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PATOLOGIE DEI SENI PARANALI E DELLE GHIANDOLE EPATOIDI

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PATOLOGIE DEI SENI PARANALI E DELLE GHIANDOLE EPATOIDI
PATOLOGIE DEI SENI PARANALI E DELLE GHIANDOLE EPATOIDI
Emanuela Morello, DVM, PhD, [email protected]
La regione perianale e i seni paranali sono caratterizzati dalla presenza di strutture ghiandolari
(ghiandole epatoidi perianali e ghiandole apocrine dei seni paranali) che possono subire una
trasformazione neoplastica. I tumori di più frequente riscontro a carico delle ghiandole epatoidi
includono l’adenoma e l’adenocarcinoma. Le patologie a carico dei seni paranali includono con
maggior frequenza quelle su base infiammatoria (sacculiti, infarcimento, ascesso), processi
estremamente dolorosi, trattabili tramite terapia medica (lavaggi e antibiotici) o, se refrattari a
quest’ultima, tramite escissione chirurgica (sacculectomia mediante tecnica aperta o chiusa). Le
neoplasie sono rare (2% dei tumori cutanei; 17 % dei tumori perianali) (Hobson et al, 2006) e sono
rappresentate nella maggior parte dei casi da adenocarcinoma (Bennet et al. 2002); sono riportati
rari casi di carcinoma squamoso e melanoma (Emms et al, 2005).
L’adenoma perianale rappresenta circa l’80% dei tumori perianali (Buracco, 2007); è di comune
riscontro nei meticci di taglia medio-piccola ma è riportata una predisposizione di razza in Cocker
Spaniel, Samoiedo, Siberian husky, Bull dog e Shi Tzu (Buracco, 2007). I soggetti anziani (età
media 10 anni), interi sono i più a rischio (Turek et al, 2007). Può apparire come noduli singoli o
multipli o come aumento generalizzato delle dimensioni della regione perianale; è spesso associato
a tumori interstiziali testicolari (Turek et al, 2007). La castrazione è in grado di ridurre anche del
50% le dimensioni del tumore, evitando quindi, in alcuni casi, la necessità di un’asportazione
chirurgica. Per masse di grosse dimensioni è possibile citoridurre con una chirurgia marginale il
tumore, previa castrazione.
L’adenocarcinoma perianale è meno frequente del precedente, rappresentando il 3-17% dei tumori
perianali. Compare di preferenza nei cani con un’età media di 11 anni, maschi, nella maggior parte
dei casi interi. Il pastore tedesco e le razze artiche (Samoiedo, Siberian husky, Alaskan malamute)
sembrano essere più soggette (Vail et al. 1990). Clinicamente sono caratterizzati dalla presenza di
una massa, spesso ulcerata, di dolore perianale e tenesmo. La differenziazione da un punto di vista
clinico dall’adenoma perianale può risultare non sempre facile. Non risente dell’influsso ormonale e
la castrazione non è pertanto terapeutica. Sono localmente invasivi e possono metastatizzare a
livello dei linfonodi regionali (14%) (Vail et al, 1990). La chirurgia deve essere eseguita ad ampio
margine perché possa avere una certa possibilità di successo; la prognosi è spesso infausta e
dipende dalle dimensioni del tumore e dalla presenza di metastasi linfonodali.
L’adenocarcinoma delle ghiandole apocrine dei seni paranali insorge in soggetti anziani (età media
di 10.2-11 anni), con uguale frequenza nei maschi e nelle femmine, nonostante alcuni articoli non
più recenti riportino una predisposizione femminile. Risultano maggiormente a rischio, oltre ai
meticci, i Cocker Spaniel e Springer, i Pastori Tedeschi, gli Alaskan Malamute, i bassotti, i
Labrador retriever. Si tratta di tumori maligni in grado di metastatizzare in primis a carico dei
linfonodi regionali (sacro-iliaci-lombari) (40-96%) (Turek et al, 2003; Bennett et al, 2002; Williams
et al, 2003) che possono raggiungere dimensioni anche maggior rispetto a quelle della massa
primaria (Emms et al, 2005). Le disseminazioni a livello di polmoni, fegato, milza, osso, etc, sono
più rare e tardive. Le dimensioni del tumore primario sono variabili (0.5-10 cm); possono essere
molto ridotte e il tumore può rappresentare un rilievo causale in corso di esame rettale. E’ pertanto
opportuno includere nelle visite cliniche di routine dei cani adulti anche l’esplorazione digitorettale. E’ raro il riscontro di lesioni ulcerate. Sono descritte localizzazioni bilaterali (Turek et al,
2003). I segni clinici dipendono dalle dimensioni del tumore primario e della linfoadenopatia
regionale. Includono infiammazione/dolore della regione perianale, tumefazione, tenesmo,
costipazione, alterata conformazione delle feci, ematochezia. Nei casi più gravi può verificarsi
ostruzione del canale pelvico da parte dei linfonodi ingrossati. Nel 25-53% (Polton et al, 2007) dei
casi è presente ipercalcemia associata in alcuni casi, ma non sempre, a poliuria, polidipsia,
anoressia, letargia (Williams LE et al, 2003). L’esplorazione digito-rettale rappresenta il primo
passo diagnostico. Il rilievo di una massa solida a livello del seno paranale è molto suggestiva di
tumore. Si ottengono anche informazioni sulla presenza di linfoadenomegalia sotto-lombare. La
diagnosi definitiva può essere ottenuta mediante esame citologico, previa esecuzione di una biopsia
ad ago sottile transcutanea. Consente di differenziare il tumore da eventuali patologie su base
infiammatoria, settica (ascesso, infarcimento), ricordando però che spesso le lesioni tumorali in tale
sede possono essere complicate da processi settici/infiammatori secondari. L’agoaspirato deve
essere eseguito, se possibile, anche a carico dei linfonodi sacro-iliaci, se ingrossati. Altri esami utili
ai fini diagnostici e per stadiare la malattia includono l’esame radiografico del torace, ecografico
dell’addome, esami di laboratorio (con calcemia), esame delle urine. TC o RM addominali
consentono una miglior definizione della disseminazione metastatica, soprattutto linfonodale, intraaddominale. La diagnosi definitiva è istopatologica dopo rimozione chirurgica del tumore/linfonodi
o prelievo bioptico. L’escissione chirurgica rappresenta l’opzione terapeutica di scelta ma, a causa
delle dimensioni tumorali (spesso ragguardevoli), della vicinanza al retto e della scarsa definizione
del tessuto perineale, che non consente una buona stima del margine chirurgico, spesso è marginale.
Alcuni autori consigliano di eseguire una sacculectomia bilaterale in quanto sono state segnalate,
seppur raramente, delle localizzazioni bilaterali (Emms et al, 2005) e delle recidive a carico del
seno paranale contro laterale (Turek et al, 2003). In presenza di disseminazione metastatica a carico
dei linfonodi sacro-iliaci è indicato procedere alla loro escissione mediante celiotomia mediana, in
misura maggiore nel caso in cui linfonodi contribuiscano all’ipercalcemia o causino marcata
ostruzione del canale pelvico, ostacolando/impedendo l’evacuazione di feci ed urina. La loro
asportazione, però, non sempre risulta facile, non è scevra da gravi rischi (emorragia) a causa degli
stretti rapporti con importanti strutture vascolari e è spesso marginale o addirittura incompleta.
L’escissione chirurgica, anche se marginale o incompleta, si associa ad un ritorno a valori normali
di calcio in 24-48 ore. Le recidive locali a seguito della sola asportazione chirurgica sono elevate
(29-45%). E’ pertanto opportuno associare trattamenti adiuvanti quali radioterapia e/o
chemioterapia. Possono essere irradiati sia il tumore primitivo sia le metastasi linfonodali, previa
loro escissione chirurgica. Al trattamento si associano spesso delle complicanze acute non gravi e
autolimitanti, quali desquamazione umida, colite e dolore perineale. Sono però anche segnalate
complicanze croniche come tenesmo, stenosi rettale, colite e perforazione intestinale.
Sopravvivenze medie di 956 giorni sono riportate a seguito dell’utilizzo combinato di chirurgia
(escissione del tumore primario e dei linfonodi sacro-iliaci), radioterapia adiuvante (regione
perianale e pelvica) e chemioterapia adiuvante (mitoxantrone) (Turek et al, 2003). Pochi sono però i
dati forniti dalla letteratura relativamente all’efficacia della radioterapia. Sembra essere in grado di
migliorare la sopravvivenza ma sono necessari ulteriori studi. L’efficacia della chemioterapia non è
ancora ben chiara. Alcuni autori riportano un netto miglioramento della sopravvivenza in caso di
utilizzo di chemioterapia adiuvante (Emms et al, 2005) mentre altri no (Williams et al, 2003). Il suo
utilizzo sembrerebbe indicato in caso di presenza di disseminazione metastatica. Sono stati utilizzati
farmaci quali carboplatino, cisplatino, mitoxantrone, doxorubicina (da sola o combinata a
ciclofosfamide e 5-fluorouracile), melphalan, ciclofosfamide. I cani trattati con sola chemioterapia
hanno prognosi peggiore di quelli trattati con altri presidi (sopravvivenza mediana di 212 giorni
versus 584 giorni) (Williams et al, 2003). Fattori prognostici negativi in caso di adenocarcinoma dei
seni paranali includono il fatto che l’animale non venga sottoposto ad alcun trattamento, la presenza
di disseminazione metastatica a distanza (polmone, fegato, etc) (Emms et al, 2005; Williams et al,
2003; Polton et al, 2007) e le dimensioni tumorali (Williams et al, 2003; Polton et al, 2007).
La chirurgia svolge un ruolo importante nelle gestione di questi tumori. I cani nei quali questa ha
rappresentato parte del trattamento hanno sopravvivenze significativamente più lunghe di quelli non
sottoposti ad escissione chirurgica (Williams et al, 2003). Non è però sufficiente quale unico
presidio (sopravvivenza mediana 7.9-13 mesi).
La linfoadenomegalia metastatica regionale secondo alcuni autori rappresenta un fattore
prognostico negativo (Polton et al, 2007). Secondo altri, invece, non influenza la prognosi. Sono
riportare delle differenze in termini di sopravvivenza tra i soggetti con e senza coinvolgimento
linfonodale ma queste non risultano significative da un punto di vista statistico (Emms, et al, 2005;
Turek et al, 2003). Sono tutti concordi sul fatto che i cani sottoposti a linfadenectomia (completa o
parziale) sopravvivono comunque più a lungo (906 gg versus 568 gg) rispetto a quelli nei quali i
linfonodi metastatici non sono escissi (Turek et al, 2003; Hobson et al, 2006)
Esistono anche pareri contrastanti sul fatto che l’ipercalcemia rappresenti un fattore prognostico
negativo. Vi è unanimità sul fatto che la ricomparsa di ipercalcemia rappresenti un campanello di
allarme indicativo di recidiva della patologia.
Pur trattandosi di un tumore localmente invasivo e metastatico e nonostante la maggior parte degli
animali trattati muoia per tumore a causa di recidiva locale o disseminazione metastatica,
l’escissione chirurgica della lesione primaria associata, se presente linfoadenomegalia regionale, a
linfoadenectomia seguite da chemioterapia e/o radioterapia adiuvante si accompagnano a
sopravvivenze relativamente lunghe (1.5-2 anni).
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