteggiamento clienti
65%
Atteggiamento distributori
64%
Infrastrutture
55%
Fonte ALITALIA
La pagella data dai 500 vertici aziendali alla propria posizione comparativa
Svantaggio
Europa sugli USA
Svantaggio
Europa su
Adattamento al cambiamento
- 20%
- 45%
Sviluppo delle risorse umane
- 28%
- 77%
Qualità dell’ambiente e della società
- 17%
- 59%
temi
Giappone
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ANDROMEDA NEWS
A N D R O M E D A
C U L T U R A
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A partire da febbraio alla Camera dei Deputati sarà esposto il celebre “Satiro Danzante”, ritrovato nel 1998 al largo delle acque siciliane.
Un Satiro in bronzo di 2400 anni in
mostra alla Camera dei Deputati
Patrizia Coleti
iemerso dalle acque, danzando,
dal coro dionisiaco della tragedia
greca, in un apparenza di sogno, in un
mondo apollineo di immagini, una
statua configurante un Satiro trovata a
Mazara del Vallo da febbraio sarà in
mostra alla Camera dei deputati;
prima di rientrare definitivamente nel
paese dove sarà collocato nella chiesa
sconsacrata di Sant’Egidio.
È stato un peschereccio a largo delle
acque della Sicilia, il 4 marzo 1998, a
R
ritrovare a ben 480 metri di profondità il “Satiro Danzante” o “Ebbro” in
bronzo, risalente con molta probabilità all’opera di Prassitele, scultore
greco del IV° sec. A. C.; ora visibile
completamente restaurato presso
l’Istituto centrale di restauro a Roma.
La plasticità della figura colta nell’azione dell’ebbrezza di un orgiastica
piroetta legata alla dimensione dionisiaca, rimanda ad altre sculture di
Prassitele, dove il modellamento serico di una piega della pelle, il guizzo
istantaneo di un muscolo, danno vita
alla scultura come espressione non di
un’azione decisa e compiuta ma bensì
di un involontario agire.
Sicuramente espressione di grazia di
un atto o di un movimento è ciò che si
può cogliere sul volto e nell’atletica
fisicità imprigionata nella rotazione
del busto di questa giovane figura
mitologica di 2,8 metri d’altezza, con
le orecchie aguzze, gli occhi d’avorio
ed i capelli plasmati disordinatamente
dal vento e da un abile mano guidata a
freddo dal bulino.
Attraverso un’attenta analisi del
Il “bookcrossing”
Una nuova forma
di globalizzazione letteraria
Patrizia Coleti
Parte dall’America la stravagante moda di abbandonare libri sulle panchine dei parchi, nei coffee shop o in
qualsiasi altro posto dove possano essere facilmente
trovati, letti e riabbandonati, per proseguire una sorta
di catena di lettura che non conosce barriere geografiche.
All’interno di un libro viene scritto un messaggio, un
commento o più semplicemente un pensiero che potrà
così girare per il mondo nell’attesa d’essere scovato da
qualcun’altro secondo il volere del fato.
È il Bookcrossing e l’iniziativa parte da una comunità
di amanti della lettura che attraverso una sorta di gioco
si prodigano per una maggior diffusione della cultura.
Il segno distintivo è un etichetta con un numero ed una
sigla che rimandano al club Bookcrossing.
Diventarne membro è facile;
basta visitare il sito www.bookcrossing.com, brillantemente ideato dal suo fondatore Ron Hornbaker, ed
unirsi così ai già numerosi attivi lettori partecipanti in
questa bizzarra caccia al libro.
materiale vi è stata rilevata una
discreta presenza di piombo che rimanderebbe la datazione al primo
sec. a.c.. Ma lo storico d’arte antica
Paolo Moreno, sostenitore dell’appartenenza a Prassitele, non esclude
che la percentuale di piombo usata
nell’età classica potesse essere la
medesima.
Quali furono i segreti delle botteghe
dell’epoca e di quali particolari innovazioni potesse essere a conoscenza
Prassitele, figlio del rinomato bronzista Cefisodato, a noi non è ancora
noto. Ad avvalorare la tesi di Moreno
è inoltre il confronto con un Satiro
plasmato da Prassitele citato da
Plinio il Vecchio con l’appellativo di
“Periboetos”, che secondo la traduzione voluta da Platone nel dialogo
Filebo significa l’“Invasato”.
Qualunque sia il genio artistico che
abbia dato vita a questo capolavoro
Sopra: lo splendido bronzo dopo il restauro.
Sotto: Una veduta laterale del Satiro.
non ci può distrarre dal valore artistico di tale immagine racchiusa nell’impulso dionisiaco “…nella cui
esaltazione l’elemento soggettivo svanisce in un completo oblio di sé.”(F.
Nitzche “La nascita della tragedia”).
Curiosando
Molte statue del nostro patrimonio
artistico sono sostituite da copie per
proteggerle dall’usura del tempo e
dagli inevitabili atti vandalici.
È il caso del Marc’Aurelio in Campidoglio, del David di Donatello in Piazza
della Signoria a Firenze e di molte
altre. Tra queste due angeli, realizzati
da Bernini, che troneggiano lungo le
spallette del “Ponte degli Angeli” di
Castel Sant’Angelo.
Fu Papa Clemente IX Rospigliosi che
rimasto folgorato dalla loro bellezza le
fece sostituire con delle copie di Gulio
Cartari e Paolo Naldini.
L’intenzione fu quella di preservare
l’angelo con la corona di spine e l’angelo con il cartiglio, ponendole nella
buia e funerea abside di Sant’Andrea
delle Fratte.
Peccato che il Bernini non accolse
graditamente quest’iniziativa che mortificava totalente il suo progetto legato
ad una visione dal basso verso l’alto e
con lo sfondo naturale del cielo.
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ANDROMEDA NEWS
AT T U A L I T À
Gennaio 2003
15
Rieti: una città ricca di storia e di tradizione al passo con i tempi nel campo della sicurezza.
Rieti e il “Vigile di Quartiere”
Pubblichiamo l’intervento del Sindaco di Rieti Giuseppe Emili, che spiega perché è nato il progetto del “Vigile di quartiere”, come si articola e quali sono le sue finalità.
Giuseppe Emili - Sindaco di Rieti
onostante la vicinanza alla Capitale, appena 75 Km, Rieti non ha
certamente le caratteristiche di una
periferia metropolitana o di un centro
urbano “satellite”.È,piuttosto,una città
che conserva la propria identità culturale e storica grazie al persistere di una
forte coesione sociale e di tradizioni che
ne mantengono inalterate le caratteristiche di cittadina di provincia.
Queste caratteristiche del contesto sociale sono certamente un fattore determinante di quella sicurezza che vede
Rieti ai primi posti in Italia,ma non certamente l’unico. L’impegno che le Forze di Polizia hanno sempre profuso è
certamente stato la chiave di volta che
ha consentito di mantenere nel tempo
le condizioni più elevate di sicurezza ed
un efficace contenimento della criminalità ad ogni livello.
In questo panorama ha certamente
avuto un ruolo centrale l’Amministrazione Comunale di Rieti che dal 1994
ha intrapreso un processo di potenziamento e riorganizzazione del Corpo di
Polizia Municipale, oggi composto da
ben 67 unità e che, per una città di circa
46.000 abitanti, costituisce uno dei più
qualificati rapporti operatori/abitanti.
La consistenza numerica del Corpo,
l’innovazione tecnologica introdotta
nelle dotazioni e attrezzature e l’elevata
professionalità raggiunta dal personale, hanno consentito l’instaurarsi di
sinergie operative con la Polizia di Stato
e l’Arma dei Carabinieri tali che il Corpo di Polizia Municipale di Rieti, è certamente oggi un momento imprescindibile della sicurezza urbana.
N
Perché nasce il
“Vigile di Quartiere”
Nonostante gli elevati standard di sicurezza, l’Amministrazione Comunale di
Rieti ha comunque sentito la necessità
di individuare nuove strategie e soluzioni per fronteggiare al meglio ogni
sollecitazione che dalla comunità locale
viene portata avanti.
In particolare,si è andata sempre facendo più pressante una richiesta di sicurezza che potremmo definire sub-primaria. In una città dove fenomeni di
criminalità organizzata o violenza, che
rappresentano un allarme sociale primario e assoluto,sono pressoché assenti, la domanda di sicurezza dei cittadini
si rivolge verso aspetti diversi e vari che
coinvolgono numerose categorie sociali. Il minor allarme sociale legato a
fenomeni criminosi secondari non esime in alcun modo dall’individuare
strategie risolutive che costituiscano
una efficace risposta sul mercato della
sicurezza. Da circa due mesi (il servizio
ha preso il via il 9 dicembre scorso) la
Polizia Municipale di Rieti ha avviato la
sperimentazione dei servizi di prossimità,meglio noti come “Vigile di Quartiere”. Una scelta, come vedremo, dettata dalla necessità di dare una risposta
concreta al nuovo bisogno di sicurezza
rappresentato dalla gente.
Una sicurezza che è fatta di tante esigenze diverse: vivibilità, ordine, pulizia, salubrità dell’ambiente, tranquil-
lità. Tutti concetti che vanno rapportati con le diverse categorie sociali e
produttive presenti sul territorio, e
l’alchimia tra i due fattori sfocia in una
infinita lista di problematiche che
vanno dalla pulizia dei giardini pubblici a tutela dell’incolumità dei bambini, allo spaccio di sostanze stupefacenti o al rispetto degli anziani.
Ed è proprio combinando esigenze e
soggetti che si realizza un quadro organico e strumentale delle finalità che il
servizio si propone di affrontare, individuando, da un lato, la categoria da
proteggere e, dall’altro, il contesto
sociale o economico di riferimento.
Sotto il primo profilo si è concentrata
l’attenzione sui bambini e sulle potenziali fonti di pericolo per gli stessi.È evidente che gli ambiti di riferimento siano la scuola, i parchi pubblici e tutti i
momenti o contesti di aggregazione.
Nello stesso senso, le problematiche
giovanili connesse agli stupefacenti,
all’alcol, al disagio familiare, devono
trovare nelle scuole, nei locali di svago,
nei luoghi di ritrovo di “comitive”, i
punti di osservazione migliori.
In ottica diversa è la valutazione del
bisogno di sicurezza legato all’esercizio
di attività produttive o servizi. In questo ambito prevalgono le problematiche che ruotano intorno ai locali notturni, dal disturbo alla quiete pubblica
a piccoli atti di vandalismo o ancora a
fenomeni di spaccio di stupefacenti.
In termini generali è certamente
importante anche il bisogno di sicurezza che dalla categoria dei commercianti
viene rivendicato, sia sotto il profilo
della sicurezza diretta delle attività, sia
in termini di ordine dell’equilibrio
commerciale complessivo, reprimendo
fenomeni di abusivismo o fattispecie
comunque lesive di un principio di
sana competitività commerciale. Queste sono soltanto alcune delle finalità
che sono alla base del servizio di prossimità, certamente le più indicative delle
ragioni che ne costituiscono il presupposto: una sempre maggiore vicinanza
al cittadino per tutelarne le legittime
aspettative di sicurezza sociale e una
capillare conoscenza di ogni realtà del
territorio. Il territorio è certamente un
momento fondamentale e strumentale
nella logica dei servizi di prossimità:
non è soltanto un ambito di riferimento operativo ma un patrimonio da tutelare e preservare, affinché chi vi abita o
lavora acquisisca fiducia nelle istituzioni e con queste collabori e interagisca.
Una scelta di metodo
Il primo problema che si è posto è stato
proprio quello metodologico: arrivare
in via diretta alla cognizione di tutte le
problematiche e ad individuarne la
consistenza e gli elementi essenziali,
avrebbe rappresentato, in primo luogo,
uno sforzo non sostenibile in termini di
risorse umane per la generalità di ambiti e situazioni da raggiungere.Inoltre,la
divisa talvolta mal si presta a raggiungere risultati cognitivi con chi, magari,
preferisce parlare con un amico che
non ad un operatore di polizia.
Da questa prima valutazione è immediatamente emersa la consapevolezza
che l’unico strumento per raggiungere
e conoscere i bisogni della gente fosse….la gente!
Era necessario creare una rete, un sistema. Andava realizzato un meccanismo
in cui l’operatore di polizia fosse il
momento finale di catalizzazione di
precedenti momenti di raccordo e raccolta di notizie, informazioni, segnalazioni. Ma come arrivare ad un risultato
di questo tipo? Come individuare le
figure o i soggetti che in qualche modo
avrebbero potuto essere nostri “collaboratori”per la sicurezza? E, soprattutto, come stimolare una collaborazione
di questo tipo?
Le teorizzazioni sul “vigile di quartiere” hanno riempito pagine di riviste o
programmi di convegni, ma ritengo
che in un contesto operativo di questo
tipo nessuna teoria sia assoluta o sufficiente, se non modulata sulle abitudini, tradizioni, schemi sociali e culturali di una specifica comunità. Sono fermamente convinto che fare il Vigile di
Quartiere a Rieti sia diverso dal farlo a
Brescia o a Caltanissetta e ovviamente
diversa deve essere l’impostazione
metodologica del servizio.
Questo è certamente il motivo che vuole la Polizia Municipale, quale espressione dell’Istituzione più rappresentativa della realtà locale, il soggetto che
meglio sa interpretare le metodologie
di approccio e di cognizione dei problemi. Questa necessità, senza alcuna
volontà polemica,sarà forse il limite del
recentissimo “poliziotto e carabiniere
di quartiere”: una strategia di servizio
che prescinda da equilibri e costumi
locali non è certamente ben predisposta a divenire parte del tessuto sociale
con il quale interagire.
Avrebbe forse giovato individuare
sinergie operative che vedessero comuni momenti formativi nei quali la Polizia Municipale avrebbe potuto fornire
A N D R O M E D A
preziosi elementi conoscitivi su abitudini, disposizioni locali o consuetudini
particolari. Una osservazione, come
detto, non polemica ma strumentale in
quella che è l’impostazione operativa
data al servizio.
È infatti necessario partire dal presupposto che la collaborazione dei cittadini
va conquistata. E in una città come Rieti, dove la gente è abituata a veder
garantiti alcuni punti saldi quali pulizia, tranquillità, efficienza dei servizi, è
necessario che il Vigile di Quartiere sia
il primo curatore di questi interessi e
sappia rivendicare questo ruolo con la
gente. È importante poter dire:“domani verranno a tagliare l’erba in quel parco”oppure “quel lampione rotto domani verrà aggiustato”. Risposte di questo
tipo a chi sollecita o segnala il problema
danno fiducia nelle Istituzioni e in chi,
in quel momento,le rappresenta.
È questo il primo passo per la creazione
di un rapporto fiduciario con la gente
dal quale discenda una collaborazione
che veda sempre crescere la rete di
capillari informativi sul territorio.
La nostra esperienza
Partendo dal presupposto che la conoscenza del territorio e delle sue caratteristiche è un elemento essenziale per
una concreta efficacia del servizio di
prossimità, il Corpo di Polizia Municipale di Rieti ha fatto ricorso ad alcuni
dei suoi elementi più esperti e inclini ad
un rapporto dialettico con il cittadino.
In particolare, si è cercato di sfruttare
non solo l’esperienza e la professionalità che negli anni di servizio hanno
maturato, ma anche il personale e spiccato inserimento in determinati e vari
contesti sociali che hanno reso certamente più facile individuare terminali
di contatto e l’inserimento in realtà
associative di quartiere dove, magari,
l’operatore vive.
A T T U A L I T À
In concreto, ben 12 Sottufficiali sono
stati assegnati a questo nuovo servizio,
suddivisi in tre Nuclei, quante sono le
circoscrizioni della città di Rieti.
I Sottufficiali in questione hanno compiti,pressoché esclusivi,di cognizione: il
loro ruolo è quello di apprendere,ascoltare, ricevere segnalazioni o suggerimenti, da riportare poi all’Ufficiale
Responsabile del progetto con il quale
valutare strategie e metodologie attraverso le quali tradurre in concreti risvolti operativi l’apporto dei cittadini.
Al tempo stesso è stato avviato un sistema di relazioni con ogni istituzione o
associazione presente nel territorio della circoscrizione, dai Consigli Circoscrizionali che vedono la costante partecipazione del “Vigile di Quartiere”, ai
circoli degli Anziani e ai Dirigenti scolastici. Come pure si stanno avviando
iniziative formative per i commercianti
grazie alla collaborazione delle associazioni di categoria.
Inoltre, non appena la Regione Lazio
formalizzerà l’erogazione di uno specifico contributo per le iniziative legate
alla polizia di prossimità, verranno
coinvolti in maniera attiva i pensionati
che hanno prestato servizio nelle forze
di polizia, sfruttandone il valore
aggiunto dell’esperienza e del bagaglio
sociale di cui sono portatori.
In un sistema come quello descritto è
centrale una filosofia operativa basata
su meccanismi fiduciari e di “fidelizzazione”. È infatti necessario operare una
bipartizione tra livelli di intervento e
relativi momenti cognitivi.
Non è difficile, infatti, comprendere
che il rapporto confidenziale e fiduciario con il cittadino si stabilisce soltanto
grazie ad una immagine di affidabilità
che il Vigile si è conquistato ai suoi
occhi, intervenendo per risolvere piccoli problemi di ordinaria quotidianità
ovvero attivandosi e portando a risoluzione casi più complessi.
Questo è il primo ed imprescindibile
passo per ottenere poi un rapporto di
collaborazione stabile, una fiducia che
si traduca in incontri quotidiani, anche
rituali come un caffè al bar,in cui scambiare impressioni ed informazioni sul
quartiere. Nonostante il servizio sia
partito da poco più di un mese, è stata
incredibilmente vasta la mole di segnalazioni ricevute.
Gli Uffici della Polizia Municipale hanno letteralmente tempestato di richieste i settori tecnici dell’Amministrazione Comunale per problemi legati al
verde pubblico, alla pubblica illuminazione, alla nettezza urbana, alle strade e
alla segnaletica. Questi i bisogni più
sentiti e la mano tesa a queste esigenze si
è rivelata vincente: cominciano ad essere sempre più frequenti le “chiacchierate” che i Vigili di Quartiere riescono a
fare con i cittadini su qualche faccia un
pò strana o su ragazzi che sono soliti
appartarsi per qualche istante dietro un
palazzo per andar via poco dopo.
Tutti segnali sui quali lavorare per dare
risposte, per dare un senso alla voglia
dei cittadini di essere parte della sicurezza della loro città.
seguirà nel prossimo numero
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