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La genetica delle epilessie e le epilessie genetiche

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La genetica delle epilessie e le epilessie genetiche
Ottobre-Dicembre 2014 • Vol. 44 • N. 176 • Pp. 226-239
neurologia pediatrica
La genetica delle epilessie
e le epilessie genetiche
Giuseppe Gobbi, Jasenka Sarajlija, Sara Leonardi, Elena Di Pietro, Federico Zara*,
Pasquale Striano**
Unità Operativa Complessa di Neuropsichiatria Infantile – IRCCS, Istituto delle Scienze Neurologiche di Bologna, Bologna
*
Laboratorio di Neurogenetica, Dipartimento di Neuroscienze, Riabilitazione, Oftalmologia, Genetica, Salute Maternità e
Infanzia Università di Genova e Istituto G. Gaslini, Genova
**
Unità Operativa di Neurologia Pediatrica e Malattie Muscolari, Dipartimento di Neuroscienze, Riabilitazione, Oftalmologia,
Genetica, Salute Maternità e Infanzia Università di Genova e Istituto G. Gaslini, Genova
Riassunto
Le epilessie sono patologie neurologiche croniche caratterizzate dalla ricorrenza di crisi convulsive e classificate in base alla tipologia di questi eventi,
a determinati criteri elettroencefalografici e alle cause sottostanti o anche ai sintomi associati. È nota, da tempo, la predisposizione familiare per queste
patologie, così come la compresenza di sindromi epilettiche diverse all’interno di uno stesso nucleo familiare. Le moderne tecniche d’indagine genetica
hanno permesso di individuare mutazioni in geni specifici. Nel caso delle encefalopatie epilettiche alcuni geni in particolare (e le proteine da essi codificate)
possono essere comuni a più sindromi che nel tempo possono evolvere una nell’altra (es., FOXG1, CDKL5, STXBP1, ARX), essere associati a disturbi psichiatrici oltre al ritardo mentale (es., CDKL5, MECP2, PNKP, PCDH19) oppure combinarsi con vari tipi di disordini del movimento (es., STXBP1, ARX, FOXG1,
KCNQ2). È importante inoltre notare che alcuni di questi geni si sovrappongono come agenti causali anche per forme di epilessia benigna (es., KCNQ2,
SCN1A, SCN2A, TBC1D24). Le sindromi epilettiche benigne possono dipendere da difetti dei canali ionici (es., SCN1A, SCN2A, KCNQ2, KCNQ3), di alcuni
recettori per i neurotrasmettitori (es., GABRA1, GABRB3, GABRD, GABRG2) oppure da alterazioni che coinvolgono altri tipi di proteine. Le epilessie benigne,
per definizione, non sono associate ad anomalie evidenti al neuroimaging, ma possono associarsi a disturbi del movimento (es., PRRT2) o altri disturbi
parossistici (es., EFHC1, CACNA1A, CACNB4). Le diverse sovrapposizioni fenotipiche tra le varie sindromi epilettiche ed i vari tipi di epilessia spesso non
sono sottese da correlazioni genotipo-fenotipo univoche e quindi resta come caposaldo irrinunciabile il rigore clinico e la rivisitazione continua delle varie
forme di epilessia considerate come patologie di “sistema”.
Summary
Epilepsies are chronic neurological disorders characterised by the occurrence of more than two seizures. The classification lays on the ictal features, the electroencephalographic criteria, the underlying causes and the associated signs/symptoms. Familiar predisposition and clustering of the different epileptic syndromes within the same family are well known phenomena. More advanced techniques for genetic analysis helped in recent years the search for specific gene
mutations. We now know that, among the epileptic encephalopathies, for example, some genes are shared by a number of different epileptic syndromes, which
in turn can evolve one into the other (e.g., FOXG1, CDKL5, STXBP1, ARX), can be associated to other-than-cognitive delay psychiatric disorders (e.g., CDKL5,
MECP2, PNKP, PCDH19) or can be combined to movement disorders (e.g., STXBP1, ARX, FOXG1, KCNQ2). In addition, it is of note that some of these genes are
involved both in epileptic encephalopathies and benign epilepsies (e.g., KCNQ2, SCN1A, SCN2A, TBC1D24). The benign epileptic syndromes are usually caused
by mutations in the ion channel genes (e.g., SCN1A, SCN2A, KCNQ2, KCNQ3), in the neurotransmitter receptor genes (e.g., GABRA1, GABRB3, GABRD, GABRG2) or in other genes encoding for membrane or cellular structural proteins. By definition, brain imaging, in benign epilepsies does not reveal abnormalities:
however, these forms can be associated to movement (e.g., PRRT2) or other paroxysmal disorders (e.g., EFHC1, CACNA1A, CACNB4). The various phenotypic
overlaps between the different forms of epilepsy are often unassociated to overt genotype-phenotype correlations, thus it is still of outmost importance to keep
a rigorous clinical work-up and to constantly review epilepsy definitions, which should be regarded as “system disorders”.
Metodologia della ricerca bibliografica
La ricerca degli articoli più rilevanti degli ultimi anni utili ai fini di
questa review è stata effettuata sulla banca bibliografica Medline,
utilizzando come motore di ricerca PubMed e come parole chiave
“Genetic Testing and Epilepsy”, “Genetic and Idiopathic Generalized
and Partial Epilepsy”, “Genetic and Benign Generalized and Partial
Epilepsy”, “Genetic and Epileptic Encephalopathy”.
Introduzione
L’importanza di una predisposizione familiare nel determinare l’insorgenza del cosiddetto “morbo sacro” è nota fin dai tempi di Ippocrate (400 a.C.). Ora noi sappiamo che le epilessie costituiscono un
226
eterogeneo gruppo di patologie multifattoriali, in gran parte determinate dall’interazione di fattori genetici e ambientali. Oltre alle epilessie dovute a una lesione cerebrale acquisita (epilessie sintomatiche),
vi sono epilessie in cui l’insorgenza delle crisi è riconducibile a un
danno cerebrale strutturale geneticamente determinato (malformativo o metabolico) e altre in cui le crisi si manifestano in seguito a
difetti funzionali dell’attività cerebrale, di solito geneticamente determinati (epilessie idiopatiche).
Nelle ultime due decadi, la cosiddetta rivoluzione molecolare in medicina ha avuto un importante impatto anche nella diagnosi e nel
trattamento delle epilessie, in particolare quelle idiopatiche e la ricerca genetica nell’epilessia rappresenta al momento una frontiera
di studio altamente suggestiva e promettente.
La genetica delle epilessie e le epilessie genetiche
Definizione e classificazione delle crisi epilettiche
e delle epilessie
L’epilessia è una patologia neurologica cronica caratterizzata da
crisi epilettiche ricorrenti, che si ripetono nel tempo in modo spontaneo e non sempre prevedibile, con frequenza e durata variabili.
La diagnosi di epilessia è definita dall’occorrenza di due o più crisi
epilettiche ad almeno 24 ore di distanza o dalla presenza di un’unica
crisi nell’ambito di un’alterazione cerebrale persistente che renda
elevata la probabilità di ulteriori crisi.
Poiché le crisi epilettiche si verificano per un’alterazione della funzionalità dei neuroni provocando una scarica eccessiva (o ipersincrona) e transitoria e poiché tale scarica può interessare una popolazione neuronale limitata ad alcune aree cerebrali o coinvolgere
tutto l’encefalo (Fisher et al., 2005), la semeiologia delle crisi epilettiche può essere molto variabile proprio a seconda delle popolazioni
neuronali e dei circuiti cerebrali coinvolti (Tab. I per la classificazione
delle crisi epilettiche).
L’International League Against Epilepsy (ILAE) (Berg et al., 2010)
propone di classificare le epilessie in epilessie da causa “genetica”, epilessie da causa “strutturale/metabolica” e epilessie da
“causa sconosciuta”. Inoltre, in base al contesto clinico in cui si
manifesta un’epilessia, la ILAE suggerisce di differenziare diversi
quadri sindromici con lo scopo di permettere di pianificare l’iter
diagnostico, indirizzare al meglio la scelta terapeutico-riabilitativa
e, talvolta, anche prevedere la prognosi. Il concetto di sindrome
epilettica è esclusivamente elettroclinico. La sindrome epilettica
è costituita da una serie di sintomi e segni (età di esordio, tipo di
crisi, eziologia, livello cognitivo e di sviluppo, quadro elettroencefalografico, fattori precipitanti le crisi e loro ricorrenza in veglia o
in sonno, severità del quadro clinico e sua evoluzione, risposta alla
Tabella I.
Classificazione delle crisi epilettiche (modifica da Berg et al., 2010).
Crisi generalizzate
• Tonico – cloniche
• Assenze
Tipiche
Atipiche
Assenze con caratteristiche peculiari
Assenze miocloniche
Mioclonie palpebrali
• Miocloniche
Miocloniche
Mioclonico-atoniche
Mioclonico-toniche
• Cloniche
• Toniche
• Atoniche
Crisi parziali/focali
•
•
•
•
•
•
•
•
Semeiologia variabile a seconda dell’area encefalica coinvolta:
Sensitive
Motorie
Sensitivo-motorie
Con automatismi motori
Con mioclono focale negativo
Gelastiche
Emicloniche
Non definibili se generalizzate o parziali
• Spasmi epilettici
terapia antiepilettica) che si manifestano insieme a costituire una
particolare condizione clinica (ILAE Classification, 1981) (Tab. II).
Infine, da tempo l’osservazione clinica suggerisce che alcune sindrome epilettiche possano rappresentare l’evoluzione di altre, come
per esempio si suppone possa accadere per la Sindrome di Ohtahara versus la Sindrome di West a sua volta versus la Sindrome
di Lennox Gastaut (Nordli, 2012). Alla luce delle nuove acquisizioni
in campo genetico questo assunto viene rafforzato dalla dimostrazione che più quadri epilettici possono avere un comune substrato
genetico. Da ciò prende avvio il tentativo di superare la dicotomia
tra epilessia focale ed epilessia generalizzata, messa in atto da alcuni studiosi che propongono la definizione di “Epilessia di Sistema”
o “SystE”, secondo cui un quadro epilettologico può scaturire da
una specifica sensibilità di un dato sistema neuronale per specifici
fattori epilettogenici. Poiché alcune delle epilessie proposte come
paradigma di SystE sono state identificate come geneticamente
determinate, questo porterebbe a pensare al meccanismo genetico
come sistema epilettogenico elettivo, sul quale ovviamente entrano
in gioco altre variabili biologiche ed ambientali (Avanzini et al., 2012;
Capovilla et al., 2013).
La genetica nelle epilessie
Le epilessie genetiche costituiscono circa il 30% di tutte le epilessie.
Le epilessie genetiche possono verificarsi sia in assenza di un danno
cerebrale dimostrabile (epilessie idiopatiche), che in presenza di lesione
cerebrale (epilessie sintomatiche), che può essere essa stessa geneticamente determinata (malformazione cerebrale, malattia metabolica
ecc.). Un’epilessia genetica può presentarsi anche associata a una lesione cerebrale acquisita, potenzialmente epilettogena o no. In questi
casi può essere molto difficile stabilire il vero rapporto causa-effetto.
Nelle ultime due decadi, la cosiddetta rivoluzione molecolare in medicina ha avuto un importante impatto anche nel campo delle epilessie,
in particolare quelle idiopatiche. Lo studio mirato all’identificazione
dei geni che possono determinare o anche solo influenzare il rischio
di sviluppare epilessia è molto importante, non solo per migliorare le
nostre conoscenze nell’universo ancora molto ignoto della patogenesi
dell’epilettogenesi in generale, ma soprattutto per le implicazioni di
rilievo nella diagnosi, nella gestione clinica e nella cura del paziente
con epilessia.
I meccanismi genetici alla base delle epilessie ad oggi noti includono
riarrangiamenti genomici (cromosomi ad anello, traslocazioni, monosomie e trisomie), copy number variants (CNVs; riarrangiamenti
submicroscopici, delezioni o duplicazioni che coinvolgono uno o più
geni), ed alterazioni di singoli nucleotidi che risultano poi in mutazioni missenso, frameshift, o nonsenso.
L’epilessia è un modello di malattia preminentemente poligenico,
tuttavia ad oggi sono stati identificati anche modelli di epilessie monogeniche. I dati genetici ottenuti su queste rare forme monogeniche di epilessie idiopatiche hanno permesso di chiarire il ruolo patogenetico di canali ionici voltaggio- o ligando-dipendente. Possono
inoltre verificarsi difetti di metilazione o disomie uniparentali in determinate regioni del DNA (es. sindromi di Prader-Willi e Angelman)
che provocano acquisizione o perdita di funzione in geni tipicamente
espressi rispettivamente solo nella copia materna o paterna.
La relazione genotipo-fenotipo
La relazione tra genotipo e fenotipo epilettico non è sempre lineare.
Ad esempio, mutazioni missenso del gene SCN1A si associano ad
227
G. Gobbi et al.
Tabella II.
Sindromi epilettiche (mod. da Berg et al, 2010).
Esordio in epoca neonatale
• Crisi familiari neonatali benigne (BFNS)
• Encefalopatia mioclonica precoce (EME)
• Encefalopatia epilettica a esordio infantile precoce (Sindrome di
Ohtahara)
Esordio in età infantile
• Crisi familiari neonatali-infantili benigne (BFNIS)
• Crisi familiari infantili benigne (BFIS)
• Epilessia generalizzata con convulsioni febbrili plus (GEFS+)
• Epilessia mioclonica benigna dell’infanzia (BMEI)
• Spasmi infantili (Sindrome di West)
• Epilessia con crisi focali migranti
• Epilessia mioclonica severa dell’infanzia (SMEI o sindrome di Dravet)
• Epilessia con crisi mioclono-astatiche (EMAS o sindrome di Doose)
• Epilessie miocloniche progressive (PME)
• Convulsioni febbrili plus (FS+)
Esordio in età scolare
• Epilessia assenze del bambino (CAE)
• Epilessia con assenze miocloniche (EMA)
• Epilessia assenze con mioclonie palpebrali (sindrome di Jeavons)
• Epilessia benigna con punte centro-temporali (BECTS o Epilessia
rolandica)
• Epilessia con parossismi occipitali ad esordio precoce (sindrome di
Panayiotopoulos)
• Epilessia con parossismi occipitali ad esordio tardivo (forma di
Gastaut)
• Epilessia autosomica-dominante notturna del lobo frontale (ADNFLE)
• Sindrome di Lennox-Gastaut (LGS)
• Sindrome di Landau-Kleffner (LKS)
• Epilessia con punte-onde continue nel sonno o stato epilettico
elettrico in sonno (CSWS, ESES)
Esordio in adolescenza – età adulta
• Epilessia con crisi tonico-cloniche generalizzate al risveglio
• Epilessia mioclonica giovanile (JME o sindrome di Janz)
• Epilessia assenze giovanile (JAE)
• Epilessia autosomica dominante con caratteristiche uditive (ADEAF)
• Altre epilessie familiari del lobo temporale
Indipendenti dall’età
• Epilessia familiare focale a foci variabili
• Epilessie riflesse
Da lesioni specifiche o altre cause
• Epilessia del lobo temporale mesiale con sclerosi ippocampale
• Sindrome di Rasmussen
• Crisi gelastiche con amartoma ipotalamico
• Sindrome emiconvulsione-emiplegia-epilessia
epilessia con convulsioni febbrili plus (GEFS+) e allo stesso tempo a
quadri più gravi quali la sindrome di Dravet. Questa espressività variabile potrebbe essere dovuta a geni modificatori, cioè geni capaci
di modificare l’espressione di un altro gene principale, amplificandola oppure riducendola, così come a fattori ambientali non ancora
conosciuti. Inoltre la mutazione può avere penetranza ridotta: due
individui con la stessa mutazione genetica possono avere probabilità
diversa di sviluppare epilessia. Infine è opportuno ricordare l’eterogeneità genetica: la stessa sindrome epilettica monogenica può
essere provocata da mutazioni su geni differenti, infatti spesso più
geni codificano per differenti subunità di uno stesso canale ionico
(Gardiner, 2006).
Le tecniche di indagine genetica e loro indicazioni
cliniche
Per determinare la causa genetica di un’epilessia sono oggi disponibili diverse tecniche d’indagine, che è importante conoscere al fine
di scegliere quella più appropriata ed efficace a seconda del caso.
È importante sottolineare, anche con i pazienti e le loro famiglie, che
ogni tecnica ha comunque dei limiti e nessuna è ad oggi in grado di
esplorare l’intero genoma in tutta la sua complessità. Ad esempio il
sequenziamento degli esomi non identifica comunque le anomalie di
metilazione o quelle delle regioni non codificanti (Tab. III).
Tecniche citogenetiche
L’analisi cromosomica (citogenetica) è tuttora valida, seppur in un
numero esiguo di pazienti, per rilevare in un soggetto con epilessia
associata a ritardo mentale ed eventualmente altre caratteristiche
aberrazioni cromosomiche non rilevabili con gli array-CGH.
L’ibridazione genomica comparativa su microarray (Array-Comparative GenomicHybridization o Array-CGH) è una tecnica sviluppata per
identificare anomalie cromosomiche di tipo numerico o variazioni
(variazioni del numero di copie “CNV”) del contenuto di piccole porzioni cromosomiche, come duplicazioni/amplificazioni (presenza di
copie in eccesso di segmenti di DNA), o delezioni (perdite di porzioni
di genoma). Il potere risolutivo dell’analisi è variabile: attualmente
per scopi diagnostici vengono impiegati array tra 1 Mb e 100 kb,
ovvero 100 volte più elevata rispetto alla citogenetica tradizionale.
Inoltre, la tecnica Array-CGH è in grado anche di definire esattamente la regione genomica alterata e quindi anche i geni in essa
contenuti, migliorando la comprensione delle relazioni esistenti tra
variazioni del numero di copie e patologia. Quando l’epilessia non è
associata a ritardo mentale ed eventualmente altre caratteristiche,
l’impatto diagnostico di tale tecnica sembra essere inferiore.
Strutturali/metaboliche
Tecniche di sequenziamento
• Malformazioni dello sviluppo corticale (emimegalencefalia, eterotopie, etc.)
• Sindromi neuro cutanee (sclerosi tuberosa, Sturge-Weber, etc.)
• Tumori
• Infezioni
• Traumi
• Angiomi
• Insulti perinatali
• Stroke
Il sequenziamento Sanger è un metodo rapido per la determinazione
delle sequenze di DNA mediante sintesi innescata con DNA polimerasi (Fig. 1). Progressivamente sono stati messi a punto i cosiddetti
sequenziamenti di nuova generazione (Next Generation Sequencing,
NGS) che hanno permesso il sequenziamento ad una elevata velocità e con bassi costi.
Il goal finale resta quello del Whole Genome Sequencing (WGS),
ovvero il sequenziamento completo del DNA (sia nucleare sia mitocondriale) del genoma di un organismo in un unico esperimento.
Tale opportunità rimane però estremamente dispendiosa per trovare
applicazione nell’attività clinica. Si è scelto pertanto di sviluppare
metodi alternativi, definiti “targhettati”, che si concentrano solo su
regioni specifiche del genoma umano, rappresentando approcci a
Epilessie da causa sconosciuta
Condizioni con crisi epilettiche tradizionalmente non diagnosticate
come forme di epilessia per se
• Crisi neonatali benigne (BNS)
• Convulsioni febbrili(FS)
228
La genetica delle epilessie e le epilessie genetiche
Tabella III.
Metodiche di indagine genetica nelle epilessie (mod. da Olson 2014).
Tipo di indagine
Descrizione
Quando utilizzarla
Chromosomal microarray
Si basa sull’ ibridazione di DNA del paziente con quel- Soprattutto quando l’epilessia si associa a rilo di controllo su specifiche sonde Impiegati sia per tardo di sviluppo, autismo e/o dimorfismi.
individuare polimorfismi di un singolo nucleotide (SNP
arrays) o per determinare riarrangiamenti cromosomici submicroscopici (Array-CGH) come le CNVs in
diversi loci contemporaneamente.
Sequenziamento di singolo gene
Individua alterazioni nella sequenza delle basi azotate Quando si sospetta un’anomalia in un gene
e se esse provocano alterazioni aminoacidiche
specifico (es. SLC2A1 per deficit di trasporto
del glucosio)
Ricerca di duplicazioni/delezioni in un singolo
gene
Valuta le CNV in un gene specifico
Ricerca di una mutazione specifica
Sequenziamento per cercare una mutazione specifica Sui genitori per determinare il significato di
una mutazione ancora sconosciuta
Panel di geni associati ad una patologia
Sequenziamento ± ricerca duplicazioni/delezioni per In disturbi associati a molti geni, come le enun panel di geni
cefalopatie epilettiche
Studi di metilazione
Valuta anomalie di metilazione in regioni cromosomi- Sospetto di anomalie di metilazione, come la
che specifiche
sindrome di Prader-Willi e Angelman
Fluorescent in situ hybridization (FISH)
Sonde che individuano specifiche regioni cromoso- Conferma di una delezione/duplicazione in remiche
gioni specifiche, es. 22q11
Cariotipo
Rappresentazione di tutte le coppie cromosomiche di In pazienti con dimorfismi o anomalie congeuna cellula
nite multiple; sospetto di monosomie, trisomie
o riarrangiamenti cromosomici
Sequenziamento dell’intero esoma o genoma
Valuta alterazioni di sequenza e CNVs per l’intero eso- Quando c’è un forte sospetto di patologia gema (solo sequenze codificanti) o genoma.
netica ma le indagini finora condotte non hanno portato risultati
Primer per
la replicazione
Filamento di DNA da sequenziare
Preparare quattro composti di reazione;
includere in ciascun composto un diverso
nucleotide di replicazione-arresto
Primer
Primer
Prodotti di
replicazione
della reazione “C”
Primer di DNA
Separare i
prodotti mediante
elettroforesi su gel
Primer
Leggere la sequenza come
complemento di bande
che contengono filamenti
marcati
Figura 1.
Schema del metodo Sanger per il sequenziamento del DNA.
Quando si sospetta un’anomalia in un gene
specifico ma il sequenziamento è negativo
prezzi accessibili per individuare eventuali varianti geniche associate alla malattia. Il sequenziamento di tutte le regioni codificanti
le proteine del genoma, indicato anche come exome sequencing, è
il candidato promettente: l’esoma costituisce circa l’1% del genoma
umano richiedendo la sequenza di sole 30 Mb circa, il whole exome
sequencing (WES) è solo 1/20 rispetto al WGS (Ng, Bigham et al.,
2010), ma rappresenta un sottoinsieme altamente ricco del genoma
in cui cercare le varianti con grande effetto sul fenotipo. L’exome
sequencing è più utile per i disturbi con una probabile eterogeneità
genetica. Questa strategia può essere estesa anche alle malattie
con una genetica più complessa, attraverso l’analisi di campioni di
dimensioni più grandi e lo studio dell’impatto funzionale delle varianti non sinonime identificate. Inoltre, il whole exome sequencing
(WES) rappresenta una base promettente per la medicina genomica
personalizzata; infatti grazie all’identificazione del gene causativo
sarà possibile individuare il pathway proteico alterato che può fornire il target per una terapia mirata.
Lo studio di linkage non è adatto per le estremamente rare malattie
mendeliane a causa della difficoltà nella raccolta di un numero adeguato di individui affetti (di famiglie multigenerazionali) e famiglie
per un studio statisticamente significativo e non è applicabile anche
per i casi sporadici.
L’impatto della genetica sulle nuove acquisizioni
in epilettologia
Le recenti scoperte genetiche stanno avendo un impatto rilevante
nelle conoscenze di base dell’epilessia. Studi sperimentali da tempo avevano individuato nella presenza di scariche fasiche intense
229
G. Gobbi et al.
di una popolazione di neuroni l’evento cellulare, noto come “paroxysmal depolarization shift” (PDS), alla base dell’epilettogenesi e
il ruolo fondamentale delle correnti ioniche nel corso del suo sviluppo, in particolare le correnti del sodio, del potassio, del calcio e
del cloro attraverso canali attivati da neurotrasmettitori o variazioni
del potenziale di membrana. La recente individuazione di mutazioni
nei geni codificanti subunità di canali voltaggio-dipendenti del sodio,
del potassio e del cloro, di recettori per l’acetilcolina e per il GABA
in alcune forme di epilessia hanno confermato gli studi sperimentali
e permettono di inserire oggi alcune forme di epilessia idiopatica
tra le canalopatie. Tuttavia l’implicazione dei canali ionici in forme
molto rare e ad ereditarietà esclusivamente autosomica dominante
impone cautela nell’estendere il concetto di canalopatie a tutte le
epilessie idiopatiche. Ad oggi infatti le basi genetiche delle forme
comuni di epilessia idiopatica a ereditarietà complessa sono ignote.
Un altro impatto importante è relativo proprio alla pratica clinica
quotidiana. I dati epidemiologici rilevano che sindromi clinicamente
diverse ricorrono nelle stesse famiglie, indicando l’esistenza di fattori ereditari comuni. L’identificazione di mutazioni – ad esempio in
SCN1A, SCN1B, GABRG2 –, associate a diversi fenotipi in famiglie
caratterizzate da fenotipi diversi conferma le osservazioni epidemiologiche che le diverse sindromi si sviluppano dall’azione concomitante di fattori ereditari e background individuale.
Relativamente alle nostre conoscenze, la genetica ha, inoltre, posto
l’attenzione su specifici fenotipi familiari successivamente validati
come nuove forme sindromiche, quali l’epilessia mioclonica benigna
familiare dell’adulto, le crisi infantili benigne familiari e l’epilessia
autosomica dominante del lobo temporale mesiale e laterale.
Le epilessie genetiche
Un’epilessia genetica può essere sospettata sulla base di specifiche
caratteristiche cliniche, anamnestiche ed esami strumentali, quali:
• sintomi e segni tali da definire una specifica sindrome epilettica;
• dismorfismi facciali o somatici;
• anomalie congenite;
• arresto, regressione o ritardo di sviluppo psicomotorio;
• pattern EEG specifico;
• RM peculiare;
• resistenza al trattamento.
Le epilessie genetiche sono state suddivise in encefalopatie epilettiche dell’età evolutiva ed epilessie benigne dell’età evolutiva
Le encefalopatie epilettiche (EE) dell’età evolutiva
Le EE sono condizioni in cui l’epilessia causa o concorre a causare o
aggravare il deterioramento cognitivo e/o comportamentale del soggetto (Berg et al., 2010). Nelle EE più geni possono presentare un quadro epilettologico analogo, in associazione o meno a segni e sintomi distintivi sia a carico del sistema nervoso centrale che non (Mastrangelo
e Leuzzi, 2012). Allo stesso modo diverse mutazioni nello stesso gene
possono causare epilessie meno catastrofiche o non causare epilessia
affatto, ma esprimersi con altri disturbi a carico del sistema nervoso
centrale, quale il ritardo mentale, deficit di attenzione, disturbi comportamentali (Tavyev Asher e Scaglia, 2012; Olson et al., 2014)
Nella Tabella IV sono state riportate le caratteristiche principali di alcune delle più frequenti encefalopatie epilettiche, ordinate secondo
l’età d’esordio e non secondo raggruppamento sindromico. Si sono
volutamente escluse le encefalopatie miocloniche precoci da causa
metabolica (EME), per le quali si rimanda a OMIM (omim.org), perché
la loro evoluzione non è dovuta al tipo di encefalopatia epilettica di
per sé, ma alla malattia metabolica che le sottende.
230
Sindrome di Ohtahara (SO) e l’encefalopatia mioclonica
precoce (EME)
Le encefalopatie ad esordio neonatale o precoce si configurano in
particolare in due sindromi, la sindrome di Ohtahara (SO) e l’encefalopatia mioclonica precoce (EME), raggruppate sotto la sigla EIEE
(Early Infantile Epileptic Encephalopathy).
Sindrome di Ohtahara (SO)
La SO è caratterizzata da crisi toniche ad esordio precocissimo (dai
primi giorni di vita fino ai 3-4 mesi), accompagnate da “burst-suppression” (BS) all’EEG (Nordli, 2012). Le crisi sono brevi, 10 secondi
circa, e possono presentarsi isolate o in cluster, sia in sonno che
in veglia. La sindrome si associa invariabilmente a deterioramento
dello sviluppo psicomotorio, resistenza ai farmaci, cattiva prognosi,
e anche evoluzione in sindrome di West (SW).
ARX è un gene tipicamente associato alla SO e a vari altri segni. La
gravità del quadro spesso ma non univocamente correla con il numero e la sede di polialanine espanse, causando quadri diversi (SW
e crisi miocloniche) (Mastrangelo e Leuzzi, 2012).
MECP2 quando mutato nei maschi (Kamien et al., 2012) e FOXG1
sono responsabili di quadri encefalopatici precoci con ritardo mentale, disturbi del movimento e alterazioni aspecifiche alla risonanza
magnetica (Noh et al., 2012).
Mutazioni in CDKL5 si manifestano precocemente (prima dei 3 mesi),
sebbene raramente configurino un pattern BS vero e proprio all’EEG,
presentano crisi toniche corrispondenti a diffuso appiattimento del
tracciato seguito da anomalie focali (Bahi-Buisson et al., 2008).
Il gene stxbp1 causa circa 10-30% dei casi di SO (Kamien et al.,
2012), si associa a ritardo mentale grave, neuroimaging normale
o con ipomielinizzazione aspecifica e vari disturbi del movimento
dall’atassia alle discinesie (Mastrangelo e Leuzzi, 2012).
PNKP codifica per una proteina coinvolta nella riparazione del DNA,
si esprime attraverso mutazioni omozigoti o eterozigoti composte
che portano a quadri di microcefalia, ritardo mentale e SO (Mastrangelo e Leuzzi, 2012; Olson et al., 2014). Altri tipi di mutazioni a carico
di questo gene possono dare quadri più lievi o non presentare epilessia affatto (Tavyev Asher e Scaglia, 2012).
SCN2A e KCNQ2, geni codificanti per canali ionici, presentano un
overlap con sindromi benigne e sono coinvolti anche in quadri chiaramente encefalopatici associati o meno ad anomalie alla neuroimaging, ritardo mentale, disturbi comportamentali e del movimento
(Tavyev Asher e Scaglia, 2012).
Infine, una disregolazione dei geni ARHGEF9, SRGAP2 e MEFC2 si
manifesta tramite quadri di encefalopatia epilettica ad inizio precoce
e prognosi peggiore di quanto non succeda quando la mutazione
non comporti disregolazione (Tavyev Asher e Scaglia, 2012). Con il
sempre maggior impiego delle tecniche avanzate di sequenziamento dell’esoma è stato inoltre possibile evidenziare il coinvolgimento
di altri geni in singoli casi: KCNT1 e PIGQ1 (Martin et al., 2014),
il gene CASK associato a ipoplasia pontocerebellare (Saitsu et al.,
2012) e il gene BRAT1 che comporta anche microcefalia e dismorfismi (Saitsu et al., 2014)
Encefalopatia mioclonica precoce (EME)
L’EME è caratterizzata da un esordio precoce (entro i tre mesi di
età), mioclonie parcellari spesso associate a crisi parziali erratiche,
raramente spasmi o mioclonie massive con pattern a BS all’EEG.
Questo aspetto è più evidente in sonno. La prognosi è grave o infausta, non tende ad evolvere in altre sindromi epilettiche definite e
la presenza di BS persiste all’EEG (Ohtahara e Yamatogi, 2006). Le
La genetica delle epilessie e le epilessie genetiche
cause individuate si basano su vari deficit metabolici. Non vi sono
anomalie strutturali specifiche alla neuroimaging. Riportare tutti i
geni dei difetti biochimici meriterebbe una trattazione dedicata e ci
limiteremo a citarne solo alcuni individuati recentemente. Tra questi si segnalano mutazioni del gene SCL25A22, che codifica per un
trasportatore mitocondriale del GABA e che associa EME, microcefalia, retinite pigmentosa e ipotonia (Noh et al., 2012; Tavyev Asher
e Scaglia, 2012), mutazioni del gene PNPO (17q21.32), codificante
per la piridossamina ossidasi, che può dare quadri di EME e che
rispondono alla supplementazione con piridossal-fosfato (Noh et
al., 2012), mutazioni a carico di ALDH7A1 (5q23.2), che può dare
ipotonia, ipoplasia cerebellare, atrofia cerebrale diffusa e corpo calloso assottigliato oltre a crisi precoci che rispondono a piridossina e
folati (Noh et al., 2012) e, infine, mutazioni del gene TBC1D24, che
codifica per una proteina coinvolta nel trasporto vescicolare e che
possono dare quadri analoghi (Olson et al., 2014).
Tabella IV.
Encefalopatie epilettiche e relativi geni candidati.
Età media
di esordiorange
Neonatale o
early infantile
ovvero primi
mesi da
lattante (01/3-4 mese)
Tipo di crisi/
Sindrome
Caratteristiche EEG
Evoluzione
Gene (nome)
Localizzazione cromosomica
Modalità di trasmissione
Tipo di mutazioni
Funzione
della
proteina
Note
< 4 mesi
Crisi toniche,
spasmi- Sindrome
di Ohtahara
Non specifiche burst
suppression, attività
disorganizzata, anomalie
multifocali
Prognosi negativa
ARX (aristaless-related homeobox )
Xp22.13
XR
Mutazioni puntiformi, delezioni /
duplicazioni di triplette.
Fattore di
regolazione della
trascrizioneespansione
polyA
ruolo nella
migrazione e
differenziazione
cellulare
Gravità del quadro
dipenderebbe
dal numero e
sede polialanine
in sovranumero;
mutazioni troncanti
< 6 mesi
Encefalopatia
precoce con
crisi convulsive
ricorrenti
EEG intercritico normale
Negativa,
cambiano le crisi,
evolve in S. di
West, permane
un’ epilessia
farmacoresistente
e ritardo mentale
CDKL5 (cyclin dependent kinase
like5)
Xp22.13
XD
Mutazioni specifiche, delezioni /
duplicazioni, copy number variant
Non chiarita.
Recentemente
dimostrato che
non agisce allo
stesso modo del
MecP2
Quadri più gravi nelle
mutazioni troncanti
che coinvolgono il
dominio catalitico
Primi mesi
di vita
Sindrome di
Ohtahara crisi
toniche
Burst suppression
Negativa
STXBP1
9q34.1
AD
Mutazioni eterozigoti missense,
troncanti, microdelezioni
Proteina
coinvolta nel
rilascio sinaptico
di vescicole
Crisi toniche
Burst suppression
PNKP
19q13.33
AR
Mutazioni puntiformi, di clivaggio
Enzima coinvolto
nella riparazione
del DNA
Crisi toniche
Burst suppression atipica
Evoluzione verso
sindrome di West
SRGAP2
Rottura del gene per traslocazione
bilanciata
Implicato nella
migrazione
neuronale
Crisi toniche +
iperekplexia
Negativa
ARHGEF9
Mutazioni missense, “rottura” del
gene per traslocazioni bilanciate,
microdelezioni
Cofattore per
lo scambio
di guanine
nella divisione
cellulare;
clustering di
recettori inibitori
post-sinaptici
Toniche e tonicocloniche
Negativa
FOXG1
14q13
AD
Mutazioni puntiformi, delezioni
Fattore di
trascrizione
coinvolto
nello sviluppo
telencefalico
Negativa, riportato
exitus precoce
MECP2
Xq28
XD-fenomeni di inattivazione alterata
Mutazioni puntiformi, microdelezioni
Regolatore della
trascrizione,
necessario alla
maturazione
cerebrale.
Quadro precoce nei
maschi e letale
MEF2C
5q14.3
Rottura del gene per traslocazione
Migrazione e
differenziazione
neuronale
Alterazioni nella
regolazione
dell’espressione
genica di MEF2C
KCNQ2
20q13.33
AR
Mutazioni missense
Canale potassio,
proteina
transmembrana
Stesso gene
coinvolte
nell’epilessia
neonatale benigna
>3 mesi
Prima
settimana
di vita
Crisi toniche
associate o meno
a componente
clonica focale
(arto, volto) e
apnea
Attività di fondo asincrona
con burst suppression
o attività epilettiforme
multifocale
Le crisi possono
risolversi verso
i tre anni ma il
ritardo cognitivo
permane
Altre mutazioni
danno quadri più lievi
I casi con “gain of
function” sembrano
più gravi
segue Tab. IV
231
G. Gobbi et al.
continua Tab. IV
Età media Tipo di crisi/
di esordio- Sindrome
range
Lattante e
Prima Infanzia
(1 mese - 2
anni)
Caratteristiche EEG
< 6 mesi
Epilessia parziale a
crisi migranti
<6
Encefalopatie
con Spasmi
Infantili
Encefalopatia
precoce con
crisi convulsive
ricorrenti
EEG intercritico normale
Spasmi infantili
Ipsaritmia
Crisi toniche
e miocloniche
resistenti alla
terapia
Anomalie focali e multifocali,
attività lenta ampio voltata,
attività theta diffusa, ritmi
pseudo periodici
Crisi toniche
spasmi infantili
Ipsaritmia
Crisi toniche e
spasmi infantili
Spasmi infantili
Ipsartimia
Spasmi infantili
Ipsartimia
Evoluzione
Gene (nome)
Localizzazione cromosomica
Modalità di trasmissione
Tipo di mutazioni
Funzione
della
proteina
Note
KCNT1
Mutazioni puntiformi “gain of
function”
Sottofamiglia T
dei canali del
potassio
Gain of function,
gene coinvolto anche
in ADNFLE
Negativa
CDKL5 (cyclin dependent kinase
like5)
Xp22.13
XD
Mutazioni specifiche, delezioni/
duplicazioni, copy number variant
Non chiarita.
Recentemente
dimostrato che
non agisce allo
stesso modo del
MecP2
Negativa
STXBP1
9q34.1
AD
Mutazioni eterozigoti missense,
troncanti, microdelezioni
Proteina
coinvolta nel
rilascio sinaptico
di vescicole
Negativa
plcbeta1
20p12.3
AR
Enzima coinvolto
nei segnali
cellulari
Delezione omozigote
nella regione
promoter
Negativa
ARX (aristaless-related homeobox )
Xp22.13
XR
Analisi di sequenza, mutazioni
specifiche, delezioni/duplicazioni.
Fattore di
regolazione della
trascrizioneespansione
polyA
ruolo nella
migrazione e
differenziazione
cellulare
Gravità del quadro
dipenderebbe
dal numero e
sede polialanine
in sovranumero;
mutazioni troncanti
SPTAN1
9q33-34
AD
Mutazioni puntiformi, delezioni,
mutazioni “disruption”
Proteina del
citoscheletro
coinvolta
nella stabilità
assonale
In alcuni casi
l’ipomielinizzazione
migliora con il
tempo.
MAGI2
7q11.23-q21.1
Impalcatura
cellulare per
recettori pre e
post sinaptici
scn1a
2q24.3
AD
Mutazioni puntiformi, delezioni
Subunità alfa del
canale del sodio,
varie mutazioni,
diminuisce
l’attività
inibitoria del
GABA con
conseguente
aumento della
suscettibilità
neuronale
Possibili geni
modulatori, (SCN8A),
(CACNB4), (SCN9A)
pcdh19
Xq22
Proteina di
membrana
che controlla
l’adesione
cellulare
Gene mutato anche
in pazienti epilettici
senza ritardo
mentale e in FIRES
Spasmi infantili
Sindrome di
Dravet: Crisi
polimorfe
emicloniche,
miocloniche,
assenze atipiche,
suscettibilità agli
stati febbrili.
6-36 mesi
Seconda
Infanzia e
oltre (2 anni-5
anni)
Punte e polipunte onda
generalizzata su progressivo
rallentamento dell’attività
di fondo
Variabile ma in
maggioranza
persistenza delle
crisi e ritardo
cognitivo
EFMR: Diversi tipi
di crisi febbrili e
afebbrili
Sindrome di
Lennox Gastaut
(crisi frontali
notturne, atoniche
assenze atipiche)
Attività di fondo lenta
anomalie multifocali,
scariche di punta onda lente,
attività rapida generalizzata
parossistica
Negativa
ESES
Punte-onda generalizzate
continue nel sonno lento
Permane deficit
cognitivo
GRIN2A
16p13.2
AD
Mutazioni puntiformi, troncanti e
di clivaggio
Sindrome di
Landau-Kleffner
Anomalie continue sulle
regioni temporo-parietali
Permane deficit di
linguaggio
GRIN2A
16p13.2
AD
Abbreviazioni. AD: autosomica dominante; AR: autosomica recessiva; XD: X-linked dominante; XR: X-linked recessiva
232
La genetica delle epilessie e le epilessie genetiche
Sindrome di West (SW)
La SW insorge al 6° mese di vita (4-8 mesi) ed è caratterizzata dalla
triade: spasmi tonici in flessione di solito in cluster, quadro EEG di
ipsaritmia, regressione psicomotoria. Può essere l’evoluzione di una
SO o costituire una fase transitoria di una forma EME. Può evolvere
in sindrome di Lennox-Gastaut (SLG).
Il gene CDKL5 e il FOXG1dopo un esordio più precoce e aspecifico
possono presentarsi con quadro tipico di SW nelle fasi successive di
malattia (Bahi-Buisson et al., 2008; Noh et al., 2012).
Il gene ARX sarebbe responsabile di circa 5% dei casi maschili di
SW (Kamien et al., 2012), associando anche distonia e disturbi dello
spettro autistico (Mastrangelo e Leuzzi, 2012). Analogamente, STXBP1
causa SO ma anche SW (Noh et al., 2012) senza peraltro mostrare
anomalie specifiche alla neuroimaging (Mastrangelo e Leuzzi, 2012).
Altri geni candidati per la SW sono SPTAN1, PNKP, St3gal3, MAGI1
e PLCβ1 (Mastrangelo e Leuzzi, 2012; Tavyev Asher e Scaglia, 2012;
Edvardson et al 2013).
Epilessia parziale maligna a crisi migranti (MMPSI)
La MMPSI è caratterizzata da crisi focali polimorfe e arresto dello
sviluppo psicomotorio nei primi sei mesi di vita. Le crisi sono tipicamente farmacoresistenti e le scariche epilettiformi si evidenziano
in varie aree di entrambi gli emisferi, “migrando” da una regione
all’altra dell’encefalo. Non sono evidenti anomalie strutturali alla
neuroimaging all’esordio e può mostrare successivamente assottigliamento del corpo calloso e ipomielinizzazione. Entrambi i sessi
sono coinvolti in egual misura. Mutazioni che aumentano la funzione
del gene KCNT1 sono state recentemente individuate in pazienti con
questa sindrome (Barcia et al., 2012). Il gene codifica per un canale
del potassio ed è stato già identificato in pazienti con epilessia del
lobo frontale con crisi notturne autosomica dominante (ADNFLE). Altri autori riportano il possibile coinvolgimento di SCN8A ma non è
chiaro se come agente eziologico o come gene modulatore in quanto il gene KCNT1 non è stato contemporaneamente saggiato (Ohba
et al., 2014). Altro gene coinvolto è il TBC1D24 (Olson et al., 2014)
e ulteriori report di casi aneddotici implicano mutazioni di SCN1A
associati a dismorfismi (Carranza Rojo et al., 2011; Freilich et al.,
2011), SCN2A (Dhamija et al., 2013) oppure SCL25A22 con un quadro decisamente severo e decesso precoce (Poduri et al., 2013).
Sindrome di Dravet (SD)
La SD si presenta tipicamente con crisi prolungate febbrili generalizzate o emicloniche nel primo anno di vita (6 mesi), e prosegue con
crisi polimorfe, generalizzate (miocloniche e assenze atipiche) oppure parziali, mentre l’EEG intercritico è poco significativo. I bambini,
che solitamente hanno sviluppo psicomotorio regolare all’esordio,
vanno incontro ad arresto delle acquisizioni di varia entità (www.
epilepsydiagnosis.org). Nella maggioranza dei casi, è associata a
mutazioni nel gene SCN1A (2q24.3- AD) codificante per il canale
del sodio neuronale. Le mutazioni sono generalmente puntiformi ma
possono esserci anche delezioni o duplicazioni. La maggioranza dei
casi è data da mutazioni de novo. L’indagine va condotta anche nei
genitori al fine di stabilire il rischio di ricorrenza (Noh et al., 2012,
Mastrangelo e Leuzzi, 2012). La gravità del quadro sembra essere
più accentuata nelle mutazioni troncanti, ma una chiara correlazione genotipo fenotipo non è stabilita (Tavyev Asher e Scaglia, 2012).
Inoltre, lo stesso gene può essere mutato anche in forme benigne
di epilessia. La positività all’indagine genetica in questo caso riveste
anche un’importanza terapeutica in quanto esiste una specifica indicazione terapeutica (stiripentolo, acido valproico, benzodiazepine,
levetiracetam, topiramato e dieta chetogena) e una specifica controindicazione per farmaci con azione sui canali del sodio (lamotirigina, fenitoina, vigabatrin, oxcarbazepina e carbamazepina) (Noh et
al., 2012). Anche i geni SCN2A, SCN8A, SCN9A e CACNA1A sono stati riscontrati mutati in alcuni casi di SD, ma con un ruolo verosimilmente di “gene modificatore” e in senso peggiorativo (Mastrangelo
e Leuzzi, 2012; Ohmori et al., 2013, Mulley et al., 2013). Si sta profilando sempre di più il fenotipo legato al gene CHD2 caratterizzato
dalla prevalenza di crisi miocloniche e che sembra non sovrapporsi
alla SD (Suls et al 2013), quasi a indurre a ritenerla una forma a sé
stante. SCN1B è stato identificato in alcuni casi casi di DS, ma uno
studio multicentrico recente ha dimostrato che non si possa ritenere rilevante nella maggioranza dei casi (Kim et al., 2013). Altri geni
coinvolti sono GABRA1 e STXBP1 (Carvill et al., 2014). Certamente
l’impiego sistematico delle nuove tecniche aiuterà a chiarire l’evidente variabilità genetica e gli effetti delle mutazioni dei vari geni
(ovvero l’impatto di un meccanismo poligenico nelle varie forme di
epilessia).
Sindrome di Lennox-Gastaut (LGS)
Vi sono altre forme di epilessia tipiche di questa fascia di età per le
quali però non sono stati ritrovati dei geni specifici al momento. La
LGS esordisce tra i 2 e i 5 anni, in un terzo dei soggetti preceduta
da SW e si esprime con crisi toniche notturne, assenze atipiche,
crisi di caduta e raramente crisi miocloniche, arresto e regressione
dello sviluppo cognitivo, turbe comportamentali in età tardo infantile e adolescenziale (www.epilepsydiagnosis.org). Anche se non vi
sono report di geni specifici, è da tener presente che molti pazienti
manifestano prima la SW e ancor prima la SO e di conseguenza
l’eziologia genetica è responsabile anche della LGS (Nordli, 2012). Vi
sono alcuni report di mutazione del gene CHD2 (Lund et al., 2014) di
pazienti con SLG atipica.
Sindrome di Doose o epilessia mioclono-astatica (PMMA)
La PMMA si manifesta tra i 6 mesi e i 6 anni di età. Spesso le crisi
febbrili e le crisi tonico-cloniche generalizzate precedono la comparsa di episodi mioclono-astatici e atonici. I maschi sono più colpiti e i
soggetti non hanno deficit neurologici o cognitivi all’esordio, mentre
possono svilupparli successivamente. All’EEG si osservano scariche
generalizzate di punte e polipunte onda (www.epilepsydiagnosis.
org). Nonostante numerosi studi e una certa ricorrenza familiare di
sindromi epilettiche non è stato possibile individuare dei geni specifici della PMMA. Mutazioni dei geni SCN1A e GABRG2 o SCL2A1
sono state descritte, ma con ruolo da definire (Tang e Pal, 2012).
Sindrome di Landau Kleffner (LKS) e encefalopatia epilettica
con punte onda continue nel sonno (ESES/CSWS)
La LKS, afasia acquisita dai 2 agli 8 anni con o senza crisi epilettiche ma con anomalie epilettiformi sulle regioni temporoparietali, e
l’ESES(CSWS), caratterizzata da regressione cognitiva e turbe comportamentali associate al tipico quadro EEG di POCS con o senza
franche crisi epilettiche, sono risultate associate in alcuni casi a
mutazioni del gene GRIN2A (Olson et al., 2014).
Encefalopatia epilettica da mutazione del gene PCDH19
L’encefalopatia epilettica da mutazione del gene PCDH19, codificante per la protocaderina, ha caratteristiche distintive. Le crisi polimorfe, febbrili e afebbrili, insorgono tra i 6 e i 36 mesi di età, associandosi a vari gradi di ritardo mentale e turbe del comportamento
(Tavyev Asher e Scaglia, 2012).
233
G. Gobbi et al.
Altre encefalopatie epilettiche in corso di definizione sindromica
Progressivamente con la diffusione dell’impiego delle moderne tecniche di sequenziamento del DNA, si aggiungono nuovi geni a questo elenco e si espandono i fenotipi correlati ai geni già noti.
HCN1, che codifica per un canale a iperpolarizzazione attivata da
nucleotidi ciclici, è stato allo stesso modo identificato come agente
eziologico in soggetti con fenotipo simil-Dravet, privi di mutazioni di
SCN1A o PCDH19, che presentano crisi polimorfe febbrili o afebbrili precocemente e successivamente assenze atipiche con o senza
mioclonie, crisi parziali, ritardo mentale a vario grado e disturbi comportamentali (Nava et al., 2014).
Mutazioni nel gene SYNGAP1 portano ad un esordio di crisi compreso tra i 6 mesi e i 3 anni. Gli eventi critici sono polimorfi e i soggetti
presentano regressione con outcome sfavorevole che sfocia in ritardo mentale moderato o severo (Carvill et al., 2013). Mutazioni a
carico dello stesso gene erano state rinvenute in popolazioni con
ritardo mentale ed epilessia controllata dalla terapia. In effetti SYNGAP1 si candida come potenziale eziologia genetica per le epilessie generalizzate, in quanto i pazienti hanno mostrato epilessia con
assenze miocloniche, crisi tonico cloniche generalizzate febbrili e
afebbrili, crisi atoniche e assenze atipiche controllate o meno dalla
terapia farmacologia, ma invariabilmente associate disturbi cognitivi, dell’attenzione o dello spettro autistico.
arti e delle braccia) cui può seguire secondaria generalizzazione.
Non vi sono fenomeni postictali. Solo in un terzo dei casi s’instaura
una certa farmacoresistenza.
Le epilessie benigne dell’età evolutiva
Vengono definite epilessie benigne quelle epilessie che presentano
un buon outcome in termini clinici, terapeutici (buona farmacoresponsività) e di sviluppo cognitivo.
Anche nello studio genetico delle epilessie benigne non è possibile
definire una relazione lineare tra fenotipo e genotipo, e viceversa
(eterogeneità genetica) (Allen et al., 2014).
Nella Tabella V sono riassunte le caratteristiche principali delle epilessie benigne per le quali sono noti geni candidati.
Esordio nella prima infanzia con crisi miocloniche brevi con coinvolgimento del capo, degli occhi, degli arti superiori e più raramente inferiori
(in quest’ultimo caso possono causare occasionali cadute), senza compromissione del contatto. Le crisi possono comparire isolate o in brevi
grappoli. Lo sviluppo psicomotorio è nella norma (Afawi et al., 2013).
Crisi neonatali benigne familiari BFNSs/neonatali-infantili
benigne familiari BFNISs /infantili benigne familiari BFISs
Costituiscono il paradigma delle epilessie benigne per eccellenza
(Specchio e Vigevano, 2006). Differiscono tra loro per l’età di esordio
(pochi giorni di vita, entro i 6 mesi e dopo i 6 mesi rispettivamente). Le
BFNSs sono caratterizzate da crisi focali di breve durata (1-2 minuti)
che possono ricorrere anche con grande frequenza (fino a 30 al giorno). Molte crisi iniziano con un’attività motoria di tipo clonico con apnea, cui fanno seguito vocalizzi, movimenti oculari, segni autonomici,
automatismi motori e clonie focali o generalizzate. Le crisi si risolvono
spontaneamente in genere entro 1-6 mesi dall’esordio (comunque
entro l’anno di vita). Le BFNISs sono caratterizzate da crisi di brevissima durata (inferiore al minuto) che possono ricorrere anche con
frequenza pluriquotidiana. Sono caratterizzate perlopiù da crisi tonicocloniche e recedono spontaneamente entro il primo anno di vita. Le
BFISs presentano caratteristiche cliniche sovrapponibili. Talvolta può
essere indicata la terapia farmacologica con ottima risposta clinica
(Weckhuysen et al., 2013; Zara et al., 2013; Matalon et al., 2014).
Epilessia notturna autosomica dominante del lobo frontale
È stata la prima sindrome focale autosomica dominante, ereditata
da singolo gene a essere descritta. Si manifesta nella tarda infanzia
e in circa il 90% dei casi prima dei 20 anni, può persistere fino
all’età adulta. Le crisi si manifestano durante il sonno o subito prima
del risveglio, sono molto frequenti, quasi ogni notte, e sono caratterizzate da crisi di tipo ipermotorio (improvvisi, bruschi e afinalistici
cambiamenti di posizione, sobbalzi, movimenti di pedalamento degli
234
Epilessia familiare del lobo temporale
Esordisce tra l’infanzia e l’età adulta con una netta prevalenza in
adolescenza. Le crisi sono focali, caratterizzate da un’aura uditiva
con talora con secondaria generalizzazione. Non sono evidenti anomalie strutturali cerebrali, il decorso è benigno e spesso resta non
diagnosticata.
Per contro ancora scarsi e non univoci i dati sulle forme mesiali, con
o senza sclerosi dell’ippocampo.
Epilessia Genetica con Convulsioni Febbrili Plus (Generalized
Epilepsy Febrile Seizures plus GEFS+)
Descritta nel 1997 dalla scuola australiana si caratterizza per la
coesistenza in più membri di una stessa famiglia di fenotipi clinici differenti, quali convulsioni afebbrili generalizzate o parziali, crisi
tonico-cloniche, assenze, crisi mioclono astatiche, crisi miocloniche
o atoniche. La sindrome delle CFplus è caratterizzata anche dalla
ricorrenza di CF oltre i 6 anni di età e dalla coesistenza di convulsioni
afebbrili di tipo tonico-clonico (Piro et al., 2011).
Epilessia mioclonica familiare infantile (FIME)
Epilessie generalizzate idiopatiche (IGEs)
Comprendono fenotipi clinici differenti, di cui i quattro più noti sono l’epilessia con assenze dell’infanzia (CAE-Piccolo male), l’epilessia giovanile
con assenze (JAE), l’epilessia mioclonica giovanile (JME-Sd di Janz) e
l’epilessia generalizzata idiopatica con fenotipi variabili (GTCS at randomy). Queste condizioni possono coesistere all’interno della stessa
famiglia e manifestarsi persino nello stesso individuo (Fig. 2).
Figura 2.
La comorbidità dei sottofenotipi delle diverse forme di epilessie generalizzate idiopatiche (IGEs) suggerisce in tali forme la condivisione dei
fattori di suscettibilità genetica. CAE: epilessia con assenze dell’infanzia; JAE: epilessia con assenze giovanili; JME: epilessia mioclonica giovanilE; GTCS: epilessia con crisi generalizzate “at random”.
La genetica delle epilessie e le epilessie genetiche
Tabella V.
Epilessie benigne e relativi geni canditati.
Epilessia
Crisi Neonatali Benigne
Familiari
(BFNSs)
Età media di
esordio
Primi giorni di vita
(epoca neonatale)
Benigna (remissione
entro l’anno di vita)
Da pochi giorni ai
6 mesi
Tonico/cloniche-focali, atoniche
di brevissima durata (meno di
10 sec)
Benigne (remissione
spontanea entro
il primo anno di
vita, nessuna altra
crisi nel follow-up
successivo)
Da pochi giorni ai
6 mesi
Clusters di crisi focali o tonicocloniche
Tra i 3 e gli 8 mesi
di età
Crisi tonico-cloniche.
Tra i 4 e gli 8 mesi
di età
Gene
Localizzazione
cromosomica
Modalità di
trasmissione
Funzione
della
proteina
Note
KCNQ2
20q13.33
AD
Canale voltaggiodipendente
del potassio,
sottofamiglia KQTlike, tipo 2
KCNQ3
8q24.22
AD
Canale voltaggiodipendente
del potassio,
sottofamiglia KQTlike, tipo 3
SCN2A
2q24.3
AD
Canali del Sodio
voltaggio dipendente,
sub unità alfa, tipo 2
KCNQ2
20q13.33
AD
Canale voltaggiodipendente
del potassio,
sottofamiglia KQTlike, tipo 2
Benigna (non
modifica della
prognosi con FAE)
SCN2A
2q24
Canali del Sodio
voltaggio dipendente,
sub unità alfa, tipo 2
Anche in EEEI 11
OMIM#613721
Crisi focali /tonico-cloniche.
Alcune sporadiche descrizioni di
crisi febbrili al follow-up (intorno
ai 12-18 mesi)
Benigna (talvolta
terapia nel primo
anno con CBZ, VPA
0 PB)
PRRT2
16p11.2
AD
Proteina 2
transmembrana ricca
di prolina
Con o senza coreoatetosi
parossistica
OMIM# 602066
Discinesia chinesigenica
periodica OMIM#128200
Tra i 3 e gli 8 mesi
di età (6 mesi
mediamente)
Crisi focali con generalizzazione
secondaria (deviazione del capo
e degli occhi, ipertono diffuso
e cianosi, seguiti da clonie
bilaterali)
Benigna
KCNQ2
20q13.33
AD
Canale voltaggiodipendente
del potassio,
sottofamiglia KQTlike, tipo 2
tra i 3 e gli 8 mesi di
età (intorno ai 6 mesi)
Crisi brevi, della durata di circa 2
min, pluriquotidiane in clusters.
Spesso focali (ma possono
anche essere generalizzate) con
ipertono diffuso (associato a
scosse agli arti) e deviazione del
capo o staring con pdc e cianosi
Benigne con
completo controllo
delle crisi con VPA
PB o CBZ. L a terapia
può solitamente
essere sospesa
tra 1-3 anni di età
(al follow-up non
epilessia, né crisi
febbrili)
KCNQ3
8q24.22
AD
Canale voltaggiodipendente
del potassio,
sottofamiglia KQTlike, tipo 3
ATP1A2
1q23.2
AD
ATPasi, trasportatore
Na/K, polipeptide
alfa 2
CHRNA4
20q13.33
AD
Recettore colinergico,
Nicotinico, Alfa 4
tipo 2
OMIM # 121201
Crisi Infantili Benigne
Familiari
(BFISs)
Evoluzione
(benigna/
maligna)
Crisi toniche pluriquotidiane
seguite talvolta da una
fase clonica generalizzata.
Solitamente crisi brevi e
frequenti, talvolta in grappoli
caratterizzate da deviazione
del capo e degli occhi, staring,
cianosi.
tipo 1
OMIM #121200
Crisi Neonatali-Infantili
Benigne Familiari
(BFNISs)
Tipo principale
di crisi
Anche in EEEI 7
OMIM#613720
Anche in EEEI 11 OMIM
#613721
tipo 3
OMIM# 607745
tipo 2
OMIM# 605751
Crisi Infantili Benigne
Familiari
con emicrania
emiplegica familiare
OMIM#602481
Epilessia Notturna del
Lobo Frontale
età infantile
Frequenti, improvvise brusche
crisi caratterizzate da movimenti
afinanilistici durante il sonno
Solitamente le crisi
persistono fino all’età
adulta
tipo 1
OMIM# 600513
tipo 2
OMIM#603204
15q24
AD
tipo 3
OMIM# 605375
CHRNB2
1p21.3
AD
Recettore colinergico,
Nicotinico, Beta 2
tipo 4
OMIM# 610353
CHRNA2
8p21.2
AD
Recettore colinergico,
Nicotinico, Alfa 2
segue Tab. V
235
G. Gobbi et al.
continua Tab. V
Epilessia
Epilessia Genetica con
Convulsioni Febbrili
Plus (GEFS+)
Età media di
esordio
Tipo principale
di crisi
Crisi tra i 6 mesi ed i
6 anni. Caratteristica
persistenza delle crisi
febbrili oltre i 6 anni
Ampio spettro di fenotipi (Crisi
generalizzate associate a febbre,
crisi tonico-cloniche, crisi
parziali, assenze)
tipo 2
OMIM# 604403
Evoluzione
(benigna/
maligna)
Generalmente
benigna (2-7% dei
bambini sviluppano
crisi afebbrili nel
corso della vita)
Gene
Localizzazione
cromosomica
Modalità di
trasmissione
SCN1A
2q24.3
AD
Funzione
della
proteina
Canali del Sodio
voltaggio dipendenti,
Subunità alfa, tipo 1
Note
Anche in Sindrome
Dravet OMIM# 607208
FEB 3A OMIM# 604403
Emicrania emiplegica
familiare
OMIM#609634
tipo 1
OMIM# 604233
SCN1B
19q13.12
AD
Canali del Sodio
voltaggio dipendenti,
sub unità beta, tipo 1
SCN2A
2q24.3
AD
Canali del Sodio
voltaggio dipendente,
sub unità alfa, tipo 2
Anche in EEEI 11OMIM
#613721
tipo 7
OMIM# 613863
SCN 9A
2q24.3
Canali del Sodio
voltaggio dipendenti,
sub unità alfa, tipo IX
Anche FEB 3B
OMIM#613863
tipo 3
OMIM# 611277
GABR G2
5q34
AD
Recettore del GABAa,
sub unità gamma,
tipo 2
Anche FEB 8 OMIM#
611277
Epilessia a tipo assenze
infantili
OMIM# 607681
tipo 5
OMIM# 613060
GABR D
1p36.33
AD
tipo 4
OMIM#609800
2p2
tipo 8
OMIM#613828
6q16.3-q 22.31
AD
tipo 6
OMIM#612279
8p23-p21
Recettore del GABAa,
sub unità delta
Descritto anche nelle
Epilessie Idiopatiche
Generalizzate e nelle
Epilessie miocloniche
giovanili OMIM#613060
Anche in EEEI 16
OMIM# 615338
Epilessia mioclonica
familiare infantile
(FIME)
OMIM# 605021
Prima infanzia
Esordio con crisi miocloniche, CF
e Crisi tonico-cloniche
Benigne con buona
risposta ai FAE
TBC1D24
16p13.3
TBC 1 domain family,
Tipo24
Epilessia Familiare del
Lobo Temporale
tipo 1
OMIM#600512
Esordio tra gli 8 ed i
19 anni
Crisi parziali originate dal lobo
temporale, spesso associate a
sintomi sensoriali (più stesso
di natura uditiva ma anche
olfattiva, visiva o a tipo vertigini),
autonomici (gastrici/epigastrici,
tachicardia) e/o fisico-emotivi
(paura, depersonalizzazione
dejavu)
Evoluzione benigna.
Solitamente posti
in terapia con PHE
o CBZ
LGI 1
10q23.33
AD
Leucine-rich gene,
glioma inactivated, 1
Epilessia Mioclonica
giovanile (Sd di Janz)
Età adolescenziale (II
decade di vita)
Presenza di grappoli mioclonici
massivi al risveglio talvolta
associate ad assenze atipiche
Buon controllo delle
crisi con terapia
(VPA).
GABRA 1
5q34
AR
Recettore GABA,
alfa 1
OMIM#611136
Anche in EEEI19
OMIM#615744
Anche epilssia a
tipo assenze infantili
OMIM#611136
OMIM#254770
Epilessia generalizzata
idiopatica con fenotipi
variabili
OMIM#614847
#611136
Variabile con due
picchi (uno infantile
4-10 anni e 6-12 anni)
Diversi fenotipi descritti (crisi a
tipo assenze infantili e giovanili,
crisi miocloniche giovanili,
epilessia grande male)
Prognosi buona
con risoluzione in
adolescenza bo
subito dopo.
EFHC1
6p12.2
AD
EF-hand domain
containing protein 1
Atassia episodica tipo 2
OMIM#108500
SLC2A1
1q34.2
Solute Carrier family
2 (facilitated glucose
transporter) tipo 1
Anche in epilessia a tipo
assenze giovanili
OMIM#607631
segue Tab. V
236
La genetica delle epilessie e le epilessie genetiche
continua Tab. V
Epilessia
Epilessia generalizzata
idiopatica
Età media di
esordio
Due picchi (uno
infantile 4-10 anni e
6-12 anni)
Tipo principale
di crisi
Diversi fenotipi descritti
OMIM#607682
Evoluzione
(benigna/
maligna)
Prognosi buona
con risoluzione in
adolescenza bo
subito dopo.
Gene
Localizzazione
cromosomica
Modalità di
trasmissione
CACNB4
2q22
AD
Funzione
della
proteina
Note
Canale del Calcio
voltaggio dipendente,
subunità beta, tipo 4
Gene implicato anche
nella Sd da deficit GLUT1
e nella distonia tipo 9
Atassia episodica tipo 5
OMIM#613855
OMIM#607682
Due picchi (4-10 anni
e 6-12 anni)
Diversi fenotipi descritti
Prognosi buona
con risoluzione in
adolescenza o subito
dopo.
CACNA1A
19p13.2
AD
Canale del Calcio
voltaggio dipendente,
tipo P/Q, subunità
alfa 1A
Epilessia a tipo
assenza
6-7 anni di età (forma
infantile), età puberale
(forma giovanile).
Crisi a tipo assenza
pluriquotidiane
Prognosi benigna con
remissione entro la
fine dell’adolescenza.
GABR G2
Recettore del GABAa,
subunità gamma,
tipo 2
5q34
Atassia episodica tipo 2
OMIM#108500
Forma infantile
OMIM#607681
OMIM#611942
CACNA1H
16 p 13.3
Canale del Calcio
voltaggio dipendente,
tipo T, subunità alfa 1
OMIM#600131
8q24
OMIM#612269
GABRB3
15q 12
Recettore GABA,
Beta 3
Forma giovanile
OMIM# 607631
EFHC1
6p12.2
EF-hand domain
containing protein 1
Atassia episodica tipo 2
OMIM#108500
Epilessia Mioclonica
giovanile OMIM#254770
Abbreviazioni. AD: autosomica dominante; AR: autosomica recessiva.
Epilessia assenze dell’infanzia (CAE-Piccolo Male) e epilessia
assenze giovanile (JAE)
Esordiscono rispettivamente intorno ai 4-10 anni (epilessia-assenze
dell’infanzia) e 6-12 anni (epilessia-assenze dell’adolescenza). Clinicamente sono caratterizzata dalla comparsa di assenze caratterizzate
da improvvisa e momentanea perdita di contatto con l’ambiente della
durata variabile tra i 10 e i 30 secondi). Le assenze possono ricorrere
numerose volte nel corso della giornata con picchi fino anche a 50100 crisi al giorno nella CAE o essere più sporadiche come nella JAE.
L’EEG critico ed intercritico è caratteristico per la presenza di scariche
parossistiche di punte-onde lente di 3 cicli al secondo. Lo sviluppo
psicomotorio è nella norma. La prognosi è solitamente buona e questa
forma di epilessia si risolve sempre in l’adolescenza o subito dopo.
Epilessia mioclonica giovanile (JME-Sd di Janz)
Esordio tre i 12 e i 18 anni, con crisi tonico-cloniche generalizzate e
mioclonie, che si verificano tipicamente al risveglio. La coscienza è
solitamente conservata. In circa 1/3 dei casi si verificano crisi di assenza. L’eccessiva stanchezza e la carenza di sonno sono potenziali
fattori scatenanti. L’EEG intercritico mostra tipicamente scariche di
polipunte seguite da onde lente irregolari a frequenza di 1-3 Hz; in
quello critico le crisi miocloniche correlano con scariche di polipunta-onda a 3-4-6 Hz. La risposta alla terapia farmacologica (acido
valproico, clonazepam, levetiracetam) è buona, con ottimo controllo
delle crisi, ma vi è alta ricorrenza delle crisi alla sospensione.
Epilessia generalizzata idiopatica con fenotipi variabili (GTCS
at randomy)
Gruppo caratterizzato da diversi quadri fenotipici (crisi a tipo as-
senze infantili e giovanili, crisi miocloniche giovanili, epilessia
grande male), con anomalie EEG bilaterali sincrone e simmetriche
con caratteristiche peculiari del quadro clinico presentato. Hanno una prognosi buona con risoluzione entro l’età adolescenziale
(Fig. 2).
Conclusioni e considerazioni personali
Il percorso clinico diagnostico per lo studio della genetica dell’epilessia è molto articolato, spesso indaginoso e molto dispendioso in
termini di tempo. Poiché i risultati talvolta possono avere significato
non univoco o ancora sconosciuto, occorre delucidare i contenuti
del referto alla famiglia. Non va dimenticato come invece proprio gli
studi di genetica abbiano permesso in altri casi di definire condizioni
cliniche complesse e non inquadrabili in sindromi specifiche, oppure
categorizzare sottotipi peculiari.
Pertanto il clinico non deve rinunciare ad approfondire la genetica dell’epilessia poiché essa sta diventando uno strumento sempre
più importante e di valore, sia in termini di ricerca che di clinica,
consentendo una più accurata definizione diagnostica e prognostica
e corroborando una più coerente scelta farmacologica. Certamente per assicurare una corretta gestione delle indagini genetiche nei
pazienti con sindromi epilettiche è indispensabile una stretta collaborazione tra il genetista e l’epilettologo pediatra, che ha il compito
di un lavoro clinico rigoroso, che comprenda la descrizione della
semeiologia delle crisi, l’analisi elettroencefalografica, le indagini di
neuroimaging e la valutazione neuropsicologica.
237
G. Gobbi et al.
Box di orientamento
Cosa sapevamo prima
Nella seconda metà dello scorso secolo sapevamo che una concordanza completa per la stessa forma sindromica si osservava solo nel 25 % delle famiglie e che era più alta nei parenti di primo grado e ancora di più nei gemelli monozigoti rispetto ai gemelli di zigoti. Si sapeva che un maggiore rischio
di epilessia era nei parenti di un paziente affetto da epilessia rispetto alla popolazione generale e che il rischio aumentava in presenza di un pattern EEG
di punta-onda generalizzato. Lo sviluppo delle tecniche di indagine citogenetica aveva permesso di studiare le epilessie nelle sindromi cromosomiche,
negli alberi familiari dove la patologia era particolarmente rappresentata.
Cosa sappiamo adesso
Negli ultimi venti anni sono stati fatti enormi progressi grazie allo sviluppo delle tecniche di genetica molecolare. Oltre alla continua scoperta di nuovi
geni che sottendono le diverse forme di epilessia, le recenti individuazioni di mutazioni nei geni codificanti subunità di canali voltaggio-dipendenti del
sodio, del potassio e del cloro, di recettori per l’acetilcolina e per il GABA stanno aumentando le nostre conoscenze di base sull’eziopatogenesi dell’epilettogenesi. Si intravedono importanti prospettive attraverso il disegno di nuovi farmaci mirati a specifici meccanismi patogenetici, oppure ad azione
specifica su proteine mutate, fino ad una terapia genica sostitutiva nelle forme più gravi. Queste nozioni, inoltre, potrebbero portare a progressi nel
campo della farmacogenomica, ossia nel prevedere la risposta del soggetto ad un trattamento, in termini sia di efficacia che di tollerabilità.
Quali ricadute sulla pratica clinica
Le attuali conoscenze impongono un lavoro clinico rigoroso di inquadramento diagnostico che comprenda i dati clinici, elettrofisiologici, neuroradiologici
e neuropsicologici del soggetto e spingono ad avvalersi dei panel di geni che si vanno man mano predisponendo nei vari laboratori specializzati in Italia
e a livello internazionale, al fine di studiare il maggior numero di geni in un dato pazienti. Ne consegue una maggior accuratezza e rapidità diagnostica
che, corroborata dall’interpretazione dei dati da parte del clinico, permette inoltre di intraprendere scelte terapeutiche più adeguate nonché un corretto
counseling familiare.
Sito internet che fornisce molte informazioni rispetto alle sindromi epilettiche, alle indagini genetiche disponibili e ai centri dove possono essere svolte:
www.genetests.org
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Corrispondenza
Giuseppe Gobbi, Unità Operativa Complessa di Neuropsichiatria Infantile, IRCCS, Istituto delle Scienze Neurologiche, via Altura 3, 40139 Bologna E-mail: [email protected]
239
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