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Dossier stampa Yan Pei-Ming Roma
YAN PEI-MING ROMA 18 marzo – 19 giugno 2016 Accademia di Francia a Roma – Villa Medici a cura di Henri Loyrette Inaugurazione giovedì 17 marzo ore 19.00 La mostra Yan Pei-Ming Roma si svolge dal 18 marzo al 19 giugno 2016 a Villa Medici e riunisce due illustri borsisti dell’Accademia di Francia a Roma: il pittore franco-cinese Yan Pei-Ming, che ha soggiornato a Roma nel 1993-1994 ed è oggi considerato uno dei maggiori artisti contemporanei, e lo storico dell’arte Henri Loyrette, borsista dal 1975 al 1977, direttore del Musée d’Orsay (1994-2001) e presidente-direttore del Louvre (2001-2013), a cui è stata affidata la curatela dell’esposizione. Nell’anno del 350o anniversario dell’Accademia di Francia a Roma, Yan Pei-Ming e Henri Loyrette ritornano a Villa Medici “su tracce diverse e distanti”. Il curatore sottolinea come il progetto sia stato guidato dall’“attaccamento a questo luogo e da quello che pensiamo sia il suo genio, la conoscenza vissuta che ne avevamo, la nostra esperienza diversa e condivisa”. Coprodotta dalla galleria Massimo De Carlo, la mostra presenta la visione che Yan Pei-Ming ha della città di Roma. Una ventina di opere di grande formato, concepite appositamente per Villa Medici ed esposte per la prima volta, accostano i dipinti di monumenti e rovine ai ritratti di papi, l’iconografia del cinema a momenti chiave del recente passato. Un percorso che rende omaggio ai maestri della pittura, in particolare a Caravaggio e a Velázquez, e che fa rivivere gli eventi e i personaggi che hanno segnato la storia della città. Ritratto, autoritratto, dipinto storico: Yan Pei-Ming esplora tutti i generi pittorici. Le sue opere, presenti nelle più grandi collezioni francesi e internazionali, si caratterizzano per la maniera vigorosa in cui sono state realizzate, il formato imponente e la bicromia (principalmente in bianco e nero). L’artista si è fatto conoscere in tutto il mondo per i suoi ritratti, che rappresentano soggetti della politica, come Mao Tse-tung o Obama, dello star system, come Bruce Lee o Isabelle Huppert, o religiosi, come il Papa. Da qualche tempo, Yan Pei-Ming ha ampliato la sua tavolozza, come testimonia la mostra romana. Il percorso espositivo si apre con il confronto con Caravaggio e con alcune delle sue opere più celebri conservate a Roma, La Vocazione di San Matteo e Il martirio di San Matteo, esposte nella Cappella Contarelli a San Luigi dei Francesi, e la Crocifissione di San Pietro e la Conversione di San Paolo, che decorano la Cappella Cerasi a Santa Maria del Popolo. Le quattro tele realizzate da Ming sono delle stesse dimensioni dell’originale, ogni personaggio e ogni elemento si trovano nella loro esatta collocazione, eppure – osserva Henri Loyrette – “hanno la concentrazione di una grisaille e la libertà di un bozzetto. Perché Ming, come testimonia un primo stato della tela, inizia col copiare, parola per parola, prima di prendersi delle libertà con il testo, di farlo suo, di animarlo con un tocco vibrante, di andare a ciò che è per lui l’essenziale. Né copia, dunque, che evidentemente presupporrebbe un diverso servilismo, e nemmeno variazione che si esprimerebbe in capricci decorativi, piuttosto una lettura personale supportata dalla sua opera precedente, approfondita dal suo senso e dal suo gusto del tragico.” Così realizza anche le stupefacenti variazioni colorate sul Ritratto di Innocenzo X di Velázquez. Al di là della rilettura fatta da Bacon, Ming torna alla fonte originale per mostrare i possibili sviluppi contenuti nell’opera. La mostra continua con una serie di quadri che riproducono immagini impresse nella memoria collettiva: Giovanni Paolo II a terra ferito dopo l’attentato del 1981, il ritrovamento del cadavere di Aldo Moro, i funerali dello stesso Giovanni Paolo II. Questi corpi, legati ad avvenimenti tragici e dolorosi del recente passato, evocano quelli dei santi ritratti nelle tele di Caravaggio. I testi sacri lasciano il posto alla storia contemporanea e Yan Pei-Ming dialoga non più con i dipinti dei maestri ma con la fotografia. “All’immagine fotografica, riprodotta tanto spesso da aver perso la propria forza iniziale di mostruosa rivelazione, Ming dà una nuova e combattiva potenza. E un’altra temporalità, quella dei capolavori della pittura che essa evoca. Avvalendosi del fatto contemporaneo, il vocabolario di Ming è quello di sempre, martire, deposizione, messa nel sepolcro…” spiega Loyrette. Ed è sempre la stessa raffigurazione del corpo che ritorna nei dipinti in cui sono rappresentate le scene drammatiche di Mamma Roma di Pasolini e di Roma città aperta di Rossellini. Nessuna presenza umana appare invece nella veduta della Fontana di Trevi, dominata da una cupa massa d’acqua schiumante, o nel trittico che rappresenta le rovine del foro romano e altre immaginarie. La stessa atmosfera inquietante è presente anche nel dittico che conclude il percorso espositivo, in cui, nell’oscurità della notte e del mare, si intravedono di nuovo dei corpi, quelli degli uomini e delle donne che su pesanti barche attraversano il Mediterraneo. In contemporanea all’esposizione a Villa Medici, Yan Pei-Ming è inoltre protagonista della mostra inaugurale della nuova sede della galleria Massimo De Carlo, che dopo Londra e Milano apre ad Hong Kong il 21 marzo 2016. Accademia di Francia a Roma – Villa Medici viale Trinità dei Monti, 1 – 00187 Roma T 06 67611 www.villamedici.it La mostra è coprodotta dalla galleria Massimo De Carlo Con il sostegno di Scheda informativa titolo Yan Pei-Ming Roma sede Accademia di Francia a Roma – Villa Medici Viale Trinità dei Monti 1, Roma www.villamedici.it date 18 marzo – 19 giugno 2016 a cura di Henri Loyrette catalogo Rizzoli; trilingue francese, inglese e italiano. Cartonato con sovraccoperta 24×31,5 cm, pp. 120; 25 euro orari da martedì a domenica, chiuso il lunedì dalle 10.00 alle 19.00 (ultimo ingresso alle 18.30) biglietti 12 euro intero; 6 euro ridotto; biglietto valido per l’ingresso alla mostra e la visita di Villa Medici; ingresso alla mostra gratuito tutti i giovedì dalle 17.00 alle 19.00. visite guidate mostra ogni sabato alle ore 16.30 (in francese) e alle ore 17.00 (in italiano); prenotazioni: [email protected] attività didattiche domenica 24 aprile e domenica 29 maggio per famiglie 14.00-15.30 attività + ingresso mostra 6 euro per partecipante; prenotazione obbligatoria entro il venerdì (prima delle 14.00) [email protected] ufficio stampa Italia Marta Colombo 340 3442805 [email protected] Francesca Venuto 349 5780211 [email protected] Francia Isabelle Baragan / Babel Communication +33 (0)6 71 65 32 36 [email protected] Testo di Henri Loyrette, curatore della mostra Per celebrare il 350o anniversario dell’Accademia di Francia a Roma, Éric de Chassey incaricò due vecchi residenti – uno pittore, l’altro storico dell’arte – di un progetto specifico, lasciandolo alla loro iniziativa. Ma sapeva che il tiro a due avrebbe funzionato; era infatti già stato sperimentato al Louvre e, in seguito, alla galleria Ropac, sebbene in una differente modalità. Come me, Ming tornò dunque alla “Villa” su tracce diverse e distanti; per me quarant’anni prima, tra il 1975 e il 1977, per Ming vent’anni dopo (1993-1994). Vi faccio cenno perché il nostro attaccamento a questo luogo, e a quello che pensiamo sia il suo genio, la conoscenza vissuta che ne avevamo, la nostra esperienza diversa e condivisa, hanno guidato la mostra. In ogni momento del nostro lavoro, delle nostre discussioni, ce ne ricordavamo; i residenti, i direttori, i lavori e i giorni, una Villa ancora splendidamente isolata, per me che ho vissuto l’ultimo anno di Balthus e il primo di Jean Leymarie (ma Balthus rimaneva e la transizione fu impercettibile); le ricerche che mi portavano al mattino in Vaticano, la sera alla Hertziana; le interminabili passeggiate per Roma; i viaggi ovunque in Italia; la meravigliosa libertà di due anni di apprendistato. Per Ming, un soggiorno più breve – un anno soltanto, che è troppo poco – e recluso, interamente rivolto alla mostra che ne fu l’esito e in cui espose in particolare, nel Grand Salon, i suoi 108 Brigands [108 Briganti]. I lavori da residente lo tennero alla Villa; la lasciò solo di rado, scegliendo i suoi soggetti tra coloro che incontrava, “residenti, giardinieri, vicini, gente di passaggio…”. Il nuovo progetto doveva smarcarsene – aprirsi su Roma, mentre quello di un tempo restava chiuso fra quattro mura –, rifiutare la facile retrospettiva che avrebbe permesso di misurare il cammino percorso. Una mostra in cui tutte le opere sarebbero state nuove – cosa che per lui è consueta –, ma ognuna avrebbe trovato la sua giusta collocazione nel percorso così particolare e contorto delle sale espositive della Villa, liberandole da pannelli superflui, adottando, senza volerle mascherare, nicchie e rientranze, così come la costante diversità dei volumi. In questo modo, l’allestimento andava di pari passo con la definizione del progetto. Siamo dunque a Roma, le sue pitture, i suoi monumenti, le sue rovine, le sue chiese, la sua storia antica e recente, le sue figure… Fin dal nostro primo soggiorno romano, la visita d’obbligo a San Luigi dei Francesi, dove Ming trovò al primo colpo quello che cercava, nel tintinnio delle monete infilate nella gettoniera che azionavano l’illuminazione intermittente della cappella Contarelli: tutto ebbe inizio dunque con Caravaggio. È, in questa mostra, colui che fissa l’ambizione, che dà il tono; funge da rivelatore. Le prime due sale della Villa avrebbero riprodotto l’intenso faccia a faccia con San Luigi dei Francesi, con Santa Maria del popolo: folgorazione della luce, significanza dei gesti e degli atteggiamenti, terrore, crudeltà… Le quattro tele sono delle dimensioni dell’originale, ogni personaggio, ogni elemento dello scenario nella sua esatta collocazione, centimetro più centimetro meno; eppure hanno la concentrazione di una grisaille e la libertà di un bozzetto1. Perché Ming, come testimonia un primo stato della tela, inizia col copiare, parola per parola, prima di prendersi delle libertà con il testo, di farlo suo, di animarlo con un tocco vibrante, di andare a ciò che è per lui l’essenziale. Né copia, dunque, che evidentemente presupporrebbe un diverso servilismo, e nemmeno variazione che si esprimerebbe in capricci decorativi, piuttosto una lettura personale supportata dalla sua opera precedente, approfondita dal suo senso e dal suo gusto del tragico. Poiché è una lettura da combattimento, si potrebbe dire: Ming prende la pittura di Caravaggio di petto, la mette con le spalle al muro. L’ammirazione di Ming non è devota né placida; egli lotta con il pittore che venera, si misura con lui, tenta – come Giacobbe con l’Angelo, mirabile parabola della passione creatrice – di sostenere la lotta fino in fondo. “Non ti lascerò finché non mi avrai benedetto”, disse Giacobbe al suo avversario; e Ming non lascia Caravaggio finché non l’abbia benedetto, vale a dire finché non gli abbia lasciato prendere ciò che cerca in lui. Ma questo estenuante corpo a corpo non si placa nelle quattro tele magnifiche e violente; esso convoca altre immagini, richiama altri dolori, collega il corpo riverso di Paolo, quelli suppliziati di Pietro e di Matteo, alla lenta deposizione di Giovanni Paolo II ferito, al cadavere rannicchiato di Aldo Moro. L’istantanea si traduce in pittura di storia, così come il testo sacro; la storia contemporanea fornisce altrettanti soggetti adatti alla meditazione o all’edificazione quanti ne ha la storia sacra. All’immagine fotografica, riprodotta tanto spesso da aver perso la propria forza iniziale di mostruosa rivelazione, Ming dà una nuova e combattiva potenza. E un’altra temporalità, quella dei capolavori della pittura che essa evoca. Avvalendosi del fatto contemporaneo, il vocabolario di Ming è quello di sempre, martire, deposizione, messa nel sepolcro… È questo permanere fin sotto l’abito e la maniera di oggi, questa possibilità di inscrivere sempre il fugace e il quotidiano nella storia, di conferire loro immediatamente delle risonanze profonde e inaudite che affascina, dopo tanti altri, Ming a Roma. Egli decifra, strato dopo strato, questo “immenso palinsesto della memoria” per riprendere l’espressione che Baudelaire attribuiva al Louvre. E Roma ritorna il luogo in cui tanti artisti passati da Villa Medici hanno imparato a leggere. Ma le stupefacenti variazioni colorate sul Ritratto di Innocenzo X di Velázquez non sono degli invii da Roma, quegli esercizi obbligatori e diligenti che i residenti erano tenuti a fare per dimostrare la loro filiazione e provare la loro competenza. Al di là di Bacon, Ming ritorna alla fonte e, commentando il testo originale, sottolinea tutto ciò che contiene in nuce, l’infinito dei suoi possibili sviluppi. E ciò dipende tanto dalla potenza della pittura di Velázquez quanto dall’atemporalità dell’immagine del Papa che potrebbe essere quella di un pontefice contemporaneo. Les Funérailles du Pape [Esequie del Papa] tracciano un rituale immemorabile sotto la maschera di Giovanni Paolo II; o di tanti altri papi accompagnati soltanto da un cero 1 In italiano nel testo. (NdT) pasquale vacillante, vegliati nell’ombra dalla folla anonima. Scalzo, legato al suo letto come sul freddo piano di un obitorio, il giovane pazzo di Mamma Roma rimanda al Cristo di scorcio di Mantegna. E se Ming vede nel bambino sul corpo di sua madre in Roma città aperta, “il tragico assoluto, il bello assoluto”, non è soltanto, come egli dice, la “magia del cinema” ma, grazie alla pittura, il rapporto immediato con qualcosa di più lontano, che ha abitato per lungo tempo lo spirito degli antichi maestri, il martire che piange il suo discepolo, la Vergine svenuta ai piedi della croce abbracciata da una santa donna. Una sera ci siamo spinti fino alla Fontana di Trevi fortemente illuminata, rumoreggiante per le sue cascate e per la folla di turisti. Sotto il suo pennello essa è schiumante e tormentata, svuotata da ogni presenza umana, se non quella fantomatica dei personaggi della Dolce Vita. In un bel mattino di gennaio, sotto un cielo perfettamente blu, abbiamo passeggiato tranquillamente su e giù per il foro, meravigliandoci di tutto, l’apparato delle grandi mura, i templi convertiti in chiese, le strade lastricate, la vista sul Colosseo nella vegetazione del Palatino. Corot, leggero e luminoso, veniva continuamente evocato. Nella solitudine dell’atelier le rovine del foro, ormai inquietanti e solitarie, hanno richiamato, in un angosciante trittico, quelle di Palmira, così presenti alle nostre menti, quelle annunciate da una strada di borgata. È la notte, “l’immensa notte delle origini”. E nulla esiste tranne, sul mare scatenato e confuso, con il cielo cupo, questi corpi a mezz’acqua e queste pesanti barche erranti e affollate, che vengono verso di noi “tra il fragore dei flutti e gli ultimi giuramenti”. Yan Pei-Ming Nato a Shanghai nel 1960, Yan Pei-Ming vive e lavora a Digione. A diciannove anni lascia la Cina per trasferirsi in Francia, dove si forma all’École Nationale Supérieure des Beaux-Arts di Digione riscuotendo rapidamente un notevole successo grazie ai suoi ritratti. Durante la residenza a Villa Medici (1993-1994), realizza la serie di ritratti intitolata I 108 Briganti, ispirata a un classico della letteratura cinese e attualmente conservata nella collezione del Fonds National d’Art Contemporain. La partecipazione di rilievo alla Biennale di Venezia nel 2003 lo consacra sulla scena internazionale. Sei anni dopo, il Louvre lo accoglie per un confronto con La Gioconda, declinata nella serie di ritratti dal titolo I funerali di Monna Lisa. Di recente Yan Pei-Ming ha esposto a New York, Parigi, Londra, Pechino, Malaga, Salisburgo e Hong Kong. Henri Loyrette Henri Loyrette diventa “conservateur des musées nationaux” nel 1975. Dal 1975 al 1977 è borsista dell’Accademia di Francia a Roma in storia dell’arte. Nel 1978 entra al Musée d’Orsay e ne diviene direttore nel 1994. Nel 2001 viene nominato presidente-direttore del Louvre. Nel 2013 diventa Consigliere di Stato. Storico dell’arte specializzato nel XIX secolo, Henri Loyrette ha scritto numerose opere e articoli su questo periodo. È stato curatore di molte mostre, dedicate principalmente a Degas, Daumier, Menzel, Hammershøi e all’impressionismo. Lista opere Sala 1 La Vocation de saint Matthieu ; Le Martyre de saint Matthieu, d’après Caravage, 2015 olio su tela dittico 322 × 340 cm ciascuno Sala 2 La Crucifixion de saint Pierre ; La Conversion de saint Paul, d’après Caravage, 2015 olio su tela dittico 230 × 176 cm ciascuno Funérailles du Pape, 2015 olio su tela 280 × 415 cm Sala 3 La Découverte du corps d’Aldo Moro, 2015 olio su tela 220 × 220 cm Jean-Paul II blessé, 2015 olio su tela 250 × 300 cm Sala 4 (scalinata) Innocent X vert, 2015 olio su tela 141 × 119 cm Innocent X rouge, 2015 olio su tela 141 × 119 cm Innocent X gris, 2015 olio su tela 141 × 119 cm Innocent X outremer, 2015 olio su tela 141 × 119 cm Sala 5 Ruines du temps réel, 2015 olio su tela trittico 220 × 220 cm ciascuno Sala 6 Rossellini, Roma città aperta, 2015 olio su tela 100 × 150 cm Pasolini, Mamma Roma, 2015 olio su tela 100 × 150 cm Fontaine de Trevi, 2015 olio su tela 300 × 200 cm Sala 7 Aube noire, 2015 olio su tela dittico 250 × 500 cm ciascuno L’Accademia di Francia a Roma – Villa Medici L’Accademia di Francia a Roma – Villa Medici, sotto la tutela del Ministero della Cultura e della Comunicazione francese, favorisce la creazione artistica e promuove un dialogo continuo tra le culture, le arti e le epoche storiche. Fondata nel 1666 da Luigi XIV, nel 2016 festeggia il suo 350° anniversario. L’Accademia di Francia a Roma ha come missione fondante e centrale l’accoglienza di artisti e ricercatori. Ha ospitato, tra gli altri, Jean-AugusteDominique Ingres, Jean-Baptiste Carpeaux, Charles Garnier, Claude Debussy, Georges Bizet e più recentemente Hervé Guibert, Marie NDiaye, Yan Pei-Ming, Inga Sempé, Philippe Rahm, Laurent Grasso, Yannick Haenel, Melik Ohanian, Mathias Énard. Propone inoltre una programmazione culturale ricca e dinamica e si occupa di conservare e far conoscere Villa Medici, in cui ha sede dal 1803, i suoi giardini e collezioni d’arte. Situata sulla collina del Pincio e con una vista incomparabile su Roma, Villa Medici è una delle più belle ville italiane di epoca rinascimentale, al tempo stesso palazzo e residenza di campagna. Proprietà del cardinale Ricci, venne acquistata nel 1576 dal cardinale Ferdinando de’ Medici che le conferì nelle linee essenziali il carattere odierno. Napoleone la acquisì nel 1803 e vi stabilì l’Accademia di Francia a Roma. Nel 1961 l’allora direttore Balthus intraprese importanti lavori di restauro dell’edificio e i muri recano ormai la sua impronta. Villa Medici è oggi aperta al pubblico tutti i giorni, grazie a delle visite guidate che permettono di ammirare gli appartamenti e i giardini. L’Accademia di Francia a Roma ha visto succedersi numerose generazioni di artisti e ricercatori. Tutti i campi della creazione artistica e della storia dell’arte sono rappresentati. I borsisti, di età compresa tra i 20 e i 45 anni e di tutte le nazionalità, sono scelti per soggiorni della durata di 12 mesi. I lauréats della selezione accademica sono giovani usciti dagli istituti di insegnamento superiore a cui vengono proposte delle residenze di tre mesi. Infine, gli ospiti in residenza vengono accolti per sviluppare un progetto specifico per un breve periodo. I residenti dell’Accademia di Francia a Roma sono accompagnati dal Nuovo Prix de Rome, assegnato ogni anno a una personalità di fama internazionale del mondo delle arti, del pensiero o delle scienze. Nel 2015-2016 è stato assegnato al paleontologo Yves Coppens. le prossime mostre Teatro delle Esposizioni #7 presentazione dei progetti dei borsisti 1 luglio – 14 agosto 2016 a cura di NERO 350 anni di creatività Gli artisti dell’Accademia di Francia a Roma da Luigi XIV ad oggi 14 ottobre 2016 – 15 gennaio 2017 a cura di Jérôme Delaplanche le altre manifestazioni culturali I giovedì della Villa. Questions d’art incontri / concerti / proiezioni / spettacoli… giovedì alle 19.00 e alle 20.30 tutti i giovedì (tranne a luglio e agosto) ingresso gratuito Giornata Porte aperte 3 aprile 2016 ingresso gratuito L’École de printemps convegno di storia dell’arte 16-21 maggio 2016 ingresso gratuito Cinema all’aperto Luglio 2016 Notte bianca a Villa Medici Autunno 2016 ingresso gratuito