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le barche olandesi
LE BARCHE OLANDESI
Nel secolo XVII° la cantieristica olandese fu chiamata a sviluppare, per varie cause contingenti, la costruzione di navi
con soluzioni che si discostavano dalle abituali forme vigenti a quei tempi. Forme diverse e insolite, che in seguito
favorì e influenzò un andar per mare che oggi viene definito “Yachting” e cioè navigare per sport o per piacere.
La geografia dell’Olanda ha, a nord, un grande bacino riparato dal forte moto ondoso del Mare del Nord chiamato ora
Ijlsselmeer dove si trovavano i porti di Aasterdam, Hoorn ed Enkvizen; e a sud moltissimi fiumi e, un po’ sparsi, anche
laghi e con coste marine dai bassi fondali
Tutto ciò aveva però un grande svantaggio: la poca profondità di queste acque. La cantieristica navale obbligò gli
architetti ad escogitare nuove forme per le loro navi, con poca immersione, in modo da poter rendere il trasporto, anche
fluviale, molto più esteso e conveniente.
E’ per questi motivi che le navi Olandesi hanno quelle forme che le caratterizzano e le differenziano sostanzialmente
da tutto il naviglio che si produsse nel resto dell’intera Europa.
Le barche olandesi avevano la caratteristica di una grande pienezza delle forme, specialmente nella parte prodiera, e
poppiera,
tonde ed dl basso pescaggio. Le murate molto arrotondate all’interno e conseguentemente cassero e
casseretto molto stretti .Altra caratteristica, questa dovuta principalmente a motivi economici, era la poca larghezza dei
ponti perchè nei primi anni del secolo i noli nei porti si basavano sulle misure di questi ultimi.
Questo paesaggio , forse più bucolico che marino , è comunque la conferma , del particolare sviluppo del commercio
che fu reso possibile dal loro naviglio leggero
Quando i porti stranieri si adeguarono, gli olandesi pagarono, in un primo tempo, ma poi fecero “orecchie da mercanti”.
A quei tempi i velieri di tutti i paesi avevano linee piene con murate dritte, e valeva il concetto della nave tonda di
grande capacità per il trasporto e nave lunga e sottile con l’aggiunta dei remi per la guerra.
Le navi olandesi
eccedevano nella pienezza delle forme per sopperire alla necessità del poco pescaggio ed erano molto manovriere per
la semplicità della velatura
Diventava, così possibile arrivare dal mare fino ai porti dell’interno, in modo che nel trasferimento delle merci non vi
fossero perdite di tempo per i trasbordi e quindi diminuzioni dei costi.
Agli inizi del XVII° secolo si sentiva quindi la necessità di un diverso tipo di nave, e conseguentemente del piccolo
naviglio più specifico per affrontare lo sviluppo delle navi mercantili della Compagnia delle Indie e del grande sviluppo
della flotta dedita alla pesca delle aringhe e dei merluzzi nel mare del nord.
La conseguenza fu la proliferazione, in una zona vicina a Amsterdam, sulla sponda del fiume Ij, di molti cantieri ove
valenti maestri d’ascia, si avvalevano di impensabili attrezzature per quei tempi. Seghe mosse dalla forza dei mulini a
vento, argani e gru che permettevano la riduzione dei tempi di lavorazione e il conseguente minor costo di tutto ciò e
molte più commesse.
Nel frattempo nella intera Europa la costruzione navale si stava trasformando da empirica, dovuta anche dalla
casualità delle dimensione e delle forme del materiale boschivo, a più tecnica per l’avvento dei primi piani costruttivi
delle navi , ed il conseguenti miglioramenti costruttivi.
A mio modesto parere ha favorito tutto ciò anche il Rinascimento Italiano, che spingeva ad un maggior rigore nelle
arti e nell’architettura.
Barche Olandesi Pesanti e leggere (Lubra)
L’insieme di tutte queste situazioni ha portato la cantieristica olandese a sviluppare in maniera massiccia una forte
produzione, sia di eccellenti galeoni militari che mercantili, ma venivano anche prodotti una miriade di navi leggere
particolarmente adatte alle caratteristiche geografiche del loro Paese e all’uso a cui era preposto.
Queste navi leggere non ebbero solo funzioni di pesca o di piccolo cabotaggio nelle acque interne, bensì anche in
mare aperto, in appoggio di numerose azioni militari, nelle vicinanze delle patrie coste, prima contro gli Spagnoli e poi
contro gli Inglesi, divenuti loro rivali sul mare.
Questo naviglio era un “naviglio polivalente”, adatto sia alla pesca che alla comunicazione permettendo il
collegamento tra le navi ammiraglie delle varie squadre, e soprattutto compiere azioni di disturbo contro le navi
nemiche e riparare velocemente, per la loro possibilità di affrontare i bracci di mare e i canali poco profondi,
sottraendosi velocemente alla reazione nemica che era impossibilitata ad inseguirla
In questo disegno della barca francese la Couronne è ben evidenziata l’influenza che ebbe la cantieristica olandese sul
tutto il naviglio dell’epoca
Il risultato più evidente che identifica il naviglio Olandese è la Fleuta. L’etimologia del nome è controversa, alcuni
affermano che allude alla sagoma del calice da vino, altri che deriva dal termine olandese con cui si identifica il modo
di fissare il timone a poppa molto alto. Personalmente penso più corrispondente la prima, anche perchè ignoro il termine
olandese della seconda.
La cosa certa è che venne usato la prima volta nel 1595 per una nave la cui lunghezza era quattro volte maggiore della
larghezza; proporzione piuttosto insolita per quella epoca, e che vennero accentuate nei progetti che seguirono.
Un ottima esaustiva descrizione di questa nave l’ha fatta il nostro socio ALBERTO MOSIELLO su un sito
modellistico che vi consiglio di leggere:
http://www.filibustieri.net/archivio/articoli/fleuta1.asp
A maggiore definizione dell’importanza del naviglio Olandese va detto che a quei tempi,era composto da ben 20 mila
navi la metà delle quali solo nella provincia di Amsterdam. Con tale imponenza, gli Olandesi avevano, quasi, il
monopolio dei trasporti marittimi, e non solo per il numero di barche, ma per la qualità delle costruzioni e per la
valentia dei suoi marinai.
A tal proposito val la pena di menzionare un certo commerciante fiorentino che nel suo libro “Ragionamenti” scrive:
“ …….che io tengo per impossibile che le navi olandesi possano mai naufragare.
Sono primariamente praticissimi marinai e vanno co’ loro vascelli benissimo
in ordine, senza imbarcarsi e sopraccaricarsi………ove altri……..fanno tutto il
il contrario nelle loro caracche e ne’ loro vascelli, che ne viene pietà il pensarlo
……..e a chi non lo ha veduto nol crederebbe giammai, perché oltrepassa lo
Umano intendimento……..”
E tal fiorentino, Francesco Carletti, era sicuramente persona credibile, visto che tra gli anni 1595 e 1606 fece il giro
del mondo completo per soddisfare i suoi traffici commerciali, su vari e svariati navigli di ogni nazionalità.
Lubra
L’Olanda era ed è tuttora il paese dei canali navigabili, e molto traffico di merci viene ancora svolto su queste vie di
comunicazione interne al territorio con le barche. Per sopperire al basso pescaggio gli olandesi studiarono un sistema di
deriva mobile.
La loro soluzione adottata è unica; due derive laterali esterne che si tengono alzate, una per parte, sul fianco. Di bolina
viene abbassata solo la deriva sottovento che, per la spinta dovuta allo scarroccio, si appoggia alla murata e rimane così
posizionata.
E’ interessante notare che tutte le nazioni marittime che dovettero risolvere il problema del basso pescaggio trovarono
soluzioni alternative, nonostante le cantieristiche navali olandesi ebbero molto influsso nel resto del mondo.
I veneziani ,nelle loro barche a fondo piatto , sistemarono il loro piano di deriva nella pala del timone che è alzabile.
Gli americani e gli inglesi tagliarono longitudinalmente la chiglia per inserire la deriva
Le caratteristiche delle barche tradizionali olandesi sono praticamente comuni nei loro moltissimi tipi che fioriscono
e vivono nei canali . Sono tutte molto piene nelle estremità, generosamente larghe e panciute, di basso pescaggio e con
le doppie derive esterne. Hanno struttura massiccia per avere lunga durata, fondo piatto o poco pronunciato per poter
essere alate anche in cattive condizioni di mare e navigare con sicurezza nei mari rotti degli estuari.
I diversi tipi caratteristici sono molti. In un mio sommario e sicuramente incompleto conteggio ne ho trovate una
trentina. Le caratteristiche che differenziano un tipo dall’ altro a volte sono sottilissimi dettagli usati a seconda del
luogo di costruzione mentre le più evidenti sono dovute all’uso a cui era destinata la barca, Anche tutt’oggi non è
insolito trovare su forum o riviste nautiche
inglesi e olandesi, nelle “ lettere al direttore, roventi diatribe sulle
attribuzioni dei vari nomi a questa o tal altra barca.
Lungi da me il voler entrare in un ginepraio tecnico, di cui non ne sono all’altezza, a conclusione di questo articolo vi
propongo i disegni di un “Boeier” e di un “Botter” che sono fra i tipi più comuni e diffusi.
Come già menzionato all’inizio, da questi tipi di barche gli storici ci indicano la nascita della nautica da diporto;
quella che viene sommariamente definita con “yacht da diporto”. Difatti yacht è un termine che deriva dalla lingua
olandese.
Ad onor del vero, sembra che ciò non fu dovuto agli olandesi bensì agli inglesi, perché le barche che la storia ricorda
cimentarsi nella prima regata, erano si olandesi ma condotte da inglesi .
La cosa nacque dopo la seconda metà del sec. XVII°, quando l’allora principe inglese Carlo Stuart era in esilio in
Olanda, e gli venne comunicata la sua proclamazione a re d’Inghilterra col nome di Carlo II°. Fu, naturalmente, per il
suo rientro, imbarcato su una nave olandese, e fu talmente entusiasta del mezzo, che espresse il desiderio di farsene
costruire una simile .
Il Borgomastro di Amsterdam decise di compiacere il Re, dell’allora nazione amica, regalandogli una barca che era
stata costruita per la Compagnia delle Indie Orientali, che venne battezzata “Mary”, in onore della Regina sua sposa. Il
Re la usò molto, tanto da far diventare moda questo diporto per altri nobili e regnanti.
Il sollazzo fu tale che un giorno il Re venne sfidato dal fratello , duca di York. Benché tra le navi mercantili già
esisteva la consuetudine di primeggiare per entrare nel porto, ma nulla di simile era mai stato fatto “per sport”.
La cosa fu ben fatta segnalando con pali un percorso nell’estuario del Tamigi. Il Re, da buon inglese sembra che
mise in palio 100 sterline (e quando gli inglesi non scommettono?) che purtroppo perse, perché il fratello, nel lato di
poppa, lo superò e vinse regata e sterline.
La cosa riscosse molto successo, particolarmente tra quelli che questo sfizio se lo potevano permettere: nobili e
regnanti. Ve ne faccio un piccolo elenco: il duca di Neuburg (tedesco) si ordinò la copia esatta della barca di Federico
di Orange. Sempre olandese era la barca di Carlo XI° di Svezia. Lo Zar Pietro il Grande comprò un Boeier dal cantiere
dove si era recato per studiare le industrie e partecipò manualmente alla costruzione di una nave. Un secolo dopo lo Zar
Alessandro X° acquistò un modello uguale. La cosa continuò fino ai tempi recenti e anche il non compianto Herman
Goering ebbe un Botter. Nel 1957 la principessa Beatrice d’Olanda si fece costruire un Boeier
Questo minimo e incompleto elenco di facoltosi (che nel frattempo sono aumentati di molto) ci fa dire che la tipica
barca olandese è l’unico veliero del passato sopravvissuto intatto fino ai nostri giorni, e non sente il peso del tempo e
non dando segno di sparire né di ridursi a curiosità archeologica.
Vi sono fiorentissimi ordini di barche (dette “classi”) che regatano regolarmente
anglosassoni, anche ai giorni nostri .
in Olanda, paesi nordici e
Qui sotto i piani di un Boier
Qui sotto i piani di un Botter
Luciano “Lubra” Bragonzi
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