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Ecco il sistema Polverini

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Ecco il sistema Polverini
Scandalo Lazio, “er Batman” parla per ore e accusa i compagni di partito con uno scatolone di carte. Giorno di tensione, malore della presidente
“Ecco il sistema Polverini”
Fiorito dai pm. La governatrice: me ne vado. Berlusconi tenta di fermarla
PERCHÉ DEVE
DIMETTERSI
MASSIMO GIANNINI
ASTA guardare le foto della trucida serata in costume al Foro Italico. Quel festino buzzurro, dedicato agli dei
dell’Olimpo, è in realtà il penoso
Satyricon di una pseudo «classe
dirigente» cafona, disonesta e irresponsabile. Quel rito ruffiano
e villano riflette le miserie di una
certa destra romana e laziale,
ma amplifica una certa idea predatoria della politica che domina l’intera scena italiana. In quel
rozzo carnasciale capitolino,
anche Renata Polverini è ormai
una maschera tragicomica. Per
questo, neanche lei merita di rimanere al suo posto un minuto
di più. La Sprecopoli all’amatriciana che travolge la Regione è
uno scandalo infinito.
SEGUE A PAGINA 37
B
L’interrogatorio
“Io non rubavo
io distribuivo...”
CARLO BONINI
MARIA ELENA VINCENZI
STATA davvero la notte di
Batman. E del Partito della libertà. E della giunta regionale. E della sua governatrice, Renata Polverini. È stata la
notte del “Sistema”.
SEGUE A PAGINA 2
BEI E FAVALE A PAGINA 3
È
Il racconto
Il toga party
del centrodestra
FRANCESCO MERLO
Renata Polverini alla festa
ICORDATE Berlinguer in
braccio a Benigni, l’effetto simpatia, la politica ingentilita nell’incontro tra il leader e l’artista? Ebbene, paragonate quelle immagini con le foto
della presidente della Regione
Lazio, Renata Polverini, accanto
allo schiavetto dell’antica Grecia, una specie di Antinoo e di
Aspasia.
SEGUE A PAGINA 4
R
llaa RReeppuubbbblliiccaa
IL
CASO LAZIO
POLITICA
INTERNA
GIOVEDÌ 20 SETTEMBRE 2012
■2
GUERRA INTERNA
PECULATO
TAGLI AI FONDI
Il nuovo capogruppo
pdl alla regione Lazio,
Battistoni, accusa il
predecessore Fiorito
di aver usato per sé i
fondi del partito
Il 12 settembre
Fiorito è indagato per
peculato, ma accusa
Battistoni di aver
usato i fondi per fare
festini
La presidente della
Regione Lazio, Renata
Polverini, ha chiesto
di tagliare i fondi ai
gruppi e di eliminare
quasi tutte le auto blu
La vicenda
L’inchiesta
Lo scatolone di Fiorito
“Io distribuivo, non rubavo
ecco le carte del Sistema”
Fa i nomi di Abbruzzese e altri 8 consiglieri
(segue dalla prima pagina)
EX
CAPOGRUPPO
CARLO BONINI
MARIA ELENA VINCENZI
L’ex
capogruppo
regionale del
Pdl Franco
Fiorito,
indagato
dalla procura
di Roma
per peculato
A sinistra,
l’appartamento in via
Margutta
a Roma
ROMA
ERCHÉ quando sono ormai le 9
della sera e si trascina già da sei
ore negli uffici del Nucleo di polizia valutaria della Guardia di Finanza il suo interrogatorio con il procuratore aggiunto Alberto Caperna e il sostituto Alberto Pioletti, Franco Fiorito
indica due scatoloni entrati con lui
nel primo pomeriggio in caserma e da
lui conservati lì dove, evidentemente,
le perquisizioni dei giorni scorsi non
erano arrivate. Un secretairedella vergogna accumulato negli anni e negli
anni diventato una formidabile arma
di ricatto. Lì dentro, carte, email, fatture che documentano la dissipazione di denaro pubblico di almeno 7-8
consiglieri di maggioranza. Altro che
quel modesto scartafaccio fatto circolare nei giorni scorsi in risposta al
dossier Battistoni. Altro che semplice
“memoriale”, di cui pure, nelle ultime
ore, si vociferava con terrore nei conciliaboli Pdl della Pisana. Un’arma
politica fine di mondo, che ora lui,
batman o Federale che dir si voglia,
consegna ai pm con un epitaffio, appunto: «Questo è il Sistema». «Io non
rubavo. Non ho mai rubato. Se ho
sbagliato l’ho fatto in buona fede, e
comunque pagherò. Io distribuivo risorse. E di quel che ho preso posso dare giustificazione. Altri del partito non
penso siano in grado di farlo».
Solo oggi sarà ragionevolmente
P
Indagata
ASSESSORE
Angela
Birindelli,
assessore
all’Agricoltura
della giunta
Polverini,
è indagata dai
pm di Viterbo
per corruzione
e tentata
estorsione:
avrebbe ordito
una macchina
del fango contro
Battistoni
possibile comprendere la dimensione, il dettaglio, l’eventuale solidità e
soprattutto la natura della chiamata
di correo di Fiorito in un interrogatorio finito alle 22.30. Dove cioè, nelle sue parole di questa notte, finisca
il codice penale e comincino le questioni che attengono alla responsabilità politica. Se dunque, come
sembra, alla Polverini, alla Giunta, al
presidente dell’assemblea Mario
Abbruzzese, al segretario generale
Nazareno Cecinelli, e in generale alla maggioranza che governa la Pisana ed evidentemente alla componente Forza Italia del Pdl, Fiorito
contesti l’inerzia politica con cui, sapendo, hanno tollerato e incoraggiato quel Sistema. Dimostrando fino a ieri un pantagruelico appetito
di ieri nell’uso del denaro pubblico,
che ora si fa ipocrisia. Quella di chi
conosceva appunto le regole del gio-
co e oggi pensa che offrire lui al ludibrio del Paese come capro espiatorio possa essere il lavacro di colpe
collettive. E’ un fatto che il senso
complessivo del suo interrogatorio
— almeno per quel che è possibile ricostruire in questo momento — è
proprio in quella parola, “Sistema”,
Interrogatorio-fiume
“Posso giustificare
ciò che ho preso
Altri del Pdl non so se
sono in grado di farlo”
non a caso ripetuta di fronte ai pm ed
evocata alla vigilia dal suo avvocato
Carlo Taormina nella sua declinazione più brutale. «Era un porcile. E
se Fiorito ha una colpa è di aver fatto
politica in quel porcile».
Una linea di difesa a suo modo “lineare”, come pure aveva lasciato intendere sin qui. Dichiararsi innocente perché colpevole «non di aver
rubato denaro pubblico» (peculato), ma piuttosto di aver utilizzato
fondi di Partito, in quanto tali “privati”, «come tutti facevano» (al più,
un’appropriazione indebita). Naturalmente, con tutte le difficoltà — a
quanto pare manifestate palesemente anche ieri di fronte ai pm — di
dover giustificare la natura “politica” di un parco auto e moto di lusso
a lui intestato, di un tenore di vita da
Creso, di almeno 8 fabbricati di proprietà, di un uso sistematico di conti all’estero, di una villa al Circeo e di
3 case a Roma, due delle quali in affitto. L’ultima, individuata in via
Margutta, al 51/b. Duecentocinque
metri quadri di proprietà dell’Ipab
Sant’Alessio affittati a 4 mila euro al
mese. Con un portoncino di legno
all’ingresso annunciato non dal suo
nome, ma da una targa “Attenti al
cane”, arricchita da una chiosa a
pennarello “Che è frocio”.
Le prossime ore diranno di quale
intensità è la scossa data da Fiorito.
Spunta una casa di
oltre 200 metri
quadri data in affitto
all’ex capogruppo in
via Margutta
E’ un fatto che la partita giudiziaria
promette di farsi terminale. Come
dimostrano le indiscrezioni che vogliono indagato l’assessore regionale all’ambiente Marco Mattei in
Il retroscena
Polverini minaccia le dimissioni
Berlusconi la frena: ci mandi a fondo
Ma la governatrice vuole la testa dei big del Pdl in Regione
FRANCESCO BEI
MAURO FAVALE
I personaggi
ROMA — Adesso il Cavaliere ha
paura. Nel gorgo melmoso della
regione Lazio, che sta risucchiando un’intera classe dirigente, teme di finirci dentro egli stesso.
Per questo ieri, rientrato a Roma
per tamponare una possibile
scissione degli ex An, come prima
cosa ha cercato un incontro a
quattr’occhi con Renata Polverini. Invano. La governatrice, sul
punto di dimettersi e trascinare a
fondo il Pdl, si è negata per tutto il
giorno. Solo dopo ripetuti tentativi ha accettato di parlare con
l’ex premier (grazie al cui impegno ha vinto le elezioni nel 2010)
ma solo al telefono.
Il Cavaliere ha tentato la mozione degli affetti: «Renata, noi
siamo con te. Ma non puoi molla-
BERLUSCONI
La presidente
del Lazio parla di
“disastro in corso”
E per lo stress viene
colta da un malore
FOTO: AGF
un’inchiesta della Procura di Velletri sulle acque. Ma, soprattutto, come documenta l’invito a comparire
firmato dalla Procura di Viterbo che,
nel pomeriggio, raggiunge Angela
Birindelli, assessore regionale all’Agricoltura. Fiorito, in questo caso,
non c’entra, ma l’indagine in questione è un altro capitolo della dissoluzione del Pdl e della maggioranza di centro-destra alla Pisana. Indagata per corruzione e tentata
estorsione, la Birindelli è accusata di
aver messo insieme, per poche migliaia di euro (18 mila, versati
all’“Opinione di Viterbo”), una
macchina del fango di provincia utile ad annichilire la reputazione di
Francesco Battistoni, assessore che
l’aveva preceduta e grande accusatore di Fiorito.
(ha collaborato Francesco Salvatore)
© RIPRODUZIONE RISERVATA
re adesso, sarebbe un disastro.
Non solo regaleremmo alla sinistra il Lazio ma ci sarebbe un effetto domino che ci farebbe perdere anche le Politiche». Raccontano che Silvio Berlusconi abbia
poi chiamato Antonio Tajani, il
vicepresidente della Commissione Ue ma soprattutto capocorrente del Pdl laziale, cercando
di persuaderlo della necessità di
«scaricare» Franco Battistoni e
Mario Abbruzzese: il primo neocapogruppo del Pdl e rivale di
Franco Fiorito, il secondo presidente del consiglio regionale e responsabile del sistema che assegna milioni di euro ai gruppi. Subito dopo il Cavaliere avrebbe telefonato direttamente a Battistoni promettendogli di ricompensarlo in altro modo: «Mi appello al
tuo senso di responsabilità». Una
chiamata arrivata mentre il capogruppo era a cena con i suoi colleghi di corrente in un ristorante
del centro per decidere cosa fare.
Probabile, a questo punto, che il
passo indietro arrivi oggi stesso.
D’altronde, Battistoni e Abbruzzese sono i due uomini di cui
la Polverini pretende la testa per
non dar corso alla minaccia di dimissioni, oltre all’approvazione
ELLEKAPPA
Il leader Pdl chiama la
governatrice Polverini
e tenta di convincerla a
non gettare la spugna,
promettendo sostegno
al suo “repulisti”
BATTISTONI
Il capogruppo Pdl
succeduto a Fiorito
dovrebbe annunciare
nelle prossime ore le
dimissione dopo il
pressing del partito
ABBRUZZESE
Presidente del
Consiglio regionale del
Lazio. Sotto la sua
gestione parte la
distribuzione a pioggia
dei fondi ai gruppi
POLVERINI
Fino a sera sono
rimaste in bilico le
dimissioni minacciate
dal governatore del
Lazio sulla scia dello
scandalo Pdl-Fiorito
rapida dei nuovi tagli ai costi della politica che dovrebbero essere
votati domani dalla Pisana. La
governatrice non considera «affidabili» né il capogruppo né il presidente e ha deciso che serva ormai un “sacrificio umano” per
proseguire una legislatura al momento compromessa. Eppure
non è detto che questo basti a farla retrocedere dall’intento di
mollare il Lazio al suo destino.
Nelle ultime ventiquattrore infatti il mondo è crollato addosso a
«Renata», ancora debilitata dalla malattia e
dall’operazione subita a fine agosto.
Lo stress di questi giorni ha pesato. Così, ieri mattina, dopo due giorni quasi concilianti, la Polverini
ha deciso im-
provvisamente lo show down.
Con l’annuncio di un incontro al
Viminale con il ministro Annamaria Cancellieri «per capire, nel
caso in cui si proceda in questo
disastro, quali sono i tempi e le
condizioni per andare al voto». La
legge parla chiaro: 90 giorni per
indire le elezioni e 45 di campagna elettorale, alle urne si andrebbe a febbraio. Un tempo che
potrebbe essere scandito da uno
stillicidio “giudiziario”, tra inchieste e rivelazioni di nuovi episodi di malversazione.
Dal Pdl, infatti, ieri è
stato tutto un rincorrersi di voci
su indagini
che stanno in
queste ore
coinvolgendo
anche la giunta Polverini.
Niente, al mo-
mento, che abbia a che fare con il
filone principale, quello per peculato che vede indagato per ora
solo Fiorito, ma piuttosto rivoli di
inchieste locali che toccano a Viterbo l’assessore all’agricoltura,
Angela Birindelli (in una storia in
cui è coinvolto, ancora una volta
da accusatore, Battistoni) e a Velletri quello all’ambiente Marco
Mattei.
Anche per questo (e sempre da
fonti Pdl) più volte ieri è stata annunciata una conferenza stampa
nella quale la Polverini — descritta come «stanca» e «ai limiti dell’esaurimento nervoso» —
avrebbe dovuto comunicare le
sue dimissioni. «Fuoco amico»,
per la governatrice che ormai
considera il partito un alambicco
di veleni. «Sono quelli di Tajani a
mettere in giro queste voci per difendere le poltrone di Abbruzze-
Il Cavaliere chiede
a Battistoni di farsi
da parte. “Qui ci
giochiamo anche
le politiche”
se e Battistoni», spiegano dalla
Regione. Ieri pomeriggio, riunita
con i suoi fedelissimi, con la sensazione di essere finita in un vicolo cieco, la presidente ha avuto un
cedimento e ha chiesto che la
portassero a casa. «Io altri due anni così non li reggo», ha confidato.
Dalla sua abitazione sull’Aventino ha potuto leggere le dichiarazioni di mezzo centrodestra che la scongiurava di non
mollare, promettendo di dar corso al repulisti interno. E anche
l’Udc e Gianni Alemanno sono
andati in pressing sulla governatrice per evitare lo scioglimento
del consiglio. Il sindaco di Roma
teme che lo scandalo della Regione (legato, per altro, a un uomo
della sua corrente come Fiorito)
comprometta definitivamente la
sua corsa per il Campidoglio finora già accidentata. La risposta
della Polverini è stata sempre la
stessa: «Per me oggi non ci sono le
condizioni per andare avanti. Ma
aspettiamo domani. Pretendo
una risposta all’altezza della crisi». Nel Pdl sperano sia solo la minaccia estrema di una sindacalista abituata a trattare duro.
© RIPRODUZIONE RISERVATA
Il racconto
I FASTI
Annagrazia
Calabria con la
Polverini al party
A destra, il sindaco Alemanno
ispeziona Ponte
Milvio in vista
di una festa
FRANCESCO MERLO
(segue dalla prima pagina)
ROMA
IFLETTETE quindi sull’effetto
degradazione, sulla politica ridotta a bava trimalcionesca nell’incontro tra la leader della destra e il
simulacro dell’artista, la donna capo
che Berlusconi proprio in queste ore
avrebbe voluto lanciare come suo successore e che precipita invece nel ridicolo di questa mascherata che fa da
sfondo alla più colossale ruberia di danaro pubblico nella Roma della seconda repubblica.
Video e foto di questo ricevimento
in costume che il festeggiato De Romanis, vestito da Ulisse, ha definito «sobrio e misurato», vanno molto al di là
del cattivo gusto, del kitsch che in fondo è stato studiato da Gillo Dorfles come stile. Qui siamo nella pacchianeria
grottesca e casuale, una vera sarabanda di puttanate, uno spettacolo di trivialità senza alcun nesso se si esclude
l’idea che «semo romani» e dunque
«semo pure greci». I grecoromani sono
duemila, alcuni però vestiti da maiali
con le mani che acchiappano cosce
mentre le “puellae” in tunica si leccano i musi e finalmente la scrofa prende
il posto della lupa capitolina. Direbbe
forse Marcuse che l’Ergon metafisico
del generone romano ha la meglio anche sull’Eros romantico da ammucchiata.
E lo sgangherato Vulcano, che sembra la controfigura dello Zampanò di
Fellini mentre spezza le catene, è un
consigliere comunale, un Paravia
nientemeno, oggi con Storace, rampollo degli imprenditori degli ascensori. E ci sono pure l’assessore regionale
Stefano Cetica, ex segretario della Polverini stessa, e Annagrazia Calabria, la
più giovane deputata Pdl. Chi fa Mercurio e chi fa Plutone con una Olimpia
Colonna nel ruolo della Medusa, e noi
speriamo che questo ramo caduto sia
anche cadetto.
R
Il toga-party alla vaccinara
ancelle, maiali e champagne
alla corte del governatore
E Alemanno prepara una festa di centurioni
ALL’“ULISSE PARTY”
Sopra, Renata Polverini
alla festa in abiti da
antichi greci che fu
organizzata dal
consigliere regionale
Carlo De Romanis
La parabola della donna
che Berlusconi vorrebbe
suo successore e che
precipita nel ridicolo di
questa mascherata
Nella linfa della Roma carnascialesca ci sono i produttori televisivi come
Aurelia Musumeci e i cosiddetti “public relation” come Olimpia Valentini
di Laviano: «Ho un brutto vizio da pr e
mi diverto a fare le campagne elettorali». Come si vede, l’impiastricciata e gelatinosa antropologia, quella dai mestieri vaghi e imprendibili che altrove
produce “i creativi”, a Roma subito si
degrada nel galoppino elettorale e nel
portaborse.
E nel video del cosiddetto backstage
della festa tutti comunicano il loro divertimento emettendo suoni gutturali. C’è un omone grande e grosso che
grufola e potrebbe essere Menelao o
forse il divino porcaro Ermeo. Qualcuno più che a un antico greco somiglia a
un turco o a un mongolo con i baffi
spioventi. Costumisti e truccatori
sembrano le sole persone normali, i
gladi sono di plastica, il peplum ha i
merletti appiccicaticci, la colla svela la
natura dozzinale della scena, e c’è pure una cornucopia da dove fuoriesce
una rosa che non sembra neppure una
rosa tanto è brutta, e infatti viene stritolata da una mano di donna stretta tra
due maiali e con le unghia laccate di un
orribile blu opaco. La festa è così tamarra che ai suoi tempi non riuscì neppure a guadagnarsi la vetrina di Dagospia, solo un trafiletto sul Messaggero
con la foto della Polverini e ovviamente un servizio su “Parioli Pocket”, che è
no dopo aver trionfato sul pagano
Massenzio passerà con i suoi uomini il
Ponte Milvio». Gli chiedo se è per questo che il ponte è stato ripulito dai lucchetti dell’amore e Perina, vinta l’iniziale reticenza, ammette questo secondo miracolo: «Beh, certo non c’entravano molto con Costantino. E però i
lucchetti non sono tanto male. Vedrai
che li rimetteranno».
Ecco dunque che si capisce meglio
perché questa foto della Polverini con
il suo Antinoo riccioluto racconta l’epoca molto più dei verbali giudiziari,
dello scandalo dei soldi pubblici finiti
a ostriche, del costo della casta ciociara, dell’antropologia impresentabile
der Batmàn che non è il popolo del Lazio che assedia Roma ma è la sua schiuma. La festa in (mal)costume sul viale
delle Olimpiadi e sulla scalinata di Valle Giulia per divertire il vicepresidente
del gruppo consiliare del Pdl non è stata insomma lo sfogo del solito burino
pittoresco, non è l’assalto del Viterbese e del Frusinate che sfidano la capitale. C’è invece tutto il degrado politico e
umano di una sottocultura che è stata
per troppi anni vincente in Italia, la
stessa del sindaco Alemanno che si traveste da spazzaneve, da vigile urbano,
da idraulico, da spazzino e da stradino.
E ogni 21 aprile presenzia alle sfilate del
Natale di Roma, dà il via ai legionari e ai
carri che percorrono i Fori imperiali,
accende la miccia dei fuochi d’artificio
al Circo Massimo, promuove la ricostruzione di un accampamento a villa
Celimontana e due siparietti pastorali
in onore del dio Pale che ricordano la
pagliacciata di Bossi in onore del dio Po
con il rito dell’ampolla.
Il presidente della commissione
cultura di Roma Federico Mollicone
organizza ogni anno il grande carnevale — un milione e mezzo di euro — e anche il sindaco Alemanno e sua moglie
Isabella indossano i costumi presi in
affitto al teatro dell’Opera per partecipare alla festa in maschera che la no-
È il mondo dei figli
degenerati dei gladiatori
di cartapesta, che almeno
si limitano a molestare i
turisti al Colosseo
IN MASCHERA
Donne vestite da
ancelle e uomini con
maschere di maiali,
tra le più gettonate alla
festa del consigliere pdl
Carlo De Romanis
la rivista di riferimento degli aspiranti
semivip della capitale.
Così diventa persino banale la Crapulopoli del Lazio, con i suoi conti correnti coperti, le cene, le case, le auto di
lusso e il peculato. È vero che er Batman, l’ex capogruppo ed ex tesoriere
del Pdl Francone Fiorito, assistito e
ispirato dall’avvocato Taormina, il
quale è un altro Batman ma delle cause perse, da ieri racconta ai magistrati
«quel gran giro de quatrini» trascinandosi dietro tutti, ma proprio tutti, perché «la guera è guera» e, come si dice tra
legionari non solo ciociari, «camerata,
camerata / fregatura assicurata».
Ma rubare è quasi un dettaglio in
questa sciagura etica ed estetica che è
l’abuso dei simboli, dei miti e della storia antica, l’idea di patacca che la destra italiana ha della romanità e dell’antichità classica. Per capire quanto
sia importante questo ciarpame nel-
l’attuale decadenza è bene sapere che
il momento magico del miserabile suk
della memoria è previsto il 27 e 28 ottobre con una grandiosa celebrazione
della battaglia di Ponte Milvio e del miracolo di Costantino. Il sindaco Alemanno e il suo cerimoniere acculturato Broccoli stanno organizzando, riservatamente «per fare una sorpresa ai
romani», una straordinaria festa celebrativa dell’identità cristiana di Roma
con l’idea di stupire e forse pure di istupidire il mondo: «L’esperienza più eccitante mai vista, un monumento alla
Romanità, qualcosa che i bambini del-
REPUBBLICA.IT
Il videocommento
di Massimo
Giannini
le scuole ricorderanno per il resto della loro vita». E benché il programma sia
ancora top secret, Marco Perina, vicepresidente del XX Municipio, me lo illustra con fierezza vanitosa. Dunque
«a Saxa Rubra, perché è li che in realtà
nel 212 è avvenuta la battaglia e non sul
Ponte Milvio, il 27 ottobre verrà ricostruito un castrum, un accampamento romano con macchine da guerra,
tende, e ovviamente i centurioni, i decurioni …».
E l’indomani mattina verrà messa in
scena la battaglia e «finalmente nei cieli dei colli fatali, al tramonto, un fascio
di potentissime luci scriverà “in hoc signo vinces” mentre l’imperatore Costantino…». Lo interrompo: lui in carne ed ossa? «Ma no che c’entra, un figurante…, leverà in alto la croce con il
cerchio, che si chiama Chi-rò».
Infine Perina, che intanto si è infiammato, mi annunzia che «Costanti-
biltà romana organizza in piazza Colonna.
Dietro questo bisogno di nascondersi, di guardarsi allo specchio e di riconoscersi nella parodia del passato
c’è lo spavento di un ceto sociale che,
arrivato al potere come ruota di scorta
del carro di Berlusconi, ha surrogato la
legittimità con i baffi posticci, con le
parrucche, con l’identità urlata e frullata dove Cesare si confonde con Pericle, dove la toga diventa tirso e viceversa, e la romanità è una specie di opera
dei pupi, una fiction, uno show televisivo sì, ma di Teletuscolo…
Eppure persino la sinistra si era illusa che a lungo andare questa destra potesse generare nel mondo berlusconiano una certa qualità sociale e culturale, nel nome degli Ugo Spirito e di
Gentile, di Marcello Piacentini e della
sociologia di Gaetano Mosca, e ancora
della prosa Longanesi e della terza pagina di Monatnelli, con Ionesco, Junger, Rosario Romeo, a Nicola Abbagnano a Mario Praz. E invece abbiamo
er Batman al quale dobbiamo lo scandalo della verità: non era, come pensavamo noi, solo un mondo inadeguato,
quello della Polverini e di Alemanno.
Ci sono pure i ladri e non soltanto i pessimi amministratori. Ma è soprattutto
il mondo dei figli degenerati dei gladiatori di cartapesta, che almeno si limitano a molestare i turisti al Colosseo.
© RIPRODUZIONE RISERVATA
L’AMACA
MICHELE SERRA
o questo Franco Fiorito lo conosco. E lo conoscete anche voi. Lo abbiamo visto dietro il bancone di un bar. Alla guida di un autobus. Alla cassa di una pescheria. In coda all’ufficio postale. È un normotipo popolare italiano.
Franco Fiorito, “er federale de Anagni”, è uno di noi.
La parola “casta” è perlomeno fuorviante. Lascia intendere che esista un ceto parassitario alieno alla brava gente
che lavora, quasi una cricca di invasori. Purtroppo non è
così. Tra casta e popolo c’è osmosi, e un continuo, costante passaggio di consegne. Fiorito non nasce ricco e non nasce potente. Fiorito è un prodotto della democrazia. Molti
italiani che oggi sbraitano contro la casta, ove ne facessero
parte, sarebbero identici a Franco Fiorito, per il semplice
fatto che sono identici a Franco Fiorito anche adesso. Non
si cambia un paese se non cambia il suo popolo, non migliora un paese se non migliorano le persone, la loro cultura, le loro ambizioni. Il mito della “democrazia diretta” non
mi cattura perché non tiene conto di un micidiale dettaglio:
se a decidere direttamente chi dovrà rappresentarli sono i
Franco Fiorito, eleggeranno in eterno Franco Fiorito.
I
© RIPRODUZIONE RISERVATA
PERCHÉ DEVE DIMETTERSI
MASSIMO GIANNINI
(segue dalla prima pagina)
agari più triviale nella
forma: le tuniche
bianche della Magna
Grecia e le ostriche da
«Pepenero», i villoni zotici al Circeo e le residenze a Tenerife, le
escort discinte e i Suv neri. Ma
uguale, nella sostanza, a tanti altri
esplosi in questi ultimi mesi (da
Lusi a Bossi): soldi pubblici per pagare vizi privati. Con un’aggravante in più: di fronte al saccheggio sistematico perpetrato dall’intero
gruppo dirigente del glorioso Partito delle Libertà, di tutto si può
parlare fuorchè della solita, autoassolutoria «mela marcia».
Nella Gotham City laziale, a fare
carne di porco dei fondi di partito,
non c’è solo «er Batman» di Anagni. Franco Fiorito, nell’intervista
rilasciata ieri a questo giornale,
chiama in causa tutto il vertice
consiliare, da Miele a Battistoni.
L’inchiesta farà il suo corso, la magistratura accerterà le colpe e deciderà le pene. Ma le cifre parlano da
sole. Dopo due anni di allegra gestione del «federale» ciociaro, dalle casse del Pdl sono spariti 6 milioni di euro: in cassa ne restano
solo 400 mila.
La Regione Lazio è una formidabile macchina macina-soldi e
moltiplica-poltrone: 15 assessori,
71 consiglieri regionali, 17 gruppi
consiliari, 16 commissioni permanenti, 3 commissioni speciali. I
consiglieri laziali percepiscono
uno stipendio base, più cinque indennità specifiche, che porta il totale a 13.321 euro al mese: il doppio
di quello dei consiglieri lombardi.
Il gruppo del presidente della Regione, con solo 13 eletti, incassa
2,6 milioni di rimborsi elettorali
dallo Stato.
Ora la governatrice, sommersa
dal fango auto-prodotto dal suo
quartier generale, costringe la
giunta a tagliare del 30 per cento i
trasferimenti al Consiglio regionale, a ridurre il numero di commissioni e a limitare il parco delle
auto blu. Ma dov’era Polverini in
questi anni, mentre il suo avido
«inner circle» si distribuiva privilegi, favori e prebende di ogni tipo?
Dov’era, mentre i suoi assessori si
spartivano vitalizi per 1 milione
l’anno, e il suo fotografo personale lucrava dalla Regione contratti
da 75 mila euro l’anno? Dov’era,
anche lei, se non ai coattissimi Toga Party di Carlo De Romanis?
Tre giorni fa, la governatrice ha
avuto comunque il coraggio tardivo di scoperchiare il verminaio di
fronte agli italiani. In una drammatica seduta del Consiglio regionale, Polverini ci ha messo finalmente la faccia e ha chiesto scusa
ai cittadini. Ha parlato di una
enorme «catastrofe politica». Ha
evocato un cancro estirpato (il
suo, per il quale le dobbiamo i nostri auguri più sinceri) e un cancro
da estirpare (il gigantesco malaffare che dilaga nel Pdl e nella sua
Giunta). «O si cambia, o si va tutti a
casa», ha tuonato con un impeto
che finora l’aveva scossa solo in
qualche intemperanza rissaiola
sulla piazza di Genzano o alla fiera
del peperoncino di Rieti.
Ma poi si è fermata lì. Il «cambiamento» tanto invocato non c’è
stato per niente. O è stato solo di
purissima facciata. Un taglietto
qua e là, qualche incarico in meno
e qualche macchina di servizio in
garage. Niente di più. Così ieri la
governatrice ha rilanciato l’ennesimo e ormai grottesco «penultimatum». «Serve una svolta, o me
ne vado». Ma non se n’è andata.
Forse non se ne va. Dopo aver legato a suo tempo con Gianfranco
Fini e poi «trescato» con Pierferdinando Casini, ora deve discutere
niente meno che con Silvio Berlusconi, preoccupato dalle impatto
negativo di una sua eventuale
uscita di scena sugli equilibri nel
partito e sulle prospettive nel Lazio.
M
È la solita farsa italiana, dove
prevale la regola del «tutti colpevoli nessun colpevole». «L’antipolitica siamo noi», ha gridato la
governatrice ai suoi, livida di rabbia e indignazione. Giustissimo.
Ma allora bisogna trarne qualche
doverosa conseguenza, se non si
vuole che tutto (sprechi, scandali e
guarentigie dell’esecrata Casta) finisca sempre e solo per ingrassare
la piena del grillismo o dell’astensionismo.
Ed è anche la solita destra berlusconiana, dove l’impunità è la regola e la responsabilità (oggettiva
o soggettiva) non esiste. «Cultura
di governo», «nuovo blocco sociale»: quante se ne sono scritte e sentite, in questi anni, sul presunto
capolavoro del Cavaliere, capace
di far risorgere
dalle ceneri
della Dc, il
«grande partito di massa dei
moderati».
Eccoli all’opera, i sedicenti «moderati»
del Lazio. Famelici e cinici.
Uniti non dal
valore della militanza, ma solo dal colore dei
soldi. Un disastro, del quale
Polverini non
può non portare il peso politico. Non ha mai
controllato e
comunque
non controlla
più la sua Giunta e i suoi consi-
glieri. E se Fiorito, davanti ai Pm,
parla del «sacco della Pisana» come di un vero e proprio «sistema»,
allora nessuno si può chiamare
fuori. Meno che mai chi, consapevole o meno, siede al vertice della
cupola affaristica.
Come ci fu ai tempi di Piero
Marrazzo (sia pure per ragioni
completamente diverse), c’è oggi
a maggior ragione un nodo politico che va tagliato, perché non si
può più sciogliere. L’unico strumento per farlo sono le dimissioni.
Immediate. «Vanno cacciati i mercanti dal Tempio del Pdl», ha urlato sdegnata la governatrice. Esca
lei per prima, da quel finto «tempio» trasformato in un postribolo.
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REGIONE LAZIO
LA BUFERA POLITICA
Il governatore
Sempre più tesi i rapporti tra
Renata Polverini e i vertici
del Pdl in Regione Lazio
Dalla Polverini
prove di dimissioni
Poi prende tempo
Mattinata in Regione poi dal ministro Cancellieri
per capire cosa accade se decide di lasciare
MATTIA FELTRI
ROMA
In Tv
uindici ore di delirio, ecco che è stata la giornata
di ieri. Durante la quale
Renata Polverini ha rassegnato e ritirato le dimissioni due o tre volte, se si desse
retta a voci e mezze voci. Ma siccome non è tutta fumisteria, di vero
c’è che alle 14.30 la presidente del
Lazio ha avuto un incontro (irrituale) con il ministro dell’Interno, Anna Maria Cancellieri, per capire nel
dettaglio quali siano i tempi e i modi per lasciare la carica, organizzare il governo transitorio, indire
nuove elezioni. Era mattino presto
quando la Polverini aveva annunciato su Canale 5 l’intenzione di
chiedere un colloquio al ministro, e
quando dalla sua segreteria hanno
confermato che il colloquio ci sarebbe stato, e in giornata, al Viminale o al telefono, l’idea che lei stesse per abbandonare si è parecchio
rafforzata. E il perché lo si comprende da una mattinata tutta da
raccontare.
Prima la Polverini è passata in
Regione - nel leggendario palazzo
che era la sede cinematografica
della megaditta del ragionier Fantozzi - poi in Questura per un ordinario vertice sulla sicurezza, e di
nuovo in Regione dove le è arrivata
notizia che non si riusciva a combinare nulla. I due di cui vuole la testa, il presidente del Consiglio regionale, Mario Abbruzzese, e il capogruppo del Pdl, Francesco Battistoni, non avevano nessuna inten-
Q
In mattinata
Renata Polverini
interviene
a Mattino 5
e annuncia
che chiederà
un incontro
al ministro dell’Interno Cancellieri per capire
le procedure
legate alle sue
dimissioni
Al Viminale
Il governatore
raggiunge
il ministro
dell’Interno
e riceve rassicurazioni: se si
dimette la giunta
decade e resta in
carica, sempre
presieduta da lei,
solo per gestire
l’ordinaria amministrazione
zione di mollare; né Angelino Alfano
era in grado di darle una mano. La
Polverini non ci ha visto più, ha mandato al diavolo (eufemismo) qualche
collaboratore e se l’è filata a casa.
Uno che era lì ha parlato di «crisi di
nervi». Mah. Comunque erano anche
appena uscite le foto in cui la si vede
nel mezzo di quell’allegra compagnia
di amministratori travestiti da legionari e opliti; in un primo momento ha
innalzato qualche sacramento, ma
poi le hanno fatto notare che la miglior prova di estraneità era l’impermeabile che aveva addosso, una sciagura estetica in quel quadro vivente.
Però ne succedeva una ogni mezzora. Infatti, in tarda mattinata, nella
conferenza dei capigruppo della Regione si è preso a mormorare dell’arrivo di tre avvisi di garanzia per altrettanti assessori. Assessori precisi, questioni imprecisate. La procura
ha poi smentito, ma era uno spiffero
finito dritto sul fuoco.
È stato allora che la governatrice
ha ricevuto una telefonata da Silvio
Berlusconi. Il solito Berlusconi: ma
no Renata, non fare così, ripensaci,
tieni duro, ti aiuteremo a fare pulizia,
forza Renata, poi ci vediamo stasera... E Renata s’è fermata a respirare.
Ma dalla Cancellieri - dopo avere
mangiato un boccone a casa - ci è andata come stabilito. La chiacchierata
è durata un quarto d’ora. Il ministro
ha chiesto parere all’avvocatura dello Stato, e così la Polverini ha saputo
tutto: se (quando) si dimette, la giunta decade, rimane in carica soltanto
per l’ordinaria amministrazione e
continua a guidarla la Polverini medesima. A meno che non si trovi un
cavillo bis, come lo si trovò per Piero
Marrazzo, e il facente funzioni diventa il vicepresidente di giunta. Tecnicismi. E però attorno alla conversazione è fiorito un viluppo di ipotesi da
emicrania, tutte quelle comprese fra
Falso allarme
Si diffonde la
voce che la Polverini farà una
conferenza stampa in cui rassegnerà le dimissioni, ma alle 18 non
accade nulla.
Berlusconi la
chiama, le chiede
di prendere
tempo e
l’invita a cena
Cena saltata
Renata Polverni
rifiuta l’invito a
cena formulato
da Berlusconi e gli
comunica: «Accetterò l’invito
quando avrò le
teste di Abbruzzese e Battistoni»,
Il presidente del
consiglio regionale e il nuovo
capogruppo Pdl
la sceneggiata da ballatoio e il severo ai suoi assessori, li sta avvertendo
passo istituzionale. Anche perché uno per uno che la festa è finita, ennon si capisce per quale motivo uno tro breve ci sarà una conferenza
vada a informarsi al ministero del- stampa, poi andrà a Palazzo Grazioli
l’Interno anziché dal suo ufficio lega- dal capo. Macché. Tutte fantasie. Di
le. Insomma, ancora delirio, sempre sensato c’era soltanto la considerapiù delirio. E non ce n’è uno che non zione di Ugo Sposetti, deputato del
abbia tentato di metterci il carico: in- Pd (ed ex tesoriere dei Ds): «Doveva
formatori improvvisati ragguaglia- piantare tutto lunedì, avrebbe fatto
vano su ulteriori
un figurone e
strillate, principi
L’AVVERTIMENTO l’avrebbero rieletdi malori, svenicol sessanta per
«Il Consiglio non ha capito ta
menti in luogo
cento». Un consiche bisogna “fare” invece glio arrivato anche
pubblico. In realtà
di darsi a lotte intestine» da qualche amico
la Polverini s’è
tappata in ufficio a
che la Polverini
confermare, teleIL CAVALIERE non ha voluto sefonando a questo
come non ha
Il leader Pdl le ha chiesto guire,
a quello, che le divoluto - in quel codi ripensarci e le ha dato mizio impetuoso e
missioni arrive«massime rassicurazioni» rubicondo in Conranno molto presto, se prima non
siglio regionale arriverà la resa del Pdl. Un disinvolto chiedere ad Abruzzese e Battistoni
moltiplicarsi di ultimatum.
di levarsi di mezzo. Lo ha chiesto ieri
Situazione complicata? Come no. direttamente a Berlusconi, anche se
Ma a incasinarla ulteriormente ci si ha rifiutato l’invito serale: «Ci andrò
sono messi persino i deputati del quando avrò le teste di quei due», ha
centrodestra - non avessero i loro detto in ultimo furibondeggiare. Faguai - che a Montecitorio, pomerig- rò il possibile e l’impossibile, le ha
gio inoltrato, si sono incaricati di dif- detto l’ex premier. Rassicurazioni
fondere le loro disinformatissime massime, altroché. Soprattutto del
certezze: la Polverini sta telefonando fatto che oggi ricomincerà il delirio.
Fiorito dai pm: estraneo, ecco perché
Ma il lungo
interrogatorio (7 ore)
non convince
la procura
GRAZIA LONGO
ROMA
«Sono tranquillissimo, io non ho
rubato. I ladri sono altri, ne sentirete delle belle» aveva annunciato prima di entrare a raccontare la sua verità ai magistrati,
nella caserma della Nucleo valutario della Finanza.
E ha mantenuto la parola. Un
interrogatorio fiume, 7 ore, in
cui Franco Fiorito, l’ex capogruppo Pdl regionale indagato
di peculato, si difende a spada
tratta. «Abbiamo fornito agli inquirenti materiale la cui verifica
può chiarire la posizione del mio
assistito» dichiara a verbale
chiuso l’avvocato Carlo Taormina. Fiorito ha spiegato che, in
qualità di capogruppo e tesoriere aveva la facoltà di non giustificare le spese. Lo stabiliva un
regolamento interno che imponeva invece agli altri 16 consiglieri Pdl di giustificare le spese.
«Ma non lo facevano, spendevano gran parte in festini e in cene», ha aggiunto. E non ci sta a
passare come il ladro del partito: «So di non avere commesso
alcun illecito, ma se ho sbagliato
pagherò». Accusato di aver prelevato dalla cassaforte del Pdl
del Lazio 753 mila euro con 109
autobonifici, accusa i compagni
di partito. Uno scandalo politico-giudiziario arroventato. Un
terremoto che ha messo in ginocchio la Regione Lazio. Un’inchiesta che al momento è concentrata su un solo indagato.
Lui, Franco Fiorito, Er Batman
– 1 metro e 90 per 170 chili – di
Anagni, sua città d’origine e feudo elettorale. Lì ha conosciuto il
successo come sindaco, ma anche la polvere di una condanna
dalla Corte dei Conti.
Con sentenza dello scorso 13
gennaio 2007 ha dovuto pagare
circa 3mila euro per aver usato
fondi pubblici con finalità elettorali. I fatti risalirebbero allo
scorso 2003, quando i cittadini
della provincia di Frosinone si
videro arrivare, con il nuovo
elenco telefonico, un depliant
turistico della città di Anagni,
gestita in quel periodo dall’allora primo cittadino e candidato
alle provinciali. Ma quella di oggi è un’altra storia. Ci sono in
ballo quasi 800 mila euro rubati
al partito e il dubbio che ne siano spariti altri. Destinati a chi e
a che cosa? L’attenzione di inquirenti e investigatori è rivolta
anche ad altri soggetti, tipo i destinatari di alcuni bonifici di
Fiorito, tra cui consulenti della
Regione Lazio.
Il procuratore aggiunto, Al-
L’inchiesta sta procedendo
con indagini serrate, approfondite ed estese con gli accertamenti del Nucleo valutario della
Guardia di Finanza che si stanno concentrando sui destinatari
di alcuni bonifici di Fiorito. Tra
gli intestatari dei bonifici ci sarebbero anche dei consulenti
della Regione Lazio e in queste
ore si sta cercando di chiarire il
motivo dei bonifici e a che titolo
L’ex tesoriere replica
agli attacchi: «I ladri
sono altri, ne
sentirete delle belle»
berto Caperna e il sostituto Alberto Pioletti hanno chiesto
conto all’ex tesoriere Pdl, assistito dall’avvocato Carlo Taormina, del suo patrimonio. Case
(tranne due a Roma, che non risultano intestate a lui), una villetta al Circeo (acquistata con il
mutuo), e poi appartamenti di
proprietà tra Roma e Anagni, oltre a terreni in Ciociaria. E poi
c’è la storia dei 5 conti correnti
aperti in Spagna. E il conto cointestato alla madre, aperto presso la filiale di Anagni.
L’ex tesoriere
del Pdl in
Regione Lazio
è indagato
per peculato
perché secondo l’accusa
si sarebbe
appropriato
di 800 mila
euro destinati
al partito
Fiorito li avesse destinati a loro.
Ma non solo. Anche voci, smentite, di imminenti provvedimenti che potrebbero coinvolgere altri esponenti politici della regione Lazio. Tutto mentre Fiorito
insiste nel negare ogni addebito
giudiziario, «mai rubato soldi
del Pdl». La sua linea era stata
annunciata dall’avvocato Taormina («c’è chi ha speso i soldi
pubblici con le prostitute») e
l’indagato insiste nel coinvolgere alcuni compagni di partito.
Come i «consiglieri Miele e Bernaudo», destinatari, per Fiorito,
di «ostriche e champagne acquistati con soldi pubblici». «I magistrati - conclude Taormina hanno elementi per scoprire la
verità».
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