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Dodici condannati e otto assolti

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Dodici condannati e otto assolti
MERCOLEDÌ 7 FEBBRAIO 2007
LA SICILIA
Caltanissetta provincia .35
IL PROCESSO
«ODESSA»
Si è concluso ieri sera
il processo con il rito
abbreviato per l’operazione
antimafia del novembre
2005 scattata
dopo una indagine
condotta dai carabinieri
I PM VALUTERANNO SE IMPUGNARE LE ASSOLUZIONI
PER ALTRE UNDICI PERSONE ADESSO IL PROCESSO IN CORTE D’ASSISE
Francesco Cammarata
Pm: ergastolo
sentenza: 10 anni in cont.
Salvatore Pillera
Pm: ergastolo
sentenza: ergastolo
Raffaele Migliore
Pm: 30 anni
sentenza: assolto
d.v.) Altre 11 persone sono sotto accusa davanti ai giudici della Corte d’Assise
per i fatti relativi all’inchiesta antimafia "Odessa". Sul banco degli imputati ci
sono "mammasantissima" e presunti affiliati al clan riesino dei Cammarata per i
quali lo scorso 7 novembre il Gup di Caltanissetta decretò il rinvio a giudizio.
Imputati sono i fratelli Pino e Vincenzo Cammarata, capi storici dell’omonimo
clan: Gaetano Cammarata, Calogero Bellone, Salvatore Cutaia, Calogero Di
Prima, Pietro Di Prima, Salvatore Di Prima, Giovanni Laurino, Giuseppe Paterna
e Filippo Vasta. Il processo a loro carico è stato avviato lo scorso 16 gennaio ed
è ancora alle battute iniziali. Intanto dopo la lettura del dispositivo di sentenza
emesso ieri sera per gli altri venti incriminati con la stessa retata, il Pm Nicolò
Marino, che di concerto con il suo collega Alessandro Picchi, ha rappresentato
l’accusa, a caldo ha detto di attendere le motivazioni della sentenza per poi
impugnare eventualmente le assoluzioni. «L’impianto accusatorio - ha detto sostanzialmente ha retto. L’attività investigativa e la sentenza di primo grado
sono state fatte in tempi celeri. Ciò dimostra l’impegno delle forze dell’ordine
e della Magistratura che consentono l’affermazione della giustizia».
Bouazza Maghni
Pm: 18 anni
sentenza: 8 anni
Dodici condannati e otto assolti
Con la sentenza il Gup ha «riabilitato» Burgio, Cammarata, Giannone, Giurdanella, Migliore, Russello, Tabbì e Volpe
DANIELA VINCI
Con la condanna di 12 dei 20 imputati, uno dei
quali all’ergastolo, ed 8 assoluzioni è calato il sipario sul processo "Odessa"che si è celebrato col
rito abbreviato davanti al Gup di Caltanissetta
Paolo Scotto di Luzio. Scaturito dall’omonima
operazione antimafia condotta il 22 novembre
del 2005 dai carabinieri del Comando Provinciale, del Reparto Operativo e della Compagnia di
Gela, sotto la lente d’ingrandimento del giudice
per le udienze preliminari sono stati passati ai
raggi X due agguati mortali della guerra di mafia
che imperversò negli anni scorsi a Riesi e costati la vita a tre persone, un tentato omicidio, nonché una sfilza di estorsioni e danneggiamenti dei
quali il nutrito gruppo di imputati, ritenuto vicino alla "famiglia" riesina di Cosa Nostra capeggiata dai boss Cammarata, è stato chiamato a rispondere a vario titolo. Tra queste le estorsioni ai
danni della "Feudo Principi di Butera" e quelle alla "Coopcostruttori società coop. arl" e alla "Hera". Le pene irrogate ieri sera dal Gup, al termine
di una camera di consiglio protrattasi per circa
dieci ore, ammontano a complessivi 66 anni e
mezzo di prigione. A conclusioni più severe erano giunti i sostituti della Direzione distrettuale
antimafia di Caltanissetta Nicolò Marino ed Alessandro Picchi che avevano caldeggiato condanne
per 16 imputati per un ammontare di 236 anni.
Tra gli assolti l’imprenditore gelese Fabrizio Russello, l’ex presidente del Consiglio comunale di
Riesi Vincenzo Giannone, e ancora Raffaele Migliore, Rosario Burgio, Diego Cammarata, Angelo Giurdanella, Roberto Gaetano Tabbi, Salvatore
Volpe. Alcuni erano ai domiciliari o detenuti e sono stati rimessi in libertà ieri sera dal Gup.
Delle due richieste di condanne all’ergastolo
formulate dalla pubblica accusa, solo una ne è
stata inflitta. Riguarda la posizione del catanese
Salvatore Pillera. Il Gup, in perfetta linea con i due
Pm, ha riconosciuto il boss catanese tra i respon-
Giuseppe Anello
Pm: 15 gg in cont.
Sentenza: condanna
Giuseppe Tardanico
Pm: 8 anni
sentenza: 8 anni
Massimo Amarù
Rosario Burgio
Pm: 10 anni
Pm: 28 anni
sentenza: 4 anni 8 mesi sentenza: assolto
Diego Cammarata
Pm: assoluzione
sentenza: assolto
Giuseppe Cammarata
Pm: 12 anni
sentenza: 4 anni 8 mesi
Domenico Di Maggio
Gaetano Forcella
Pm: 12 anni
Pm: 8 anni
sentenza: 4 anni 8 mesi sentenza: 4 anni 8 mesi
Vincenzo Giannone
Pm: 8 anni
sentenza: assolto
Angelo Giurdanella
Pm: 30 anni
sentenza: assolto
Rosolino Li Vecchi
Fabrio Russello
Pm: 16 anni
Pm: 8 anni
sentenza: 3 anni in cont. sentenza: assolto
Francesco Tabbì
Pm: 20 anni
sentenza: 9 anni
Roberto Gaetano Tabbi
Pm: 12 anni
sentenza: assolto
Gianluigi Volpe
Salvatore Volpe
Pm: 16 anni
Pm: assoluzione
sentenza: 8 anni 4 mesi sentenza: assolto
sabili del duplice omicidio dei fratelli Giuseppe e
Vincenzo Gangitano, compiuto il 21 agosto del
1977 (nello stesso agguato rimase ferito Salvatore Gangitano, fratello delle vittime). Un duplice
delitto rimasto avvolto nel mistero per quasi un
trentennio e sul quale è stato possibile sollevare
il velo con l’inchiesta "Odessa". E ieri sera è giunta la "mazzata" anche per uno dei presunti responsabili.
Resta, almeno per ora, senza colpevoli l’altro
fatto di sangue oggetto del dibattimento. E’ l’omicidio di Felice Bordonaro compiuto il 14 marzo
del 2004. Di questo fatto di sangue maturato - secondo l’ipotesi accusatoria - dalla necessità di to-
gliere dai piedi la vittima per i danneggiamenti di
cui si sarebbe resa responsabile, erano stati chiamati a rispondere Francesco Cammarata, Rosario
Burgio, il suocero di questi Raffaele Migliore ed
Angelo Giurdanella Ma l’impianto accusatorio
per i quattro non ha retto ed il Gup, sposando la
linea difensiva degli avv. Giampiero Russo, Giacomo Ventura, Danilo Tipo ed Arduino La Porta, li
ha mandati assolti. Per l’omicidio Bordonaro, ha
rischiato l’ergastolo Francesco Cammarata che,
però, è stato condannato a 10 anni per associazione mafiosa in continuazione con una precedente condanna.
Nel processo "Odessa" Francesco Cammarata
vestiva la duplice veste di imputato e di vittima
di un tentativo di omicidio messo in atto ai suoi
danni nella primavera di due anni fa ad opera
della "frangia" ribella della cosca, all’epoca capeggiata da Giuseppe Tardanico, oggi pentito.
Tardanico, ex "pupillo" dei boss Cammarata (venne arrestato, anni fa, insieme alla moglie per
aver favorito la latitanza del boss Giuseppe Cammarata che ospitava in casa) voleva soppiantare
i capi storici dalla direzione del clan per assumerne le redini. Un tentativo caduto poi nel vuoto. E
quando Tardanico finì in manette per l’operazione "Odessa", maturò subito il proposito di intraprendere un percorso di collaborazione con la
giustizia. Ora è stato condannato per quell’agguato contro Cammarata. E con lui si sono visti comminare la condanna anche i suoi presunti complici. Sono il marocchino Maghni Bouazza (per
anni residente prima a Caltanissetta e poi a Delia) e Francesco Tabbì ai quali il Gup ha irrogato
rispettivamente condanne per 8 e 9 anni.
Ha retto anche l’accusa per Giuseppe Cammarata, il figlio del boss Pino cresciuto sotto le ali
dello zio Francesco. Cammarata junior, accusato
di avere fatto da "postino" al padre detenuto e
sottoposto al regime del carcere duro previsto dal
41 bis, è stato condannato a 4 anni ed 8 mesi di
prigione.
Mafia Vallone
12 in Tribunale
A giudizio politici e boss di Niscemi
Comincia questa mattina - davanti ai giudici della
prima sezione penale del Tribunale di Caltanissetta - il processo con il rito abbreviato per l’operazione antimafia «Uragano» che nel dicembre del 2005
interessò Milena e altri Comuni della zona del Vallone.
Sono 12 gli imputati che sono stati rinviati a giudizio lo scorso anno dal Gup del Tribunale Stefania
Di Rienzo: si tratta di Giuseppe Falletta, Carmelo
Sorce , Giuseppe Cammarata, Gioacchino Cammarata, Salvatore Amico, Calogero
Amico, Giuseppe Tona, Angelo Cassenti, Carmelo Michele Falletta, Comincia
tutti di Milena, Calogero Falcone, questa
Damiano Farruggio di Montedoro,
Lorenzo Schillaci di Campofranco. mattina
Le accuse vanno dall’associazio- il processo per
ne mafiosa ad alcuni episodi di
estorsione e tentativi di estorsione. l’operazione
Già nell’udienza preliminare si so- «Uragano»
no costituiti parte civile il Comune
di Milena con l’avvocato Antonio a carico
Campione e un imprenditore vittidi imputati
ma delle estorsioni, che ha reso dichiarazioni nel corso di un inci- di Milena,
dente probatorio che si è svolto neMontedoro e
lel more della celebrazione dell’uCampofranco
dienza preliminare.
Per altri 8 imputati è in corso, e
riprenderà alla fine del mese, il processo con il rito
abbreviato: si tratta di Francesco Randazzo, Salvatore Mattina, Gioacchino Mattina, Carmelo Mattina (padre e figli), Gioacchino Arnone, Paolino Maria Di Marco, tutti di Milena, Vincenzo Birritteri e
Alessandro Pirrotta di Palermo, per i quali il pubblico ministero Antonino Patti ha chiesto condanne
dai 2 anni e 2 mesi ai 14 anni per reati che vanno
dall’associazione mafiosa, alle estorsioni, ad per
alcuni tentativi di estorsione, porto e detenzione
abusiva di armi e munizioni.
NISCEMI. Stop alla lunga maratona dibattimentale, dopo sette udienze, per
i venti imputati dell’operazione Apogeo«. Ieri, il gup di Catania ha emesso
l’ordinanza: rinvio a giudizio per 18
dei venti, che dovranno comparire per
rispondere di pesanti accuse il 26
aprile dinanzi il Tribunale di Caltagirone. Sono usciti dal dibattimento Giancarlo Giugno, «per il non luogo a procedere perchè già giudicato per lo
stesso fatto», mentre Tony Calcagno ha
chiesto ed ottenuto il rito abbreviato e
sarà giudicato il 13 marzo prossimo.
Invece compariranno in giudizio
per rispondere di vari reati che vanno
dal controllo degli appalti e servizi
pubblici al traffico di stupefacenti:
Paolo Rizzo, già sindaco dc, Salvatore
Blanco, (alias Turu Patata), Salvatore
Blanco (alias Turi Paletta), Giuseppe
Lodato, Giuseppe Chessari, Salvatore
Cutruneo, (Sanzuneddu), Antonio
Cancilleri, Francesco Cantaro, Filippo
Barone, Rosario Lombardo, Salvatore
Calcagno, Antonino Pitrolo, Giacomo
Lodato. Tutte queste persone furono
arrestate a conclusione dell’operazione di polizia del 12 ottobre 2004 e
dopo poco tempo scarcerati dal Tribunale del Riesame di Catania. Mentre
furono denunciati a piede libero, quali indagati del reato di concorso esterno in associazione mafiosa: Maurizio
Lamberto Polizzi, vice sindaco uscente, Salvatore Cunsolo, già assessore,
Lorenzo Di Noto, consigliere provinciale Udeur, Salvatore Trainito, ex consigliere comunale come Alberto Armando Giugno.
L’OPERAZIONE «APOGEO». Processo ad aprile a Caltagirone per 18 imputati: alla sbarra il clan di Cosa Nostra
Da sinistra due
dei rinviati a
giudizio dal Gup
di Catania, l’ex
sindaco Paolo
Rizzo, medico e
l’imprenditore
Salvatore Blanco.
A destra
Giancarlo Giugno
che è stato
prosciolto perché
aveva già una
sentenza in
giudicato per lo
stesso reato di
associazione
mafiosa
IL RUOLO CHIAVE DELL’EX SINDACO
Rizzo dava ordini dal suo studio medico
NISCEMI. g.v.) L’operazione Apogeo, conclusasi
dopo lunghe indagini svolte dalla Squadra
mobile di Caltanissetta e dal commissariato della
Ps di Niscemi, scosse non solo il mondo politico,
ma tutta la città, perchè nell’operazione di
polizia fu arrestato con pesanti accuse, tra gli
altri, il medico Paolo Rizzo, già sindaco di
Niscemi, noto uomo politico, che è stato anche
consigliere comunale della democrazia cristiana,
eletto con un ottimo suffragio elettorale, e
apprezzato professionista, come medico di
famiglia. Paolo Rizzo ha subito il sequestro,
qualche tempo fa, di alcuni beni da parte del
Tribunale, ma alcuni sono stati dissequestrati.
Ma quelle che diede, maggiormente, una ribalta
all’operazione, oltre agli arresti eccellenti,
furono le intercettazioni telefoniche ed
ambientali eseguite nell’abitazione di Paolo
Rizzo che rivelarono gravissimi intrecci tra mafia
e politica. Ma queste intercettazioni furono
dichiarate inutilizzabili dal Tribunale del Riesame
e dalla Cassazione e sembrò, ai non addetti ai
lavori, che tutto fosse finito in una bolla di
sapone, una sensazione rivelatasi invece errata.
ll pm d’udienza, il 19 dicembre scorso, aveva chiesto il rinvio a giudizio
per tutti e venti gli indagati. Le venti
persone sono state rinviate a giudizio,
perchè il Gup presso il Tribunale di Catania, dott. Dorotea Catena, ha respinto le istanze dei legali degli imputati
che avevano chiesto la non ammissibilità, come prova di accusa, delle intercettazioni telefoniche ed ambientali,
essendo state ritenute precedentemente inutilizzabili, prima dal Tribunale del Riesame di Catania e, successivamente, dalla Cassazione » perché
disposte sulla scorta di decreti non
motivati correttamente dal Pm. Il gup
ha accolto, quindi, la richiesta del Pm
che chiedeva, come prova, l’utilizzazione delle intercettazioni telefoniche ed ambientali, effettuate nello
stabile del ex sindaco Paolo Rizzo.
L’inchiesta, che portò in carcere 15
persone e 5 ex amministratori comunali furono denunciate a piede libero,
fu iniziata nel febbraio del 2002 e ultimata nel dicembre del 2003, grazie
alle indagini svolte dalla squadra mobile di Caltanissetta e dal commissariato di Niscemi. Con questa operazione gli investigatori individuarono,
mettendo in luce un affresco scioccante della città di Niscemi, tra l’altro
colpita alcuni anni prima da una faida
che l’aveva insanguinato con circa 100
morti. Apogeo fu causa principale del
secondo scioglimento del consiglio
comunale e dell’insediamento della
commissione straordinaria, che governa la città, ormai, da tre anni.
GIUSEPPE VACCARO
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