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di ricordi - Campo de`fiori
Campo de’ fiori 2 SOMMARIO Editoriale: Rassegnarsi è vile.................................3 Interviste: Claudio Natili e i Romans...................4-5 Scooby Doo live on stage..............16-17 Collezionismo: Il bottone mattatore delle rccolte moderne.......................................................6-7 Roma che se n’è andata: Per i meandri del ghetto.....................8-9 Suonare Suonare: ZEPHIRO..................................10-11-12 Cinema News: Paranoid Park......................................14 Attualità: E se viaggiare fosse anche imparare..21 Il rispetto dei posti H............................34 Energeticamente.................................39 Strade dissestate.................................45 Ecologia e ambiente: Il summit mondiale sul clima.................52 Neuropsichiatria, Psicologia, Logopedia, Psicopedagogia: La psicoterapia nell’ambito della promozione della salute...................................20 Le guide di Campo de’ fiori: Bomarzo...........................................22-23 Come eravamo: A carnevale ogni scherzo vale..............28 Civitonici illustri: Il capo d’arte Olindo Percossi...............25 Arte: Stefano Guerriero e la sua arte.............18 Cleto Maggetti e le sue opere...............26 Sabrina Salvatori e Civita Castellana....60 Anthony Heinl ex ballerino dei Momix...29 Messaggi:..............................54-55-56-57 Una “Fabrica” di ricordi: La chiesa di San Rocco........................40 Il Fumetto: Nana di Ai Yazawa...............................42 L’angolo CIN CIN: Quante bottiglie conservare nella nostra cantina.................................................36 Album dei ricordi..........................46-47 Le storie di Max: Mia Martini...........................................48 Noel................................................43-44 Annunci Gratuiti...........................68-69 Selezione offerte immobiliari............70 Nel cuore............................................71 I Girasoli.............................................19 Il mondo del Jazz...............................24 Rubrica medica.............................30-31 Vita cittadina.......................................49 Visita il nostro sito completamente rinnovato www.campodefiori.biz Campo de’ fiori 3 di Sandro Anselmi L’ anno è appena iniziato e anche se riponiamo in lui tutti i sogni, le aspettative e le possibilità di realizzare i migliori progetti, sappiamo di vivere un momento molto difficile, in cui le relazioni umane hanno ceduto all’illusoria, onnivora ricchezza materiale, che fagocita tutto velocissimamente e senza mediazioni. L’egoismo e la corruzione hanno sommerso tutte le Istituzioni ed hanno bloccato ogni forma di sviluppo e di progresso, ingozzando una classe politica avida e scadente. La deturpazione dei valori non risparmia neanche i più deboli, anzi! Essi vengono sempre più discriminati e abusati, e l’onta di azioni basse, disgustose, barbare, non ricade quasi mai su nessuno. Non c’è più morale né giustizia! Non possiamo più sopportare passivamente che si compiano violenze e sopraffazioni nei confronti di chi non può difendersi e, per di più, non potrà mai far male. Dobbiamo scrollarci dei timori e dei falsi pudori. Rassegnarsi è vile, dobbiamo reagire! Fosse questo il proposito estremo del 2008 per riempire quella “assenza” nei confronti del diverso, chiunque esso sia. Auguriamoci che nel tempo a venire ci si possa comprendere, amare e rispettare in quell’immaginario abbraccio collettivo, attendendo ad un bisogno più che a un diritto, ad una necessità più che ad una regola. Riconciliamoci con noi e fra noi per restaurare la giustizia, riprendendoci la nostra libertà e parlare tutti il linguaggio del cuore. Campo de’ fiori 4 Claudio Na til In questa voglia di anni ‘70 abbiamo pensato di raccontarvi la storia di un grupSandro Alessi e po e di un suo Claudio Natili componente Claudio Natili, autore di tutti i loro grandi successi. I Romans nascono a Roma nel 1959 dall’incontro di tre giovani studenti ed un chitarrista…. “Io venivo dal Liceo Augusto e mi piaceva già strimpellare con la chitarra nelle feste che si facevano una volta nelle case. Conobbi un amico, un batterista, che non era molto bravo, ma, essendo un amicone, disse che c’erano tre ragazzi che stavano cercando un chitarrista per il loro gruppo musicale, e da questo incontro sono nati i Romans. Il nostro primo contratto fu con il locale “Florida” di Via Capo Le Case a Roma”. Da qui l’incontro con colui che fu il vostro primo vero impresario: Paolino Tagliaferri. “Un personaggio favoloso… noi eravamo giovani e lui era già affermato con artisti del calibro di Peppino di Capri, Fred Buongusto, che gestiva insieme al Marchese Gerini: noi siamo stati molto fortunati ad entrare nella sua scuderia…. Avevamo riposto tutte le nostre speranze su un brano La tua Mano, di MogolPaoli, che, a quei tempi, ancora non erano veramente conosciuti, ma non ebbe suc- cesso. Nel 1972 arriva la prima partecipazione ad Un Disco per l’Estate “Presentammo Voglia di Mare e la storia di questa canzone fu una cosa assurda! Erano già cinque - sei anni che giravamo tutte le case discografiche per cercare di fare un disco che ci facesse conoscere al grande pubblico, perché noi eravamo bravi e conosciuti ma solo nel giro dei locali. Avevamo perso tutte le speranze, quando a Milano, mentre suonavamo in un locale, arrivò tale Bruno Pallesi, un cantante dell’epoca, il quale, sentendoci suonare, ci fece i complimenti e ci chiese se avevamo un pezzo da presentare ad Un disco per l’estate. Noi un pezzo pronto non ce l’avevamo, ma rispondemmo di si. E così lui ci invitò per il giorno successivo in ufficio per ascoltarlo… Se fosse stato buono ci avrebbe fatto partecipare ad Un Disco per l’Estate… Tutta la notte passata a comporre insieme ad Ignazio Polizzy, autore, insieme a me, di tutti i brani dei Romans, scomparso prematuramente, ed uscì Voglia di mare, un pezzo prettamente estivo che ci portò molto fortuna.” Inizia così il successo del gruppo formato da 5 componenti: Claudio Natili (chitarra), Ignazio Polizzy (tastiere), Alberto Catani (batteria), Alfredo Dentale (basso) e Toni Coclite (voce) ed arrivarono successi quali Quando una Donna, Mi Mancherai e Caro Amore Mio (finalista al Festivalbar 1973), “che io composi in un momento molto triste della mia vita perché, mentre gli altri componenti del gruppo andavano in tournee, io, essendomi rotto una gamba giocando a pallone, ero a letto in ospedale. Questa canzone racconta dell’amore vero, della nostalgia che ci assale quando si lascia la propria ragazza per qualche mese e si vorrebbe tornare subito per rivivere i bei momenti insieme a lei…” Nel 1974 esce un long playing che conteneva anche il brano Un Momento di Più, 45 giri che ricevette un grande successo di vendite… “La facciata B era Quando una Donna, che risultò talmente bello che ci spinse a dare il nome a tutto il disco e da lì ci accorgemmo che qualcosa era cambiato… il pubblico cantava le nostre canzoni, ci chiedeva gli autografi… era arrivato il successo !!!” Arriviamo ad un episodio che io non conoscevo, pur avendo seguito sempre i vostri successi. Sto parlando di Tornerò, portato al successo da I Santo California, ma…. “Il pezzo era nato per i Romans ed era stato composto da me e Polizzy. Una sera dovevamo suonare a Bologna e prima di suonare io prendo la chitarra e faccio sentire ai ragazzi un nuovo pezzo. Il cantante si rifiutò di cantare il brano perché per lui non poteva andare e poi non accettava il parlato femminile che diceva: …la rosa che mi hai lasciato… Io e Polizzy non ci arren- Campo de’ fiori li e i Romans demmo e lo facemmo ascoltare a Bruno Pallesi, il nostro discografico, il quale lo fece sentire subito a Vittorio Salvetti, ma entrambi ci dissero che non andava. Qualche tempo dopo, passeggiando per Via della Giuliana, a Roma, incontrai il discografico Palumbo che mi chiese un pezzo per dei giovani napoletani che allora si chiamavano I Chi. Io proposi Tornerò che avrebbe dovuto avere un altro titolo. Un mio amico, il regista sceneggiatore Alfredo Riannetti (l’automobile con Anna Magnani, Febbre di Cavallo..), veniva sempre a sentirci al Club 84 ed una sera, quando salì sul palco a suonare con noi un sassofonista bravissimo, Fred California, Alfredo espresse la sua ammirazione e fu sorpreso che, con il nome che aveva, non avesse ancora sfondato. Questa cosa mi rimase impressa e, pensando anche agli allora famosi Santo & Johnny, pensai a I Santo California. A proposito di Tornero’, a Marzo del 2006 ci hanno chiamato a Los Angeles e ci hanno premiato come gli autori del brano, che nel frattempo ha fatto il giro del mondo cantato da grandissimi artisti, e nel 2005 in Messico e California è stata la canzone più venduta”. Nel 1976 cambia la voce solista. Toni Coclite lascia il gruppo ed arriva Daniele Aloisio. Il primo brano da lui cantato è subito un successo: Coniglietto, arriva al quarto posto della Hit Parade. Nel 1978 arriva l’incontro con Gianni Boncompagni. “Gianni aveva appena aperto una sala insieme alla CGD a Roma, dotata di tutte le ultime apparecchiature e ci chiese di registrare subito un longplayng. Lo chiamammo I Ricordi Piu’ Belli del Nostro Amore ed in sala eravamo accompagnati addirittura da una grandissima orchestra, diretta dal maestro Paolo Olmi ed il risultato fu un disco bellissimo. Ma da allora iniziò la nostra sfortuna. Boncompagni litigò con la casa discografica e furono ritirati tutti i dischi dai negozi, nonostante nella prima settimana avessimo già venduto 4500 copie. Nel 1982 venne a mancare Flavio Carraresi il nostro produttore e subito dopo ci lasciò anche il caro Ignazio Polizzy e così ci fermammo. Nel 2006 insieme a Daniele Aloisio abbiamo riformato il gruppo e abbiamo ripreso a fare serate.” Nel frattempo Claudio Natili ha cominciato a scrivere anche per il Teatro e, soprattutto, è autore da anni nel Puff di Lando Fiorini. Con Carlo Giustini ha scritto la nuova commedia Perché Capitano Tutte a Me in scena al Teatro delle Muse di Roma, riscuotendo grande successo di pubblico. Sandro Alessi 5 6 Campo de’ fiori Il Bottone mattatore d Sono molte migliaia gli appassionati collezion Il fantasioso mondo del collezionismo minore ci offre, continuamente, spunti curiosi, quanto impensabili, di raccolte interessanti e piene di fascino. Fra queste, ricca di “storia”, è quella relativa ai di Alfonso Tozzi bottoni : buttonofilia, secondo i francesi, nasturofilia per i romeni. Il bottone, ignoto all’antichità classica che usava indumenti ampi e svolazzanti trattenuti con cinghie o nastri, fu ideato in Francia nel XIII secolo: veniva fabbricato a mano con rozze apparecchiature, utilizzando soprattutto ossa di animali. Con il passare del tempo i bottoni cominciarono ad essere usati anche come accessorio ornamentale, per i lussuosi vestiari di principi, alti prelati, nobildonne. Francesco I se ne farà applicare più di tredicimila sul suo vestito in velluto nero, mentre si dice che Enrico III, in occasione della morte della sua favorita, portasse bottoni a forma di teschio. Gli artigiani dell’epoca e, successivamente, le industrie specializzate, per meglio soddisfare la ricca e vanitosa clientela, crearono bottoni originalissimi, elaborati, appariscenti e, spesso, preziosi, utilizzando: avorio, ceramica, legno, osso di cervo o di balena, zanne di cinghiale, porcellana, carta compressa, vetro, madreperla, cuoio, cristallo, giada, perle, pietre nobili unite ad oro ed argento, il corozo, ricavato dai semi di alcune piante, duro e duttile, definito “l’avorio vegetale”; in qualche caso furono realizzati, su ordinazione, esemplari di diamante. Il bottone assunse forme svariate: dalle più comuni, tonde, romboidali, triangolari, quadrate, alle più strane a forme di maialino, di orsacchiotto, a cuore, a petali di fiore, curiosamente, anche a forma di occhio, del tipo preferito dalle signore eleganti degli anni Venti e Trenta per chiudere al collo le loro pellicce. A Parigi, data l’importanza assunta da questi “umili” oggetti, nasce la “Corporation des Boutonniers”, veri e propri orafi, capaci di conferire al bottone la veste e la funzione di un gioiello. Altrettanto bravi gli artigiani russi, che hanno eseguito splendidi esemplari di bottoni, conservati nel museo storico di Mosca. Il loro impiego era largamente diffuso, sia tra gli Zar, che tra i boiardi e la borghesia mercantile, già nel XVI e XVII secolo. Per gli Zar venivano realizzati direttamente nel laboratorio del Cremlino, ad opera di maestri della corporazione degli orafi e degli argentieri, e sono capolavori in filigrana o sfaccettati, a squame, nelle forme più varie, spesso arricchiti da smalti. La particolare cura posta per la creazione di questi oggetti – autentiche opere d’arte in miniatura – e il materiale di pregio usato per realizzarlo, furono determinanti per far scattare il virus del collezionismo. Le prime notizie che si hanno intorno alla collezione dei bottoni risalgono alla seconda metà dell’Ottocento, allorquando, alla morte del famoso musicista francese Antoine Louis Clapisson – autore di celebri operette, fra le quali la nota Fanchonnette, si seppe che aveva lasciato al Conservatorio di Parigi, oltre a numerosi e pregiati strumenti musicali antichi, anche una raccolta di 1750 bottoni. Il musicista, appassionato collezionista, raccolse l’oggetto senza un tema fisso, ma ognuno con una sua piccola o grande storia, che conosceva a memoria e citava agli amici senza mai sbagliarsi. Altri grandi collezionisti furono: a Gand, in Belgio, fra la fine dell’Ottocento e gli inizi del Novecento, il genialoide Van Zeelen, conosciuto per aver riunito su cento cartoni, custoditi in sei grandi scaffali, dodicimila bottoni, in uso in Europa tra il IX e il XIX secolo, ma il pezzo di cui andava orgoglioso – il più importante – era quello appartenuto a Carlo Magno. In Austria, Arthur Hamilton, un ricco cittadino inglese, possedeva, nei pressi di Vienna, una raccolta di oltre ventimila bottoni di uniformi di diversi reggimenti di tutto il mondo. L’imperatrice Margherita d’Asburgo, duchessa di Savoia, sposa di Ottavio Farnese, donna colta e protettrice delle arti, era una appassionata di bottoni fatti di diamante, mentre il cardinale Ranuccio Farnese collezionava i bottoni con gli stemmi gentilizi; altri collezionisti d’epoca di un certo spessore furono Luigi Filippo, che si considevara un notevole conoscitore della materia e possedeva una raccolta di alcune migliaia di esemplari e la nobildonna piacentina Caterina Buragia. La collezione viene comunemente suddivisa in tre grandi settori: bottoni per vestiti femminili, per vestiti maschili, per divise militari; questi ultimi spesso costituiscono un settore a parte, come ha ampiamente dimostrato il capitano di vascello Carlo Sabatini di Modena, il più competente del settore, con oltre 5.000 esemplari. Una volta operata la suddivisione, i bottoni vanno separati per epoca e nazionalità ed infine per classe o lignaggio. Il valore di un bottone è determinato ovviamente dalla sua “età e dalla materia di cui è formato”: si va da qualche euro, Campo de’ fiori 7 delle raccolte moderne nisti nel mondo: nutrita la schiera degli italiani per quelli comunissimi a 10/20 euro, per i grandi bottoni in metallo decorato, ai 50/100 euro, per i piccoli bottoni in argento, fino a raggiungere e superare i mille euro ed oltre, per i bottoni di epoca vittoriana. I micromosaici del Cinquecento e quelli creati nel XVIII secolo – periodo di maggior splendore per il bottone – in Francia ed in Inghilterra, in oro e pietre preziose, in ceramica Wegwod o con ricami su seta, hanno quotazioni di mercato proibitive. Fra i grandi collezionisti italiani: il piemontese Franco JACASSI, con una raccolta che comprende oltre 100.000 bottoni rari, tutti diversi, oltre a serie comuni che superano i quindici milioni di pezzi, e Giorgio Gallavotti, di Sant’Arcangelo di Romagna, artefice, nella sua città, del “Museo del bottone”, comprendente esemplari dalla fine dell’Ottocento ai giorni nostri, nonché ispiratore del C.I.B. (Collezionisti Italiani Bottoni), associazione con alcune centinaia di aderenti, solo per citarne alcuni. Un discorso a parte meritano i NETSUKE, piccoli ciondoli-bottone, che dal XVIII secolo stringono la fascia che cinge in vita il Kimono giapponese. Questi oggetti, realizzati in materie pregiate, che, forse impropriamente, vengono inseriti nel collezionismo dei bottoni, sono tuttavia richiestissimi dai buttonofili, i quali riescono, nelle contrattazioni o nelle aste, ad assicurarseli dietro versamento di alcune migliaia di euro. Per concludere è appena il caso di segnalare che, ultimi entrati in questa grande famiglia collezionistica, sono i bottoni BEAT, in voga negli anni scorsi con la moda omonima: esprimono, su chi li porta, uno stato d’animo, un’idea o una posizione, ma anche il dubbio del punto interrogativo. A questo proposito è opportuno ricordare che la moda BEAT fu una corrente di pensiero e di protesta che esaltava atteggiamenti ribelli, anticonformisti ed asociali; seguita da molti giovani in tutto il mondo, si ispirava al movimento musicale nato in Inghilterra verso la metà dello scorso secolo ed i cui più noti esponenti furono i Beatles ed i Rolling Stones. Campo de’ fiori 8 Roma che se n’è andata: luoghi Per i meandri del ghetto S. Angelo, il più piccolo dei Rioni di Roma, prende il nome dalla chiesa, edificata nell’anno 770, di Sant’Angelo in Pescheria, con riferimento al vicino mercato del pesce che, per lungo tempo, restò ubicato sotto le colonne del Portico di Ottavia, edificio religioso meglio conosciuto nel medioevo come “Regio Sancti Angeli in foro piscium”, ossia presso il mercato del pesce. Soltanto una breve annotazione per ricordare che questa chiesa ebbe una grande importanza storica; infatti, proprio da Sant’Angelo in Pescheria, dopo avere ascoltato trenta messe dello Spirito Santo a partire da mezzanotte, il giorno della Pentecoste del 1347 uscì Cola di Rienzo “ … armato de tutte arme …“, con il solo capo “discoperto”, preceduto dai gonfaloni e seguito da una “ … moltitudine di garzoper avviarsi al ni tutti gridanti …“, Campidoglio e parlare al popolo nel tentativo di ripristinare la Repubblica Romana. Il Rione si sviluppava originariamente su quello che era il sito del Circo Flaminio, qui costruito durante il III secolo a.C. da Gaio Flaminio, ma già nel Medioevo, quando il Circo e diversi fabbricati di epoca romana non esistevano più, vennero costruite nuove case, utilizzando prevalentemente l’abbondante materiale di risulta presente in zona, cosa che, ancora oggi, si può facilmente notare, osservando i muri delle costruzioni più antiche. Allorquando Paolo IV, Gian Pietro Carafa, 1555 - 1559, come già ricordato, emise la Bolla con la quale disponeva la segregazione della comunità ebraica, circa la metà di questo antichissimo Rione divenne il Ghetto di Roma e, mentre migliaia di ebrei furono costretti a vivere ammassati in piccole, vetuste e insalubri case, appena fuori da quell’ignobile “recinto” agiate famiglie cristiane risiedevano in eleganti palazzi. In questo sito il nobile romano Lorenzo Manili costruì la propria dimora. Successivamente, siamo nel XVI secolo, i Savelli pensarono bene di costruire in cima al Teatro di Marcello un bellissimo palazzo, passato più tardi alla proprietà degli Orsini e, in altra parte del Rione, la potente famiglia dei Mattei eresse ben quattro palazzi, che insieme formarono la cosiddetta “isola dei Mattei”. Altre nobili famiglie, come i Costaguti, i Santacroce ed i Serlupi, scel- sero di costruire le loro residenze in Sant’Angelo. Antica la presenza degli ebrei in questo luogo, tanto che, come testimonia l’anonimo cronista, che taluni studiosi individuano nella persona del diplomatico pontificio Bartolomeo di Jacovo da Valmontone, autore della “Vita di Cola di Rienzo” : “ … nacque nello Rione della Regola. Sio avitazio fu canto fiume, fra li mulinari, nella strada che vao alla Regola, dereto Santo Tomao, sotto lo Tempio delli Iudei …“ Ma veniamo a tempi molto più recenti. Sono ormai passati più di trecento anni da quel triste 14 luglio 1555; la città è in attesa della demolizione di quelle case che costituirono il Ghetto di Roma, il quartiere non è più soggetto a coprifuoco, non ci sono più le porte d’ingresso, quel sito è ormai Roma, gli ebrei sono cittadini italiani a tutti gli effetti ma, come ben sai, i costumi di un popolo sono difficili da cambiare, non si possono modificare nello spazio di poche settimane o, se preferisci, di pochi mesi, a volte occorrono decenni. Al momento, gli ebrei che abitano nel Ghetto mantengono vive e integre le loro abitudini e manifestazioni, qui trovi ancora gli abiti usati, i venditori di stracci e le donne mentre chiacchierano sedute sulle soglie, in cerca di luce per cucire e aria per respirare, in quei caratteristici cortili - piazzette, formatesi, quasi spontaneamente, agli incroci dei contorti meandri. E’ proprio su quelli che furono i meandri del Ghetto che desidero intrattenerti, anche se non è facile ricostruirne l’esatta topografia. Brevemente: all’interno due grandi trasversali, la “strada di Rua” o “Ruga delli Judei”, in origine “Ruga Judaeorum”, partiva da Piazza Giudia con andamento parallelo alla “strada di Piscaria”, mentre la “strada Fiumara” si sviluppava oltre le case affacciate sul Tevere, quindi, verso Monte Cenci, la “piazzetta delle Scole”, un luogo che prendeva il nome dalla presenza delle cinque “scole ebraiche”, la “scola del Tempio”, la “scola Nova”, la “scola Siciliana”, oltre alle due di rito spagnolo, ossia la “scola Catalana” e la “scola Castigliana”, fondate dagli ebrei che, espulsi dalla Spagna alla fine del Quattrocento, vollero stabilirsi a Roma. La produzione artistica, costituita dagli acquarelli di Ettore Roesler Fran, su Roma sparita è l’unica documentazione a noi pervenuta di quello che fu il Ghetto di Roma, anche se è pur vero che l’artista, per ritrarre quel particolare quartiere, oltre ai suoi pennelli, adoperò spesso l’obiettivo fotografico, riuscendo così a conservare alcune immagini davvero uniche, cosa che altri, dopo di lui, non riuscirono a fare, essendo arrivati a cose compiute, ossia quando quelle case erano già state completamente spianate. Ettore Roesler Franz confidava ad alcuni amici che vi fu un particolare momento della sua vita artistica durante il quale dovette impegnarsi non poco per anticipare, a volte soltanto di poche settimane, l’opera dei “demolitori” della vecchia Roma e ciò allo scopo di riuscire a fermare con i suoi colori quelle immagini della città che, Campo de’ fiori 9 i, figure, personaggi di Riccardo Consoli di lì a poco, sarebbero state cancellate e distrutte per sempre. L’artista sosteneva che per lui, assieme ad un misto di rabbia, era un piacere poter gareggiare con quei tenaci “demolitori”. La Roma che egli amava di più e che ci ha tramandato non è tanto quella dei grandiosi monumenti o dei palazzi principeschi, ma piuttosto quella delle povere e umili case, anche se, talvolta, mescolate e confuse con qualche dimora baronale, oltre a quella dei balconcini fioriti, dei ricchi pergolati lungo le sponde del Tevere e, naturalmente, dei meandri del Ghetto. Nei quadri dell’artista, tutti realizzati a valle dell’abbattimento del “recinto”, il Portico di Ottavia costituisce l’epicentro di una zona che fu pure nido di osterie e covo di pescatori, una sorta di perno centrale attorno al quale, di volta in volta, ci vengono presentati i tanti tuguri e i numerosi meandri, un susseguirsi di scene molte volte tristi, a volte raggianti di vita; possiamo osservare il timpano e il colonnato dello stesso Portico collegati ad una casa con scala esterna, ben in vista e con parapetto fatiscente, nel cortile un gruppo di capre disposte in semicerchio, con il pastore addormentato in mezzo a loro e, ancora, un gran pavese di panni stesi. Acquerelli dove è protagonista assoluta la luce del sole, che consente di valorizzare ogni particolare. Così: un magnifico frate dominicano barbuto, intento ai suoi acquisti nel mezzo di un largo; un deposito all’aperto di cappotti, giacche, vestiti e stoffe di ogni genere; un ombrellaio al lavoro; canestri e altri recipienti ai quali bene si accompagna l’indicazione “vini di Marino”; una cesta, la cosiddetta “canefora”, poggiata sul selciato; un vecchio carretto abbandonato; un uomo in bottega dietro il suo banchetto di lavoro. Elementi eterogenei nella composita varietà dei meandri del Ghetto e, mentre incombono le già programmate “demolizioni”, facciamo appena in tempo ad osservare una serie di edifici fatiscenti, con orribili scale esterne prive di corrimano e ballatoi senza parapetto, protetti da poche tavole inchiodate, povere case sopraelevate nel corso dei secoli, allo scopo di acquistare in altezza gli ambienti necessari alla comunità, che aumentava di numero; vicoli e case interamente aperte al com- mercio dalla verdura, agli articoli per la casa, agli oggetti di piccolo antiquariato e poi, in mezzo a tutto ciò, senza alcuna apparente relazione logica, una magnifica finestra crociata o guelfa, come si usava dire un tempo, posizionata in alto. Un tempo a Roma e dintorni si pescava ovunque, sopratutto nel Tevere, dove abboccava persino la spigola, pesce di mare per eccellenza, che risaliva il fiume attratta dai rifiuti commestibili, divenendo di qualità più pregiata per via della fatica fatta nuotando contro corrente. Il pescato affluiva sui banchi di vendita al pubblico, disposti nei mercati della città, in tale quantità e qualità da lasciare stupefatti turisti e viaggiatori, ma principalmente nei banchi di Sant’Angelo in Pescheria, mercato del pesce per eccellenza, sul quale ci siamo intrattenuti in altra sede. Questo mercato è stato per moltissimi anni elemento caratterizzante il Ghetto di Roma, passaggio obbligato del commercio ittico. Qui era costumanza che la testa dei pesci “nobili” dovesse andare in regalo ai Conservatori di Roma quando gli esemplari eccedevano la lunghezza di cinque palmi e un’oncia, corrispondenti al nostro metro e tredici centimetri, come ricordato da una bella lapide del XVII secolo, apposta lungo la scala del Palazzo dei Conservatori. Una volta demolito il Ghetto alcune delle colonne romane, prima incorporate nelle facciate di antiche case, sono rimaste in piedi, quasi a volerci ricordare quello che era stato l’antico limite; Ettore Roesler Franz ha voluto riprodurre antichi archi illuminati dalla luce del sole, attraverso la paziente ripetizione degli antichi mattoni disposti a raggiera. I meandri del Ghetto sono sempre raffigurati con tutte le vivaci immagini di vita e, a completamento, ecco cosa scrive Cesare Pascarella in una delle sue deliziose prose: “ … dal fondo di un vicolo s’avanza un gruppo numeroso e pittoresco di suonatori strimpellando mandolini e chitarre; essi hanno in capo grandi tube ornate di fiori e sono tutti vestiti di forme disusate. Le esclamazioni di sorpresa e le domande si incrociano fra i portoncini e le finestre: Che è successo? … Che d’e’? … E’ ritornato carnevale? … Chi so? … E una voce superando il frastuono delle voci degli strumenti e delle risate di cui ormai il vico- lo è pieno, risponde: So’ li pittori che vanno a magnà li carciofoli, in Ghetto … “. La Sinagoga, sul Lungotevere dei Cenci, è oggi il luogo di culto della comunità ebraica di Roma, con la sua cupola quadrata, visibile da molti punti della città e fu costruita tra gli anni 1899 e 1904. Il “Tempio”, come amano chiamarla gli ebrei romani, rappresenta la riconquistata cittadinanza dopo la vergogna del Ghetto; è frequentata praticamente da tutti, anche se in città insistono altre Sinagoghe più piccole. Nessuna immagine all’interno, solo simboli e numerosi scritte in ebraico, quasi tutte versetti delle Scritture, che esaltano la sacralità del luogo. Il Ghetto di Roma, un luogo così fitto di presenze e di incroci, non solo reali ma anche simbolici poiché osservando, sia pure nei dipinti, quelli che furono i suoi meandri e le sue case affollate e strette, possiamo soltanto immaginare dove e come hanno vissuto, per più di trecento anni, uomini e donne, quotidianamente impegnati a svolgere i pochi mestieri loro consentiti. Ma la vita di tante generazioni in questo luogo ha aiutato la comunità di Roma nel mantenimento delle “tradizioni”, nel capire l’importanza dell’unità della famiglia innanzi tutto e poi ancora il legame con il commercio, la sopravvivenza del giudaico romanesco ma, soprattutto, il senso di appartenenza a quel luogo, a quelle pietre, a quello spazio. 10 Campo de’ fiori di Carlo Cattani 2° Intermezzo (“Vento lungo,fiato corto”) < …che vento tira? e che ne so … er vento è ‘r vento ! … che ‘n devo da guardà? a rosa? e mò che che centreno li fiori …. qui so foje …. F O J E E E E ! … se so annata a le lementari?…. e si che ciò la quinta … ahò, a bello, si stò qui è pe l’esami de curtura generale e de ramazza ... mica pe li titoli quibbollenti come quarcheduno che so io che s’anbosca ... che ta credi!…si ho studiato a giografia? .. me sembra … chi so o ricorda … so passati na cifra d’anni… si ma li fiori che centreno? … a rosa de venti? en che dè? … lassamo perde li fiori… lassamo perde le lementari … che me sta a venì na commozione cerebrale si ripensò a li tempi de quanno c’era la pora mamma che me ce portava cor cestino dove che dintra ce metteva er pane co a frittata e a cipolla!> La ventata di interesse della nostra rubrica verso la band Romana degli ZEPHIRO è ancora sostenuta e, volentieri, vi esponiamo alle “folate” di Claudio Todesco, chitarrista-compositore, portavoce, in questa occasione, della band. Carlo: ripartiamo parlando dei testi che si “appoggiano” alle vostre musiche…. Claudio: nel cd, costituito da 10 brani, ho scritto 8 testi, per un altro sono co-autore con Emanuele e un altro è opera di “TRIS”; per quanto mi riguarda, sono perlopiù testi “introspettivi”, che parlano di mie esperienze personali ma in maniera non esplicita, tanto da suscitare, da parte di chi ha avuto modo di ascoltarli, delle interpretazioni per me inaspettate ….. Carlo: cosa vi aspettate dalla pubblicazione di “IMMAGINA UN GIORNO”? Come vi state dando da fare per propagandarlo? Claudio: sicuramente l’esibizione live rappresenta la nostra “prima linea”: abbiamo finora realizzato, suonando con una certa frequenza mensile, circa 200 concerti, sparsi fra Roma, la Regione, altre Regioni e pure un’esibizione in Francia a Montpellier … in queste occasioni portiamo con noi copie del cd e riusciamo a venderne diverse …. 4/5 anni fa, non avrei mai pensato ci fosse qualcuno disponibile a tirare fuori dei soldi per comprare un “mio” cd …. invece, adesso, accade … e mi chiedono, … ci chiedono, pure una dedica! Stiamo lavorando per inserire la pubblicità del disco su diversi portali di musica; abbiamo facilitato l’acquisto del cd anche on line dal nostro sito, con l’uso della carta di credito; poi stiamo allargando la cerchia di negozi di dischi tradizionali, che a Roma e dintorni possano “distribuire” il cd … ricerchiamo attivamente una distribuzione Nazionale! Carlo: è importante per la diffusione della musica anche il rapporto con il “sistema radiofonico/televisivo” …. Claudio: abbiamo spedito il cd ad un certo numero di radio anche al di fuori dei confini regionali, confidando nella diffusione da parte delle stesse. Già abbiamo beneficiato di alcuni passaggi radio, sia in termini della sola diffusione del brano sia in occasione di interviste e dirette di mini concerti in acustico: a tal proposito consentimi di esprimere un ringraziamento sincero a Radio Rock /Radio Rock Italia (www.radiorock.it e www.radioro-ckitalia.it), a Radio Meridia-no 12 (www.radiomeridiano12.com), a Radio Roma (http://italymedia.it/radioroma/radiodeivip.htm), a Mep Radio di Rieti (www.mepradio.it), a Radio Città Del capo e Ciao Radio di Bologna e a tante altre emittenti, comprese diverse radio e tv via web, che ci hanno ospitato o hanno in programmazione il videoclip di “Lontano da un luogo lontano”. Poi, qualche settimana fa, siamo stati ospiti della web radio universitaria di Roma “RADIO SAPIENZA” e per loro abbiamo eseguito un minilive in acustico di tre brani e, ancora, su Radio DUE RAI nel programma “Versione Beta” c’è stato un doppio appuntamento con la nostra band con la trasmissione di Lontano da un luogo lontano e L’Albero, altro brano estratto dal nostro cd. Anche “RADIO DEEJAY” ad ottobre ci aveva “aperto i microfoni”, trasmettendo Lontano da un luogo lontano nella trasmissione “Collezioni private” … insomma, nel nostro piccolo, con mezzi assolutamente “autarchici”, stiamo cercando di “soffiare” più in là possibile! Carlo: ho notato, nella mia esperienza passata in qualità di manager di alcune rock band, che le emittenti radiofoniche sono ben disposte ad “impreziosire” la classica intervista ad un gruppo con una mini esibizione in acustico, caratterizzando meglio il passaggio: che ne pensi? Claudio: allora…. io, inizialmente, ero molto scettico sui cosiddetti “unplugged”: essendo un chitarrista, preferisco l’esibizione “collegata” …. Rock … a volume … amo l’energia … anche il “rumore” … il trasmettere qualcosa anche per il tramite dell’impatto sonoro … con dei suoni che “ti penetrano” …. l’unplugged, sicura- Campo de’ fiori mente arriva all’audience suscitando altre sensazioni ... ne abbiamo fatti alcuni, ci hanno dato delle soddisfazioni … ce li chiedono e … ben volentieri li riproponiamo … ne abbiamo fatto uno in tv su “TeleAmbiente”, nell’ambito del concorso di cui ti dicevo prima, “Note in Ombra”, che ci ha fruttato la vincita della manifestazione ….. Carlo: So che aderite da tempo all’associazione “NO SLAPPERS”: vuoi parlarne anche per diffondere notizie a riguardo, di sicuro interesse per i nostri lettori. Claudio: si … con molta onestà, posso dirti che “NO SLAPPERS” ha notevolmente contribuito al raggiungimento dell’attuale livello di “visibilità” della band; “NO SLAPPERS” che cosa è? Posso risponderti premettendo le parole del suo ideatore Fernando Regaldo, lui stesso musicista, chitarrista in seno alla rock band degli “S.O.S” (www.sosrock.it) <No Slappers è stata una scommessa contro chi dice che va tutto storto e non si può fare niente se non ci sono i soldi !>… sorta nel 2003, è un’associazione fra bands di cosiddetta “musica originale”, messa su per le bands; non persegue scopi di lucro, nel senso che gli introiti che si ricavano dall’organizzazione dei concerti vengono reinvestiti per la realizzazione di locandine, noleggi di services, manifatture di magliette e quant’altro di supporto alla musica delle bands iscritte …. spesso capita che le persone che sono “nel cuore” dell’associazione anticipino dei fondi, sperando nel recupero dopo gli eventi organizzati … citando le note introduttive di presentazione dal sito dell’associazione: www.noslappers.it <….è il più grande movimento autogestito di gruppi di musica indipendente a Roma, con oltre 200 bands iscritte….> …la denominazione “NO SLAPPERS” si rifà a un’espressione dispregiativa in uso nei quartieri ghetto Americani e ripresa “alla fondazione” del movimento, nell’intento di stigmatizzare la distanza dai “princìpi artistici” di chi sceglie di suonare nelle tribute e cover band, quelle formazioni che propongono l’esecuzione di materiale di gruppi famosi e che, di fatto, sono le “preferite” dalla maggior parte dei locali, che puntano sul sicuro del repertorio dell’artista/i “clonati”, facendole esibire … ma con “NO SLAPPERS” non è più così nera la situazione! Fernando si fa davvero in quattro per la buona riuscita degli eventi “NO SLAPPERS” e si è circondato di persone, tra le quali ci sono anche i mem- bri di ZEPHIRO, che danno una mano in maniera periodica. Ognuno ha un compito: io ad esempio mi occupo del merchandising dell’Associazione, ma c’è chi si occupa di aggiornare il sito, chi ricerca le serate, chi si relaziona con i media etc.…. più in piccolo potremmo paragonarla all’organizzazione interna ad una band, dove i vari elementi si interessano in quei settori di utilità per il gruppo a loro più congeniali per esperienze trascorse, attitudini etc.. . Carlo: come vi rapportate con la scena musicale Romana? C’è conflittualità, gelosia, concorrenza … Claudio: sicuramente c’è concorrenza ma in buonafede … noi, più che altro, siamo in concorrenza con … noi stessi … con quello che possiamo fare… cerchiamo di capire i nostri limiti, cerchiamo di comprendere dove possiamo arrivare e la prima concorrenza è con noi stessi; poi, qualche altra band in gamba costituisce uno stimolo per fare meglio! A parte qualche caso particolare, il rapporto in genere con le altre bands è sicuramente di massima cordialità e collaborazione …. permettimi un inciso: noi suoniamo frequentemente anche perché ci esibiamo spesso in abbinamento con altri gruppi, magari una volta procurando noi una serata e successivamente all’inverso …… si ha il piacere di condividerla con musicisti che poi divengono amici, unito al fattore di utilità di questa attività “reciproca” di ricerca di opportunità per esibirsi dal vivo. La cosa migliore sarebbe avere un manager al quale affidare le tante diverse problematiche. Il tempo è quel che è per tutti noi: chi lavora, chi ancora studia, comunque, si “ruba” il tempo per occuparsi di tutto quanto serve a far “soffiare” la musica di “ZEPHIRO”! Carlo: parliamo, adesso della realizzazione del vostro primo cd “IMMAGINA UN 11 GIORNO”: dal sogno nel cassetto alla prodotto finito. Claudio: è proprio il caso di dire “dal sogno”… perché sin da ragazzino, da quando imbracciavo per le prime volte una chitarra, ho sempre desiderato poter pubblicare un disco …. e adesso che da qualche mese lo giro e lo rigiro fra le mani, sono ancora incredulo che ho realizzato quel sogno… detto questo, posso affermare che è stato più il tempo che abbiamo impiegato per risolvere tutte le problematiche burocratiche, di grafica, di aspetti esteriori per la presentazione del cd, che quello speso per occuparci della musica stessa … questo è abbastanza paradossale e sintomatico dei tempi d’oggi … sicuramente c’è un sistema Italiano, vedi anche la burocrazia SIAE, che non ti facilita e rende lungo e travagliato il progetto discografico per una band indipendente e autoprodotta …. abbiamo fatto parecchia preproduzione, nel senso che siamo entrati in studio già con le idee chiare sui suoni, arrangiamenti, sovraincisioni di chitarra, anche se sono pochissime e molto brevi, e poi con uno studio già svolto per le voci e i cori; per quanto riguarda i giorni di lavorazione, tra registrazioni editing, missaggio e masterizzazione, in totale abbiamo impiegato un paio di settimane. Poi c’è stato tutto il discorso grafico relativamente alla copertina e al booklet che è in allegato al cd …. sono aspetti importantissimi … un cd con una veste grafica professionale ha sicuramente il suo peso nell’insieme del progetto … la musica è fondamentale, naturalmente ma come si dice… anche l’occhio vuole la sua parte … in generale anche con le immagini scelte si vuole comunicare qualcosa …. così come dal vivo, con la gestualità e per quanto esprimi verbalmente… Carlo: allora, dammi il “pensiero” alla base dell’adozione della foto che illustra il cd e il significato del titolo “IMMAGINA UN GIORNO”. Claudio: la copertina rappresenta la porta di una cabina elettrica … ora, a prescindere dal reale impiego di questa porta ... E’ UNA PORTA! ... aprendo questa porta … la copertina del cd … l’ascoltatore entra in un “mondo di stati d’animo” … scendendo nei particolari, noi abbiamo disposto, in un momento successivo al periodo di composizione, i brani, seguendo questa logica: continua a pagina 12........ 12 brani più diretti, solari, fino ad arrivare alle ultime canzoni, più cupe, più ragionate, più studiate ... forse anche più progressive, perché no, come una sorta di successione temporale di stati d’animo ... dal mattino alla sera … questo è un significato che non so se sia percepito, ma questa era la nostra idea nella scelta della scaletta del cd. Carlo: torniamo a te: parlami della tua formazione musicale, gli ascolti, i musicisti che ti hanno ispirato nel modo di suonare. Claudio: riprendendo ed integrando quello che già avevo accennato all’inizio di questa conversazione, spazio tra i generi, così come anche gli altri ragazzi del gruppo … il mio genere preferito, quello che mi ha suscitato maggiori interessi, è sempre stato il rock progressivo … adoro i vecchi filmati degli anni ’70 dei King Crimson, degli Yes, di El &P, dei Genesis … per quanto riguarda i musicisti, sicuramente cito Robert Fripp tra i miei preferiti, poi i classici Jimmy Page e Ritchie Blackmore …. anche se io non seguo il loro stile … essendo la nostra formazione ad una chitarra sola, nell’economia della band devo avere una “multifunzionalità”, diciamo che sono un “jolly” … senza essere un maestro di tecnica, per carità, ma devo realizzare accompagnamenti, assoli, arpeggi … i miei punti di riferimento anche se possono essere chitarristi supertecnici non implicano che io lo sia … si badi, io non sono contro la tecnica strumentale, che rappresenta un modo per ampliare la via della comunicazione musicale, ma contro il suo abuso che può ostruire tale via. Carlo: la tua prima chitarra? Claudio: a quindici anni, una Kort, poi cambiata con una Gibson Les Paul, quindi sono passato ad una Fender Stratocaster e, da oltre tre anni, suono con grande soddisfazione con una Fender Telecaster, dall’attacco diretto …. è squillante e poi l’ho personalizzata con un magnete “hot noiseless” al manico che conferisce “corpo” alle frequenze basse …. essendo una formazione ad una sola chitarra, è importante che io sia coprente, oltre che ad aver un piglio squillante … forse questa modifica ha dato più concretezza al sound della band …. Carlo: agli esordi schieravate una cantante e nel cd accreditate un altro batterista in luogo di Alessandro Inolti … Claudio: si, proprio spinti dall’esigenza di fare un rock particolare ed originale, avevamo provato, a tavolino, a metter su un band di rock progressivo con una voce femminile … una cosa non dico rara ma non frequentissima … abbiamo collaborato con questa ragazza, Tiziana, abbiamo fatto anche due concerti con lei, poi le nostre strade si sono separate per problemi vari …. abbiamo continuato a cercare altre voci femminili, purtroppo, all’epoca, non trovammo persone di nostro gradimento e alla fine, per caso, un giorno, provammo un ragazzo, che non era Emanuele … capimmo in quei giorni che, forse, i nostri pezzi, erano più adatti ad esser cantati da un uomo e questo ragazzo li aveva interpretati molto bene … poi lui decise di non dare seguito al nostro invito di unirsi alla band … poco più tardi, incontrammo Emanuele che si propose egregiamente e fu “soffiato” da Zephiro …. al resto Campo de’ fiori della scena! Emanuele è un ragazzo con una voce molto potente, una buonissima estensione e dal vivo è molto comunicativo, energico …… quello che cercavamo! …. tra l’altro, anche se i brani non li ha scritti direttamente, è riuscito a realizzare le giuste interpretazioni … per quanto riguarda la batteria, posso e voglio dirti che Alessandro, nonostante la “sua tenera età” si è presentato a noi da professionista! In due prove si dimostrò perfettamente a suo agio rispetto all’esecuzione dell’intero album che era appena uscito e dopo 3 prove ha suonato live con noi…. IMPECCABILMENTE ! Carlo: a cosa dobbiamo la scelta della denominazione del gruppo, ZEPHIRO, il vento da ponente ... per noi Romani “er Ponentino”? Claudio: allora, ZEPHIRO … con il “PH”, un vocabolo derivato dal Greco … in origine, nella mitologia greca è “Zéphyros”, la personificazione del vento di ponente …. un nome scelto per non ricorrere a qualcosa di Inglese… intanto, mi comunicava “visivamente” più energia … rispetto al termine in italiano con la “F” … poi, l’adozione del nome di un vento … il vento è qualcosa che spazza via, porta aria nuova … il vento è dinamica, c’è un significato di cambiamento, di rinnovamento, di situazione positiva .. c’è un significato di crescita, di sviluppo … ZEPHIRO, il vento, porta con sé questo significato di “fertilità”! Carlo: nel cd è presente anche un videoclip del brano di apertura “Lontano da un luogo lontano”: ce ne vuoi parlare? Claudio: il videoclip è stata un’esperienza molto interessante … è stato realizzato, ci tengo a precisare, a titolo gratuito da alcuni ragazzi, studenti dell’istituto di cinematografia, ospitato all’interno degli “Studios” di Cinecittà, coordinati dalla regia di Giulia Cima … il video è stato prodotto in tre giorni, utilizzando attrezzature professionali e il risultato ci ha davvero soddisfatti …. lo storyboard lo ha realizzato Emanuele, il nostro cantante, con la supervisione di Giulia; il montaggio è stato realizzato da Giovanni Santonocito, davvero in gamba, che ha impresso la giusta dinamica al video, trasferendo al meglio le diverse atmosfere del brano. Carlo: perchè avete scelto “Lontano da un luogo lontano” per la realizzazione di un vostro primo video? Claudio: è la canzone più diretta … non dico la migliore … io ne sono l’autore e per la musica ha collaborato anche Giacomo “Tris” Citro, il bassista … una canzone con cambi di atmosfere, una canzone solare, con sprazzi “progressivi”, che tendono a conferire il senso della successione degli stati d’animo … il video è stato girato, in parte, in alcuni angoli del quartiere Tuscolano e in parte all’interno degli “Studios” di Cinecittà; il gruppo è presente nelle immagini … era importante, essendo il nostro primo video … si tratta di un incastro di immagini tra una ragazza che vaga per il quartiere e lascia delle cose in terra … degli indizi, che noi nel corso del video raccogliamo … ma ci sono anche immagini che ci riprendono mentre suoniamo. Carlo: quali sono i vostri progetti futuri, le aspirazioni per i prossimi me-si? Claudio: come accennavo prima, cerchiamo un ufficio stampa e una distribuzione più capillare per il nostro 1° album e una produzione a budget più elevato, per la realizzazione di un secondo album …in generale, vorremmo esprimere al meglio la nostra musica! Carlo: siamo giunti alla conclusione del nostro incontro: cosa dirai al resto della “gang” di questa nostra chiacchierata? Claudio: IO C’ERO! Mi è piaciuta molto questa nostra conversazione, mi ha dato modo di spaziare tra gli argomenti e comunicare quello che è il modo di operare e vivere la musica da parte degli ZEPHIRO … peccato non esser stati tutti presenti ma motivi diversi non l’hanno consentito … ma se ci penso meglio, potrei anche dirgli: <ben per voi … C’ERANO DELLE ZANZARE … GRANDI COSIII’!>…. scusa, Carlo … hai dell’AUTAN? (www.zephiro.org e www.myspace.com / zephiroband-email : [email protected]) Epilogo <tri tri triii … tri tri triii....... prontii! Qui deposito: è l’operatrice ecologica Folletto Jolanda matricola 334578/875433? ... pò esse! attenda in linea signora, grazie … (attesa con intermezzo musicale) “…eppure il vento soffia ancora spruzza l’acqua alle navi sulla prora e sussurra canzoni tra le foglie bacia i fiori li bacia e non li coglie*…” A Jola’ …. so Spartaco … senti n’po’ … me dicheno che sei stressata … che stai a questionà per du foje che se ‘n volano … che sta a richiede l’ausilio de le “forze speciali” …. A Spa … allora se comunica dentro a sta ‘zienda … ce condivisione den formazioni … a Jolà … famola breve …. stamme a sentì …. ciò un lavoretto pe te stanotte … no straordinario …. so sordi …… daje, spara , che mò arriva Natale …. ciò da faje er monopattino de Drago Boll ar pupo … ce sarebbe da annà a pulì na galleria … na galleria? .. en dov’è che stà? … a via dell’Alisei … è lontano da qua? … un soffio ... na galleria? Ahò… si ma de quale galleria stamo a parlà? … da a galleria der VENTOOOO … a Jolà! … prima de comincia, però, mettete du sanpietrini nelle saccocce ..... sinnò voliii …… VIA COR VENTOOO !> * versi tratti da “ Eppure Soffia” di (Pier)Angelo Bertoli –lp Eppure soffia –CGD-1976. 14 Campo de’ fiori PARANOID PARK di M. Cristina Caponi Paranoid Park; USA, Francia, 2007. Genere: drammatico, thriller; regia: Gus Van Sant; interpreti: Gabe Nevis, Dan Liu, Jake Miller, Taylor Momsen, Lauren Mc Kinney, Olivier Garnier, Scott Green, Winfield Henry Jackson; sceneggiatura: Gus Van Sant; fotografia: Christopher Doyle, Rain Kathy Li; montaggio: Gus Van Sant; scenografia: John Pearson Denning; costumi: Chapin Simpson; distribuzione: Lucky Red; durata: 1h e 30 minuti. In La donna del ritratto il quieto e attempato criminologo Richard Wanley viene coinvolto -suo malgrado- in un omicidio, difendendo una bella donna a lui estranea. Decide di nascondere il cadavere e tacere sull’accaduto, ma la paura lo assale. Fortunatamente era solo un sogno. Magari potrebbe dire lo stesso il sedicenne Alex (Gabe Nevis), protagonista di Paranoid Park, film premiato al festival di Cannes 2007. Anche lui è responsabile di una morte accidentale (il cadavere in questione è quello di un agente della sicurezza ferroviaria) e anche lui decide di continuare la sua vita senza dir nulla dell’accaduto. Il frustrante smarrimento del giovane è solo all’inizio. Il regista di Portland Gus Van Sant torna dietro la macchina da presa per narrare vicende aventi come personaggi principali adolescenti dolenti e disorientati. Questa volta lo fa concependo l’adattamento cinematografico di un romanzo breve dello scrittore Blake Nelson. I protagonisti della sua ultima opera interagiscono fra loro in un background metropolitano, in cui gli adulti sono quasi o del tutto assenti. Più precisamente, lo scenario cardinale intorno a cui ruota l’intera storia del nostro eroe è il paradiso degli skater più spericolati, degli artisti delle tavole su quattro ruote, dove la tragedia si consuma sul rappreso cemento armato di periferia. È l’asetticità dei rapporti umani, sia che si tratti delle amicizie sia che riguardi le prime esperienze sessuali, che colpisce sin da subito il pubblico alla stregua di un pugno allo stomaco, rivelando una patina del più totale nichilismo. Ma tutto questo è solo Paranoid Park: tempio del disorientamento adolescenziale e della rabbia giovane, nell’epoca dell’America repubblicana di Bush. A livello tecnico, l’autore di Da morire bissa alcuni stilemi, già riscontrati in alcuni dei suoi lungometraggi più recenti, come Elephant e Last days, e si compiace del suo stesso manierismo estetico. Per far scaturire la bellezza dell’immagine, bastano pochi ingredienti: il dilungarsi su inquadrature fisse, l’imperare di sgranature, rallentamenti e accelerazioni e, infine, lo sfolgorante utilizzo del super 8 alternato alla pellicola 35 mm. Spiazzante la scelta della colonna sorona, cockatil originale d’ipnotizzanti musiche composte da Elliot Smith, Beethoven e Nino Rota. Ferrata l’interpretazione del debuttante Gabe Nevis nel ruolo dell’angariato Alex; il suo efebico volto d’angelo stride alla perfezione con la scaltrezza che s’intuisce nello sguardo. Una piccola indiscrezione: le selezioni per il film, a cui tutti i giovani interpreti hanno partecipato prima di essere scelti dal regista, sono state ampiamente reclamizzate su alcuni banner pubblicitari del sito myspace.com. Tuttavia, sfalsando l’ordine cronologico degli eventi e anteponendo la freddez- za dei tempi morti ai risvolti polizieschi, lo spettatore esce dalla sala abbastanza scombussolato. Il finale aperto non fa altro che cristallizzare –ulteriormente- qualsiasi tipo di giudizio etico-morale. Questo e quanto altro possiamo aspettarci da un artista che ha osato rendere omaggio al re del brivido Alfred Hitchcock, realizzando un ready made in technicolor di Psycho. Campo de’ fiori Roma - Viterbo - Civita Castellana Vallerano - Porto D’Ascoli - Teramo www.lisi-bartolomei.com 15 16 Scooby Doo di Sandro Alessi Dopo il successo ottenuto in Inghilterra e negli Stati Uniti, dove ha registrato sempre il tutto esaurito, è arrivato anche a Roma il musical “Scooby-Doo Live on Stage”. Nella splendida cornice del Teatro Olimpico abbiamo potuto assistere alla rivisitazione, in chiave musicale, del fortunatissimo cartoon, nato negli anni ‘70 e firmato da Hanna e Barbera. La tournèe teatrale ha debuttato a Milano in Ottobre e, dopo aver fatto tappa a Brescia, Trieste, Torino, Rimini e Firenze, è finalmente approdata a Roma, per la gioia di grandi e piccini amanti del danese più famoso al mondo e dei suoi amici. La produzione è stata curata da Daniele Luppino, lo stesso che ha portato in Italia le fatine Winxs, e la regia affidata a Salvatore Vivinetto, che ha dichiarato ai nostri microfoni che “per la versione italiana non sono stati fatti molti cambiamenti: la storia e la sua evoluzione sono rimaste le stesse, ma sono stati aggiunti otto brani musicali di Fabio Serri, che formano un cd, e cambiate alcune coreografie grazie alle sapienti mani di Alberta Palmisano e Massimo Savatteri”. Lo spettacolo racconta la storia della gag della Mistery Machine (il furgone usato per trasportare l’attrezzatura necessaria per le indagini): il pauroso Scooby (Giuseppe Baldasseroni), il fifone Shaggy (Marco Iacomelli), la bella Daphne (Laura Causino Vignera), l’intelligente Velma (Daniela Lidia Simula) ed il belloccio Fred (Giuseppe Verzicco) sono impegnati a risolvere il mistero che aleggia sul set del film dell’orrore che sta girando lo zio di Daphne, funestato da strani incidenti e popolato da improbabili fantasmi. I ragazzi, tutti molto bravi, sono apparsi anche molto disponibili, tanto che alla fine di ogni spettacolo rimanevano ad attendere i piccoli fans per le foto ricordo e, colti dall’euforia, dopo l’interviste di rito, ne abbiamo approfittato anche noi facendoci immortalare con gli interpreti. Marco/Shaggy che ne pensi di tutta questa gente che viene ad applaudir- Campo de’ fiori live on stage Campo de’ fiori 17 vi ogni sera ? “Tutti questi spettatori, che ci hanno seguito fin qui nella nostra tournèe, ogni sera ci danno forza e coraggio per crescere artisticamente e ci aiutano a superare la stanchezza fisica, in quanto recitare questo musical è molto faticoso” E’ vero che vieni dal mondo musicale? “Si, ho iniziato con una mia rock band chiamata Venere e con cui continuerò a cantare e suonare ed il mondo musicale mi ha attratto fin da bambino”. Giuseppe/Scooby sei davvero agile sul palco nonostante tu sia costretto ad indossare un costume così ingombrante! “In effetti ho avuto bisogno di molte prove ed accorgimenti per arrivare a questa libertà di movimenti. Una sera sono addirittura caduto dal palco. Non si vedeva nulla ed ho fatto un volo di un metro e mezzo che, grazie al mio costume imbottito, è finito bene! Da quella sera abbiamo posto un nastro visivo per segnalare il bordo del palco.” Il motivo di tanto successo? “Penso che Scooby conquisti ognuno di noi, indipendentemente dall’età, perché raccoglie in sé molte fobie comuni agli uomini; non è certo il cane perfetto, è un fifone che riesce però a cavarsela in ogni situazione”. Scooby-Doo fu trasmesso per la prima volta nel 1969 in America sulla CBS. All’epoca, il responsabile della programmazione Fred Silverman era alla ricerca di un programma capace di costituire una valida alternativa al filone dei super-eroi. L’idea venne ad Hanna e Barbera e, dopo alcuni cambiamenti e l’ispirazione del nome Scooby-Doo presa dalla canzone di Frank Sinatra “Stranger in the night”, il programma venne chiamato “Scooby-Doo where are you?”. Da quell’idea il succeso fece il giro del mondo ed ancora è vivo oggi tra gli appassionati di questo cartoon, grandi o piccoli essi siano. Campo de’ fiori 18 Associazione Artistica Ivna Artisti di Vignanello, Vallerano, Corchiano, Civita Castellana condividono l’arte a cura della Prof.ssa M.Cristina Bigarelli Stefano Guerriero e la sua arte Stefano GUERRIERO, nato a Civita Castellana il 4 agosto 1973. Pittore autodidatta di talento, inizia il suo percorso pittorico durante il servizio militare. La sua arte Stefano Guerriero riprende panorami, immagini di una quotidianità semplice, vera, che può essere colta da uno sguardo attento, osservatore, che la immortala con abilità, con freschezza, sfumandola in tonalità cromatiche varie e vivaci. Protagonisti delle sue opere sono gli ambienti nei quali, talvolta, sono presenti le persone, gli animali, nell’ atto stesso di vivere, nella piacevole e serena immagine della natura. Alcuni suoi quadri ci parlano anche del significato di libertà, nel tentativo di andare altrove alla ricerca di terre nuove, che possano essere luogo di incontro, evitando il caos, poiché tutto ha un ordine, senza, però, sradicarsi totalmente dall’origine. Il fascino del mistero nelle vie oscure dell’universo risiede in quei pianeti, in quei mondi, in quegli oggetti, di valore temporale e quindi storico, che sembrano fluttuare, per poi galleggiare, e quindi sostenersi grazie ai bagliori e alla intensa luce, che sembra quasi svincolarli dall’immenso vuoto che li circonda. La fonte di ispirazione di Guerriero, risiede nella realtà così come è, in una elaborazione ed in un accostamento dei soggetti trattati, che fanno intravedere le luci e le ombre di una giornata, attraverso la tecnica dell’olio su tavola. Una passione quella di Stefano Guerriero iniziata nel 1994 e col tempo consolidata. Guardando alcuni dei suoi dipinti si ha la sensazione che le immagini siano in rilievo, anche se, ci rivela l’artista, si tratta di un effetto ottico volutamente ottenuto. Paesaggi, persone, esseri viventi che non assumono significati particolari, ma semplicemente parlano di sé. Il messaggio centrale dell’arte di Guerriero è la vita! I suoi dipinti sono in movimento, vivi, intrisi di colore ed emanano il piacere che l’artista ha nel parlare della vita, prediligendola in modo evidente e appassionato rispetto agli oggetti inanimati. Guerriero ama dipingere e noi non possiamo fare altro che pregiarlo! Campo de’ fiori il diario dei Giras questa pagina è dei ragazzi speciali 19 li Venerdì 21 Dicembre 2007, presso il centro socio educativo Rosa Merlini Frezza, si è tenuto il tradizionale pranzo di Natale, durante il quale sono stati donati ai ragazzi strumenti musicali acquistati con il ricavato delle offerte, raccolte in occasione dei funerali di Giuseppa Berto (Giuseppina), che aveva espressamente manifestato questa volontà. Cuore di mamma Viareggio - Il nostro amico Michele Moscioni insieme a Marcello Lippi Commissario Tecnico della Nazionale Azzurra Campione del Mondo a Berlino 2006 La “nostra poetessa” Luana Bongarzone ha guadagnato l’oro nella gara di bocce per la 1° categoria, che si è svolta domenica 13 Gennaio, in seno all’VIII edizione della Giornata Sportiva Borgiana. Congratulazioni Luana!!! Cuore è un dono che ci ha unito le nostre vite... Amore sei tu mamma che hai voluto che io uscissi dal tuo grembo... Tesoro sei tu, oro solare che illumina i tuoi occhi... Sfiorano le scie rosse dorate del tuo bel viso rosa, argentato di lacrime contente... Le sopracciglia brillano di luci solari sfumati dal cielo raso di stelle rosse... Accese di rosso tramonto... Rosato come un fiore dorato... Una rosa rossa bagnata di rugiada.. Luana Bongarzone 20 Campo de’ fiori CENTRO DI CONSULENZA Neuropsichiatrica, Psicologica, Logopedica, Psicopedagogica Via T. Tasso 6/A - Civita Castellana (VT) Tel. 0761.517522 Cell. 335.6984281-284 www.centroceral.com [email protected] LA PSICOTERAPIA NELL’AMBITO DELLA PROMOZIONE DELLA SALUTE … “ci impegniamo a riconoscere le persone stesse come la maggiore risorsa per la salute…e a riconoscere nella salute e nella sua tutela un fondamentale investimento sociale e una sfida decisiva, nonché ad affrontare in modo globale il problema ecologico del nostro modo di vita”. (OMS-Carta di Ottawa per la promozione della salute, 1986). Per Promozione della Salute quindi si intende il processo che consente alla gente un maggiore controllo sulla propria salute e di migliorarla. Per conseguire uno stato di benessere fisico, mentale e sociale l’individuo o il gruppo deve poter individuare e realizzare le proprie aspirazioni, soddisfare i propri bisogni e modificare l’ambiente o adattarvisi. La salute è pertanto, in quest’ottica, una risorsa per la vita quotidiana, non un obiettivo di vita. La salute non è dunque identificabile solo come assenza di malattia, ma è un concetto positivo che insiste sia sulle risorse sociali che su quelle personali, oltre alle capacità fisiche. Purtroppo in questi ultimi venti anni il modello bio-medico è stato il paradigma dominante e si è spesso trasformato in “imperialismo” con aspettative di passività dal paziente, che già nella sua stessa definizione rimanda implicitamente ai sinonimi di sottomissione, remissività, che patisce sofferenze, sottovalutandone preoccupazioni, osservazioni, dignità e persino potenzialità di recupero. La gente non dovrebbe colpevolizzarsi per questa passività, ma è importante che impari a riconoscerla. Bisogna inoltre considerare quello che si può definire il “fascino della passività”. A a cura del Dott. Fedeli Gianluca Psicologo Psicoterapeuta Formatore in promozione della salute quasi tutti piace essere accuditi e accuditi bene! E a molti aggrada poter cedere alcune incombenze della propria vita in modo che vengano gestite da altri.. perchè dunque non rivolgersi all’istituzione medica per farsi gestire la propria salute? Tutto questo ha spesso fatto fallire le opportunità di promuovere la salute. Tuttavia, anche se solo molto recentemente, stiamo assistendo anche in Italia ad un mutamento di paradigma di riferimento e cioè da quello bio-medico a quello biopsico-sociale, in cui appunto gli elementi fondamentali del modello sono suggeriti dalle 3 parti che compongono il relativo termine: Bio per biologico, che tiene conto dei determinanti genetici e biologici della salute; Psico per psicologico, che riconosce l’influenza che la dimensione mentale, emotiva ed anche spirituale esercitano sulla salute; Sociale, che riconosce l’influenza esercitata sulla salute dal sistema e dalle relazioni familiari, dalla comunità e dalla cultura. Secondo questa visione sistemica nulla è influenzato in un’unica direzione, ma esiste piuttosto un circuito di influenze nell’ambito dell’integrazione mente-corpo; concetto sostenuto in ambito scientifico in particolare dagli studi di psiconeuroimmunologia. Dunque secondo la visione del Modello Biopsicosociale la salute si determina dalla combinazione dinamica di aspetti biologici, psicologici e comportamentali ed è la conseguenza di una serie di decisioni personali e sociali sulle quali ciascun individuo ha potenzialmente un notevole controllo. Si comprende bene quindi quale importanza abbia in tale ambito un percorso personale di empowerment in psicoterapia, sia per i determinanti individuali della salute, che per gli altri fattori determinanti la salute stessa in otti- L’angolo Misterioso Nella foto accanto è riportata una via di Civita Castellana. Sapresti dirci il nome della Via? I primi tre che, telefonando in redazione, daranno la risposta esatta, riceveranno un simpatico omaggio offerto da: Civita Bevande. ca sistemica. Tra i principali fattori psicologici individuali su cui, in tale ottica, la psicoterapia agisce, ci sono: - le abilità di Coping: le strategie cognitive e comportamentali che adottiamo per far fronte ad eventi che vengono percepiti come problemi; - l’autoefficacia: “la convinzione di essere in grado di organizzare e realizzare le azioni necessarie per gestire adeguatamente le situazioni che si incontreranno in un particolare contesto, in modo da raggiungere gli obiettivi prefissati” (Bandura, 1995); - la hardiness: concetto introdotto da Maddi e Kobasa (2001) per definire un insieme di atteggiamenti e di abilità che migliorano le prestazioni, l’autorevolezza, il morale, la tempra e la salute nonostante la presenza di condizioni avverse; - l’autostima: il modo cioè in cui ci si valuta, l’entità della stima che ci si attribuisce e quanto validi e capaci ci si reputa; - la capacità di comunicazione e di risoluzione dei problemi, legata alla capacità di riconoscere e comunicare i propri bisogni in modo assertivo e alla capacità di riconoscere fondamentalmente i propri stati interiori, le proprie emozioni e sentimenti e la capacità di gestione degli stessi. Per concludere, è importante ricordare che numerosi ricercatori hanno esplorato ed evidenziato che gli aspetti psicologici hanno un notevole impatto sulla nostra salute. Al centro delle loro ricerche si evidenzia sempre che individui diversi vivono in modo diverso gli eventi della loro vita. Esistono atteggiamenti che aumentano i problemi ed altri che li riducono. Ma fatto più importante è che anche coloro che non possiedono un modo efficace di gestire gli aspetti della propria vita possono imparare a farlo. Campo de’ fiori 21 E se viaggiare fosse anche imparare? Le vacanze di Natale sono lontane e, da un pò, siamo ormai tornati, pieni di letizia, a dare qualche altra bracciata nella mota che ci arriva fino a metà busto. Scusate il di Debora Attanasio pessimismo, ma, mentre scrivo, sono appena rientrata da un paese nordeuropeo che visito spesso per prendere una boccata di civiltà, e, ogni volta, il confronto è sempre più doloroso, specialmente quando, appena rincasata dall’aeroporto, trovi l’ennesima bollettatruffa della Telecom che, nel paesino dove abito, ha sventagliato abbonamenti Alice Flat a raffica (19 euro forfettari più le telefonate, due mesi gratis e installazione gratuita, diceva la spacciatrice, e ci siamo ritrovati tutti, senza aver ricevuto contratti da firmare, con bollette oltre i 250 euro dove, tra le voci, risulta anche il costo d’installazione che ci siamo fatti da soli). Al momento di scrivere, al servizio assistenza cade la linea ogni volta che stanno per passarci l’operatore e qualcuno pagherà per esasperazione. Agli altri staccheranno la linea in attesa di chiarimenti (io sarò tra quelli), e chissà come finirà. E’ inutile che cerchiamo di difenderci (e so che i meno attenti, quelli che fanno i turisti, non gli esploratori, se la prenderanno): siamo tra i peggiori dell’Unione Europea. Non vi dirò il nome della nazione che ho visitato, non voglio contribuire a farla diventare oggetto d’invasioni barbariche, ma vi dico solo che non è ricca, che da tre mandati il presidente della loro Repubblica è una donna, e noi non riusciamo a farne eleggere una in Parlamento, a meno che non sia stata una soubrettina. D’altra parte, solo pochi giorni fa ho sentito un tale dire “Chiedo un parere ad un altro medico perché quello che mi ha fatto la diagnosi era una donna”. Parliamo dei mezzi pubblici di questa nazione che, mi fa piacere sottolinearlo, negli anni ‘80 pativa il 20% di disoccupazione e ora si avvia verso il 4%. Ho preso molti autobus, e arrivavano esattamente all’ora segnata sulla tabella. Dalla fermata ho notato un gruppo di selvaggi sguaiati, che si fotografavano a vicenda, mentre posavano a gestacci e cantavano inni. Erano romani: si notavano come una Ford Ka rossa nella neve. A bordo, tutto era pulitissimo, le anziane erano sedute e i bamboccioni in piedi, i biglietti li paghi inserendo le monete in un aggeggio e se non hai monete te le cambia l’autista, invece di andare a caccia di tabaccherie. Nessun maniaco palpeggiava le ragazze e, al momento di scendere, non c’è stato bisogno di sfidare a duello nessuno, anche perché le corse sono così frequenti che non c’è calca. La sera i locali sono pieni di ubriachi, come capita in tutti i paesi del nord, ma, persino quando si trascinano, i clienti dei pub posano il bicchiere nel posto giusto, cercano di vomitare solo in bagno e se ti danno fastidio e glielo dici, se ne vanno. Nessuno guida il venerdì e il sabato sera: gli autobus che ti riportano in provincia funzionano per tutta la notte (la nostra ferrovia Roma Nord ha l’ultima corsa stirata alle 21.00 scarse nei giorni feriali, molto prima nei festivi), i taxi costano meno e sono tantissimi (qui, a momenti scoppia la guerra civile perché volevano rilasciare nuove licenze) e la gente fa la fila educatamente per prenderli. La pubblicità della campagna contro la guida in stato d’ebbrezza è shockante, con immagini di incidenti e gente sfigurata, robetta che qui scatenerebbe le ire di tutte le associazioni di difesa dell’ipocrisia di cui abbondiamo. Sulla tv di Stato ci sono cinque tipi di programmi: i notiziari (che spiegano i veri problemi sociali e non trasformano la cronaca nera in uno spettacolo), gli show musicali (veri), i film (belli), i quiz (veri), i documentari, soprattutto quelli storici. Stop. La tv trash non sanno nemmeno cosa sia. Gli uomini fanno ancora il baciamano alle donne, le abbordano solo se quelle hanno lanciato sguardi significativi, altrimenti rinunciano. Se gli lasci attaccare bottone, non ti mettono le mani addosso prima di sapere come ti chiami, e nonostante ciò non sentono la loro virilità compromessa. In un grande magazzino ho pagato una buona camicetta (non cinese) 5 euro, due paia di bei calzini di cotone con pipistellini ricamati (non cinesi) 1,50, la sera di Capodanno non ho dovuto raccomandarmi a nessuno per avere un tavolo ad un ristorante al centro: ho lasciato il nome al direttore di sala e dopo 3/4 d’ora, ragionevoli per la serata particolare, mi hanno seduta, cibata e dissetata. Conto: identico al giorno prima. I camerieri non grugnivano di malumore perché alle 22.00 chiudevano le cucine e li mandavano a divertirsi dove gli pareva. Uscendo, ho notato che, in quasi tutti i locali, la raccolta del vetro usato è divisa per colori (verde, bianco e marrone), e qui stiamo ancora alle rivolte popolari per le discariche, perché non ci entra in testa che la spazzatura andrebbe semplicemente riciclata (quanti di voi lo fanno già?). Sono uscita e sono stata al solito pub, dove non c’era il biglietto d’ingresso speciale per Capodanno: si entrava gratis. Le consumazioni costavano la stessa cifra degli altri giorni, a mezzanotte hanno spento la musica e abbiamo fatto il conto alla rovescia, poi ci siamo abbracciati tutti, donne comprese che non ti guardano dall’alto in basso pensando “Io sono cento volte meglio di te, nana mediterranea”. Vi basta? Aspetto già il commento acido della solita immancabile signora frustrata che mi consiglia “Tutti pronti a dire che l’estero è meglio: e perché non te ne vai?”. One moment, please, datemi solo un minuto; ce la sto mettendo tutta per mettere insieme i pezzi, abbandonare questo catino di lacrime e non sentir più parlare di veline e tronisti, di culturine e quote rosa, di parcheggi e traffico, di benzina che aumenta solo qui (lo sapete che in Spagna costa ancora 1 euro al litro?), di raccomandazioni e presentazioni, di rivolte contro chi pretende che le leggi siano applicate, di leggi Biagi e di inganni per scavalcarne gli emendamenti, di balzelli e gabelle. Credetemi, forse quando vi fate i vostri weekend all’estero con colazione compresa, distratti dallo shopping, non avete modo di rendervi conto delle differenze, soprattutto perché le lingue, in Italia, non le studiamo (non le studiate), nemmeno sotto tortura. La prossima volta, guardatevi meglio intorno e cerchiamo di copiare. 22 Campo de’ fiori o z r a Bom Le guide di Camp sero qui dopo aver risalito il Tevere, non siano molto numerosi e siano, per lo più, relativi a tombe e necropoli. Quale fosse il nome del centro in epoca etrusca si ignora completamente. Per quanto riguarda la sua ubicazione, essa deve ricercarsi nell’attuale Bomarzo più che a Pianmiano, che altro non sarebbe la necropoli dell’omonimo centro etrusco, a tale uso quasi esclusivamente adibita. L’abitato nasce e si afferma con funzioni di sorveglianza e controllo delle vie commerciali che dall’Etruria marittima penetravano, attraverso la valle del Tevere e dei suoi affluenti, nella parte centrale della penisola italiaca. Il nome originario doveva essere Dalla provincia di Roma, dove abbiamo Polimartyum, da cui Bomarzo, derivante “visitato” i paesi di Filacciano e Civitella dall’unione del termine greco Polis, città, e San Paolo, torniamo nella provincia di di quello latino Martis, Marte, cioè città di Viterbo, precisamente a Bomarzo, suggeMarte, concretizzando, nel nome, un diffustivo centro della Tuscia, gioiello di urbaniso culto per questa divinità. Lo sviluppo stica medievale, ben conservato, situato della cittadina continua ininterrotto nel IV tra gli estremi speroni rocciosi nord-oriene III secolo, pur tra i contrasti, le guerre e tali dei Monti Cimini, originati dal loro antile lotte che contraddistinguono questo co apparato lavico, e l’ampia vallata del periodo, in cui inizia e si afferma l’avanzaTevere. Conta attualmente 1.760 abitanti ta romana nei territori posti lungo l’asse ed è possibile raggiungerlo attraverso l’audel Tevere. Nel 310 a.C., infatti, avviene la tostrada A1, uscendo ad Attigliano, in direprima battaglia del lago Vadimone; nel zione Viterbo o tramite la Superstrada 308 il console P. Decio Mure ritorna in queOrte-Viterbo, uscita Bomarzo. sti luoghi, distruggendone i maggiori cenSTORIA Il paese sembra ritrovare le sue tri; nel 283, infine, in prossimità dell’abitaorigini nel VI secolo a.C., in pieno periodo to, se non addirittura proprio nel suo terrietrusco, nonostante i resti rinvenuti durantorio, si ha la seconda e più grande battate gli scavi nella zona di Pianminano, da glia del lago Vadimone, che determina l’inPlanum Meonianum, così definito per aver clusione dell’abitato sotto la diretta ospitato un primo stabile insediamento dei influenza dei Romani, che si consoliderà Meoni, i quali abbandonata la Lidia, giuncon il tempo. Già a partire dai Padri Apostolici, molto probabilmente, Santa Maria Assunta Bomarzo fu una delle città affidate da San Pietro stesso alle cure pastorali di San Tolomeo. Nel V secolo ebbe un altro grande Vescovo, Anselmo, eletto per acclamazione non solo Episcopum, ma anche Dominum e Pastorem. Essendo lui signore di Bomarzo, affrontò il re goto Totila, che lo fece prigioniero e lo maltrattò. Fu eletto Protettore del paese. La sua morte si presume avvenne verso la fine del VI secolo. Nel 1647 le sue venerate spoglie, per secoli rimaste sotto il pavimento del Duomo, furono riposte, dal duca Ippolito Lante, sotto l’altare maggiore, già fatto preparare dagli Orsini. Bomarzo diede anche un Pontefice: Papa Sabiniano, che successe a San Gregorio Magno, dal 604 al 606. L’estensione territoriale della Diocesi non doveva essere troppo vasta e al tempo di San Gregorio fu unita a quella di Ferento. Così mentre inizialmente i suoi vescovi si firmavano Episcopus Ferentensis-Polimartyum, successivamente lasciarono E. Polimartyum. La fine dei Vescovi bomarzesi avviene secolo XI, con il Vescovo Lamberto, l’ultimo che, nel 1015, sottoscrisse documenti conciliari come Episcopus Polimartiensis. Nel periodo medievale divenne feudo di signori viterbesi e si ridusse numericamente, identificandosi in un castello dalla fisionomia guerresca. Solo in seguito venne acquistato dagli Orsini, che lo cambiarono profondamente dal punto di vista architettonico, con influssi vignoleschi, come dimostra il sacro bosco, voluto da Vicino Orsini e poi governato dai Borghese. ITINERARIO TURISTICO Dal punto di vista archeologico di notevole interesse sono: la necropoli di Montecasoli, l’insediamento etrusco-romano del Pianmiano ed il cimitero paleocristiano di Santa Cecilia. A 3 km da Bomarzo, inoltre, sorge la frazione di Mugnano in Teverina, con il Palazzo Orsini e la Torre Medievale. All’interno del paese, sul lato sinistro della cattedrale, s’innalza un campanile, con un possente basamento. La sua indiscutibile robustezza, per le poderose pietre ben squadrate che lo compongono e la cornice classica che lo delimita nella parte superiore, ha fatto supporre l’esistenza d’un antico monumento funebre d’epoca romana. Tale tesi viene sostenuta dall’inclusione di alcuni antichi reperiti nel territorio, ma specialmente da un rilievo funerario marmoreo raffigurante tre personaggi: marito, moglie e figlio, indiscutibilmente di epoca romana,probabilmente della prima metà del I secolo a.C.. Il centro storico, chiamato dai bomarzesi “dentro”, è un chiaro esempio di urbanistica medievale. Le case sono addossate l’una all’altra e divise solamente da piccolissimi e tortuosi vicoli o scalinate strette e ripide. Alla fine del 1400, però, Corrado Orsini diede inizio ad una serie di lavori che trasformarono, poco a poco, l’originaria fortezza medievale in una maestoso palazzo, oggi sede del municipio di Bomarzo. Pregevole dal punto di vista architettonico è il Duomo. Costruito sul finire del 1400, su una preesistente basilica paleocristiana, mostra una architettura da ricondurre al Brunelleschi, che, proprio in quel periodo, aveva gettato le basi della nuova architettura rinascimentale. Si presenta con una grande facciata e due gradinate a ferro di cavallo. Di buona fattura e risalente alla metà del ‘600, la pala d’altare maggiore raffigura il Vescovo Anselmo che tiene sul palmo della mano la città di Campo de’ fiori po de ’ fiori Bomarzo. La parte superiore fu completata solo alla fine del 1600 e custodisce le reliquie di S. Anselmo patrono di Bomarzo, vissuto alla fine del VI secolo. La chiesa di Cristo Risorto è un edificio di recente costruzione, inaugurato nel 1986 e situato nella parte nuova del paese. E’ costituito da più corpi cilindrici di varie dimensioni che si intersecano l’uno con l’altro. Ma di certo, l’elemento più caratteristico, anzi, oserei dire esclusivo, per il quale Bomarzo, più che per qualsiasi altra cosa, è famoso, è il meraviglioso Parco dei mostri, noto anche come Bosco Sacro, divenuto la principale attrattiva turistica del paese. Esso venne fatto costruire nel 1552, dall’allora Duca di Bomarzo, Vicino Orsini, in seguito alla morte della moglie Giulia Farnese. Pirro Logorio, che completò San Pietro dopo la morte di Michelangelo e realizzò Villa d’Este a Tivoli, fu l’architetto al quale fu commissionata la realizzazione dell’opera. Sono grandi statue e sculture in peperino integrate alla perfezione nella natura del bosco, perfettamente tenuto con vialetti alberati e grandi prati curatissimi a decorare il parco, completate da numerose iscrizioni che accompagnano il visitatore. Varcato l’ingresso, sormontato dallo stemma degli Orsini, si incontrano due sfingi ed una serie di teste, raffiguranti alcuni antichi Dei, Saturno, Giano, Fauno, Evandro e la triplice testa di Ecate. Il percorso si dirama e la parte più consistente del parco è quella che si svolge prendendo il sentiero di destra, dove, dopo pochi metri, si incontra una delle più grandi scultore: Ercole che squarta Caco, la lotta tra i giganti, la lotta del bene contro il male, uno dei temi ricorrenti in tutto il giardino. Oltrepassando altre interessantissime sculture, si arriva al grande ninfeo ad emiciclo, con alcuni degli episodi plastici più singolari del parco, come, ad esempio, l’e- 23 di Ermelinda Benedetti foto Mauro Topini norme mascherone dalla bocca spalancata. Tra le tante statue spunta la casa pendente, la più divertente delle meraviglie da visitare. Quasi alla fine del percorso, nella sua parte più alta, sorge il Tempietto, elegante edificio in antis, tetrastilo, con pianta ottogonale sormontata da una da cupoletta, dedicato da Vicino alla sua Il parco dei Mostri seconda moglie Giulia Farnese. Il parco, a mio avviso, non si può descrivere, né immaginare, si deve visitare, per rimanere a bocca aperta. Questa singolare ed esclusiva opera d’arte fu, a lungo, trascurato fino al 1954 quando venne acquistato dal Giovanni Bettini, che lo ha riportato all’antico splendore. TRADIZIONI E FESTE Le manifestazioni tradizionali di Bomarzo ruotano, quasi esclusivamente, intorno alla figura del Santo protettore, Sant’Anselmo, che si festeggia il 24-25 aprile e al quale i bomarzesi sono molto devoti. Ogni dieci anni, poi, la ricorrenza assume una forma molto più solenne, in quanto la statua del santo viene esposta in chiesa e venerata giorno e notte dalla popolazione. In tale occasione le spoglie del Santo vengono processionalmente e solennemente portate per le vie del paese. La parte religiosa è affiancata dall’antico Palio di Sant’Anselmo e la sagra del biscotto. Il Palio è stato ripristinato da poco, ma antiche fonti testimoniano che si correva già nel 1600 ed erano addirittura due, l’uno il 24, l’altro il 25 aprile, pagati con baiocchi e altre monete dell’epoca e organizzati da un incaricato, fino Sant’Anselmo a ridursi, poi, a semplici corse di cavalli. Oggi la gara si disputa tra i cinque rioni in cui è stata diviso il paese: Dentro, il più antico, Borgo, Poggio, Croci, Madonna del piano. Come ogni palio che si rispetti è aperto da un bellissimo e curatissimo corteo storico, in costumi cinquecenteschi, accompagnato dalla locale Banda musicale, che prende il via dal castello Orsini. Ad essi si uniscono ragazzi e ragazze in abiti tradizionali del luogo, che distribuiscono ai presenti il famoso “biscotto di Sant’Anselmo” a fette, gli sbandieratori, i Priori delle contrade con i loro stendardi, i fantini a cavallo ed infine il carroccio, trainato da due buoi bianchi, che trasporta il nuovo Palio, uno stendardo dipinto ogni anno da un abile artista, che verrà gelosamente custodito nella chiesa del rione vincitore, al quale va anche un compenso in danaro. Il corteo percorre le vie addobbate del paese, fino a giungere alla pista del Fossatello, dove si corrono i fatidici cinque giri. La sagra del biscotto di Sant’Anselmo è stata istituita nel 1973 dall’Associazione Pro-loco, con il fine di promuovere e valorizzare questo dolce tipico di Bomarzo. A forma di ciambella del peso di circa 1 kg, era anticamente chiamato Pane di Sant’Anselmo, che secondo la tradizione veniva distribuito dal Vescovo ai pellegrini in cammino verso la città Santa di Roma, o ai bisognosi del paese. Ancora oggi si usa la stessa ricetta tramandata di madre in figlia. A queste si affiancano le manifestazioni annuali organizzate dal comitato festeggiamenti locale. SAPORI TIPICI Biscotto o pane di Sant’Anselmo, per il quale è stata istituita una vera e propria festa ed è stato riconosciuto ufficialmente prodotto tipico tradizionale. La ricetta è gelosamente conservata, ma gli ingredienti principali sono: anice, uova, limoni, liquori vari, zucchero, farine, lievito. Lo sapevate che l’Astronauta Roberto Vittori è originario di Bomarzo, ed il suo paese gli ha dedicato una cartolina. ...continua dal n. 44 Ciò che conta in questa musica è lo stile individuale del solista improvvisatore che si riconosce attraverso una serie di particolarità quali, la tonalità del suo strumento piuttosto che la sua concezione armonica e ritmica ed è proprio da queste che discendono direttamente, sia il progressivo moltiplicarsi degli stili strumentali, sia gli stessi creatori di musica. Ricordavo Bessie Smith. Tutto per questa cantante comincia presso gli studi di registrazione della Columbia a New York. Correva il 27 febbraio 1923, lei aveva appena venti anni, in quella occasione, allorquando finisce di interpretare il brano dal titolo down hearted blues i responsabili della Columbia comprendono subito che quello appena registrato è un capolavoro del blues; purtroppo Bessie perdette la vita ad appena trentasette anni a seguito di un grave incidente automobilistico. Ma di ciò non bisogna sorprendersi poichè il Jazz è costellato da innumerevoli storie altrettanto toccanti. Basti ricordare Leon Bismarck Beiderbecke - Bix, “il ragazzo con la cornetta”; Thomas Wright Waller Fats Waller, “il genio ridente”; Benjamin David Goodman - Benny Goodman “il re dello Swing”: Edward Kennedy Ellington, “il Duca” e ancora tanti altri autentici giganti come: Count Basie, Billie Holiday, Woody Hernan, Dizzy Gillespie, Charlie Parker, John Coltrane, Ella Fitzgerakd, Gene Krupa, Charles Mingus, Jelly Roll Morton, Lionel Hampton, Lester Young, Sonny Rollins, Fletcher Henderson, solo per citarne alcuni. Ti sarà di certo capitato di assistere alla proiezione di un film nell’ambito del quale viene celebrato il funerale di una persona di colore con immancabile accompagnamento di una band. Bene, è proprio in tale contesto che si riesce a percepire l’umanità di questa musica e del mondo dei negri d’America, riuscendo a coglierne tutta l’emotività. I primi musicisti, una piccola cerchia di numi del Jazz primitivo, si riunivano nelle case di piacere, piuttosto che nei fangosi vicoli di New Orleans e lì, con i loro strumenti, improvvisavano pezzi sempre diversi, costituiti da un accompagnamento base sul quale facevano alternativamente ingresso, con i loro assolo, i vari strumenti. Tutto ciò fino a quando Duke Ellington, grande compositore della Storia del Jazz, ricevette tra l’altro una Nomination all’Oscar per la colonna sonora del film Paris Blues del 1961, non si adoperò per mettere ordine in questa magica musica; qualche intenditore suggerisce che, per potersi rendersi conto di che cosa sia realmente il Jazz, è sufficiente ascoltare alcune particolari incisioni, come quelle del pianista Jelly Roll Morton e della sua Red Hot Peppers; del trombettista King Oliver e della sua Original Creole Jazz Band oppure della Original Dixieland Jazz Band del trombettista Nick LaRocca, nonché qualche esecuzione del saxofonista clarinettista Sidney Bechet al quale, dopo la sua morte, sulla Costa Azzurra è stato dedicato l’unico monumento di tutta la Storia del Jazz. Prima di concludere questa breve introduzione una precisazione, a questo punto potresti chiedermi: che cosa è il Jazz? La risposta è semplice: non lo so! Non commettere mai l’errore di chiedere ad un musicista che cosa sia il Jazz. Egli, come me, semplicemente non lo sa, anche se essendo un Jazzman, con il Jazz convive giorno e notte, vuoi qualche esempio? Presto fatto! Louis Armstrong diceva: “…è la mia idea di come si dovrebbe suonare una canzone…”; Jimmy Rushing, grande cantante blues, affermava:“ … è qualcosa che dondola nella testa e che poi esce dalla bocca dopo essere passata dal cuore … ”; Ella Fitzgerald, grande cantante Jazz, riesce ad essere ancora più vaga: “ … ecco, tu senti una sorta di …, insomma non so…, ecco… fai dello Swing … ”; Wing Manone, sosteneva che:“ … Jazz è la percezione di un aumento del tempo benchè si continui a suonare con lo stesso tempo … ”; Gene Krupa, grande batterista, affermava: “ … Jazz è l’assoluta ed ispirata interpretazione ritmica … ” Glenn Miller memorabile interprete con Benny Goodman della Swing Era diceva: “ … è qualcosa che si deve sentire, … una sensazione che puoi comunicare ad altri …” . Tutto chiaro? Detto ciò vediamo di comprendere cosa è successo a casa nostra dove, a differenza di altre nazioni europee, il Jazz tarda ad affermarsi e si deve arrivare alla fine degli anni sessanta, inizio settanta del secolo scorso, per rilevare alcune significative presenze nostrane; prima di allora dalle nostre parti il Jazz era quasi un fatto marginale con pochissimi “fruitori” , limitati, per lo più, a piccoli gruppi di appassionati che, per loro formazione e cultura, restavano inesorabilmente legati ai più classici fra gli stili Jazzistici. Ricordo l’anno 1952 allorquando, malgrado una generale situazione non propriamente florida, la Seconda Guerra Mondiale era terminata da poco, ho avuto la possibilità di ascoltare molta musica Jazz e, anche se ben presto per i sopraggiunti impegni di lavoro, sono stato costretto ad abbandonare, restano ancora oggi vivi nella mia memoria molti piacevoli ricordi. In quel di Catania, una città dove era ancora massiccia la presenza U.S.A., ho avuto l’opportunità di frequentare, assieme ad altri giovani “fruitori” , un corso alla guida e all’ascolto del Jazz tenuto presso la sede dello United State Institute Story. Delle cose apprese in quei lontani anni molte le ricordo ancora, il resto è frutto di mie successive attente e interessate ricerche. Come detto, da noi il Jazz tarda ad affermarsi, ma gli italiani ben sappiamo che non sono secondi a nessuno, mi ritorna alla memoria un’intervista di parecchi anni or sono concessa da Franco Zeffirelli il quale, richiesto sulle capacità e sull’inventiva degli italiani, così rispondeva: “ … per motivi legati alla mia professione, ho la possibilità di andare in giro per il mondo e, talvolta, succede che ho l’opportunità di osservare un particolare lavoro che mi colpisce per il buon gusto, la ricercatezza e la perfezione di esecuzione, lavori che evidenziano una fattura del tutto particolare, ebbene, quasi sempre scopro che in quei lavori che tanto mi avevano colpito c’è la mano di un italiano … ”. Ebbene si, anche per il Jazz, musica giunta da noi abbastanza tardi, tre grandi appassionati che rispondono al nome di Arrigo Polillo, Giuseppe Barazzetta e Roberto Leydi, con molto impegno e grande competenza, si sono dedicati all’ascolto ed allo studio di questa musica pervenendo alla pubblicazione della “Enciclopedia del Jazz” opera che costituisce il nostro vanto in quanto prima al mondo per la sua mole e i suoi contenuti. Riccardo Consoli Campo de’ fiori 25 CIVITONICI ILLUSTRI Il capo d’arte OLINDO PERCOSSI di Enea Cisbani OLINDO PERCOSSI, ceramista e designer, titolare della Cattedra di Decorazione Ceramica presso il locale Istituto d’Arte, nasce a Civita Castellana il 3 Dicembre 1905. Dal 1917 al 1919 è uno dei primi studenti dei corsi biennali della “Regia Scuola d’Arte Ceramica” che dagli angusti e malsani locali del Palazzo Andosilla in Via Ferretti, si era trasferita nella sede storica di Via Gramsci dopo i lavori di ristrutturazione della ex Chiesa di San Giorgio voluti e promossi dall’avvocato Ulderico Midossi. Diplomato a pieni voti dalla scuola, dal 1922 al 1949 è ceramista nonché eccelso decoratore nelle più importanti manifatture ceramiche civitoniche, tra cui la “F.A.C.I.” di Adolfo Brunelli in Via Ferretti e la prestigiosa, nonché rinomata “palestra” di ceramisti di rara maestria, Ceramica “Marcantoni” dominata dalla possente figura di Casimiro Marcantoni, suo fondatore e industriale illuminato. Nel 1949 il talento artistico di Olindo Percossi, affinato in tanti anni di lavoro, viene notato dal preside Alfredo Crestoni il quale lo chiama a dirigere il reparto di decorazione ceramica presso la scuola d’arte, che dopo i disastri del secondo conflitto mondiale, stava faticosamente risorgendo. OLINDO PERCOSSI, ALFIO DE ANGELIS e FERNANDO PIERGENTILI, tutti ex Allievi della scuola, sono i valenti e prestigiosi ceramisti locali che dal 1949 al 1972 dirigono il laboratorio ceramico formando e istruendo una folta e innumerevole schiera di ceramisti locali nonché artisti di grande livello come Franco Valeri, Franco Giorgi, Luigi Paolelli e Giuseppe Bertolini Berg nonché allievi destinati poi a diventare professori essi stessi della scuola come Dino Brizzi, Fernando Patrizi, Carlo Brunelli, Fernando Sacchi e Beniamino Tofanacchio. Dal 1949 al 1972, ininterrottamente, il professor Percossi dirige il settore della decorazione ceramica creando opere di Info Pubblicità 0761.513117 pregevole fattura conservate nella scuola che si contraddistinguono sia per gli elevati canoni formali ed estetici, nonché per i raffinati e policromi smalti frutto di una appassionata ed intensa attività di ricerca. Nella ricca produzione scolastica di quegli anni possiamo osservare due distinti periodi: un primo livello, (1945-1964), dominato da figure e composizioni elementari di derivazione umana ed animale con smalti superficiali monocromi e policromi a seconda del tipo di composizione; un secondo periodo, (1964-1972), invece, dominato da elementi ceramici improntati ad una spiccata geometria di base con smalti estremamente ricercati e dai vivaci colori come il giallo, il verde e il rosso. Nel 1955, unitamente al professore Luigi Paolelli, realizza i pannelli per la facciata della Chiesa di san Lorenzo in Via Bonanni e per l’abside della Chiesa di San Benedetto in Via Ferretti, quest’ultimo formato da minuscole tessere in ceramica a colori oro e blu cobalto che contornano le figure dei Santi. Prima allievo della scuola e successivamente docente o “Capo d’Arte” secondo la terminologia tecnica ministeriale allora in uso. Una famiglia, quella dei Percossi, formatasi nella scuola d’arte: il padre del professor Percossi, il Sig. Giuseppe, e la sorella, signora Iris, sono stati per lunghi anni i custodi integerrimi dell’Istituto d’Arte. Una vita per l’arte ceramica e la scuola, dominata dalla spiccata professionalità e dal rigore umano e professionale, tenacemente perseguiti nonostante gravi lutti familiari come la perdita di due figlie in tenera età. Il figlio del professor Percossi, il signor Massimo, tuttora tiene vivo e saldo il ricordo del papà, prematuramente scomparso nel 1972, mentre era ancora in servizio. www.campodefiori.biz [email protected] 26 Campo de’ fiori CLETO MAGGETTI E LE SUE OPERE Temi semplici, forme che nascono modellando i metalli, ma forte carica espressiva e capacità di trasmettere un’idea, queste sono le opere del Maestro Cleto Maggeti, nato a Colleferro l’8 ottobre di del 1944. Cristina Collettini La sua creatività è lo sviluppo di una vena artistica, che caratterizza tutta la sua famiglia: il bisnonno Lorenzo realizzava in ferro oggetti di uso quotidiano, il nonno Cleto, meccanico di precisione, lavorò, fino all’età di 84 anni, presso la “Tudini e Talenti”. Il padre Vincenzo si dilettava nel costruire modelli di navi in legno. Da bambino, Cleto va spesso a far visita al nonno, osserva, domanda, ruba con gli occhi l’opera avita, torna a casa, “cattura” le immagini dei libri e le riproduce su lamierini. Diplomatosi a Colleferro in elettrotecnica, si trasferisce in Canada, dove frequenta i corsi di pneumatica e oliodinamica, e nel contempo, lavora part-time presso una ditta elettronica, che costruiva languages labs. E’ in questo contesto che nascono le prime opere di Cleto Maggetti, che evolvono poi negli aerei in volo, realizzati quando, tornato in Italia, viene assunto come strumentista elettro-pneumatico presso una ditta farmaceutica. Ma è al congedo dal lavoro che Cleto può finalmente dedicarsi alla sua arte e dar vita ad una serie di mini statue stilizzate, in ferro lavorato, che espone ai mercatini dell’Hobby di Colleferro. Quella che nasce come espressione di manufatti artigianali diventa ben presto la vetrina di piccole opere d’arte, quando Cleto, spinto da amici e parenti, comincia a farsi conoscere e partecipa ad una serie di eventi locali, vincendo premi che gli riconoscono una capacità di espressione fuori del comune, quando insomma l’artigiano Cleto diventa il Maestro Maggetti. “Le iniziali composizioni del Maggetti appaiono come opere di espressione artigianale pura e semplice, ma a ben guardare già si nota una trascendente volontà di espressione artistica a tutto campo” dice di lui lo scultore e critico d’arte Enzo Porcelli, e ancora “Nella semplicità delle figure, seppure l’uso del mezzo di norma assai rigido, si legge un’azione immaginifica tale che trascina e fa palpitare i personaggi anche quando rappresentati in statica postura, e spesso egli sottintende il movimento ivi raffigurato del prima e del dopo.” Il metallo è a tutti gli effetti un materiale difficile da lavorare, ancor più se a freddo, ed ogni pezzo delle opere di Cleto è filettato e avvitato, ma questa sua caratteristica ben si sposa con la linearità dell’idea che Cleto vuole esprimere. L’idea nasce da sé nella mente dell’artista, a volte scaturisce da scene di vita quotidiana, a volte è il risultato di una forte emozione, molto spesso si manifesta di notte in un turbinio di immagini sovrapposte. Ed il maestro corre ai suoi strumenti, alle sue orpelle, plasma il metallo per dar vita a quelle immagini, assembla pezzi di uso quotidiano e li trasforma in figure stilizzate della realtà. Ecco quindi che dei semplici bulloni diventano i pesi di un ginnasta, i bossoli di un fucile le teste dei cavalieri, un bottone lo scudo di un balestriere. Ma l’abilità artigiana di Cleto nel dare un nuovo significato ad oggetti di uso comune diventa genialità artistica quando la capocchia di un chiodo diventa la testa reclinata del Cristo morente ne “Il Crocefisso”, o quando su di un disco metallico si sviluppano le scene più significative della natività nel “Presepe”, o ancora quando semplici barrette metalliche, abilmente assemblate, riescono ad esprimere in una sola opera i momenti più significativi della vita del Cristo, la nascita, la vita, la crocifissione e la resurrezione ne “L’Evento”. L’arte del Maestro è poi magistrale nella sua opera “La Battaglia di Piombinara”, dove un’infinità di soldati sguainano le spade, lanciano giavellotti, si difendono con i propri scudi, tendono gli archi con le frecce, mantengono alte le bandiere in equilibrio sui destrieri o cadono tramortiti a terra. E’ la sua opera più impegnativa, dove la freddezza del materiale contrasta fortemente con il calore della scena rappresentata, è l’opera vincitrice del I° premio alla “I° Mostra Concorso Creativa..mente”, contesa dai negozianti di Colleferro per essere esposta nelle loro vetrine, capace di catturare gli sguardi degli esperti d’arte così come dei semplici passanti. 28 Campo de’ fiori Come eravamo A Carnevale ogni scherzo vale E’ tornato puntuale il 17 Gennaio, giorno di S. Antonio Abate, il periodo gioioso del carnevale. Quest’anno sarà breve ed intenso, partendo a ridosso delle feste natalizie, terminerà, infatti, Martedì 5 Febbraio. Noi qui a di Alessandro Soli Civita Castellana lo viviamo in un modo tanto particolare quanto unico nel suo genere, all’insegna del divertimento più spensierato ed irriverente, subendo, a volte, critiche per gli eccessi che qualcuno si permette di fare, ma cercando, con i magnifici carri allegorici e le sontuose mascherate, di renderlo indimenticabile. Come non posso, però, ricordare i carnevali della mia infanzia e giovinezza, quando i mezzi a disposizione erano pochi e scarsi (non esistevano gli sponsor). Tutti si arrangiavano e cercavano di mettere in pratica le idee più bizzarre, come ad esempio fare una corazza da guerriero, adoperando barattoli di latta e vecchie pentole di alluminio (col coperchio che faceva da scudo). Chi sfilava coi carri o tra i gruppi mascherati, sfoggiava il costume del gruppo di appartenenza, gli altri, invece, si mescolavano alla folla indossando l’ormai scomparso “domino” (Larga tunica con cappuccio dal colore uniforme). Predominava il nero, ma anche il rosso e il giallo facevano il loro effetto. La principale caratteristica era la maschera sul volto, quella maschera che ti permetteva di fare di tutto, senza essere riconosciuto. Potevi corteggiare con moine e gesti allu- Carnevale 1957 - gruppo mascherato “o giro de Pepparello” - foto del Sig. Damiano Alberto Carluccio sivi chi non avevi avuto il coraggio di affrontare direttamente, potevi trascinare nella mischia, in frenetici balli e salti, chi avresti voluto incontrare in altri luoghi e circostanze. Era quel sano e genuino divertimento, figlio di un’altra epoca, che faceva del carnevale un’occasione irripetibile. Una cosa è certa, nei miei ricordi non c’è né rimpianto, né invidia, né compatimento per le generazioni di civitonici che si apprestano a vivere questo carnevale, perché ognuno è figlio del suo tempo, ognuno si può divertire a suo piacimento. Non bisogna però dimenticare le buone abitudini e l’educazione, che a volte si perdono, abusando di bevande alcoliche o quant’altro. Non sto qui a fare il moralista, ma l’esperienza vissuta in tanti carnevali come semplice spettatore, e da civitonico (perché non ho mai sfilato in gruppi o carri), mi porta ad affermare quanto sia importante divertirsi e divertire, e se è vero, come da proverbio, che “a carnevale ogni scherzo vale”, allora accettiamo la manciata di coriandoli, che ci colpiscono il viso e ci entrano nei vestiti, con lo spirito giusto. Viviamo il carnevale come va vissuto e cerchiamo tutti, dico tutti, di far sì che questa antichissima tradizione non si perda tra ripicche, odi e gelosie. Buon divertimento! Campo de’ fiori 29 Anthony Heinl, ex ballerino dei Momix si racconta dopo lo stage allo IALS di Roma dal 21 al 23 Dicembre 2007 di Nancy Ciccarelli La mia esperienza con i Momix è stata molto interessante: sono stato primo ballerino per sei anni e assistente coreografo di Moses Pendleton in una compagnia di danza, conosciuta e apprezzata per la varietà di illusioni ottiche tipiche degli spettacoli ai quali si assiste. Il corpo di ballo è molto numeroso, a volte eravamo tra i 35 e i 40 elementi che si esibivano. Prima di andare in scena occorrono almeno 4 mesi di preparazione e durante gli allenamenti vengono ripresi vari stili di danza modern e contemporanea, che spaziano da quella di Martha Graham, a Jose Limon, a Paul Taylor all’Alvin Ailey. Con i Momix sono stato in tourneé toccando diverse parti del mondo, esperienza questa che mi ha permesso di conoscere nuovi posti e nuove persone. Mentre ero in giro ad esibirmi nei vari teatri, stavo frequentando il Boston Conservatory of Music , Dance and Theatre e , laurearmi tra prove di danza e viaggi, è stata veramente una bella soddisfazione. Riguardo i differenti ritmi di vita delle città, ho notato alcune differenze tra New York e Milano o Roma. Ad esempio negli Stati Uniti vige la cultura della puntualità, men- tre in Italia occorre calcolare il tempo del traffico, quello per parcheggiare la propria auto, ecc…a New York gli orari delle prove erano molto serrati, io stesso addirittura non avevo neanche il tempo di andare dal dottore. Tra gli spettacoli più significativi, per me, posso citare Opus Cactus (presentato per la prima mondiale nel 2001 al Joyce Theatre di New York) e Sun Flower Moon dove, attraverso la fusione di più corpi, i ballerini creano sculture nelle rocce o elementi della natura. Spesso capitava che gli stessi danzatori erano gli autori delle coreografie, mentre a Moses si deve la regia dell’intero spettacolo, dall’idea iniziale alla creazione della giusta atmosfera, grazie anche alla scelta delle luci, dei colori dei costumi e della scenografia, tutti elementi essenziali per riuscire a coinvolgere, emotivamente, il pubblico, che si estranea dalla realtà e vive alla leggerezza di corpi che fluttuano nello spazio. La Compagnia avverte quando il pubblico trova uno spettacolo affascinante ed è incredibile pensare a tutto il lavoro che lo precede. Allestire uno show della durata di 90 minuti circa, infatti, comporta un’organizzazione non indifferente. Mi sono reso conto di quanto è difficile, ad esempio, pensare contempo- raneamente allo spazio scenico, alla scelta delle musiche, dell’illuminazione, e di come div e n t a realmente impegnativo riuscire a coordinare tutto lo staff tecnico impegnato nei preparativi dell’esibizione. Gli ultimi spettacoli a cui ho preso parte sono Comix, andato in scena al Teatro Parioli di Roma, e Why di Daniel Ezralow. Attualmente ho formato una compagnia di danza che si chiama “AH” e lavoro con 5/6 ballerini. Sono sempre alla ricerca di buona musica, ne ascolto moltissima ogni giorno, perché credo che aiuti la creatività, e per il 2008 mi prefiggo di portare in scena miei spettacoli oltre a dedicarmi all’insegnamento. 30 Campo de’ fiori RUBRICA MEDICA promossa dalla Farmacia della Dottoressa Grazia Liberati COMUNICATO Dal 1° Gennaio 2008, per poter detrarre dalla dichiarazione dei redditi le spese sostenute per l’acquisto dei medicinali, è necessario presentare in farmacia la tessera sanitaria, al fine di poter emettere lo scontrino fiscale “parlante”, contenente il nome del farmaco acquistato ed il codice fiscale del destinatario. Coloro che non avessero ancora ricevuto la tessera sanitaria, o l’avessero smarrita, possono contattare il NUMERO VERDE 800.030070 attivato dall’Agenzia delle Entrate. Dott.ssa Grazia Liberati Ho 34 anni, sono sempre stata “grassottella” ma negli ultimi anni, nonostante le continue diete, sono andata progressivamente aumentando di Dott. Fabio Cesare Campanile - specia- peso fino a raggiungere lo stato lista in chirurgia attuale di 97 chigenerale logrammi; sono alta 1,55. Attualmente sono a dieta perenne sotto controllo medico ma non riesco ad ottenere alcun risultato. A volte perdo qualche chilo ma rapidamente lo riacquisto. Che possibilità ci sono per risolvere il problema? Gentile Signora, come può immaginare il suo è un problema assai diffuso, che giorno dopo giorno diventa sempre più pressante. In tutto il mondo stiamo assistendo ad un aumento del numero di persone in sovrappeso o addirittura obese, e questo è ormai diventato un vero problema per la salute della nostra popolazione tanto che molti usano ormai il termine di “epidemia” di obesità. In Italia il 25% della popolazione adulta è in sovrappeso o addirittura obesa. Solo nella nostra Regione i dati ISTAT (dati 2004) ci dicono che è obeso più di un adulto ogni dodici! Quando valutiamo il peso di un paziente che si rivolge a noi, lo classifichiamo utilizzando un semplice valore, l’indice di massa corporea. Quando questo indice è superiore a 30 definiamo la persona “obesa”, quando superiore a 40, come nel suo caso, diciamo che è in uno stato di “obesità grave”. Il primo trattamento di uno stato di sovrappeso o di obesità è, come tutti sappiamo, una terapia dietetica. Tuttavia alcune distinzioni devono essere fatte in modo “Bicycles” - © 1993 Claudia Paveri Minetti www.claudiapaveriminetti.com chiaro. Da diversi anni chi si occupa di questo problema sa che, quando si superano certi livelli di peso, è assai improbabile dimagrire con il solo aiuto della dieta, seppur sotto controllo medico. Diversi studi clinici hanno infatti sottoposto ad un controllo rigoroso gruppi di persone affette da obesità grave trattati con una dieta controllata, dimostrando che, dopo 5 anni, il 95% delle persone studiate era tornato al suo peso originario. Uno studio recente ha preso in considerazione persone con un peso medio anche inferiore al suo, sottoposte a schemi dietetici tra i più noti ed accreditati, sempre sotto costante controllo medico. Al termine di un anno la perdita di peso osservata era mediamente inferiore ai 3 chilogrammi. Questo tipo di studi sono stati più volte confermati; d’altra parte sappiamo che tutte le raccomandazioni delle società scientifiche a partire dalla Consensus Conference emessa nel 1991 dal prestigioso National Institute of Health sottolineano che l’intervento chirurgico è l’unico modo per ottenere un consistente calo ponderale in una persona affetta da grave obesità. Ecco perché per Lei, arrivata a un peso di 97 chilogrammi, è ormai molto difficile ottenere dei risultati apprezzabili con la dieta e l’intervento chirurgico deve essere preso in considerazione. Una cosa deve essere sottolineata. Quei depositi di grasso sono senza dubbio molto antiestetici, ma il motivo che ci suggerisce di consigliare un intervento chirurgico ad una persona del suo peso è completamente diverso e con l’estetica non ha nulla a che vedere. Questa condizione infatti è alla base dell’insorgenza di altre malattie come l’ipertensione, il diabete, l’arteriosclerosi con le sue complicanze (infarti cardiaci, ictus), problemi respiratori, e via via, fino addirittura ad alcuni tumori. La probabilità di sviluppare una di queste complicazioni dell’obesità è tale che è possibile calcolare che, in base al suo peso ed alla sua età, la spettanza di vita è ridotta, nel suo caso, di circa 7 anni rispetto ad una persona con le stesse sue caratteristiche, ma normopeso. Ecco che si giustifica il ricorso ad un intervento chirurgico, che è una misura apparentemente drastica, certamente gravata di complicanze, ma in grado di ridurre questa mortalità per malattia di oltre il 90%. Campo de’ fiori Dott.ssa Patrizia Scavalli specialista in pneumologia, allergologia, medicina del lavoro. Sono madre di un bimbo di dodici anni che recentemente è stato colpito da attacchi d’asma, specialmente la notte. Da cosa può essere stata causata e quali sono le cure? L’asma può avere tantissimi fattori scatenanti: Allergeni La maggior parte degli allergeni sono sostanze comunemente presenti nell’ambiente, che vengono introdotte nell’organismo per vie diverse come l’inalazione o l’ingestione, come i pollini (minuscole ed invisibili particelle che si liberano dai fiori di erbe e piante), gli acari della polvere (bestioline piccolissime che si nutrono della forfora ed altri derivati epidermici umani e vivono ovunque ci sia polvere domestica che trattiene la forfora), muffe e funghi, derivati epidermici animali (forfore, peli, saliva di gatto, cane e cavallo). Vanno inoltre ricordati gli allergeni alimentari, tra cui i più comuni sono il latte vaccino e i suoi derivati, l’uovo, il pesce e la frutta secca; non bisogna dimenticare che svolgono un ruolo importante in questo senso anche i coloranti e i conservanti, presenti ad esempio nello scatolame. Infezioni Le infezioni che interessano le vie respiratorie (dal naso ai bronchi) sono in grado di dare episodi asmatici. Le infezioni virali sono frequenti nei mesi invernali, dal comune raffreddore all’influenza. E’ consigliato eseguire la vaccinazione antinfluenzale perché è stato dimostrato che riduce la frequenza di questi episodi. Medicine In alcuni casi l’aspirina e i suoi derivati possono causare un’asma anche grave. Fattori lavorativi Alcune categorie di lavoratori come i fornai, i contadini, i falegnami, i verniciatori che manipolano dei composti del tipo degli isocianati, sono a rischio per insorgenza di asma. L’esercizio fisico Da tempo è conosciuto il suo ruolo scatenante nei confronti dell’asma, specialmente nei bambini, per raffreddamento ed essiccamento dei bronchi durante lo sforzo L’inquinamento atmosferico rappresenta un grave problema per la salute ed in particolare i prodotti di combustione dei motori Diesel, che emettono concentrazio- ni di monossido di carbonio e di anidride carbonica relativamente basse, ma che generano più di 100 volte le particelle prodotte da un analogo motore a benzina (i famigerati PM10). Sono pertanto i maggiori responsabili dell’inquinamento, che causano malattie polmonari, cardiache e non solo, specie negli anziani. Però, se si guarda ai fattori che possono proteggere o predisporre alla malattia, il quadro non è poi così chiaro, malgrado gli studi si siano accumulati nel tempo. Eccesso di igiene Negli ultimi vent’anni l’attenzione si è concentrata su quello che sembrava un aumento dell’incidenza della malattia tra i bambini, soprattutto nei paesi industrializzati, che tra l’altro vantano condizioni igieniche superiori. Di qui l’ipotesi che la “troppa” igiene, quindi il minor numero di infezioni respiratorie nell’infanzia, potesse impedire la maturazione del sistema immunitario che, appunto, una volta che entra in contatto con elementi ambientali irritanti (polveri, pollini eccetera) dà origine alle reazioni esagerate tipiche delle malattie allergiche e alla sintomatologia asmatica. Questo vale anche per il numero eccessivo di docce, con l’uso di saponi troppo aggressivi, che distruggono e portano via le sostanze che proteggono la pelle (il cosiddetto mantello idrolipidico, prodotto dalla pelle sana come barriera alle sostanze tossiche e alle infezioni cutanee), con la conseguenza di un aumento di dermatiti, soprattutto fra i giovani. E sempre restando ai bambini, da tempo sono state osservate forme simili all’asma (sibili respiratori) che compaiono durante forme influenzali o batteriche che poi non si traducono nell’asma classico con la crescita. Può anche darsi che in effetti l’asma sia soltanto un sintomo comune a molti disturbi che però hanno cause differenti. Un po’ come la febbre, che in tempi lontani era considerata una malattia in sé, ma oggi si sa essere un effetto di molte malattie differenti. Il riscaldamento globale 31 del pianeta noto come “global warming” ha portato dei cambiamenti anche nel mondo vegetale con una anticipazione della fioritura di alberi e piante. Ovviamente anche la nostra provincia ne risente. Come sappiamo i pollini che tradizionalmente causano la stragrande maggioranza di manifestazioni allergiche nel Viterbese sono quello del nocciolo del cipresso, dell’olivo fra gli alberi e della parietaria, dell’ambrosia delle graminacee fra le piante. A questi se ne stanno aggiungendo di nuovi, legati all’utilizzo di nuovi alberi ornamentali nei viali delle nostre città (tipico è l’esempio della betulla) dal polline fortemente allergizzante. Ci aspettiamo quindi un aumento dei casi di rinite, congiuntivite ed asma, spesso fra loro associate. Per curare l’asma è bene sempre partire nelle forme iniziali da farmaci locali (colliri, spray nasali, aerosol pressurizzati, broncodilatatori) passando poi agli antistaminici e ai cortisonici sistemici nelle forme più serie. Non dimentichiamo l’importanza e l’efficacia dei vaccini antiallergici anche nella somministrazione sublinguale. I costi dei trattamenti, come abbiamo già sottolineato, sono elevati, spesso a carico del paziente: è però dimostrato che un paziente affetto da rinocongiuntivite allergica non curato ha più probabilità di diventare asmatico di uno trattato correttamente. È necessario quindi cercare di rallentare questo processo, non solo mediante lo ricerca di nuovi farmaci, ma soprattutto attraverso la prevenzione, evitando l’esposizione a tutte le sostanze che possono scatenare la malattia. INDIRIZZATE LE VOSTRE DOMANDE AI MEDICI SPECIALISTI CHE COLLABORANO A QUESTA RUBRICA DIRETTAMENTE PRESSO LA NOSTRA REDAZIONE, Piazza della Liberazione n. 2 - 01033 Civita Castellana (VT) - Tel/Fax: 0761.513117 O PER e-mail: [email protected] Campo de’ fiori 32 Per ricordare il Professor Vince Civita Castellana 1953 conferimento della cittadinanza onoraria al Prof. Vincenzo Ferretti. 1) Prof. Vincenzo Ferretti- 2) Otello Patrizi- 3) Ottorino Zenoni- 4) Alfio Micheli- 5) Don Marciano Ercolini- 6) Vilma Cardelli in Minio- 7) Rosa Merlini Frezza- 8) Conte Feroldi De Rosa- 9) Famiano Panichelli (Nanetto)- 10) Angelo Agnitelli- 11) Dr. Danilo Cerri- 12) Dr. Remo Santori- 13) Dr. Bondì- 14) Vittorio Fantera- 15) Enrico Bravini- 16) Giuseppe Evangelisti- 17) Prof. Mercuri- 18) Don Luigi Baldassi Premessa: Tutte le informazioni che appaiono in questo articolo, sono derivate da racconti di persone anziane, la maggior parte decedute, di Arnaldo che hanno frequentaRicci to a vario titolo l’ospedale Andosilla ai tempi del Prof. Vincenzo Ferretti. Per molti giovani di Civita Castellana e dintorni (al di sotto degli anta) il nome Vincenzo Ferretti identifica solamente la via che parte dalle quattro strade e termina all’altezza dell’ospedale Andosilla. Codesto articolo è dedicato principalmente a questi giovani, che per ovvi motivi, non conoscono chi era quest’uomo, considerato invece (da quelli che hanno superato gli anta e qualche cosa meglio) senza tema di essere smentiti, un grande benefattore, della popolazione che ha vissuto a Civita e nei paesi limitrofi, durante la prima metà del ventesimo secolo. A ricordo del Prof. Ferretti, ovviamente oltre al nome della via sovra citata, esiste anche una lapide all’interno del cortile dell’ospedale ove sono scolpite le seguenti parole: AL PROF. VINCENZO FERRETTI, VALOROSO DIRETTORE PER 40 ANNI DI QUESTO OSPEDALE, APOSTOLO MIRABILE DEL BENE, TUTTO DIEDE PER LA SALUTE DEI SOFFERENTI, SENZA NULLA CHIEDERE. L’AMMINISTRAZIONE OSPEDALIERA INTERPRETE DEGLI UNANIMI SENTIMENTI DI RICONOSCENZA CODESTA MEMORIA POSE NEL TRIGESIMO DELLA DIPARTITA CONFORTO E STIMOLO PER SEGUIRNE IL LUMINOSO ESEMPIO. ADDI 27 DICEMBRE 1955. Ebbene, con molta probabilità, i vari utenti o visitatori che si recano frettolosamente all’ospedale Andosilla, forse non hanno mai letto queste parole che sono le sole a ricordare Il Professore all’interno della struttura ospedaliera. Con questo articolo voglio raccontare al lettore alcuni episodi relativi alla sua sola vita professionale e sottolineo vita professionale, dato che Lui non ha mai avuto vita privata per tutto l’arco di tempo che ha prestato la sua lunga, instancabile e preziosissima opera medica all’Andosilla. Il Professor Ferretti era sempre in servizio, ventiquattro ore su ventiquattro; (H24 acca ventiquattro come si dice nel linguaggio militare) non si prendeva ferie o giorni di riposo. Solo una volta si prese un giorno di riposo, per andare ai funerali del suo bravo e stimato collaboratore, dott. Lupo Vincenzo (nonno materno del dott. Faggiani attualmente medico a Civita) che morì improvvisamente nel 1945 all’età di 53 anni; il Professore rimase profondamente colpito da questo triste avvenimento. Quelli che l’hanno conosciuto (ne sono rimasti in vita pochi!) sanno bene che Lui viveva in una stanza, all’interno Campo de’ fiori 33 enzo Ferretti (1873 - 1955) dell’Ospedale, la sua abitazione era lì e consisteva di una semplice e spartana camera, con un letto, un comodino uguale a quello degli ammalati ed una semplicissima scrivania. Quest’uomo dedicò tutta la sua vita alla scienza medico chirurgica; non aveva moglie nè figli, aveva pochissimi amici e non conosceva nessun divertimento. Nell’arco di un anno, le volte che usciva dalla cinta ospedaliera, si potevano contare con le sole dita di una mano e sicuramente non usciva per divertimento. Molto probabilmente il Professor Ferretti veniva da una famiglia agiata con cultura laico - liberale, sviluppatasi notevolmente dopo l’Unità d’Italia; era noto a tutti che dal punto di vista della religione, non era credente. Il personale paramedico di allora, era composto non solo da normali dipendenti ma anche da religiose (monache). Le monache erano in servizio quasi in tutti gli ospedali italiani, compreso l’Andosilla, dove, in realtà, avevano gerarchicamente di fatto, una funzione superiore ai normali paramedici. A Civita, la direzione delle religiose era affidata ad una monaca di nome Suor Giovanna, stretta collaboratrice del Professor Ferretti, il quale, quando doveva mettere in riga (come si suol dire) un paramedico, perché a suo giudizio non aveva fatto il proprio dovere professionale in modo corretto, non esitava a redarguire anche con brutte parole, sia le religiose che gli altri. Perfino Suor Giovanna si beccava le romanzine di Ferretti, in silenzio! Il Professore si dedicava completamente 1939 - Il Principe Umberto in visita all’Ospedale Andosilla di Civita Castellana alla cura degli ammalati; la sua missione era una sola: curarli nel miglior modo possibile, secondo quanto la scienza medica e le strutture sanitarie di allora gli potevano offrire. Nel suo lavoro era severissimo, con se stesso e con gli altri: non ammetteva errori o manchevolezze nei confronti dei ricoverati. Non ossequiava nessuna autorità, nè religiosa, nè politica: aveva però un grande rispetto per l’autorità sanitaria in generale e quella da Lui stesso rappresentata. Allora, le cure mediche ospedaliere erano L’ospedale negli anni ‘50 a pagamento e per gli indigenti spesso si facevano carico i comuni. La maggior parte degli italiani, comunque aveva difficoltà a pagarsi le cure mediche; ebbene il Professor Ferretti, quando capiva che il paziente non poteva pagare, trovava il modo di fornire gratuitamente il proprio servizio! Un signore ottantenne di Civita, attualmente in vita, anni fa, mi raccontò un episodio riguardante il Professore, avvenuto negli anni immediatamente precedenti la guerra mondiale. Il suo papà (che aveva dodici figli) venne operato d’urgenza dal prof. Ferretti per problemi intestinali, era in serio pericolo di vita. L’intervento andò a buon fine e fu salvato. Dopo la convalescenza mandò un figlio (l’attuale ottantenne ancora vivente) dal Professore, per regalargli due fagiani, in segno di riconoscenza; il Prof. Ferretti lo ringraziò e gli disse : “…ringrazia tuo padre.......mi fate però più felice se vi mangiaste questa prelibata cacciagione insieme a tutta la vostra famiglia……dedicando la cena alla mia salute….” Con un semplice gesto rispedì al mittente i due fagiani! Continua sul prossimo numero... 34 Campo de’ fiori Giovanni Crescenzi CORCHIANO. L’orgoglio di aver avuto un avo che combatté in prima linea, durante la Prima Guerra Mondiale, ha spinto un giovane di Corchiano, Gianluca Federici, a voler far conoscere le gesta di valorose del suo Ermelinda Benedetti bisnonno. Giovanni Crescenzi nacque a Corchiano, in provincia di Viterbo, il 24 giugno del 1884. All’età di soli nove anni rimase orfano del padre e dovette prendersi cura della madre, del fratello e della sorella, più piccoli di lui, lavorando duramente nei campi. Nel 1908 decise di partire per l’America, in cerca di fortuna e lì rimase fino al 1914. L’anno successivo scoppiò il primo grande conflitto mondiale. Anche l’Italia entrò in guerra e così anche Giovanni, nonostante non più giovanissimo, al contrario di molti suoi connazionali, mandati al fronte alla sola età di 16 anni (i famosi “Arditi”), venne chiamato alle armi. Furono proprio quei giovani compagni che lo chiamarono scherzosamente, per quanto in quella situazione si potesse scherzare, “nonno”. Grazie alle sue conoscenze musicali, per le quali faceva già parte della banda musicale del paese, venne mandato nel corpo dei bersaglieri per suonare nella fanfara. Gli vennero concessi quattro giorni di licenza per procurarsi quella tromba che lo accompagnò per tutta la guerra, anzi, per tutta la vita. Riuscì a comprarne una di terza mano due giorni dopo, a 5 lire, nel vicino paese di Gallese, durante i festeggiamenti del patrono San Famiano e tornò subito al fronte. A lui venne ordinato di suonare la carica che incitava all’attacco, nella famosa battaglia sul fiume Piave e fu l’unico superstite di tutto il suo plotone, rimanendo nascosto in territorio nemico per due ore, fino a che, dopo una lunga battaglia, non venne raggiunto da altri commilitoni, che occuparono l’avamposto nemico. Giovanni, in realtà, riuscì a scamparla più di una volta. In un’altra occasione, infatti, rimase sepolto sotto la neve per 24 ore, dopo che, nel tentativo di salvare alcuni suoi commilitoni, da un’offensiva nemica, venne travolto da una slavina. Tratto in salvo, fu mandato al campo militare medico, a causa delle gravi conseguenze riportate. Per tale avvenimento e per altri, altrettanto eroici, gli furono conferite la medaglia di bronzo e la medaglia d’argento al valor militare direttamente dal Re d’Italia, per gli esempi di altruismo e di coraggio dimostrati. Terminata la guerra fece ritorno al suo paese, dove si sposò ed ebbe una figlia. In quel periodo, vennero concesse pensioni per i reduci di guerra, ma, a causa della perdita dei suoi documenti di riconoscimento nella slavina, non poté beneficiarne. Solo nel 1969, Liuzzi, dopo vari accertamenti, lo riconobbe reduce di guerra, conferendogli, meritatamente, il titolo di Cavaliere di Vittorio Veneto. Partecipò a molti raduni dei bersaglieri. In particolar modo, in quello del 1969, svoltosi a Civita Castellana, all’età di ottan- tacinque anni, corse come un giovanotto al passo di fanfara, lasciando tutti meravigliati. Morì il 19 maggio 1981, alla veneranda età di 97 anni, mantenendo, fino all’ultimo, una tempra invidiabile. Devoto a Dio, al Re e alla sua amata patria Italia, fu un esempio per la sua famiglia. Così lo ricorda Gianluca, che tante volte rimase incantato ad ascoltare queste affascinanti vicende, realmente vissute e che, con vanto, ha voluto raccontarci. Custodisce, ancora, gelosamente lo strumento musicale del suo caro bisnonno, che vorrebbe fosse ricordato degnamente per le sue imprese memorabili. Il rispetto dei posti H Non potevamo non prestare attenzione al problema sollevato dalla signora Giuliana Valeri, circa la difficoltà all’utilizzo del parcheggio disabili, sito accanto all’ingresso del Forte del Sangallo di Civita Castellana. Il fatto, già rimbalzato sulla stampa locale, merita una profonda riflessione e evidenzia lo scarso senso civico, ed ancor più l’assenza di sensibilità verso questi argomenti. La signora Giuliana, a causa della sua grave disabilità, è in regolare possesso del Disco H, che le “dovrebbe” dar diritto al parcheggio di cui sopra tanto più che è prospiciente la sua abitazione, se questo, però, fosse possibile, visto che molti auto- mobilisti “normali”, spesso, lo occupano. La polemica, poi, costruita sulla “paternità” del posto H, è senza alcun fondamento, in quanto la Valeri non ha mai dichiarato questo. Bisogna, se mai, segnalare, come per altri parcheggi H della nostra città, l’anomalo posizionamento e lo scarso spazio, che ne rendono difficoltosa la manovra d’accesso e di uscita. E’ la solita storia! Giuliana, come tutte le persone con difficoltà, chiede fatti e non parole, ma sa che la sua voce è debole e non riesce ad arrivare a chi dovrebbe. Aiutiamola a scuotere l’indifferenza e combattere l’ignavia. Campo de’ fiori 36 L’angolo ... cin cin di Letizia Chilelli Quante bottiglie conservare nella nostra cantina Viste le Feste appena trascorse, avremo quasi tutti nelle nostre case delle bottiglie che abbiamo ricevuto in dono che andranno a sommarsi con quelle già “esistenti” nella nostra “cantina personale”. Come conviene, in generale, suddividere la nostra scorta per non avere degli squilibri ed evitare degli sprechi? Ebbene, tenendo conto delle occasioni medie di consumo si può procedere in questo modo: - Vini Spumanti o Champagnes, 5 Bottiglie - Vini Bianchi, 35 Bottiglie - Vini Rossi Leggeri, 40 Bottiglie - Vini Rossi Invecchiati, 15 Bottiglie - Vini da Dessert, 5 Bottiglie. Naturalmente, secondo le preferenze, si possono effettuare alcune variazioni, dovute anche alle circostanze e alle scadenze del calendario. Per esempio durante la stagione fresca o fredda si berranno più i vini rossi , anche invecchiati, mentre in estate la preferenza si accorda ai vini bianchi; per le Feste, conviene aumentare la scorta degli spumanti, i quali però devono essere consumati in un tempo abbastanza circoscritto per evitare brutte sorprese. Dalla cantina-tipo di circa 100 unità di vino ho escluso i liquori, gli aperitivi e le altre bevande del genere. Questo tipo di provviste, infatti, dipende dai gusti personali, c’è chi in cantina vuole solo il vino e chi desidera tenervi uno spazio dedicato ai liquori, che non danno fastidio, anzi la arricchiscono. Per “rafforzare” la nostra partita di vini, potremmo regolarci in questo modo: - Liquori come Grappa, Cognac, Amaro, Whisky, 5 Bottiglie – Aperitivi, 5 Bottiglie Sciroppi e Punches, 3 Bottiglie - Birre (dipende dall’uso che ne viene fatto, cioè se come bevande complementari o da pasto in più di qualche circostanza). Una buona cantina, comunque, deve essere sempre “equilibrata e variata”, e mai monocorde. Capita spesso che certi appassionati che nutrono un amore esclusivo per un determinato vino riempiano la loro cantina solo di quei prodotti, peccando in questo caso di esclusivismo: la cantina esige una varietà di temi e una certa dose di fantasia, per avere il piacere di provare vini sconosciuti o bevuti troppo raramente. Inoltre, si sente spesso dire : “ Non tengo in cantina vini bianchi, perché non mi piacciono!” oppure : “Detesto i vini rossi, quindi stasera, berremo solo vini bianchi!”, questa è una pura manifestazione di egoismo, soprattutto se abbiamo l’abitudine e il piacere di invitare gli amici, che vengono in questo modo costretti a pasteggiare con un solo vino per il quale magari non hanno molta simpatia o che ancora peggio non si abbina correttamente con le pietanze servite per la cena. Concludendo questo excursus sulla cantina, mi piace indicare anche un altro vantaggio per chi possiede questo ambiente veramente curato nei dettagli: la possibilità di invitarvi gli amici per l’aperitivo o per uno spuntino (à “Merenna” alla quale assistevo spesso da piccola ogni volta, anzi quasi tutti i pomeriggi, quando andavo a casa di Peppe in campagna. Mi piace ricordarlo qui, in questo mio ango- lo, perché è a lui che debbo la mia grande passione per il vino… mi sembra così di risentire il profumo del mosto e della sua risata…). Se si offre uno Spumante come aperitivo, è necessario passarlo almeno per un’oretta in frigorifero per abbassarne la temperatura, poiché la cantina conserva bene gli Spumanti, ma non li rende già pronti da bere al momento, se così fosse, sarebbe una cantina troppo fredda che recherebbe sicuramente dei danni ai vini rossi che come sappiamo non devo scendere a meno di 10°C. In cantina conviene, inoltre, tenere un candeliere con alcune candele: queste serviranno per controllare lo stato di limpidezza del vino conservato in cantina. Altro consiglio è quello di tenere anche dei cestelli portabottiglie che servono per trasportare le bottiglie dalla cantina alla tavola e per servire la bottiglia in cui è presente un sedimento che si è formato con l’invecchiamento e che si è depositato su di un lato verso il fondo della bottiglia. Il cestello deve contenere la bottiglia sollevata dalla parte del collo per permetterci così la stappatura che ricordo,deve essere fatta con molta accuratezza, facendo rimanere la bottiglia in posizione orizzontale il più possibile e senza scossoni. Gli esempi di cantina che vi ho riportato sembrerebbero esempi-limite, ma vi assicuro che vi possono dare un’idea del punto di perfezione che si può toccare allestendo una cantina personale. IL PERSONAGGIO MISTERIOSO Di lato è riportata la foto di un famoso attore. Sapresti dire di chi si tratta? I primi cinque che, telefonando in redazione, daranno la risposta esatta riceveranno un simpatico omaggio offerto dalla profumeria Paolo e Concetta Protegge i tuoi valori Silvia Malatesta - Via S. Felicissima, 25 01033 Civita Castellana (VT) Tel.0761.599444 Fax 0761.599369 [email protected] Campo de’ fiori 38 CIVITA CASTELLANA CARNEVALE 2008 SFILATA 27 GENNAIO SFILATA 3 FEBBRAIO SFILATA 5 FEBBRAIO 1- Gruppo Biffe “O’ scienziato pazzo” 2- Gruppo Gazibo “Nelle fantasie del mondo Gitano il Gruppo Gazibo vi legge la mano”. 3- Gruppo Egizia “Na’ stagione dice all’andra... nun semo più quelle de na vorda”. 4- Gruppo I Forchettoni “Olè” 5- Gruppo Jamaicano “Mary Poppins con un pò di zucchero la pillola va su, la pillola va su”. 6- Gruppo Catarì “Carramba che Catarinata!” 7- Gruppo Flaminia “Corre il tempo e fa paura”. 8- Gruppo Elios “Cò sto sole e cò ste stelle ne vedremo delle belle”. 9- Gruppo le lunatiche “Un diavolo per capello”. 10- Gruppo i carusielli “Ai carusielli je piace a pecora!” 11- Gruppo i scroccafusi “O’ scroccafuso co o’ dragone pia a’ carrozza e va in Giappone”. 12- Gruppo Sette mejo bocco’ “O’ cinese c’o’ risciò” 13- Gruppo Speedy “Il re della giungla è arrivato, e le sue domatrici in piazza l’hanno portato”. 14- Gruppo l’ortofunaro “Da troja a Treja”. 1- Gruppo i carusielli “Ai carusielli je piace a pecora” 2- Gruppo Sette mejo bocco’ “O’ cinese c’o’ risciò” 3- Gruppo Speedy “Il re della giungla è arrivato, e le sue domatrici in piazza l’hanno portato”. 4- Gruppo l’ortofunaro “Da Troja a Treja”. 5- Gruppo Biffe “O’ scienziato pazzo”. 6- Gruppo Gazibo “Nelle fantasie del mondo gitano il gruppo Gazibo vi legge la mano”. 7- Gruppo i forchettoni “Olè”. 8- Gruppo Egizia “ Na’ stagione dice all’andra... nun semo più quelle de na vorda”. 9- Gruppo Jamaicano “Mary Poppins con un po’ di zucchero la pillola va su, la pillola va su”. 10- Gruppo Catarì “Carramba che catarinata!” 11- Gruppo Flaminia “ Corre il tempo e fa paura”. 12- Gruppo Elios “Co’ stò sole e co’ ste stelle ne vedremo delle belle”. 13- Gruppo le lunatiche “Un diavolo per capello”. 14- Gruppo i scroccafusi “O’ scroccafuso co o’ dragone pia a’ carrozza e va in Giappone”. 1- Gruppo Catarì “Carramba che catarinata!” 2- Gruppo Elios “Co’ stò sole e co’ ste stelle ne vedremo delle belle”. 3- Gruppo le lunatiche “Un diavolo per capello”. 4- Gruppo i scroccafusi “ O’ scroccafuso co o’ dragone pia a’ carrozza e va in Giappone”. 5- Gruppo i carusielli “ Ai carusielli je piace a pecora!” 6- Gruppo Sette mejo bocco’ “O’ cinese c’o’ risciò”. 7- Gruppo l’ortofunaro “Da Troja a Treja”. 8- Gruppo Speedy “Il re della giungla è arrivato, e le sue domatrici in piazza l’hanno portato”. 9- Gruppo Biffe “O’ scienziato pazzo”. 10- Gruppo Gazibo “Nelle fantasie del mondo gitano il gruppo Gazibo vi legge la mano”. 11- Gruppo i forchettoni “Olè”. 12- Gruppo Egizia “Na’ stagione dice all’andra... nun semo più quelle de na vorda”. 13- Gruppo Jamaicano “Mary Poppins con un po’ di zucchero la pillola va su, la pillola va su”. 14- Gruppo Flaminia “Corre il tempo e fa paura”. Info pubblicità 0761.513117 Campo de’ fiori 39 ENERGETICA...MENTE Il 54% degli italiani fatica ad arrivare a fine mese”… “Petrolio alle stelle. Atteso rincaro delle bollette”. Questi sono solo alcuni dei titoli di giornale che di Erminio hanno tessuto la trama Quadraroli dell’anno appena trascorso. Tutto ciò, purtroppo, sembra essere solo l’inizio di una diffusa malattia sociale destinata a divenire patologica se l’Italia non deciderà di dare una nuova impronta alla propria “politica” energetica. Una Nazione ancora troppo dipendente dal petrolio rischia di inquinare in modo massiccio i propri cieli con le ben note conseguenze sulla salute dei suoi abitanti che si trovano, tra l’altro, destinatari di una enorme beffa che rende le loro tasche sempre più vuote. La nostra Penisola, infatti, pur avendo aderito al Protocollo di Kyoto, continua ad incrementare le proprie emissioni in atmosfera usando l’oro nero per la produzione di circa il 50% dell’energia. Questo dato da’ un’idea del larghissimo ritardo accumulato dall’Italia nella partita mondiale delle energie rinnovabili e nello sviluppo di un sistema energetico ecosostenibile. A tal proposito esiste un’energia che svincola i cittadini dai continui rincari del greggio…l’energia solare: pulita, inesauribile e, soprattutto, gratuita. A fronte di una piccola spesa iniziale, infatti, l’energia pulita derivante dalla nostra stella più luminosa riesce non solo a purificare la nostra aria, ma anche a rimpinguare le finanze degli italiani in larga maggioranza costretti a vivere di rinunce per poter arrivare alla famosa “quarta settimana”. Seppur i media pubblicizzino in maniera marginale l’utilizzo di energie rinnovabili, in Italia, sembra che qualche cosa si stia muovendo attraverso lo sviluppo di idonei meccanismi di incentivazione per sostenere tale tecnologia. Negli ultimi anni, infatti, lo Stato, attraverso la “Legge finanziaria”, ha previsto detrazioni del 55% ( che continueranno fino al 2010 ) per l’istallazione di pannelli solari termici, concessione di mutui a tasso agevolato nonché gua- dagni economici e monetari a chi , privatamente, produce energia elettrica con l’utilizzo di pannelli solari fotovoltaici. Queste scelte dell’Italia, seppur lente, sembrano essere molto coraggiose e fanno comprendere appieno come il problema energetico sia al centro dello sviluppo nazionale. È positivo constatare come stia maturando a livello istituzionale e locale una nuova mentalità che può rivoluzionare il futuro…energeticamente . 40 Campo de’ fiori Una “Fabrica” di ricordi Personaggi, storie e immagini di Fabrica di Roma La chiesa di San Rocco Una volta lì, proprio in cima alla salita che porta a San Rocco, c’era l’omonima chiesa che, posta a baluardo del rione, lo divideva da quello del borgo. Era una semplice di costruzione, ad un’uniSandro Anselmi ca navata, con un piccolo campanile ed una gradinata che saliva alla porta d’ingresso, per vincere il dislivello del terreno. All’interno della chiesa, oltre i dipinti raffiguranti il Santo, c’era anche la statua di Santa Cecilia. Quest’ultima colpiva molto noi ragazzi, per la sua bellezza ed ancor più per l’arpa che aveva appoggiata ai suoi piedi e che noi osavamo suonare, passando le mani sulle vecchie corde di metallo arrugginito. La chiesa era sempre chiusa, ad eccezione del 22 Novembre, quando la banda musicale veniva a prendere la Santa Patrona per portarla in processione. Quel giorno era speciale per noi “Sanrocchesi”: potevamo finalmente entrare nella chiesa ed addirittura far suonare la piccola campana, tirando, con lena, la vecchia corda consunta dagli anni. La chiesa, durante la Seconda Guerra Mondiale, aveva avuto anche un’altra destinazione, ospitando, infatti, i soldati italiani addetti alla sussistenza, che avevano, poco distante, il deposito dei vettovagliamenti, nella cantina dei fratelli Testa, detti i Pasqualotti. Mia madre ricorda che zio Mario, suo fratello, che all’epoca aveva intorno agli otto anni, aveva simpatizzato con i militari, divenendo la loro mascotte. Vi trascorreva molto tempo insieme e si fermava spesso a mangiare con loro, tant’è che, in segno di ringraziamento, lavava volentieri le loro marmette al fontanile. Ma se la chiesa occupa un posto impor- tante nei ricordi della mia infanzia e giovinezza, ancor più ce l’hanno la gradinata ed il fontanile, che era nel lato opposto, e delimitava il grande piazzale antistante. Quanti pomeriggi passati a giocare sulle scale e, questo, in ogni stagione, visto che erano poste a mezzogiorno e la mole della chiesa le copriva dalla tramontana. Quante storie, quanti racconti fantastici, hanno potuto ascoltare quei mattoni, quando nelle sere d’estate ci si attardava un po’ di più, alternando i giochi alle bevute al fontanile, nella speranza di incontrarvi qualche ragazza che era venuta, magari, fin quassù, per prendere un po’ d’aria fresca e dissetarsi con l’acqua leggera della Selva, come era di fama. Quante volte ci arrampicavamo sulle grate delle finestre, poste ai lati della scala, per sbirciare l’interno della chiesa. Ho impressa chiara, nei ricordi, la pietra miliare, appoggiata alla base del muro che dava sulla strada, e il grande tiglio, che, con la sua chioma, sfiorava la grondaia del tetto. Ai suoi piedi c’era un macigno di pietra lavica dove ci sedevamo in torno. Da quei gradini, che erano un osservatorio naturale, con una vista che spaziava fino a Civita e Corchiano, vedevamo venire su per la salita le persone, i carri, le macchine e, non di rado, le masnade di ragazzi degli altri rioni che, in assetto di guerra, venivano ad espugnare il nostro. Allora accorrevamo tutti in quella zona di confine, per difendere il nostro territorio e… via alle sassaiole, alle fiondate, alle frecciate … eravamo tanto buoni, ma anche tanto selvaggi! Spesso bisognava ricorrere alle cure di Suor Rosa per gli esiti delle battaglie, quando, oltre qualche ginocchio sbucciato, ne usciva qualche testa rotta, come capitò anche a me durante una battaglia con i “borghigiani”. Mi ricordo che era carnevale e quelli di noi con qualche anno di più, mi accompagnarono, con la testa rotta, a casa di mia nonna, dove tutte le donne stavano preparando i frittelloni, e mia madre esclamò: “ora t’hanno mascherato per bene”. Quanta vivacità c’era, una volta, nel nostro rione e quanti nomi si rincorrevano durante i giochi chiassosi: “Paolo, Gianni, Claudio, Maurizio, Valter, Carlo, Gabriella, Simonetta, Sandro, Pasqualino, Amedeo, Antonio, Giulia, Vittorio, Arturo, Gian Franco, Silvano, Danilo, Roberto......” Ora che la chiesa non c’è più, ed al suo posto sorge una casa, anche noi, di quelli ancora in vita, che da lì siamo partiti per diversi destini e ci siamo dispersi, ci ritroviamo solo nei ricordi. 42 Campo de’ fiori “Il Fumetto” LETTERATURA PER IMMAGINI CHE EMOZIONA NANA di Ai Yazawa - edito da Planetmanga Questo manga colpisce per l’originalità sin dalle prime battute: due ragazze, accomunate dallo stesso nome, Nana, si incontrano proprio mentre decidono di cambiare vita. di Due ragazze di Daniele Vessella carattere opposto, ma complementari e questo puzzle che incarna le loro esistenze darà luogo a una storia dove il loro spirito vitale si scontri, si allontani per poi riallacciarsi. Due ragazze, Nana Osaki e Nana Komatsu, intrecceranno la loro vita in un’amicizia vera e profonda… un’amicizia che le farà crescere e maturare. Infatti, scopriamo la Osaki all’apparenza cupa e aggressiva, ma leggendo la sua intimità troveremo una ragazza estremamente fragile e con la paura di restare sola. La sua voglia di sfondare come cantante rock e di dimostrare il suo valore cozza col suo desiderio di formare una famiglia vera e l’essere stata abbandonata dalla madre quand’era bambina. Nana Komatsu, invece, apparentemente è di facili sentimenti e superficiali, ma scavando nella sua personalità troveremo un cocktail di emozioni che attraverso mille sfaccettature la portano dal ricercare l’amore perfetto alla voglia di essere indipendente, dalla paura di arrivare su un obiettivo alla voglia di raggiungerlo. Questo miscuglio di sentimenti ci rivela come la Komatsu sia incapace di badare a sé stessa e quanto sia indecisa sul suo futuro, ma la forte personalità dell’amica colora di una sfumatura che sovrasta tutte le altre: la Komatsu acquista una maggiore capacità di amare davvero. Mentre la Osaki, attingendo alla spensieratezza e alla voglia di vivere della coinquilina, porta nella sua vita un po’ di serenità. Questo doppio filo è narrato con maestria dalla Yazawa che, attraverso i pensieri delle due protagoniste, ci fa scoprire le loro intimità caratteriali e dà luogo a un mix profondo composto da avventura e psicologia. Un’opera matura che tratta temi come la droga, lo spettacolo, l’amore, il sesso, il tradimento, i disagi famigliari; argomenti scottanti che l’autrice riesce a mettere su carta in maniera leggera, senza diventare mai pesante o superficiale. Intorno alle due protagoniste, la Yazawa mette in scena un vasto cast di personaggi, tutti caratterizzati in modo ineccepibile: tutti hanno il loro vissuto che si intreccerà con la vita delle due Nana per andare a formare un mosaico che darà vita all’anima dell’opera. E, visti i numerosi personaggi, è impossibile non immedesimarsi in qualcuno di loro, perché sono personaggi dal carattere espressivo e controverso che li fanno apparire veri, tanto che sembrano presi dalla strada e traslati sulle pagine di un fumetto. Un’opera che comunica gioia e tristezza, capace di farti riflettere e di farti passare del tempo in spensieratezza. Un’opera completa, anche nel reparto grafico: le ambientazioni sono reali e tangibili, quasi a voler puntare maggiormente alla consistenza mai astratta della serie. Ultimamente, però, l’autrice ha fatto una scelta coraggiosa: ha diviso le due Nana e quella “magia” che caratterizzava inizialmente il manga, purtroppo, si è dispersa… 4 5 45 Campo de’ fiori STRADE disaSTRATE Civita Castellana - Via Corchiano Percorrendo le nostre strade, non si può che costatare lo stato pietoso in cui esse sono ridotte. Più che camminare su una strada, sembra di essere sulle montagne russe. Ci sono tratti veramente impercorribili, pieni di crepe, dovute all’acqua piovana, che non riesce a defluire, a causa della mancanza dei vecchi e necessari canali di scolo laterali. Per non parlare poi delle buche che, man mano, diventano dei veri e propri crateri e che, nelle migliori delle ipotesi, vengono a mala pena “rattoppate”, con gli scarsi risultati che tutti conosciamo. Ma la situazione peggiora enormemente con la pioggia. Fiumi d’acqua laterali costringono a camminare al centro della carreggiata occupando, spesso, la corsia opposta col rischio di scontrarsi con le auto che vengono in senso contrario. Ad avere la peggio, comunque, sono le nostre povere auto, con danni immediati o a lungo termine, e, poi, di conseguenza, le nostre tasche, con i soldi che dobbiamo spendere per ripararli. Ancora più a rischio sono i motocicli, per i quali le buche sono una delle principali cause di incidenti. La situazione è penosa sia nelle strade dei centri urbani, quanto in quelle fuori. Abbiamo voluto raccogliere, così, dati concreti, utili a tutti, rivolgendo qualche domanda all’amico Domenico Mariani, esperto gommista, titolare dell’omonima, rinomata Ditta. D. Quali sono i principali danni causati alle auto dal manto stradale dissestato e con buche? R. La deformazione o la rottura dei cerchi e dei pneumatici. A lungo andare danni alle sospensioni, ai cuscinetti e ai braccetti dello sterzo. D. Quanti danni di questo genere riparate in media ogni mese? R. Il numero preciso non saprei dirlo, ma ultimamente sono aumentati di molto a causa del pessimo stato dell’asfalto. D. Quali sono, in media, i costi che bisogna sostenere per riparare i danni? R. Il costo della riparazione varia secondo il tipo di macchina che è rimasta danneggiata, ma sono comunque sostenuti in quanto i pneumatici di oggi una volta danneggiati debbono essere necessariamente sostituiti. Questo vale anche per i cerchi che sono oramai tutti in lega e raramente si possono riequilibrare e rigenerare. Altra nota dolente delle strade è la segna- Corchiano - Via Civita Castellana re di tutto e di più? Quello che più ci rammarica è verificare che le tasche dei nostri amministratori sono bucate, proprio come le nostre strade! Non vengono forse più stanziati i fondi necessari? Ma è giusto che ci siano e che S.P. Corchiano - Fabrica di Roma S.P. Corchiano - Civita Castellana letica, quando è presente! Dove sono finite, infatti, le indispensabili paline laterali catarifrangenti che delimitavano lateralmente il percorso stradale, in particolar modo di notte e sulle strade prive di illuminazione, onde evitare di finire fuori strada? Ne sono rimaste pochissime, una qua S.P. Falerina S.P. Corchiano - Fabrica di Roma ed una là, molte di esse sono rotte, storte o cadute in terra, senza che possano più svolgere la loro preziosa funzione. Scarsa e insufficiente è anche la segnaletica orizzontale, quasi del tutto scomparsa o presente solo a tratti, praticamente da immaginare! Viene spontaneo chiedersi: come è possibile tutto questo se siamo gli unici a paga- debbano essere spesi per la nostra sicurezza e, qualche volta, per la nostra stessa incolumità! Ci siamo limitati a pubblicare solo alcune foto, delle numerosissime buche che si incontrano sulle nostre strade, ma che rendono perfettamente l’idea del loro stato di pericolosità. Ermelinda Benedetti 46 Campo de’ fiori Album Civita Castellana anno scolastico 1966-67 III media sez. E - foto del Sig. Sandro Ottavianelli In altro da sinistra: Aldo Costantini, Alfredo Marini, Mauro Gatti, Franco Saviotti, Roldano Zucchelli, Luigi Martifagna, Fabrizio Sansonetti, Giancarlo Nisi, Ettore Profili. Al centro da sinistra: Rosa De Santis, Patrizia Palmieri, Loredana Flori, Mariella Mascioli, Sandro Ottavianelli, Enrico Darida, Tonino Parroccini, Danilo Belfi, Gianfranco Padiglioni. In basso da sinistra: Stefania Sprega, Andreina Sciarrini, Domenica Peroni, Luisa Finesi, Rita Fontana, Gabriella Romagnoli, Rita Finesi, Laura Zucchelli. Civita Castellana - classe 1936 - foto della Sig.ra Silvana Corradi Se vi riconoscete in queste foto, venite in redazione e riceverete un simpatico omaggio. Se desiderate vedere m dei ricordi Campo de’ fiori 47 Fabrica di Roma - scuola media del 1965 - foto del Prof. Vinicio Testa In piedi da sx: Raimondo Maurizi, Luciano Anselmi, Mauro Ferrelli, Prof. Vinicio Testa, Franco Sciarrini, Massimo Ferrelli, Claudio Ricci, Claudio Pozzo. In basso da sx: Pasquale Angeletti, Fausto Capitoni, Piero Balzerano, Sandro Bedini, Umberto Malatesta, Roberto Baldassi. Fabrica di Roma - anni ‘60 - partita scapoli contro ammogliati - foto del Prof. Vinicio Testa In alto da sx: Salvatore Bocchetti, Mariano Ghirighini, Renato Francola, Sergio Mastrantoni, Pietro Proietti, Francesco Pacelli, Giuseppe Ceccarelli, Vinicio Testa, Vittorio Patera, Giuseppe Braccini, Fulvio Cencelli, Eraldo Stefanucci, ... , Marcello Mastrantoni, Luciano Stefanucci, Giuseppe Ghirighini, Sandro Capotondi. In basso da sx: Valerio Alessi, Ottavio Marinelli, Sandro Cecchini, ..., ..., Angelo Grandi, ..., Fausto Sacchi, Sandro Alessandrini. e pubblicate le vostre foto, portatele presso la redazione di Campo de’ fiori, esse vi verranno subito restituite. Campo de’ fiori 48 rie Le sto di Max Mia Martini (Mimì Bertè) do tutto è pronto, arriva la notizia che la cantate è stata arrestata in Costa Smeralda, a causa di “un innocuo spinello che neanche avevo fumato”, come ammise lei stessa senza un minimo di vergogna. Rimane nel carcere di Tempio Pausania, vicino Cagliari, per un anno e Coriandoli spenti, sulla cui copertina mancava soltanto l’etichetta in fase di realizzazione, non verrà mai rilanciato, diventando, così, uno di quei casi di dischi impossibili, venduto solo all’asta. Dopo il periodo di detenzione, torna a Roma e collabora all’incisione di dischi di colleghi, come Herbert Pagani, per l’album Megalopolis; Toto Torquati; il gruppo rock progressivo Cheto & Co., dai chiari riferimenti psichedelici, sotto l’influsso di Jimi Hendrix. Insieme alla sorella Loredana è nei cori dell’album Per un pugno di Samba, dell’artista brasiliano Chico Buarque De Hollanda, inciso per la casa discografica RCA, sotto la guida di Ennio Morricone e del paroliere Sergio Lasciata la Juke Box di Carlo Alberto Rossi, suo primo discografico, Mimì è alla ricerca di una nuova etichetta. E’ la Durium, con il manager Mario Minasi, ad interessarsi inizialmente a lei, facendole incidere, il 1° luglio 1966, il 45 giri Non sarà tardi, versione italiana, curata da Alberto Testa, dell’originale Call Me di Tony Hatch. Sul retro è stato inciso un brano che si avvicinava molto al suo frizzante stile iniziale, Quattro Settimane, composto dall’ex cantante e discjoker radiofonico Giancarlo Guardabassi, che diventerà, poi, conduttore di programmi radio di successo. Gli arrangiamenti sono di Puccio Rolens, ma il 45 giri non viene minimamente pubblicizzato e, per di più, nello stesso periodo , la versione italiana del successo francese di Hervè Vilard, Fais la rire, che Mimì aveva già inciso, passa a Little Tony, rimanendo uno dei suoi successi più significativi. L’esperienza con l’etichetta milanese, durata tre anni, non porta buoni risultati e, nell’estate del ’69, la cantante viene scritturata dalla Esse Records, per la quale incide un nuovo 45 giri, con i brani: Coriandoli spenti e L’argomento dell’amore. Per l’occasione, inoltre, la casa discografica le fa realizzare anche un servizio fotografico, che sarebbe dovuto servire alla copertina del disco. Ma, proprio quan- di Sandro Anselmi Bardotti. Ma Mimì, spinta anche dalla nuova aria proveniente dall’Inghilterra, dove prendevano le mosse i primi passi di un rock ispirato principalmente alla musica sinfonica e, come già detto, alla psichedelica, sente il bisogno di scrollarsi di dosso il passato di ragazzina yè-yè, essendo ormai tramontato il beat. La prima mossa per rompere col passato è cambiare il nome, come le consiglia il suo nuovo talent-scout Alberico Crocetta: Mimì viene sostituito da Mia, oltre che per l’affinità del primo con ilsecondo, probabilmente anche come omaggio a Mia Farrow, e il cognome diventa Martini, per analogia con uno dei prodotti italiani più famosi all’estero. Anche il look, ovviamente, ha bisogno di essere stravolto e adattato alla sua nuova identità: tra lo zingaresco e l’hippie, si mostra, spesso, avvolta in grandi scialli colorati. Così Mimì Bertè è diventata la più nota Mia Martini. continua sul prossimo numero... Campo de’ fiori Vita Cittadina Civita Castellana 20 Gennaio Sagra dei frittelloni Civita Castellana 17 Gennaio - trasporto de “ ‘o puccio “ in Piazza Matteotti foto M. Topini 49 50 Campo de’ fiori 8 Settembre 1943 Circa due anni fa ho perso mio padre, si chiamava Mario Carofei ed era un uomo schivo e delicato, eccezionale per bontà e rispetto degli altri. Con me, sua unica figlia, aveva stabilito un rapporto di straordinario amore, tanto che la sofferenza per la sua mancanza è ancora immensa. Ho raccolto il suo ultimo respiro alle due di notte del 17 Novembre del 2005, con lui se n’è andata parte di me. Aveva un rapporto di grandissimo amore ed amicizia anche con mia figlia Simona, sua unica nipote. Partecipava sempre interessatissimo ai successi di studio prima, e poi, dopo la laurea, a quelli di lavoro. Guardava con orgoglio la grinta con cui, questa giovane donna, andava incontro alla vita. Mia figlia ha affrontato la morte del suo adorato nonno con dolore composto e maturo. A distanza di poco tempo dalla morto di mio padre, ho avuto l’occasione di curiosare sul blog di Simona, vi ho trovato un ricordo struggente del nonno ed ho rivissuto il loro legame stupendo, la stima, l’ammirazione ed il rispetto da cui erano legati e mi sono commossa. Lo propongo a tutti quelli che lo hanno conosciuto e lo dedico a tutta la generazione di mio padre. Grazie papà, grazie Simona. Claudia Carofei. Era la mattina dell’ 8 Settembre 1943, compiva ventuno anni e, a Firenze, faceva molto caldo. Lui si occupava di cavalli, prestava servizio presso una caserma del capoluogo fiorentino come artigliere. La faccia era ancora da ragazzino, ma i sogni l’aveva messi da parte tanto tempo prima, quando suo padre era morto, lasciandolo capofamiglia adolescente, con due fratelli più piccoli e una madre da mantenere. Vennero all’improvviso, lo disarmarono, gli dissero che gli italiani avevano tradito l’Alleato, che il Re era scappato, gli chiesero se accettasse di servire Salò e il Reich… l’alternativa era il campo di prigionia in Germania. Aveva 21 anni, compiuti da poche ore, troppo pochi per una decisione così grave. Voi che avreste scelto? A che avreste pensato? Disse: “No, vado prigioniero, col fascismo no”. Con lui tanti giovani, la maggioranza. Li caricarono su un treno con solo la divisa estiva che avevano addosso. L’ultima cosa che vide fu la stazione Santa Maria Novella, poi chiusero il vagone merci e il treno partì. Ebbero fame, sete, freddo durante il viaggio, sicuramente ebbero paura. A che pensò durante quell’interminabile viaggio è facile intuirlo… Riaprirono i vagoni ch’erano già in Germania. Lo internarono in un campo di prigionia, non di sterminio… Sottile differenza, tutt’altro che sostanziale, in realtà là si moriva ugualmente, per freddo, per fame, per il capriccio di un sorvegliante. Era forza lavoro utile al Reich, lo impiegarono nella manutenzione della rete ferroviaria, in una fabbrica chimica, come aiuto per i contadini nella raccolta delle patate… faceva tanto freddo, non avevano di che coprirsi, i pidocchi lo tormentavano. I sorveglianti spesso ridevano di loro e li offendevano: “Italiani, traditori!”… come dar loro torto, in fin dei conti… Il cibo era poco e di pessima qualità: zuppa di bucce di patate nelle grandi occasioni e quel che riuscivano a rubare, rischiando la vita. Un loro compagno era stato freddato con un colpo di pistola, per aver dissotterrato, in un campo, delle patate marce, che voleva tenere per sé, per mangiarle, perché quella brodaglia che servivano ogni giorno faceva venire la dissenteria… Eppure ci furono civili e militari tedeschi che rischiarono la vita per dar loro, di nascosto, del pane ed un bicchiere di latte, impietositi da questi soldati ragazzini ridotti l’ombra dell’essere umano che furono, che magari ricordavano loro un figlio lontano, un fratello disperso. Passarono i mesi, tanti mesi, poi i Liberatori iniziarono ad avvicinarsi, deprimendo il morale delle truppe tedesche, che allentarono la sorveglianza. Scappò con dei compagni, a piedi, verso casa, attraversando l’Europa in fiamme, l’Italia allo sbando… si combatteva nelle campagne, si rischiava la vita per un nulla. Ci furono ancora tante persone che lo aiutarono, condividendo con lui quel poco a disposizione. Settimane di cammino per arrivare, un anno e mezzo dopo la sua cattura, a bussare alla porta di casa propri. Gli aprì sua madre: “Chi cercate?”… non l’aveva riconosciuto. Riuscite ad immaginare una madre che non riconosce suo figlio? “Mamma, sono io!”… riusci- te ad immaginare le lacrime, la gioia, il dolore, le parole? Ha voluto lui che imparassi il tedesco, perché, pur nella sua condizione di contadino di scarsa cultura, credeva nello scambio culturale fra i popoli. Non aveva smesso di credere nel valore del confronto e del dialogo. Raccontandomi le sue tribolazioni di allora, non smise mai di ricordarmi della contadina tedesca che rischiò la vita propria, e della sua famiglia, per dargli un bicchiere di latte, o del sorvegliante che allentò la sorveglianza per permettergli di rubare due patate. Un giorno, qualche anno fa, lo scorsi silenzioso in lacrime davanti ad un documentario che mostrava le immagini della guerra. Non credo si accorse di me, ma quel giorno capii che tutto l’affetto e tutto il bene del mondo, non possono cancellare le cicatrici che lascia una guerra. E’ mancato lo scorso 17 Novembre 2005, circondato dall’affetto della sua famiglia, spero senza soffrire, senza accorgersene. Porto spesso al polso il suo orologio e, ogni volta che lo guardo, mi ritrovo a sperare di essere un giorno degna di quel ragazzo che quell’8 Settembre fiorentino di tanti anni fa, ebbe il fegato, o l’incoscienza, di dire no alla dittatura e alla guerra. di Simona De Santis 52 Campo de’ fiori Ecologia e Ambiente Il summit mondiale sul clima di Giovanni Francola Nel mese di Dicembre 2007, a Bali (Indonesia), si è tenuta la 13ma conferenza internazionale sul clima, che ha visto riuniti ben 190 paesi, con la partecipazione di 10.000 addetti ai lavori. Si è aperta la conferenza con un “sì” storico, da parte dell’Australia, al Protocollo di Kyoto, un “sì” di enorme valore politico per il futuro. La presenza dell’Australia a Bali ha ulteriormente isolato gli Stati Uniti, che rifiutano, ancora oggi, di firmare il trattato. L’importanza della conferenza è nel fatto che dovrà, in un qual modo, ridisegnare il dopo della scadenza del Tattato di Kyoto, fissata nel 2012. Da parte dei Paesi sviluppati ci dovrà essere tutto l’impegno per ridurre drasticamente l’emissione di gas serra e, nello stesso tempo, di non imporre sanzioni contro Paesi in via di sviluppo, bensì di aiutarli nelle loro crescite sostenibili. Non dimentichiamo che la maggior parte di queste nazioni deve affrontare anche tutti i problemi legati alla povertà. Quindi si può tranquillamente dire che i cambiamenti climatici sono la priorità del futuro ma, a volte, la tempestività nell’affrontare le emergenze non basta, occorre anche una agenda per le cose che bisogna fare coinvolgendo maggiormente chi ha il potere decisionale. E’ anche vero che l’Unione Europea vuole a tutti i costi target di stabilizzazione della Co2 (anidride carbonica) per fermare l’aumento della temperatura a 2 gradi. Dall’altra parte, gli Stati Uniti, non vogliono sottostare ad impegni vincolanti, come se i problemi dell’atmosfera siano soltanto di noi europei. Poi, per chiudere il cerchio, ci sono la Cina e l’India, che rivendicano il diritto allo sviluppo. E’ presto quindi per dire quali effetti avrà una conferenza così importante nel prossimo futuro, ma il fatto di essere consapevoli che occorrono ulteriori scelte condivise, e una maggiore adesione per tutto quello che regola il nostro vivere quotidiano, è già un ottimo punto di partenza. Nel frattempo l’Italia, da quando ha firmato il Trattato di Kyoto, ha fatto molto poco. Infatti nel 2006 la Commissione Europea ha notificato al nostro Paese la procedura d’infrazione, violando l’articolo 8 dir 96/62 F 4/5, con una multa di 20 milioni di euro. E questo è soltanto l’inizio… Campo de’ fiori NATI MATRIMONI Corchiano Corchiano 19.09.2007 Mirko Oliverio 24.09.2007 Lorenzo Broglia 02.10.2007 Hiba Derram 01.12.2007 Rebecca Sberna Domenico De Mattia/ Corona Dellepiaggi Massimo Zannotti/ Cristina Evangelisti 53 DECEDUTI Corchiano 18.10.2007 Guido Telli 18.10.2007 Stelian Stefan 11.11.2007 Antonio Santini 07.12.2007 Iolanda Bacchiocchi Info Pubb. 0761.513117 54 Campo de’ fiori Tantissimi auguri a Sua Eccellenza Mons. Divo Zadi Vescovo, che il 25 Gennaio ha compiuto gli anni, dal Direttore e dalla redazione di Campo de’ fiori. Tantissimi auguri per un felice anno nuovo a Desirè, Christian, e Emma Lucrezia, da Zia Romina e Zio Enrico. Auguri a Irmo Soli che il 23 Gennaio ha compiuto 85 anni, dalla moglie, i figli, i nipoti e da tutta la redazione di Campo de’ fiori. Tanti auguri a Alessia e Sara Corazza che hanno compiuto gli anni il 18 e il 23 Gennaio, dai genitori, i nonni e gli zii Alex e Stefano. O in grande o niente! Tanti auguri Ciccia, intanto baci e abbracci. Ciao bella ciao… Auguriamo un felice compleanno a Beatrice Centofanti che il 9 Gennaio ha compiuto 9 anni. Auguri da papà Gianni, mamma Leonia, lello Edoardo e i nonni. Tanti auguri di buon compleanno al P.F. capo Fiorello Casale di Gaeta che il 5 gennaio ha compiuto gli anni. Un bacio grande da Massimiliano e Maria Cristina. Tantissimi auguri di buon compleanno ad Azzurra De Angelis di Corchiano, che il 26 gennaio ha compiuto 1 anno, dal papà Pierluigi (Piggi) e la mamma Assunta. Campo de’ fiori 55 Il 9 Gennaio Giulia Auguri a Franco Lucchetti ha Massaccesi e Lucia Manini compiuto 1 anno… di Civita Castellana che … Tantissimi auguri hanno festeggiato le loro di buon compleanno splendide nozze d’oro il 5 all’angelo che da un gennaio. Con tanto affetanno riempie le to Daniele, Orietta, nostre vite di amore Renato, Daniela e i nipoti e sorrisi… Ti vogliaTiziana, Marco, Valerio, mo un bene infinito Matteo, Cristian, … Le zie Marta & Marta.. Federico, Irene e Diego. Tanti auguri al piccolo Gabriele Focaracci, che il 5 Dicembre è venuto al mondo per la gioia di mamma Debora, papà Gianluca, i nonni Patrizia e Carlo, i bisnonni, lo zio Andrea e la zia Antonietta. Un saluto a Sandro Frangioli (primo a sinistra) di Sassacci, valido tecnico di moto, dagli amici della Guzzi e Ducati e in particolare da Mario Mele. Tanti auguri a Massimo Giove che il 19 Gennaio ha compiuto gli anni, dai suoi nipotini Tony, Stefania e Daniele, tanti auguri da Romina e Roberto Nonna Italia di Corchiano il 10 Gennaio ha compiuto 86 anni. Tanti auguri con tanto affetto da tutta la sua tribù. Tanti auguri a Marcello Clementi che ha compiuto 5 anni il 27 Gennaio, dai nonni, dal papà Giuseppe e dalla mamma Sonia. 56 Campo de’ fiori Auguri a Maria Francesca e Lorenzo che a Gennaio compiono 8 anni. Tanti auguri dai genitori, i nonni, Eleonora e Francesco. Auguri,auguri e auguri!!!! Uè 25anni e una laurea a pieni voti... non starai correndo un po’ troppo… dai aspettami!!! un bacio,tvb! Serena Tanti auguri di Buon Compleanno a Maria Maddalena Dima che il 30 Dicembre ha compiuto 17 anni. La tua voglia di vivere e i tuoi sorrisi sono la cosa più bella che tu ci possa regalare, non smettere mai di sognare e di sorridere… noi lo faremo insieme a te! Da mamma e papà per la nostra piccola. Tanti auguri a Federico Bubboni che ha compiuto 11 anni il 17 Gennaio, dai genitori, i nonni e i suoi adorati cagnolini Birillo e Rocky. Tanti Auguri a Viola Antonelli che il 15 Febbraio compie 5 anni, dalla mamma Gabriela, il papà Claudio, la sorella Aurora, i nonni, gli zii e i cugini. Congratulazioni a Sara Alessandrini che il 19 Dicembre si è laureata, con merito, in Ostetricia presso l’Università La Sapienza di Roma. Tanti auguri per un prospero futuro, da mamma, papà e gli amici. Tanti auguri di Buon Compleanno a Michaela e alla piccola Elena, i colleghi di lavoro. Tantissimi auguri di buon compleanno a Laura Petrucci di Civita Castellana che il 20 Febbraio compie 24 anni. Infiniti baci dal fidanzato Stefano. Campo de’ fiori 57 Tanti auguri a Mauro Barduani che il 18 Dicembre si è l’aureato in Economia finanziaria, bancaria e assicurativa all’Università di Lecce, dalla famiglia, i parenti e gli amici. Tanti auguri a Cecilia Anselmi che l’11 Febbraio compie gli anni, dalla mamma, il papà, il fratellino Federico e tutta la redazione di Campo de’ fiori Tanti auguri a Sara Longo che ha compiuto 5 anni il 29 Gennaio, dalla mamma, il papà, la sorellina Martina, i nonni, gli zii e i cuginetti Alice e Matteo. Tantissimi auguri al nostro collaboratore Alessandro Soli che festeggia il compleanno il 4 Febbraio, da tutta la redazione di Campo de’ fiori Auguri di Buon Compleanno al nostro collaboratore Angelo Foglietta, da tutta la redazione di Campo de’ fiori Tantissimi auguri ad Emanuel che il 18 Febbraio compie 15 anni, dalla mamma, da Serena, dalla nonna, e dagli zii e cugini Tantissimi auguri al nostro piccolo ometto Leonardo che il 4 Febbraio compie 1 anno, da mamma Moira, papà Felice, i nonni e gli zii. Luciana, la mia splendida sorella festeggerà, il 24 febbraio, il proprio compleanno. I miei più affettuosi auguri e.. “ad maiora!” Antonia Tanti auguri alla nostra collaboratrice Letizia Chilelli che ha compiuto gli anni il 21 Gennaio, da tutta la redazione di Campo de’ fiori Tantissimi auguri alla piccola Andrea Celeste De Santis che il 20 febbraio compirà 2 anni. Auguri da mamma Sara, papà Massimo, dalle bisnonne, dai nonni, dagli zii. Ti vogliamo benen sei la nostra stella!!! 58 Campo de’ fiori Annunci LAVORO CERCO -MURATORE in regola esegue lavori di muratura, restauro appartamenti, interni ed esterni, tetti, impermeabilizzazioni, pavimenti, rivestimenti, tinteggiature. Zona Civita Castellana. Prezzi modici. Max serietà Tel. 347.7350210 329.1966311 -DONNA TEDESCA (da 20 anni in Italia), amante dei bambini, con figlia piccola, con auto, offresi come baby-sitter anche al proprio domicilio (grande giardino). Max serietà T. 347.4831231 -RAGAZZA POLACCA cerca lavoro ad ore, lungo orario come domestica a Civita Castellana, Nepi, massima serietà. T. 328.0916999 -CONSULENTE PR0GRAMMATORE esperienza su RPG AS 400 cerca impiego zona Roma e provincia di Viterbo. Immediata disponibilità Cell. 340.4605321 -MAESTRA D’ASILO laureata in Brasile, con grande esperienza lavorativa, cerca lavoro come baby sitter, pulizie, stiratrice ed altro, zona Civita Castellana e limitrofe. 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Nel periodo 1991-1992 consegue, dapprima il diploma di maestro d’arte ceramica e, successivamente, il diploma di maturità d’arte applicata. E’ laureanda in Ingegneria Edile presso l’Università degli Studi di Roma “La Sapienza”, sede distaccata di Rieti. Attualmente insegna Discipline Pittoriche presso la Scuola Comunale di Disegno, istituita nel 2002 dall’Assessorato ai Servizi Sociali del Comune di Ronciglione e rivolta a quanti vogliano approfondire o conosce- re i fondamenti del disegno, nella corretta rappresentazione dei rapporti geometrici e proporzionali della figura umana e del paesaggio. Non soltanto la padronanza del disegno a mano libera, ma anche l’utilizzo dei moderni programmi informatici per la visualizzazione grafica al computer in due e tre dimensioni, caratterizzano il brillante curriculum professionale di Sabrina Salvatori. E’ la titolare, insieme con Dario Salvatori, di una avviata Bottega d’Arte dedita alla progettazione e realizzazione di “TROMPEL’OEIL”, ovvero pitture parietali per interni e spazi pubblici, tecnica pittorica nata nel XVIII secolo in Francia e successivamente diffusasi nel resto d’Europa e anche, seppur faticosamente, in Italia e paragonabile alla tecnica dell’affresco e dell’encausto. Si tratta di pitture parietali di vaste dimensioni che rappresentano scorci urbani ed architettonici, nonché paesaggi naturali, che presuppongono nell’operatore approfondite conoscenze della tecnica di rappresentazione prospettica e dei relativi teoremi geometrici. La tecnica utilizzata dall’artista civitonica Salvatori, è alquanto singolare: studio dal vero del paesaggio urbano e naturale, elaborazione in rigorose proiezione ortogonali della spazio oggetto di rappresentazione, e restituzione prospettica precisa e puntuale ANNUNCI ECONOMICI GRATUITI PER PRIVATI a pagamento per ditte o società- Tel. Fax 0761.513117 Cedola da ritagliare e spedire L’annuncio sarà ripetuto per 3 uscite, salvo diversa decisione della redazione secondo il metodo “Traccia/Fuga” dell’oggetto attraverso la chiara definizione del punto di vista e del quadro prospettico, per una ottimale rappresentazione prospettica. Le numerose pitture realizzate dallo Studio per spazi pubblici e privati, riguardano paesaggi e scorci architettonici dove si rivela il sapiente uso del colore e della tecnica prospettica di chiara e netta derivazione rinascimentale. Una volta eseguito il bozzetto preliminare, il soggetto viene trasferito dagli artisti sulla parete dell’ambiente interessato e dipinto con i colori acrilici, ottimali per la colorazione finale. Compilate qui il vs annuncio gratuito e speditelo in busta chiusa a Campo de’ fiori - P.za della Liberazione n. 2 - 01033 Civita Castellana (VT) oppure mandate un Fax al n. 0761.513117 o una e-mail a [email protected] (scrivere in stampatello e senza abbreviazioni) .................................................................................................................................................. ............................................................................................................................................................................................................................. ............................................................................................................................................................................................................................. ............................................................................................................................................................................................................................. Gli annunci gratuiti sono esclusivamente riservati a privati. Campo de’ fiori non è responsabile per la qualitià e la veridicità delle inserzioni. A garanzia dei lettori, Campo de’ fiori si riserva il diritto di NON PUBBLICARE annunci non conformi al presente regolamento o che, a suo insindacabile giudizio, risultino non chiari o che possono prestarsi ad interpretazioni equivoche. Gli inserzionisti prendono atto che, a richiesta dell’Autorità Giudiziaria, Campo de’ fiori fornirà tutte le notizie riportate con la presente cedola. Autorizzo il trattamento dei miei dati personali secondo quanto disposto dalla legge n. 675 del 31.12.1996 in materia di “tutela dei dati personali”. COMMITTENTE: NOME................................................COGNOME..............................................Via............................................................... 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Campo de’ fiori La rubrica 61 dei perchè Si dice passare la notte in bianco perché, nel medioevo, l’aspirante cavaliere, alla vigilia del giorno del giuramento, trascorreva tutta la notte in raccoglimento e preghiera in una cappella e vestito di bianco Farmacie Civita Castellana aperte nei giorni festivi di Febbraio 2008 03 Febbraio - Farmacia Municipalizzata Via Santa Felicissima 10 Febbraio - Farmacia Filizzola Corso Bruno Buozzi 17 Febbraio - Farmacia Municipalizzata Via Ferretti - Farmacia Versace di Sassacci 24 Febbraio - Farmacia Municipalizzata Via Santa Felicissima Farmacie Corchiano e Fabrica aperte nei giorni festivi di Febbraio 2008 10 Febbaio - Farmacia Liberati di Fabrica di Roma 17 Febbraio - Farmacia Sangiorgi di Corchiano Benzinai Civita Castellana aperti nei giorni festivi di Febbraio 2008 03 Febbraio - Esso Via Flaminia - Api Via Corchiano 10 Febbraio - Tamoil Via Flaminia - IP Variante Nepesina - Total Via Terni 17 Febbraio - Api Borghetto - Enerpetroli SP 311 Nepesina - Agip Belvedere Falerii 24 Febbraio - Schell Via Flamina - Api Via Corchiano SOSTENETE CAMPO DE’ FIORI CON IL VOSTRO ABBONAMENTO CARTOLINA DI ABBONAMENTO ANNUALE SI desidero abbonarmi a : Campo de’ fiori (12 numeri) a € 25,00 I miei dati Nome___ ____ __________________________________ Cognome________________________________________________ data di nascita_______________ __________Città________________________________________________________Prov._______ Via_______________________________________________________________Telefono____________________________________ Desidero regalare l’abbonamento a: Campo de’ fiori (12 numeri) a € 25,00 Il regalo è per: Nome_______________________________Cognome_________________________________________________________________ data di nascita___________________________Città______________________________________________________Prov.________ Via_________________________________________________________________Telefono__________________________________ effettuerò il pagamento con c/c postale n. 42315580 intestato alla Associazione Accademia Internazionale D’Italia - P.za della Liberazione n. 2 - Civita Castellana Data______________Firma__________________________________ Autorizzo il trattamento dei miei dati personali secondo quanto disposto dalla legge n. 675 del 31.12.1996 in materia di “Tutela dei dati personali”. Titolare del trattamento dei dati è Campo de’ fiori - P.za della Liberazione,2 - 01033 Civita Castellana (VT) Data______________Firma__________________________________ Per abbonarti puoi spedire questa cartolina a Campo de’ fiori - P.za della Liberazione, 2 - 01033 Civita Castellana (VT) o puoi trasmetterla per fax allo 0761 . 513117 62 Campo de’ fiori Sandro Anselmi P.zza della Liberazione, 2 - 01033 Civita Castellana (VT) Tel./Fax 0761.51.31.17 e-mail : [email protected] Da 40 anni al vostro servizio Pubblicizza una selezione di offerte immobiliari -VENDO VENDO a Faleria villa su due -VENDO a Fabrica piani, rifinitissima. Parco e giardino. Possibilità di frazionamento in tre appartamenti. 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VT n. 351 del 2/6/89 Presidente Fondatore: Sandro Anselmi Vistita il nostro sito completamente rinnovato www.campodefiori.biz Lo Studio Legale dell’ Avv. Aldo Piras Patrocinante in Cassazione, ha stipulato una convenzione con Campo de’fiori con la quale, tutti i lettori, avranno diritto a n. 3 consulenze gratuite. Per informazioni rivolgersi in redazione Campo de’ fiori è distribuito a Civita Castellana, Corchiano, Fabrica di Roma, Vignanello, Vallerano, Canepina, Vasanello, Soriano Nel Cimino, Vitorchiano, Bagnaia, Viterbo, Montefiascone, Carbognano, Caprarola, Ronciglione, Sutri, Capranica, Cura di Vetralla, Blera, Monte Romano, Tarquinia, Civitavecchia, Orte, Gallese, Magliano Sabina, Collevecchio, Tarano, Torri in Sabina, Calvi nell’Umbria, Stimigliano, Poggio Mirteto, Otricoli, Narni, Terni, Amelia, Nepi, Castel Sant’Elia, Monterosi, Anguillara, Trevignano, Bracciano, Canale Monterano, Mazzano, Campagnano, Sacrofano, Olgiata, Faleria, Calcata, S.Oreste, Nazzano, Civitella San Paolo, Torrita Tiberina, Rignano Flaminio, Morlupo, Castelnuovo di Porto, Riano, Ostia, Nettuno, Anzio, Fregene e nei migliori locali di Roma, in tutte le stazioni MET.RO. 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