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Ecco il sistema Polverini
Scandalo Lazio, “er Batman” parla per ore e accusa i compagni di partito con uno scatolone di carte. Giorno di tensione, malore della presidente “Ecco il sistema Polverini” Fiorito dai pm. La governatrice: me ne vado. Berlusconi tenta di fermarla PERCHÉ DEVE DIMETTERSI MASSIMO GIANNINI ASTA guardare le foto della trucida serata in costume al Foro Italico. Quel festino buzzurro, dedicato agli dei dell’Olimpo, è in realtà il penoso Satyricon di una pseudo «classe dirigente» cafona, disonesta e irresponsabile. Quel rito ruffiano e villano riflette le miserie di una certa destra romana e laziale, ma amplifica una certa idea predatoria della politica che domina l’intera scena italiana. In quel rozzo carnasciale capitolino, anche Renata Polverini è ormai una maschera tragicomica. Per questo, neanche lei merita di rimanere al suo posto un minuto di più. La Sprecopoli all’amatriciana che travolge la Regione è uno scandalo infinito. SEGUE A PAGINA 37 B L’interrogatorio “Io non rubavo io distribuivo...” CARLO BONINI MARIA ELENA VINCENZI STATA davvero la notte di Batman. E del Partito della libertà. E della giunta regionale. E della sua governatrice, Renata Polverini. È stata la notte del “Sistema”. SEGUE A PAGINA 2 BEI E FAVALE A PAGINA 3 È Il racconto Il toga party del centrodestra FRANCESCO MERLO Renata Polverini alla festa ICORDATE Berlinguer in braccio a Benigni, l’effetto simpatia, la politica ingentilita nell’incontro tra il leader e l’artista? Ebbene, paragonate quelle immagini con le foto della presidente della Regione Lazio, Renata Polverini, accanto allo schiavetto dell’antica Grecia, una specie di Antinoo e di Aspasia. SEGUE A PAGINA 4 R llaa RReeppuubbbblliiccaa IL CASO LAZIO POLITICA INTERNA GIOVEDÌ 20 SETTEMBRE 2012 ■2 GUERRA INTERNA PECULATO TAGLI AI FONDI Il nuovo capogruppo pdl alla regione Lazio, Battistoni, accusa il predecessore Fiorito di aver usato per sé i fondi del partito Il 12 settembre Fiorito è indagato per peculato, ma accusa Battistoni di aver usato i fondi per fare festini La presidente della Regione Lazio, Renata Polverini, ha chiesto di tagliare i fondi ai gruppi e di eliminare quasi tutte le auto blu La vicenda L’inchiesta Lo scatolone di Fiorito “Io distribuivo, non rubavo ecco le carte del Sistema” Fa i nomi di Abbruzzese e altri 8 consiglieri (segue dalla prima pagina) EX CAPOGRUPPO CARLO BONINI MARIA ELENA VINCENZI L’ex capogruppo regionale del Pdl Franco Fiorito, indagato dalla procura di Roma per peculato A sinistra, l’appartamento in via Margutta a Roma ROMA ERCHÉ quando sono ormai le 9 della sera e si trascina già da sei ore negli uffici del Nucleo di polizia valutaria della Guardia di Finanza il suo interrogatorio con il procuratore aggiunto Alberto Caperna e il sostituto Alberto Pioletti, Franco Fiorito indica due scatoloni entrati con lui nel primo pomeriggio in caserma e da lui conservati lì dove, evidentemente, le perquisizioni dei giorni scorsi non erano arrivate. Un secretairedella vergogna accumulato negli anni e negli anni diventato una formidabile arma di ricatto. Lì dentro, carte, email, fatture che documentano la dissipazione di denaro pubblico di almeno 7-8 consiglieri di maggioranza. Altro che quel modesto scartafaccio fatto circolare nei giorni scorsi in risposta al dossier Battistoni. Altro che semplice “memoriale”, di cui pure, nelle ultime ore, si vociferava con terrore nei conciliaboli Pdl della Pisana. Un’arma politica fine di mondo, che ora lui, batman o Federale che dir si voglia, consegna ai pm con un epitaffio, appunto: «Questo è il Sistema». «Io non rubavo. Non ho mai rubato. Se ho sbagliato l’ho fatto in buona fede, e comunque pagherò. Io distribuivo risorse. E di quel che ho preso posso dare giustificazione. Altri del partito non penso siano in grado di farlo». Solo oggi sarà ragionevolmente P Indagata ASSESSORE Angela Birindelli, assessore all’Agricoltura della giunta Polverini, è indagata dai pm di Viterbo per corruzione e tentata estorsione: avrebbe ordito una macchina del fango contro Battistoni possibile comprendere la dimensione, il dettaglio, l’eventuale solidità e soprattutto la natura della chiamata di correo di Fiorito in un interrogatorio finito alle 22.30. Dove cioè, nelle sue parole di questa notte, finisca il codice penale e comincino le questioni che attengono alla responsabilità politica. Se dunque, come sembra, alla Polverini, alla Giunta, al presidente dell’assemblea Mario Abbruzzese, al segretario generale Nazareno Cecinelli, e in generale alla maggioranza che governa la Pisana ed evidentemente alla componente Forza Italia del Pdl, Fiorito contesti l’inerzia politica con cui, sapendo, hanno tollerato e incoraggiato quel Sistema. Dimostrando fino a ieri un pantagruelico appetito di ieri nell’uso del denaro pubblico, che ora si fa ipocrisia. Quella di chi conosceva appunto le regole del gio- co e oggi pensa che offrire lui al ludibrio del Paese come capro espiatorio possa essere il lavacro di colpe collettive. E’ un fatto che il senso complessivo del suo interrogatorio — almeno per quel che è possibile ricostruire in questo momento — è proprio in quella parola, “Sistema”, Interrogatorio-fiume “Posso giustificare ciò che ho preso Altri del Pdl non so se sono in grado di farlo” non a caso ripetuta di fronte ai pm ed evocata alla vigilia dal suo avvocato Carlo Taormina nella sua declinazione più brutale. «Era un porcile. E se Fiorito ha una colpa è di aver fatto politica in quel porcile». Una linea di difesa a suo modo “lineare”, come pure aveva lasciato intendere sin qui. Dichiararsi innocente perché colpevole «non di aver rubato denaro pubblico» (peculato), ma piuttosto di aver utilizzato fondi di Partito, in quanto tali “privati”, «come tutti facevano» (al più, un’appropriazione indebita). Naturalmente, con tutte le difficoltà — a quanto pare manifestate palesemente anche ieri di fronte ai pm — di dover giustificare la natura “politica” di un parco auto e moto di lusso a lui intestato, di un tenore di vita da Creso, di almeno 8 fabbricati di proprietà, di un uso sistematico di conti all’estero, di una villa al Circeo e di 3 case a Roma, due delle quali in affitto. L’ultima, individuata in via Margutta, al 51/b. Duecentocinque metri quadri di proprietà dell’Ipab Sant’Alessio affittati a 4 mila euro al mese. Con un portoncino di legno all’ingresso annunciato non dal suo nome, ma da una targa “Attenti al cane”, arricchita da una chiosa a pennarello “Che è frocio”. Le prossime ore diranno di quale intensità è la scossa data da Fiorito. Spunta una casa di oltre 200 metri quadri data in affitto all’ex capogruppo in via Margutta E’ un fatto che la partita giudiziaria promette di farsi terminale. Come dimostrano le indiscrezioni che vogliono indagato l’assessore regionale all’ambiente Marco Mattei in Il retroscena Polverini minaccia le dimissioni Berlusconi la frena: ci mandi a fondo Ma la governatrice vuole la testa dei big del Pdl in Regione FRANCESCO BEI MAURO FAVALE I personaggi ROMA — Adesso il Cavaliere ha paura. Nel gorgo melmoso della regione Lazio, che sta risucchiando un’intera classe dirigente, teme di finirci dentro egli stesso. Per questo ieri, rientrato a Roma per tamponare una possibile scissione degli ex An, come prima cosa ha cercato un incontro a quattr’occhi con Renata Polverini. Invano. La governatrice, sul punto di dimettersi e trascinare a fondo il Pdl, si è negata per tutto il giorno. Solo dopo ripetuti tentativi ha accettato di parlare con l’ex premier (grazie al cui impegno ha vinto le elezioni nel 2010) ma solo al telefono. Il Cavaliere ha tentato la mozione degli affetti: «Renata, noi siamo con te. Ma non puoi molla- BERLUSCONI La presidente del Lazio parla di “disastro in corso” E per lo stress viene colta da un malore FOTO: AGF un’inchiesta della Procura di Velletri sulle acque. Ma, soprattutto, come documenta l’invito a comparire firmato dalla Procura di Viterbo che, nel pomeriggio, raggiunge Angela Birindelli, assessore regionale all’Agricoltura. Fiorito, in questo caso, non c’entra, ma l’indagine in questione è un altro capitolo della dissoluzione del Pdl e della maggioranza di centro-destra alla Pisana. Indagata per corruzione e tentata estorsione, la Birindelli è accusata di aver messo insieme, per poche migliaia di euro (18 mila, versati all’“Opinione di Viterbo”), una macchina del fango di provincia utile ad annichilire la reputazione di Francesco Battistoni, assessore che l’aveva preceduta e grande accusatore di Fiorito. (ha collaborato Francesco Salvatore) © RIPRODUZIONE RISERVATA re adesso, sarebbe un disastro. Non solo regaleremmo alla sinistra il Lazio ma ci sarebbe un effetto domino che ci farebbe perdere anche le Politiche». Raccontano che Silvio Berlusconi abbia poi chiamato Antonio Tajani, il vicepresidente della Commissione Ue ma soprattutto capocorrente del Pdl laziale, cercando di persuaderlo della necessità di «scaricare» Franco Battistoni e Mario Abbruzzese: il primo neocapogruppo del Pdl e rivale di Franco Fiorito, il secondo presidente del consiglio regionale e responsabile del sistema che assegna milioni di euro ai gruppi. Subito dopo il Cavaliere avrebbe telefonato direttamente a Battistoni promettendogli di ricompensarlo in altro modo: «Mi appello al tuo senso di responsabilità». Una chiamata arrivata mentre il capogruppo era a cena con i suoi colleghi di corrente in un ristorante del centro per decidere cosa fare. Probabile, a questo punto, che il passo indietro arrivi oggi stesso. D’altronde, Battistoni e Abbruzzese sono i due uomini di cui la Polverini pretende la testa per non dar corso alla minaccia di dimissioni, oltre all’approvazione ELLEKAPPA Il leader Pdl chiama la governatrice Polverini e tenta di convincerla a non gettare la spugna, promettendo sostegno al suo “repulisti” BATTISTONI Il capogruppo Pdl succeduto a Fiorito dovrebbe annunciare nelle prossime ore le dimissione dopo il pressing del partito ABBRUZZESE Presidente del Consiglio regionale del Lazio. Sotto la sua gestione parte la distribuzione a pioggia dei fondi ai gruppi POLVERINI Fino a sera sono rimaste in bilico le dimissioni minacciate dal governatore del Lazio sulla scia dello scandalo Pdl-Fiorito rapida dei nuovi tagli ai costi della politica che dovrebbero essere votati domani dalla Pisana. La governatrice non considera «affidabili» né il capogruppo né il presidente e ha deciso che serva ormai un “sacrificio umano” per proseguire una legislatura al momento compromessa. Eppure non è detto che questo basti a farla retrocedere dall’intento di mollare il Lazio al suo destino. Nelle ultime ventiquattrore infatti il mondo è crollato addosso a «Renata», ancora debilitata dalla malattia e dall’operazione subita a fine agosto. Lo stress di questi giorni ha pesato. Così, ieri mattina, dopo due giorni quasi concilianti, la Polverini ha deciso im- provvisamente lo show down. Con l’annuncio di un incontro al Viminale con il ministro Annamaria Cancellieri «per capire, nel caso in cui si proceda in questo disastro, quali sono i tempi e le condizioni per andare al voto». La legge parla chiaro: 90 giorni per indire le elezioni e 45 di campagna elettorale, alle urne si andrebbe a febbraio. Un tempo che potrebbe essere scandito da uno stillicidio “giudiziario”, tra inchieste e rivelazioni di nuovi episodi di malversazione. Dal Pdl, infatti, ieri è stato tutto un rincorrersi di voci su indagini che stanno in queste ore coinvolgendo anche la giunta Polverini. Niente, al mo- mento, che abbia a che fare con il filone principale, quello per peculato che vede indagato per ora solo Fiorito, ma piuttosto rivoli di inchieste locali che toccano a Viterbo l’assessore all’agricoltura, Angela Birindelli (in una storia in cui è coinvolto, ancora una volta da accusatore, Battistoni) e a Velletri quello all’ambiente Marco Mattei. Anche per questo (e sempre da fonti Pdl) più volte ieri è stata annunciata una conferenza stampa nella quale la Polverini — descritta come «stanca» e «ai limiti dell’esaurimento nervoso» — avrebbe dovuto comunicare le sue dimissioni. «Fuoco amico», per la governatrice che ormai considera il partito un alambicco di veleni. «Sono quelli di Tajani a mettere in giro queste voci per difendere le poltrone di Abbruzze- Il Cavaliere chiede a Battistoni di farsi da parte. “Qui ci giochiamo anche le politiche” se e Battistoni», spiegano dalla Regione. Ieri pomeriggio, riunita con i suoi fedelissimi, con la sensazione di essere finita in un vicolo cieco, la presidente ha avuto un cedimento e ha chiesto che la portassero a casa. «Io altri due anni così non li reggo», ha confidato. Dalla sua abitazione sull’Aventino ha potuto leggere le dichiarazioni di mezzo centrodestra che la scongiurava di non mollare, promettendo di dar corso al repulisti interno. E anche l’Udc e Gianni Alemanno sono andati in pressing sulla governatrice per evitare lo scioglimento del consiglio. Il sindaco di Roma teme che lo scandalo della Regione (legato, per altro, a un uomo della sua corrente come Fiorito) comprometta definitivamente la sua corsa per il Campidoglio finora già accidentata. La risposta della Polverini è stata sempre la stessa: «Per me oggi non ci sono le condizioni per andare avanti. Ma aspettiamo domani. Pretendo una risposta all’altezza della crisi». Nel Pdl sperano sia solo la minaccia estrema di una sindacalista abituata a trattare duro. © RIPRODUZIONE RISERVATA Il racconto I FASTI Annagrazia Calabria con la Polverini al party A destra, il sindaco Alemanno ispeziona Ponte Milvio in vista di una festa FRANCESCO MERLO (segue dalla prima pagina) ROMA IFLETTETE quindi sull’effetto degradazione, sulla politica ridotta a bava trimalcionesca nell’incontro tra la leader della destra e il simulacro dell’artista, la donna capo che Berlusconi proprio in queste ore avrebbe voluto lanciare come suo successore e che precipita invece nel ridicolo di questa mascherata che fa da sfondo alla più colossale ruberia di danaro pubblico nella Roma della seconda repubblica. Video e foto di questo ricevimento in costume che il festeggiato De Romanis, vestito da Ulisse, ha definito «sobrio e misurato», vanno molto al di là del cattivo gusto, del kitsch che in fondo è stato studiato da Gillo Dorfles come stile. Qui siamo nella pacchianeria grottesca e casuale, una vera sarabanda di puttanate, uno spettacolo di trivialità senza alcun nesso se si esclude l’idea che «semo romani» e dunque «semo pure greci». I grecoromani sono duemila, alcuni però vestiti da maiali con le mani che acchiappano cosce mentre le “puellae” in tunica si leccano i musi e finalmente la scrofa prende il posto della lupa capitolina. Direbbe forse Marcuse che l’Ergon metafisico del generone romano ha la meglio anche sull’Eros romantico da ammucchiata. E lo sgangherato Vulcano, che sembra la controfigura dello Zampanò di Fellini mentre spezza le catene, è un consigliere comunale, un Paravia nientemeno, oggi con Storace, rampollo degli imprenditori degli ascensori. E ci sono pure l’assessore regionale Stefano Cetica, ex segretario della Polverini stessa, e Annagrazia Calabria, la più giovane deputata Pdl. Chi fa Mercurio e chi fa Plutone con una Olimpia Colonna nel ruolo della Medusa, e noi speriamo che questo ramo caduto sia anche cadetto. R Il toga-party alla vaccinara ancelle, maiali e champagne alla corte del governatore E Alemanno prepara una festa di centurioni ALL’“ULISSE PARTY” Sopra, Renata Polverini alla festa in abiti da antichi greci che fu organizzata dal consigliere regionale Carlo De Romanis La parabola della donna che Berlusconi vorrebbe suo successore e che precipita nel ridicolo di questa mascherata Nella linfa della Roma carnascialesca ci sono i produttori televisivi come Aurelia Musumeci e i cosiddetti “public relation” come Olimpia Valentini di Laviano: «Ho un brutto vizio da pr e mi diverto a fare le campagne elettorali». Come si vede, l’impiastricciata e gelatinosa antropologia, quella dai mestieri vaghi e imprendibili che altrove produce “i creativi”, a Roma subito si degrada nel galoppino elettorale e nel portaborse. E nel video del cosiddetto backstage della festa tutti comunicano il loro divertimento emettendo suoni gutturali. C’è un omone grande e grosso che grufola e potrebbe essere Menelao o forse il divino porcaro Ermeo. Qualcuno più che a un antico greco somiglia a un turco o a un mongolo con i baffi spioventi. Costumisti e truccatori sembrano le sole persone normali, i gladi sono di plastica, il peplum ha i merletti appiccicaticci, la colla svela la natura dozzinale della scena, e c’è pure una cornucopia da dove fuoriesce una rosa che non sembra neppure una rosa tanto è brutta, e infatti viene stritolata da una mano di donna stretta tra due maiali e con le unghia laccate di un orribile blu opaco. La festa è così tamarra che ai suoi tempi non riuscì neppure a guadagnarsi la vetrina di Dagospia, solo un trafiletto sul Messaggero con la foto della Polverini e ovviamente un servizio su “Parioli Pocket”, che è no dopo aver trionfato sul pagano Massenzio passerà con i suoi uomini il Ponte Milvio». Gli chiedo se è per questo che il ponte è stato ripulito dai lucchetti dell’amore e Perina, vinta l’iniziale reticenza, ammette questo secondo miracolo: «Beh, certo non c’entravano molto con Costantino. E però i lucchetti non sono tanto male. Vedrai che li rimetteranno». Ecco dunque che si capisce meglio perché questa foto della Polverini con il suo Antinoo riccioluto racconta l’epoca molto più dei verbali giudiziari, dello scandalo dei soldi pubblici finiti a ostriche, del costo della casta ciociara, dell’antropologia impresentabile der Batmàn che non è il popolo del Lazio che assedia Roma ma è la sua schiuma. La festa in (mal)costume sul viale delle Olimpiadi e sulla scalinata di Valle Giulia per divertire il vicepresidente del gruppo consiliare del Pdl non è stata insomma lo sfogo del solito burino pittoresco, non è l’assalto del Viterbese e del Frusinate che sfidano la capitale. C’è invece tutto il degrado politico e umano di una sottocultura che è stata per troppi anni vincente in Italia, la stessa del sindaco Alemanno che si traveste da spazzaneve, da vigile urbano, da idraulico, da spazzino e da stradino. E ogni 21 aprile presenzia alle sfilate del Natale di Roma, dà il via ai legionari e ai carri che percorrono i Fori imperiali, accende la miccia dei fuochi d’artificio al Circo Massimo, promuove la ricostruzione di un accampamento a villa Celimontana e due siparietti pastorali in onore del dio Pale che ricordano la pagliacciata di Bossi in onore del dio Po con il rito dell’ampolla. Il presidente della commissione cultura di Roma Federico Mollicone organizza ogni anno il grande carnevale — un milione e mezzo di euro — e anche il sindaco Alemanno e sua moglie Isabella indossano i costumi presi in affitto al teatro dell’Opera per partecipare alla festa in maschera che la no- È il mondo dei figli degenerati dei gladiatori di cartapesta, che almeno si limitano a molestare i turisti al Colosseo IN MASCHERA Donne vestite da ancelle e uomini con maschere di maiali, tra le più gettonate alla festa del consigliere pdl Carlo De Romanis la rivista di riferimento degli aspiranti semivip della capitale. Così diventa persino banale la Crapulopoli del Lazio, con i suoi conti correnti coperti, le cene, le case, le auto di lusso e il peculato. È vero che er Batman, l’ex capogruppo ed ex tesoriere del Pdl Francone Fiorito, assistito e ispirato dall’avvocato Taormina, il quale è un altro Batman ma delle cause perse, da ieri racconta ai magistrati «quel gran giro de quatrini» trascinandosi dietro tutti, ma proprio tutti, perché «la guera è guera» e, come si dice tra legionari non solo ciociari, «camerata, camerata / fregatura assicurata». Ma rubare è quasi un dettaglio in questa sciagura etica ed estetica che è l’abuso dei simboli, dei miti e della storia antica, l’idea di patacca che la destra italiana ha della romanità e dell’antichità classica. Per capire quanto sia importante questo ciarpame nel- l’attuale decadenza è bene sapere che il momento magico del miserabile suk della memoria è previsto il 27 e 28 ottobre con una grandiosa celebrazione della battaglia di Ponte Milvio e del miracolo di Costantino. Il sindaco Alemanno e il suo cerimoniere acculturato Broccoli stanno organizzando, riservatamente «per fare una sorpresa ai romani», una straordinaria festa celebrativa dell’identità cristiana di Roma con l’idea di stupire e forse pure di istupidire il mondo: «L’esperienza più eccitante mai vista, un monumento alla Romanità, qualcosa che i bambini del- REPUBBLICA.IT Il videocommento di Massimo Giannini le scuole ricorderanno per il resto della loro vita». E benché il programma sia ancora top secret, Marco Perina, vicepresidente del XX Municipio, me lo illustra con fierezza vanitosa. Dunque «a Saxa Rubra, perché è li che in realtà nel 212 è avvenuta la battaglia e non sul Ponte Milvio, il 27 ottobre verrà ricostruito un castrum, un accampamento romano con macchine da guerra, tende, e ovviamente i centurioni, i decurioni …». E l’indomani mattina verrà messa in scena la battaglia e «finalmente nei cieli dei colli fatali, al tramonto, un fascio di potentissime luci scriverà “in hoc signo vinces” mentre l’imperatore Costantino…». Lo interrompo: lui in carne ed ossa? «Ma no che c’entra, un figurante…, leverà in alto la croce con il cerchio, che si chiama Chi-rò». Infine Perina, che intanto si è infiammato, mi annunzia che «Costanti- biltà romana organizza in piazza Colonna. Dietro questo bisogno di nascondersi, di guardarsi allo specchio e di riconoscersi nella parodia del passato c’è lo spavento di un ceto sociale che, arrivato al potere come ruota di scorta del carro di Berlusconi, ha surrogato la legittimità con i baffi posticci, con le parrucche, con l’identità urlata e frullata dove Cesare si confonde con Pericle, dove la toga diventa tirso e viceversa, e la romanità è una specie di opera dei pupi, una fiction, uno show televisivo sì, ma di Teletuscolo… Eppure persino la sinistra si era illusa che a lungo andare questa destra potesse generare nel mondo berlusconiano una certa qualità sociale e culturale, nel nome degli Ugo Spirito e di Gentile, di Marcello Piacentini e della sociologia di Gaetano Mosca, e ancora della prosa Longanesi e della terza pagina di Monatnelli, con Ionesco, Junger, Rosario Romeo, a Nicola Abbagnano a Mario Praz. E invece abbiamo er Batman al quale dobbiamo lo scandalo della verità: non era, come pensavamo noi, solo un mondo inadeguato, quello della Polverini e di Alemanno. Ci sono pure i ladri e non soltanto i pessimi amministratori. Ma è soprattutto il mondo dei figli degenerati dei gladiatori di cartapesta, che almeno si limitano a molestare i turisti al Colosseo. © RIPRODUZIONE RISERVATA L’AMACA MICHELE SERRA o questo Franco Fiorito lo conosco. E lo conoscete anche voi. Lo abbiamo visto dietro il bancone di un bar. Alla guida di un autobus. Alla cassa di una pescheria. In coda all’ufficio postale. È un normotipo popolare italiano. Franco Fiorito, “er federale de Anagni”, è uno di noi. La parola “casta” è perlomeno fuorviante. Lascia intendere che esista un ceto parassitario alieno alla brava gente che lavora, quasi una cricca di invasori. Purtroppo non è così. Tra casta e popolo c’è osmosi, e un continuo, costante passaggio di consegne. Fiorito non nasce ricco e non nasce potente. Fiorito è un prodotto della democrazia. Molti italiani che oggi sbraitano contro la casta, ove ne facessero parte, sarebbero identici a Franco Fiorito, per il semplice fatto che sono identici a Franco Fiorito anche adesso. Non si cambia un paese se non cambia il suo popolo, non migliora un paese se non migliorano le persone, la loro cultura, le loro ambizioni. Il mito della “democrazia diretta” non mi cattura perché non tiene conto di un micidiale dettaglio: se a decidere direttamente chi dovrà rappresentarli sono i Franco Fiorito, eleggeranno in eterno Franco Fiorito. I © RIPRODUZIONE RISERVATA PERCHÉ DEVE DIMETTERSI MASSIMO GIANNINI (segue dalla prima pagina) agari più triviale nella forma: le tuniche bianche della Magna Grecia e le ostriche da «Pepenero», i villoni zotici al Circeo e le residenze a Tenerife, le escort discinte e i Suv neri. Ma uguale, nella sostanza, a tanti altri esplosi in questi ultimi mesi (da Lusi a Bossi): soldi pubblici per pagare vizi privati. Con un’aggravante in più: di fronte al saccheggio sistematico perpetrato dall’intero gruppo dirigente del glorioso Partito delle Libertà, di tutto si può parlare fuorchè della solita, autoassolutoria «mela marcia». Nella Gotham City laziale, a fare carne di porco dei fondi di partito, non c’è solo «er Batman» di Anagni. Franco Fiorito, nell’intervista rilasciata ieri a questo giornale, chiama in causa tutto il vertice consiliare, da Miele a Battistoni. L’inchiesta farà il suo corso, la magistratura accerterà le colpe e deciderà le pene. Ma le cifre parlano da sole. Dopo due anni di allegra gestione del «federale» ciociaro, dalle casse del Pdl sono spariti 6 milioni di euro: in cassa ne restano solo 400 mila. La Regione Lazio è una formidabile macchina macina-soldi e moltiplica-poltrone: 15 assessori, 71 consiglieri regionali, 17 gruppi consiliari, 16 commissioni permanenti, 3 commissioni speciali. I consiglieri laziali percepiscono uno stipendio base, più cinque indennità specifiche, che porta il totale a 13.321 euro al mese: il doppio di quello dei consiglieri lombardi. Il gruppo del presidente della Regione, con solo 13 eletti, incassa 2,6 milioni di rimborsi elettorali dallo Stato. Ora la governatrice, sommersa dal fango auto-prodotto dal suo quartier generale, costringe la giunta a tagliare del 30 per cento i trasferimenti al Consiglio regionale, a ridurre il numero di commissioni e a limitare il parco delle auto blu. Ma dov’era Polverini in questi anni, mentre il suo avido «inner circle» si distribuiva privilegi, favori e prebende di ogni tipo? Dov’era, mentre i suoi assessori si spartivano vitalizi per 1 milione l’anno, e il suo fotografo personale lucrava dalla Regione contratti da 75 mila euro l’anno? Dov’era, anche lei, se non ai coattissimi Toga Party di Carlo De Romanis? Tre giorni fa, la governatrice ha avuto comunque il coraggio tardivo di scoperchiare il verminaio di fronte agli italiani. In una drammatica seduta del Consiglio regionale, Polverini ci ha messo finalmente la faccia e ha chiesto scusa ai cittadini. Ha parlato di una enorme «catastrofe politica». Ha evocato un cancro estirpato (il suo, per il quale le dobbiamo i nostri auguri più sinceri) e un cancro da estirpare (il gigantesco malaffare che dilaga nel Pdl e nella sua Giunta). «O si cambia, o si va tutti a casa», ha tuonato con un impeto che finora l’aveva scossa solo in qualche intemperanza rissaiola sulla piazza di Genzano o alla fiera del peperoncino di Rieti. Ma poi si è fermata lì. Il «cambiamento» tanto invocato non c’è stato per niente. O è stato solo di purissima facciata. Un taglietto qua e là, qualche incarico in meno e qualche macchina di servizio in garage. Niente di più. Così ieri la governatrice ha rilanciato l’ennesimo e ormai grottesco «penultimatum». «Serve una svolta, o me ne vado». Ma non se n’è andata. Forse non se ne va. Dopo aver legato a suo tempo con Gianfranco Fini e poi «trescato» con Pierferdinando Casini, ora deve discutere niente meno che con Silvio Berlusconi, preoccupato dalle impatto negativo di una sua eventuale uscita di scena sugli equilibri nel partito e sulle prospettive nel Lazio. M È la solita farsa italiana, dove prevale la regola del «tutti colpevoli nessun colpevole». «L’antipolitica siamo noi», ha gridato la governatrice ai suoi, livida di rabbia e indignazione. Giustissimo. Ma allora bisogna trarne qualche doverosa conseguenza, se non si vuole che tutto (sprechi, scandali e guarentigie dell’esecrata Casta) finisca sempre e solo per ingrassare la piena del grillismo o dell’astensionismo. Ed è anche la solita destra berlusconiana, dove l’impunità è la regola e la responsabilità (oggettiva o soggettiva) non esiste. «Cultura di governo», «nuovo blocco sociale»: quante se ne sono scritte e sentite, in questi anni, sul presunto capolavoro del Cavaliere, capace di far risorgere dalle ceneri della Dc, il «grande partito di massa dei moderati». Eccoli all’opera, i sedicenti «moderati» del Lazio. Famelici e cinici. Uniti non dal valore della militanza, ma solo dal colore dei soldi. Un disastro, del quale Polverini non può non portare il peso politico. Non ha mai controllato e comunque non controlla più la sua Giunta e i suoi consi- glieri. E se Fiorito, davanti ai Pm, parla del «sacco della Pisana» come di un vero e proprio «sistema», allora nessuno si può chiamare fuori. Meno che mai chi, consapevole o meno, siede al vertice della cupola affaristica. Come ci fu ai tempi di Piero Marrazzo (sia pure per ragioni completamente diverse), c’è oggi a maggior ragione un nodo politico che va tagliato, perché non si può più sciogliere. L’unico strumento per farlo sono le dimissioni. Immediate. «Vanno cacciati i mercanti dal Tempio del Pdl», ha urlato sdegnata la governatrice. Esca lei per prima, da quel finto «tempio» trasformato in un postribolo. [email protected] © RIPRODUZIONE RISERVATA REGIONE LAZIO LA BUFERA POLITICA Il governatore Sempre più tesi i rapporti tra Renata Polverini e i vertici del Pdl in Regione Lazio Dalla Polverini prove di dimissioni Poi prende tempo Mattinata in Regione poi dal ministro Cancellieri per capire cosa accade se decide di lasciare MATTIA FELTRI ROMA In Tv uindici ore di delirio, ecco che è stata la giornata di ieri. Durante la quale Renata Polverini ha rassegnato e ritirato le dimissioni due o tre volte, se si desse retta a voci e mezze voci. Ma siccome non è tutta fumisteria, di vero c’è che alle 14.30 la presidente del Lazio ha avuto un incontro (irrituale) con il ministro dell’Interno, Anna Maria Cancellieri, per capire nel dettaglio quali siano i tempi e i modi per lasciare la carica, organizzare il governo transitorio, indire nuove elezioni. Era mattino presto quando la Polverini aveva annunciato su Canale 5 l’intenzione di chiedere un colloquio al ministro, e quando dalla sua segreteria hanno confermato che il colloquio ci sarebbe stato, e in giornata, al Viminale o al telefono, l’idea che lei stesse per abbandonare si è parecchio rafforzata. E il perché lo si comprende da una mattinata tutta da raccontare. Prima la Polverini è passata in Regione - nel leggendario palazzo che era la sede cinematografica della megaditta del ragionier Fantozzi - poi in Questura per un ordinario vertice sulla sicurezza, e di nuovo in Regione dove le è arrivata notizia che non si riusciva a combinare nulla. I due di cui vuole la testa, il presidente del Consiglio regionale, Mario Abbruzzese, e il capogruppo del Pdl, Francesco Battistoni, non avevano nessuna inten- Q In mattinata Renata Polverini interviene a Mattino 5 e annuncia che chiederà un incontro al ministro dell’Interno Cancellieri per capire le procedure legate alle sue dimissioni Al Viminale Il governatore raggiunge il ministro dell’Interno e riceve rassicurazioni: se si dimette la giunta decade e resta in carica, sempre presieduta da lei, solo per gestire l’ordinaria amministrazione zione di mollare; né Angelino Alfano era in grado di darle una mano. La Polverini non ci ha visto più, ha mandato al diavolo (eufemismo) qualche collaboratore e se l’è filata a casa. Uno che era lì ha parlato di «crisi di nervi». Mah. Comunque erano anche appena uscite le foto in cui la si vede nel mezzo di quell’allegra compagnia di amministratori travestiti da legionari e opliti; in un primo momento ha innalzato qualche sacramento, ma poi le hanno fatto notare che la miglior prova di estraneità era l’impermeabile che aveva addosso, una sciagura estetica in quel quadro vivente. Però ne succedeva una ogni mezzora. Infatti, in tarda mattinata, nella conferenza dei capigruppo della Regione si è preso a mormorare dell’arrivo di tre avvisi di garanzia per altrettanti assessori. Assessori precisi, questioni imprecisate. La procura ha poi smentito, ma era uno spiffero finito dritto sul fuoco. È stato allora che la governatrice ha ricevuto una telefonata da Silvio Berlusconi. Il solito Berlusconi: ma no Renata, non fare così, ripensaci, tieni duro, ti aiuteremo a fare pulizia, forza Renata, poi ci vediamo stasera... E Renata s’è fermata a respirare. Ma dalla Cancellieri - dopo avere mangiato un boccone a casa - ci è andata come stabilito. La chiacchierata è durata un quarto d’ora. Il ministro ha chiesto parere all’avvocatura dello Stato, e così la Polverini ha saputo tutto: se (quando) si dimette, la giunta decade, rimane in carica soltanto per l’ordinaria amministrazione e continua a guidarla la Polverini medesima. A meno che non si trovi un cavillo bis, come lo si trovò per Piero Marrazzo, e il facente funzioni diventa il vicepresidente di giunta. Tecnicismi. E però attorno alla conversazione è fiorito un viluppo di ipotesi da emicrania, tutte quelle comprese fra Falso allarme Si diffonde la voce che la Polverini farà una conferenza stampa in cui rassegnerà le dimissioni, ma alle 18 non accade nulla. Berlusconi la chiama, le chiede di prendere tempo e l’invita a cena Cena saltata Renata Polverni rifiuta l’invito a cena formulato da Berlusconi e gli comunica: «Accetterò l’invito quando avrò le teste di Abbruzzese e Battistoni», Il presidente del consiglio regionale e il nuovo capogruppo Pdl la sceneggiata da ballatoio e il severo ai suoi assessori, li sta avvertendo passo istituzionale. Anche perché uno per uno che la festa è finita, ennon si capisce per quale motivo uno tro breve ci sarà una conferenza vada a informarsi al ministero del- stampa, poi andrà a Palazzo Grazioli l’Interno anziché dal suo ufficio lega- dal capo. Macché. Tutte fantasie. Di le. Insomma, ancora delirio, sempre sensato c’era soltanto la considerapiù delirio. E non ce n’è uno che non zione di Ugo Sposetti, deputato del abbia tentato di metterci il carico: in- Pd (ed ex tesoriere dei Ds): «Doveva formatori improvvisati ragguaglia- piantare tutto lunedì, avrebbe fatto vano su ulteriori un figurone e strillate, principi L’AVVERTIMENTO l’avrebbero rieletdi malori, svenicol sessanta per «Il Consiglio non ha capito ta menti in luogo cento». Un consiche bisogna “fare” invece glio arrivato anche pubblico. In realtà di darsi a lotte intestine» da qualche amico la Polverini s’è tappata in ufficio a che la Polverini confermare, teleIL CAVALIERE non ha voluto sefonando a questo come non ha Il leader Pdl le ha chiesto guire, a quello, che le divoluto - in quel codi ripensarci e le ha dato mizio impetuoso e missioni arrive«massime rassicurazioni» rubicondo in Conranno molto presto, se prima non siglio regionale arriverà la resa del Pdl. Un disinvolto chiedere ad Abruzzese e Battistoni moltiplicarsi di ultimatum. di levarsi di mezzo. Lo ha chiesto ieri Situazione complicata? Come no. direttamente a Berlusconi, anche se Ma a incasinarla ulteriormente ci si ha rifiutato l’invito serale: «Ci andrò sono messi persino i deputati del quando avrò le teste di quei due», ha centrodestra - non avessero i loro detto in ultimo furibondeggiare. Faguai - che a Montecitorio, pomerig- rò il possibile e l’impossibile, le ha gio inoltrato, si sono incaricati di dif- detto l’ex premier. Rassicurazioni fondere le loro disinformatissime massime, altroché. Soprattutto del certezze: la Polverini sta telefonando fatto che oggi ricomincerà il delirio. Fiorito dai pm: estraneo, ecco perché Ma il lungo interrogatorio (7 ore) non convince la procura GRAZIA LONGO ROMA «Sono tranquillissimo, io non ho rubato. I ladri sono altri, ne sentirete delle belle» aveva annunciato prima di entrare a raccontare la sua verità ai magistrati, nella caserma della Nucleo valutario della Finanza. E ha mantenuto la parola. Un interrogatorio fiume, 7 ore, in cui Franco Fiorito, l’ex capogruppo Pdl regionale indagato di peculato, si difende a spada tratta. «Abbiamo fornito agli inquirenti materiale la cui verifica può chiarire la posizione del mio assistito» dichiara a verbale chiuso l’avvocato Carlo Taormina. Fiorito ha spiegato che, in qualità di capogruppo e tesoriere aveva la facoltà di non giustificare le spese. Lo stabiliva un regolamento interno che imponeva invece agli altri 16 consiglieri Pdl di giustificare le spese. «Ma non lo facevano, spendevano gran parte in festini e in cene», ha aggiunto. E non ci sta a passare come il ladro del partito: «So di non avere commesso alcun illecito, ma se ho sbagliato pagherò». Accusato di aver prelevato dalla cassaforte del Pdl del Lazio 753 mila euro con 109 autobonifici, accusa i compagni di partito. Uno scandalo politico-giudiziario arroventato. Un terremoto che ha messo in ginocchio la Regione Lazio. Un’inchiesta che al momento è concentrata su un solo indagato. Lui, Franco Fiorito, Er Batman – 1 metro e 90 per 170 chili – di Anagni, sua città d’origine e feudo elettorale. Lì ha conosciuto il successo come sindaco, ma anche la polvere di una condanna dalla Corte dei Conti. Con sentenza dello scorso 13 gennaio 2007 ha dovuto pagare circa 3mila euro per aver usato fondi pubblici con finalità elettorali. I fatti risalirebbero allo scorso 2003, quando i cittadini della provincia di Frosinone si videro arrivare, con il nuovo elenco telefonico, un depliant turistico della città di Anagni, gestita in quel periodo dall’allora primo cittadino e candidato alle provinciali. Ma quella di oggi è un’altra storia. Ci sono in ballo quasi 800 mila euro rubati al partito e il dubbio che ne siano spariti altri. Destinati a chi e a che cosa? L’attenzione di inquirenti e investigatori è rivolta anche ad altri soggetti, tipo i destinatari di alcuni bonifici di Fiorito, tra cui consulenti della Regione Lazio. Il procuratore aggiunto, Al- L’inchiesta sta procedendo con indagini serrate, approfondite ed estese con gli accertamenti del Nucleo valutario della Guardia di Finanza che si stanno concentrando sui destinatari di alcuni bonifici di Fiorito. Tra gli intestatari dei bonifici ci sarebbero anche dei consulenti della Regione Lazio e in queste ore si sta cercando di chiarire il motivo dei bonifici e a che titolo L’ex tesoriere replica agli attacchi: «I ladri sono altri, ne sentirete delle belle» berto Caperna e il sostituto Alberto Pioletti hanno chiesto conto all’ex tesoriere Pdl, assistito dall’avvocato Carlo Taormina, del suo patrimonio. Case (tranne due a Roma, che non risultano intestate a lui), una villetta al Circeo (acquistata con il mutuo), e poi appartamenti di proprietà tra Roma e Anagni, oltre a terreni in Ciociaria. E poi c’è la storia dei 5 conti correnti aperti in Spagna. E il conto cointestato alla madre, aperto presso la filiale di Anagni. L’ex tesoriere del Pdl in Regione Lazio è indagato per peculato perché secondo l’accusa si sarebbe appropriato di 800 mila euro destinati al partito Fiorito li avesse destinati a loro. Ma non solo. Anche voci, smentite, di imminenti provvedimenti che potrebbero coinvolgere altri esponenti politici della regione Lazio. Tutto mentre Fiorito insiste nel negare ogni addebito giudiziario, «mai rubato soldi del Pdl». La sua linea era stata annunciata dall’avvocato Taormina («c’è chi ha speso i soldi pubblici con le prostitute») e l’indagato insiste nel coinvolgere alcuni compagni di partito. Come i «consiglieri Miele e Bernaudo», destinatari, per Fiorito, di «ostriche e champagne acquistati con soldi pubblici». «I magistrati - conclude Taormina hanno elementi per scoprire la verità».